Ignorati per mesi dai media occidentali, i massacri delle brigate islamiste hanno fatto la loro comparsa anche sui media pro-ribelli. Essi denunciano esecuzioni sommarie, l'istituzione di tribunali islamici e massacri di sciiti. Tutti però sarebbero giustificati dall'odio contro Assad. Ad al-Qusair e Aleppo la popolazione accoglie l'esercito regolare.
AsiaNews - 17/06/2013
Esecuzioni sommarie, condanne per blasfemia e la cacciata di cristiani e sciiti dalle loro abitazioni. Sono alcuni degli atti compiuti dai tribunali del "Califfato dell'Iraq e del Levante", nome con cui al-Nousra e altre brigate ribelli islamiste hanno rinominato i territori siriani sotto il loro dominio.
In diversi quartieri di Aleppo, nelle città di al-Bab, Idlib e in altri villaggi controllati dai guerriglieri islamisti legati ad al-Qaeda vige già da un anno la sharia. Le corti islamiche hanno un'organizzazione capillare, non sono improvvisate. Le loro sentenze sono quotidiane e colpiscono in modo indiscriminato sunniti, cristiani, alawiti, sciiti e tutti coloro che non si conformano alle regole dell'islam wahabita.
Lo scorso 6 giugno nel quartiere popolare di Chaar, situato nella parte di Aleppo in mano alle brigate al-Nousra, un bambino di 14 anni è stato giustiziato perché avrebbe offeso il profeta. Il 12 giugno le brigate Sadeq al-Amin hanno assaltato il villaggio a maggioranza sciita di Hatlah, nella provincia di Deir Ezzor. Un video diffuso su Youtube dagli stessi islamisti, quasi tutti stranieri dal marcato accento nord- africano, mostra i guerriglieri di ritorno dalla missione mentre espongono i corpi degli uccisi. Essi li deridono definendoli "cani fedeli ad Assad" e dichiarano di voler uccidere tutti coloro che si contrappongono all'avanzata dell'islam. Lo scorso 13 giugno la popolazione di al-Bab (Aleppo) ha trovato nella locale moschea il corpo di un uomo con fori di proiettile alla testa e al collo. Secondo i residenti, la vittima era stata arrestata diversi mesi fa dalle milizie islamiste per un caso di furto e condannato a morte dal tribunale shariatico del villaggio.
A diffondere i report dei massacri è proprio l'Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione creata dai ribelli in esilio, a cui si deve la maggioranza delle informazioni sul conflitto siriano e la denuncia delle violenze compiute dal regime. Per quasi due anni l'Sohr ha riferito solo i casi di violenza compiuti dal regime contro i ribelli. I principali organi di informazione mondiali - con in testa Bbc, al-Jazeera e al-Arabya - hanno utilizzato come unica fonte le notizie riportate dall'organizzazione. In questi mesi diversi esperti e gli stessi siriani intervistati da AsiaNews hanno accusato i media occidentali e del Golfo di produrre informazioni "parziali". I recenti articoli mostrano un atteggiamento più imparziale. Tuttavia, per evitare di perdere consensi fra le milizie ribelli, l'Sohr continua a prendere le difese anche degli estremisti islamici. Nel caso di Hatlah, l'autore del resconto pubblicato dall'Osservatorio ci tiene a precisare che il villaggio si era schierato con il regime e ospitava nelle proprie abitazioni diversi contingenti armati. Il redattore dell'Sohr va a ripescare antiche divisioni sostenendo che "ai tempi di Hafez al-Assad, padre dell'attuale presidente, la popolazione locale avrebbe compiuto massacri contro i sunniti", giustificando in parte il massacro.
In un'intervista rilasciata ad AsiaNews lo scorso 28 maggio, Gregorio III Laham, patriarca cattolico di Antiochia, sosteneva che "il futuro della Siria non si può costruire attraverso la distruzione. Con la guerra non ci sono vincitori". Negli ultimi mesi di conflitto, il finanziamento indiscriminato della ribellione e il continuo ingresso di guerriglieri stranieri ha paradossalmente ridato nuova forza al regime, invece di smorzare il suo potere, dando un pretesto alle milizie sciite di Hezbollah per fare la loro chiamata alla guerra contro il nemico sunnita. La stessa popolazione siriana, compresi molti musulmani schierati contro il regime, hanno iniziato a denunciare la presenza dei guerriglieri stranieri nelle loro terre e li considerano dei terroristi. Ciò sta accadendo ad Al-Qusair, fra le prime città ad aderire alla ribellione contro Assad e per mesi roccaforte della ribellione, dove la popolazione ha denunciato la distruzione mirata di chiese e moschee perché considerati non in linea con l'islam radicale. Una situazione simile si vive anche ad Aleppo dove in diversi quartieri la gente ha accolto l'arrivo dell'esercito regolare.
Già nel novembre 2012, il quotidiano turco Hurryiet puntava il dito sull'estrema divisione dell'esercito ribelle siriano, avvertendo l'occidente sui rischi di un loro sostegno armato, avallato nei giorni scorsi dal presidente degli Stati Uniti Barak Obama e dai governi di Francia e Gran Bretagna. A tutt'oggi le milizie riconosciute sono circa 30, per un totale di oltre 100mila guerriglieri. Di queste solo tre fanno dichiaratamente parte del Free Syriam Army, il principale interlocutore della comunità internazionale. Le altre 27 sono legate ad Al-Qaeda o rispondono ad altri movimenti ideologici islamisti o politici.
Fonti di AsiaNews, spiegano "che il fine dei questi gruppi, non è solo la liberazione della Siria da Assad, ma diffondere con le armi l'islam radicale in tutto il Medio Oriente e conquistare Gerusalemme". Molti guerriglieri non parlano nemmeno l'arabo. Altri sono partiti da villaggi del Pakistan, Afghanistan, Somalia, Indonesia senza conoscere l'esatta ubicazione della Siria. Alcuni abitanti di un villaggio nei pressi di Aleppo hanno riferito che diversi guerriglieri, soprattutto i più giovani, sono stati reclutati con la falsa promessa di andare a liberare Gerusalemme". (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/I-massacri-degli-estremisti-islamici-rafforzano-Bashar-al-Assad-28219.html
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giovedì 20 giugno 2013
martedì 18 giugno 2013
Caro Papa, noi vogliamo essere uno di quei segni di speranza!
"Mamma, quando potremo tornare a casa? ". Fouad,
un piccolino di quattro anni, lancia
questa domanda a sua madre, poco prima di dire buona notte ...
E Lina, la mamma, passerà tutta la notte piangendo e ponendosi la stessa
domanda? Ma a chi rivolgerla ? Chi può o osa dare una risposta? Chi può
indicare una data? Eppure tra gli sfollati, le voci corrono in modo rapido e
vano. "Ci hanno detto due giorni ... Ci è stato detto in una settimana ...
Presto ...". Un PRESTO che diventa un mese, e poi un altro mese, e chissà quanti
altri?
Nell’ accompagnare le
famiglie sfollate, noi "Maristi Blu", continuiamo ad ascoltare
con il cuore le loro proteste, le loro preoccupazioni, le loro sofferenze ... e
non abbiamo altra risposta che la compassione . Siamo presenti . Ascoltiamo .
Cerchiamo di rendere la loro vita quanto accettabile possibile . Restiamo
disponibili ...
Nel momento in cui scrivo questa undicesima lettera , sono ormai
passati due mesi e mezzo da quando le
famiglie hanno lasciato le loro case nel quartiere di "Jabal el
Sayde" .
Le 300 famiglie che sosteniamo con il “Cesto della montagna”
(Jabal el Sallet) sono disperse nella città ... Alcuni alloggiano qui tra i Maristi, altri con i parenti , e
alcuni vagano da una casa all'altra. Penso a quella particolare famiglia di sette persone che ancora non ha trovato
una casa per riorganizzarsi ...: Papà dorme in un posto, la madre con alcuni
bambini presso un parente, una zia con gli altri bambini in altre parti ... No,
la guerra non è solamente una questione
di bombe, omicidi ... E’ una macchina che
distrugge la persona e la famiglia . E isola, separa, non crea legami.
Aleppo, si sveglia e si
addormenta sotto i colpi delle
esplosioni, le colonne di fumo, tutti segni
che dicono che la guerra è lì, vicino, vicino ...
Sul fronte della sicurezza, il mese scorso è stato
caratterizzato dal rapimento dei due Vescovi ortodossi che stavano viaggiando
per negoziare il rilascio di due sacerdoti , pure loro rapiti circa 3 mesi fa.
