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lunedì 12 marzo 2018

Siria, i tesori perduti

I mosaici della Chiesa dei Santi Martiri (completata nel 442) in Taybet Al-Imam, Hama, nella Siria centro-settentrionale.

Si tratta di una delle più estese pavimentazioni a mosaico di una chiesa tra quelle scoperte in Siria (600 m²).

di Claude Zerez

La Siria fu una delle terre d'elezione per il misticismo dei primi secoli del cristianesimo. Vi si sono scoperti molti mosaici che coprivano il pavimento delle chiese, ora in rovina. La rappresentazione a mosaico di scene della Bibbia era considerato uno dei modi migliori per catechizzare. 
I mosaici siriani rivelano la complessità dell'interazione tra i due mondi: il temporale e lo spirituale. Con una spontaneità espressiva, il mosaico orientale si distingue dal rigore dei canoni bizantini e si libera da essi. È una catechesi visiva offerta ai catecumeni e alle assemblee in preghiera. Possiamo ammirare diverse scene altamente istruttive sulla storia della Salvezza e sulla storia della chiesa locale.

Questa sequenza rappresenta l'arrivo alla chiesa delle reliquie dei martiri, trasportate da due muli in un reliquiario di pietra.


















Quest'altra sequenza, situata nella parte orientale del mosaico, rappresenta il "Paradiso" promesso da Dio ai "fedeli credenti".
 È il luogo della pace eterna, simboleggiato dalle due città di Gerusalemme e di Betlemme, come raccontato e descritto nel libro dell'Apocalisse e nel Vangelo. Betlemme simboleggia la natività e Gerusalemme simboleggia la morte e la risurrezione del nostro Salvatore Gesù Cristo.

Le iscrizioni in greco (qui sotto), menzionano i fiumi del paradiso Ghéon, Phison, il Tigri e l'Eufrate. È "l'acqua viva della vita eterna" che scorre, placa la nostra sete e abbevera la nostra fede cristiana. Questa "Si comunica, si diffonde e si propaga" attraverso la carità fraterna e la testimonianza. 
L'Aquila simboleggia il Cristo glorificato ed eterno appollaiato in cima al "Monte del Paradiso".




Al centro del pavimento è rappresentato "l'Agnello di Dio" che toglie i peccati del mondo, sotto una lanterna che fa luce attorno a sè. 





La fenice, simbolo mutuato dalla mitologia egizia e fenicia, vive in "diversi secoli", muore e diventa cenere. È annientata e si trasforma in cenere prima di rinascere dalle sue stesse ceneri. La sua rinascita, in bellezza e luminosità, evoca la risurrezione di Cristo. Il passaggio dalla morte terrena alla vita celeste ed eterna si attualizza in ogni battezzato che riceve il Corpo e il Sangue di Cristo (il Calice del Preziosissimo Sangue in mezzo alla Croce). Attraverso questa Comunione e questa partecipazione alla vita, alla morte e alla risurrezione di Cristo, il battezzato entra nella vita eterna.


Troviamo qui  il simbolo del pesce.  ICTHUS - ΙΧΘΥΣ; parola greca che significa pesce. All'inizio del cristianesimo, questo simbolo era usato dai cristiani per riconoscersi. ICTHUS è composto dalle iniziali delle cinque parole greche: "Iesous Christos Theou Uios Soter" = "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore". 



Mosaico che raffigura la chiesa di S. Simeone lo Stilita siriano che è rappresentata in forma di croce.

È scandaloso vedere oggi questi preziosi mosaici distrutti e rasi al suolo dalle bande armate. 
Allo stesso modo, le nostre lacrime scorrono mentre la grande Basilica di San Simeone del sesto secolo diventa un campo di addestramento per le donne jihadiste. 
Nè possiamo dimenticare il tempio di Ain Dara del secondo millennio a.C. bombardato ultimamente dai turchi.
Claude ZEREZ, 06-Marzo-2018 

