Verso la politica di sviluppo economico cinese questo articolo esprime grande entusiasmo, che non condividiamo. Ci sembra però molto interessante l'illustrazione del più ampio contesto geopolitico in cui si colloca il drammatico evento dell'esplosione di Beirut e il ruolo del Paese dei Cedri nel 'Grande Gioco' del riposizionamento dei poteri mondiali. OraproSiria Libano: Perla sulla Nuova Via della Seta o Zona del caos dell'Età Oscura di Matthew Ehret. Traduzione di Gb.P. OraproSiria 16 agosto 2020 Tante voci si sono affrettate ad entrare nel coro dei commentatori ipotizzando le molteplici possibili cause delle devastanti esplosioni avvenute nel pomeriggio del 4 agosto a Beirut che hanno portato all'anarchia di massa e alle sorprendenti dimissioni del governo l'11 agosto. Anche se non ho un notevole contributo innovativo da offrire in quella crescente serie di ipotesi (che si stanno lentamente trasformando in rumori), vorrei condividere una visione che affronta un aspetto troppo spesso trascurato del ruolo del Libano nel Grande Gioco. Prima di procedere, è utile tenere presenti alcuni punti fermi: 1) Il racconto ufficiale di un incidente casuale di fuochi d'artificio turchi che provocano la detonazione delle 2700 tonnellate di nitrato di ammonio che erano rimaste nel porto di Beirut per sei anni è del tutto incredibile. 2) Questo evento non deve essere considerato in alcun modo separato dal modello molto anomalo di esplosioni e incendi dolosi che si sono diffusi nel mondo arabo e africano nelle ultime settimane. 3) Questo modello di caos deve esso stesso essere visto nel contesto dello scontro tra due sistemi: l'alleanza unipolare della NATO che sta collassando da un lato e l'alleanza multipolare guidata dalla Nuova Via della Seta dall'altro. La questione della causalità Il Medio Oriente è stato etichettato come il "perno geopolitico" dell'isola mondiale da devoti aderenti alla visione hobbesiana del mondo, come Halford Mackinder, Zbigniew Brzezinski, Henry Kissinger e Bernard Lewis. Oggi si capisce che chiunque possa stabilizzare o destabilizzare questa regione può controllare le leve per "l'isola del mondo" (Africa, Europa ed Eurasia) ... e come disse una volta Mackinder: "chi controlla l'isola del mondo, controlla il mondo". Nel caso del Libano, il ruolo che questa regione gioca come "Perla sulla Nuova Via della Seta" e intersezione di tutte le principali civiltà del globo, ha plasmato le considerazioni di politica globale a Washington, Londra e Israele negli ultimi anni. Gli eventi distruttivi in corso in Libano non possono essere separati dalla diffusione mozzafiato dei progetti 'Belt and Road' in Iraq, Iran, Siria e altre nazioni arabe. Più che Coincidenze Nelle settimane precedenti il disastro del Libano, l'Iran si è trovata nel mirino di una feroce sequenza di attacchi con incendi dolosi ed esplosioni che hanno avuto inizio dall'esplosione del 26 giugno al complesso di produzione missilistico di Khojir, l'esplosione del 30 giugno in una clinica che ha causato la morte di 19 persone, un'esplosione il 2 di luglio all'impianto nucleare di Natanz che ha riportato indietro di mesi il programma di produzione delle centrifughe iraniane e gli incendi del 15 luglio all'impianto di Bushehr Aluminium. Inoltre, gli Emirati Arabi Uniti hanno anch'essi sperimentato i propri incendi anomali che hanno devastato uno dei mercati più importanti di Dubai (fortunatamente vuoto a causa del Covid-19) il 5 agosto. Se una qualsiasi di queste anomalie fosse presa individualmente, il "caso" potrebbe sempre essere ritenuto colpevole. Tuttavia, quando si prendono tutti insieme e si riconoscono come rivoluzionari gli accordi BRI (Belt and Road Initiative) attualmente in fase di finalizzazione tra Cina e Russia con l'Iran, si ha una solida idea delle cause più profonde alla base di queste situazioni di caos apparentemente separate. Iran e la Nuova Via della Seta Il fatto è che il tanto atteso patto economico e di sicurezza Cina-Iran da 400 miliardi di dollari, che è nelle sue fasi finali di negoziazione, include non solo il petrolio, ma importanti accordi infrastrutturali che forniranno all'Iran ferrovie avanzate e nuove reti energetiche. Questo programma include anche un'importante partnership militare/sicurezza che trasformerà drasticamente le "regole del gioco" in Medio Oriente per generazioni. Gli elementi di questo patto includono non solo la difesa e le infrastrutture di condivisione dell'intelligence, ma anche il rafforzamento della nuova valuta digitale cinese, l'e-RMB, che eluderà i controlli occidentali sul commercio. Nel frattempo l'annunciata proroga da parte della Russia dell'accordo ventennale di partenariato sicurezza/economia firmato per la prima volta nel 2001 dai presidenti Rouhani e Putin sarà certamente concluso nei prossimi mesi. L'Iran ha anche reso noto il proprio interesse geopolitici capiscono bene che questo sistema che si sta diffondendo rapidamente in tutta l'Eurasia, dalla Turchia alla Corea del Sud, rende impotenti e obsoleti i sistemi missilistici americani F-35 e THAAD. Se il triangolo Cina-Russia-Iran potrà essere stabilito saldamente, allora non solo la politica del regime di sanzioni americane si disintegrerà, ma verrà istituita una piattaforma vitale di sviluppo mediorientale per guidare meglio la crescita dei trasporti e dei corridoi di sviluppo avanzati dalla Cina verso est (e Africa) lungo la Nuova Via della Seta. Da novembre 2018 una ferrovia Iran-Iraq-Siria ha compiuto passi da gigante verso l'implementazione, come parte della ricostruzione del Medio Oriente finanziata dall'Iran e, infine, collegandosi al porto di Lattakia in Siria come hub per il Mediterraneo una ferrovia Shalamcheh-Bassora di 32 km è in una fase avanzata di sviluppo, con il ministro iraniano delle strade e dello sviluppo urbano Abbas Ahmad che afferma : "Il sistema ferroviario iraniano è collegato alle ferrovie dell'Asia centrale, Cina e Russia e se verrà costruita la ferrovia Shalamcheh-Bassora di 32 km, l'Iraq potrà trasferire merci e passeggeri in Russia e Cina e viceversa". Mentre la linea ferroviaria di 32 km sarebbe la fase uno, la seconda fase dovrebbe essere una ferrovia e un'autostrada di 1545 km verso il porto siriano. La partecipazione regionale Iran-Iraq-Siria alla più ampia Nuova Via della Seta è incredibilmente importante, soprattutto da quando l'Iraq ha firmato un memorandum d'intesa nel settembre 2019 per aderire alla BRI (Belt and Road Initiative) nell'ambito di un nuovo programma di infrastrutture per il petrolio. Questo piano prevede la ricostruzione della Cina della regione dilaniata dalla guerra nell'ambito di un programma multifase di infrastrutture strategiche (ferrovia, strade, progetti energetici e idrici) ed altre infrastrutture (ospedali, scuole e centri culturali). Allo stesso modo, la Cina ha espresso l'intenzione di portare programmi di ricostruzione reali in Siria ben noti e la strategia dei "Quattro Mari" attesa da tempo dal presidente Bashar Al Assad annunciata per la prima volta nel 2004 (e sabotata con la primavera araba) sta finalmente tornando attuale. Il presidente Assad aveva convinto 7 paesi a firmare la sua costruzione entro il 2010 e prevedeva il collegamento di tutti e quattro i principali bacini idrici (Mediterraneo, Caspio, Mar Nero e Golfo Persico) tramite corridoi ferroviari e infrastrutturali come motore per la cooperazione vantaggiosa per tutti e per la modernizzazione regionale. Assad aveva detto del progetto nel 2009 "una volta che avremo collegato questi quattro mari, diventeremo l'inevitabile intersezione di tutto il mondo in investimenti, trasporti e altro ancora". Un video più completo di questo importante progetto può essere visualizzato qui: Libano: perla della Nuova Via della Seta La partecipazione del Libano a questo processo tanto atteso dovrebbe essere evidente a tutti, condividendo appunto un importante confine con la