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sabato 21 marzo 2015
Per salvare le generazioni future
Nord Iraq - Father Douglas
"Non è solamente tempo per il perdono
non è tempo per le parole.
E' il tempo per lavorare.
Devo al mio Signore il non chiudere questa opportunità.
Una volta è esplosa la mia chiesa,
una volta l'attacco fu durante la messa con razzi.
Un giorno mi hanno sparato nella gamba, le pallottole sono ancora nella mia gamba sinistra.
E sono stato sequestrato per nove giorni
mi hanno quasi spezzato i denti, il naso
e tutto questo lo hanno fatto in nome di Allah.
Devo perdonarli.
Non perché sia obbligato a farlo, perché sia un ordine...
ma dobbiamo perdonare
per lasciare che la Grazia si trasmetta
di generazione in generazione.
Non farlo, significa dolore e odio,
dove chiudiamo la strada alla grazia di Dio.
Allora, continuare in questo Paese
come cristiano
continuiamo come sale e luce...
Non importa ciò che succeda a me o alla gente della mia generazione
però dobbiamo aver cura dei bambini,
essi sono il futuro.
Se non abbiamo cura dei nostri bambini adesso
la futura generazione di ISIS
non sarà dalla nostra parte."
APPROFONDIMENTI:
1- ISIS IN ITALIA. Gli studenti di terza media: " Se arriva ci convertiamo subito"
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/3/16/ISIS-IN-ITALIA-Gli-studenti-di-terza-media-Se-arriva-ci-convertiamo-subito-/591126/
2- SE ARRIVA L'ISIS: Test choc in una classe: il 90% dei nostri ragazzi pronta a cedere ai prepotenti
http://www.ilgiornale.it/news/politica/se-arriva-lisis-23-studenti-su-25-si-convertono-1106371.html?mobile_detect=false
giovedì 19 marzo 2015
Patriarca Gregorios: "Se si vuole veramente porre fine alla tragedia del popolo siriano, c'è un solo modo..."
Il Patriarca Gregoire III: è da sconsiderati invocare interventi militari esterni per difendere i cristiani in Medio Oriente
Agenzia Fides, 18/3/2015
“E' da sconsiderati parlare di interventi militari condotti dall'esterno per difendere i cristiani della Siria e del Medio Oriente. Siamo un Paese sovrano, con un governo legittimo, a cui spetta il compito di tutelare i suoi cittadini. Se davvero si vuole mettere fine alla tragedia del popolo siriano, c'è una sola strada: basta guerre, basta armi, soldi e stratagemmi usati per attaccare la Siria”.
Così il Patriarca di Antiochia dei greco-melchiti, S.B. Grégoire III, conversando con l'Agenzia Fides, respinge senza appello l'idea – prospettata in maniera ricorrente nel dibattito mediatico – che le sofferenze inflitte alle comunità cristiane e ad altre componenti delle popolazioni mediorientali da parte dei jihadisti vengano evocate per giustificare un intervento militare sotto egida internazionale.
Così il Patriarca di Antiochia dei greco-melchiti, S.B. Grégoire III, conversando con l'Agenzia Fides, respinge senza appello l'idea – prospettata in maniera ricorrente nel dibattito mediatico – che le sofferenze inflitte alle comunità cristiane e ad altre componenti delle popolazioni mediorientali da parte dei jihadisti vengano evocate per giustificare un intervento militare sotto egida internazionale.
Il Primate della Chiesa cattolica orientale con più fedeli in Siria ha presieduto lunedì 16 marzo un'affollata Veglia di preghiera per la pace nella Cattedrale dell'Assunzione di Maria, a Damasco, a cui hanno preso parte rappresentanti e delegazioni di tutte le comunità cattoliche e ortodosse damascene. “Abbiamo condiviso canti e preghiere di penitenza e di pace” riferisce il Patriarca, “mostrando a tutti, anche in questo modo, che i cristiani sono i veri promotori della pace in Siria”. A giudizio di S. B. Grégoire III, la via per favorire la pace che la Chiesa deve indicare costantemente “a tutti gli uomini di buona volontà” è quella della preghiera e del sostegno offerto a tutto ciò che può contribuire a interrompere il flusso di armi che insanguinano il Medio Oriente.
“Il 7 settembre del 2013” ricorda il Patriarca melchita “Papa Francesco chiamò il mondo alla grande preghiera per la pace, e le navi di guerra che erano già partite fecero marcia indietro. Nei giorni scorsi, mentre noi eravamo in preghiera, si sono diffuse le notizie che Paesi occidentali riaprono alle trattative con Assad. Questa adesso è la via realista da seguire, se davvero si vuole la pace. I gruppi che terrorizzano il nostro popolo non avrebbero avuto tanta forza senza gli aiuti e le armi arrivati loro da altre nazioni e gruppi di potere.
Per questo – prosegue il Patriarca Grégoire - faccio appello a Papa Francesco e a tutte le Chiese e le comunità cristiane, affinché i due miliardi di cristiani di tutto il mondo, parlando con una sola voce, si facciano promotori di una road map concreta e realista per chiedere a tutte le forze in campo di mettere da parte i propri calcoli di potere e tutte le cause che alimentano la guerra. Solo così le sofferenze del nostro popolo potranno avere fine”.
I Vescovi cattolici si incontrano a Homs, dove presto torneranno a suonare le campane
Agenzia Fides, 18/3/2015
Nella giornata di martedì 17 marzo i Vescovi cattolici della Siria si sono incontrati nella città di Homs, in occasione della periodica assemblea che li vede riuniti due volte l'anno allo scopo di riflettere insieme sull'opera pastorale e caritativa condotta dalle singole diocesi e eparchie, in un Paese entrato nel quinto anno di conflitto.
All'incontro, oltre al Patriarca greco-melchita Grégoire III, al Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III e a quattordici Vescovi appartenenti a diverse Chiese cattoliche sui iuris, ha preso parte anche il Nunzio apostolico S.E. Mons. Mario Zenari. In questa occasione, la vicinanza del Papa e della Chiesa di Roma ai fratelli Vescovi siriani è stata testimoniata anche dalla presenza dell'Arcivescovo Cyril Vasil' SJ, Segretario della Congregazione per le Chiese orientali, e di mons. Massimo Cappabianca OP, officiale del medesimo dicastero vaticano.
Gli interventi pronunciati dai Vescovi presenti hanno fatto emergere le sofferenze e le ferite che marcano la vita ordinaria di tutte le comunità cattoliche siriane, ma hanno anche reso testimonianza del miracolo della carità che fiorisce nella rete delle diocesi e delle parrocchie, a vantaggio di tutto il popolo siriano.
“La Chiesa di Siria - dichiara all'Agenzia Fides il Patriarca Grégoire III - è davvero gloriosa: nonostante tanto dolore e sofferenza, grazie anche al sostegno dei nostri fratelli in tutto il mondo, siamo riusciti a soccorrere direttamente più di 300mila siriani, soprattutto attraverso la Caritas, sostenendo progetti emergenziali per almeno 5 milioni di dollari”.
Durante l'incontro, il Vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo SJ è stato confermato alla guida di Caritas Syria, e tutti hanno avuto parole di apprezzamento per la dedizione e l'efficacia con cui ha finora assolto il suo compito per far fronte alle emergenze umanitarie che fanno soffrire milioni di siriani.
La scelta di tenere ad Homs l'incontro dei Vescovi cattolici ha assunto un evidente valore simbolico: “Aleppo è da anni sotto assedio - sottolinea il Patriarca Grégoire III - ma Homs forse è la città che è stata più martoriata. Per questo, da quando lì è terminato il conflitto, i capi delle Chiese cristiane di Siria l'hanno visitata tante volte. Vogliamo manifestare una particolare cura per quella gente ferita e accompagnare il loro desiderio di ricominciare. Ho saputo che forse presto arriveranno le nuove campane, dopo che quelle che c'erano prima del conflitto sono state rubate.
Noi proviamo pena nel vedere il dolore del popolo - conclude il Patriarca - e vediamo che tanti vanno via, perchè non ne possono più della paura e delle sofferenze. Ma siamo anche fieri dei nostri preti, dei religiosi e delle religiose, che sono tutti rimasti al loro posto, per camminare insieme con il popolo nella fede in Gesù, anche in questo tempo così difficile”.
Nella giornata di martedì 17 marzo i Vescovi cattolici della Siria si sono incontrati nella città di Homs, in occasione della periodica assemblea che li vede riuniti due volte l'anno allo scopo di riflettere insieme sull'opera pastorale e caritativa condotta dalle singole diocesi e eparchie, in un Paese entrato nel quinto anno di conflitto.