40 giorni dopo, non abbiamo notizie di loro. I sequestri creano una situazione di paura e ansia tra
molte persone che si vedono costrette a lasciare il Paese ...
Durante l’Angelus del 2 giugno 2013, Papa Francesco ha
espresso la sua "profonda preoccupazione" per il conflitto siriano e
le vittime in ostaggio. Ha fatto appello a "l'umanità dei rapitori"
in modo da liberare i rapiti.
Sul fronte economico,
il potere d'acquisto continua a diminuire. I prezzi sono lievitati e moltiplicati per due o tre. Cibo e beni di prima necessità
sono inaccessibili a molte persone. I dipendenti si rendono conto che il loro
reddito ha perso molto del suo valore. Un chilo di pane è passato in pochi mesi
da 15 lire siriane a 90 e anche 100 lire al chilo.
L'elettricità è
severamente razionata: 2-4 ore al giorno. L'acqua è fornita al momento.
Benzina, gas e petrolio sono prodotti rari e molto costosi. Alcuni farmaci sono
scarsi. Un focolaio di epatite si è diffuso. E con l'estate che si avvicina, si
teme l'insorgenza di malattie come il colera o la leishmaniosi.
Le persone sono ormai
tristemente rassegnate ...
Le famiglie che vivono presso i Maristi godono sempre dell'ospitalità
e dell'assistenza medica e psicologica necessaria. Riteniamo che dopo due mesi
di sfollamento, il bisogno di sicurezza e di speranza per il futuro è enorme.
Con queste 80 persone, si è venuto ad aggiungere un gruppo
di giovani ragazze del Baccalaureato (conclusione
formale della istruzione secondaria). In effetti, queste ragazze provengono da
una zona della città in cui non è possibile presentarsi agli esami. Le abbiamo accolte
e forniamo loro alloggio, pasti, e le
migliori condizioni per preparare e presentarsi agli esami .
Le 300 famiglie di sfollati in Jabal el Saydeh hanno ricevuto
questo mese 3 sostanziosi aiuti: un cesto di materiale igienico, vestiti e paniere
alimentare e scarpe nuove.
Ogni Lunedi, una
dozzina di famiglie di sfollati che alloggiano presso le scuole in Jabal el
Sayde e sono sparsi in città, vengono a ricevere cibo e materiale per l’
igiene su misura per le loro esigenze.
Sono particolarmente grati per il latte e pannolini ...
Qui dai Maristi Blu,
ci stiamo preparando per le attività estive per 50 adolescenti . Si tratta di un programma di
attività" SKILL SCHOOL" che permette ai giovani di incontrarsi e
sviluppare le proprie capacità. Un fratello e alcuni giovani animano questo
progetto.
I responsabili del
progetto "Imparare per crescere"
prevedono di continuare la loro attività per tutta l'estate. Anche in
questo caso, sono 40 bambini di età prescolare a beneficiare di questo
progetto.
Chiudo con le parole
del Papa all'Angelus del 2 giugno.
"Questa guerra travagliata porta con sé conseguenze
tragiche: la morte, la distruzione, danni economici e ambientali significativi,
ma anche la piaga dei rapimenti", ha detto nel fare appello a
"l'umanità dei rapitori di rilasciare loro le vittime. "
Assicurando la sua
"preghiera" e "solidarietà" per i rapiti e alle loro famiglie,
ha incoraggiato la folla a "pregare sempre per la nostra amata
Siria," dove la gente "vuole la pace nella giustizia e nella comprensione.
"
Il Papa, però, ha concluso con una nota positiva: "Ci
sono tante situazioni di conflitto nel mondo, ma ci sono anche molti segni di
speranza."
Noi, Maristi Blu, attraverso la nostra azione, vogliamo essere
uno di quei segni.
Frère Georges SABE . Per i Maristi Blu
GRANDI VOCI DI PACE PER LA SIRIA
LETTERA DEL PAPA A CAMERON
All’Onorevole David Cameron, MP
Primo Ministro
Sono lieto di rispondere alla sua cortese lettera del 5 giugno 2013, con cui ha voluto informarmi sull’agenda del Suo Governo per la Presidenza Britannica del G8 nell’anno 2013 e sul prossimo Summit, previsto Lough Erne, nei giorni 17 e 18 giugno 2013, intitolato “A G8 meeting that goes back to first principles”.
Affinché tale tema abbia il suo più ampio e profondo significato, occorre assicurare ad ogni attività politica ed economica nazionale ed internazionale un riferimento all’uomo. Infatti, dette attività devono, da una parte, consentire la massima espressione della libertà e della creatività individuale e collettiva e, dall’altra, promuovere e garantire che esse si esercitino sempre responsabilmente e nel senso della solidarietà, con una particolare attenzione ai più poveri.
Le priorità che la Presidenza britannica ha fissato per il Summit di Lough Erne riguardano soprattutto il libero commercio internazionale, il fisco, la trasparenza dei governi e degli agenti economici. Non manca, comunque, un’attenzione fondamentale all’uomo, concretizzata nella proposta di un’azione concertata del Gruppo per eliminare definitivamente il flagello della fame e per garantire la sicurezza alimentare.
Parimenti, è segno di attenzione per la persona umana il fatto che uno dei temi centrali dell’agenda sia la protezione delle donne e dei bambini dalla violenza sessuale in situazioni di conflitto, anche se occorre non dimenticare che il contesto indispensabile per lo sviluppo di tutte le accennate azioni politiche è quello della pace internazionale.
Purtroppo, la preoccupazione per le gravi crisi internazionali non manca mai nelle delibere del G8, e quest’anno non si potrà non considerare con attenzione la situazione nel Medio Oriente e, particolarmente, in Siria. Per quest’ultima auspico che il Summit contribuisca ad ottenere un cessate il fuoco immediato e duraturo, e a portare tutte le parti in conflitto al tavolo dei negoziati. La pace esige una lungimirante rinuncia ad alcune pretese, per costruire insieme una pace più equa e giusta. Inoltre, la pace è un requisito indispensabile per la protezione delle donne, dei bambini e delle altre vittime innocenti, e per cominciare a debellare la fame, specialmente tra le vittime della guerra.
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Dal Vaticano, 15 giugno 2013
ROACO: 86ª ASSEMBLEA. IL CUSTODE P. PIZZABALLA : "quando due elefanti litigano chi soffre è l’erba”
Si è aperta oggi (fino al 20 giugno) l’86ª Assemblea della Roaco (Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali), sul tema “La situazione dei Cristiani e delle Chiese in Egitto, Iraq, Siria e in Terra Santa”. A preoccupare in modo particolare i partecipanti all’assemblea, tra cui il Patriarca copto-cattolico, Ibrahim Isaac Sidrak, e quello caldeo di Baghdad, Raphael I Sako, è certamente la difficile situazione in Siria, sulla quale riferirà il Nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari. Interpellato dal Sir il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa conferma che nel corso dei lavori si cercherà “di trovare forme concrete e soprattutto coordinate di aiuto per la popolazione cristiana siriana”.
“In Siria – aggiunge il Custode che è costantemente in contatto con i suoi frati nel Paese – la situazione varia di zona in zona. Alla Roaco ascolteremo la testimonianza di padre Hanna che viene dai villaggi del nord che sono sotto i ribelli. Una certa quiete che si registra, almeno in apparenza, adesso potrebbe preludere a chissà quale ennesima tempesta. Sulla Siria sarà interessante capire che cosa si dirà al G8 in Irlanda. Speriamo che non emergano volontà di armare le due parti in conflitto. La Siria è diventata un campo di battaglia in cui si scontrano forze internazionali e non solo locali e in cui a pagare il prezzo più alto è il popolo inerme.