Siria, ospita 1,5 milioni di rifugiati siriani e anche un porto vitale nel Mediterraneo che lo rende una chiave di volta dello sviluppo est-ovest. Collegando questa zona di sviluppo emergente all'Africa dove la Belt and Road è emersa come forza trainante del cambiamento e della speranza negli ultimi anni, il Libano si trova tra le chiavi di volta più strategiche. I progetti per la ferrovia che collegherebbe il porto libanese di Tripoli attraverso la Giordania e da lì attraverso l'Egitto, creerebbero un nuovo campo positivo di prosperità che potrebbe cambiare radicalmente le regole del Medio Oriente e dell'Africa per sempre. Il 17 giugno 2020 l'ambasciata cinese ha pubblicizzato un'offerta per estendere i progetti BRI al Libano con una moderna ferrovia che colleghi le città costiere nel nord con Tripoli attraverso Beirut a Naquora nel sud. La cinese National Machinery Import-Export Corporation, ha anche offerto la costruzione di tre nuove centrali elettriche da 700 MW ciascuna, una nuova rete energetica nazionale e la modernizzazione dei porti. Il comunicato stampa dell'Ambasciata affermava: "La parte cinese è pronta a svolgere una cooperazione pratica attivamente con la parte libanese su una base di uguaglianza e di vantaggio reciproco nel quadro del lavoro congiunto per costruire la Belt and Road... La Cina è impegnata nella cooperazione con altre nazioni principalmente attraverso il ruolo delle sue aziende, il ruolo guida del mercato e il ruolo catalizzatore del governo e delle operazioni commerciali. Le aziende cinesi continuano a seguire con interesse le opportunità di cooperazione nelle infrastrutture e in altri campi in Libano ". Queste offerte sono state applaudite da Hassan Nasrallah (leader degli Hezbollah libanesi e partner nel governo di coalizione), che da anni alla BRI. Nasrallah ha anche sostenuto la liberazione del Libano dal FMI, i cui aggiustamenti strutturali e investimenti carichi di condizionalità hanno portato il debito del piccolo paese a esplodere fino a oltre il 170% del suo PIL senza nulla ricevere in cambio. È interessante notare che lo stesso giorno in cui la Cina ha reso pubbliche le sue offerte, Washington ha imposto il Caesar Syria Civilian Protection Act per punire tutti coloro che desiderano commerciare con la Siria che a sua volta non solo ha ulteriormente schiacciato le aspettative siriane per la ricostruzione economica, ma ha preso di mira direttamente il Libano che vede il 90% delle merci siriane scorrere attraverso le sue frontiere verso il Mediterraneo. Quando le delegazioni cinesi hanno reso nota per la prima volta la loro visione per l' estensione della BRI al Libano nel marzo 2019, dove è stata illustrata l'autostrada araba da Beirut a Damasco e la ferrovia verso la Cina, il fantoccio dell' occidente Saad Al Hariri ha detto di no, preferendo invece firmare un piano del FMI da 10 miliardi di dollari. Più di un anno dopo, non è stata costruita nemmeno una virgola di infrastrutture. Il Segretario di Stato USA Mike Pompeo ha svolto un ruolo importante nell'impedire al Libano di "andare a est" come Nasrallah e persino il presidente Aoun avevano "Il Libano e il popolo libanese devono fare una scelta: andare avanti coraggiosamente come nazione orgogliosa e indipendente, o permettere alle oscure ambizioni dell'Iran e di Hezbollah di dettare il proprio futuro ". La spinta ossessiva di Pompeo ad eliminare Hezbollah e soprattutto l'influenza di Nasrallah in Libano, ha meno a che fare con qualsiasi minaccia percepita che Israele afferma di avere, e tutto a che fare con l'abbraccio di Hezbollah e dell'Iran alla iniziativa cinese della Belt and Road. Quando le offerte cinesi sono state rinnovate nel giugno 2020, il fantoccio di Pompeo David Schenker (Assistente segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente) ha rilasciato un'intervista il 23 giugno affermando che Hezbollah "non è un'organizzazione che cerca riforme, ma piuttosto una che vive di corruzione". Schenker ha avvertito il Libano di non cadere nella “trappola cinese” e ha detto che le richieste di Nasrallah che il Libano “guardasse ad est” erano “scioccanti”. Senza entrare in una lunga confutazione dell'argomento della "trappola del debito cinese" (che in realtà è solo l'effetto degli imperialisti occidentali che proiettano le proprie pratiche sporche sulla BRI cinese), è sufficiente dire che è un mito al 100%. Una panoramica riassuntiva degli investimenti cinesi in Africa che sono numericamente simili agli investimenti americani dimostra che la differenza si trova interamente nella qualità poiché la Cina investe in modo univoco in costruzioni reali, produzione e persino banche africane che sono proibite da tutti gli imperialisti che desiderano usare l'Africa solo come un terreno di saccheggio per risorse e manodopera a basso costo. Parlando di questo problema, e della speranza per il Libano più in generale, il BRIX svedese Hussein Askary ha dichiarato : “Sta diventando ovvio che un paese come il Libano, piccolo ma completamente sovrano e indipendente, può rompere le reni di un impero globale scegliendo di seguire la via del progresso, della sovranità nazionale e della cooperazione internazionale secondo il modello di vantaggio reciproco offerto dalla Cina. Questo non significa tagliare tutti i ponti a ovest. È necessario mantenere quelli che sono nel vero interesse del Libano e del suo popolo. Se gli Stati Uniti e l'Europa volessero cambiare le loro politiche e unirsi alla Cina nell'offrire al Libano energia, trasporti, acqua e investimenti agroindustriali, il popolo e la leadership libanese li prenderebbero a braccia aperte". https://www.strategic-culture.org/news/2020/08/16/lebanon-pearl-on-new-silk-road- |
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giovedì 20 agosto 2020
mercoledì 12 agosto 2020
I paesi occidentali devono affrontare l'imperialismo di Erdogan
Erdogan progetta di convertire l'Europa in Islam radicale
MIDEAST DISCOURSE, 27 luglio 2020
di Steven Sahiounie
L'Europa è storicamente un gruppo di nazioni cristiane, ora riunite come un'unità economica nota come Unione Europea (UE). La Turchia è una nazione musulmana, ai margini dell'Europa, con un obiettivo di entrare nell'UE a lungo dichiarato, ma costantemente ostacolato sulla base della religione.
Il presidente turco Erdogan ha deciso di beneficiare della crisi in Siria, usando i migranti che inondano l' Europa come metodo per cambiare la demografia a favore della Turchia. La Turchia ha inviato in barca moltissimi richiedenti asilo e migranti economici dalla Siria e da altri paesi musulmani, come Iraq e Afghanistan. Le promesse di benefici sono dedotte, ma non dichiarate dagli europei.
La Turchia non ha svuotato i propri campi profughi siriani , poiché trae profitto dalle donazioni e dagli impegni internazionali per il mantenimento dei rifugiati. Sistematicamente, il denaro che viene versato per i rifugiati viene solo parzialmente speso per i rifugiati. Le autorità turche, dal più alto funzionario di ufficio, alla più bassa guardia di turno nei campi, stanno beneficiando finanziariamente dei rifugiati. Hanno incoraggiato alcune persone, all'interno della Siria e altrove, a salire sulle barche per la Grecia. I migranti non hanno viaggiato gratuitamente. Ogni persona che usufruisce del trasbordo ha pagato da uno a tremila euro per effettuare la breve traversata su gommoni. Molti dei migranti provenivano da aree sicure e pacifiche, come la costa siriana, che non aveva mai avuto battaglie o attacchi aerei. Quelle persone non han lasciato dietro di sé morte e distruzione, ma hanno venduto case, automobili e mobili per pagare la loro nuova vita in Germania, a spese del cittadino contribuente tedesco. Le persone nei campi, quelle che avrebbero potuto trarre maggiormente beneficio da una nuova vita europea e dalle prestazioni sociali, non potevano salpare, perché non avevano soldi per pagare il viaggio.
