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venerdì 16 maggio 2025

Il tycoon e il qaedista: prosegue la legittimazione internazionale della nuova Siria

 

   di Marinella Correggia

Il primo presidente siriano a incontrare dopo 25 anni il suo omologo statunitense è stato Ahmad al-Sharaa, nom de guerre Abu Mohammed al-Jolani. Ieri a Riad l’ex jihadista, già aderente ad al-Qaeda e per un periodo perfino braccio destro dell’emiro al-Baghdadi poi leader dell’Isis, ha stretto la mano a un sorridente Donald Trump. Trenta minuti a porte chiuse, presente il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman; al telefono il principale alleato diplomatico e politico dell’attuale regime di Damasco, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

 

Prosegue dunque spedita la legittimazione internazionale della nuova Siria, dopo l’amichevole visita di al-Sharaa a Parigi da Emmanuel Macron e dopo la dichiarazione statunitense di martedì: via le sanzioni, improvvisamente da tutti condannate come «davvero devastanti, molto potenti», per dirla con Trump. I siriani sperano che la loro rimozione (l’Unione europea proseguirà nel processo già avviato mesi fa) li faccia uscire dalla miseria di massa alla quale la guerra e l’isolamento internazionale li avevano condannati.

Sull’Air Force One che dopo Riad lo portava in Qatar, Trump ha evocato un «incontro great, con un tipo giovane, attraente, tosto. Dal passato forte. Molto forte. Combattente». Aggiungendo di ritenere che Damasco aderirà agli Accordi di Abramo e normalizzerà i rapporti con Israele: «Gli ho detto “spero che ne farai parte” e lui ha risposto “sì ma c’è molto lavoro da fare”». Tace prudente sulla partita israeliana il comunicato ufficiale dell’agenzia Sana; salutando invece la partnership con gli Usa «negli sforzi contro il terrorismo e contro gli attori non statali e i gruppi armati che minacciano la stabilità regionale». Finora non è andata così: dall’arrivo al potere dei gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al-Sham (Hts), assassini, abusi, espropri sono all’ordine del giorno; impuniti per ora i massacri contro migliaia di civili alawiti perpetrati sulla costa e gli omicidi contro i drusi.

Il comunicato dell’addetta stampa della Casa bianca Karoline Lewitt conferma che Trump ha anche suggerito ad al-Sharaa di «chiedere a tutti i terroristi stranieri di lasciare la Siria» (molti però fanno già parte del nuovo esercito), di aiutare gli Usa nello scongiurare ogni ripresa dello Stato islamico e di «assumersi la responsabilità» di diversi centri di detenzione nei quali si trovano migliaia di sospetti membri dell’Isis (la loro difficilissima gestione grava da anni sulle spalle dei curdi siriani).

Ma il comunicato della Casa bianca conferma anche il lato business dell’incontro: siccome dopo l’accordo fra Damasco e l’amministrazione curda «le frontiere con Iraq e Turchia, gli aeroporti e i pozzi petroliferi del nord-est torneranno sotto il controllo del governo alla fine dell’anno, al-Sharaa ha espresso la “speranza che la Siria sarà centrale nel commercio fra est e ovest”, e ha invitato le compagnie Usa a investire nel petrolio e gas del paese». Secondo indiscrezioni rilanciate già martedì dal Times, fra le offerte al tycoon ci sarebbe la costruzione di una Trump Tower a Damasco.

Erdogan, riporta l’agenzia stampa turca Anadolu, saluta «la strada adesso spianata per opportunità di investimento in diversi settori», ribadisce «il continuo sostegno della Turchia alla lotta di Damasco contro i gruppi terroristi, in particolare l’Isis», esprime «il desiderio di una Siria stabile e prospera che collabori con i vicini della regione e non ponga minacce nei loro confronti».  Dimenticando di aver destabilizzato il paese vicino permettendo il passaggio di decine di migliaia di jihadisti stranieri fin dal 2012; con il finanziamento da parte delle monarchie del Golfo (Qatar soprattutto), le stesse che adesso parlano di «stabilità, sovranità, integrità» del paese e sono pronte agli investimenti – finora ostacolati soprattutto dai meccanismi sanzionatori degli Usa.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva cercato di frenare Trump: troppo presto per togliere le sanzioni. Comunque, Damasco ormai intrattiene rapporti con Tel Aviv dove manda, discretamente, negoziatori.