C’è un detto africano – conclude padre Pizzaballa – che dice che quando due elefanti litigano chi soffre è l’erba”. Ai lavori della Roaco si parlerà anche di Terra Santa, con la presenza del Delegato apostolico a Gerusalemme, mons. Giuseppe Lazzarotto. Giovedì 20 giugno Papa Francesco riceverà in udienza i membri della Roaco.
http://www.agensir.eu/ita/viewArticolo.jsp?id=0&url=http%3A%2F%2Fwww.agensir.it%2Fpls%2Fsir%2Fv4_s2doc_b.rss%3Fid_oggetto%3D264183%23264183&stit=Quotidiano|ROACO%3A+86%26%23170%3B+ASSEMBLEA.+P.+PIZZABALLA+%28CUSTODE%29%2C+%22AIUTO+COORDINATO+PER+LA+SIRIA%22
“Non abbiamo notizie dei nostri due confratelli vescovi e nemmeno dei due sacerdoti. Il tempo trascorre e non sappiamo più cosa pensare”. A smorzare un certo ottimismo che si era diffuso nei giorni scorsi sulla sorte dei due prelati ortodossi rapiti il 22 aprile in Siria è mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco melkita di Aleppo. “Non abbiamo più notizie di Boulos al-Yazigi, arcivescovo greco ortodosso di Aleppo e Iskenderun e di Youhanna Ibrahim, metropolita siro-ortodosso di Aleppo - riferisce all'agenzia Sir - non sappiamo come evolverà la situazione, se le trattative vanno avanti, e lo stesso vale per i due sacerdoti da mesi nelle mani dei rapitori. Ad Aleppo la situazione sembra, almeno in apparenza più tranquilla, ma nessuno sa cosa si prepara per tutti noi”. Da mons. Jeanbart una “certa speranza” potrebbe arrivare dal G8 a Lough Erne, in Irlanda del Nord dominato dal dossier Siria. Sul martoriato Paese mediorientale è arrivato anche l’appello di Papa Francesco, che ha scritto una lettera al premier David Cameron, padrone di casa del Summit, “auspicando un cessate il fuoco” e la ripresa dei negoziati. “Speriamo - dice l’arcivescovo melkita facendo proprio l’appello del Pontefice - che dal G8 si possa sapere qualcosa di più sul futuro del nostro Paese soprattutto in chiave di soluzioni pacifiche. L’appello del Papa ci conforta e ci dona forza di credere in un futuro non di morte. La soluzione negoziale è l’unica praticabile. - ribadisce mons. Jeanbart - Al G8 dico che abbiamo bisogno di dialogo e non di armi. Dovesse permanere una situazione come quella attuale a rischio non sarebbe solo la Siria ma tutta la regione, e con essa la libertà, la convivenza e la tutela delle minoranze”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/18/Siria.%20L'arcivescovo%20di%20Aleppo%20al%20G8%3A%20%22c'%C3%A8%20bisogno%20di%20dialogo%20e%20no/it1-702497
del sito Radio Vaticana
L'arcivescovo di Aleppo al G8: "c'è bisogno di dialogo e non di armi"
“Non abbiamo notizie dei nostri due confratelli vescovi e nemmeno dei due sacerdoti. Il tempo trascorre e non sappiamo più cosa pensare”. A smorzare un certo ottimismo che si era diffuso nei giorni scorsi sulla sorte dei due prelati ortodossi rapiti il 22 aprile in Siria è mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco melkita di Aleppo. “Non abbiamo più notizie di Boulos al-Yazigi, arcivescovo greco ortodosso di Aleppo e Iskenderun e di Youhanna Ibrahim, metropolita siro-ortodosso di Aleppo - riferisce all'agenzia Sir - non sappiamo come evolverà la situazione, se le trattative vanno avanti, e lo stesso vale per i due sacerdoti da mesi nelle mani dei rapitori. Ad Aleppo la situazione sembra, almeno in apparenza più tranquilla, ma nessuno sa cosa si prepara per tutti noi”. Da mons. Jeanbart una “certa speranza” potrebbe arrivare dal G8 a Lough Erne, in Irlanda del Nord dominato dal dossier Siria. Sul martoriato Paese mediorientale è arrivato anche l’appello di Papa Francesco, che ha scritto una lettera al premier David Cameron, padrone di casa del Summit, “auspicando un cessate il fuoco” e la ripresa dei negoziati. “Speriamo - dice l’arcivescovo melkita facendo proprio l’appello del Pontefice - che dal G8 si possa sapere qualcosa di più sul futuro del nostro Paese soprattutto in chiave di soluzioni pacifiche. L’appello del Papa ci conforta e ci dona forza di credere in un futuro non di morte. La soluzione negoziale è l’unica praticabile. - ribadisce mons. Jeanbart - Al G8 dico che abbiamo bisogno di dialogo e non di armi. Dovesse permanere una situazione come quella attuale a rischio non sarebbe solo la Siria ma tutta la regione, e con essa la libertà, la convivenza e la tutela delle minoranze”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/18/Siria.%20L'arcivescovo%20di%20Aleppo%20al%20G8%3A%20%22c'%C3%A8%20bisogno%20di%20dialogo%20e%20no/it1-702497
del sito Radio Vaticana
domenica 16 giugno 2013
Patriarca Twal: «Siamo la Chiesa del calvario. Siria? Meglio vivere sotto un dittatore che cambiare al prezzo di 80 mila morti»
Intervista al patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal: il conflitto in Siria, il processo di pace tra israeliani e palestinesi e il dramma dei cristiani in Medio Oriente
Tempi, 8 giugno 2013
- di Leone Grotti
Patriarca, che cosa significa che la Chiesa di Gerusalemme è la Chiesa del calvario?
La mia Chiesa è la Chiesa della croce, della sofferenza, dell’occupazione, dell’emigrazione dei cristiani, della libertà che manca a tutti i cristiani del Medio Oriente di venire qui e pregare. Ma se pensiamo a Iraq, Siria ed Egitto vediamo che da due o tre anni tutto il Medio Oriente è la Chiesa del calvario, il calvario della violenza.
A inizio anno ha lanciato questa provocazione: «Se anche la Giordania diventa instabile, dove andremo, in Arabia Saudita?».
Grazie a Dio adesso non dobbiamo aver paura di una cosa che non è successa e spero non succederà mai. Sono stato da poco in Giordania: anche se non al cento per cento, è l’unico paese del Medio Oriente dove c’è stabilità politica e psicologica. Anche le famiglie sono più serene, abbiamo superato la crisi, la paura. Non a caso nel nostro seminario il numero più grande di seminaristi viene proprio dalla Giordania. Ma vorrei sottolineare anche un’altra cosa.
Il 30 maggio scorso, alla presenza del governo, di diversi ambasciatori e del re di Giordania Abd Allah II, con gioia e orgoglio abbiamo inaugurato in modo solenne l’università di Madaba, benedetta da papa Benedetto XVI tre anni fa. L’università funziona da due anni, è cattolica, appartiene al patriarcato, però ha un cuore grande ed è aperta a tutti. Abbiamo studenti da tutto il Golfo: Arabia Saudita, Oman, Iraq, Siria, Giordania, Israele e Palestina. In Giordania oggi tutti possono arrivare senza limitazioni, è l’unico paese così rimasto in Medio Oriente.
Oggi la situazione più grave la vive sicuramente la Siria. È preoccupato per la sorte dei cristiani?
Non sono preoccupato solo per i cristiani ma per tutti gli abitanti della Siria. I cristiani infatti sono parte integrante della popolazione. Che la Siria abbia bisogno di riforme è vero, anche noi ne abbiamo, ma passare dall’esigenza delle riforme alla distruzione di tutto il paese perché alcuni vogliono il cambiamento, questa è un’altra cosa e noi capi religiosi del Medio Oriente non siamo d’accordo.
Ma in Siria c’è un regime.
Tra vivere con un regime imperfetto, dittatoriale e cercare di cambiarlo facendo 80 mila morti e un milione e mezzo di rifugiati, ebbene, io preferisco vivere con un regime imperfetto e con un dittatore. Non si possono accettare 80 mila morti e milioni di rifugiati per il gusto di cambiare. Tutto l’Occidente e l’America hanno vissuto per anni con regimi che non erano certo esemplari. E ancora oggi si convive e si collabora con tante dittature che non rispettano al cento per cento i valori di libertà e dignità che l’Occidente proclama. Ma io provo pena nel vedere 800 mila rifugiati in Giordania che vivono dell’elemosina del mondo intero. Ecco perché ringrazio la solidarietà mondiale, quella italiana e quella americana, quella musulmana del Golfo e quella della Caritas, ma preferirei avere evitato il problema e non avere bisogno oggi di ringraziare per questi aiuti.
In Siria da oltre un mese sono stati rapiti due vescovi ortodossi. Avete qualche notizia?
Non abbiamo nessuna notizia. Durante il regime di Assad padre e Assad figlio non avevamo mai avuto vescovi sequestrati. Ma ora c’è il cambiamento, ora vogliamo migliorare e il risultato è che succedono questi fatti tristi.
Non si fida dei ribelli che combattono contro Assad?