All'incontro, oltre al Patriarca greco-melchita Grégoire III, al Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III e a quattordici Vescovi appartenenti a diverse Chiese cattoliche sui iuris, ha preso parte anche il Nunzio apostolico S.E. Mons. Mario Zenari. In questa occasione, la vicinanza del Papa e della Chiesa di Roma ai fratelli Vescovi siriani è stata testimoniata anche dalla presenza dell'Arcivescovo Cyril Vasil' SJ, Segretario della Congregazione per le Chiese orientali, e di mons. Massimo Cappabianca OP, officiale del medesimo dicastero vaticano.
Gli interventi pronunciati dai Vescovi presenti hanno fatto emergere le sofferenze e le ferite che marcano la vita ordinaria di tutte le comunità cattoliche siriane, ma hanno anche reso testimonianza del miracolo della carità che fiorisce nella rete delle diocesi e delle parrocchie, a vantaggio di tutto il popolo siriano.
“La Chiesa di Siria - dichiara all'Agenzia Fides il Patriarca Grégoire III - è davvero gloriosa: nonostante tanto dolore e sofferenza, grazie anche al sostegno dei nostri fratelli in tutto il mondo, siamo riusciti a soccorrere direttamente più di 300mila siriani, soprattutto attraverso la Caritas, sostenendo progetti emergenziali per almeno 5 milioni di dollari”.
Durante l'incontro, il Vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo SJ è stato confermato alla guida di Caritas Syria, e tutti hanno avuto parole di apprezzamento per la dedizione e l'efficacia con cui ha finora assolto il suo compito per far fronte alle emergenze umanitarie che fanno soffrire milioni di siriani.
La scelta di tenere ad Homs l'incontro dei Vescovi cattolici ha assunto un evidente valore simbolico: “Aleppo è da anni sotto assedio - sottolinea il Patriarca Grégoire III - ma Homs forse è la città che è stata più martoriata. Per questo, da quando lì è terminato il conflitto, i capi delle Chiese cristiane di Siria l'hanno visitata tante volte. Vogliamo manifestare una particolare cura per quella gente ferita e accompagnare il loro desiderio di ricominciare. Ho saputo che forse presto arriveranno le nuove campane, dopo che quelle che c'erano prima del conflitto sono state rubate.
Noi proviamo pena nel vedere il dolore del popolo - conclude il Patriarca - e vediamo che tanti vanno via, perchè non ne possono più della paura e delle sofferenze. Ma siamo anche fieri dei nostri preti, dei religiosi e delle religiose, che sono tutti rimasti al loro posto, per camminare insieme con il popolo nella fede in Gesù, anche in questo tempo così difficile”.
martedì 17 marzo 2015
Gli Usa “aprono” alle trattative con Assad. L'Arcivescovo Hindo: scelta obbligata, no a condizioni-capestro
Hassakè – La disponibilità dell'Amministrazione Usa a trattare con il regime siriano di Bashar al Assad è una “opzione che si doveva imboccare già da tempo” e a questo punto rappresenta “una scelta obbligata, se davvero si vuole cercare una via d'uscita da questa tragedia iniziata quattro anni fa”. Così l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, a capo dell'arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta con l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate dal Segretario di Stato Usa, John Kerry, il quale in un'intervista televisiva ha ammesso che gli Usa “alla fine” dovranno negoziare con Bashar al Assad per porre fine al conflitto in Siria entrato nel quinto anno. Secondo l'Arcivescovo siro-cattolico, tutto potrà dipendere dal modo con cui verrà prospettata la via negoziale da parte degli Usa e degli altri attori geopolitici.
“Prima di tutto - sottolinea Mons. Hindo - una proposta concreta di negoziato deve essere posta sul tavolo in tempi brevi. In caso contrario, vorrà dire che si sta prendendo solo tempo, credendo così di favorire l'ulteriore indebolimento dell'esercito siriano, che in realtà sta guadagnando terreno su tutti i vari fronti”.
Inoltre, a giudizio dell'Arcivescovo Hindo, eventuali trattative potranno partire “solo se si eviterà di porre pre-condizioni stupide e provocatorie all'interlocutore. In questo senso - aggiunge Mons. Hindo - non mi tranquillizzano le voci che prefigurano offensive militari nelle aree di conflitto autorizzate a non tenere in nessun conto i confini tra Stati sovrani. Non mi sembra un modo corretto di iniziare. Chi vuole il bene del popolo siriano e di quello iracheno, non può continuare a approfittare delle crisi per perseguire propri interessi geopolitici. E deve farla finita anche di accreditare l'esistenza di fantomatici 'ribelli moderati' . Perchè col passare del tempo tutte le fazioni armate contro Assad si sono omologate all'ideologia jihadista”.
http://www.fides.org/it/news/57216-ASIA_SIRIA_Gli_Usa_aprono_alle_trattative_con_Assad_L_Arcivescovo_Hindo_scelta_obbligata_no_a_condizioni_capestro#.VQcGHo6G92V
foto diffuse dagli jihadisti sulla distruzione delle statue , icone, pietre tombali e croci dalle chiese in Iraq |
Basta frottole
di Fulvio Scaglione
Avvenire, 24 settembre 2014
Dietro il fumo e la polvere delle bombe che aerei e navi Usa hanno scaricato ieri sulle zone della Siria controllate dall’Is, e sulla città di Raqqa che i seguaci del califfato considerano la propria "capitale", rischia di passare inosservata una svolta politica in potenza ancor più decisiva dell’intervento militare. Possiamo sintetizzarla così: Obama bombarda la Siria, ma non Assad. O anche: gli sciiti sono un po’ meno cattivi di prima. In tutto il Medio Oriente, cioè, la Casa Bianca sta mettendo la sordina alla parola d’ordine che per decenni ha sostenuto con intransigente fermezza: stare con i sunniti, e in particolare con i regni petroliferi del Golfo Persico, a tutti i costi. Senza se e senza ma.
Obama fa di necessità virtù. Il virus dell’Is va neutralizzato subito: rischia di infettare alleati fedeli come Giordania e Arabia Saudita, creare guai a Israele, spaccare in due l’Iraq. È l’emergenza, ora, a dettare le regole. Così gli Usa trovano un modo complicato, ma efficace (una comunicazione alla rappresentanza siriana all’Onu) per avvertire Assad dei raid senza riconoscergli alcun ruolo: segno che anche Washington, pur disprezzandolo, considera il dittatore siriano e sciita-alawita l’unico ostacolo al dilagare sul terreno dei terroristi sunniti.
Inoltre l’Iran, già "Stato canaglia", è ora un prezioso sostegno alla resistenza dei curdi, a loro volta stretti alleati degli Usa. Del Libano degli hezbollah sciiti, amici degli ayatollah e alleati di Assad, non si parla più. E persino nello Yemen, i guerriglieri sciiti, che così spesso Obama fece bombardare dai suoi droni, ora siedono nella capitale e trattano con il presidente Abdrabbuh Hadi (sunnita, anzi wahhabita tendenza Arabia Saudita), "inventato" in quel ruolo dagli Usa nel 2012.
C’è un’ulteriore considerazione. George Bush fece i suoi clamorosi errori, ma anche Obama non ha scherzato. Sposare la causa sunnita in modo tanto acritico è costato caro a lui e carissimo a tanti civili innocenti. Nello Yemen, dove gli Usa hanno gestito la guerra agli sciiti e il cambio di regime, si nasconde la cellula di al-Qaeda più feroce e pericolosa del mondo. La briglia troppo sciolta lasciata ad Arabia Saudita e Qatar, oltre a ciclopiche brutte figure (Obama sponsor della democrazia che "benedice" la sanguinosa repressione saudita in Bahrein…), ha contribuito a far crescere l’Is, nei suoi passi iniziali finanziata proprio dai signori del Golfo.
Ancora: in Egitto ha dovuto pensarci Abdel Fattah al-Sisi, con i modi più che spicci del militare, a bloccare i Fratelli Musulmani e la slavina che poteva travolgere il Sinai. In Libia i wahhabiti della Tripolitania, come al solito finanziati dall’Arabia Saudita, sono riusciti a spaccare il Paese in due. Per non parlare dell’Iraq, dove il terrorismo sunnita ha fatto strage per un decennio. Conclusione: Barack Obama, premio Nobel per la pace 2009, con queste incursioni in Siria è arrivato al settimo Paese a maggioranza islamica (Pakistan, Afghanistan, Yemen, Somalia, Libia, Iraq e appunto Siria) bombardato.
Basterebbe molto meno per dedurre che qualcosa non funziona. L’attuale correzione di rotta, quindi, va seguita con attenzione. Può essere solo tattica, ed esaurirsi una volta finita l’emergenza Is. Ma può avere anche un valore strategico e metter fine, o almeno limitare, il "doppio standard" che tanti danni e lutti ha portato al Medio Oriente. Quella bizzarra filosofia politica per cui il dittatore amico mio va coccolato mentre quello amico di altri abbattuto; l’estremismo dei miei amici difeso e quello altrui combattuto; e la democrazia è un valore in casa dei nemici, mentre per gli alleati è un optional. Gli sprovveduti chiamano questo realismo, mentre è irreale credere che i popoli coinvolti non si rendano conto della truffa.