In una Siria che sarà divisa in aree di influenza, la Banca mondiale stima che la ricostruzione dopo 13 anni di guerra costerà oltre 250 miliardi di dollari.

Il Manifesto, 15/05/25

martedì 13 maggio 2025

Pasqua di suor Marita

 

Suor Maria Rita Mantovani è nata nel 1946 ad Adria (Italia), laureata in medicina è entrata nel monastero cistercense di Valserena nel 1973 e ha emesso la professione solenne nel 1979. Dal 2005 ha fatto parte del gruppo delle fondatrici di Fons Pacis ad Azer in Siria. L'8 maggio 2025, memoriale dei fratelli di Tibhirine, suor Marita ha celebrato la sua vera Pasqua. Aveva 79 anni e da 49 era monaca.

O.C.S.O.

 Carissimi,  tanti di voi ci stanno scrivendo in questo momento. Ci siete vicini, e per dirvi grazie ci sembra che la cosa più bella che possiamo fare sia condividere con voi qualcosa di questa Pasqua così inattesa di Sr Marita, passaggio tanto veloce quanto pieno di significato, colmo di rimpianto e di Grazia, da questa vita alle braccia del Padre. 

Da qualche anno Marita affrontava una forma tumorale; la cura era efficace e per ora la situazione era sotto controllo. Qualche disturbo minore, ultimamente il cuore dava qualche colpetto irregolare, ma niente di grave. Da poco aveva fatto una visita cardiologica, e prendeva una medicina molto leggera per regolarizzare il battito.

 Come sempre, sr Marita aveva dato tutta se stessa per la preparazione della Settimana Santa. Abbiamo sentito ancora la sua voce nel canto delle Lamentazioni, nel Popule Meus cantato in arabo, nei salmi e canti della Veglia Pasquale,  fino all’ultimo “Regina Coeli” polifonico il giorno di Pasqua. Poi a vespro del giorno della Risurrezione si è sentita molto male, brividi che la scuotevano tanto da dover lasciare il coro, e farsi aiutare per andare nella sua stanza. Ci ha rassicurato che era lo stress, la stanchezza di quei giorni. E che aveva solo bisogno di riposo. Le ho chiesto se volesse fare un controllo al cuore, ma lei era tranquilla e mi ha detto che non era necessario. Nei giorni seguenti ha preso un tempo di riposo, e si è curata.. Ma non è stato sufficiente; di fatto, pensiamo che il giorno di Pasqua lei abbia avuto un infarto, o un inizio di infarto, insomma un episodio molto più grave di quello che appariva. O che lei ha voluto lasciar apparire, sapendo che già eravamo molto occupate nell’assistenza ad un’altra nostra sorella ammalata. Il 6 maggio, piano piano, abbiamo fatto un'ultima vista al cantiere del monastero, con sr Mariangela e sr Carinia; Marita era molto soddisfatta e mi ha dato ancora qualche consiglio sulle arcate..

 La mattina dell’8 maggio, prima di lodi, sono passata a vedere come stava. Era riuscita a riposare, dopo le prime ore insonni, e tutto era nella normalità. Prima della Celebrazione, alle sette e quaranta circa, è passata da lei sr Mariangela, portandole un po’ di colazione. Le ha detto che stava benino, solo non si sentiva di scendere per la celebrazione. Poco dopo, verso le 8,15, durante la Messa, ho sentito tossire sulle scale, sono uscita di corsa e l’ho trovata seduta sui gradini, che non riusciva a respirare. Mi ha chiesto i suoi farmaci, abbiamo cercato di stabilizzarla, ma non siamo riuscite. La situazione ci è sembrata subito gravissima, abbiamo chiamato i nostri operai per aiutarci a metterla in macchina e portarla all’ospedale. Sr Liliana le sosteneva il capo e un braccio, io la tenevo da davanti, ma a metà percorso l’abbiamo vista spalancare gli occhi ed emettere un piccolo gemito. Non ha più risposto e siamo certe che sia morta in quel momento, prima di arrivare in ospedale. I medici hanno comunque cercato di rianimarla, per almeno tre volte, ma dopo un’ora ci hanno comunicato ufficialmente il suo decesso.