venerdì 9 marzo 2018

Maristi di Aleppo: La volontà di vivere del popolo siriano


Lettera da Aleppo n. 32 ( 4 marzo 2018)
Stavate aspettando la nostra lettera.
Oltre alle notizie dei diversi progetti dei Maristi Blu, volevate essere informati della situazione della città di Aleppo, quella di Afrin e soprattutto di quello che sta accadendo a Damasco e nel resto del Paese.
Aleppo è stata liberata nel dicembre 2016 e da allora i bombardamenti sono finiti, le strade interrotte sono state riaperte, le forniture di acqua sono tornate quasi regolarmente in tutte le case, l’elettricità continua ad essere razionata. Alcuni sfollati interni cercano di tornare nelle loro case nei quartieri orientali della città. I piccoli commercianti stanno cercando di riaprire il loro negozio. Le macerie sono state raccolte in diversi quartieri. Ci rendiamo conto, adesso, della desolazione della popolazione che viveva sotto l’autorità degli elementi armati come il “Fronte al-Nusra” o “Daesh (Stato islamico)”. Le scuole e le università operano normalmente. La situazione ad Aleppo si sta avvicinando alla normalità, fatta eccezione per la catastrofica situazione economica e il ritorno definitivo degli sfollati dall’estero. Purtroppo, per migliaia di famiglie emigrate il ritorno non è ancora previsto. Mentre leggete questa lettera, altre famiglie continuano a partire. Bisogna aspettare che la guerra finisca in tutta la Siria? Quale futuro ci è riservato?
Diversi focolai di guerra persistono nel paese.
Prima di tutto, vorrei fare il punto della situazione ad Afrin, città nella Siria nordoccidentale la cui maggioranza di abitanti è curda, al confine con la Turchia. Alcuni mesi fa, il presidente turco ha deciso di intraprendere una guerra contro i curdi. Il suo esercito ha invaso il territorio siriano e con incursioni aeree estremamente letali e un’offensiva sul terreno, occupa un centinaio di villaggi intorno ad Afrin e circonda la città. Non possiamo dimenticare che questo territorio fa parte della provincia di Aleppo e che gli abitanti di questa regione, certamente di etnia curda, sono cittadini siriani.
A Damasco, la situazione è molto grave. Da diversi anni, gli elementi armati del “Fronte al-Nusra” e altre milizie occupano la campagna di Damasco, la Ghouta. Questi jihadisti hanno continuato a bombardare i quartieri di Damasco, uccidendo civili e causando distruzione.
Dopo la liberazione di Homs, di Aleppo, di Deir el Zor, l’esercito siriano ha deciso di liberare questa enclave. Questa guerra di liberazione ha certamente causato morti, feriti e sofferenze tra la popolazione civile tenuta in ostaggio dai jihadisti e ne siamo profondamente dispiaciuti. Ma non dobbiamo dimenticare che le incursioni aeree dell’esercito americano che hanno facilitato la liberazione di Mosul e di Raqqa hanno causato molte più vittime civili. E come al solito, ogni volta che iniziano battaglie di liberazione, i media occidentali iniziano a parlare di crisi umanitarie, attacchi chimici, per preparare l’opinione mondiale a un possibile intervento militare contro il governo siriano. Offrono un quadro molto di parte di ciò che sta accadendo. Sui social network, scorrono immagini spesso fabbricate, o copiate da altre guerre, immagini che mostrano solo bambini e civili e mai elementi armati, i veri bersagli dell’offensiva. Con voi, mi chiedo perché non si parla dei massacri causati dai bombardamenti sui quartieri civili di Damasco come “Bab Touma” o “Kassa’a”? Perché i media occidentali e i loro governi non raccontano il dramma quotidiano del popolo di Damasco?
Il nostro cauto ottimismo di alcuni mesi fa circa la fine della guerra e il ristabilimento di una vera pace si è trasformato in un pessimismo crescente, tanto la situazione in Siria è diventata un’impasse inesauribile. Con l’esercito turco a nord-ovest, l’esercito americano, che sostiene le milizie curde, nel nord-est, le incursioni israeliane a sud e la situazione a Damasco e Ghouta, non c’è molto da essere ottimisti.
Fortunatamente, ci sono persone serie e oneste tra i giornalisti che rischiano la vita e vengono a osservare la realtà sul terreno. Uno di loro, Ivan, del Diario de Navarra, ha trascorso più di una settimana tra Damasco e Aleppo. Ha sperimentato quello che è la guerra, la paura, l’angoscia di una popolazione e ha constatato distruzioni inimmaginabili.
Se mi soffermo all’inizio della lettera sulla situazione di guerra, non è affatto per mostrare un volto di morte e paura, al contrario! Voglio parlare della volontà di vivere del popolo siriano. Vogliamo vivere! vivere con dignità! Vivere in ​​pace.. vivere liberi da ogni costrizione! Vivere lontano dalla sofferenza!
Oggi, noi Maristi Blu , abbiamo ricevuto un bambino di 5 anni, M. che ha la faccia, le mani, i piedi completamente bruciati.
La sua faccia sfigurata mi perseguita. Non ho parole. Ho solo la forza di denunciare una guerra che dura da troppo tempo! Basta ! Basta dicono i nostri amici spagnoli. Kafa, diciamo noi nella nostra lingua araba.
Fortunatamente, ci sono dei "soli" che vengono a riscaldare le nostre vite e illuminano le nostre giornate piuttosto cupe. Uno di questi è Soumaya Hallak. Svizzera d’origine aleppina, soprano, nipote di un grande poeta aleppino, è venuta a trascorrere 8 giorni con noi e per noi. Accompagnata da Marie-Laure, regista, e da Sawsan e Rand, due giovani ragazze di Damasco studentesse al conservatorio, Soumaya ha animato ogni mattina e pomeriggio in laboratori di canto, di danza e di terapia per i traumi di guerra tutti i nostri gruppi: per i bambini dell' “Imparare a crescere” e “Io voglio imparare”, per i ragazzi dello “Skill School”, per le donne del progetto “Women’s Development” e per gli istruttori. Soumaya ci ha portato gioia e un po‘ di felicità. Ha promesso di tornare ad aprile e/o in estate.
Il progetto “Educazione e sviluppo della donna” è fonte di gioia e orgoglio per noi. Trenta donne di oltre 30 anni e altrettante ragazze più giovani partecipano due volte alla settimana a workshop interattivi su argomenti che le riguardano come gestire un budget familiare, riciclare il cibo, i matrimoni precoci, igiene e malattie ginecologiche, ecc … Le partecipanti provengono da diversi retroterra culturali. Hanno stabilito relazioni molto fraterne tra loro. Tutte sono presenti in tutti i workshop, e nessuna manca all’appuntamento tanto sono felici di parteciparvi. Il ciclo è di 2 mesi. Poi riprende con altre partecipanti.
Con i progetti “MIT” e “Job”, partecipiamo alla ricostruzione dell’Uomo, delle famiglie e del paese. Oltre ai workshop di 3 giorni organizzati da oltre 4 anni, abbiamo iniziato la scorsa settimana la quinta sessione del tema “Come creare il tuo mini-progetto”. Venti adulti trascorreranno 42 ore imparando e applicando al proprio progetto gli elementi di base per la valutazione di costo, redditività, marketing … per presentare il loro progetto ben studiato alla giuria. Noi, i Maristi Blu, finanziamo i migliori progetti in termini di fattibilità, redditività, sostenibilità e creazione di posti di lavoro. In tal modo, stiamo aiutando le famiglie a vivere con dignità, indipendenti dagli aiuti ricevuti durante gli anni della guerra, e stiamo creando posti di lavoro di cui il paese ha così tanto bisogno, data l’attuale recessione economica.
Una delle nostre più grandi soddisfazioni è il completamento del nostro programma “Civili feriti di guerra”.*
Ieri c'è stata festa presso i Maristi Blu. In effetti, abbiamo avuto la quarta cerimonia di consegna dei diplomi, questa volta a 10 donne che hanno partecipato per 4 mesi alle sessioni del nostro progetto “Taglio e Cucito” . Hanno acquisito competenze sufficienti per entrare nel mercato del lavoro e anche per le esigenze famigliari.
Il nostro progetto di riciclaggio dell’abbigliamento “Heart Made” fa miracoli. Ha fornito lavoro a undici persone. E i prodotti che escono dall’atelier sono davvero belli e vengono venduti in un negozio del centro, che permetterà al progetto di autofinanziarsi.
I nostri programmi di soccorso continuano come al solito.
I Maristi Blu per gli sfollati” distribuisce pacchi cibo, prodotti igienici e denaro (regalo di Caritas-Polonia) ogni mese a più di 1.000 famiglie sfollate e indigenti. Le famiglie sfollate vengono anche aiutate a pagare l’affitto per il loro appartamento. In occasione del Natale, tutte le persone delle nostre famiglie (oltre 4000) hanno ricevuto nuovi vestiti e scarpe. Per Pasqua, riceveranno carne e un cesto di frutta.*
Il programma medico aiuta a finanziare 150 procedure mediche al mese: operazioni chirurgiche, ospedalizzazione, prescrizioni, laboratori e radioterapie che i malati impoveriti dalla guerra non possono pagare.
Goccia di latte” contribuisce alla crescita fisica e mentale di circa 3.000 bambini di età inferiore ai 11 anni fornendo loro latte ogni mese.
Anche i progetti educativi sono tra i 'soli' del nostro firmamento. La felicità dei bambini di “Imparare a crescere” e “Voglio imparare” è eguagliata solo da quella dei loro 24 istruttori. I piccoli stanno attualmente preparando la festa della mamma, che si celebra da noi il 21 marzo. Skill School realizza progetti molto interessanti per adolescenti, tra cui diversi programmi di solidarietà durante la Quaresima. Grazie alla loro diligenza e allo sforzo degli educatori, e come parte del progetto “Eradicazione dell’analfabetismo” , molti adulti analfabeti sono ora in grado di leggere un testo. Altri adulti, uomini e donne, sono già al quarto livello di apprendimento dell’inglese come parte del progetto “Hope”. Essi sono orgogliosi di aiutare i loro figli nei loro studi e di tenere una conversazione.
Prima di chiudere, vorrei annunciare una grande notizia. Su richiesta di molti dei nostri amici, pubblicheremo molto presto un libro co-scritto da Nabil Antaki e da me. Il nostro libro “Le Lettere di Aleppo”, pubblicato da Harmattan, è una raccolta di tutte le lettere che abbiamo scritto durante gli anni della guerra arricchite con estratti di interviste e testi. Attualmente è in stampa e sarà presto disponibile nelle librerie. In “Le lettere di Aleppo” dipingiamo un quadro della situazione e raccontiamo la sofferenza degli sfollati, la miseria dei poveri, l’angoscia degli abitanti e l’atrocità della guerra; e descriviamo anche la nostra risposta a questi drammi attraverso la compassione, l’accompagnamento, la solidarietà e il dono di sè attraverso i “Maristi Blu”.
Ci stiamo avvicinando a Pasqua, il tempo di celebrare la morte e la risurrezione di Cristo.
Siamo tutti invitati a pregare il Signore della vita perchè ci doni “la sua PACE”; una Pace di giustizia e di perdono; una Pace che accetta l’altro così com’è; una Pace che tende la mano; una Pace che rifiuta la violenza; una Pace che si traduce in gesti di misericordia; una Pace che tocca il cuore di pietra degli uomini per trasformarlo in un cuore di carne; una Pace che annuncia una civiltà dell’amore; una Pace che realizza la volontà di Dio sulla nostra terra.
Vi auguriamo di vivere questa Pace e irradiarla, tramite voi, nel nostro mondo.
Aleppo il 4 marzo 2018
M.Georges Sabé. Per i Maristi Blu


Per contribuire al Progetto dei Maristi "Pranzo di Pasqua ad Aleppo" , l'Associazione AIULAS sta raccogliendo i contributi
https://www.aiulas.org/i-nostri-progetti/pranzo-di-pasqua-ad-aleppo/

martedì 6 marzo 2018

Lettre ouverte par les moniales Trappistines Syriennes: Appeler les choses par leur nom, voici le commencement de la paix