Se così fosse, si andrebbe incontro anche all’appello di papa Francesco che, di ritorno dalla Corea, disse: «Dove c’è un’aggressione ingiusta, è lecito fermare l’aggressore... Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra: fermarlo». Perché poi la pace, quella fatta per durare e per cambiare le cose, va costruita con ben altri mezzi. E senza raccontare o raccontarsi disastrose frottole. Perché, come disse di seguito il Papa, «… dobbiamo avere memoria, pure, eh? Quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una guerra di conquista!». E i popoli, forse più di noi, hanno la memoria lunga.
Obama fa di necessità virtù. Il virus dell’Is va neutralizzato subito: rischia di infettare alleati fedeli come Giordania e Arabia Saudita, creare guai a Israele, spaccare in due l’Iraq. È l’emergenza, ora, a dettare le regole. Così gli Usa trovano un modo complicato, ma efficace (una comunicazione alla rappresentanza siriana all’Onu) per avvertire Assad dei raid senza riconoscergli alcun ruolo: segno che anche Washington, pur disprezzandolo, considera il dittatore siriano e sciita-alawita l’unico ostacolo al dilagare sul terreno dei terroristi sunniti.
Inoltre l’Iran, già "Stato canaglia", è ora un prezioso sostegno alla resistenza dei curdi, a loro volta stretti alleati degli Usa. Del Libano degli hezbollah sciiti, amici degli ayatollah e alleati di Assad, non si parla più. E persino nello Yemen, i guerriglieri sciiti, che così spesso Obama fece bombardare dai suoi droni, ora siedono nella capitale e trattano con il presidente Abdrabbuh Hadi (sunnita, anzi wahhabita tendenza Arabia Saudita), "inventato" in quel ruolo dagli Usa nel 2012.
C’è un’ulteriore considerazione. George Bush fece i suoi clamorosi errori, ma anche Obama non ha scherzato. Sposare la causa sunnita in modo tanto acritico è costato caro a lui e carissimo a tanti civili innocenti. Nello Yemen, dove gli Usa hanno gestito la guerra agli sciiti e il cambio di regime, si nasconde la cellula di al-Qaeda più feroce e pericolosa del mondo. La briglia troppo sciolta lasciata ad Arabia Saudita e Qatar, oltre a ciclopiche brutte figure (Obama sponsor della democrazia che "benedice" la sanguinosa repressione saudita in Bahrein…), ha contribuito a far crescere l’Is, nei suoi passi iniziali finanziata proprio dai signori del Golfo.
Ancora: in Egitto ha dovuto pensarci Abdel Fattah al-Sisi, con i modi più che spicci del militare, a bloccare i Fratelli Musulmani e la slavina che poteva travolgere il Sinai. In Libia i wahhabiti della Tripolitania, come al solito finanziati dall’Arabia Saudita, sono riusciti a spaccare il Paese in due. Per non parlare dell’Iraq, dove il terrorismo sunnita ha fatto strage per un decennio. Conclusione: Barack Obama, premio Nobel per la pace 2009, con queste incursioni in Siria è arrivato al settimo Paese a maggioranza islamica (Pakistan, Afghanistan, Yemen, Somalia, Libia, Iraq e appunto Siria) bombardato.
Basterebbe molto meno per dedurre che qualcosa non funziona. L’attuale correzione di rotta, quindi, va seguita con attenzione. Può essere solo tattica, ed esaurirsi una volta finita l’emergenza Is. Ma può avere anche un valore strategico e metter fine, o almeno limitare, il "doppio standard" che tanti danni e lutti ha portato al Medio Oriente. Quella bizzarra filosofia politica per cui il dittatore amico mio va coccolato mentre quello amico di altri abbattuto; l’estremismo dei miei amici difeso e quello altrui combattuto; e la democrazia è un valore in casa dei nemici, mentre per gli alleati è un optional. Gli sprovveduti chiamano questo realismo, mentre è irreale credere che i popoli coinvolti non si rendano conto della truffa.
Se così fosse, si andrebbe incontro anche all’appello di papa Francesco che, di ritorno dalla Corea, disse: «Dove c’è un’aggressione ingiusta, è lecito fermare l’aggressore... Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra: fermarlo». Perché poi la pace, quella fatta per durare e per cambiare le cose, va costruita con ben altri mezzi. E senza raccontare o raccontarsi disastrose frottole. Perché, come disse di seguito il Papa, «… dobbiamo avere memoria, pure, eh? Quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una guerra di conquista!». E i popoli, forse più di noi, hanno la memoria lunga.
sabato 14 marzo 2015
Riflessioni su un anniversario, di mons Nazzaro.
Il
tempo scorre inesorabilmente, noi non ce ne rendiamo conto,
purtroppo. Domani 15 marzo, la triste “primavera siriana”
compie quattro anni. Si dovrebbero tirare delle somme ma, avendola
definita “triste”, si potrebbe pensare che abbia già detto
tutto. Niente affatto vero! Perché, in
realtà, il povero popolo siriano continua a soffrire ed a morire
tanto che ormai tutto ciò che sta succedendo in quel paese non ci
interessa più di tanto.
La
nostra insensibilità per la sofferenza di tanti nostri fratelli di
fede e non, ha raggiunto forse l’apice, così che anche le stesse notizie
falsificate o gonfiate per condannare soltanto una parte dei
contendenti e che una volta i mass media ci davano con dovizia di
falsi particolari, oggi non ci giungono quasi più o se qualcosa ci
viene riferito si tratta di una cosa marginale, ormai ci siamo
assuefatti. Lasciamo che un popolo muoia, noi stiamo bene. Invece non
è affatto così!
Oggi
a noi Occidentali due sole cose interessano e dobbiamo guardarcene: i Profughi che fuggono quella guerra ed arrivano sulle nostre coste, ed
i terroristi del neo califfato governato dai tagliagole, laggiù
convogliati da varie parti del mondo compresa la nostra democratica
Europa.
I
Profughi sono persone che per salvare la propria vita hanno
sacrificato tutto rischiando pure di perderla nella traversata delle
infide acque del Mediterraneo. Le loro Odissee ci dovrebbero
far riflettere: perché tutto questo? chi l’ha provocato? chi l’ha
voluto e soprattutto, chi l’ha sostenuto? Sono domande che non ho
mai letto sui giornali e tanto meno ho ascoltato in un TG. Queste
domande non ce le poniamo, perché siamo convinti (?) che abbiamo
aiutato un popolo a raggiungere la democrazia. E neppure qui ci siamo
posti la domanda: quale democrazia? No. Non possiamo porci questa
domanda perché siamo convinti che la democrazia sia la nostra. Ma
cos’è per noi la democrazia? Faccio un esempio banale per spiegare
a me e a chi legge cosa noi intendiamo per democrazia: la democrazia
per noi è come l’andare da un sarto e farsi fare un bel vestito
sulle proprie misure, una volta confezionato voglio che esso sia
indossato (con le mie misure) da tutti, dal magrolino al medio, dal
normale al super dotato ed anche da colui che misura di circonferenza
200-250 cm. Questa è la nostra democrazia. Bravi, bravissimi popoli
democratici!
Visto
che la nostra democrazia ha fallito, non è riuscita ad eliminare
colui che, pur non dichiarandosi campione democratico, governava il
paese secondo un sistema laico applicato ai principi socio-morali di
una società che egli conosceva. (Pardon! noi, però, la conoscevamo
meglio perché avevamo già il vestito pronto da far indossare a
tutti e valido per tutte le stagioni).
Non abbiamo capito il
pericolo dell’entrata in azione dei gruppi salafiti penetrati dalla
vicina Giordania, che attaccarono subito la base di Banias sul
Mediterraneo, non abbiamo neppure capito le formazioni terroristiche
che convogliavano nel Nord della Siria via Turchia.
Non
abbiamo capito neppure la loro prima 'dichiarazione del Califfato' fatta nella città di Raqqa. Abbiamo cominciato a capire qualcosa
quando ci sono state le prime teste tagliate, non ai siriani o agli
irakeni, bensì ai nostri, ai due – tre – quattro americani,
europei, ecc… solo in questo momento ci siamo resi conto di cosa
siamo stati capaci di mettere in piedi, ma nessuno ha il coraggio di
dire “mea culpa”. A noi non sono mai interessate le teste cadute
dei siriani, degli irakeni, degli yazidi, dei curdi, ecc… erano
cose che non ci toccavano, potevano farne cadere quante ne volevano,
tanto per noi erano tutti….. animali da macello.