 Così, in un attimo. Un’ora, due. Ed era già nelle braccia del Padre. 

Il dolore, enorme, lo potete immaginare, e di fatto già ci state dimostrando di viverlo e sentirlo insieme a noi. Ma vorrei scrivervi di tutta la Grazia, i grandi segni e i piccoli gesti che hanno accompagnato questa Pasqua. I due segni più grandi, in assoluto, per noi: l’8 maggio è per il nostro Ordine, e non solo, la festa liturgica dei martiri di Algeria, fra i quali i nostri sette fratelli monaci di Tibhirine. Loro sono venuti ad accompagnarla nel grande passaggio, sigillo indelebile sulla sua vocazione tanto amata e sofferta. Insieme alla Madonna di Pompei, (e anche di nostra Signora di Lujan). E, comunque, è il mese di Maggio ! In quel giorno, anche l’elezione del Papa, l’inizio di un nuovo cammino per la Chiesa.. 


Il secondo segno è come il Signore abbia fatto di sr Marita il chicco di grano di questa fondazione; ne siamo certe, darà molto frutto. Già le stiamo chiedendo tantissime cose! Nelle fondazioni diciamo che con il primo monaco o la prima monaca che muore la comunità mette le radici anche nel cielo. Ora, con lei che riposa in questa terra, siamo divenute veramente stabili in questo luogo. Ora è fondatrice due volte.. 

E poi.... Marita che fino all’ultimo ha servito la comunità: la sera precedente, pur essendo molto stanca, l’ho trovata in farmacia un bel po’ dopo Compieta. Si era alzata, perchè si era ricordata che doveva preparare le dosi di omeopatia che le sorelle avrebbero dovuto prendere il mattino seguente..Tutte poi abbiamo trovato la nostra dose pronta... La mattina, quando l’abbiamo portata letteralmente di peso in ospedale, ci hanno aiutata a sollevarla i nostri operai: insieme, un ragazzo cristiano, un alauita, un murshidin.. Arrivati all’ospedale, per metterla sulla barella, ha dato una mano anche un soldato di quelli che noi chiamiamo “i barbuti”, che per un attimo ha dimenticato il suo fucile e l’ha messo da parte. Più tardi, per riportarla a casa, avevamo bisogno di una macchina adatta ( qui non c’è disponibilità di ambulanze..).. E l’amico sunnita di Talkalakh, che vende automobili, ci ha prestato un pulmino nuovo fiammante.. Sapete quanto per Marita fosse significativo il vangelo di Giovanni (“e ho altre pecore che non sono di questo ovile..”).. Intanto Charbel, il nostro aiuto al monastero, aveva avvisato il parroco, le campane avevano suonato e la notizia si è diffusa subito: arrivati al villaggio, come è usanza qui, la gente ci aspettava lungo la strada, gettando petali di rose. E’ stato davvero commovente.. Sono saliti in moltissimi dietro di noi fino al monastero. Hanno aspettato che noi sorelle potessimo pregare un po’ accanto a lei, in privato, in uno dei trullini ( una stanza della foresteria.) e che preparassimo sr Marita con l’abito monastico e la cocolla, e poi ci hanno aiutato a portare la bara nella processione verso la cappellina. 