Tutti gli estremisti musulmani della Giordania, di cui tanto abbiamo paura, si sono trasferiti in Siria. Per me è il colmo vedere che ora collaboriamo con loro, lo ripeto: è il colmo. L’Europa, che professa valori di prima classe, come può arrivare a un punto tale di collaborazione con gente che fa paura a loro stessi, fa paura ai loro popoli, fa paura ai nostri regimi arabi e fa paura anche a voi italiani, che tanto temete l’estremismo religioso?
In Europa, soprattutto Francia e Regno Unito vorrebbero armare i ribelli e rafforzarli per sconfiggere Assad.
Ottantamila morti non ci bastano? Vogliamo ancora più vittime e distruzione per cambiare questo famoso regime di Assad? Bene, inviamo le armi ai ribelli e avremo la certezza che i morti aumenteranno. Mettiamo però sulla bilancia il prezzo che stiamo pagando con i risultati.
Se il risultato fosse la fine della guerra civile?
E che cosa viene dopo? Cosa succederà dopo? Prendiamo l’Iraq, ci soddisfa la sua situazione oggi? Abbiamo davanti agli occhi l’esempio della Libia, dell’Egitto, abbiamo tanti esempi, non dobbiamo essere ciechi. Chi viene dopo da meritare così tanti sacrifici, tutte queste vite distrutte, tutto il paese distrutto? Per chi, per che cosa? Facciamo un bilancio. Se ne vale la pena, allora ringraziamo il Signore, altrimenti chiediamoci dove ci porta questa avventura. Noi sappiamo bene come si comincia una guerra ma non sappiamo come andrà a finire. Se uno mi dicesse: dopo il cambiamento, voi cristiani e patriarchi avrete queste e queste cose che non avete mai avuto con Assad. Allora forse daremmo la nostra benedizione, ma noi non sappiamo dove andiamo. Come posso oggi benedire tanti massacri e tanti morti?
foto di Guillaume Briquet |
(sospira) Una volta un ministro italiano di cui non voglio fare il nome anni fa è venuto da me e mi ha detto: “Stiamo per far rivivere il processo di pace”. Io gli ho risposto: “Onorevole, mi chiedo perché non andiate mai direttamente alla pace”. Sono 50 anni che procediamo ma non siamo arrivati a niente. Io ringrazio Kerry, ringrazio i partner israeliani e palestinesi, noi appoggiamo tutto e speriamo. Però ci siamo stancati di processi, processi, processi. Io prego di sbagliarmi ma ho paura che non ci sia una buona volontà politica di fare la pace. Entrambi i popoli hanno il desiderio della pace, ma c’è tanta paura e sfiducia. E anch’io ho paura.
Qual è la priorità oggi per la Chiesa di Gerusalemme?
Vivere in pace, lavorare in pace, fare del bene in pace, far vivere le nostre istituzioni in pace, lasciarci lavorare per il bene di tutti. In pace.
Avete ancora speranza nella fine del calvario?
Essere la Chiesa del calvario significa anche essere la Chiesa della resurrezione, della speranza, della gioia di vivere, della collaborazione, del lavoro e del dialogo con tutti per arrivare alle soluzioni migliori. Con più giustizia, serenità e pace per tutti. Ringrazi da parte mia l’Italia, perché da voi il governo, il popolo e la Chiesa sono sempre stati vicini alla Terra Santa e a tutti i suoi abitanti. Continuate a dire la verità.
http://www.tempi.it/fouad-twal-siamo-la-chiesa-del-calvario-siria-meglio-vivere-sotto-un-dittatore-che-cambiare-al-prezzo-di-80-mila-morti#.UbTtA21H45s
ULTIMA ORA: Appello del Papa per la Siria: nella lettera a Cameron presidente di turno del G8
Il summit del G8 lavori per un cessate il fuoco immediato in Siria e per l’avvio di negoziati: così Papa Francesco in una lettera di risposta al Primo ministro inglese David Cameron che il 5 giugno scorso aveva scritto al Santo Padre in vista del Summit del G8 a Lough Erne, in Irlanda del Nord, in programma domani e martedì 18.
....
leggi su
http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/16/appello_del_papa_per_la_siria:_nella_lettera_a_cameron_presidente_d/it1-702066
del sito Radio Vaticana
sabato 15 giugno 2013
I cristiani tornano ad al-Qusair: Uniti ai musulmani per la riconciliazione
Circa 3mila cristiani risiedevano da mesi nei villaggi limitrofi. Le prime famiglie sono giunte in città poco dopo la cacciata degli estremisti islamici da parte del regime. Gli stessi musulmani accusano i ribelli di aver fomentato l'odio settario in Siria. Insieme al santuario di S. Elia distrutta anche la locale moschea.
AsiaNews - 12/06/2013
Al-Qusair - Fuggiti nei villaggi limitrofi e nella capitale Damasco, i cristiani di al-Qusair ritornano nelle loro abitazioni dopo quasi due anni. Molti hanno perso tutto, altri hanno già iniziato a togliere le macerie dalle stanze, ricostruire i tetti, riportando alla vita una città che negli ultimi mesi aveva perso oltre il 90% della sua popolazione passando da 30mila abitanti a 500.
Fonti di AsiaNews spiegano che nel 2011 oltre 3mila cristiani hanno abbandonato la città rifugiandosi da parenti e amici. In questi mesi gli unici abitanti non musulmani erano due anziani cattolici, marito e moglie. "La coppia - affermano - non sapeva dove fuggire. L'unica figlia è una religiosa melchita, che risiede all'estero. Essi sono stati aiutati dai loro vicini musulmani".
Le notizie comparse sui media descrivono la Siria come un luogo devastato dal conflitto fra sciiti e sunniti che ha colpito anche i cristiani. Tuttavia, per le fonti il Paese è stato devastato da forze esterne, che hanno sfruttato l'instabilità e le rivolte pacifiche iniziate nel 2011 per portare avanti le loro agende politiche e ideologiche. Esse sono culminate con l'intervento di Hezbollah, movimento paramilitare sciita libanese, a fianco dell'esercito siriano.
Situata al confine con il Libano, al-Qusair è stata una delle prime città a organizzare manifestazioni pro-democrazia contro il regime di Assad e in seguito a costituire un comitato cittadino per evitare lo scontro fra fazioni religiose. "Tali comitati - continuano le fonti di AsiaNews - hanno salvato diversi villaggi e città, preservandole dall'ondata di estremismo islamico che sta distruggendo in questi mesi Aleppo e altri centri del Paese". "Ad al-Qusair - spiegano - chiese e moschee sono state costruite l'una accanto all'altra". Un esempio è il santuario di S. Elia, profanato di recente dagli islamisti stranieri, dopo essere sopravvissuto allo scontro armato fra ribelli locali ed esercito, che hanno sempre avuto rispetto degli edifici di culto.
Lo scempio compiuto dalle milizie di al-Nousra, che ha fra i suoi ranghi combattenti di 15 nazioni diverse, ha suscitato l'ira della popolazione. Intervistato da Reuters, Osama Hassan, impiegato statale musulmano afferma: "Per me è stato 'un grande shock' vedere profanato il santuario di S. Elia. Noi musulmani consideriamo le chiese un luogo sacro di cui bisogna avere rispetto". Hassan racconta che i ribelli hanno fatto saltare in aria anche il minareto della vicina moschea. Per gli abitanti sono i guerriglieri islamisti ad aver fomentato le differenze settarie fra la popolazione, composta da musulmani, sunniti e sciiti, e cristiani. Un residente sunnita afferma che anche il cimitero parla di questa condivisione e rispetto reciproco: "Le tombe di cristiani e musulmani sono situate le une di fronte alle altre. Noi siamo sempre stati uniti". (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/I-cristiani-tornano-ad-al-Qusair:-Uniti-ai-musulmani-per-la-riconciliazione-28179.html
Sacerdote a Homs racconta i dettagli dell’ Horror siriano
Zenit.org, 14 giugno 2013
Un sacerdote che lavora nella città devastata di Homs in
Siria ha dato un resoconto di alcuni degli orrori che ha di fronte ogni giorno.
Il sacerdote, che non può essere nominato, ha inviato una
relazione al soccorso di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che sta sostenendo i siriani
con un pacchetto di aiuti di £ 25.450 (€ 30.000) per un centro di Homs, oltre a
£ 42.450 (€ 50.000 ) dati l'anno scorso.