Quando,
poi, i tagliagole hanno minacciato anche l’Europa e l'Occidente… ci siamo
svegliati quasi da un sogno. Abbiamo cominciato a pensare che bisogna
essere attenti…. Ma signori, ci rendiamo conto che molti di
questi tagliagole sono dei nostri paesi europei? Noi li abbiamo
tenuti e coltivati finché si sono uniti al califfo ed alle sue
masnade: tutto potenziale che un giorno ritornerà di
diritto a casa propria perché nativi locali e nostri compatrioti.
I
TG spesso, però, ci han fatto vedere chiese distrutte o
semplicemente croci divelte perché i tagliagole sono allergici ad
essa. Noi, paladini della libertà ed in nome della democrazia, in
varie zone d’Europa, non esclusa la nostra terra, abbiamo pensato
bene di far scomparire la croce dagli edifici pubblici, dalle scuole;
abbiamo fatto la battaglia contro il presepe (peraltro introdotto
nella tradizione cristiana dal paladino della pace San Francesco
d’Assisi). Tutto questo per non offendere la sensibilità di coloro
che domani potrebbero essere i nostri aguzzini.
La
rimozione della croce, il non fare il presepe, a parte tutto, sono
gesti stupidi e beceri da parte di chi pretende di essere democratico e
propagatore della libertà di espressione. La croce ed il presepe
sono parte integrante della nostra fede e della nostra cultura.
L’Europa è nata sotto il segno della croce e nessun può scalfire
questo segno impunemente.
Chiudo
queste riflessioni con un dubbio: quelli che han decretato la rimozione della
croce dalle scuole o dagli edifici pubblici, che han proibito di fare
il presepe a scuola, ecc… ritengono davvero che un giorno coloro per i
quali hanno tradito la loro coscienza, calpestato quella dei loro padri che per
generazioni e generazioni hanno creduto in questi due simboli
religiosi che non hanno mai fatto male a nessuno, tutt’altro ... questi signori credono che riceveranno un trattamento di favore? Gli
risparmieranno la testa? Fin
d’ora si mettano l’animo in pace perché i tagliagole hanno poca
stima di gente che si vergogna della propria identità. Non
si illudano che disprezzando le proprie radici salveranno la loro
testa . Poveri illusi!!!
+
Giuseppe Nazzaro
Vescovo
emerito di Aleppo
giovedì 12 marzo 2015
'Gli Stati Uniti vogliono ridisegnare la carta del Medio oriente, favorendo la nascita di Stati federali fragili, con l'obiettivo di garantire la sicurezza di Israele'
AsiaNews, 12 marzo 2015
Con Riyadh, Ankara e Doha, Washington “resuscita” i Fratelli musulmani contro lo Stato islamico
di Fady NounL’ascesa al trono di re Salman in Arabia saudita ha cambiato la politica del regno. Archiviata l’era del potente capo dell’intelligence Bandar ben Sultan, rafforzato l’asse con gli Stati Uniti. Il progetto di ricostituire la Fratellanza come come forza di influenza in tutto il mondo arabo. Gli Usa vogliono annientare lo SI e frammentare il Medio oriente per proteggere Israele.
L'avvento alla guida dell'Arabia saudita di re Salman ha causato una vera e propria rivoluzione a Palazzo. Due gli eventi principali, come sottolinea dietro anonimato un ricercatore franco-libanese residente a Parigi: la partenza del 65enne principe Bandar ben Sultan, il potente capo dei servizi di intelligence del regno wahabita e del suo gruppo, che hanno contribuito a plasmare la politica estera e di sicurezza del Paese per decenni; e la decisione di ricongiungersi con la Fratellanza musulmana.
Lo studioso spiega che questa decisione è stata caldeggiata con vigore dalla Casa Bianca. Al tempo stesso, il Dipartimento di Stato americano ha ricevuto di recente la visita di una delegazione di leader dei Fratelli musulmani e ricordato che, per quanto concerne gli Stati Uniti, "la Fratellanza non è né un gruppo terrorista, né seguaci della violenza". Anche lo stesso presidente Barack Obama ha ricevuto non molto tempo fa l'emiro del Qatar, molto vicino ai Fratelli musulmani.
Chiaramente, questo cambiamento di rotta nella diplomazia saudita e statunitense intende prima di tutto coinvolgere i Fratelli musulmani nella lotta contro lo Stato islamico (SI, Daesh in arabo) e al Qaeda in Iraq, in Siria, in Libia, in Tunisia, in Egitto e nello Yemen.
A fronte dei vantaggi per gli Stati Uniti nel caso di una simile svolta, vi sono anche elementi di preoccupazione per gli arabi democratici, primo fra tutti la conseguente destabilizzazione del presidente egiziano Abdel Fattah Sissi, in guerra aperta contro gli "Ikhwan". Washington finirebbe per commettere un errore madornale, come è avvenuto in precedenza in Iraq. Ben sapendo, peraltro, che anche lo stesso presidente al Sissi non è certo esente da colpe.
Il fallimento di una strategia
Ripercorrendo il tempo del regno di re Abdallah, l'esperto franco-libanese ricorda che Bandar ben Sultan per contrastare l'Iran e la Russia ha scelto per diversi anni di sostenere in modo massiccio le organizzazioni wahabite estremiste, in particolare in Iraq e Siria. Fra queste vi sono proprio al Qaeda e, soprattutto, lo Stato islamico con il suo progetto del Califfato.
Lo studioso sottolinea due elementi sorprendenti della strategia perseguita a lungo dall'ex responsabile dei servizi sauditi: la diffidenza - per non dire l'odio aperto contro l'amministrazione democratica americana, e contro gli Stati Uniti in generale. Questo atteggiamento potrebbe risultare sorprendente, sapendo che Bandar ben Sultan - durante il lungo soggiorno come ambasciatore a Washington - aveva stretto forti legami con la classe politica statunitense, oltre che con il gotha dello star system americano. Con una menzione particolare per la famiglia Bush e i magnati dell'industria militare a stelle e strisce.
Forse un giorno torneremo sui motivi profondi, "intimi" dell'anti-americanismo che albergano in Bandar, nella moglie e nella sua cerchia (il clan degli Al-Faisal). Per l'esperto non pare plausibile l'ipotesi che l'uomo e quello che egli rappresentava siano stati colpiti dagli attentati del 2001 negli Stati Uniti o, più di recente, dalle decapitazioni di cittadini americani.
"Rivoluzioni democratiche"
Un altro elemento attira la nostra attenzione, per quanto concerne la politica seguita da Bandar ben Sultan negli ultimi mesi: egli temeva che il presidente Obama potesse sollevare "rivoluzioni democratiche" guidate dai Fratelli musulmani nella penisola arabica e nel regno stesso... Al punto da correre il rischio di favorire la conquista dello Yemen da parti degli sciiti Houthi pro-Iran, perché ciò avrebbe messo all'angolo i membri di Al-Islâh, la potente branca yemenita dei Fratelli musulmani!
In breve, dal 25 gennaio il nuovo re Salman d'Arabia e il suo clan Soudeyri - che trae le proprie origini dalla sposa prediletta del fondatore della dinastia, Ibn Saud - hanno imposto una svolta netta, in collaborazione con il presidente americano sbarcato a Riyadh per la cerimonia di intronizzazione, accompagnato da dozzine di alti funzionari, funzionari dell'intelligence ed esperti.
La "nuova" strategia congiunta americano-saudita sarebbe quella di ripristinare la Fratellanza musulmana, come forza di influenza in tutto il mondo arabo. Il tutto, potendo contare sul sostegno di due storici protettori della Fratellanza: Qatar e Turchia.
Il breve e il lungo periodo
Quali sono le ragioni di questa nuova svolta? Nel breve periodo, se possibile, il presidente Obama vuole annientare lo Stato islamico, divenuto il nemico numero uno dell'America. Per questo può già contare sui curdi di Siria e Iraq (che non smette di armare) e sugli sciiti irakeni (sostenuti dall'Iran e da Hezbollah).
In Iraq Obama e i suoi alleati stanno preparando con cura la riconquista di Mosul, la grande metropoli sunnita della piana di Ninive. Una partecipazione dei Fratelli musulmani e delle tribù sunnite irakene in quest'assalto sembra indispensabile.
In Yemen, di fronte agli Houthi sciiti, al Qaeda, asserragliata nel sud e a est, pretende di incarnare essa sola "la resistenza sunnita". Per gli americani, è tempo di resuscitare al-Islâh (i Fratelli musulmani e le tribù) per offrire un'alternativa a quel 55% di sunniti yemeniti.
In Egitto, Obama spera di riconciliare il presidente Sissi e i Fratelli musulmani per fermare l'avanzata dei jihadisti wahabiti, che moltiplicano attacchi e attentati, soprattutto nel Sinai e nelle grandi città.
