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lunedì 21 settembre 2015

Twal: « È una follia bombardare, così come è stato profondamente ingiusto causare 300mila morti solo per tentare di rovesciare un regime»

Foua e Kafarya, senza più risorse le due cittadine sciite assediate da mesi dagli islamisti

Avvenire15 settembre 2015

Le immagini della nuova tragedia del Mar Egeo lo hanno profondamente commosso. Ma il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, avverte: «Se l’Occidente non cambierà strategia, in Europa avrete presto milioni di profughi siriani. È una follia bombardare, così come è stato profondamente ingiusto causare 300mila morti solo per tentare di rovesciare un regime». Twal, che in questi giorni partecipa all’assemblea del Ccee, il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (è stato lui stesso a invitare i presidenti degli episcopati in Terra Santa), è in prima linea e conosce bene la situazione: «Siamo una Chiesa del Calvario – afferma – dobbiamo far fronte a persecuzioni antiche e nuove (tra queste ultime le aggressioni del fondamentalismo ebraico, ndr). Ma restiamo qui a testimoniare Cristo risorto. E ringraziamo il Papa per il suo costante sostegno a tutti i cristiani perseguitati». 

Che cosa si può fare per uscire dalla spirale della guerra in Siria?  Nei mesi scorsi ho partecipato a un vertice a Parigi. Ho sentito dire che qualcuno proponeva di aiutare i cosiddetti ribelli moderati. In realtà non serve a niente. Non esistono ribelli moderati, così come non esistono bombe moderate. La nostra posizione è quella del Papa: bisogna fermare il commercio delle armi che alimenta la guerra. 
L’Occidente ha gravi colpe. Il tentativo di spodestare un regime (che tra l’altro ha sempre combattuto il fondamentalismo islamico) ha causato 300mila morti e sei-sette milioni di rifugiati. Non si è pensato minimamente alle conseguenze. Tuttora non vedo chi possa sostituire Assad. E non abbiamo imparato nulla dalle lezioni dell’Iraq e della Libia. È stato distrutto un Paese e si è dato mano libera all’Is. 

Lei è contrario all’ipotesi dei bombardamenti avanzata da Francia e Gran Bretagna?  
 E a che cosa servirebbe? Solo a fare altri milioni di profughi. E’ una politica cieca. Se gli Usa volessero, in pochi giorni potrebbero farla finita con l’Is. Pensate che nel deserto ogni giorno passano convogli con i rifornimenti. E sono ben visibili dai satelliti. Perché vengono lasciati indisturbati? 

Ha una soluzione?  Ripeto: bisogna finirla con la vendita delle armi. Se davvero si vuole arrestare l’Is c’è bisogno di una forza militare sul terreno. E l’unico che in questo momento ce l’ha è Assad. Dunque occorre cambiare strategia, cercare una soluzione politica con il regime e usare il suo esercito per fermare questi gruppi terroristici. 

La sua Chiesa è in prima linea anche per l’assistenza ai rifugiati in Giordania. Com’è la situazione?  
Ci prendiamo cura di 8mila rifugiati cristiani. Abbiamo messo a loro disposizione da un anno scuole e chiese, ma oggi la stanchezza si fa sentire, sia in chi accoglie, sia da parte dei rifugiati stessi che sentono di non avere un futuro. Ringrazio la Cei per il suo aiuto. L’ultima visita del segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, è stata molto importante. Con l’aiuto della Chiesa italiana finanzieremo gli studi di 1.400 ragazzi e ragazze. 

Ma intanto i cristiani di Terra Santa sono loro stessi nella morsa delle persecuzioni.  Devo ringraziare i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa per essere venuti da noi, in un momento in cui lo stesso mondo arabo ci ha abbandonato e non parla più della causa palestinese. Adesso tutta l’attenzione del mondo è concentrata sulla Siria, sull’Iraq, sull’Is e nessuno si ricorda che qui l’occupazione militare continua, i muri ci sono ancora e per di più dobbiamo fare i conti con il risveglio del fanatismo religioso ebraico che fa paura agli stessi cittadini di Israele. Abbiamo il problema delle scuole cristiane che non ricevono quanto gli è dovuto dallo Stato, il problema del muro di Cremisan che prende i terreni ai nostri cristiani di Beit Jalla e Betlemme e negli ultimi tre anni abbiamo subito 80 atti di vandalismo da parte di ebrei. A queste aggressioni si deve porre fine. Speriamo che le autorità israeliane lo facciano al più presto. 
Si arriverà mai alla meta di due popoli e due stati? 
Noi lo auspichiamo da sempre. Ma sul terreno Israele ha disseminato tanti insediamenti che non c’è più una continuità territoriale per i palestinesi. Tuttavia, se c’è buona volontà tutto si può fare. Come ci sono un milione e mezzo di palestinesi in Israele, così una volta fatto lo Stato, se qualcuno vuole restare che resti, se vuole ritornare in Israele, pure. Ma con l’attuale governo di destra tutto è più difficile. 
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/patriarca-gerusalemme-folle-bombardare-la-siria.aspx


Il Patriarca siro-ortodosso di Antiochia e tutto l’Oriente, Ignatius Aphrem II, ai microfoni del Tg2000: "C’è un Islam fanatico di gruppi in lotta col governo siriano, e ci sono paesi che ancora supportano questi gruppi. Lo voglio dire, non è un segreto che la Turchia aiuta il Daesh (Isis), permettendo loro di entrare e uscire dalla Siria, anche recentemente”

sabato 19 settembre 2015

Padre Daniel: La pace in Siria sembra più lontana e l'opinione pubblica ancora più accecata...



Lettera da Qara,  venerdì, 11 settembre 2015

Tempesta nel deserto
Per tre giorni siamo stati sotto la polvere. Giovedì si è schiarito un po'. Non c'era sole, ma solo un bel banco di nebbia con polvere che penetrava dappertutto, anche nelle nostre camere. E se il sole nel pomeriggio si faceva vedere per un attimo, sembrava piuttosto la luna, cioè una macchia rotonda bianca senza irradiazione. Nessuno qui lo ha mai sperimentato, nonostante il fatto che abbiamo già avuto molte tempeste. Era come una versione indebolita del flagello delle locuste prima dell'esodo del popolo ebraico dall'Egitto. Si poteva scrivere un messaggio con il dito nella sabbia infiltrata che si trovava dappertutto. Qui si dice che la maggior parte della sabbia arriva dall'Arabia Saudita, da dove proviene anche la maggior parte dei terroristi. L’unica consolazione: in Arabia Saudita sembrano esserci ora il maggior numero di conversioni alla fede cristiana.
I media occidentali vedevano nella tempesta di sabbia ancora qualcosa di positivo, nel senso di: "la tempesta della sabbia ha il vantaggio che l'esercito non può bombardare". E' vero che l'esercito non può bombardare i terroristi e cosi questi ultimi possono continuare liberamente le loro abominevoli azioni e occupare nuove aree...

Aspettando con impazienza le macchine per la produzione delle candele
Nel mese di giugno di quest'anno abbiamo fatto esperienza in Libano con due macchine per fare le candele e abbiamo imparato il mestiere. A causa delle molte interruzioni di corrente in Siria, le candele sono molto richieste. Ci sono gia alcune organizzazioni che sono pronte a comprare tutta la nostra futura produzione di candele. Volevamo già iniziare la produzione in Libano e poi venire in Siria con le macchine, ma ogni volta c’erano difficoltà impreviste. Solo adesso tutto è finalmente in ordine per la trasporto delle macchine in Siria. L’idea è di cominciare subito la produzione delle candele per poter reclutare anche qualche operaio, affinchè essi possono mantenere le loro famiglie invece di fuggire dal paese. La distribuzione di cibo, indumenti e altri beni continua, ma ci impegniamo sempre di più per creare posti di lavoro. Tutto si svolge lentamente, ma in modo regolare. C'è ancora tanto bisogno. Comunque vogliamo ringraziare tutti i benefattori, che ci hanno permesso di acquistare queste due macchine. Speriamo di essere in grado di informarvi di più la prossima settimana.