I migranti seguivano i migranti, come pecore che corrono su una scogliera, incoraggiati dalla gelosia, dall'invidia e dall'avidità. Si chiedevano perché dovevano rimanere in Siria quando i loro vicini stavano ottenendo benefici gratuiti in Germania. Certamente, c'erano rifugiati che avevano sofferto molto in Siria e altrove e che meritavano, e tutt'ora meritano, un aiuto per iniziare una nuova vita, in un luogo sicuro.
I turchi trafficanti di popoli, "i Boat-Men " (scafisti), hanno lavorato e ne hanno tratto profitto liberamente. La polizia turca, i servizi segreti, le forze di sicurezza, la guardia costiera e i militari sono stati tutti addestrati, ben pagati e in servizio in gran numero. Eppure, gli "scafisti" hanno continuato a operare senza timore di essere ostacolati. Gli scafisti pagano una grossa tassa alle autorità governative per chiudere un occhio.
La popolazione europea sta diminuendo, per il basso tasso di natalità, a differenza dei paesi musulmani, a causa di una cultura delle famiglie numerose. Il piano di Erdogan è di aumentare notevolmente la popolazione musulmana in Europa, e alla fine la Turchia sarebbe stata la vincitrice, entrando nell'UE, poiché l'obiezione a causa della religione non poteva più essere utilizzata. Il piano dipenderà dal fatto che i nuovi migranti alla fine diventeranno cittadini e le generazioni future potrebbero essere titolari di cariche governative e funzionari. Si stima che oltre due milioni di musulmani siano entrati in Europa nel 2015. Questo enorme afflusso avrà conseguenze drastiche in Europa e nel mondo.
La Cattedrale di Santa Sofia a Istanbul è stata un'attrazione turistica per oltre mezzo secolo. La Cattedrale cristiana fu convertita in moschea dopo la conquista islamica di Costantinopoli, la capitale dell'Impero bizantino, dalle orde dell'Asia centrale che divenne l'Impero Ottomano. Nel 1934 il governo turco designò Haji Sophia come museo, che fu successivamente dichiarata patrimonio mondiale dell'UNESCO.
Di recente, il presidente Erdogan ha riconvertito ufficialmente il museo in moschea, e venerdì 24 luglio vi è stato proclamato il primo sermone del venerdì e la preghiera pubblica. Il Mufti di Turchia reggeva la spada di Sultan Mohammed al-Fatah, che era un brutale leader dell'era ottomana, durata 400 anni. Questa è quindi stata la prima preghiera islamica fatta lì in 86 anni. La condanna internazionale e lo sgomento sono state espresse alla decisione, tra cui le Nazioni Unite, gli Stati Uniti, il Vaticano, l'Egitto, la Spagna, la Grecia e l'opposizione turca interna all'amministrazione Erdogan
Gli analisti politici hanno commentato che questa nuova mossa è un ulteriore passo nel piano di Erdogan per ristabilire un nuovo Impero Ottomano, costruito sull'Islam radicale come valore fondamentale e l'allontanamento dai moderni valori secolari turchi che sono stati il fondamento dell'ideologia di Ataturk. Il partito AKP di Erdogan si basa invece sull'ideologia dei Fratelli Musulmani, che è l'Islam radicale, e non è una religione, né una setta. In risposta a questo editto di Erdogan, la Siria ha annunciato l'intenzione di costruire una nuova cattedrale nel villaggio cristiano di Squelbia, nella provincia di Hama, e sarà chiamata Cattedrale di Santa Sofia, in onore del santuario di Istanbul. La Siria è stata la culla del cristianesimo e continua ad avere grandi comunità cristiane in tutto il Paese, anche se molti hanno lasciato la Siria a causa della persecuzione da parte dei terroristi islamici radicali che sono stati sostenuti dalla Turchia.
Steven Sahiounie è un giornalista pluripremiato
La nave da ricerca turca Oruc Reis è entrata all'interno della zona marittima greca a 10 km di profondità e alla distanza di 88 nm a sud dell'isola di Kastelorizo, per fare ricerche preliminari per lo scavo di petrolio e gas... Il PM greco si è attaccato al telefono con tutti i leader europei, ma sembra con nessun esito ... |
La decisione del presidente turco di trasformare l'ex Basilica di Santa Sofia in moschea conferma la sua corsa in avanti e la sua aggressività verso i Paesi occidentali. Questi devono finalmente trarne le conseguenze e opporsi ad Erdogan senza debolezza: dichiarazioni di Charles de Meyer e Benjamin Blanchard, dirigenti di SOS Chrétiens d'Orient.
FIGAROVOX/TRIBUNE,
10 agosto 2020
Rompendo questa eredità, Erdogan perpetua il mito - molto potente nel suo paese - di un risveglio dell'Impero Ottomano, estendendo la religione musulmana ai più piccoli angoli del suo territorio. All'esterno, inoltre, sceglie di porsi come avversario dell'Europa, che viene assimilata a un cristianesimo descritto come "islamofobico".
Per molto tempo l'Europa ha chiuso un occhio sulla Turchia come partner affidabile e persino come potenziale membro dell'Unione Europea, nonostante il fatto che occupi la metà di Cipro, uno stato membro delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e della NATO. Peggio ancora, la Turchia sta riprendendo i suoi sogni millenari attaccando regolarmente la sovranità delle isole greche vicine al suo territorio. Per decenni, Bruxelles ha versato centinaia di milioni di euro per far passare "le buone pratiche democratiche", sensibilizzare Ankara sui diritti umani e far progredire la causa delle donne. Anche Bruxelles si è affidata alla Turchia per sorvegliare i confini dell'Europa.
Era un periodo in cui i decisori turchi si stavano imbarcando nell'"islam di mercato". Senza negare la loro ideologia ispirata al movimento dei Fratelli Musulmani, si sono vestiti in abiti occidentali per fare affari e diplomazia in Europa. Era la legge della Sharia in giacca e cravatta che deliziava i tecnocrati, felici di immaginare che i fondi europei non fossero spesi in puro spreco.
In realtà, i diritti umani non sono progrediti al pari della causa delle donne. Il cosiddetto partner, Erdogan, ha continuato a fare pressione sull'Europa ricattandola sui "migranti". Il Presidente turco, quando ha deciso di farlo, ha permesso a masse di immigrati clandestini, tra cui diversi terroristi, di attraversare i confini dell'Unione Europea.
Erdogan ha ricevuto i fondi che si aspettava dall'Unione Europea. Può mettere in atto la sua politica. Il "Sultano" ha fatto cadere la cravatta.
I giudici turchi hanno accettato di revocare il decreto del 1934 per legittimare la trasformazione di Santa Sofia in moschea. Così, in questo 10 agosto 2020, il centenario del trattato di Sèvres, che consacrò lo smantellamento dell'Impero ottomano, forse sarebbe una buona idea affidarsi al diritto internazionale e alla storia per porre fine a un imperialismo turco sempre più bellicoso.
I trattati di Versailles, Saint-Germain-en-Laye e Trianon, che prevedevano lo smembramento degli sconfitti (cioè rispettivamente Germania, Austria e Ungheria) della Prima Guerra Mondiale, furono applicati rigorosamente, almeno per quanto riguarda gli aspetti territoriali, sotto la stretta sorveglianza dei vincitori. Non è stato così per il Trattato di Sèvres, firmato il 10 agosto 1920 dagli alleati vittoriosi e dal sultano sconfitto – e neppure per il genocidio armeno del 1915, per il quale la Turchia non ha ancora pagato il risarcimento finanziario previsto per la sofferenza e la distruzione di migliaia di famiglie sterminate o costrette all'esilio.