Anche in Libia un riavvicinamento fra i Fratelli e l'alleanza diretta dal generale Haftar (Cia) potrebbe forse rallentare la crescita di Daesh e di Ansar al Sharia, che minaccia il Sahel e il Magreb.
Ecco dunque che oggi, agli occhi del presidente Obama, solo i Fratelli musulmani - presenti in tutti i Paesi arabi, ben organizzati e presunti "moderati", disposti a collaborare con Washington - sono in grado sul versante sunnita di sfidare lo Stato islamico, in un periodo in cui il mondo arabo, diversi milioni di sunniti, è sensibile ai richiami dai toni radicali del wahabismo.
Nel lungo periodo, gli Stati Uniti vogliono - secondo quanto emerge da numerosi elementi - ridisegnare la carta del Medio oriente, favorendo la nascita di Stati federali fragili (sullo stile della Bosnia), associando fra loro diverse componenti etniche e religiose. Con l'obiettivo di garantire la sicurezza di Israele.
Se si riveleranno alleati "credibili", i Fratelli musulmani saranno chiamati a rappresentare, almeno in parte, la componente araba sunnita nei diversi Paesi coinvolti.
Le tattiche e strategie degli Stati Uniti a cosa conducono? Lo Stato islamico sarà sconfitto? I Fratelli saranno un alleato efficace e accomodante verso l'Occidente? L'attualità non tarderà a fornirci le risposte.
http://www.asianews.it/notizie-it/Con-Riyadh,-Ankara-e-Doha,-Washington-%E2%80%9Cresuscita%E2%80%9D-i-Fratelli-musulmani-contro-lo-Stato-islamico-33699.html
15 mars 2015 : Journée mondiale de prière pour la Syrie
Appel au monde entier : « Assez ! Assez ! Assez de la guerre en Syrie ! »
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L’appel du Patriarche Grégoire III :
« Le carême est un chemin de croix, et les pays arabes en sont à leur cinquième année de chemin de croix. La tragédie que nous vivons aujourd’hui est la plus importante depuis la seconde guerre mondiale. Nous sommes désemparés devant la douleur et la souffrance de toutes les communautés chrétiennes et musulmanes de notre peuple. Tout le monde a été touché par la pauvreté, la faim, le froid, le manque de vêtements, les maladies et invalidités.
Du plus profond de nos souffrances et de notre douleur en Syrie, nous crions avec notre peuple qui souffre, qui marche sur le chemin sanglant de la Croix, et lançons un appel au monde entier : Assez ! Assez ! Assez de la guerre en Syrie !
Nous croyons en la puissance de la prière et nous appelons à une journée de solidarité avec la Syrie, une journée de prière pour l’espérance et la paix en Syrie. »
martedì 10 marzo 2015
Farouq: "Ci dobbiamo chiedere: chi sta facendo propaganda per l’Isis? Chi sostiene i suoi crimini?"
Intervista a Wael Farouq
di Pietro Vernizzi
“In caso di un attacco dell’Isis questo avverrà contro una figura simbolica come il Papa”.
Lo denuncia Wael Farouq, intellettuale egiziano e professore dell’Università Cattolica di Milano, secondo cui “lo Stato Islamico ha i mezzi e soprattutto i finanziamenti per riuscire a organizzare questo tipo di attentato”.
Partiamo dai raid voluti dal presidente Al-Sisi. Quale ruolo può giocare l’Egitto in Libia?
Al-Sisi non ha attaccato la Libia né ha cercato di combattervi di sua spontanea iniziativa. Ciò che ha fatto è stata una semplice reazione allo sgozzamento di 21 cristiani egiziani. Non ha compiuto nulla di diverso rispetto a quanto ha fatto il re di Giordania dopo che il pilota Muadh al Kassasbe è stato bruciato vivo. Eppure la reazione internazionale all’azione della Giordania è stata molto diversa rispetto all’azione dell’Egitto. Il problema è esattamente questa differenza, e soprattutto il motivo per cui questa guerra è continuata fino a ora.
Lei ritiene necessario un intervento militare in Libia?
Sono contrario al tentativo di combattere la violenza con la violenza, e ritengo che non si debba intraprendere una nuova guerra. Ma in tempi di violenze così efferate e di un male così brutale, dobbiamo tutti essere chiari di fronte alla nostra coscienza.
Che cosa le sembra poco chiaro?
Non riesco a capire perché la comunità internazionale, e in particolare gli Stati Uniti ed alcuni Paesi europei, non siano scandalizzati per il fatto che il Qatar abbia continuato per anni a finanziare i gruppi terroristi, tra cui Isis e Al-Nusra. In questo modo il Qatar si è reso responsabile delle persone bruciate vive e dello sgozzamento dei cristiani in tutto il Medio Oriente. Non solo offre rifugio ai terroristi, ma Doha è l’unica capitale al mondo a ospitare una rappresentanza ufficiale dei talebani. Il Qatar è profondamente colluso con tutti i misfatti compiuti da Stato Islamico e Al-Qaeda. Questi problemi resteranno insoluti fino a quando gli interessi politici ci impediranno di dire ad alta voce che Qatar, Arabia Saudita e Turchia sono la fonte principale di tutta la violenza in Medio Oriente.
Che cosa ne pensa dell’attentato compiuto dall’Isis contro l’ambasciata iraniana a Tripoli?
L’Isis sta attaccando chiunque, perché è convinta che gli unici veri musulmani nel mondo siano i 40mila militanti che combattono sotto le sue bandiere. Per l’Isis insomma siamo tutti miscredenti. La vera questione su cui dovremmo indagare non è la natura dell’ideologia dell’Isis, ma i motivi per cui Paesi come Turchia, Qatar e Arabia Saudita stiano sostenendo i suoi crimini. Stiamo parlando dei tre principali alleati del mondo occidentale in Medio Oriente, eppure nessuno osa interrogarli sul loro sostegno al terrorismo.
Quanto è potente lo Stato Islamico?
I militanti dell’Isis sono soltanto dei tagliagole e da soli non potrebbero fare nulla senza il sostegno finanziario e le armi di Turchia, Qatar e Arabia Saudita. Ciò che ci dobbiamo chiedere è chi stia acquistando petrolio dallo Stato Islamico e chi stia facendo propaganda in suo favore.
Chi sta facendo propaganda per l’Isis?
Al-Jazeera, dopo l’attacco egiziano contro le basi dell’Isis in Libia, ha affermato che nei raid sarebbero rimasti uccisi dei civili tra cui un bambino. Si è poi scoperto che queste persone sono morte per una fuga di gas notturna avvenuta nella loro casa. E’ nostro dovere denunciare questa ipocrisia. Per Matteo Renzi, “il tema è molto delicato e serio, ma non servono esagerazioni, non siamo sotto attacco, non possiamo sottovalutare niente. Serve fermezza e non fughe in avanti”.
Che cosa ne pensa della posizione italiana?
Il vero rischio non è un lancio di missili contro l’Italia, che ritengo del tutto inverosimile. Il pericolo è un attacco terroristico contro il Vaticano e Papa Francesco. Queste persone cercano simboli, e colpire un simbolo come il Vaticano scatenerebbe il desiderio di guerra del mondo occidentale. Piazza San Pietro è un luogo altamente simbolico non solo per i cristiani, ma per l’Europa intera.
Quali sono le probabilità che questo attentato riesca?
Lo Stato Islamico è in grado di organizzare un attentato contro il Vaticano, e il motivo è che riceve sostanziosi finanziamenti dai Paesi del Golfo Persico. Dobbiamo temere un’azione compiuta da militanti che vivono in Europa, e che sono sostenuti dalle monarchie della Penisola Arabica e dai milionari wahabiti. Ci sono centinaia di milioni di euro l’anno che entrano in Europa dagli Stati del Golfo.
Che cosa ne pensa del dibattito sull’Islam in corso in Italia?
Da un lato c’è la Lega nord secondo cui l’Islam in quanto tale andrebbe respinto. Dall’altra la sinistra italiana risponde che in nome della democrazia va accettato anche lo stesso islamismo. Nessuna delle due parti comprende però i veri termini della questione. Il punto è che l’islamismo, inteso come attività politica che utilizza la religione quale suo programma, è ugualmente pericoloso per l’Europa e per l’Islam stesso. Ogni volta che si riduce l’Islam a una dottrina politica, la conseguenza diretta è che ci sono delle persone che uccidono e che sono uccise in suo nome. Il pericolo non sono i musulmani ma l’islamismo.