Il rapporto dettaglia gli sforzi del prete di fornire
prodotti alimentari di base, riparo e medicine per più di 30.000 persone in
fuga da violenze, tra esplosioni di autobombe
in corso e altre violenze.
Egli continua a dar conto delle "numerose
esplosioni" della scorsa settimana nel suo quartiere di Homs, una delle
quali ha avuto luogo molto vicino alla sua chiesa.
L'autobomba ha lasciato 11 morti, di cui cinque erano suoi parrocchiani.
Un'esplosione in precedenza ha causato la morte di un ragazzino di 10 anni dal centro della comunità cattolica vicino
alla sua chiesa. Altri tre bambini sono rimasti feriti.
Nella sua relazione, il sacerdote rende omaggio a un prete
gesuita e a 74 altri cristiani che vivono in un "assedio come modalità"
a Homs nell'antica Città Vecchia, dove molte chiese storiche, moschee e altri
edifici sono in rovina, dopo aspri combattimenti.
Di fronte a una carenza di cibo e medicine, il gesuita e il
suo gregge si affidano a pacchi di aiuti che vengono inviati a loro.
Descrivendo la vita del gesuita e del suo piccolo popolo
cristiano, il sacerdote scrive che la gente continua ad aggrapparsi alla
speranza, nonostante le difficoltà.
Egli ha detto: "Abbiamo una grande speranza. Le Chiese
suonano ancora le campane per la preghiera e tutte le persone vengono a
condividere la Messa "
Citando Papa Francesco, egli scrive: "Nessuno ci può
rubare la nostra speranza e la gioia."
(14 giugno 2013) © Innovative Media Inc.
venerdì 14 giugno 2013
Lettera a Paolo Dall’Oglio
Il post dal titolo Il ribelle Dall'Oglio continua a suscitare reazioni di diverso segno.
Da parte nostra evidenziamo il commento di una lettrice che ci è sembrato particolarmente pertinente:
Una cosa in particolare mi lascia perplessa. Il Sig. Dall’Oglio parla di dovere morale di un intervento armato. Ma di quale morale sta parlando ? Non quella cattolica, dato che il Papa ( e non solo questo Papa) da tempo chiede di finirla con la logica delle armi e favorire le soluzioni politiche e l’autodeterminazione dei Siriani. Lo chiedeva recentemente anche il rappresentante della Santa Sede all’ONU, così ho letto su un articolo riportato da questo blog.
Non entro nel merito della questione in sé, ma mi fa specie che questa posizione sia proposta da un sacerdote, da un gesuita. Questa non è materia di infallibilità, è vero. Ma un gesuita non dovrebbe cercare di essere in sintonia col Papa?
Sarebbe più onesto mi pare presentare queste tesi senza clargyman.
E poi: da un anno e mezzo chiede questa soluzione ? Ciò mi fa pensare che in tutto questo tempo dall’Oglio sia rimasto chiuso a qualunque evoluzione possibile della situazione, a qualunque sforzo di chicchessia che non entrasse nella sua prospettiva. Più che dialogo, sembra ricerca del proprio progetto. Atteggiamenti così non aiutano a costruire una libertà condivisa.
Alessandra
Riceviamo e pubblichiamo la lettera che scrive al Padre un cristiano di Damasco
A Paolo Dall’Oglio
Non so come chiamarti, ti chiamo Padre? Non so. Perché ,
secondo me il prete è un uomo che ha
messo la sua vita al servizio della pace, dell’amore, e della riconciliazione.
O ti chiamo Monaco? Pure non so, perché secondo me il Monaco è un uomo ascetico, cerca il volto di Dio negli altri.
Secondo me, e secondo tanti altri siriani, in particolare
i Cristiani della Siria, non sei più un uomo di Dio. Ma sai perché?
1- perché stai
cercando la tua gloria
terrena, non altro.
2- perché hai
cambiato la tua vocazione da uomo di
pace, ad un uomo che chiama alla guerra.
3- invece di cercare di trovare una soluzione pacifica
della crisi siriana, hai iniziato a concentrarti ed a mettere tutta la tua energia
per portare l’intervento Nato ed armare i ribelli che tu chiami Partigiani, perché i cannibali sono
diventati partigiani, secondo te.
Per tutto questo, noi cristiani della Siria, crediamo che
Gesù Cristo è Dio di pace non di guerra, è Dio di amore non di odio, Dio di gioia non Dio
che ama il sangue.
Basta accusare gli
altri religiosi cristiani della Siria che “sono disonesti e sono stati creati
dal regime” .. Non giudicate per non
essere giudicati!
Basta dire che sei l’unico religioso che alza la sua voce contro il regime! . Ma non sei stato per più di 30 anni sotto la protezione del regime?
Basta dire che sei l’unico religioso che alza la sua voce contro il regime! . Ma non sei stato per più di 30 anni sotto la protezione del regime?
- Paolo, te lo dico con tanto dispiacere: hai perso tutti i tuoi
punti, hai perso, e lo dico con tanta
amarezza, l’amore della maggioranza Cristiana.
- Secondo te l’intervento della Nato è la migliore uscita dei siriani?
- Bombardare le città principali (Damasco-Homs-Tartus-Lattakia-Aleppo)
dove vive il maggior numero dei
cristiani con questo intervento che invochi, è la soluzione migliore?
Vuoi distruggere quello che è rimasto della Siria?
Ti ho conosciuto da tanti anni, dal 1988, avevo in quel
tempo 18 anni. All’inizio mi piacevano tantissimo le tue nuove idee sulle
religioni. Mi piaceva la tua apertura verso gli altri, il tuo modo di fare, la
fondazione di Mar Musa…
Allora, Paolo, ti prego: Abbi pietà del popolo siriano, particolarmente dei cristiani rimasti, e non commerciare col loro sangue, perché NOI NON
TI ABBIAMO NOMINATO DELEGATO O PORTAVOCE
DEI CRISTIANI DELLA SIRIA.
Ti prego, torna alla via recta, ascolta la tua coscienza Cristiana che chiama all’amore e
alla pace.
Tieniti lontano
dalle idee Jihadiste estremiste, e lascia i salafiti ed i fratelli musulmani, …
o vorresti essere uno di loro?
Il tuo fratello in Cristo.
Samaan
Daoud
giovedì 13 giugno 2013
“In Siria caos e macerie. Uniti al Papa chiediamo il dialogo”
Agenzia Fides, 3/6/2013
Aleppo – “Vediamo solo caos e distruzione in un conflitto che è tutti contro tutti. In un paese sfigurato, con la popolazione civile condotta al macello, l’appello di Papa Francesco richiama al dialogo e alla riconciliazione. Urgono passi concreti e speriamo che la Conferenza di Ginevra sia la svolta per una soluzione politica al conflitto siriano”: lo dice all’Agenzia Fides S. Ecc. Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo Metropolita di Aleppo per i Greco-cattolici (melkiti).
L’Arcivescovo esprime riconoscenza al Papa per le parole espresse all’Angelus del 2 giugno, affermando che danno “consolazione e speranza”. Il papa ha ricordato “la tormentata situazione di guerra, morte, distruzione, ingenti danni economici e ambientali, come anche la piaga dei sequestri di persona”, assicurando “preghiera e solidarietà” e appellandosi “all’umanità dei sequestratori affinché liberino le vittime”.
Mons. Jeanbart esprime tutta la sua preoccupazione e tristezza “nel vedere un paese ridotto in macerie”, e “nell’assistere a violenze, uccisioni terribili di civili e di bambini, sequestri, che sfregiano il volto del popolo siriano”, in una sorta di “degrado della stessa umanità”.
Sui due vescovi (il siro-ortodosso Gregorio Yohanna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi) ancora sotto sequestro, e sui due preti rapiti dal febbraio scorso (l’armeno cattolico Michel Kayyal e il greco ortodosso e Maher Mahfouz ), l’Arcivescovo dice: “Non ci sono novità, non si sa nulla e questo è segno del caos che regna. I sequestrati sono persone che facevano opere umanitarie, aiutando la gente a vivere in questa tragica situazione. E’ molto preoccupante. Dove andremo a finire?”
Di fronte a un sofferenza immane, “il nostro timore è che i fedeli cristiani continuino a lasciare il paese, in cerca di una vita dignitosa”. “Si soffre per mancanza di merce, combustibili, elettricità, a volte di cibo. Ma quello che ci fa soffrire di più è vedere che il futuro diventa sempre più scuro. Il futuro per noi cristiani e per tutti i siriani – precisa – non può che essere basato sulla piena cittadinanza, sulla libertà, sulla dignità e sul rispetto dell’altro. Altrimenti cosa ci accadrà?”