Quand les armes se tairont-elles? Quand se taira tant de journalisme partiel? Nous, qui vivons en Syrie, nous sommes dégoûtés par l’indignation générale qui se lève pour condamner ceux qui défendent leur propre vie et leur propre terre.
 A plusieurs reprises ces mois-ci, nous nous sommes rendus à Damas. Nous y sommes allés après que les bombes des rebelles aient fait un massacre dans une école. Nous y étions également voici quelques jours seulement, le jour après que 90 missiles tirés à partir du faubourg de la Goutha soient tombés sur la partie de la ville sous le controle du gouvernment. Nous avons écouté les récits des enfants, la peur de sortir de chez eux et d’aller à l’école, la terreur de devoir voir encore leurs camarades de classe, ou eux-memes, sauter dans les airs. Ces enfants ne parviennent pas à dormir la nuit à cause de la peur qu’un missile arrive sur leur toit. La peur, les larmes, le sang et la mort. Ces enfants ne sont-ils pas aussi dignes de notre attention?
 Pourquoi l’opinion publique n’a-t-elle pas cillé, pourquoi personne ne s’est-il indigné, pourquoi n’y a-t-il pas eu d’appels humanitaires ou autre en faveur de ces innocents? Pourquoi n’est-ce que lorsque le gouvernement syrien intervient, en suscitant la gratitude de la part des citoyens Syriens qui se sentent ainsi protégés contre tant d’horreur (on l’a constaté, et ils nous l’ont raconté), pourquoi seulement à ce moment-là on s’indigne de la férocité de la guerre? Certes, quand l’armée Syrienne bombarde, des femmes, des enfants, des civils, meurent ou sont blessés. Nous prions aussi pour eux. Non seulement pour les civils, nous prions également pour les djihadistes parce que chaque homme qui choisit le mal est un fils perdu, c’est un mystère caché dans le cœur de Dieu. C’est à Lui qu’il faut laisser le jugement, Lui qui ne veut pas la mort du pécheur mais qu’il se convertisse et vive.

Mais cela ne veut pas dire qu’on ne puisse pas appeler les choses par leur nom. Et on ne peut pas confondre celui qui attaque avec celui qui se défend.
A Damas, c’est à partir de la zone de la Goutha qu’ont commencé les attaques en direction des civils qui habitent dans la partie de la ville contrôlée par le gouvernement et non pas l’inverse. Le quartier de la Goutha lui-même a vu les civils n’appuyant pas les djihadistes être placés dans des cages de fer – hommes et femmes – exposées en plein air et utilisées comme boucliers humains. Goutha est un quartier dans lequel aujourd’hui les civils qui veulent s’enfuir et se réfugier dans la partie gouvernementale en profitant de la trêve accordée sont pris pour cible par des tireurs embusqués rebelles. Pourquoi dès lors cette cécité de l’Occident? Comment est-il possible que ceux qui informent, y compris à l’intérieur de l’Eglise, soient si unilatéraux?

La guerre est laide, très laide! Il n’est pas nécessaire de nous le raconter, à nous les Syriens, car on nous l’a emmenée ici depuis sept ans… Mais il n’est pas possible de se scandaliser à cause de la brutalité de la guerre et se taire à propos de ceux qui ont voulu la guerre et la veulent encore aujourd’hui, à propos des gouvernements qui ont déversé en Syrie au cours de ces années leurs armes toujours plus puissantes, qui ont utilisé leurs services secrets… pour ne pas parler des mercenaires laissés délibérément entrer en Syrie en les faisant passer par les pays limitrophes (parmi eux, beaucoup sont devenus des membres de l’Etat islamique, il faut le rappelr à l’Occident, qui connait du moins cette définition). Il n’est pas possible de se taire concernant l’attitude des gouvernements qui ont obtenu des bénéfices de cette guerre et continuent à en retirer des profits. Il suffit de voir ce que sont devenus les puits de pétrole les plus importants de Syrie. Ma ceci n’est qu’un détail, car il y a bien davantage…

La guerre est laide. Nous ne sommes pas encore arrivé au but, là où le loup et l’agneau demeureront ensemble. Et aux croyants, il faut rappeler que l’Eglise ne condamne pas la légitime défense, et bien qu’elle ne souhaite pas le recours au armes et à la guerre. La foi ne condamne pas ceu qui défendent leur propre patrie, leur propre famille, leur propre vie. Il est possible de choisir la non-violence jusqu’à en mourir. Cependant, il s’agit d’un choix personnel, qui ne peut mettre en jeu que la vie de ceux qui le font et il n’est pas possible de le demander à une nation entière, à un peuple entier.

Aucun homme qui a un minimum de vraie humanité ne peut souhaiter la guerre.  Mais aujourd'hui dire à la Syrie, au gouvernement syrien, ne pas défendre sa nation est contre toute justice: trop souvent c'est seulement un moyen de faciliter la tâche de ceux qui veulent piller le pays, massacrer son peuple, comme cela s'est passé ces longues années pendant  lesquelles les trêves ont surtout servi à réarmer les rebelles, et les couloirs humanitaires à apporter de nouvelles armes et de nouveaux mercenaires ... et comment peut-on oublier quelles atrocités sont survenues ces dernières années dans les zones contrôlées par les djihadistes? violences, exécutions sommaires, viols ... comment oublier ce qu’ont dit ceux qui ont finalement réussi à s'échapper?

Dans ces semaines, on nous a fait lire un article vraiment incroyable: tant de mots pour faire passer une seule thèse, à savoir que toutes les Églises orientales ne sont que des esclaves du pouvoir ... par commodité ... Quelques phrases à épater, genre la révérence des évêques et des chrétiens envers le Satrape Syrien ... un moyen de délégitimer tout appel de l'Église syrienne qui révèle l'envers de la médaille, dont on ne parle pas.

Au-delà de toute défense et polémique inutiles, faisons un raisonnement simple, à partir d’une considération. Et c'est que le Christ - qui connaît bien le coeur de l'homme, c'est-à-dire qui sait que le bien et le mal cohabitent en chacun de nous- veut que les Siens soient le levain dans la pâte, c’est-à-dire cette présence qui, peu à peu, de l’intérieur, fait croître une situation et l’oriente vers la vérité et le bien, qui la soutient là où elle doit être soutenue et la change là où elle doit être modifiée, avec courage, sans duplicité mais de l’intérieur. Jésus n'a pas soutenu les fils du tonnerre, qui invoquaient un feu de punition.
Bien sûr, la corruption est dans la politique Syrienne (comme dans tous les pays du monde) et il y a du péché dans l'Église(comme dans toutes les églises, comme tant de fois le Pape s'en est plaint).
Mais, faisons appel au bon sens de tous, même aux non-croyants: quelle est la véritable alternative que l'Occident invoque pour la Syrie? L'État islamique, la charia? Ceci au nom de la liberté et de la démocratie du peuple syrien? Mais ne nous faites pas rire, ou plutôt, ne nous faites pas pleurer ...

Mais si vous pensez que de toutes façons il n'est jamais légitime de faire des compromis, nous vous rappelons, par souci de cohérence, que vous ne pouvez pas avoir de l'essence  sans compromis avec les pouvoirs fortes, puisque plusieurs entreprises ont acheté du pétrole à bon marché de l’Etat Islamique, par le biais de la Turquie; ainsi, si vous conduisez quelques kilomètres, vous le faites aussi grâce à la mort de quelqu'un à qui ce pétrole a été volé, en consommant le gazoil qui devait chauffer la maison des enfants en Syrie.
Si vous voulez vraiment répandre la démocratie dans le monde, assurez-vous de votre liberté face aux satrapes de l'Occident, et inquiétez-vous de votre cohérence, avant d'intervenir sur celle des autres.