Il Trattato di Sèvres prevedeva, in particolare, la creazione di un Kurdistan autonomo; soprattutto imponeva, sotto il controllo internazionale, la smilitarizzazione ottomana degli stretti dal Mar Egeo al Mar Nero, cosa che appare più che mai urgente vista l'aggressione da parte di una fregata turca, della francese Courbet, in giugno, nel Mediterraneo. Il trattato di Sèvres non ha mai potuto essere applicato. L'Europa guariva le sue ferite e Kemal aveva preso il comando di un esercito per rovesciare il Sultano, cacciare gli eserciti alleati e combattere l'esercito greco per calpestare il trattato, che fu infine sostituito dal Trattato di Losanna il 24 luglio 1923, consacrando la Grande Turchia e completando la purificazione dei cristiani di Turchia, soprattutto Greci.
lunedì 10 agosto 2020
C'è speranza per il Libano
... e viene da questi giovani, che non assaltano palazzi governativi, non impiccano in piazza le sagome dei politici, non urlano la rabbia all'ombra dei loschi 'pugni di Otpor'...
Migliaia di giovani sono impegnati a ripulire la città da detriti e macerie; aiutano persone anziane a sopravvivere; offrono acqua e cibo pagando con soldi propri o raccolti fra amici e parenti. Anche giovani rifugiati siriani si mettono al lavoro. Un pastore protestante siriano, musulmano convertito al cristianesimo, offre panini e bottigliette d’acqua agli sfollati.
Beirut ( AsiaNews)
La città colpita da una bomba quasi atomica – le esplosioni del 4 agosto erano pari a un decimo della forza della bomba di Hiroshima – è paralizzata e devastata; il lavoro per ridarle un aspetto decente è gigantesco. L’esercito è ovunque, ma si deve occupare di sicurezza, evitare sciacallaggi, proteggere i siti sensibili, garantire il traffico e il passaggio dei mezzi di soccorso. La Protezione civile è impegnata a estrarre corpi da sotto le macerie, accogliere colleghi venuti da tutto il mondo, coordinare i lavori. I politici sono impegnati in riunioni per trovare un modus vivendi, anzitutto fra di loro, per dare poi una risposta alle condizioni poste dalla comunità internazionale: il presidente francese Emmanuel Macron ne è stato il portavoce ed ambasciatore, spiegando le condizioni a cui il Libano può accedere a nuovi prestiti, togliendo il blocco al Paese.
Intanto, la città è coperta di detriti, vetri, alberi sradicati dalle esplosioni, case senza mura che come un tetro palcoscenico espongono ciò che rimane visibile di una vita interrotta all’improvviso; balaustre, balconi, muri, palazzi e ponti che rischiano di cadere da un momento all’altro.
Persone anziane e sole, che desiderano pulire le loro case ma non hanno le forze o il coraggio, non sanno da dove iniziare. Piangono, pregano, sperano, nascondendo il viso fra le mani per vergogna, dolore, impotenza.
In questo scenario disperato è risorta la vera forza di un popolo, il proprio futuro, l’energia nuova, pulita, dinamica, non schiava di interessi politici o economici: i giovani.
Accorsi da ogni dove, dal nord, dal sud, dalle montagne, organizzati in piccoli gruppi di amici, armati di scope, pale, guanti e sacchetti, dormono a cielo aperto, lavorano senza parlare, senza vantarsi, agiscono in silenzio, senza un capo, senza un coordinatore, disorganizzati ma gli effetti che producono sono strabilianti.
Puliscono, riempiono sacchetti, spazzano strade e marciapiedi, gli edifici pubblici, le cliniche, gli ospedali, i luoghi di culto: come api, o formiche lavorano senza sosta, senza criticare, pronti a confortare chiunque soffre, abbracciare, offrire acqua, panini, frutta, pasti caldi.
Sono sorte bancarelle ad ogni 10 metri, che offrono bottigliette d’acqua, cibo, frutta: il tutto raccolto con iniziative proprie, donazioni da famiglie, amici, parenti.
“Perchè siamo qui?”, mi spiega Leila Mkerzi, una ventenne con la maglietta dell’ordine di Malta, “Perché è nostro dovere. Aspettare che lo Stato da solo possa pensare a tutto vuol dire ritardare l’emorragia”. E riprende la scopa per spazzare la scala che porta da Jemmeizeh ad Ashrafieh.
Un altro gruppo, tre giovani con una signora, sono davanti ad un negozio: comprano con soldi propri scope, sacchetti e guanti. Il commerciante non fa loro alcuno sconto. “Non vogliamo nulla, vogliamo solo vivere” dice uno dei ragazzi. Poi interviene subito sua madre, la signora Rita Freim: “Non pensiamo più, abbiamo la testa completamente vuota, non contiamo più su nessuno; nessuno dall’estero ha mai fatto qualcosa di concreto per noi. Cosa fa il mondo? Ci inviano due tre aerei di aiuti, si lavano la coscienza e vanno. Che è venuto a fare Macron? Un’altra farsa. Non ho più speranze”. E mentre si accinge a pulire precisa: “Io non ho speranza, ma loro – i giovani, sì. E io li aiuto perché sono ancora viva”.
Nelle strade di Beirut devastata, i giovani sono decine di migliaia: amici di scuola, universitari, scout, parrocchiani, musulmani, cristiani. Un gruppo di giovani dello Chouf, si rifiuta di dire chi fra loro è druso; un gruppo di armeni venuti da Bourj Hammoud, un altro quartiere distrutto, rivendica: “Siamo libanesi e basta”.
La maggior parte di questi giovani è nata dopo il 2005-2006. Non hanno conosciuto gli orrori della guerra civile, ma hanno visto privazioni e governi falliti; hanno vissuto senza corrente elettrica, acqua potabile, lavoro. Ordinati, volenterosi, vogliono creare con le loro mani un Paese migliore, un futuro migliore senza aspettarsi nulla dall’estero. Certo, sperano di ottenere qualche sostegno o aiuto, ma se non arriva, faranno quello che possono con le loro forze.
Fra di loro vi sono anche giovani siriani rifugiati in Libano. Non è il loro Paese, ma il dolore e la volontà di cambiare li ha uniti ai libanesi.
Ho visto un solo religioso, in clergyman che distribuiva panini e bottigliette d’acqua agli sfollati: è un pastore protestante siriano di Afrin (nord della Siria, occupata dai turchi). Si chiama Hassan: era musulmano, convertito al cristianesimo. “ Vedo Cristo in ognuno di queste persone che oggi soffrono, non hanno un tetto e hanno fame”, dice prima di sparire in mezzo alla folla dei disperati che affollano il centro di Beirut.
A sostegno della popolazione di Beirut e del Libano, in appoggio alla Caritas Libano, AsiaNews ha deciso di lanciare la campagna "In aiuto a Beirut devastata". Coloro che vogliono contribuire possono inviare donazioni a:
- Fondazione PIME - IBAN: IT78C0306909606100000169898 - Codice identificativo istituto (BIC): BCITITMM -
Causale: “AN04 – IN AIUTO A BEIRUT DEVASTATA”
mercoledì 5 agosto 2020
lunedì 3 agosto 2020
I Siriani tra il dilagare del virus e l'impossibilità di cure
Introduciamo l'articolo di Kamal Alam con una breve cronaca dal vivo giunta oggi da Damasco:
"Situazione sanitaria qui in Siria diventata catastrofica!: l'allentamento delle misure di precauzione con la festa dell'Eid, manifestazioni sportive e fiere, ha ridato vita alla propagazione di COVID-19!