IL SUSSIDIARIO. Pubblicazione: lunedì 23 febbraio 2015
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2015/2/23/LIBIA-vs-ITALIA-Farouq-il-vero-obiettivo-dell-Isis-e-colpire-papa-Francesco/584779/
Il caso Qatar. Come finanziare tutti i
terroristi islamici del mondo senza
finire nella lista degli stati canaglia
Leggi di Più: Il caso Qatar, l'emirato che tifa Califfato | Tempi.it
http://www.tempi.it/caso-qatar-come-finanziare-tutti-i-terroristi-islamici-del-mondo-senza-finire-nella-lista-nera-degli-stati-canaglia#.VP9XF_yG911
sabato 7 marzo 2015
Aleppo: lezioni di coraggio e motivi di speranza nella fede di chi resta
Aleppo, lettera n° 21 del 1° marzo 2015
dai Fratelli Maristi
Quando ho aperto il mio computer per scrivere questa lettera, il telefono ha squillato per informarmi che una pioggia di granate aveva colpito Azizie, il quartiere centrale di Aleppo, vicino alla Cattedrale latina, mentre la gente usciva dalla messa delle ore 17. Pochi minuti dopo, mi chiamava l'Ospedale Saint Louis per informarmi che alcuni feriti gravi li avrebbero portati a casa nostra e che c’erano stati diversi morti tra cui una ragazza di 19, Sima K.
Purtroppo, da diverso tempo, è quello che ci aspetta ogni giorno, soprattutto negli ultimi 20 giorni, in cui i gruppi di ribelli armati si sono riversati sul nostro quartieri facendo ogni giorno, diversi morti e feriti o con i mortai, o facendo esplodere bombole di gas piene di esplosivo e di chiodi o mediante i cecchini (una delle ultime vittime dei cecchini è A. Nour, di 25 anni, guida del nostro gruppo scout e campionessa di basket). Vittime innocenti di una violenza cieca.
Il nostro ospedale è pieno di feriti curati gratuitamente nel quadro del nostro programma 'feriti di guerra'.
Triste Anniversario. Tra pochi giorni inizieremo il nostro quinto anno di guerra in Siria, cominciata nel marzo del 2011.
In Siria nessuno si sarebbe immaginato che le cose sarebbero andate in questo modo; nessuno in Siria voleva saperne di questa guerra, compresi gli oppositori al regime; nessuno (e mi riferisco proprio alla Siria) voleva la distruzione del paese, la morte di 250.000 persone (per non parlare delle centinaia di migliaia di persone ferite e/o mutilate) e l'esodo di milioni di rifugiati e la sofferenza di 8 milioni di evacuati.
Triste Anniversario. I siriani soffrono nel vedere il nome del loro paese associato al terrorismo internazionale, soffrono nel sapere che 30.000 persone provenienti da 80 paesi sono venute per combattere per la jihad in Siria come se la jihad facesse parte della tradizione siriana, come se la Siria fosse un paese di estremisti islamici mentre il paese è sempre stato un esempio di tolleranza e di convivenza tra le diverse religioni. I siriani, musulmani o cristiani, si sono sempre considerati prima di tutto siriani e poi appartenenti alla loro religione.
Triste Anniversario. I siriani temono il Daesh, questa mostruosità che vuole stabilire uno stato islamico che non ha nulla a che fare con il vero Islam, che ha allungato la mano su migliaia di siriani molto prima di uccidere ostaggi americani, inglesi o giapponesi.
Triste Anniversario. I cristiani siriani sono sconvolti dagli attacchi mirati del califfato islamico contro i cristiani caldei di Mosul, dal brutale assassinio dei cristiani copti egiziani in Libia, e più recentemente dall’allontanamento dei cristiani assiri dalla provincia di Hasaka in Siria. A chi toccherà la prossima volta? I cristiani della Siria sono angosciati... Noi abbiamo paura!
L'intera città senza acqua. Per il giorno quinto consecutivo! |
Triste Anniversario. Manchiamo sempre di tutto: petrolio, gas, elettricità, acqua, medicine e di tante altre cose necessarie. Gli Aleppini hanno freddo a causa di un inverno rigido come quello di quest'anno. L’unico mezzo per riscaldarsi sono le coperte. Anche l’acqua è razionata e ci viene fornita un giorno alla settimana.
Triste Anniversario. Il costo della vita è salito alle stelle, i prezzi di prima della guerra dei vari prodotti si sono moltiplicati per 5 e a volte per 10. La gente è diventata più povera... la disoccupazione è spaventosa. Secondo le agenzie delle Nazioni Unite, il 70% della popolazione siriana vive sotto la soglia della povertà.
Triste Anniversario. I siriani sono disperati, non riescono a vedere una via d'uscita dalla crisi. Se ne vanno dal paese in modo definitivo, senza idea di ritornare. La Siria e in particolare Aleppo, si spopola soprattutto di cristiani. Abbiamo paura di finire come i cristiani di Mosul ... o come quelli di Hassake ... oppure di morire stupidamente colpiti da una scheggia o da un cecchino.
Triste Anniversario.. I siriani sono, a dir poco, delusi dall'atteggiamento dei governi occidentali e dalla comunità internazionale, da questi pompieri-piromani che non vogliono spegnere il fuoco che hanno promosso e finanziato mediante dichiarazioni televisive, ma che non hanno il coraggio di avviare una soluzione politica in contrasto con i loro interessi egoistici. Siamo disgustati da tutti i media che mostrano o parlano soltanto della sofferenza di 300.000 persone che vivono nei quartieri di Aleppo controllati dai gruppi di ribelli armati, dimenticando i 2 milioni di persone che vivono nella parte che si trova sotto il controllo del stato siriano e che soffrono come gli altri e forse più degli altri.
Di fronte a tante tragedie, delusioni, sofferenze, angosce, paure, disperazioni… che cosa possiamo fare? ... Possiamo fare qualcosa? Rimanere... perché ? Rimanere… per che cosa? ... Siamo degli eroi o degli stupidi? ... C’è ancora una speranza di ritorno ad una vita normale? Di ritorno alla pace?
Gli Aleppini, rimasti sul posto, ci danno lezioni di coraggio e motivi di speranza.
Quando li vedi fare qualsiasi lavoro per sopravvivere, mandare i figli a scuola o all'università nonostante l'insicurezza, uscire ogni mattina da casa senza alcuna garanzia che ti assicuri che una pallottola di un cecchino non ti colpisca lungo la strada, rimanere in casa sapendo che la prossima bomba potrebbe cadere sulla loro costruzione, giorno dopo giorno contando solo su se stessi e… su Dio. Sì, quando si vede il loro coraggio e la loro capacità di recupero, le nostre domande senza risposta tacciono e noi assorbiamo il colpo e andiamo avanti.
Ed è proprio per loro che noi, Maristi Blu, continuiamo i nostri programmi e progetti.
Il progetto Maristi Blu per alloggiare gli sfollati sta crescendo e continua il suo percorso. Abbiamo già sistemato 57 famiglie di sfollati, e, se non siamo stati in grado di fare di più, è solo per mancanza di mezzi.
I nostri vari cesti alimentari mensili sono sempre distribuiti con grande generosità (questi cesti oltre ai generi di prima necessità come zucchero, riso, formaggio, marmellata, lenticchie, olio, ecc, contengono uova, carne, pollo e latte in polvere per bambini. Nel cesto vi sono circa 22 prodotti); il cesto della montagna per le famiglie cristiane sfollate da Jabal Al Sayed, il cesto dei Maristi Blu per gli sfollati di famiglie musulmane ed il cesto Orecchio di Dio per le famiglie che vivono in estrema precarietà senza essersi spostate . Oltre al cibo, diamo a queste famiglie vestiti, materassi, coperte e utensili da cucina, ecc. Presto, distribuiremo le scarpe a tutti i bambini. Ogni giorno alle ore 12 distribuiamo 550 pasti caldi.
Il programma 'feriti di guerra' continua la sua missione curando, gratuitamente, nel migliore ospedale di Aleppo i civili feriti. Grazie alla generosità e al volontariato dei migliori medici e chirurghi della città e la dedizione delle Suore di san Giuseppe dell'Apparizione, in due anni abbiamo curato centinaia di casi e salvato decine di feriti dalla morte. In questo ultimo periodo purtroppo non possiamo prenderci un giorno di riposo: sono troppi i civili colpiti da colpi di mortaio che cadono improvvisamente ovunque.
Continuiamo anche a prenderci cura dei bambini e dei giovani che per noi sono sempre una priorità.
I due progetti 'Imparare a crescere' e 'Voglio apprendere' intrattengono ogni giorno di più di 150 bambini di età prescolare e scolare (che non vanno a scuola per vari motivi).
Il gruppo Skill School (incontri per adolescenti per realizzare progetti comuni) e Tawassol (corsi per le giovani mamme per imparare l’inglese, l’informatica, realizzare lavori pratici…) ha ripreso a funzionare dopo la pausa natalizia.