Le vittime degli “amici della Siria”
Vogliamo esprimere il nostro ringraziamento e stima per tutte le persone, individui o gruppi, che vogliono offrire un aiuto sincero e generoso per trovare soluzioni creative e umanitarie per i rifugiati. Tuttavia, finché non ci sia la volontà di affrontare la realtà, la situazione solo peggiorerà. Infatti, si tratta di un crimine organizzato. I rifugiati sono le vittime dei crimini intenzionali dei paesi chi si sono schierati contro la Siria dall’inizio. E questi crimini continuano non-stop. Il 5 settembre, a Parigi c’è stata una manifestazione nominalmente in solidarietà con i rifugiati. In realtà, tutto è stato organizzato dalla cosiddetta "opposizione", che non vuole altro che distruggere la Siria ulteriormente e consegnarla alle potenze occidentali. Quindi, arriveranno ancora tanti altri rifugiati di più.
Ci sono sempre stati rifugiati e ci saranno sempre. Inoltre, è un diritto umano di scegliere in libertà dove vivere e dove lavorare. Eppure quello che vediamo ora accadere in Europa è disumano. Decine di migliaia di uomini hanno un solo desiderio: fuggire dalla morte. Inoltre, tanti muoiono o di esaurimento, o di soffocamento, annegamento o sono assassinati. I nostri media mostrano in dettaglio questa tragedia. Tuttavia noi vogliamo continuare a denunciare la causa: si tratta di una intenzionale criminalità organizzata. Il presidente francese, François Hollande ha ancora ripetuto in una sola frase tutte le bugie sulla Siria: il Presidente della Siria è colpevole di tutto, lui massacra il suo popolo ! Ma Hollande non parla invece dei terroristi e di Daesh sostenuto (allenato, pagato e armato) dall’occidente in Siria !
La situazione dei “rifugiati" rinforza Hollande nel suo discorso. Se i paesi "amichevoli" riescono ad inserire i loro terroristi tra i rifugiati in modo inosservato, essi possono arbitrariamente usare questi terroristi contro i paesi a loro scelta. Se si vuole arrestare il flusso di profughi, dobbiamo fermare gli attacchi criminali e denunciare i bugiardi. Il 24 febbraio 2012, il club di auto-proclamati "amici della Siria" ( Stati Uniti, UE, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Francia...) ha cominciato con la distruzione sistematica della Siria. Si sono riuniti in Tunisia, Turchia, Doha, Londra, Parigi.... Cina e Russia hanno ringraziato per l'invito e saggiamente non hanno partecipato. Il momento è venuto che organizzino loro un club degli "amici delle vittime" di questo gruppo malefico.

Il piccolo Ayan Kurdi
Quando tutti i mezzi di comunicazione occidentali mostrano e commentano per due giorni consecutivi sempre la stessa immagine emozionale, si può già sospettare che questa immagine non solo avrà buoni effetti ma anche può essere abusata. Questo Ayan Kurdi, un bimbo siriano di 3 anni annegato, viene trovato il 2 settembre con la faccia nella sabbia sulla spiaggia di Ali Hoca, Bodrum, Turchia. Un'immagine straziante ed emozionale. Prima, vogliamo esprimere le nostre sincere condoglianze per la sofferenza indescrivibile dei genitori e della famiglia, - se è tutto vero quello che i media vogliono farci mostrare -.
Diffondere in tutto il mondo questa particolare immagine del bambino annegato sembra essere una mezza verità.  Infatti, la seconda parte delle immagini mostra paramilitari turchi e un fotografo, e a poco distanza alcune persone che stanno sguazzando nell’ acqua del mare. E’ chiaro che l’immagine è stata manipolata, anche perchè il bambino si trova in posizione perpendicolare alle onde. Il corpicino del bambino non può mai essere stato portato a riva in tal modo: un corpo trasportato dalle onde segue automaticamente la stessa direzione delle onde. Dunque è chiaro che hanno messo il bambino in tal posizione solo per le foto.  Tutte le guerre moderne sono state giustificate da mostruose bugie emotive. Colin Powell lascia una bombola di gas esplodere e lo trasforma in un video per mostrare che l'Iraq utilizza armi chimiche. Il Presidente Bush parla di una minaccia mondiale causata da Iraq per la presenza di armi di distruzione di massa. La nostra NATO dimostra un colonnello Ghadhaffi che sta per ammazzare il suo popolo. E per il presidente siriano hanno prodotto un video dove si vede Assad bagnato dal sangue del suo stesso popolo. I media sono capaci di trasformare queste bugie in una perfetta veste giornalistica. Nel frattempo, tutti potevano sapere che sia Irak, Libia e Siria erano paesi ricchi con una società armoniosa... finché gli imperialisti occidentali vi hanno creato un inferno di fatto, con l'aiuto delle bugie qui sopra elencate.

Una girandola
I nostri più autorevoli giornalisti seguono in modo esemplare la linea politicamente corretta. Mark Vance ha adattato il suo articolo all’attuale opinione pubblica: cioè: la nostra società occidentale è così buona e attraente che tutti vogliono esserci. Infatti, é vero che la nostra società occidentale con tutti i suoi pseudo-valori attuali sia in piena fioritura. Fantastico eh! La prova: basta guardare le decine di migliaia di profughi provenienti dal Medio Oriente che improvvisamente hanno scoperto il nostro paradiso. Non ti preoccupare degli stranieri (il termine "riflesso xenofobo" fa giornalisticamente più impressione). La presenza dei profughi prova tutto! Questo è il testo ideale per un primo ministro che si sta preparando per le prossime elezioni... come una girandola sul campanile della Chiesa. 

Un modello di un piano razionale e diplomatico è stato offerto da uno dei nostri politici più autorevoli, Mark Eyskens, professore emerito, ex-primo ministro e ministro di stato. Cioè Mark Eyskens presenta dieci proposte per il problema dei rifugiati (deredactie.be, 7 settembre 2015). Mark Eyskens inizia con quello che vive di più nel cuore della popolazione: il crimine dei trafficanti di uomini e la mancanza di solidarietà. Così egli attira l'attenzione della gente. Poi egli approfitta dell’occasione di stroncare i partiti nazionalisti e fa brillare nello stesso tempo la superiorità del suo partito e altri, con l’argomento che il suo partito e gli altri sarebbero ispirati dal cristianesimo e dall’ umanesimo e da valori sociali e liberali. E infine, egli presenta dieci proposte in modo logico e perfettamente diplomatico: (1) creare accordi vincolanti, (2) stabilire eque quote come proposto dalle più alte autorità, (3) nessun - 4 m - alto muro per placare gli elettori xenofobi, (4) dominare i demagoghi populisti, (5) organizzare l’immigrazione per riempire il nostro deficit demografico, (6) sviluppare una politica di immigrazione, (7) stimolare la solidarietà con i paesi arabi ricchi. (8) naturalmente arrestare soprattutto le guerre civili e religiose in Siria, Libia, Iraq, Yemen, Afghanistan e paesi dell'Africa nera. Lui suggerisce un intervento militare della NATO o dell'ONU, ma realizza che purtroppo non c'è nessun accordo e di più sarebbe una cosa troppo impegnativa e costosa, (9) cercare soluzioni diplomatiche e (10) più coinvolgimento con i “failed States".
Ecco queste sembrano essere alcune proposte altamente sensibili. Egli suggerisce anche giustamente che una crescita della popolazione potrebbe completare il nostro deficit di nascita. Lui esprime in modo molto cauto anche un desiderio verso Qatar, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e Oman, - tutti stati ricchissimi - che non vogliono accogliere nessun rifugiato, con un discorso “che noi siamo benestanti e abbiamo abbastanza schiavi”. Questo ministro conosce il mondo della diplomazia e della politica, sia sul piano nazionale sia internazionale. Egli sa quello che è necessario per un buon dialogo ed egli conosce molto bene la differenza tra quello che è fattibile e non-fattibile. E perciò egli rimane assolutamente intelligente, perfetto e diplomatico facendo slalom tra i confini "politicamente corretti". Che il tandem US-Israele e  NATO con i loro alleati dei paesi citati sopra abbiano creato il caos, quello il ministro Eyskens non l'ha notato. Questo non è neanche riconosciuto in nessun documento ufficiale. No, la colpa del caos é apparentemente da attribuire a quegli stessi paesi con il loro governo. Sono proprio loro che hanno provocato quelle "guerre civili e religiose" e noi occidentali dobbiamo fermarli... attraverso una distruzione militare ancora più dannosa ! I rapporti ufficiali lo spiegano molto chiaramente. Infatti, proprio in questi giorni il Presidente del partito di Eyskens richiama ad un intervento militare in Siria! Il foto del piccolo Aylan ha funzionato. La sovranità di un paese non conta neanche. Apparentemente non esistono le decine di migliaia di terroristi armati e sostenuti dall'Occidente. Probabilmente per lui si tratta solo di teorie di cospirazione, diffuse da persone semplici senza istruzione che possono solo ragionare basandosi sulla propria coscienza ed esperienza. Che una nazione ha il diritto di scegliere il proprio governo e che un presidente sostenuto e scelto dalla maggior parte del suo popolo rimane al potere finchè il popolo siriano decide altrimenti, non sono principi che si trovano in questi cosiddetti programmi politici corretti. Loro non considerano neanche il fatto che nessuna autorità mondiale ha il diritto di invadere un paese solo per uccidere e distruggere, come vogliono fare in Siria. Le sanzioni economiche imposte al popolo siriano non sono niente altro che terrorismo economico. Il progetto occidentale pre-programmato automaticamente per la Siria sarà portato a termine come un robot o una macchina senza propria coscienza: pre-lavaggio, lavaggio, asciugatura, piega, stiratura e dopo mettere a posto. Purtroppo, quando si tratta un popolo in tal modo, significa morte, distruzione e una massa di rifugiati.