Non vi è più nessun posto negli ospedali, nessuna medicina, si gioca la carta dell'immunità, per alcuni, ma... Ma qui non ci sono medicine, quindi per i più vulnerabili è come giocare alla roulette russa! La differenza con l'Europa, a causa della legge di Cesare, è che qui non c'è nemmeno il tampone o i test, quindi le persone colpite rimangono a casa, e naturalmente il numero dei morti è in costante aumento.
Perché non dimentichiamo che la Siria è stato uno dei Paesi con i più bassi casi di COVID a maggio, mentre il resto del mondo era in emergenza sanitaria.
Si cerca di ricorrere ai rimedi naturali, ma naturalmente bisogna ancora potersi permettere queste vitamine, o frutta e verdura, che sono diventate costose con la svalutazione della sterlina e il commercio al mercato nero in dollari."
Eric Lefevre da Damasco, 3 agosto 2020
Le sanzioni del "Caesar Act" stanno paralizzando il settore sanitario della Siria
di
Kamal Alam* . Traduzione Gb.P. OraproSiria
28
luglio 2020
È
passato un mese da quando il Segretario di Stato americano Mike
Pompeo ha annunciato l' entrata in vigore delle sanzioni del Caesar
Act il 17 giugno. C'è stata una chiara discrepanza nelle priorità
degli Stati Uniti, come si vede dalle differenze tra Pompeo e il
presidente degli Stati Uniti Donald Trump a cui fa riferimento l'ex
ambasciatore delle Nazioni Unite John Bolton nel suo nuovo libro;
Trump era più interessato agli ostaggi che a ciò che Pompeo o
Bolton avevano da dire sulla Siria. Ma qualunque sia la politica alla
base del Caesar Act, sta danneggiando i comuni siriani che già
soffrono per il crollo dell'economia libanese. L'assistenza sanitaria
rappresenta il miglior esempio di questo.
Crisi
politica e finanziaria
Molto
prima dell'entrata in vigore del Caesar Act, l'economia della Siria
era crollata per sanzioni già austere, combinate con un'economia di
guerra che ha drasticamente peggiorato le condizioni di vita per la
popolazione in generale. I siriani soffrono di molti disturbi oltre
a quelli dovuti direttamente alla guerra, tra cui il cancro , il
diabete e la rinascita di malattie un tempo eradicate come la
poliomielite, che è ricomparsa nel 2015, ma ora se n'è andata.
La
situazione attuale è terribile, persino peggiore del previsto dopo
nove anni di combattimenti. Ciò è stato esacerbato dalla crisi
politica e finanziaria nel vicino Libano, insieme alla pandemia
globale di coronavirus . Gli aiuti sanitari emiratini e kuwaitiani
alla Siria hanno aiutato gli ospedali di Damasco, ma non sono
sufficienti. David Beasley, direttore esecutivo del World Food
Programme, ha ripetutamente affermato che il mondo deve aiutare i
siriani in Siria come il modo migliore per affrontare la crisi
generale.
Prima
della guerra, l'assistenza sanitaria siriana era l'invidia della
regione, come rilevato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Circa 1,6 milioni di rifugiati iracheni avevano fatto casa in Siria
ed erano in grado di accedere a cure di alta qualità. A questo
proposito, un'analisi della Brookings Institution ha descritto un
ambiente accogliente in Siria. La Siria aveva già affrontato le
guerre in Iraq e in Libano e il suo sistema sanitario ha curato i
rifugiati iracheni, libanesi e palestinesi meglio di qualsiasi altro
stato arabo. Il suo sistema sanitario è da tempo collegato alle
economie di confine.
Fuori
Servizio
In
un precedente articolo scritto in collaborazione con Peter Oborne, ho
sostenuto che le sanzioni finanziarie ostacolano i pagamenti per le
importazioni di assistenza sanitaria, il che è un grosso ostacolo,
nonostante i funzionari occidentali affermino che il Caesar Act non
ha alcun impatto sulle transazioni sanitarie. Sul campo, è una
storia diversa, lontana dal comfort dei "cervelli pensanti"
di Londra o Washington.
I
medici hanno riferito che era difficile persino parlare con i
fornitori, a causa della loro paura delle sanzioni e
dell'impossibilità di predisporre i pagamenti. Molti ospedali e
centri sanitari sono fuori servizio e necessitano di una
ricostruzione urgente. Mentre paesi come Emirati Arabi Uniti,
Indonesia e Kuwait avevano aiutato, il Caesar Act ora minaccia di
fermare la cooperazione internazionale.
Le
apparecchiature diagnostiche, come gli scanner MRI e CT, mancano o
mancano le parti vitali. Mancano i ventilatori e le attrezzature di
laboratorio. I cardiologi mi hanno detto che mancano gli endoscopi, i
cateteri cardiaci e gli stent coronarici, insieme alle
apparecchiature per dialisi renale, tutto a causa delle sanzioni.
Anche gli ospedali privati che potevano permettersi le riparazioni non
possono ottenerli, poiché le aziende non vogliono vendergli
l'attrezzatura necessaria per paura di ripercussioni. Le
attrezzature e i medicinali essenziali sono soggetti a sanzioni in
termini di fornitura, produzione e importazione. Le banche si
rifiutano di aprire il credito per l'importazione di beni sanitari
urgentemente necessari nel timore che le sanzioni possano influire
sulla loro attività. Le compagnie di assicurazione si rifiutano di
fornire copertura e, quando lo fanno, i costi sono insostenibili.
Inserendo la Siria tra le aree ad alto rischio, le compagnie di
navigazione si rifiutano di importare apparecchiature mediche in
Siria. Le grandi aziende si rifiutano di inviare attrezzature,
medicine, ambulanze o persino latte in polvere per neonati.
Rompere
con gli Stati Uniti
L'assistenza
sanitaria non riguarda solo le cure pratiche e applicabili, ma anche
la ricerca vitale.. I medici non possono partecipare a conferenze
regionali a causa delle restrizioni sui visti o iscriversi a riviste
scientifiche in quanto non possono pagare le tasse richieste a causa
delle sanzioni finanziarie. La maggior parte dei chirurghi mi ha
detto che si affidavano alle ricerche di prima della guerra, e al
limitato accesso alle applicazioni sanitarie online.
Ci
sono enormi domande sulla saggezza e sulla fattibilità a lungo
termine delle sanzioni, anche da parte degli alleati europei.
L'economista siriano Amer al-Hussein ha sostenuto che potrebbe essere
il momento per l'UE di rompere con gli Stati Uniti sulla politica
siriana. Il professore Adeel Malik di Oxford, esperto di economie
arabe, osserva che ci sono molte prove che evidenziano come le
sanzioni non riescano a raggiungere i loro obiettivi e invece
rafforzano gli interessi del regime. In un'intervista con Malik, egli
mi dice: “Il caso iraniano è istruttivo. Le sanzioni statunitensi
hanno danneggiato il settore privato indipendente e le classi medie,
l'elettorato cioè, che potrebbe spingere per una riforma economica e
politica ", ha detto Malik. “Nell'Iraq dell'era Saddam, le
sanzioni hanno fatto fiorire molte opportunità di contrabbando. Le
sanzioni sono una punizione collettiva della società. Sono una
vergogna morale e come tali dovrebbero essere considerate. "
L'assistenza
sanitaria siriana sta soffrendo. Essa ha un ruolo regionale al di là
dello stato siriano e, come tutte le cose relative alla guerra in
corso, quando la Siria soffre, la regione soffre.
*Kamal
Alam è specializzato nella storia militare contemporanea del Medio
Oriente. È stato Fellow presso il Royal United Services Institute
dal 2015 al 2019. Attualmente è Fellow presso The Institute for
Statecraft e tiene conferenze in diversi college di personale
militare in Medio Oriente.
https://www.middleeasteye.net/opinion/caesar-act-deals-another-blow-syrias-beleaguered-health-sectorsabato 1 agosto 2020
Jocelyne Khoueiry, la combattente, ha reso le armi all'Amore
Con profonda commozione e personale affetto, partecipiamo al dolore della Famiglia delle consorelle e della comunità cristiana libanese per la morte della grande amica Jocelyne Khoueiry.