En plus, on devrait avoir quelques soupçons face au fait que si un chrétien ou un musulman dénonce les atrocités des groupes djihadistes, le silence tombe, il ne trouve qu'un écho médiatique rare, par des ruisseaux marginaux, alors que ceux qui critiquent le gouvernement Syrien gagnent les premières pages des grands médias… Est-ce que quelqu'un se souvient de l'interview ou de l'intervention d'un évêque Syrien sur un important journal de l'Ouest? On peut être en désaccord, évidemment, mais une vraie information suppose des points de vue différents.

De plus, ceux qui parlent de révérence intéressée de l'Église syrienne envers le président Assad pour défendre les intérêts à courte vue des chrétiens, prouvent qu'ils ne connaissent pas la Syrie, parce que sur cette terre les chrétiens et les musulmans vivent ensemble. Ce n'est que cette guerre qui a blessé la cohabitation dans de nombreuses régions, mais dans les zones sécurisées par l'armée (contrairement à celles contrôlées par les «autres»), nous vivons toujours ensemble. Avec des blessures profondes à réparer, aujourd'hui malheureusement aussi avec beaucoup de difficulté à pardonner, mais toujours ensemble. On vit encore actuellement ensemble, pour le bien de tous. Les nombreuses œuvres de charité, de secours, de développement gérées par des chrétiens et des musulmans de manière conjointe en sont le témoignage.
Bien sûr, ceci est connu par ceux qui vivent ici, même au milieu de tant de contradictions, pas ceux qui écrivent derrière un bureau, avec de nombreux stéréotypes d'opposition entre chrétiens et musulmans.

"Libère-nous Seigneur de la guerre ... et libère-nous de la mauvaise presse ...". 
Avec tout le respect que l’on doit aux journalistes qui essaient vraiment de comprendre les situations et de nous en informer vraiment. Mais ces derniers, ne prendront pas mal nos mots ....   
   Les moniales trappistines en Syrie


VERSIONE INGLESE DELLA LETTERA APERTA QUI: 
http://www.asianews.it/news-en/Syrian-Trappist-nuns-say-Western-powers-and-factional-media-fuel-war-propaganda-43266.html

domenica 4 marzo 2018

Lettera aperta delle Monache siriane: Chiamare le cose con il loro nome, è questo l'inizio della pace



Quando taceranno le armi ? E quando tacerà tanto giornalismo di parte ?
Noi che in Siria ci viviamo, siamo davvero stanchi, nauseati da questa indignazione generale che si leva a bacchetta per condannare chi difende la propria vita e la propria terra.
Più volte in questi mesi siamo andati a Damasco; siamo andati dopo che le bombe dei ribelli avevano fatto strage in una scuola, eravamo lì anche pochi giorni fa, il giorno dopo che erano caduti, lanciati dal Goutha, 90 missili sulla parte governativa della città. Abbiamo ascoltato i racconti dei bambini , la paura di uscire di casa e andare a scuola, il terrore di dover vedere ancora i loro compagni di classe saltare per aria, o saltare loro stessi, bambini che non riescono a dormire la notte, per la paura che un missile arrivi sul loro tetto. Paura, lacrime, sangue, morte. Non sono anche questi bambini degni della nostra attenzione?
Perché l’opinione pubblica non ha battuto ciglio, perché nessuno si è indignato, perché non sono stati lanciati appelli umanitari o altro per questi innocenti? E perché solo e soltanto quando il Governo siriano interviene, suscitando gratitudine nei cittadini siriani che si sentono difesi da tanto orrore (come abbiamo constatato e ci raccontano), ci si indigna per la ferocia della guerra?
Certo, anche quando l’esercito siriano bombarda ci sono donne, bambini, civili, feriti o morti. E anche per loro preghiamo. Non solo i civili: preghiamo anche per i jihadisti, perché ogni uomo che sceglie il male è un figlio perduto, è un mistero nascosto nel cuore di Dio. Ed è a Dio che si deve lasciare il giudizio, Lui che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.

Ma questo non significa che non si debbano chiamare le cose con il loro nome. E non si può confondere chi attacca con chi si difende.
A Damasco, è dalla zona del Goutha che sono cominciati gli attacchi verso i civili che abitano nella parte controllata dal governo, e non viceversa. Lo stesso Goutha dove - occorre ricordarlo ? – i civili che non appoggiavano i jihadisti sono stati messi in gabbie di ferro: uomini, donne, esposti all’aperto e usati come scudi umani. Goutha: il quartiere dove oggi i civili che vogliono scappare, e rifugiarsi nella parte governativa, approfittando dalla tregua concessa, sono presi di mira dai cecchini dei ribelli…
Perché questa cecità dell’Occidente? Come è possibile che chi informa, anche in ambito ecclesiale, sia così unilaterale?

La guerra è brutta, oh sì, sì se è brutta! Non venitelo a raccontare ai siriani, che da sette anni se la sono vista portare in casa… Ma non si può scandalizzarsi per la brutalità della guerra e tacere su chi la guerra l’ha voluta e la vuole ancora oggi, sui Governi che hanno riversato in Siria in questi anni le loro armi sempre più potenti, le loro intelligence... per non parlare dei mercenari lasciati deliberatamente entrare in Siria facendoli passare dai Paesi confinanti (tanti che poi sono diventati Isis, va ricordato all’Occidente, che almeno questa sigla sa cosa significa). Tacere sui Governi che da questa guerra hanno guadagnato e guadagnano. Basta vedere che fine hanno fatto i più importanti pozzi petroliferi siriani. Ma questo è solo un dettaglio, c’è molto più importante in gioco.
La guerra è brutta. Ma non siamo ancora arrivati alla meta, là dove il lupo e l’agnello dimoreranno insieme, e per chi è credente bisogna ricordare che la Chiesa non condanna la legittima difesa; e se anche non si augura certamente il ricorso alle armi e alla guerra, la fede non condanna chi difende la propria patria, la propria famiglia, neppure la propria vita. Si può scegliere la non-violenza, fino a morirne. Ma è una scelta personale, che può mettere in gioco solo la vita di chi lo sceglie, non si può certo chiederlo ad una nazione intera, a un intero popolo.

Nessun uomo che abbia un minimo di umanità vera, può augurarsi la guerra. Ma oggi dire alla Siria, al governo siriano, di non difendere la sua nazione è contro ogni giustizia : troppo spesso è solo un modo per facilitare il compito di quanti vogliono depredare il Paese, fare strage del suo popolo, come accaduto in questi lunghi anni nei quali le tregue sono servite soprattutto per riarmare i ribelli, e i corridoi umanitari per far entrare nuove armi e nuovi mercenari.. e come non ricordare quali atrocità sono accadute in questi anni nelle zone controllate dai jihadisti? violenze, esecuzioni sommarie, stupri… i racconti rilasciati da chi alla fine è riuscito a scappare ?

In queste settimane ci hanno fatto leggere un articolo veramente incredibile: tante parole per far passare in fondo una sola tesi, e cioè che tutte le Chiese di Oriente sono solo serve del potere…per convenienza… Qualche bella frase ad effetto, tipo la riverenza di Vescovi e Cristiani verso il Satrapo Siriano…un modo per delegittimare qualunque appello della Chiesa siriana che faccia intravedere l’altro lato della medaglia, quella di cui non si parla.
Aldilà di ogni inutile difesa e polemica, facciamo un ragionamento semplice, a partire da una considerazione. E cioè che Cristo - che conosce bene il cuore dell’uomo, e cioè sa che il bene e il male coabitano in ciascuno di noi, vuole che i suoi siano lievito nella pasta, cioè quella presenza che a poco a poco, dall’interno, fa crescere una situazione e la orienta verso la verità e il bene. La sostiene dove è da sostenere, la cambia dove è da cambiare. Con coraggio, senza doppiezze, ma dall’interno. Gesù non ha assecondato i figli del tuono, che invocavano un fuoco di punizione .
Certo che la corruzione c’è nella politica siriana (come in tutti i Paesi del mondo) e c’è il peccato nella Chiesa (come in tutte le Chiese, come tante volte il Papa ha lamentato)
Ma, appellandoci al buon senso di tutti, anche non credenti : qual è l’alternativa reale che l’Occidente invoca per la Siria? Lo Stato islamico, la sharia? Questo in nome della libertà e la democrazia del popolo siriano? Ma non fateci ridere, anzi, non fateci piangere…

Ma se pensate che in ogni caso non sia mai lecito scendere a compromessi, allora per coerenza vi ricordiamo, solo per fare un piccolo esempio, che non potreste fare benzina 'senza compromessi coi poteri forti', dato che la maggior parte delle compagnie ha comprato petrolio a basso costo dall’Isis, attraverso il ponte della Turchia: così quando percorrete qualche chilometro in auto, lo fate anche grazie alla morte di qualcuno a cui questo petrolio è stato rubato, consumando il gasolio che doveva scaldare la casa di qualche bambino in Siria..
Se proprio volete portare la democrazia nel mondo, assicuratevi della vostra libertà dalle satrapie dell’Occidente, e preoccupatevi della vostra coerenza, prima di intervenire su quella degli altri..