Se Steffan de Mistura, l'inviato speciale del Segretario generale dell'ONU per la Siria vuole fare qualcosa di buono, è meglio che egli studi prima la situazione in sua totalità in modo coscienzioso. Dal 2011 la Siria e il popolo siriano pagano un prezzo altissimo per l’espansionismo e l’avidità degli US e i suoi alleati nel Medio-Oriente. Per realizzare i loro progetti, hanno contato su un rapido rovesciamento del governo di Damasco e per quello scopo hanno creato, finanziato e armato gruppi di terroristi  più barbari che mai. L'obiettivo è niente meno che un genocidio dei siriani.

Finché continuano i crimini contro popoli pacifici e sovrani, giustificati dalla legge del più forte e avvolti nella mostruosa menzogna diplomatica, cosi continueranno ad aumentare anche i flussi dei rifugiati. Questo non chiede una soluzione meramente tecnica da robot e macchine, ma chiede una soluzione presa da persone con una coscienza personale.

Padre Daniel
  ( trad. A Wilking)

L'abbraccio commosso del Papa nel racconto del giovane sacerdote salesiano di Aleppo 
Pier Jabloyan.
"Di dove sei?" , dico 'di Aleppo in Siria', e vedo il Papa alzarsi e dirigersi verso di me e mi abbraccia;  non sapevo più cosa dire e avevo una sensazione strana pensando che non era me che il Papa circondava con le sue braccia, ma tutto il mio popolo di Aleppo, tutto il popolo di Siria, e lui mi ripeteva queste parole :" La nostra Siria così cara al mio cuore "!!!
Allora. lontano dal microfono, gli dico che ho un regalo di Aleppo per lui: una granata che avevo trovato nel cortile dei bambini del convento salesiano sul quale un colpo di mortaio si era abbattuto; in quanto come le altre congregazioni, ci troviamo ad Aleppo, Damasco e nella zona di Homs ..." Vostra santità, siamo stanchi, ci porti nella vostra preghiera, ne abbiamo bisogno, perché torno a Aleppo fra tre giorni."
Mi ha tenuto la mano e la stringeva così tanto che ho sentito una forza raccogliermi dalla testa ai piedi...
Alla fine dell'evento, il Papa si chinava ad uno a uno sui presenti, e fermandosi di fronte a me ha detto stringendomi la mano e tirando fuori dalla tasca il mio regalo: " Pier, non riesco a dimenticare La Siria, fate sempre parte della mia preghiera....." E continuò il suo cammino!

giovedì 17 settembre 2015

Banalizzazione dell'orrore: lettera dai Maristi di Aleppo. Testimonianza di mons Audo: "Interessi internazionali dietro la distruzione della Siria"

Aleppo ha passato un giorno e una notte d'inferno ieri
con un bombardamento continuo  dei quartieri popolari
dai gruppi armati di al Nusra.

Bilancio: 33 morti tra cui 17 bambini,
159 feriti gravi

Aleppo - 8 settembre 2015 - 
Lettera n° 23


Se non vi scriviamo con la solita frequenza le nostre lettere da Aleppo, anche se voi, amici nostri, continuate a chiederci notizie, è perché pensiamo che la ripetizione della denuncia dei crimini commessi e delle sofferenze patite dai siriani, rischia di diventare una banalità. Abbiamo paura che, a forza di leggere le atrocità che vengono commesse in Siria, voi perdiate la capacità di indignarvi, rassegnandovi ad accettare l'inaccettabile, e in questo modo noi diventiamo un po’ responsabili della banalizzazione dell'orrore. Tuttavia, non possiamo non raccontare e condividere con voi le sofferenze del nostro popolo. 

Aleppo manca di acqua e gli abitanti hanno sofferto molta sete e molto caldo quest’estate. Non era a causa della siccità o dell'abbassamento del livello dell'acqua nell'Eufrate. La stazione di pompaggio esiste e non è stata distrutta. I depositi d’acqua sono pieni. L'acqua che vi si trova viene dispersa quotidianamente nella natura piuttosto che essere pompata nelle condotte d’acqua della città. Siamo stati lasciati alla mercé di bande armate che hanno deciso di lasciarci senza acqua (con 40 gradi all'ombra) durante molte settimane. Le file di attesa sono molto lunghe davanti ai rubinetti alimentati dai pozzi che normalmente si trovano nei giardini pubblici, le chiese e le moschee, per potere riempire bidoni, bottiglie e secchi. Per regolare questo problema, le autorità non hanno trovato altra soluzione che decidere di trivellare 80 pozzi che, assieme ai pozzi esistenti, avrebbero potuto fornire la quantità minima di acqua per una popolazione di 2 milioni di abitanti. Aleppo è diventata un gruviera per l’enorme quantità di pozzi e gli Aleppini cominciano a dimenticare che cos’è l'acqua corrente poiché devono andare ai pozzi per cercare l'acqua. Un anno fa, per questo crimine, molti di voi avevano protestato ed i vostri media ne avevano parlato. Oggi, con la ripetizione continua di questo crimine, nessuno ne parla più, non fa più notizia. 

Aleppo manca di elettricità, non ci viene più fornita. Quando siamo fortunati l’abbiamo per un’ora al giorno. Due anni fa, quando l’avevamo per 4 ore al giorno, avevate protestato contro i gruppi armati alleati dei vostri governi che interrompevano intenzionalmente la fornitura dell’elettricità. Da allora le cose sono peggiorate, ma non se ne parla più, perché questo è diventato un tema banale ed ordinario. 

Un anno fa, quando i barbari hanno cominciato a distruggere i siti archeologici in Iraq e in Siria, patrimonio dell'umanità e memoria della nostra storia, ci sono state delle proteste. Da allora “costoro” continuano a distruggere i tesori della Siria; i due principali templi di Palmira, gioielli del deserto siriano sono stati gli ultimi ad essere distrutti. “Questa gente” vuole eliminare tutto ciò che ricorda la storia multimillenaria del paese. Vuole che la Storia sia fatta solo da loro e nessuno osa dire niente. Anche questo è diventato banale. 

Sgozzano degli esseri umani. Avete protestato un anno fa quando hanno sgozzato alcuni occidentali. Purtroppo non erano i primi! Centinaia di siriani erano già state vittime di questa barbarie. Molto altri hanno subito la stessa sorte; l'ultimo, in ordine di tempo, è stato il direttore archeologico della zona di Palmira, uno scienziato di 82 anni, ma le proteste sono state poche. Banalizzazione! Sgozzare un essere umano come si sgozza una pecora! 

“Costoro” hanno rapito centinaia di cristiani e di Yezidis in Iraq. Questo è accaduto quasi un anno fa. Vi siete indignati ed i vostri dirigenti hanno protestato facendo delle dichiarazioni altisonanti è stata una bolla di sapone. In seguito “questa gente” ha rapito centinaia di cristiani assiri da Hassake e altri da Quariatayn al centro della Siria. Nessuno ha protestato. Questo è diventato normale, banale, non colpisce più; ed allora, direte, se dovessimo indignarci anche perché vendono le donne come schiave ecc, ecc le nostre lamentele non finirebbero più. 