Con le combattenti del tempo della guerra, lasciate le armi, ha creato il movimento ′Libanese-Donna 31 maggio', 'Sì alla vita' e Il Centro San Giovanni Paolo II che lavorano per la formazione della donna, la difesa della vita, il sostegno alla famiglia e ai bambini.
Consapevoli che la visione profetica di Jocelyne ha colto il bisogno primario del nostro tempo, riproponiamo un breve video della sua storia e le sue parole:
"Siate consapevoli della vostra missione di donne e madri. Siete voi che educate gli eroi e i missionari di domani. Siete voi che trasmettete la Fede in Dio e l'amore della vostra terra ai vostri figli, che tenete saldi e sostenete i vostri mariti e mantenete i vostri figli e le vostre figlie sulla via dell'onore e del sacrificio! Voi siete i combattenti della resistenza e i resistenti dell'Oriente cristiano! »
Una piccola memoria personale:
giovedì 30 luglio 2020
Siria resiliente: Sfidare Cesare.
Reuters
segnala che mercoledì gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni
"per tagliare i fondi per il governo del presidente siriano
Bashar al-Assad" e hanno avvertito che chiunque
intrattenga rapporti commerciali con Damasco rischia di essere
inserito nella lista nera. Si distingue il grottesco inserimento nelle sanzioni anche del figlio adolescente di Assad, Hafez, di altre 4 persone e 10
entità, tra cui un'unità dell'esercito siriano.
In
realtà sono gli stessi siriani ad affrontare il peso delle sanzioni
e della crisi economica che impedisce la ricostruzione delle
infrastrutture e il mantenimento dei posti di lavoro.
Per
questo ci sembra molto interessante il racconto della coraggiosa
iniziativa di intrapresa 'dal basso' qui raccontata.
OpS
Conferenza
delle piccole imprese
per combattere le sanzioni
e la 'Caesar Act
USA'
di
Vanessa Beeley . Traduzione Gb.P. OraproSiria
Due
settimane fa, ho partecipato a una conferenza di due giorni a
Damasco, in Siria. L'iniziativa nasce da un'idea di un uomo d'affari
e imprenditore siriano, il dott. Hani Barakat, che ha riunito un
gruppo di uomini d'affari giovani e intraprendenti per discutere gli
ostacoli che devono affrontare i giovani siriani quando provano a
intraprendere qualsiasi tipo di iniziativa commerciale.
Il
loro percorso verso il successo è stato duramente influenzato dalle
sanzioni illegali della Coalizione degli Stati Uniti (e le precedenti
sanzioni contro la Siria del 1979) e ulteriormente influenzato dalla
recente e punitiva Legge Cesare - una svolta barbara delle sanzioni
economiche da parte degli Stati Uniti sulla base di un rapporto
fraudolento di "tortura nelle carceri siriane".
Durante
i due giorni, gli ostacoli logistici e burocratici sono stati
discussi apertamente. Le critiche al governo e agli elementi
all'interno del settore commerciale sono state ascoltate ed esaminate
e analizzate in modo costruttivo. Alla fine delle due giornate, il
team guidato dal dott. Barakat ha redatto un riassunto completo delle
problematiche sollevate ed ha proposto soluzioni per accelerare
l'avviamento delle piccole imprese.
Il
dott. Barakat intende portare la conferenza in tutte le principali
città della Siria per approntare una relazione riguardo alle
problematiche per regione e per settore. Il contingente di Aleppo
era presente a Damasco ed è in attesa dell'incontro di Aleppo che
seguirà nei prossimi mesi.
Il dott. Hani Barakat alla conferenza di Damasco "Sfidare Cesare". Foto: Vanessa Beeley |
Durante il discorso introduttivo il dott. Barakat, ha toccato anche i seguenti punti:
“Sarebbe
meglio regalare tutto piuttosto che svendere il Paese come hanno
fatto alcuni. Se potete aiutare questo Paese, non dovreste esitare a
farlo. La vittoria in campo economico significa sicurezza e stabilità
per tutti nel Paese ".
“ Voi
(la piccola comunità imprenditoriale) siete la nostra speranza,
siete l'esercito siriano contro il terrorismo economico. L'eroica
vittoria dell'Esercito Arabo Siriano contro il terrorismo militare è
la nostra vittoria, ma è anche una vittoria per il mondo intero.
Abbiamo tutti un debito enorme nei confronti dell'Esercito arabo
siriano il cui sacro sangue è stato versato per difendere la Siria e
il suo grande popolo. Siete un popolo con pazienza, dignità, onore
e resistenza. Il mondo intero vi è stato contro ma non vi siete
arresi. Ora non è il momento di arrendersi alla paura e
all'illusione seminate dalla quinta colonna, specialmente sui social
media. "
“Il
nostro comandante, il presidente Bashar Al Assad, ha guidato il Paese
in salvo dopo gli attacchi alla nostra gente. Non abbiamo mai
abbandonato il Paese durante i periodi più bui e non lo faremo ora.
Combatteremo la guerra economica con lo stesso coraggio.
Questa
organizzazione si paga tutto da sola, non c'è corruzione, solo
etica, morale e scienze politiche. C'è gente che sta ostacolando
questa iniziativa perché intendo combattere la corruzione.
Il
motivo principale per cui ho avviato questa iniziativa è per ridurre
la sofferenza del popolo siriano. Voglio offrire reali opportunità
di lavoro e incoraggiare attivisti e giovani a creare le proprie
piccole imprese. Siamo una candela in un tunnel molto buio ma ci sono
persone che tornano da fuori della Siria per aiutare a ricostruire.
Voglio che la prossima generazione possa guardare indietro e
ringraziare questa generazione per non aver abbandonato questo Paese
nel momento del bisogno. Se l'esperimento funziona qui a Damasco,
trasferiremo in ogni altra grande città della Siria lo stesso
concetto.”
martedì 28 luglio 2020
Aghia Sofia
“Aghia Sofia, dalle tue pareti hanno cacciato i santi:
Aghia Sofia, ho pregato ancora tra le tue mura.
Solitaria e attonita la Vergine regge il Bambino senza sorriso.
Così da secoli annerisce l’oro dei mosaici nel museo dei vincitori.
Sono scesa in silenzio alle cisterne d’acqua, buie cattedrali della terra,
lontano dall’impronta dei sultani che ti hanno trapassato il cuore”.
Coro: Ensemble in Canticis Solisti: Olga Chechetkina e Dmitry Zhavko Testo: Marina Valmaggi
Forse non lo sanno e pensano di aver conquistato qualcosa per Dio e per se stessi. Ma lo sappiamo bene noi che lo sperimentiamo ogni giorno crocifissi con Cristo. La nostra vita, con le difficoltà e le sofferenze, la precarietà e le consolazioni del suo amore sono Basiliche e Cattedrali infinitamente più belle di Santa Sofia. Perché nessuno potrà strapparle dalla mano di Cristo, e perché, in Lui, sono già incastonate nell'eternità dove la corruzione non potrà raggiungerle.
La Sapienza in onore della quale essa fu edificata infatti, è quella della Croce, nascosta persino agli angeli, ma rivelata ai piccoli, che risplende come una lode purissima sull'altare immacolato delle stigmate che li unisce a Cristo.
Fa soffrire vedere una Chiesa trasformata in moschea, ma Dio sa, Dio agisce misteriosamente anche negli eventi più dolorosi e difficili da comprendere e accettare. E oggi, giorno della prima preghiera islamica nella cara Santa Sofia, risuonano le Parole di Gesù che solo i cristiani conoscono, perché vive e compiute nella loro vita: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv 4, 23-24).