Non ultimo, non si può non dire che dovrebbe suscitare almeno qualche sospetto il fatto che se un cristiano o un musulmano denuncia le atrocità dei gruppi jihadisti è fatto passare sotto silenzio, non trova che una rara eco mediatica, per rivoli marginali, mentre chi critica il governo siriano guadagna le prime pagine dei grandi media.. Qualcuno ricorda forse l’intervista o un intervento di un Vescovo siriano su qualche giornale importante dell’Occidente? Si può non essere d’accordo, evidentemente, ma una vera informazione suppone differenti punti di vista.

Del resto, chi parla di una interessata riverenza della Chiesa siriana verso il presidente Assad come di una difesa degli interessi miopi dei cristiani, dimostra di non conoscere la Siria, perché in questa terra cristiani e musulmani vivono insieme. E’ stata solo questa guerra a ferire in molte parti la convivenza, ma nelle zone messe in sicurezza dall’esercito ( a differenza di quelle controllate dagli 'altri') si vive ancora insieme. Con profonde ferite da ricucire, oggi purtroppo anche con molta fatica a perdonare, ma comunque insieme. E il bene è il bene per tutti: ne sono testimonianza le tante opere di carità, soccorso, sviluppo gestite da cristiani e musulmani insieme.
Certo, questo lo sa chi qui ci vive, pur in mezzo a tante contraddizioni, non chi scrive da dietro una scrivania, con tanti stereotipi di opposizione tra cristiani e musulmani.

Liberaci Signore dalla guerra…e liberaci dalla mala stampa…”.
Con tutto il rispetto per i giornalisti che cercano davvero di comprendere le situazioni, ed informarci veramente. Ma non saranno certo loro ad aversene a male per quanto scriviamo…

Le sorelle Trappiste in Siria

martedì 27 febbraio 2018

La Siria è il cuore sanguinante di una guerra mondiale

Il Leone di Palmyra, risalente al 1° secolo a. Cristo,
è stato distrutto da Daech con le ruspe nel 2015.
Ora restaurato, il pezzo più importante del Museo
 di Palmyra è esposto nei giardini del museo di Damasco.

"Svegliamoci, sono impazziti!" 