La Siria è “una terra santa che ha visto la nascita della Chiesa universale. L’appello del Papa è prezioso – spiega mons. Jeanbart – perché richiama il mondo intero a fare qualcosa per noi. Auspichiamo che la imminente Conferenza di Ginevra riesca ad aprire un reale spiraglio di pace, a offrire un’apertura reale verso il dialogo e verso una soluzione politica”.
Ieri nelle chiese siriane e nelle comunità della diaspora, “abbiamo pregato con il Papa nell’ora di Adorazione Eucaristica, un momento importantissimo per affidare a Dio la Siria e invocare la pace”, riferisce l’Arcivescovo.
http://www.fides.org/it/news/52917-ASIA_SIRIA_Arcivescovo_melkita_di_Aleppo_In_Siria_caos_e_macerie_Uniti_al_Papa_chiediamo_il_dialogo#.Ua2eA21H45s
Il Metropolita siro ortodosso Roham: il popolo soffre anche dove non si combatte
Agenzia Fides 23/05/2013
Le aree extraurbane della Siria settentrionale “sono per lo più controllate da diversi gruppi di insorti”. L'esercito governativo ha abbandonato le zone rurali, per concentrare la sua presenza sulle città di Hassakè e Kamishly. “Ma le persone in queste due città hanno una gran paura che i combattimenti possano iniziare da un momento all'altro. In quel caso, un gran numero di bambini, ragazze, donne e anziani attraverserà il confine con la Turchia”.
Così Eustathius Matta Roham, Metropolita siro ortodosso di Jazirah e Eufrate, descrive la situazione d'allarme permanente vissuto dalle popolazioni siriane nel governatorato nord orientale di Hassakè, confinante con Turchia e Iraq.
In un resoconto inviato all'Agenzia Fides, il Metropolita siro ortodosso conferma che nella città di Ras al-Ayn le chiese e tutti i simboli cristiani sono stati distrutti, e riferisce che nell'area il conflitto militare sta vivendo al momento una fase di stallo, ma tutta la popolazione soffre per collasso delle attività economiche e per la carenza di beni primari che ha fatto più che decuplicare i prezzi. “Prosegue la prassi sistematica dei rapimenti” spiega S. E. Roham “e si registra un flusso permanente di persone in fuga verso la Turchia”.
Sabato 18 maggio il Metropolita Roham ha incontrato a Monaco di Baviera rappresentanti di organizzazioni caritative cristiane per valutare con loro i programmi di soccorso a favore delle popolazioni siriane. L'incontro fa parte di una missione in Europa che S. E. Roham sta realizzando su mandato del Patriarca siro ortodosso Ignatius Zakka I Iwas, anche per accertarsi della condizione in cui vivono i rifugiati siriani che hanno raggiunto la Grecia.
Le aree extraurbane della Siria settentrionale “sono per lo più controllate da diversi gruppi di insorti”. L'esercito governativo ha abbandonato le zone rurali, per concentrare la sua presenza sulle città di Hassakè e Kamishly. “Ma le persone in queste due città hanno una gran paura che i combattimenti possano iniziare da un momento all'altro. In quel caso, un gran numero di bambini, ragazze, donne e anziani attraverserà il confine con la Turchia”.
Così Eustathius Matta Roham, Metropolita siro ortodosso di Jazirah e Eufrate, descrive la situazione d'allarme permanente vissuto dalle popolazioni siriane nel governatorato nord orientale di Hassakè, confinante con Turchia e Iraq.
In un resoconto inviato all'Agenzia Fides, il Metropolita siro ortodosso conferma che nella città di Ras al-Ayn le chiese e tutti i simboli cristiani sono stati distrutti, e riferisce che nell'area il conflitto militare sta vivendo al momento una fase di stallo, ma tutta la popolazione soffre per collasso delle attività economiche e per la carenza di beni primari che ha fatto più che decuplicare i prezzi. “Prosegue la prassi sistematica dei rapimenti” spiega S. E. Roham “e si registra un flusso permanente di persone in fuga verso la Turchia”.
Sabato 18 maggio il Metropolita Roham ha incontrato a Monaco di Baviera rappresentanti di organizzazioni caritative cristiane per valutare con loro i programmi di soccorso a favore delle popolazioni siriane. L'incontro fa parte di una missione in Europa che S. E. Roham sta realizzando su mandato del Patriarca siro ortodosso Ignatius Zakka I Iwas, anche per accertarsi della condizione in cui vivono i rifugiati siriani che hanno raggiunto la Grecia.
MA, MENTRE IL POPOLO SOFFOCA PER LE SANZIONI...
Siria: Usa revocano sanzioni commerciali ai ribelli
Washington, 12 giu. - In attesa che si decida l'eventuale invio di armi ai ribelli, intanto gli Stati Uniti hanno revocato le sanzioni economiche contro le forze dell'opposizione per fornire aiuti alle 'aree liberate' dal contro del regime siriano. Le misure, annunciate dal dipartimento di Stato e dal Tesoro consentiranno alle societa' americane di fornire tecnologia software, mezzi per la ricostruzioni edile e generatori di elettricita', cosi' come prodotti alimentari all'opposizione. Quest'ultima potra' acquistare questo materiale con il petrolio estratto nelle aree che controlla. .http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/nazionale/news-dettaglio/4358557
martedì 11 giugno 2013
Sulle chiese di Al-Qusair i segni della guerra contro Assad e dell'odio religioso dei ribelli
Dopo un anno di assedio la città è ridotta a un villaggio di 500 abitanti. Case e abitazioni sono ormai un cumulo di macerie. Fuggiti tutti i 3mila cristiani che per secoli hanno convissuto con i musulmani. Il monastero di S. Elia dissacrato dalle milizie islamiste.
AsiaNews - 07/06/2013
La battaglia fra ribelli ed esercito per la conquista di Al-Qusair ha distrutto la città, ridotta ormai a un cumulo di macerie. Dei 30mila abitanti, di cui 3mila cristiani, presenti prima dell'inizio della guerra civile, solo 500 restano nelle proprie abitazioni. Dalle immagini diffuse dalla Bbc le vie appaiono deserte. La maggior parte delle case e degli edifici pubblici sono crollati sotto i colpi di mortaio, o sono stati trasformati in depositi di armi dalle milizie anti-Assad, che per oltre un anno hanno occupato la città.
L'assedio non ha risparmiato nemmeno moschee e chiese, per secoli esempio della convivenza pacifica fra musulmani e cristiani. Diversi edifici ortodossi sarebbero state dissacrati dagli stessi ribelli islamici durante la loro permanenza, come confermano alcuni testimoni a Lyse Doucet, inviata della Bbc e prima giornalista straniera ad essere entrata ad Al-Qusair. La corrispondente dell'emittente britannica descrive lo stato di abbandono del piccolo monastero greco-ortodosso di S. Elia, simbolo della comunità cristiana locale. In questi mesi i ribelli si sono accaniti contro l'edificio, che appare crivellato di colpi di artiglieria. Sul pavimento giacciono sparsi decine di oggetti di culto. Alle pareti sono ancora appese alcune icone e statue, ma la maggior parte risulta sfregiata e mutilata, segno di una distruzione pianificata e non casuale.
Intervistato da AsiaNews, p. Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano, spiega che da oltre un anno non si hanno notizie della comunità cristiana di Al-Qusair. "La maggior parte di loro - afferma - è fuggita quando la città è caduta in mano ai ribelli nel 2012. A differenza dei musulmani, pochi cristiani hanno varcato il confine con il Libano. La maggior parte delle famiglie ha preferito cercare rifugio in altre città o villaggi".
http://www.asianews.it/notizie-it/Sulle-chiese-di-Al-Qusair-i-segni-della-guerra-contro-Assad-e-dell'odio-religioso-dei-ribelli-28144.html
lunedì 10 giugno 2013
Carità per la Siria!
COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM, ORGANISMI CARITATIVI CATTOLICI ATTIVI NEL CONTESTO DELLA CRISI SIRIANA4-5 GIUGNO 2013
http://attualita.vatican.va/sala-stampa/bollettino/2013/06/06/news/31129.html |
Un milione e mezzo di profughi fuggiti dalla Siria, con 10mila nuovi ingressi al giorno alle frontiere di Turchia, Libano, Giordania, Iraq fino all’Egitto. Fuggono anche i cristiani. Ogni Paese regge da anni una media di mezzo milione di presenze. Un po’ meno in Iraq ed Egitto, ma pur sempre un peso enorme, con tensioni sociali sul punto di esplodere e problemi emergenti come la tratta di persone a scopo di sfruttamento lavorativo e sessuale, i matrimoni forzati. In Libano, ma anche in Turchia, alcune famiglie vendono figlie giovanissime per 5mila dollari. Le donne si prostituiscono per soli 3 dollari. E molti siriani, visto che il conflitto non accenna a placarsi, stanno cercando vie di fuga verso l’Europa. Oggi Caritas internationalis, impegnata per la Siria con progetti pari a circa 15 milioni di euro (destinati alle varie Caritas locali che aiutano complessivamente oltre 100 mila persone), lancia un appello in cinque punti per chiedere la fine delle violenze, la ricerca di una soluzione diplomatica e maggiore solidarietà. Abbiamo raccolto alcune voci al Migramed meeting in corso in questi giorni a Otranto, organizzato da Caritas italiana, con oltre 100 partecipanti dalle Caritas diocesane, europee e del bacino del Mediterraneo.
S.I.R.- Otranto- Giovedì 23 Maggio 2013
L’appello di Caritas internationalis. “Chiediamo alla comunità internazionale di porre fine a ogni forma di violenza e cercare delle soluzioni politiche”, precisa Martina Liebsch, di Caritas internationalis, e di “smettere di finanziare, armare e supportare ulteriormente il conflitto”. Bisogna “aprire vie di dialogo tra i partiti, le religioni e le culture, per rispettare la dignità e i diritti delle persone, comprese le minoranze”. Punto importante è la richiesta di “maggiore solidarietà internazionale, aumentando i finanziamenti per la protezione delle persone in Siria e per i profughi, anche per alleviare il peso sui Paesi limitrofi”. Finora i flussi verso l’Europa sono ancora modesti: 300 siriani in Italia lo scorso anno, 200 dall’inizio del 2013 a oggi. “Le persone tendono a rimanere più vicino possibile a casa - osserva Liebsch -. Ma se il conflitto non finisce potrebbero arrivare anche in Europa. Per questo serve la solidarietà internazionale. So di Paesi come la Germania e la Svezia che hanno accettato un certo numero di persone. Potrebbero essere attuate iniziative simili”. Anche Papa Francesco, incontrando la settimana scorsa i vertici di Caritas internationalis, aveva parlato della Siria come “dimostrazione tragica della sorte dei rifugiati”, invitandoli a riservare loro “la tenerezza della Chiesa”.
In Libano tensioni sociali e matrimoni forzati. Il Libano ha 4 milioni di abitanti. La metà della popolazione è straniera. I rifugiati siriani in tutto il Paese sono ufficialmente 470mila (ma il numero è molto più alto, circa 1 milione e 200mila comprese le famiglie di chi già vi lavorava), oltre ai 150mila palestinesi siriani. Inizia a mancare il lavoro, aumentano la microcriminalità e le ostilità con i locali. Il governo non ha costruito campi. Solo ora comincia a pensarci. I profughi vivono in case abbandonate, edifici in costruzione, tende di fortuna o per strada. La situazione rischia di diventare esplosiva. Ce la descrive Najla Chahda, direttrice di Caritas Libano, che gestisce da 10 anni un centro per migranti a Beirut. Caritas Libano ha assistito finora più di 150mila rifugiati, con cibo, servizi legali, assistenza medica, educazione, prevenzione e attività sociali per i traumatizzati. Tra due settimane apriranno anche un centro di informazione per dare assistenza alle frontiere. “I libanesi stanno perdendo il lavoro perché i siriani vengono pagati meno - spiega Chahda -. Le persone sono frustrate, c’è molta microcriminalità. Secondo il Ministero dell’interno il 75% dei reati sono commessi dai poveri. Questo aumenta le tensioni tra libanesi e siriani. La situazione sta diventando molto difficile”. “Abbiamo anche molti rifugiati cristiani - aggiunge -, si parla di 1500 famiglie. E il numero aumenta di giorno in giorno”. In più emerge il fenomeno della prostituzione e dei matrimoni forzati, con ragazzine vendute dai genitori per 5mila dollari. “Le madri ci raccontano le loro preoccupazioni - dice Chahda -. Per non essere accusati di interferire nella vita delle persone e negli usi delle comunità, possiamo solo lavorare sulla consapevolezza e informarli della possibilità di chiedere aiuto alle ong internazionali”.
In Turchia bombe e paura. In Turchia 190mila profughi siriani vivono nei 18 campi governativi. Altri 200-250mila in case, tende, capannoni e alloggi di fortuna. Visto l’afflusso enorme il governo sta costruendo altri otto campi. Dopo le 52 vittime, la settimana scorsa, a causa di due autobombe a Reyhanli, una cittadina al confine con la Siria dove opera Caritas Turchia con un team di 5 persone, sono aumentati gli episodi di intolleranza da parte della popolazione. “Per il momento abbiamo dovuto sospendere le attività - spiega Chiara Rambaldi, che lavora da 4 anni a Caritas Turchia -. Il contesto è delicato. Le famiglie siriane sono spaventate, non escono più di casa”. Ci sono anche decine di famiglie cristiane: “Sono rifugiate nei monasteri del sud-est, a Midiot Mardin”. Intanto molti siriani sono arrivati perfino a Istanbul: Caritas Turchia assiste lì 180 famiglie, oltre alle altre 1200 di Reyhanli. “Forniamo, cibo, sostegno psicologico, assistenza medica, educazione - dice -. A breve apriremo uno spazio di socializzazione per i bambini”. Anche qui si riscontrano casi di matrimoni forzati e tratta di persone. A tutti i profughi viene concessa una protezione umanitaria temporanea. “Sarebbe meglio - suggerisce - che avessero accesso all’asilo politico”.
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Urgent call for action: protect Syrian people from more slaughter
sabato 8 giugno 2013
Il ribelle Dall'Oglio
" E' un anno e mezzo che parliamo della necessità morale o di un intervento diretto come avvenuto in Libia o indiretto, con la scelta di dare le armi giuste.."
Il gesuita Dall'Oglio: "Gli italiani chiedano di prendere una posizione chiara e forte sulla necessità di offrire al popolo siriano la possibilità di difendersi".
Il gesuita Paolo Dall'Oglio: "In Siria un regime mafioso e l'Europa non fa nulla per ignavia"
06/06/2013
Il sacerdote a 24 Mattino parla della guerra civile che nell'ultimo anno e mezzo ha causato circa 100mila morti
Il sacerdote, dopo 30 anni vissuti in Siria, è stato espulso nel 2012 dal governo Assad e oggi a 24 Mattino parla della guerra civile che nell'ultimo anno e mezzo ha causato circa 100mila morti: "I cittadini italiani - ha detto Dall'Oglio -prendano iniziative civili sul nostro ministro degli Esteri Emma Bonino che è alla testa dell'ignavia europea, una ignavia irresponsabile nei confronti della rivolta del popolo siriano. Gli italiani chiedano di prendere una posizione chiara e forte sulla necessità di offrire al popolo siriano la possibilità di difendersi concretamente e militarmente dal regime Assad.
Bonino - ha continuato nella sua critica il gesuita - è tra quelli che esercitano l'irresponsabilità europea per motivi ideologici di islamofobia cordiale. Vediamo se la sua anima civile e democratica vincerà la sua irritabilità nei confronti dell'Islam politico. E' un anno e mezzo che parliamo della necessità morale o di un intervento diretto come avvenuto in Libia o indiretto, con la scelta di dare le armi giuste per bloccare il bombardamentio sistematico del regime siriano, che è un regime mafioso".
http://www.radio24.ilsole24ore.com/notizie/24mattino/2013-06-06/gesuita-paolo-oglio-siria-102128.php
A me sembra proprio lui il mafioso pentito. Perché finché era in Siria ha goduto di tutto ciò che egli oggi rinnega. Non si ricorda dei giorni in cui ha fatto quello che ha voluto in Siria? Come mai oggi tanto livore contro il Paese che l'ha ospitato per 32 anni dandogli la possibilità di fare ciò che voleva e per giunta con i soldi che gli passava l'Italia, quell'Italia ch'egli oggi mette tra gli ignavi se non alla loro testa?A mio parere, Dall'Oglio dovrebbe solo vergognarsi di quanto asserisce: oppure Dall'Oglio non sa che oggi in Siria non è più il popolo siriano che combatte contro l'esercito regolare, ma sono le squadre di terroristi salafiti qui riversatisi da tutto il mondo? Lo sa Dall'Oglio che oggi in Siria vi sono Ceceni, Pakistani, Afgani, Libici, Egiziani, e quant'altri dell'Europa, che sono qua per combattere la guerra santa, per diventare martiri per poter raggiungere le loro Houryé nel paradiso islamico (le Houryé sono le vergini che li attendono nel loro paradiso).Ma soprattutto il Dall'Oglio si deve vergognare perchè non fa altro che sputare nel piatto dove ha mangiato, e abbondantemente, per 32 anni.
l'osservatore siriano da Aleppo
venerdì 7 giugno 2013
L'Europa finisce a Damasco?