Che il Signore, in questo tempo difficile e gravido di persecuzione, ci conceda il dono di adorarlo in spirito e verità, per avere l'onore, la gioia e la pace di rendergli gloria con tutta la nostra vita.
don Antonello Iapicca (Fb)
giovedì 23 luglio 2020
Tulsi Gabbard approva una disposizione che richiede un rapporto sull'impatto umanitario delle sanzioni statunitensi su altri Paesi
In Siria, che attraversa la più grave crisi economica della sua storia, la gente sta morendo di fame a causa delle sanzioni e della Legge Caesar. L'inflazione ha reso tutto costoso, la gente non riesce più a comprare medicinali e cibo, e mentre il COVID 19 si diffonde rapidamente, la malnutrizione colpisce e la mancanza di vitamine e difese indebolisce il sistema immunitario.
E' un disastro umanitario quel che sta per accadere!
21 luglio 2020 Comunicato stampa
Traduzione
italiana di Gb. P. per OraproSiria
Washington,
DC - Ieri la Camera ha approvato un emendamento all'annuale 'National
Defense Authorization Act' (Legge sulla difesa nazionale) presentato
dalla Rappresentante nel Congresso USA Tulsi Gabbard, che richiede un
rapporto iniziale e annuale al Congresso da parte
dell'Amministrazione circa l'impatto umanitario delle sanzioni
statunitensi. Attualmente non esiste alcuna valutazione all'interno
del governo degli Stati Uniti per determinare l'impatto delle
sanzioni statunitensi su altri Paesi. Questa disposizione obbligherà
ad esaminare e riferire circa l'impatto umanitario che le sanzioni
statunitensi hanno avuto (ed hanno) sulla popolazione dei Paesi
soggetti a sanzioni globali. L'emendamento è stato approvato come
parte di un gruppo di emendamenti al disegno di legge con un voto di
336 favorevoli e 71 contrari ed è parte del disegno di legge
completo approvato oggi dall'Assemblea.
Tali
rapporti sarebbero richiesti su tutte le sanzioni globali esistenti
imposte ai governi stranieri dagli Stati Uniti, nonché su eventuali
nuove sanzioni di questa natura che l'amministrazione desiderasse
imporre. È richiesto un rapporto aggiornato ogni anno.
"Troppo
spesso le sanzioni statunitensi sono comminate a un altro Paese nel
tentativo di "punire" il leader di quel Paese senza
considerare quale sia il reale impatto di tali sanzioni sulle
popolazioni. In realtà, queste sanzioni sono come un assedio dei
nostri giorni, che incidono maggiormente sui cittadini del Paese
sanzionato, limitando la loro fornitura di cibo, acqua, medicine e
forniture di base di cui hanno bisogno per sopravvivere, causando
gravi malattie, sofferenza e morte. Nel frattempo, il leader del
Paese sanzionato spesso non ne soffre", ha detto la
rappresentante Tulsi Gabbard. “Al momento non esiste alcuna
valutazione o responsabilità per i leaders del nostro Paese in
merito alle catastrofi umanitarie causate da queste sanzioni. La mia
disposizione ha incluso nella NDAA modifiche, richiedendo una
valutazione iniziale seguita da relazioni annuali sull'impatto
umanitario delle sanzioni statunitensi su altre nazioni ".
"Mi
congratulo con la rappresentante Gabbard per aver lavorato in modo
bipartisan per imporre, per la prima volta, rapporti ufficiali sui
danni causati da sanzioni di ampia portata", ha affermato Erik
Sperling, direttore esecutivo di Just Foreign Policy . "È
giunto il tempo che il popolo e i politici americani abbiano le
informazioni di base sull'impatto dei nostri regimi sanzionatori su
decine di milioni di persone che non hanno mai fatto nulla contro gli
interessi statunitensi. Attivisti umanitari di base in tutto il Paese
si mobiliteranno e contatteranno i loro rappresentanti per garantire
che questa disposizione sia introdotta nella legge. "
"L'emendamento
alla NDAA (Legge
sulla difesa nazionale) della
rappresentante Tulsi Gabbard è un primo passo molto importante verso
lo sviluppo della supervisione del Congresso sull'uso di ampie
sanzioni economiche. Contribuirà inoltre a far luce sull'impatto
mortale delle sanzioni sulle popolazioni innocenti. Nel corso degli
anni, il governo degli Stati Uniti ha imposto decine di sanzioni
economiche senza mai dover rivelare pubblicamente l'impatto che
queste misure hanno sulle economie e sulle situazioni umanitarie dei
Paesi sanzionati. Siamo consapevoli di alcuni dei terribili effetti
delle sanzioni grazie a studi indipendenti che hanno dimostrato come
i tassi di malattie, malnutrizione e mortalità aumentino in modo
significativo nei Paesi bersaglio di sanzioni; ma il governo degli
Stati Uniti non ha mai ufficialmente riconosciuto questo e altri
"danni collaterali" causati da sanzioni. Inoltre, più e
più volte il presidente degli Stati Uniti ha ordinato sanzioni senza
mai dover spiegare quali obiettivi di politica estera il governo si
aspetta di raggiungere o riferire se uno di questi obiettivi è
effettivamente raggiunto", ha detto Alexander Main, direttore
della politica internazionale presso il 'Center for Economic and
Policy Research'. "L'emendamento di Gabbard aiuta a correggere
questa palese mancanza di responsabilità riguardo all'uso delle
sanzioni e contribuirà a sensibilizzare sugli effetti letali e
spesso controproducenti delle sanzioni."
Il contesto:
L'emendamento adottato richiede che il Presidente, il Segretario di
Stato, il Segretario del Tesoro,
il Segretario al Commercio, l'amministratore USAID e l'Ambasciatore
degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, riferiscano al Congresso
sull'impatto umanitario di tutte le sanzioni globali esistenti o
nuove proposte. L'amministrazione è inoltre tenuta a fornire un
rapporto di aggiornamento annuale al riguardo.
L'anno
scorso, la rappresentante Tulsi Gabbard ha espresso preoccupazione
per il fatto che le sanzioni potrebbero minare la sicurezza nazionale
degli Stati Uniti con un ampio impatto sulla popolazione generale,
infiammando le tensioni regionali e danneggiando gli alleati degli
Stati Uniti.
Informazioni sulla Rappresentante Tulsi Gabbard: la deputata del Congresso Tulsi Gabbard sta esercitando il suo quarto mandato alla Camera degli Stati Uniti in rappresentanza del Secondo Distretto delle Hawaii, e fa parte dei Comitati dei servizi armati e dei servizi finanziari della Camera. In precedenza ha fatto parte della Commissione per gli affari esteri e della Commissione per la sicurezza interna. È stata eletta nel Consiglio comunale di Honolulu nel 2010, e prima ancora all'età di 21 anni, è stata eletta alla legislatura statale delle Hawaii nel 2002, diventando la persona più giovane mai eletta nello Stato. Tulsi Gabbard ha prestato servizio nella Guardia Nazionale dell'Esercito delle Hawai per oltre 17 anni, è una veterana di due dispiegamenti in Medio Oriente e continua a servire come Maggiore.
https://gabbard.house.gov/news/press-releases/rep-tulsi-gabbard-passes-provision-requiring-us-report-humanitarian-impact-us
Informazioni sulla Rappresentante Tulsi Gabbard: la deputata del Congresso Tulsi Gabbard sta esercitando il suo quarto mandato alla Camera degli Stati Uniti in rappresentanza del Secondo Distretto delle Hawaii, e fa parte dei Comitati dei servizi armati e dei servizi finanziari della Camera. In precedenza ha fatto parte della Commissione per gli affari esteri e della Commissione per la sicurezza interna. È stata eletta nel Consiglio comunale di Honolulu nel 2010, e prima ancora all'età di 21 anni, è stata eletta alla legislatura statale delle Hawaii nel 2002, diventando la persona più giovane mai eletta nello Stato. Tulsi Gabbard ha prestato servizio nella Guardia Nazionale dell'Esercito delle Hawai per oltre 17 anni, è una veterana di due dispiegamenti in Medio Oriente e continua a servire come Maggiore.
lunedì 20 luglio 2020
Riapre la cattedrale maronita S.Elia di Aleppo
Vatican News 20 luglio
Costruita nel 1873 nel quartiere Al Jdeydeh, l’edificio aveva subito gravi danni nel 2013 per mano di un gruppo di jihadisti il cui scopo era distruggere ogni segno della cristianità nel Paese.