Il nostro centro di formazione M.I.T. (Marist Institute for Training: conferenze di tre giorni di riflessione e arricchimento culturale) è tempestato di richieste di partecipazione ai vari workshop che organizziamo due volte al mese per 20 giovani adulti. I temi degli ultimi laboratori sono stati: la gestione del tempo, come scrivere un resoconto, la creatività, la contabilità con un programma per computer… Anche le conferenze mensili sono molto apprezzate.
Infine Oasi, il nostro centro di formazione spirituale per i giovani cristiani che da diversi mesi organizza seminari-ritiri per i giovani che lo desiderano e che sta prendendo sempre più consistenza.
Venerdì 27 febbraio abbiamo organizzato una giornata di formazione per 70 volontari Maristi Blu. Abbiamo affrontato il tema marista di quest’anno : l’Anno Montagne: essere sensibili alla condizione dei poveri, come lo è stato San Marcellino Champagnat che, di fronte al giovane analfabeta che stava morendo, decide di fondare la Congregazione dei Fratelli Maristi. I nostri volontari sono straordinari, sensibili verso gli altri, generosi, rispettosi della dignità degli altri e vivono la solidarietà secondo lo stile evangelico.
Quello che ci conforta e ci incoraggia è la rete di migliaia di amici che noi Maristi Blu abbiamo nel mondo, sono centinaia i messaggi di amicizia e di solidarietà che riceviamo ogni mese dai 5 continenti.
Cari amici, noi apprezzano la vostra amicizia, la vostra solidarietà ci conforta, le vostre donazioni rendono possibile il nostro lavoro, il vostro incoraggiamento ci permette di andare avanti e le vostre preghiere ci sostengono.
Un secolo fa nel 1915 è stato compiuto dagli Ottomani il genocidio contro gli armeni e i siriani. Un sacerdote domenicano, Jacques Rhétoré, un grande studioso, ne è stato testimone e scrisse la sua testimonianza in un libro intitolato “Cristiani alle bestie”. Purtroppo i cristiani, nel nostro paese, sono ora in preda ai barbari. Possiamo essere testimoni o vittime di un eventuale secondo volume di questo libro.
Tuttavia, e nonostante tutto, anche se abbiamo perso un po' la speranza, manteniamo intatta la nostra Speranza, senza la quale la nostra fede è priva di significato.
Nabil Antaki
A nome dei Maristi Blu
PER INVIARE AIUTI AI MARISTI DI ALEPPO POTETE CONTATTARE IL DOTTOR NABIL ANTAKI A QUESTO INDIRIZZO: nabilantaki@hotmail.com
Siria. Mons. Khazen: conflitto pianificato da potenze straniere
Il rifiuto opposto dalle forze anti-Assad alla tregua umanitaria ad Aleppo proposta dall'inviato Onu Staffan de Mistura rappresenta “un fatto grave” e dimostra per l'ennesima volta che il conflitto siriano “non avrà fine fino a quando vorranno farlo durare tutte le forze che lo stanno alimentando dall'esterno”. Così il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, considera il rifiuto con cui i gruppi – compresi quelli sostenuti dall'Occidente – hanno respinto l'ipotesi di un cessate il fuoco che consentisse di portare aiuti alla popolazione della metropoli martoriata da anni di conflitto.
I ribelli hanno rifiutato la tregua
Lo stesso inviato Onu de Mistura ha riferito che il governo di Damasco si era detto disponibile a una tregua di sei settimane. Sull'altro fronte, la galassia delle opposizioni militari – che comprende sigle jihadiste come al-Nusra e minoritari e ininfluenti gruppi di “ribelli” riconosciuti e sostenuti da Paesi occidentali – ha risposto di non essere disposta a prendere in considerazione il piano, se esso non comporta anche l'uscita di scena finale di Assad e degli uomini del suo apparato, da sottoporre a giudizio per crimini di guerra.
La guerra continuerà finchè le potenze straniere vorranno alimentarla
I Gruppi di opposizione collegati nella Commissione rivoluzionaria di Aleppo hanno finora rifiutato di incontrare De Mistura, sostenendo che una tregua prolungata avrebbe solo l'effetto di rafforzare le posizioni dell'esercito governativo. “La nettezza del rifiuto - sottolinea dialogando con l'agenzia Fides il vescovo Abou Khazen – conferma, a suo modo, il dato che tutti noi abbiamo ben chiaro da tempo: la guerra continuerà finché le potenze straniere vorranno alimentarla. Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni. Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni... Prima delle rivolte, i novecento chilometri con la frontiera turca erano presidiati, e se per caso un pastore varcava il confine per recuperare una pecora fuggita, gli sparavano e lo ammazzavano. Adesso migliaia di miliziani da lì entrano in Siria con armi pesanti, mentre vengono respinti i profughi che dalla Siria provano a andare dall'altra parte per fuggire alle violenze dei jihadisti”.
Il destino della Siria è nelle mani di Dio
Davanti a questo tragico scenario – spiega il vescovo – rimane solo la speranza che nasce dalla fede: “Come San Paolo, speriamo contro ogni speranza. Perché sappiamo per esperienza che il nostro Signore è grande e buono. Il nostro destino è nelle sue mani, e non nelle manovre interessate di una o dell'altra tra le potenze del mondo, per quanto grande essa sia”.
http://it.radiovaticana.va/news/2015/03/04/siria_potenze_straniere_ci_pianificano_dallesterno/1126930
I ribelli hanno rifiutato la tregua
Lo stesso inviato Onu de Mistura ha riferito che il governo di Damasco si era detto disponibile a una tregua di sei settimane. Sull'altro fronte, la galassia delle opposizioni militari – che comprende sigle jihadiste come al-Nusra e minoritari e ininfluenti gruppi di “ribelli” riconosciuti e sostenuti da Paesi occidentali – ha risposto di non essere disposta a prendere in considerazione il piano, se esso non comporta anche l'uscita di scena finale di Assad e degli uomini del suo apparato, da sottoporre a giudizio per crimini di guerra.
La guerra continuerà finchè le potenze straniere vorranno alimentarla
I Gruppi di opposizione collegati nella Commissione rivoluzionaria di Aleppo hanno finora rifiutato di incontrare De Mistura, sostenendo che una tregua prolungata avrebbe solo l'effetto di rafforzare le posizioni dell'esercito governativo. “La nettezza del rifiuto - sottolinea dialogando con l'agenzia Fides il vescovo Abou Khazen – conferma, a suo modo, il dato che tutti noi abbiamo ben chiaro da tempo: la guerra continuerà finché le potenze straniere vorranno alimentarla. Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni. Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni... Prima delle rivolte, i novecento chilometri con la frontiera turca erano presidiati, e se per caso un pastore varcava il confine per recuperare una pecora fuggita, gli sparavano e lo ammazzavano. Adesso migliaia di miliziani da lì entrano in Siria con armi pesanti, mentre vengono respinti i profughi che dalla Siria provano a andare dall'altra parte per fuggire alle violenze dei jihadisti”.
Il destino della Siria è nelle mani di Dio
Davanti a questo tragico scenario – spiega il vescovo – rimane solo la speranza che nasce dalla fede: “Come San Paolo, speriamo contro ogni speranza. Perché sappiamo per esperienza che il nostro Signore è grande e buono. Il nostro destino è nelle sue mani, e non nelle manovre interessate di una o dell'altra tra le potenze del mondo, per quanto grande essa sia”.
http://it.radiovaticana.va/news/2015/03/04/siria_potenze_straniere_ci_pianificano_dallesterno/1126930
martedì 3 marzo 2015
Padre Daniel : ai 'reporter di guerra' che dopo 4 anni ancora continuano con la propaganda ....
da Padre Daniel Maes
Qara, venerdì 27 febbraio 2015
Una Quaresima bizantina con tante varietà
Venerdì, sabato e domenica scorsi erano collegati a celebrazioni speciali nella liturgia bizantina di quaresima. Adesso ogni venerdì si canta in piedi il lungo ”acathist”, cioè un inno cantato in onore alla Madonna. Tanto tempo fa, con questo inno fu posto fine all’assedio di Costantinopoli. In ogni caso nel novembre 2013, quando eravamo assediati, abbiamo anche noi cantato questo inno ”acathist” nel nostro rifugio (anche quando eravamo stesi sul nostro materasso) e siamo anche stati risparmiati in modo più miracoloso. I terroristi erano improvvisamente scomparsi come neve al sole.Il sabato della prima settimana di Quaresima, abbiamo celebrato il cosiddetto 'miracolo dei granelli di zucchero'. La tradizione afferma che Giuliano l'Apostata, il 16 febbraio 362 aveva ordinato di far vendere solo carne che era stata sacrificata agli idoli e dunque contaminata, in modo che tutti i cristiani, ignoranti di questo, avrebbero comprato e mangiato questo cibo. Il Patriarca Eudosso, però , era stato avvertito in una visione e aveva messo in guardia i cristiani, in tal modo che in quel giorno si mangiarono solo cereali bolliti e zuccherati. Cosi, abbiamo mangiato in questo sabato come dessert questi cereali zuccherati.