E’ iniziata la veglia di preghiera, alla quale si sono alternati in tanti, uomini e donne, con raccoglimento e commozione. Le donne hanno preparato il caffè delle cerimonie, un caffè super ristretto, come si usa qui, ed hanno pensato ad accogliere chi veniva per una visita, una preghiera. Ci hanno aiutate in tutto.. Qualcuno ha preparato gratuitamente il pranzo per gli ospiti, qualcuno era già andato al mattino a prendere la bara... insomma, un’esperienza di vicinanza molto bella, di cui siamo molto grate. I nostri operai, insieme a tanti altri giovani, hanno ripulito tutta la chiesa, ancora in costruzione, da ghiaia, mattoni, legni, e il chiostro che dalla chiesa porta allo scalone che scende verso il cimitero; hanno sistemato la strada dei campi, tagliato l’erba, preparato ogni cosa affinchè potessimo celebrare i funerali nel monastero tanto desiderato. 

Sr Marita, il prossimo 7 dicembre, memoria di S. Ambrogio, avrebbe celebrato il suo 50 ° di professione monastica. Volevamo arrivare a celebrarlo nella chiesa nuova. E in un certo senso è stato così, secondo la fantasia di Dio che sempre ci aspetta un po’ più avanti. 

La mattina del nove maggio, ancora gli ultimi preparativi. Sono state portate le sedie, il tavolo per l’altare, il leggio, il cavo di corrente per l’organo, il cero pasquale, ogni cosa. Noi con loro, preparando la chiesa per questa prima Messa che è stata una specie di consacrazione. Sono arrivati amici da Aleppo, fra loro anche il nostro Vescovo latino con un altro sacerdote. E il parroco maronita di Azer, Abuna Abdallah. 

 Prima di iniziare la Messa, con gli uomini che hanno portato il feretro a spalla ( e fra loro anche i nostri operai non cristiani ) la processione si è avviata verso la Chiesa, con le campane che suonavano dal villaggio. Siamo passati vicino alla fontana della nostra Madonnina, Fonte della Pace, arrivati fino alla scala principale che sale alla chiesa, e una volta entrati tutto era lì, semplice ma non spoglio.. Ci è sembrato tanto naturale, come preparato da tempo per questo momento... E poi la Messa, in rito latino ma anche con la doppia benedizione della salma, perchè poi anche Padre Abdallah ha benedetto secondo il rito Maronita. E il coro degli uccellini, continuo! La chiesa è ancora aperta, l’edificio è pieno di nidi, e i nidi pieni di piccoli.  Alla fine, un ultimo bacio e un segno di croce. La processione è ripartita, ancora al suono delle campane di Azer. La “via sacra”, questo braccio di chiostro tanto pensato e amato da sr. Marita, che dall’altare, anzi dall’abside con la sua luce dell’Oriente conduce dritta dritta verso il tramonto del sole, e quindi verso il cimitero, ci ha portati in un silenzio pieno di preghiera, attraverso i campi, le montagne del Libano alla sinistra, melograni e mandorli sulla destra, e il mare all’orizzonte, verso il luogo dove noi tutte speriamo di riposare attendendo insieme il giorno della Risurrezione. Anche il rito della sepoltura è stato bello, semplice e commovente. Per la gente che è venuta, un’esperienza pasquale di serenità e speranza.

 Noi ora abbiamo bisogno di tempo, per meditare nel cuore tutto quanto abbiamo vissuto. Ma sentiamo con forza che sr Marita continua ad essere presente fra noi, pietra viva nella costruzione di questa comunità.

 Suor Marta e la Comunità di Azer

mercoledì 7 maggio 2025

al Masiq qam! Haqqan qam!

Il Signore è risorto! 
                                E' veramente risorto!

Azer, maggio 2025   

Carissimi, 

   “Il Signore è risorto! Sì, è veramente risorto!”. Rimbalza, l’annuncio, come ogni anno, di bocca in bocca. Ma cosa accade nel cuore? Signore, io credo veramente alla tua Risurrezione? Pasqua esplode, inarrestabile, in una profusione di fiori e cielo da cartolina.

Le Palme, la lavanda dei piedi, la Mensa del giovedì e la Croce il Venerdì...  La tomba silenziosa del sabato... e la pietra rotolata il mattino del giorno nuovo. Se Cristo non ha vinto la morte, la nostra fede è vana. Eppure quest’anno la Pasqua è arrivata in un tempo di grande sospensione - almeno qui in Siria - di incertezza, di attesa logorante. La gente è stanca, ed ha paura. Sempre più si sente ripetere: «Dov’è Dio? In tutto quanto ci sta accadendo, dov’è?». Anche fra noi, Cristiani cioè discepoli del Cristo Risorto, si diffonde il dubbio, l’amarezza. Forse siamo come a porte chiuse, disorientati, senza un cammino chiaro davanti.