La Siria si svuota del suo popolo, soprattutto dei suoi cristiani. Sono diventati i “profughi” che vi danno tanto fastidio. Fareste bene ad ascoltarli mentre raccontano le loro sofferenze ed i pericoli che affrontano per passare clandestinamente in Europa. Ma, non hanno che da rimanere a casa loro, qualcuno dirà! Ma a casa loro c’è l'inferno, c’è il caos, c’è la morte. Non sono dei migranti come amate chiamarli per alleggerire la vostra coscienza, sono dei profughi; e poi, se i rifugiati vi disturbano così tanto, la prossima volta, prima di scatenare una guerra a casa loro, pensateci bene! Nel frattempo, fermate quella che avete scatenato in Siria e vedrete che il flusso dei profughi che vi disturba si prosciugherà perché le persone preferiscono restare a casa loro e conservare la loro dignità. Non dobbiamo dimenticare le migliaia di profughi che sono morti annegati o asfissiati. Vi siete indignati solamente quando i vostri media vi hanno mostrato l'immagine straziante del piccolo Aylan su una spiaggia turca. Bisognava farlo prima, e anche adesso, dopo questo dramma. Ma, morire in mare, questo è diventato talmente banale! 

Davanti a tante miserie, sofferenze, morti, distruzioni e drammi, noi Maristi Blu, non potevamo restare a braccia conserte. Noi denunciamo, attiriamo l'attenzione, rifiutiamo ciò che non si può accettare, protestiamo, informiamo ed agiamo. Alcune delle famiglie profughe che aiutavamo e le famiglie di alcuni volontari sono fuggiti dalla Siria per l'Europa con mezzi illegali passando in maniera clandestina le frontiere o solcando il mediterraneo. Quando vengono a chiedere consiglio noi non abbiamo lezioni da dare né rimproveri da fare. È già un eroismo avere resistito durante quattro anni e mezzo in questa situazione. Tutt’al più, preghiamo affinché arrivino sani e salvi senza soffrire troppo.


Di fronte alla crisi dell'acqua, abbiamo lanciato un SOS sei settimane fa. Tre associazioni occidentali amiche hanno risposto generosamente alla nostra chiamata. Abbiamo potuto acquistare 3 camioncini che abbiamo attrezzato di serbatoi da 1000 a 2000 litri di acqua, di una pompa e di un piccolo generatore. Abbiamo acquistato anche dei serbatoi di 250 litri che abbiamo sistemato presso le famiglie rifugiate. Abbiamo iniziato così un nuovo programma “Ho Sete”. Noi riempiamo parecchie volte al giorno i serbatoi dei camioncini attingendo dai pozzi artesiani di una chiesa ed andiamo a riempire i depositi delle famiglie rifugiate o dei nostri volontari.
Il progetto “goccia di latte” che consiste nel distribuire a tutti i bambini con meno di 10 anni del latte in polvere o del latte per lattanti ha ormai 5 mesi di vita. I genitori sono molto riconoscenti per questa iniziativa e così i bambini possono crescere normalmente nonostante la guerra.
Continuiamo ad aiutare le famiglie dei profughi che non hanno nulla per sopravvivere, grazie ai “cesti alimentari” mensili che distribuiamo assieme ai vestiti. Aiutiamo anche le famiglie costrette a fuggire a trovare un alloggio. Partecipiamo alle spese delle operazioni chirurgiche o dei ricoveri in ospedale per coloro che non hanno i mezzi per farlo. Continuiamo a distribuire a mezzogiorno dei pasti caldi.
Il nostro programma dei “Feriti di Guerra” prosegue. Cura gratuitamente e salva della morte i feriti gravi colpiti dalle granate o dai proiettili e questo avviene nel miglior ospedale privato di Aleppo. 
La fine dell'anno scolastico non ha segnato l'arresto delle nostre attività pedagogiche. Quest’estate, come ogni estate, abbiamo organizzato parecchie “campi estivi” per i bambini dei nostri differenti progetti, in particolare per quelli di “imparare a crescere” e “voglio imparare”. “Magic Bus 1”, “Magic Bus 2” e “I love Summer” hanno fatto la gioia dei bambini che hanno trascorso alcune settimane di felicità e di gioia dimenticando la guerra e gli stenti. “Skill School” ha proseguito le sue attività con gli adolescenti che hanno approfittato delle vacanze scolastiche per vivere dei momenti molto belli.
Il nostro “M.I.T” funziona bene e malgrado la guerra e soprattutto il caldo torrido di quest’estate, le domande di partecipazione sono state più del solito. 

Oggi un giornalista canadese mi ha chiesto, durante un'intervista radiofonica, ciò che avrei desiderato dire ad un cittadino europeo o americano. Voglio condividere con voi la risposta che gli ho dato: “Innanzitutto non perdete la vostra capacità di sdegno davanti al dramma della Siria e le sofferenze del popolo siriano, denunciate gli atti barbarici, non abituatevi all'orrore, evitate che la ripetizione delle denunce faccia dimenticare i fatti. Dichiarate la vostra solidarietà con le persone che hanno fame e sete che sono malati o feriti, rifugiati o profughi, sulle strade o in mezzo al mare. Considerate i profughi come degli esseri umani che fuggono la guerra e la morte e non dei migranti che vengono da voi per vivere meglio. Siate generosi di cuore ed ospitali.  
Poi, informate, lottate contro la disinformazione praticata da certi media, fate pressione sui vostri governanti ed i vostri responsabili affinché cambino la loro politica per arrivare ad una soluzione del dramma siriano e salvare ciò che può essere ancora salvato. Poi, e solamente poi, date generosamente per aiutare e soccorrere”. 

Vi lascio trasmettendovi i saluti ed i ringraziamenti di tutta l’equipe dei “Maristi Blu”. 
Nabil Antaki , a nome dei Maristi Blu
Aleppo, settembre 2015 




Mons. Audo: "Interessi internazionali dietro la distruzione della Siria"

La drammatica testimonianza dell'arcivescovo caldeo di Aleppo, che accusa in particolare la Turchia di foraggiare i terroristi. E ai cristiani siriani dice: "Non abbandonate il Paese"