Il Sussidiario - mercoledì 29 maggio 2013
di Robi Ronza
L’altro ieri i ministri degli Esteri dell’Unione europea non
sono riusciti a giungere a Bruxelles a una posizione comune riguardo alla
sospensione o meno dell’embargo a forniture militari alle formazioni armate
scese in campo in Siria contro il regime di Bashar Al Assad. Ciò equivale alla sua sospensione, dal momento che da adesso in poi ogni Paese può fare come vuole.
Gran Bretagna e Francia, che decise a far cadere Assad a viva forza già
stavano mandando armi agli insorti sotto banco, ora potranno farlo apertamente.
Alla notizia la Russia, che invece sostiene l’embargo, ha subito annunciato
l’invio a Damasco di missili anti-aerei, utili secondo il suo ministro degli
Esteri a dissuadere “certe teste calde” da un’internazionalizzazione del
conflitto.
Tutto questo rende più difficili le prospettive di
un’imminente conferenza per la pace in Siria in programma a Ginevra sotto l’égida degli
Stati Uniti e della stessa Russia. In sede di Consiglio europeo di ministri
degli Esteri l’iniziativa di opporsi ai propositi bellicosi di Parigi e
di Londra sembra sia venuta dall’Austria, ma a lavori conclusi anche il ministro
degli Esteri italiano, Emma Bonino, ha dichiarato ai giornalisti presenti
di essere personalmente contraria all’invio di armi agli insorti in
Siria. Dovrà in proposito consultarsi con i suoi colleghi di governo ma ha
aggiunto – a nostro avviso lodevolmente - che per quanto la riguarda agli
insorti contro Assad non giungeranno armi dall’Italia (anche se poi ciò sarà vero
soltanto nella misura in cui la Farnesina ha in mano tutti i rubinetti di tutti
gli oscuri canali che percorrono le forniture di questo genere di merci, il che
non è scontato).
Al di là di ogni più specifico aspetto la vicenda conferma,
se mai ce ne fosse stato bisogno, che una politica estera comune dell’Unione
europea non si può improvvisare sotto la spinta estemporanea di questa o di
quella crisi. O si apre un vero dibattito politico, non solo nel chiuso del
Consiglio ma prima di tutto in sede di Parlamento europeo, nel quale emergano e si
confrontino le varie linee di gravitazione geo-politica che caratterizzano le
grandi aree in cui si articola l’Unione e si giunga a farne un’equilibrata
sintesi, oppure ogni volta andrà a finire come lunedì scorso è accaduto, ossia che
ognuno se ne va per la propria strada.
In tale quadro il nostro Paese ha il diritto e il dovere di far valere il proprio legittimo interesse mediterraneo. Quindi il suo
interesse a quella pace del Vicino Oriente che al Nord Europa sta a cuore poco o
nulla. E quindi anche il suo interesse a che la Siria non venga sacrificata
sull’altare di una transizione catastrofica dal regime di Assad a qualcosa che
di certo sarebbe molto peggio.
Benché molto della sua storia politica e della sua cultura
ci faccia rabbrividire, dobbiamo riconoscere che Emma Bonino è
consapevole più di tutti i suoi recenti predecessori del ruolo primario e
potenzialmente positivo che la storia e la geografia
assegnano al nostro Paese nel Mediterraneo. Se dunque il governo Letta volesse sorprenderci facendo nel Levante una
politica attiva a misura dell’interesse legittimo del nostro Paese, con questo
ministro degli Esteri potrebbe anche provarci con una certa possibilità di
successo. E ciò tanto più considerando che l’Italia può muoversi nell’area
avvalendosi non solo dei canali diplomatici, ma anche di una fitta rete di
positive relazioni culturali ed economiche di cui nessun altro Paese europeo ed
occidentale dispone.
Di nodi intricati che la forza militare non riesce mai a
sciogliere, e che spesso la diplomazia non può sciogliere da sola, talvolta si
trova il bandolo grazie a un uso combinato di leve diverse appartenenti a
tutte queste sfere.
Ogni giorno che passa senza che la pace torni in Siria
aggiunge nuove morti, nuove distruzioni, nuovi dolori, nuova miseria, come ci ha
di recente ricordato tra gli altri un nuovo appello del Custode di Terra Santa, i
cui frati sono presenti anche nel martoriato Paese a fianco di popolazioni
sfinite da ormai due anni di guerra civile.
Tutto ciò che si può ragionevolmente
tentare per porre fine a questa follia va tentato.
© Riproduzione Riservata.
giovedì 6 giugno 2013
Alla vigilia della seconda conferenza di Ginevra sulla Siria. Appello di Sua Beatitudine Gregorios III
Possa la strada per Ginevra essere il cammino per la pace della Siria!
"Venite a una parola comune." (Surat aal ʿ Im'ran
3: 64)
Il Concilio Vaticano
II afferma: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli
uomini d'oggi, soprattutto quelli che sono poveri o in qualsiasi modo soffrono,
sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di
Cristo. "(Gaudium et Spes, Prefazione).
San Paolo dice, "se un membro soffre, tutte le membra
soffrono insieme; se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con
lui." (I Corinzi 12: 26) San Paolo dice anche: "Dio ... ci ha dato il ministero della riconciliazione. "(2 Cor 5, 18). Il Corano dice:" Venite a una parola
comune ". Un hadith dice anche: "I credenti sono come una sola
persona, se la testa fa male, tutto il corpo soffre con febbre e
insonnia." (Sahih Muslim 6260)
A partire da questi venerabili versi e gli insegnamenti sublimi, esprimiamo il nostro ottimismo per
lo svolgimento di questa seconda Conferenza di Ginevra. Domandiamo la partecipazione a questa conferenza, in nome
delle migliaia di vittime che sono cadute sul suolo della cara Siria, le
vedove, gli orfani, gli handicappati, i malati, le persone in lutto, i rapiti,
gli scomparsi, gli studenti, i giovani, quelli pieni di dubbi, feriti nella
coscienza e nei sentimenti ... e ogni persona che soffre in Siria.
A nome di tutti loro,
e sulla base della nostra responsabilità pastorale, e come presidente
dell'Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, rivolgiamo questo appello alla Federazione
Russa e agli Stati Uniti d'America che hanno convocato questa conferenza, e a tutti
coloro che parteciperanno: Stati sovrani, organismi, figli e figlie della
Siria, in patria e all'estero, alleati e avversari. Tutti voi, lavorate con
fiducia, in spirito di riconciliazione, di dialogo e di cittadinanza sincera
... Mettete tutti i vostri sforzi nel far sì che questa conferenza abbia successo. Questa è una
opportunità molto importante, in una fase decisiva centrale, e dentro la morsa di
una storica, sanguinosa, distruttiva crisi, la più grave nella storia della
Siria.
Che la richiesta di
riconciliazione, del dialogo, della solidarietà e della pace, sia più forte del
frastuono di armi e armamenti.
Noi domandiamo a voce altissima: "Siriani, arriviamo a una parola comune tra tutti noi!"
Chiediamo soprattutto ai nostri fedeli, i figli e le figlie
delle nostre parrocchie, di innalzare preghiere e suppliche in chiese,
monasteri, confraternite, associazioni parrocchiali, case e famiglie per il
successo di questa conferenza, e per la sicurezza, la calma, la pace, la
riconciliazione, il dialogo, la solidarietà e l'amore tra i cuori di tutti i
cittadini.
Preghiamo:
Signore! Donaci la
pace! Giacché ci hai dato tutte le cose! "Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio". (Mt 5, 9)
Possa la strada per Ginevra
essere il cammino per la pace della Siria!
+ Gregorios
III
Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente
Di Alessandria e di
Gerusalemme
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