Mi sembra che in questo momento di prova- prova contingente, particolare, ma anche prova più generale, nel mondo e persino nella Chiesa - raccogliamo i frutti amari coltivati dalla mentalità di questo mondo malato, che non crede più che si possa dare un senso al dolore, alla sofferenza, alla morte. Perchè non si crede più alla vita eterna, a ciò che ha veramente valore aldilà dell’immediato, ciò che resta e che nessuno ci potrà veramente togliere. Noi che professiamo una fede il cui cuore è proprio un Dio che per noi è passato attraverso la morte, e l’ha vinta, stiamo rischiando di lasciarci “spegnere” dentro la speranza vera. Perchè non sappiamo più annunciare la forza del dare la vita per ciò in cui crediamo, per Colui in cui crediamo? Certo la morte fa paura, ha avuto paura anche Cristo. Certo che facciamo di tutto per vivere in pace, perchè le nostre famiglie e comunità siano serene, perchè i nostri figli non debbano temere violenze e soprusi. Ma alla fine la morte c’è, il dolore c’è, la violenza c’è. Non possiamo eliminarli. Perchè il “fumo di Satana” è entrato nel mondo; è entrato persino nella Chiesa, ci diceva già Papa Paolo VI. Se ci riflettiamo un attimo, capiamo che Satana è libero di agire solo perchè anche noi siamo veramente liberi. Liberi di scegliere tra il Bene e il Male. Possiamo lamentarci continuamente per il male che c’è, o scegliere oggi, in ogni momento, qui ed ora, il bello, il bene, il vero che possiamo vivere nonostante tutto. Attraverso tutto. Di fronte al dolore e alla sofferenza individuale, a volte c’è solo da tacere. Ma di fronte al problema del Male in sè, rimbocchiamoci le maniche della fede. Insieme. C’è tanto lavoro da fare, in tutte le  parti del mondo. Abbiamo un annuncio da proclamare con la vita: Cristo è risorto!  

Non temere: io faccio nuova ogni cosa. Se solo mi lasci entrare. Perchè questa volta non entrerò a porte chiuse. Attendo che tu mi apra, che tu spalanchi la  tua vita ad una speranza certa.” Signore, io credo, aumenta la mia fede”. 

Amen, Alleluia!  

              Una “bellezza" 

che non si ferma!

 

P.S. Situazione in Siria: difficile, tutto sospeso, nessuno sa bene verso cosa stiamo andando. Grande incertezza. Ci sono violenze. Il cantiere: va avanti nonostante tutto, bello! Con la forza di una pazzia voluta da Dio, chissà cosa ne verrà fuori...

Le sorelle: bene, abbiamo avuto un sacerdote per il Triduo, Don Victor della nunziatura, e rendiamo veramente grazie a Dio. Ma facciamo un po’ fatica a star dietro a tutto. Gli auguri di Pasqua ve li mandiamo ora! E grazie di cuore per le vostre preghiere.


M. Marta Fagnani  , Monastero Trappista Beata Maria Fons Pacis, Siria


Aiuta a costruire un luogo di Pace in terra di Siria!

mercoledì 30 aprile 2025

La pulizia etnica delle minoranze continua: ora tocca ai Drusi?