ZENIT,   
“L’Europa non si può accontentare di fornire o di proclamare accoglienza ai profughi, perché la maggior parte di loro vuole rimanere nella propria terra”. Parole che Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia, ha pronunciato stamattina aprendo la conferenza “Cristiani di Siria: aiutateci a rimanere”, organizzata da Acs presso l’Associazione Stampa Estera. Parole che sintetizzano il messaggio lanciato da mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, invitato a raccontare la situazione che si vive nel suo Paese devastato dalla guerra.
Era il 2011, quando i primi vagiti di questo devastante conflitto suggerivano ai cristiani siriani una sinistra premonizione: “Speriamo di non fare la fine dei cristiani dell’Iraq (fuggiti in massa dal proprio Paese dopo la guerra del 2003, ndr)”. Oggi, a quattro anni di distanza, quei pensieri sembrano aver trovato riscontro. Aleppo, che prima della guerra contava 150mila cristiani, oggi, anche se è impossibile raccogliere stime precise, ne ha circa 50mila.
Una situazione, quella di Aleppo, resa oltremodo difficile dai disagi che si registrano da qualche tempo. “Da più di un mese o due, siamo senza acqua e senza elettricità, in una città di 2milioni e mezzo di abitanti”. spiega mons. Audo. Che aggiunge: “Soprattutto con il grande caldo di quest’estate, capita giorno e notte di vedere nelle strade giovani e bambini con bottiglie vuote in mano, intenti a cercare un po’ d’acqua”.
Ancor peggio, quando i giovani vengono avvistati per la città con i mitra in mano. Di bande armate ne imperversano tante. L’arcivescovo caldeo spiega che Aleppo è oggi divisa in due parti: una in mano all’esercito regolare e l’altra, specie la parte vecchia, “sotto il dominio dei terroristi”. Questi ultimi sono di difficile identificazione ma, secondo mons. Audo, si tratta più probabilmente di al-Nusra che non dell’Isis.
Sono “almeno cinque i punti” della città da cui partono gli attacchi verso i cristiani, aggiunge l’arcivescovo. Che non lesina accuse precise nei confronti di Paesi stranieri. Egli individua il motivo della drammaticità che vive Aleppo nella vicinanza con il confine turco, poiché “tutti gli attacchi giungono dalla Turchia, che accoglie, addestra e rifornisce d’armi gruppi armati che stanno distruggendo la nostra regione”.
Gruppi armati che aderiscono a una jihad sul suolo siriano, ma che provengono da altrove. Del resto, ci tiene ad aggiungere mons. Audo, “nella tradizione profonda della Siria non c’è la persecuzione religiosa”, giacché da sempre il pluralismo confessionale è una peculiarità di questo “bel Paese in cui c’è tutto per vivere”. O almeno, in cui regnava la pace fin quando era interamente governato dal regime di Bashar al-Assad.  Per i cristiani, quei tempi sono  un rimpianto. “Non esistono due cristiani che possono affermare il contrario…”, chiosa l’arcivescovo.
Sollecitato da una domanda di ZENIT sul peso che su questa crisi ha l’embargo  imposto al Governo siriano dai Paesi occidentali, mons. Audo afferma inoltre che “questa guerra ha lo scopo di distruggere e poi dividere la Siria per interessi regionali e internazionali”.   Si tratta - precisa l’arcivescovo - “del commercio di armi e di interessi strategici”. Quegli stessi interessi strategici che hanno portato “alla distruzione dell’Iraq e della Libia in passato e dello Yemen in questi giorni”.
E per completare la rovina di un Paese, l’esodo di massa dei suoi abitanti diventa funzionale. È per questo che mons. Audo parla del suo impegno, come pastore, a convincere i cristiani a non abbandonare la Siria: “Come vescovo caldeo, conosco l’esperienza degli immigrati cristiani che dall’Iraq sono arrivati in Siria. È un’esperienza di morte, è un’esperienza di fine della presenza cristiana. Quindi oggi faccio di tutto per far rimanere la gente qui, ma capisco chi fugge perché non vede davanti a sé altra scelta…”. La mancanza di fiducia nel futuro - aggiunge il presule - è dovuta alle responsabilità della comunità internazionale, che da cinque anni abdica a una soluzione politica e dimostra invece - ribadisce mons. Audo - “determinazione” a continuare la guerra “fino alla distruzione della Siria”.
In questo scenario, giocano un ruolo importante i media. Lo ha ricordato, a conclusione della conferenza, Alfredo Mantovano, presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia: “Sembra, guardando i tg, che esista soltanto un problema al confine tra Serbia ed Ungheria. Ma c’è lì quel problema perché, a monte, solo con riferimento alla Siria, più di 10milioni di persone non hanno più la casa e sono state costrette a fuggire dal proprio Paese”.   Le cause di questa diaspora, le ha spiegate mons. Audo.
http://www.zenit.org/it/articles/mons-audo-interessi-internazionali-dietro-la-distruzione-della-siria 




da Radio Vaticana - Intervista a mons Audo
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D. – La Francia però ha annunciato incursioni aeree e bombardamenti. Come vi ponete di fronte a questo?
R. – Penso che questa non sarà la soluzione. Credo sia una strategia militare per guadagnare tempo e portare la violenza in tutta la regione, per generare divisioni e, forse, vendere armi e fare progetti economici.
D. – Restare è più importante che assicurarsi la sicurezza all’estero?
R. – Per me, come vescovo della chiesa cattolica caldea, è una questione di vita o di morte. Le chiese orientali devono fare tutto il possibile per assicurare la loro presenza, che è molto importante per la storia della Chiesa universale. 
È fondamentale nel contesto arabo e musulmano una chiesa capace di dialogare, di vivere con gli altri con dignità e rispetto. Noi, come orientali, vogliamo vivere nel nostro Paese, che ha una bella storia e non abbiamo desiderio di andare in Occidente. 
L'Occidente non è meglio della nostra terra, che noi lasciamo solo per ragioni di sicurezza e di povertà.
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martedì 15 settembre 2015

SIRIA, FINO A QUANDO ...? Visita del Superiore Salesiano del Medio Oriente.

Homs: la celebrazione della festa della S Croce, tanto cara ai cristiani siriani

3 settembre 2015

Anche quest’anno, come di consueto, ho voluto andare a visitare le tre opere salesiane di Kafroun, Aleppo e Damasco in Siria, mio Paese natale. Un Paese sempre più stremato e impoverito dalla guerra, ormai in corso da quattro anni, le cui conseguenze hanno assunto proporzioni devastanti sulle condizioni di vita della popolazione. Il presente comunicato è un breve resoconto di quella visita, attraverso il quale vorrei dare una testimonianza della realtà di questo Paese e dell’importante contributo prestato dai nostri confratelli salesiani e dalle nostre opere in queste drammatiche circostanza.

Salesiani di KAFROUN
Sono entrato in Siria attraverso il Libano, iniziando la visita dalla nostra casa salesiana di Kafroun il 29 Giugno.
Ero appena arrivato, quando mi è giunta la triste notizia della morte di un nostro confratello, don Charbel Daoura, avvenuta in un incidente stradale in Sud Sudan. Essendo lui originario della zona di Kafroun, abbiamo deciso di celebrare il funerale nel suo villaggio e per la prima volta la salma di un nostro confratello (giunta in aereo) ha avuto sepoltura nell’area dell’opera salesiana. Al funerale erano presenti tanti preti, suore, familiari e giovani, accorsi per l’ultimo saluto. Per due giorni la nostra casa e i salesiani hanno sospeso le attività, mettendosi disponibili ad accogliere le visite di condoglianze per il defunto don Charbel.. Per tutto il periodo estivo la comunità e l’opera di Kafroun è stata diretta da Don Luciano Buratti, missionario italiano, e dal chierico egiziano Gobràn, insieme al cooperatore salesiano Johnny Ghazi e alla sua famiglia. Questi ultimi portano avanti l’intera gestione e le attività dell’opera durante l’anno. La zona di Kafroun è stata fino ad ora una delle più tranquille della Siria. Per questo motivo molte famiglie sfollate accorrono da Homs, Damasco e Aleppo per trovare rifugio in quella vallata. La nostra opera è frequentata quindi sia da giovani della zona, sia da tanti sfollati costretti a lasciare le proprie case a causa del pericolo e della distruzione che imperversa in tutto il Paese. È un’opera che raggruppa, in questa drammatica e persistente situazione di guerra, un mosaico di gente, proveniente da svariate parti della Siria, che si recano là per incontrarsi, apprendere, crescere umanamente, spiritualmente e culturalmente, oltre che giocare, cantare e danzare.
Stando con loro, mi sono molto rallegrato. Ho provato grande gioia, ammirazione e commozione nel vedere centinaia di ragazzi e ragazze, giovanissimi, venire e partecipare all’estate ragazzi, realizzata anche quest’anno e perfettamente organizzata e portata avanti, oltre che dai salesiani, da molti animatori e collaboratori laici. Per facilitare la partecipazione del maggior numero possibile di ragazzi e ragazze, è stato offerto un servizio di navetta dai vari villaggi della vallata fino alla nostra opera. Ho potuto incontrare tanti giovani, le loro famiglie, e vivere intense esperienze di ascolto, condivisione e dialogo. In questi momenti, le persone hanno ancor più bisogno di parlare, sfogarsi, e di qualcuno che sia disponibile all’ascolto e alla condivisione di tante storie di sofferenza. L’ascolto è un segno di vicinanza, di sostegno morale e spirituale. Questa esperienza mi ha fatto crescere profondamente come Salesiano.
Nonostante le tante sofferenze, la distruzione e la morte, ho potuto constatare come la voglia di vivere, di gioire e di sperare è sempre più forte, e ciò mi ha riempito di gioia. La gente ha bisogno e voglia di giocare, danzare, cantare, pregare, nonostante le drammatiche circostanze li portino a chiedersi: “Dov’è Dio? Perché Dio permette tutto questo? Non basta tutto questo sangue, tutta questa distruzione? Fino a quando ancora? Basta! Non ce la facciamo più”. Sono interrogativi che ho cercato di affrontare con loro, parlando di perdono, fede, speranza, ma non è facile. La gente è sempre più stanca, stremata, a livello morale, spirituale e materiale. Tutte le famiglie, oltre alla tragedia della distruzione, della morte, ormai vivono il dramma dell’emigrazione, della fuga, della ricerca di una vita migliore, fuori dalla Siria. Le famiglie si disgregano e si dividono ulteriormente. Coloro che partono affrontano viaggi pericolosi e destini incerti, coloro che restano soffrono della mancanza delle persone che partono e della preoccupazione per la loro sorte. In Siria ho visto la sofferenza della persone che restano e la mancanza di coloro che sono ormai partite. E di fronte alla moltitudine di persone che lasciano il paese, sempre più si convincono di non avere altre possibilità: tutti partono! Si domandano: “Che senso ha rimanere qui, soli, in costante pericolo, senza alcuna prospettiva?”.