19 febbraio 2018
Tribuna libera   di Michel Raimbaud



Da ormai sette anni, la Siria è in guerra. Questo paese amichevole, tollerante e altamente civilizzato, che nemmeno i suoi detrattori potrebbero negare essere bello e accattivante, sta già affrontando una sfida formidabile, quella del dopoguerra. Gli assalitori barbari di cento paesi, sia atlantisti che islamisti, hanno combattuto duramente per distruggere le sue ricchezze, le infrastrutture, le sue capacità, i monumenti e le bellezze naturali, al fine di cancellarle dalle mappe. Ma hanno anche e soprattutto cercato di schiacciare il popolo siriano, di cancellare la sua memoria e la sua identità per annientarlo.
Con la complicità di una sedicente "comunità internazionale" ingannatrice, ora stanno lavorando per privarlo, per quanto possibile, di ogni prospettiva del futuro, defraudandolo dei suoi diritti imprescrittibili: di disporre di se stesso, di decidere, senza interferenze straniere, il suo destino e il suo sistema politico. Senza pudore né vergogna, gli stessi invasori non nascondono le loro velleità di cambiarne il futuro, inclusa la costituzione, con una Siria sotto la "tutela delle Nazioni Unite", cioè sotto mandato, ossia sotto il giogo coloniale.
Per cancellare l'impronta geografica di una Siria madre della civiltà (compresa la nostra), può esserci un modo più efficace che disperdere un popolo e soprattutto di sbriciolare uno Stato che ha commesso il crimine di lesa maestà? In effetti, alla fine, l'impresa si propone di trasformare quella che una volta era una grande Siria in un arcipelago di mini-entità, e la sua gente in un mosaico tribalizzato destinato a essere vaporizzato in una vasta diaspora: a un primo approccio, questo crimine inqualificabile merita la doppia caratterizzazione di 'politicidio' (la dissoluzione di uno Stato che disturba) e di 'etnocidio' - l'annientamento di un popolo che resiste. Questo è ciò che è inscritto nel 'grande disegno' neoconservatore. Quest'ultimo, notiamo di sfuggita, equivarrebbe a infliggere alla Siria il destino riservato da 70 anni alla Palestina, pezzo di terra rubato sotto l'egida del colonialismo trionfante. Il destino dei Siriani potrebbe quindi assomigliare a quello dei Palestinesi, irrimediabilmente spogliati nel nome di una 'missione divina'. Il sinistro destino dei popoli amerindi, eliminati dalla storia, è lì per ricordare ciò di cui sono capaci i coloni venuti da fuori.
Le distruzioni sono immense, pari a centinaia di miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti - ma è un loro problema - i milioni, bilioni o trilioni spesi dalle 'potenze' assalitrici per condurre le loro battaglie 'per la democratizzazione' .
Non serve a nulla invocare i valori della moralità, naturale o religiosa, il diritto internazionale e la legalità delle Nazioni Unite, o addirittura la semplice decenza, di fronte ad aggressori senza legge e senza fede. Non possiamo aspettarci una qualsiasi logica da Stati che si erigono a gendarmi del pianeta mentre si comportano come regimi criminali. È paradossale, dopo tutto questo tempo, dopo questi orrori, questi massacri, questi atti da selvaggi, questa barbarie, che si trovino ancora nel grande Occidente 'democratico' così tanti difensori dell'indifendibile, così tanti ammiratori dei jihadisti presentati come democratici o 'moderati'.  Gli intellettuali sono intrappolati dalla loro iniziale cecità, i media sono sigillati dall'omertà, i politici sono ostaggi della loro doxa neoconservatrice, nell'Esagono (la Francia n.d.t.) come in tutto il mondo giudeo-cristiano.
Perché un tale accanimento, una tale ostinazione nel mentire? La Siria è stata a lungo nel mirino di America, Gran Bretagna e Israele. La Siria storica è il centro di gravità del Medio Oriente, il luogo di nascita delle tre religioni rivelate, il cuore pulsante dell'arabismo, simbolo dell'Islam moderno e tollerante, sede dei primi califfi: un'eredità molto pesante da portare ma che ha assicurato a questo 'faro dell'Oriente' un innegabile prestigio tra gli Arabi e un'aura di simpatia tra i Musulmani.
Tollerante, multiconfessionale, moderna, repubblicana, forte della sua identità e della sua consapevolezza storica, essa rappresenta ciò che gli estremisti di ogni versante aborriscono sopra ogni altra cosa.
Dalla sua indipendenza e dalla creazione di Israele, la Siria ha continuato a fornire un sostegno costante alla causa palestinese ed è sempre apparsa come uno Stato ribelle all'ordine israelo-atlantico. Di fronte alla rovina del mondo arabo, la Siria si è iscritta nell'asse della resistenza ed essa resiste. Il suo esercito nazionale ha combattuto da solo contro tutti per quattro anni, poi, aiutato dai suoi alleati, ha iniziato la riconquista, affermandosi come il principale artefice dell'eradicazione del Daesh (ISIS), malgrado le bugie e le pretese degli usurpatori fanfaroni. Lo Stato siriano controlla ormai i quattro quinti del territorio nazionale, avendo dato scacco, con la sua resilienza, ai piani degli aggressori.
Per questi, la Siria del 2018, dopo tante battaglie e così tanti progetti finiti male, costituisce una realtà impensabile e intollerabile. Bisogna dunque farla sparire dalle mappe, come se non fosse mai esistita. È necessario per questo delegittimare lo Stato sistematicamente presentandolo come un 'regime', le sue istituzioni, la sua costituzione, il suo governo, demonizzare il suo Presidente, ignorare la volontà del suo popolo, i successi del suo esercito attribuendoli ai suoi alleati, quando non ai suoi nemici.
Si deve negare al suo Presidente e al suo entourage ogni potere, qualsiasi ruolo futuro, ogni autonomia decisionale, e assicurare che non ci possa essere una soluzione politica 'siriana' risultante da un dialogo nazionale, sotto gli auspici dei suoi alleati e dei suoi amici. Al contrario, il suo destino deve essere deciso dai suoi nemici, dalla "comunità internazionale" in agguato, da tre Stati che rappresentano 470 milioni di persone ( il 6 - 7% dell'umanità) che protestano di non poter più imporre la loro legge in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Decisamente, il mondo è uscito di testa poiché non c'è più legalità internazionale, più nessun rispetto del diritto delle Nazioni Unite, che dovrebbe essere la bibbia dei diplomatici. I falsi gendarmi del mondo che ne sono i fautori di disordine, i ladri che gridano al furto, i violentatori della legalità che gridano al suo stupro, gli aggressori della Siria che si indignano per le aggressioni dell'esercito siriano, i maestri delle ingerenze illegali indignati per l'intervento legale degli alleati e dei partner dello Stato, tutto questo bel mondo si agita e manovra alla luce del giorno!
Uscite dallo schermo le comparse e le forze sicarie, ecco che i mandanti e i veri sponsor si sono tolti la maschera e stanno lavorando per realizzare apertamente ciò che non erano riusciti a fare per delega in sette anni.  Israele al sud, gli USA e i suoi fidati partners europei nel nord-est a sostegno delle forze curde messe a nudo, la Turchia nel nord-ovest contro i progetti dei Curdi, e tutti contro Bashar al-Assad. Il pretesto della lotta contro Daesh e il terrorismo ora appare per quello che era, un mega imbroglio che difende i nemici della Siria legale e al quale solo gli sciocchi credono ancora.
Jean-Yves Le Drian chiede (sic): "il ritiro di tutti quelli che non hanno niente a che fare con la Siria". Lui osa. Ma indovinate chi sono quelli che non hanno niente da fare in Siria?    Sì, avete indovinato: l'Iran il nuovo diavolo di moda, Hezbollah il terrore di Israele, la Russia, le forze 'sciite' dell'Iraq.
Per contro ora sapete quali paesi 'vi hanno a che fare': i tre ossessionati dai bombardamenti umanitari, quelli che possiedono armi di distruzione di massa, violano sistematicamente il diritto internazionale, quelli che sostengono il terrorismo quando non lo hanno creato, quelli che vogliono depredare tranquillamente le risorse di petrolio e gas della Siria e della regione: in altre parole, l'America e i suoi accoliti. Per buona misura, aggiungiamo Israele, amico delle 'rivoluzioni arabe' che distruggono gli Stati con lo stesso nome; l'Arabia Saudita, una grande democrazia davanti all'eterno e specialista in costituzioni, in diritti umani e delle donne, e nella tolleranza religiosa; la Turchia membro di spicco della NATO, nemica dei Turchi delle montagne, ma amica dei separatisti curdi della Siria o dell'Iraq e sponsor dei jihadisti; il Qatar, a condizione che continui a comprare di tutto e non importa cosa nel nostro Paese in difficoltà.
Per il resto, la Siria ha resistito per molti anni, il suo esercito è in grado di sostenere gli assalti di Israele e abbattere gli aerei che lo attaccano. È saldamente ancorata a un asse di resistenza risoluta e ben coordinata, sostenuta da alleati affidabili, a partire dalla Russia. La Siria non è una comparsa, è al CENTRO di una guerra globale. Quanti Stati avrebbero resistito come lei?
Signori 'amici della Siria', nemici del suo 'regime' e del suo Presidente, avete continuato a sostenere la fiction di una rivolta popolare contro un 'tiranno massacratore'. In cosa ciò vi preoccupa? Voi avete sbagliato tutto e lo sapete bene perché in realtà il Paese che vi ossessiona è principalmente vittima di una guerra di aggressione che mette in pericolo la sua esistenza.
Lo Stato siriano ha sicuramente il diritto di guidare i negoziati che decideranno il suo futuro e di respingere qualsiasi interferenza degli aggressori. Ha il diritto di rifiutare le vostre ingerenze, i vostri programmi di spartizione e i vostri progetti contorti. Le guerre di Siria sono state a lungo le componenti di una guerra universale in vista di diventare una guerra 'mondiale'. Se questa aggressione riguarda la "comunità internazionale" è secondo i criteri del diritto internazionale, codificati dalla Carta delle Nazioni Unite, che deve essere considerata! Allora, si capirà molto bene che questo approccio, l'unico possibile, vi pone un piccolo problema: questo problema non è quello del paese aggredito; ma degli aggressori che siete voi che trattate la Siria come un 'paese aperto' a tutte le avventure e a tutte le iniziative ostili.
Signori aggressori, non dimenticate mai che la vostra presenza in Siria è illegittima e illegale, compresi i vostri barbuti, i vostri consiglieri speciali o le vostre forze di terra. E se c'è una presenza legittima per eccellenza, non è la vostra: è quella dello Stato siriano, quella dei suoi alleati e dei partner del governo di Bashar al-Assad, del quale pretendete la partenza. Se c'è un ritiro imposto dal rispetto del diritto internazionale, è quello dei Paesi che non hanno niente a che fare con la Siria: i vostri Paesi!
  Michel Raimbaud
Ex ambasciatore. Professore e conferenziere.
 (traduzione dal francese di G.b. P.)
https://www.iveris.eu/list/tribunes_libres/312-reveillonsnous_ils_sont_devenus_fous_

venerdì 23 febbraio 2018

Ghouta, parlano i religiosi di Damasco: "Per quanto tempo ancora si poteva sopportare tutto questo?"