Almeno 11 civili e membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi negli scontri, per il secondo giorno consecutivo, nelle aree a maggioranza drusa intorno a Damasco.
Secondo alcuni rapporti, i combattimenti sono scoppiati nella notte di martedì in Ashrafiah Sahnaya nel sud-ovest di Damasco, in seguito a un attacco ad un posto di blocco da parte di uomini armati non identificati. I dettagli degli scontri odierni indicano che almeno 11 civili e membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi.
Il giorno prima, un attacco a Jaramana, un sobborgo di Damasco a maggioranza druso, aveva ucciso almeno 10 persone. I residenti hanno segnalato spari, esplosioni e bombardamenti per tutto il mercoledì mattina. Gli attivisti HTS, legati al regime, hanno chiuso le strade che conducono alla zona e hanno inviato rinforzi.
La popolazione drusa è di circa 500.000 abitanti in Siria, concentrata principalmente nel governatorato di Suwayda e nelle piccole città a sud di Damasco.
Il combattimento di martedì è stato scatenato da una falsa registrazione audio, attribuita a un religioso dignitario druso che insulta il profeta Maometto, circolata sui social media. Uomini armati non identificati hanno lanciato il loro attacco a Jaramana, apparentemente connessi a questo video audio. Il dignitario religioso presumibilmente autore dell'estratto ha postato un video sui social media più tardi martedì, dichiarando di non avere nulla a che fare con questa registrazione islamofobica. "Non ho detto questo, e chiunque l'abbia fatto è un essere malvagio che cerca di aggravare le tensioni tra le diverse componenti del popolo siriano", ha detto Marwan Kiwan.
Il cosiddetto "ministero dell'interno" siriano ha confermato che la registrazione è stata falsamente attribuita a un funzionario druso.
I combattimenti sono ripresi ad Achrafiah Sahnaya, ma non si sa se gli aggressori fossero collegati a quelli di Jaramana. Gli scontri hanno diffuso rabbia a Suwayda, con i residenti riluttanti a dare al regime Jolani pieno accesso alla zona. "A Jaramana, è avvenuto un massacro. Achrafieh Sahnaya è circondato e attaccato dai terroristi. La sicurezza generale sta impedendo ai Drusi e al consiglio militare di venire in loro aiuto", ha detto al telefono il capo del consiglio militare di Souwayda, Tarek el-Shoufi.
Dichiarazione rilasciata dal popolo di Jaramana
Nel nome di Dio, il più pieno di grazia, il più misericordioso
"E nessun portatore di fardelli porterà il fardello di un altro" (Al-An'am: 164)
Con i cuori pieni di tristezza e una fede incrollabile nella giustizia di Dio, piangiamo i nostri eroici martiri:
Il giovane Riad Baakar
Il giovane Shadi Al-Atrash
Il giovane, Wassim Zahreddine
Il giovane Diaa Al-Sheikh
Il giovane Lujain Azouz
Il giovane Wafi Al-Aqbani
che sono stati uccisi ingiustamente e aggressivamente a causa dell'attacco indegno alla nostra città sicura, Jaramana.
Questo atto vigliacco non rappresenta la moralità del nostro popolo, della nostra religione, o dei nostri valori nazionali, che si basano sull'amore e sulla convivenza.
Condanniamo fermamente l'incitamento settario che ha preceduto questo crimine e mettiamo in guardia contro ogni rischio di essere trascinati in chiamate alla sedizione che servono solo i nemici della Siria e attentano alla sua unità.
Noi, figli di Jaramana, figli della setta musulmana monoteista drusa, siamo stati e rimarremo una forte barriera contro la divisione, sostenitori della pace, non sostenitori della discordia, e lo affermiamo chiaramente:
Il sangue dei nostri figli non verrà usato per alimentare una guerra settaria voluta dai criminali.
Non saremo costretti a forza e non permetteremo che nessuno venga abusato. La dignità umana è una, e il sangue degli innocenti è un deposito che tutti portiamo.
Chiediamo alle autorità di assumersi la responsabilità avviando un'indagine immediata e trasparente e ritenendo responsabile chiunque abbia partecipato, incitato o pianificato questo crimine. La giustizia è il fondamento della stabilità, e senza di essa, non può esserci pace.
Chiediamo ai nostri abitanti di Jaramana e in tutte le altre città della Siria di essere come li conoscevamo:
più grandi della sedizione e più alti dell'odio.
Spegniamo il fuoco dell'odio con saggezza e smontiamo i piani della divisione con unità e coscienza.
O Dio, abbi pietà dei nostri giusti martiri, guarisci i nostri feriti e proteggi la Siria e il suo popolo da ogni male.
Apparteniamo ad Allah e a Lui ritorneremo.
Jaramana - 29 aprile 2025

lunedì 21 aprile 2025

Card.Pizzaballa: un Amore che vince anche la morte

Messaggio di Pasqua 2025 di Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme. Sottotitoli disponibili in italiano

Di seguito il testo dell'Omelia della Veglia Pasquale  pronunciata da Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme,   il 19 aprile 2025:

Cari fratelli e sorelle,

Che il Signore vi dia pace!