Questo dramma sta cambiando la fisionomia sociale del paese in generale, ma ne risente fortemente anche quella ecclesiale. La presenza cristiana, in passato così forte, si sta indebolendo e disgregando, sia in qualità che in qualità, drammaticamente.
La Messa domenicale a Kafroun, ha rappresentato un bellissimo momento di raccoglimento e comunione. Circa 700 persone hanno preso parte alla celebrazione tenutasi in cortile, alla presenza di cristiani di differenti riti. È stato bello accogliere tutte queste persone, così toccate dalla guerra che le ha portate a vivere il dubbio e l’incertezza nel loro cammino di fede, e vederle tornare a pregare, ritrovare la fede, a confessare i propri peccati. Momenti d’incontro e condivisione come questi, pervasi da spirito familiare e di comunione, sono un motivo di conforto, di aiuto, di sostegno.


Salesiani di ALEPPO
La mattina del 7 Luglio sono partito verso Aleppo in autobus, un viaggio abbastanza tranquillo e sicuro, nonostante le 8 ore di viaggio su strade in alcuni tratti completamente distrutte. Sono arrivato nel pomeriggio nella mia città, nel posto dove sono nato e cresciuto, ormai completamente irriconoscibile. Ogni visita mi mostra una città sempre più distrutta. Questa grande città, una delle più antiche al mondo, che fino a pochi anni fa contava circa tre milioni di abitanti, è attualmente considerata uno dei luoghi più pericolosi al mondo.
Arrivato alla casa salesiana, i Salesiani e i giovani mi hanno accolto con uno spirito di gioia e ottimismo cristiano e salesiano. All’ingresso mi hanno fatto indossare un casco ed un giubbotto antiproiettile e un elmetto, “per motivi di sicurezza e per proteggerti”. Mi hanno detto, scherzando: “L’opera e l’oratorio sono chiusi!”.
Ho quindi potuto incontrare i miei confratelli, il direttore Georges Fattàl, don Simon Zakerian, i diaconi Pier Jabloyan e Dani Gaurie, e il pre-novizio Mishel Hajjar. Ho gioito nel constatare come ancora oggi, da questa opera, provengono ancora tante vocazioni di salesiani consacrati e di salesiani cooperatori. Il Signore ci ha benedetto finora con buone e numerose vocazioni, un segno di amore e benedizione per questa casa. Ho ringraziato i salesiani di Aleppo per la testimonianza di vita religiosa e continua donazione portata avanti con grande sacrificio per i giovani di Aleppo. Qui ad Aleppo ho potuto sentire e toccare con mano la grandezza della nostra missione salesiana, in particolare attraverso i miei incontri con i vari preti, religiosi e le famiglie della città, che mi hanno ripetuto più volte della straordinaria oasi di pace e di gioia e di speranza che questa presenza rappresenta.
Proprio durante i giorni di visita ad Aleppo ho vissuto uno dei momenti più commoventi della mia vita, l’ordinazione di Pier Jabloyan, tenutasi l’11 luglio nella nostra chiesa. L’ordinazione s’è svolta nel rito armeno cattolico, alla presenza del vescovo Boutros Marayati, e di tanti religiosi, preti, suore e giovani accorsi per celebrare assieme l’evento. Nonostante la morte, la distruzione e la sofferenza che regnano nella città, l’ordinazione è stato  un segno preziosissimo di vita, di donazione e gioia. Un prete ordinario in un tempo straordinario: ecco Pier, un giovane cresciuto in quell’oratorio, che dopo l’ordinazione sarà destinato proprio all’oratorio di Aleppo. Alla messa è seguito un gioioso momento di festa, canti e danze e un rinfresco per tutti i presenti.
Anche ad Aleppo ho preso parte alle attività dell’estate ragazzi, meravigliosamente organizzata e gestita. Quest’anno ha visto la partecipazione di oltre 700 ragazzi, ragazze e giovani provenienti da varie parti della città, a cui è stato similmente offerto il servizio navetta per raggiungere l’opera in sicurezza. Un bel gruppo di animatori, che ha aiutato nello svolgimento quotidiano delle attività estive, ha contributo a creare un bel clima. Per tanti ragazzi giovani e per le loro famiglie frequentare l’opera significa respirare un’aria di gioia, di speranza, in un clima familiare : “Ghèr ‘alam”, cioè (letteralmente) “un altro mondo”, un’oasi di pace.
L’estate ragazzi è un evento caratterizzato da momenti ricreativi, culturali ed educativi in tutte le opere salesiani del mondo. Ma in un contesto come quello di Aleppo assume un significato ancora più ampio dal punto di vista pastorale educativo. Questi momenti aiutano i ragazzi a liberarsi, a sfogare la tensione e il peso della sofferenza e della paura a cui sono sottoposti quotidianamente, e a ritrovare la forza psicologica e spirituale per poter sopportare e affrontare tale situazione.
Quest’anno, dopo 4 anni, la comunità salesiana insieme ha deciso di riorganizzare i campi estivi per i ragazzi che frequentano l’opera ad Aleppo. Dopo 4 anni di chiusura, di “prigionia” all’interno della città, i ragazzi della scuola media e poi delle superiori hanno potuto finalmente rivivere quest’esperienza che li ha portati per 5 giorni in montagna, presso l’opera di Kafroun. Hanno partecipato 180 ragazzi delle scuole medie e in seguito 140 ragazzi delle scuole superiori, accompagnati da diversi animatori e collaboratori. È stata un’esperienza molto significativa, che ha permesso ai ragazzi di godere della bellezza e della tranquillità della natura. Per la prima volta hanno dormito senza sentire il pericolo della guerra, hanno vissuto assieme come una grande famiglia, condividendo momenti di gioia e di preghiera.

Aleppo, una città che contava un’ampia presenza cristiana di vari riti e chiese, ha visto una continua diminuzione di tale presenza, ridottasi ad oggi di circa due terzi. L’emorragia di cristiani è conseguenza sia del prolungamento del conflitto, della condizione socio economica e dell’alto costo della vita, sia per la scarsità di possibilità di lavoro e di generi di prima necessità, e sia anche, in terzo luogo, per la distruzione di quartieri cristiani. Tante chiese, antiche e rilevanti da un punto di vista artistico e culturale, sono state anch’esse colpite. Tutto ciò ha fatto crescere in modo rapido e massiccio l’esodo di cristiani dalla città.
Anche ad Aleppo ho potuto parlare personalmente con i giovani e le famiglie. E’ difficile parlare di certi temi con persone che hanno perso i propri affetti più cari e che ogni giorno si chiedono dove sia Dio. Ho cercato di aiutarli, offrendo loro ascolto e conforto morale, parlando di amore e di riconciliazione.
La mancanza di acqua corrente ed elettricità costringe la gente a sopravvivere con quantità ridotte di acqua, soprattutto potabile, con gravi conseguenze in termini di condizioni di salute, anche dovendo far fronte alla scarsità di elettricità che va ad intaccare e rendere difficoltose le più basilari attività quotidiane. Ho lasciato Aleppo il 20 Luglio, tornando a Kafroun e partecipare così alle attività per altri pochi giorni. Da lì sono diretto il 25 luglio verso l’opera di Damasco in minibus, insieme a don Simon e a un gruppo di giovani animatori.