“La principale difficoltà della riedificazione è stata il reperimento dei fondi, che è stato agevolato e sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre. La ricostruzione del tetto di legno, esattamente come quello originale, è stata un’altra sfida. Mancavamo di competenze locali in questo settore, per cui abbiamo chiesto ad architetti italiani di disegnare il progetto del tetto di legno”, spiega monsignor Tobij che ringrazia Acs e tutti donatori che hanno permesso la realizzazione del progetto: “Senza l’aiuto di Acs e la generosità dei benefattori non saremmo stati in grado di pregare ancora e diffondere speranza nei cuori dei fedeli attraverso la ricostruzione della cattedrale”. Secondo fonti della fondazione pontificia, infatti, i cristiani della capitale siriana sono oggi appena 30mila, contro i 180mila prima della guerra scoppiata nel 2011.
R. - Si tratta della nostra cattedrale maronita, qui abbiamo smesso di celebrare da otto anni, quindi per noi è un momento cruciale per tutta la diocesi e la sua riapertura vuole dire che riprendiamo la vita; è dunque un segno di speranza, un messaggio di ricostruzione, non solo ricostruzione di pietre ma di comunità. E poi è un modo per dire alla gente ad Aleppo, in Siria e nel mondo, che noi ancora ci siamo, ancora esistiamo, nonostante il calo tanto grande del numero dei nostri cristiani. Noi esistiamo.
"Un segno di speranza e di rinascita non solo materiale ma dell'intera comunità, nonostante i numeri dei cristiani qui vadano ancora riducendosi, a causa dell'estrema povertà, legata alle sanzioni che gravano sulla popolazione inerme". La testimonianza che si trasforma in un appello alla preghiera e alla vicinanza, arriva dall’arcivescovo maronita di Aleppo, monsignor Joseph Tobij. Ai nostri microfoni presenta, dopo lunghi lavori di restauro, la riapertura e riconsacrazione oggi 20 luglio, della cattedrale maronita di Sant’Elia di Aleppo, gravemente danneggiata durante la guerra ancora in corso in Siria. Al restauro ha contribuito tra gli altri, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che è stata uno dei maggiori finanziatori del progetto, con una donazione di 400mila euro.
La storia di un luogo sacro e caro al Paese
“La principale difficoltà della riedificazione è stata il reperimento dei fondi, che è stato agevolato e sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre. La ricostruzione del tetto di legno, esattamente come quello originale, è stata un’altra sfida. Mancavamo di competenze locali in questo settore, per cui abbiamo chiesto ad architetti italiani di disegnare il progetto del tetto di legno”, spiega monsignor Tobij che ringrazia Acs e tutti donatori che hanno permesso la realizzazione del progetto: “Senza l’aiuto di Acs e la generosità dei benefattori non saremmo stati in grado di pregare ancora e diffondere speranza nei cuori dei fedeli attraverso la ricostruzione della cattedrale”. Secondo fonti della fondazione pontificia, infatti, i cristiani della capitale siriana sono oggi appena 30mila, contro i 180mila prima della guerra scoppiata nel 2011.
R. - Si tratta della nostra cattedrale maronita, qui abbiamo smesso di celebrare da otto anni, quindi per noi è un momento cruciale per tutta la diocesi e la sua riapertura vuole dire che riprendiamo la vita; è dunque un segno di speranza, un messaggio di ricostruzione, non solo ricostruzione di pietre ma di comunità. E poi è un modo per dire alla gente ad Aleppo, in Siria e nel mondo, che noi ancora ci siamo, ancora esistiamo, nonostante il calo tanto grande del numero dei nostri cristiani. Noi esistiamo.
D: La Cattedrale ha subito la violenza, come tutto il territorio e tutta la popolazione. Però ora grazie alla beneficenza, grazie alla collaborazione e alla solidarietà è rinata: una vicenda emblematica della storia della Siria degli ultimi anni?
R. -Infatti, è stata una partecipazione di "comunità", partecipazione del "corpo di Cristo sparso nel mondo" e questo per noi è già un segno di comunione tanto grande.
D: Questa inaugurazione cade in un momento particolare per la Siria: sono 20 anni al potere di Bashar al-Assad, un lungo periodo segnato spesso dalla guerra e poi siete anche ad una svolta con il rinnovo del Parlamento. Come vive oggi la popolazione e come guarda al futuro?
R. - Dal punto di vista della sicurezza, eccetto certe zone della Siria nord- nord ovest, la situazione è migliorata. Invece c'è una guerra peggiore delle bombe. C'è la guerra delle sanzioni economiche appesantite ultimamente e la conseguenza diretta di questo è la povertà che è aumentata in modo eccessivo. Per darvi un esempio, un impiegato statale guadagna circa 20 euro al mese, quindi potete immaginare quanta sofferenza, anche senza bombe: mancanza di medicine, mancanza di macchinari di tutti i generi, e tutto per causa delle sanzioni e dell'embargo, con la ruota dell'economia ancora ferma. E questo dà alla gente un senso di tristezza e di buio per il futuro, non sappiamo cosa ne sarà del nostro futuro. E così tanti ancora mirano al sogno occidentale e a scappare da qua e dalla fame.
D: A questo proposito, c'è un messaggio che si sente di lanciare in occasione di questo evento così importante per voi?
R. - Il mio messaggio è che, dato che la Chiesa rappresenta la comunità, una volta ricostruita la nostra cattedrale abbiamo tanta speranza di ricostruire anche la comunità, la diocesi intorno ad essa, e le stesse anime dei nostri fedeli, che spero traggano gioia da questo momento.
R. -Infatti, è stata una partecipazione di "comunità", partecipazione del "corpo di Cristo sparso nel mondo" e questo per noi è già un segno di comunione tanto grande.
D: Questa inaugurazione cade in un momento particolare per la Siria: sono 20 anni al potere di Bashar al-Assad, un lungo periodo segnato spesso dalla guerra e poi siete anche ad una svolta con il rinnovo del Parlamento. Come vive oggi la popolazione e come guarda al futuro?
R. - Dal punto di vista della sicurezza, eccetto certe zone della Siria nord- nord ovest, la situazione è migliorata. Invece c'è una guerra peggiore delle bombe. C'è la guerra delle sanzioni economiche appesantite ultimamente e la conseguenza diretta di questo è la povertà che è aumentata in modo eccessivo. Per darvi un esempio, un impiegato statale guadagna circa 20 euro al mese, quindi potete immaginare quanta sofferenza, anche senza bombe: mancanza di medicine, mancanza di macchinari di tutti i generi, e tutto per causa delle sanzioni e dell'embargo, con la ruota dell'economia ancora ferma. E questo dà alla gente un senso di tristezza e di buio per il futuro, non sappiamo cosa ne sarà del nostro futuro. E così tanti ancora mirano al sogno occidentale e a scappare da qua e dalla fame.
D: A questo proposito, c'è un messaggio che si sente di lanciare in occasione di questo evento così importante per voi?
R. - Il mio messaggio è che, dato che la Chiesa rappresenta la comunità, una volta ricostruita la nostra cattedrale abbiamo tanta speranza di ricostruire anche la comunità, la diocesi intorno ad essa, e le stesse anime dei nostri fedeli, che spero traggano gioia da questo momento.
Posso lanciare un appello ai nostri fratelli nel mondo, di pregare per noi, perché la preghiera fa molto: è un fatto reale che va oltre l'umano. Lì è il Signore che agisce.
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