Anche noi oggi facciamo come le donne che vanno la mattina presto a ungere il corpo di Gesù. Vedono che la pietra è stata tolta dal sepolcro e che il sepolcro è vuoto, e si chiedono il significato di ciò che è accaduto. (Luca 24:4) Anche noi ci chiediamo il significato di ciò che è accaduto. 

Ci chiediamo quale sia il significato di quanto accaduto qui duemila anni fa: che cosa significa per noi la risurrezione di Gesù, che cosa riporta nella nostra esistenza, soprattutto in questo tempo in cui tutto sembra parlare del contrario, di morte e di oscurità.  

Le letture di questa Veglia ci vengono in aiuto e ci illuminano: dobbiamo cercarle nelle pagine della Scrittura, proprio come gli angeli invitano a fare le donne  («Ricordatevi come vi disse quando era ancora in Galilea») (Lc 24,6). Le invitano a ricordare le parole di Gesù, a ricordare la Parola. Ed è esattamente ciò che questa Veglia ci invita a fare. Ci invita a fare memoria della Parola, a ricordare la lunga storia di redenzione che ci conduce a questa sera.  

Abbiamo ascoltato la storia di una lunga promessa di vita, la promessa di un Dio che crea il mondo con lo scopo specifico di stringere un'alleanza con l'umanità. Siamo partiti dalla creazione e poi abbiamo ripercorso l'intera storia dell'umanità chiamata ad accettare il dono dell'alleanza con Dio e ad assumersi la responsabilità del dono ricevuto.  

È una storia di elezioni e cadute che ricomincia sempre da capo e ha questa caratteristica: quando sembra finita, finita, senza via d’uscita per la durezza del cuore dell’uomo, ricomincia. Dio interviene e dona qualcosa di nuovo: dona la vita, dona la libertà, dona la Legge, ristabilisce ogni volta una relazione compromessa. Rimette in cammino le persone, dona loro forza e speranza, dona loro la certezza che Lui cammina con noi, in mezzo a noi (cfr Es 13,21).  

Questa storia inizia, come abbiamo già detto, con l'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio per risplendere nella propria gloria. Egli è visto come una creatura con suprema dignità e infinita libertà.  «Lo hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato»  (Sal 8,6). Ma questo non bastava. Invece di risplendere nella gloria che Dio gli ha dato, invece di permanere nell'obbedienza filiale a Dio, fonte della vera libertà, l'uomo ha scelto di seguire gli inganni del Divisore, e ha sperimentato la morte, l'assenza di Dio. Invece di Dio, ha scelto se stesso e si è chiuso in piccoli orizzonti. Con il peccato, con il rifiuto dell'uomo di vivere da figlio, si è perduto.  

Le letture della Veglia ci conducono a questa soglia, a questo momento drammatico: abbiamo perso la nostra somiglianza con Dio, ma solo Lui può donarci un cuore nuovo, capace di vivere secondo il progetto di vita buona che è stato posto nelle nostre mani. Così, l'ultima lettura dell'Antico Testamento, quella del profeta Ezechiele (Ez 36,26-28), racconta la decisione di Dio di trasformare l'uomo dalle fondamenta, di guarire il suo cuore, di fare qualcosa di nuovo che l'uomo da solo non potrà mai fare. Per restituire all'uomo la somiglianza con Lui, Dio deve donargli un cuore nuovo: la purificazione esteriore non basta, non basta perdonare il peccato, perché se il cuore non cambia, l'uomo continuerà ad allontanarsi e a perdere sempre di nuovo la sua somiglianza con il Padre.  