Salesiani di DAMASCO
Domenica 26 Luglio ho presieduto la messa in cortile, alla presenza del nunzio apostolico, del suo segretario e delle nostre Sorelle salesiane, celebrando anche l’occasione dell’insediamento di Don Simon Zakarian come nuovo direttore, al posto del direttore uscente, don Alejandro Leòn Mendoza. Erano presenti oltre 500 giovani, e mi ha commosso vedere il loro amore nel congedarsi dai loro padri salesiani, sia ad Aleppo, nel salutare Don Simon, sia a Damasco, per quelli che hanno dovuto salutare don Alejandro. Per quanto comprendiamo la tristezza dei giovani nel dire arrivederci ai loro padri spirituali, sappiamo che questi cambiamenti rientrano nella logica religiosa salesiana, del voto di obbedienza e di dedizione al servizio ai giovani, ovunque nel mondo. La celebrazione si è quindi conclusa con un bel momento di saluto a don Alejandro e un abbraccio caloroso di benvenuto a don Simon.
Ho avuto ampia comodità di incontrare la comunità salesiana di Damasco, sia dei confratelli: Don Alejandro, Don Munir Hanashi e don Felice Cantele, sia della nostre Sorelle, le Figlie di Maria Ausiliatrice, che a Damasco hanno due ampie presenze: una all’Asilo e un’altra all’ospedale Italiano, ove offrono un servizio prezioso ed importante alla popolazione siriana, in particolare in questo momento drammatico.
Anche a Damasco, come ad Aleppo, le attività estive erano bene animate ed organizzate, supportate dalla presenza di animatori e collaboratori salesiani e frequentate da circa 900 giovani provenienti da aree anche molto lontane dalla città. In virtù del numero particolarmente alto di partecipanti, i ragazzi sono stati divisi per fasce d’età, assegnando giorni precisi per lo svolgimento delle attività, ospitandoli dalla mattina fino alla sera e offrendo loro ogni giorno pasto e trasporto.
Il centro di Damasco, a differenza di città come Aleppo, appare ancora relativamente meno pericoloso. La situazione è tuttavia peggiorata notevolmente negli ultimi tempi, diventando più instabile e insicura. Anche lì gli effetti della scarsità di acqua, dei tagli all’elettricità, del carovita e della mancanza di lavoro pesano sulle condizioni di vita della popolazione, che sempre più numerosa decide di lasciare il paese.
I ragazzi e gli animatori mi hanno fraternamente accolto nell’Opera e ogni gruppo mi ha reso partecipe di piccole presentazioni teatrali, musicali e artistiche preparate nel corso del periodo estivo. Chiamato a rivolgere una parola di saluto al termine di queste attività, li ho ringraziati e spronati a conservare quell’ottimismo e quella gioia che rappresentano il cuore dello spirito salesiano e ho ricordato loro le belle parole del Papa Francesco nel 21 giugno 2015 rivolte ai figli e figlie di Don Bosco nella basilica di Santa Maria Ausiliatrice in occasione del bicentenario della nascita di Don Bosco: “I Salesiani mi hanno aiutato ad affrontare la vita senza paure e ossessioni, ad andare avanti nella gioia, nella preghiera. Educate i ragazzi a non avere paura. Non dimenticatevi la caratteristica del vero oratoriano: La gioia. E con questa gioia cercate e amate Gesù per incontrarlo tutti i giorni”.

A Damasco ho incontrato diversi gruppi e associazioni di ragazzi, famiglie e madri impegnati con dedizione nell’educazione e nella missione salesiana. Sono stato reso partecipe dell’esperienza di un gruppo di giovani che hanno condotto attività di volontariato in alcuni villaggi al confine col Libano, organizzandovi per due settimane un’esperienza di estate ragazzi e vivendo un importante momento di crescita umana e spirituale. Un altro gruppo di volontari ha portato avanti per un mese un’interessante e rilevante esperienza di animazione missionaria, recandosi in una delle zone periferiche più povere e pericolose della città, a contatto con giovani di differente  credo e fede religiosa. L’esperienza del volontariato, quando condotta da giovani che vivono essi stessi situazioni di estrema difficoltà e precarietà, è particolarmente importante e significativa: nonostante le difficoltà e la pericolosità dell’ambiente, questi giovani si sono messi al servizio dei più sfortunati, e attraverso quest’esperienza hanno trovato la gioia del dono e del servizio e hanno scoperto quanto bene è possibile fare attraverso l’educazione alla pace e alla convivenza. Secondo noi salesiani, la sfida più grande in questi momenti è l’educazione, l’educazione alla creazione di una cultura di pace, di amore e di perdono, capace di superare questi lunghi anni di guerra, di odio, sangue e distruzione.

Nel corso della mia permanenza ho incontrato inoltre un gruppo di giovani che stanno vivendo l’esperienza vocazionale del Vieni, Vedi. Due di essi hanno voluto vivere un’esperienza prolungata all’interno dell’opera, partecipando alla vita salesiana e aiutando i Padri nelle loro attività quotidiane. Anche i Salesiani di Damasco hanno organizzato per i ragazzi esperienze di campo estivo. Due gruppi di circa 140 ragazzi sono stati coinvolti e hanno trascorso 5 giorni di campo estivo in montagna, a Kafroun. E’ stato un momento anche per loro particolarmente importante, potendo godere di un ambiente differente, di pace e serenità per la prima volta dopo 4 anni.
Il 5 Agosto sono stato invitato a presiedere la messa delle prime professioni di 6 giovani suore siriane salesiane, alla presenza del Nunzio, del suo Segretario, dell’Ispettrice suor Lina, e di molti preti, religiosi e religiose, e di tante famiglie e giovani. E’ stato molto bello partecipare e assistere al momento di consacrazione a Dio di queste giovani suore proprio in questi momenti particolarmente difficili in Siria
Il 6 agosto nel tardo pomeriggio ho infine lasciato il Paese, recandomi in Libano nella nostra casa di EL Houssoun, per partecipare alla festa dell’ordinazione sacerdotale del nostro giovane confratello libanese Georges El Mouallem, in rito greco-cattolico.

Conclusione
Voglio ringraziare il Signore per avermi dato modo di compiere questa visita e ascoltare e confortare tanti fratelli in grande difficoltà in questo tragico momento.
Ringrazio i fratelli salesiani, i nostri cooperatori e animatori che portano avanti con dedizione la loro missione, nonostante i gravi pericoli, le fatiche e le difficoltà quotidiane.
Ringrazio la Divina Provvidenza che ci assiste giorno dopo giorno e ci permette di continuare ad offrire aiuto e sostegno spirituale, morale e materiale alla popolazione più colpita, attraverso i nostri benefattori.
Continuiamo a pregare affinché questa drammatica guerra in Siria, e tutte le guerre che affliggono il Medio Oriente e altri paesi del mondo possano finalmente finire: queste guerre rappresentano purtroppo un grande e complesso gioco di interessi, che tendono a prevalere sul bene comune e fondamentale dell’uomo. Preghiamo quindi che il Nostro Signore Gesù possa infonderci sempre speranza e donarci infine la vera pace.

Abuna Munir El Rai
SDB MOR 

domenica 13 settembre 2015

Il dramma di Aleppo: manca tutto

Gli scontri, migliaia di morti, 7 milioni di sfollati: è questa la Siria oggi. La città più colpita diventa però il simbolo della rinascita: tre coraggiosi frati francescani aiutano la gente portando acqua, cibo e aiutando gli studenti.

di Maria Acqua Simi

Quattro anni di guerra, oltre sette milioni di sfollati, metà del Paese in balìa di gruppi di briganti e ribelli islamisti o delle milizie dell’ISIS. Mentre l’altra metà - quando non si combatte nelle città, quartiere per quartiere - è ancora sotto il debole controllo dell’esercito regolare del presidente Bashar al Assad. È questa la Siria da cui centinaia di migliaia di persone stanno fuggendo: cristiani, musulmani, curdi. È la Siria di Aylan, il bambino annegato al largo delle coste turche e la cui foto (vedete l’editoriale) ha fatto il giro del mondo.