di Fulvio Scaglione, 23 febbraio 2018

Ci sono momenti in cui anche una raffica di kalashnikov sembra nulla. Quella che risuona nel telefono, mentre sono in linea con Damasco e parlo con suor Yola Girges, è la sparatoria rituale che accompagna il funerale di un soldato siriano morto nella battaglia per Ghouta, il sobborgo ancora controllato dai terroristi islamisti.    Suor Yola, nata a Damasco in una famiglia originaria però di Ghassanieh (provincia di Idlib), un villaggio cristiano del Nord dove nel 2013 fu ucciso il francescano padre Francois Mourad e dove tuttora sono insediati i terroristi di Al Nusra, è una delle missionarie del Cuore Immacolato di Maria che lavorano nella casa della Custodia di Terra Santa presso il Memoriale delle Conversione di San Paolo, nella capitale siriana.   Siamo nei quartieri di Tabbaleh, Bab Touma e Dawaleh, dove si concentrano i cristiani. E come molti altri cristiani e religiosi di Siria, anche suor Yola è indignata per il modo in cui la guerra viene raccontata in Europa.
“Oggi, nel quartiere Jaramana, si svolgono i funerali di dodici civili ammazzati dai missili sparati dai ribelli di Ghouta. Due settimane fa un colpo di mortaio è esploso nel giardino della nostra casa. Qualche giorno fa un altro razzo ha colpito un edificio sull’altro lato della strada e tutte le nostre finestre sono esplose. Da settimane, ormai, quando usciamo di casa non sappiamo se faremo ritorno. In questo periodo, inoltre, i terroristi hanno cominciato a colpire proprio quando nelle scuole finiscono le lezioni, per creare ancora più panico. Solo nel nostro asilo, l’anno scorso abbiamo perso quattro bambini, uccisi da un mortaio insieme con il loro papà, e nel 2012 una bambina, ammazzata da un missile per strada insieme con la mamma, che era una nostra catechista. Per non contare i bambini feriti o traumatizzati Eppure nessuno ne parla, nessuno dice niente. Chi si occupa dei nostri morti?”.
Adesso tutta l’attenzione è concentrata su Ghouta e le organizzazioni umanitarie parlano di molti morti tra i civili…    “Bisogna raccontare tutta la verità. Ghouta è un’area di 1800 chilometri quadrati, occupata dai terroristi fin dall’inizio della guerra. In questi sette anni, i razzi da loro lanciati hanno provocato più di mille morti tra i civili nella sola Damasco. Per quanto tempo ancora si poteva sopportare tutto questo? Inoltre, tutti sanno che i militanti dell’Isis e di Al Nusra che si sono concentrati a Ghouta hanno portato con sé le famiglie, che ora usano come scudi umani. Sia per fermare gli attacchi dell’esercito sia per destare la reazione compassionevole del mondo. Nessuno vuole che muoiano dei civili, da nessuna parte. Ma il meccanismo è chiaro”.
La Casa della Custodia di Terra Santa presso il Memoriale di San Paolo è stata testimone fedele, in questi anni, del martirio della Siria. Fondata come casa di accoglienza per i pellegrini, con l’arrivo della guerra si è messa a disposizione di chi più soffriva.
“All’inizio”, spiega suor Yola, “abbiamo accolto 30 famiglie di rifugiati da Homs, dove c’era un quartiere con 75 mila cristiani. Passata quella fase, ci siamo messi a disposizione dei malati, soprattutto quelli di tumore, che dalle più diverse zone della Siria, a causa della guerra, potevano seguire le terapie solo a Damasco. Infine, abbiamo dato alloggio alle famiglie, e purtroppo sono state tante, che avevano deciso di emigrare e dovevano fermarsi qui nella capitale per ottenere i visti. Alcune di quelle famiglie, purtroppo, sono state inghiottite dal Mediterraneo”. 
Negli ultimi anni, comunque, la Casa ha cercato di provvedere ai bisogni dei più deboli e indifesi, i bambini. “Abbiamo un asilo con 150 bambini”, racconta suor Yola, “in maggioranza di famiglie povere o rifugiate a Damasco da zone occupate dai terroristi o investite dai combattimenti. Poi abbiamo un centro catechistico che segue 400 bambini e ragazzi, da quelli delle scuole elementari agli universitari. L’anno scorso, poi, abbiamo avviato un’attività di sostegno psicologico ai bambini traumatizzati dalla guerra che quest’anno, su sollecitazione degli stessi genitori, abbiamo allargato e approfondito. Lavoriamo con bambini fino ai 13 anni e con l’aiuto di dodici volontari, studenti universitari che abbiamo preparato con appositi corsi tenuti da specialisti. Infine, due mesi fa, abbiamo varato anche dei corsi di educazione musicale, anche per dare ai giovanissimi un’alternativa rispetto alle interminabili giornate passate in casa perché è troppo pericoloso giocare fuori. Si sono iscritti in cinquanta ma siamo sicuri che il numero crescerà”.
Adesso, però, le attività della Casa, come quelle di tutte le altre Chiese cristiane rappresentate a Damasco, sono bloccate. Piovono missili e, come dice suor Yola, “non potevamo chiedere ai genitori di rischiare la vita dei figli per portarli qua”. È la Siria, da troppi anni in guerra.
http://www.occhidellaguerra.it/vi-prego-raccontate-la-verita-terroristi-stanno-occupando-la-ghouta/

Viaggio nell'inferno di Ghouta : ecco chi sono i ribelli anti Assad.
Nel 2015 gli abitanti catturati sfilavano in gabbia 

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«Per voi occidentali le uniche vittime sono i civili di Ghouta, ma dimenticate che da quei quartieri partono i missili e i colpi di mortaio diretti contro i quartieri cristiani di Damasco - ricorda nel corso di una telefonata a Il Giornale padre Amer Kassar, parroco della chiesa Madonna di Fatima di Damasco - Solo martedì qui a Bab Touma e al Shaghour, i due quartieri cristiani più importanti di Damasco, abbiamo contato 13 morti e una settantina di feriti. Nell'ultima settimana almeno tre chiese, tra cui il patriarcato greco latino, sono state colpite dalle bombe dei ribelli. Le nostre case distano da Ghouta solo un paio di chilometri in linea d'aria e i ribelli ne approfittano per colpirci senza pietà. Dieci giorni fa Rita una ragazza del mio oratorio è stata uccisa da un colpo di mortaio esploso davanti alla chiesa. Christine, l'amica che era con lei, ha perso una gamba. Ma a voi occidentali non interessa. Per voi quei ribelli sono tutti degli angeli».



Leggi tutto l'articolo di Gian Micalessin qui 

http://www.ilgiornale.it/news/politica/viaggio-nellinferno-ghouta-ecco-chi-sono-i-ribelli-anti-1497525.html?mobile_detect=false

giovedì 22 febbraio 2018

Ghouta come Aleppo, le verità impazzite

Parla padre Mounir di Damasco. «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime. È l’esatto contrario. Sono anni che sparano missili sulla capitale, uccidono innocenti, poveri civili»

di Leone Grotti, 22 febbraio 2018

«Lo so cosa scrivono i media da voi in Italia e in tutto l’Occidente sulla guerra che si sta combattendo a Ghouta. Raccontano solo una faccia della medaglia, nessuno si preoccupa del nostro dramma». Si confida così a tempi.it padre Mounir, 34 anni, originario di Aleppo ma residente a Damasco, dove si occupa di un oratorio con oltre 1.200 giovani. Il salesiano fa riferimento ai durissimi scontri di questi giorni tra l’esercito del governo di Bashar al-Assad e le formazioni terroristiche che difendono Ghouta orientale, nella periferia della capitale. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, organizzazione vicina agli estremisti, negli ultimi giorni sarebbero morte quasi 300 persone nel sobborgo.
«Nessuno però parla dei civili, tanti bambini, uccisi qui dai colpi di mortaio, anzi, dai missili che vengono sparati da Ghouta», continua il sacerdote. Molte scuole nei quartieri di Damasco più colpiti dall’artiglieria ribelle sono state chiuse per sicurezza, al pari di molti negozi. I colpi di mortaio, infatti, cadevano spesso vicini agli istituti e nelle ore di uscita dei ragazzi. Da settimane anche i salesiani hanno dovuto chiudere il loro centro: «Era troppo pericoloso. Noi abbiamo degli autobus che girano per la città e raccolgono i ragazzi per portarli al centro, dove giochiamo, studiamo, facciamo catechismo ma ora per prudenza li lasciamo a casa, perché per strada potrebbero essere colpiti dai missili».
Il bombardamento di Ghouta si è intensificato nell’ultima settimana, perché il governo prepara l’assalto finale per riprendere il quartiere. «Tutto il giorno si sentono gli aerei dell’esercito che sorvolano la capitale. Spero che l’attacco cominci presto e che la zona venga finalmente liberata, come è stata liberata Aleppo», continua padre Mounir, ricordando che «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime, come raccontate voi. È l’esatto contrario. Sono anni che sparano missili sulla capitale, uccidono innocenti, poveri civili. Quanti sono i bambini morti qui di cui nessuno parla? Questi non sono l’opposizione, sono terroristi, vengono da ogni parte del mondo, e l’esercito siriano ha il diritto di difendere la dignità dei siriani e il paese».
Il prossimo mese la Siria entrerà nel suo ottavo anno di guerra e padre Mounir non si fida più delle trattative di pace condotte dalla comunità internazionale: «Non stanno risolvendo niente, parlano ma non fanno nulla». Il sacerdote è stato ordinato cinque anni fa a Torino, ma ha scelto di lasciare l’Italia e tornare a Damasco per «servire il mio popolo in difficoltà». In questi giorni, però, le sue attività sono limitate al minimo perché «il governo ha consigliato a tutti di non muoversi di casa, se non per attività strettamente necessarie, perché molte zone della capitale sono sotto tiro. Nonostante questo cerchiamo di stare vicini ai nostri ragazzi e alle nostre famiglie».
Pare Mounir ha vissuto in Italia, ma ora non riesce più a leggere i giornali nostrani: «Ho visto come date le informazioni: sempre parziali, sempre nascondendo una parte della verità, addirittura truccando le foto», continua. «Voi di Tempi siete tra i pochi che avete il coraggio di raccontare tutta la verità. Io lo so che il governo siriano non è costituito da santi né da angeli, c’è la corruzione come in tanti altri paesi. Però dovete capire che la maggioranza della popolazione siriana, che soffre come e più degli altri, si fida di questo governo, nonostante i suoi sbagli. Voi europei invece appoggiate i terroristi che colpiscono la gente innocente. Questo è inaccettabile e qualcuno deve dirlo».