Gesù, la Parola con cui Dio ha creato il mondo e l'uomo, è il medico delle anime, Colui che può restaurare l'immagine originaria che l'uomo ha offuscato, Colui che può donarci un cuore nuovo.  

Eppure, persino la morte di Gesù potrebbe inizialmente indurci a credere che questa promessa di restaurare la nostra immagine a immagine di Dio abbia subito una battuta d'arresto definitiva a un certo punto della storia: Gesù, il compimento della promessa, l'Amen del Padre, fu ucciso e deposto in una tomba. Ciò che accadde fu che Gesù, che era venuto a rivelare di nuovo l'amore gratuito del Padre all'umanità, che era venuto per aiutare e guarire tutti (cfr At 10,38), incontrò incomprensione e rifiuto da parte dei suoi. Fu tradito, rinnegato, venduto, consegnato, deriso, torturato, crocifisso e ucciso. In termini umani, la sua vita si concluse nel peggiore di tutti i fallimenti.  

Ma crediamo che la mattina di Pasqua sia giunta una grande notizia. Le donne vanno al sepolcro in cerca di Gesù nel regno della morte, nel luogo della diversità, della distanza da Dio. Ma questo luogo di morte è deserto. Al posto del corpo di Gesù ci sono due uomini rivestiti di luce, che proclamano che Gesù è vivo (Luca 24:5), che l'uomo nuovo è nato.   

Gesù è colui che si è consegnato, che si è lasciato uccidere, che non si è difeso, che non ha ceduto nemmeno per un istante a una logica di violenza. E non lo ha fatto per debolezza, ma per fiducia. Ha affidato la sua vita al Padre, e ha creduto fino alla fine che il Padre l'avrebbe preservata. In questo Figlio, rimasto ancorato alla promessa fino alla fine, che ha amato fino alla fine, il Padre ha riconosciuto i tratti del suo stesso volto, uomo ricreato a sua immagine e somiglianza. 

Questo è l'annuncio che sento di dover ripetere ancora una volta, prima a me stesso e poi a tutti noi e alla nostra Chiesa. 

 

Tutto qui oggi sembra parlare di morte e fallimento, come quello di Gesù. Forse anche noi siamo come le donne del Vangelo, piene di paure e con il volto chino a terra (Lc 24,5) e quindi incapaci di vedere oltre, prese da tanto dolore e violenza. Ci perdiamo in tante analisi, valutazioni e proiezioni della situazione drammatica che stiamo vivendo. E continuiamo a fondare la nostra speranza sulle decisioni della politica, della società e persino della vita religiosa, che confermano ogni volta la loro vacuità. Insomma, ci imprigioniamo nei piccoli orizzonti del sempre, incapaci di generare vita, di creare bellezza, perché la paura non può mai generare vita, non ha luce e non può creare nulla di bello.  «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui!» (Lc 24,5). Finché saremo intrappolati nelle nostre paure, saremo come le donne del Vangelo e cercheremo Gesù dove non è, cioè nelle nostre tombe.  

Chiediamo allora a Gesù di rientrare nei nostri sepolcri e di condurci alla luce, di restituirci la vita di cui abbiamo sete, di donarci un cuore nuovo, capace di fidarsi e di donare.  

Ricordiamo ciò che il Signore ha fatto per noi e concentriamo lo sguardo su quanto Egli sia ancora all'opera attraverso le tante persone risorte di questo tempo, che anche in questi tempi bui sono ancora capaci di donare e di affidarsi, che brillano di luce e così restaurano giorno dopo giorno l'immagine di Dio nell'uomo. Chiediamo che i nostri cuori vibrino di nuovo di vita, di fiducia, di dono, di amore.  

Questo è il significato della risurrezione di Gesù per noi, questo è il significato della Pasqua, in ogni epoca, fino ad oggi, e questo è ciò che celebriamo oggi: la fedeltà dell'amore di Dio, un amore che vince anche la morte e ci restituisce la dignità di figli di Dio, liberi e amati per sempre.  

Buona Pasqua!

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