La grande fuga
Qualcuno cerca di arrivare in Europa, altri in Canada o in Australia. Ma sono i più ricchi. I poveracci muoiono per strada, rimangono intrappolati sui confini o nelle città siriane teatro di violenze indicibili. Senz’acqua, elettricità, lavoro, medicine. Sia le forze di sicurezza che i gruppi “ribelli”  hanno condotto diverse operazioni  su larga scala in villaggi e città, sfociate in esecuzioni di  massa, uccisioni, arresti,  conversioni forzate, rapimenti  e torture. In questo caos molte imprese, specialmente esportatrici  e importatrici, hanno chiuso i battenti.
Le folle di turisti che erano la linfa di un’industria moderna e fiorente che aveva creato milioni di posti di lavoro nei trasporti, nel settore dei servizi e degli alloggi, non vengono più. L’embargo internazionale sta impedendo qualunque possibilità di esportare, mentre i prezzi si sono impennati. Aleppo è forse l’esempio più grande di tutto questo. Proviamo a raccontarlo, con gli occhi di un amico francescano che è laggiù, padre Ibrahim, e che vogliamo provare ad aiutare nei prossimi mesi con una colletta del GdP, proprio come è stato ed è per i cristiani iracheni in fuga dall’ISIS, a Erbil, qualche mese fa.

La vita ad Aleppo
La casa di Bassam e della sua famiglia si trova a Middàn, che in arabo significa “campo”. Da quando è scoppiata la guerra in Siria, quattro anni fa, questo quartiere di Aleppo si è trasformato in un campo, sì, ma di battaglia. La zona è abitata prevalentemente da famiglie cristiane di origine armena, con molti figli ed è un dedalo di strade strette e case costruite una sopra all’altra, i negozi incollati alle abitazioni, le finestre piccole, gli edifici invece alti anche cinque o sei piani.
La casa di Bassam è a metà di una di queste: uno spazio modesto, due stanze e una cameretta dove si possono sedere quattro persone strette strette.  Era così, prima che una bomba di gas, seguita da alcuni colpi di mortaio, distruggesse lo sgabuzzino e incendiasse l’edificio vaporizzando in pochi secondi le povere cose che arredavano gli interni». La zona di Middàn ha subìto e continua a subire la sorte peggiore.
Le famiglie, in maggioranza poverissime, non ce la fanno ad abbandonare le case poiché non hanno altro luogo in cui rifugiarsi. Se ne stanno rintanate nelle loro case a distanza di solo 100 metri dalle milizie armate. la casa di Bassam ora ha un tetto di zinco, perché rifarlo in muratura è troppo rischioso». Ce lo racconta padre Ibrahim Alsabagh, 44 anni, francescano siriano parroco della comunità latina di Aleppo.  È grazie all’amicizia con lui e ai suoi racconti che possiamo entrare nel cuore della città, incontrare la famiglia di Bassam e la gente di Middàn. Che poi sono le famiglie di Maloula, Raqaa, Latakia, Knayeh, Yakoubieh e di altri nomi antichissimi che popolano i villaggi di questa bella e antica terra. Una terra che oggi ha bisogno di tutto.

L’emergenza sanitaria
Ad Aleppo la parrocchia di San Francesco, quella di padre Ibrahim, si trova nel quartiere di Azizìeh, zona ancora sotto il controllo del l’esercito regolare di Damasco. I frati - che in Siria vivono da secoli - sono presenti anche nella chiesa di Sant’Antonio di Padova, e poco lontano a El Ram, nel Convento di San Bonaventura.
Nonostante la linea del fronte sia ad un passo, con bombe e cecchini in ogni angolo, ospitano dalle 7 di mattina alle 20 di sera studenti universitari e liceali che vogliono studiare ma non hanno più un luogo dove farlo. Accolgono tutti: cristiani, musulmani, curdi.
Aiutano a distribuire l’acqua e il cibo, hanno realizzato un oratorio per i bambini, cercano di aiutare la gente a  pagare gli affitti e le rette scolastiche anche se ora si è aggiunta la drammatica emergenza sanitaria.
Occorrono nuovi fondi per fornire cure mediche e comprare medicine: molti medici  hanno abbandonato il Paese o sono stati uccisi e imprigionati. Ad Aleppo molto spesso è quasi impossibile eseguire interventi per la mancanza di acqua ed elettricità.  Per mancanza di farmaci chemioterapici i trattamenti sono sospesi e i prezzi delle operazioni più banali lievitati: oggi una semplice appendicite costa 1500 dollari invece di 400.  Sono in grave aumento le epidemiie e così l’impegno più grande dei francescani di Terra Santa è quello di riparare uno dei pochi ospedali rimasti in piedi nella città. Padre Ibrahim e i suoi fratelli non hanno però paura.

«Nonostante i nostri sensi ci dicano che non c’è più speranza e che Aleppo non avrà un domani, con gli occhi della fede continuiamo a vedere una salvezza per il nostro popolo. Continuiamo a sperare che, là dove gli uomini falliscono nella ricerca della pace, il Signore Risorto riuscirà. Noi saremo lì fino all’ultimo, punto di riferimento per i nostri e forse anche per gli altri. Basta guardare a come siamo diventati amici di tanti musulmani che prima - quasi - non guardavamo in faccia.  E poi tutta la solidarietà internazionale, che ci permette di sopravvivere. Anche se a volte non è sufficiente, ogni giorno sperimento il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci».

«Ne vale la pena»
Chiediamo a Ibrahim se vale la pena di rimanere, se c’è qualche segno di speranza. Ed è con la sua risposta che vogliamo chiudere questo articolo. «Valeva la pena di visitare le case semi-distrutte con gli uomini, le donne, i ragazzi e i bambini  che le abitano? Ho continuato a pormi questa domanda fino a quando il buon Pastore stesso ha mi dato la risposta, con un’altra domanda che spiega tutto: “Valeva la pena di toccare il lebbroso, prima di guarirlo? Non si poteva cioè guarirlo senza toccarlo?”.
Se si tratta di manifestare la tenerezza di Dio che distrugge tutte le divisioni e le barriere fra l’uomo e il suo Dio, se si tratta di manifestare il Suo Amore verso la Sua creatura colpita e martoriata, sì, stare qui vale la pena, perché ci ricorda come anche oggi Gesù non si vergogna di toccare la lebbra, pur di manifestare quanto Lui è presente».

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I 14 frati della Custodia di Terra Santa non hanno mai lasciato il Paese in guerra e operano in diverse zone: Lattakia, Damasco, Aleppo e in alcuni villaggi della valle Orontes.
Portano aiuti alla popolazione locale senza distinzione di appartenenza religiosa o nazionalità. Hanno anche creato quattro centri di accoglienza, che provvedono ai bisogni più immediati dei più poveri della popolazione: acquisto di cibo, indumenti e coperte in vista dell’inverno.  Si cerca anche di tamponare l’emergenza sanitaria dispensando medicine e provvedendo all’assistenza medica fondamentale, specialmente attraverso l’ospedale di Aleppo e i dispensari medici dei monasteri francescani. Cercano poi di offrire  sostegno agli sfollati trovando loro soluzioni di alloggio in caso le loro abitazioni non siano più accessibili, o ricostruendo le loro case.



«Aleppo, i martiri di una guerra che è artificiale»


Appesi alla speranza

Intervista  Padre Rodrigo Miranda
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«La Siria non è divisa. Si mantiene come un blocco e quello è ciò che dà loro forza. Quello fa anche arrabbiare chi la vuole distruggere. Il popolo non ha mai chiesto questa catastrofe in nome di chissà quale libertà. Chi vuole la distruzione della Siria? Gruppi terroristici finanziati e, spesso, composti da stranieri, appoggiati dalle potenze dell’Occidente, con un gruppo manipolato e minimo di siriani. In quelli che vengono chiamati “ribelli” ci sono circa 33 diversi gruppi, composti da quasi 83 Paesi diversi. Dall'altra parte si trova il governo e il popolo siriano. Il conflitto in Siria è stato conformato in questo modo fin dall'inizio e non con l'arrivo di Isis. Per questo dico che è un conflitto “artificiale”, perché è stato creato ad hoc da vari anni, premeditato da amministrazioni di Paesi che oggi tentano di apparire come i salvatori del Medio Oriente, ma che sono i colpevoli (identificati da tutti laggiù) della sofferenza». 
......     LEGGI QUI L'INTERVISTA:
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-aleppo-i-martiri-di-una-guerra-che-e-artificiale-13745.htm

PER SOSTENERE LE OPERE DEL VICARIATO APOSTOLICO DI ALEPPO:
Delegazione di Terra Santa - Banca CARIGE Agenzia 11 - ROMA
Iban:  IT48A0343105018000000155180
CAUSALE: Vicariato Apostolico di Aleppo