Il conflitto nel Ghouta e la memoria corta dell’Occidente

nella foto a sinistra le vittime di questi ultimi 3 giorni nella capitale
Damasco, a destra le milizie che occupano Ghouta 
di Mauro Indelicato, 22 febbraio 2018

Spesso si afferma che in guerra la prima vittima è la verità, resa parziale da ogni parte e resa quasi del tutto strumentale dagli attori presenti sul campo; ma in realtà, ciò che ancor prima della verità viene tolto di mezzo da un determinato conflitto è la stessa memoria: tutto viene resettato, anche la stessa storia viene resa funzionale al racconto ed alla narrativa imposta da chi vince o da chi, invece, spera di vincere. La memoria corta è una delle piaghe che affligge l’informazione inerente il conflitto siriano; è vero che fanno male le bombe russe, così come quelle americane ed è altrettanto vero che a causare vittime civili spesso sono sia i kamikaze delle sigle jihadiste così come i raid dei governativi, pur tuttavia dimenticare cosa accaduto e come si è arrivati al fatidico numero sette nel conteggio degli anni di guerra siriana, appare operazione scellerata e, nella migliore delle ipotesi, frutto di disonestà intellettuale. A prescindere da ogni considerazione politica che si possa avere su Assad e sul suo governo, dimenticare che la Siria non è stata attraversata da una vera ‘rivoluzione’ ma invasa da orde di jihadisti, stranieri e non, fa perdere di vista ogni giudizio obiettivo sul conflitto.

Cosa è accaduto nel Ghouta Est tra il 2012 ed il 2013

Proprio come accaduto nella zona est di Aleppo, non appena il legittimo governo siriano si prepara a strappare un determinato territorio alle sigle jihadiste, si scopre che il paese arabo ha un numero di ospedali per abitanti tra i più alti al mondo ed una quantità di edifici scolastici da fare invidia anche ai paesi più industrializzati; nel Ghouta l’operazione volta a strappare dalle mani takfire gli ultimi brandelli di una Damasco che da cinque anni vive con lo spettro di razzi e missili lanciati verso il centro, è iniziata da pochi giorni ma già nel mondo dell’informazione occidentale circolano gli stesso video visti e rivisti per Aleppo e per Homs, dove i raid russi e siriani vengono dipinti come brutali mezzi in grado di distruggere ogni volta strutture ospedaliere ed obiettivi sensibili.   Ben lungi dall’esultare per l’arrivo sulle teste di tanti civili di bombe e colpi d’artiglieria, è utile però ricordare il motivo per il quale questa crisi non è possibile risolverla per vie diplomatiche: nel Ghouta Est risiedono alcune delle più pericolose sigle jihadiste che hanno messo piede in Siria, tali gruppi nell’estate del 2012 hanno cinto d’assedio la capitale siriana prima di rintanarsi in questa regione posta nella periferia orientale damascena. Gli abitanti del Ghouta Est sanno bene cosa vuol dire aver iniziato a convivere con la presenza di uomini barbuti inneggianti alla jihad; molti civili hanno visto portare via le proprie mogli, i propri figli ed i propri affetti da terroristi che non hanno avuto scrupoli nel rinchiudere centinaia di innocenti in gabbia per piazzarli sui tetti dei palazzi, in modo da utilizzarli come scudi umani contro i raid governativi. Specialmente tra il 2012 ed il 2013, quando si è ben capito come l’offensiva jihadista non era destinata a centrare l’obiettivo a Damasco, la scure della follia islamista si è abbattuta nei quartieri della capitale e del Ghouta est da loro controllati;  ma non solo: nel novembre 2015 hanno fatto il giro del mondo le immagini di un corteo, composto da almeno cento gabbie con all’interno almeno sette od otto persone, sfilare lungo una città del Ghouta in un’atmosfera di gogna che ha poi preceduto l’allocazione di tali gabbie sopra i tetti dei palazzi più alti. 
 
Non c’erano nemici o militari dentro quelle sbarre improvvisate, bensì solo civili colpevoli di essere alawiti come il presidente Assad; un’azione criminale di inaudita crudeltà, compiuta tra gli sguardi attoniti dei mariti che vedevano le proprie mogli rinchiuse come animali e portate chissà dove, senza forse la possibilità di rivederle. Il Ghouta Est è dal 2012 occupato, è questo il verbo giusto da utilizzare, da gente senza scrupoli ed i cui atti criminali sono inqualificabili oltre che ingiustificabili; gruppi di terroristi armati e sostenuti, politicamente e non solo, da quei paesi che hanno da subito appoggiato la presunta rivolta siriana anti Assad in nome proprio della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Un’accozzaglia di integralisti e terroristi che dal 2012 tiene sotto scacco Damasco, non solo intesa come sede del governo siriano, ma come città dove vivono almeno due milioni di persone la cui quotidianità è provata dal pericolo di uscire da casa e beccarsi un colpo di mortaio sparato dal Ghouta.Come viene vissuta a Damasco la nuova operazione

Intanto, mentre si fa riferimento da più parti alle conseguenze dei raid siriani e russi nelle città del Ghouta, nel cuore della capitale siriana la popolazione vive nel terrore delle ritorsioni islamiste per l’operazione avviata dall’esercito fedele ad Assad; nella giornata di lunedì, un razzo ha colpito un taxi in una delle vie più trafficate di Damasco, uccidendo un civile. Questo è soltanto l’ultimo episodio che vede la città più popolosa della Siria essere oggetto di attacchi a colpi di mortaio e razzi da parte delle sigle che controllano il Ghouta, i quali non hanno mancato di provocare nell’ultimo mese ancora morti e feriti; la percezione di una sicurezza sempre più precaria rischia di impadronirsi degli animi dei damasceni, anche se la popolazione continua a vivere la sua quotidianità nella speranza che l’assalto alle posizioni delle sigle jihadiste a pochi chilometri dal centro possa finalmente allontanare per sempre la guerra dalla città. 
Soffrono sia i damasceni che gli abitanti del Ghouta Est, del resto gli innocenti sono tali in quanto parti non direttamente in causa del conflitto ed è per questo che da entrambe le parti essi vivono il comune destino di essere vittime di un qualcosa più grande di loro; pur tuttavia, dimenticarsi cosa accaduto in questa regione già cinque anni fa, omettendo le crudeltà commesse da chi ha occupato questa zona, è un’operazione che rischia di prolungare l’agonia di milioni di civili, siano essi di Damasco, del Ghouta o di altre zone di questo martoriato paese.

http://www.occhidellaguerra.it/conflitto-nella-ghouta-la-memoria-corta-delloccidente/