Mentre la liturgia latina ricorda la lotta spirituale di Gesù nel deserto, qui la prima Domenica di Quaresima è dedicata alla cosiddetta ortodossia, con la quale si celebra la vittoria sugli iconoclasti o distruttori d’icone. Quest'ultima eresia che infuriava e divideva la Chiesa d’Oriente, è stata respinta in modo solenne dal Concilio di Nicea nel 787, che decretò che la venerazione delle icone è focalizzata sul mistero che è raffigurato sull'icona e quindi è del tutto giustificata. Dopo l’Eucaristica si è svolta una processione in cui ognuno portava un'icona.
I nostri rifugiati musulmani condividono la nostra Quaresima a modo loro. Cosi loro digiunano con noi durante la giornata e la sera fanno festa. Qualche volta loro ci portano la sera alcuni piatti gustosi con i quali loro vogliono incoraggiarci nella Quaresima.
Perché Rudi Vranckx (un giornalista belga) non osa scrivere la verità?
Questa domanda vale naturalmente anche per molti altri giornalisti della stampa “mainstream”. Ci limitiamo a lui perché è il più noto “reporter” di guerra in Belgio..
Il 17/2/2015 ha scritto "Una nuova guerra basata sul Terrore?". L'articolo comincia così: "L'illegalità e uno Stato disintegrato, frustrazioni, ribellioni, violenze e milizie armate ... Quel mix d’ingredienti che conosciamo già da tanto tempo in Siria e in Iraq. Questi ingredienti sono il terreno di coltura ideale per il terrore del Califfato. "
Con questo egli vuole offrire ai lettori una spiegazione per la nascita dei gruppi terroristici in Siria e in Iraq, scritto in modo tale da piacere all’Occidente. Lui spiega anche come la NATO ha posto fine "alla dittatura di Gheddafi." Nel mezzo, sta il "grande potenziale di jihadisti Egiziani", come “reazione di malcontento contro il colpo militare di al-Sissi". Questo è esattamente in linea con l’attuale opinione pubblica, così politicamente e giornalisticamente corretto. Quindi la miseria in Siria, Iraq, Egitto è provocata da quei paesi stessi. Sulla base di queste chiare insinuazioni le persone possono loro stesse compilare la fine della storia, cioè: il popolo si è ribellato contro un dittatore terribile, che è la causa di una guerra civile, e da qui è nato il movimento pericoloso dello Stato islamico. Infine egli ci offre riflessioni su ciò che l’Occidente nella sua innocenza – come spettatore compassionevole a distanza – può o dovrebbe fare. "Un intervento congiunto?", "Nuove misure"? Ma anche qui ritorna di nuovo il rischio che "i Russi non saranno d’accordo." In breve, come un maestro di scuola per bambini, che dà loro l'impressione di sapere tutto, cosi il signor giornalista enumera in modo conciso le diverse opinioni e aspettative circa la situazione, esattamente come previsto dall'odierna opinione pubblica occidentale. Con ciò egli ha detto quasi tutto, tranne la verità, e quella era davvero l'unica cosa che doveva scrivere.
Dopo 30 anni di dominio coloniale dall’Italia e 20 anni da parte del Regno Unito e degli Stati Uniti, la Libia è nata nel 1969. L'anno successivo, tutte le basi militari del Regno Unito e degli Stati Uniti sono state abolite e la British Petroleum è stata nazionalizzata. La banca mondiale (nella lingua fiamminga si scrive con lettera maiuscola, che io rifiuto) ha scritto nel 2010 che la Libia aveva "un alto livello di crescita economica". La Libia aveva il suo sistema bancario e l'accesso del pubblico alle università con non meno di 46%. Anche un paio di milioni d’immigrati africani lì avevano trovato lavoro con un reddito elevato, a parte le generose sovvenzioni che sono state donate al popolo in quasi tutte le occasioni (studiare, sposarsi, costruire ...). Gheddafi, senza dubbio un tipo strano, ha elevato in breve tempo la povera Libia e la sua povera popolazione al 21° più ricco stato del mondo. I cittadini comuni vivevano agiatamente. E' stato il paese africano più prospero e Gheddafi stava anche per formare una sorta di Unione Africana. Gheddafi aveva deciso che la ricchezza petrolifera doveva essere a beneficio del popolo di Libia e non dell' America (come a suo tempo fece anche Chavez di Venezuela). La NATO, sostenuta dagli Stati Uniti – Israele e alleati, ha macellato e distrutto questo paese sovrano, una verità che apparentemente il nostro giornalista belga non ha mai sentito .
Nel mese di aprile 2009, Hillary Clinton riceve molto affettuosamente il figlio di Gheddafi in Washington e gli assicura che la cooperazione tra i due paesi sarà approfondita e ampliata. E' esattamente questa Hillary, che organizzerà l’invasione della Libia. Petrolio e oro erano troppo seducenti e il fatto che la ricca Libia avrebbe potuto essere il leader di un'Africa prospera doveva essere impedito a tutti costi. Sempre nel 2011, la Libia protesta contro la consegna di armi agli jihadisti, fatta “dal Qatar con il permesso della NATO". Fu una protesta senza successo. “L'azione liberatrice" dell'Occidente doveva continuare. Noi stessi nel 2012 abbiamo avuto un colloquio presso il nostro Ministero degli Affari Esteri. Anche se era stato previsto un colloquio personale, all’ultimo momento il ministro non potè essere presente, ma inviò un alto funzionario. Alla nostra domanda se nei mesi di bombardamenti della Libia, i nostri F16 belgi non hanno provocato morti di civili, lui scosse la testa, guardò l'orologio e si scusò perché doveva partecipare con urgenza un'altra riunione. Una flotta di F16 che sa bombardare per mesi un paese sovrano senza che cada un solo morto, merita una menzione nel record dei Guiness.
Dopo l'assassinio di Gheddafi, sono passati alcuni giornalisti indipendenti nel nostro monastero e ci hanno spiegato esattamente com’è andata. Loro hanno partecipato a un famoso incontro di giornalisti internazionali. Per un grande ritratto di Gheddafi hanno bruciato dell'incenso, che è stato ampiamente filmato. Questo serviva come prova di come Gheddafi si lasciava adorare come un dio dal popolo. Ci sono storie di repressioni sanguinose e massacri del suo popolo da parte del leader libico, ma senza alcuna prova. La metà dei cosiddetti "giornalisti internazionali" erano agenti segreti delle potenze occidentali, che dovevano assicurare il coordinamento dei bombardamenti. Tutte le accuse di omicidio del proprio popolo da parte del leader libico sono state smascherate come menzogne (come l'esistenza di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, le torture orribili del presidente siriano, che erano invece tutti pretesti per invasioni militari). Ma il nostro giornalista di guerra, Rudi, continua a raccontarci che tutto era colpa del popolo libico e del suo leader stesso!
Quando io sono arrivato in Siria nel 2010, non c'era niente da notare dell' "illegalità e uno Stato disintegrato, frustrazione, ribellione, violenza e milizia armata ... " tra la gente. C'era una prosperità decente. Non c’erano armi da temere. C’era una sicurezza quotidiana che non esisteva in nessun paese europeo. Quando avevi dimenticato una fotocamera costosa da qualche parte in un luogo pubblico, si poteva andare prenderla più tardi nello stesso posto. Ogni turista ripeteva le stesse storie di sicurezza di una società armoniosa e cordiale. Certamente c’erano punti deboli (in quale paese non ci sono?) soprattutto nel settore delle libertà politiche personali. Nel frattempo, il governo ha lavorato con impegno attraverso elezioni democratiche e un sistema multipartitico. Il nostro giornalista belga Rudi non può segnalare questo, perché la CIA ha determinato che questa non è informazione “politicamente corretta” ?
Ho visto con i miei occhi la nascita della ribellione nel nostro villaggio, come ho già descritto tempo fa, e così è andato anche altrove. Sono venuti degli estranei dall'esterno. Ma no, secondo Rudi si trattava di uno Stato disintegrato, d’illegalità e di frustrazioni del popolo stesso...
In Egitto il compito di Morsi – eletto con estrema difficoltà, soprattutto con l’aiuto massiccio dell’occidente – era di consegnare il paese al terrore dei fratelli musulmani ed egli ha cominciato il suo compito di disintegrazione del paese appena seduto al potere. Ho già pubblicato una lettera dettagliata degli amici di Egitto, che hanno vissuto tutto. E' incredibile il disastro che Morsi insieme con i suoi amici fratelli musulmani ha causato tra la gente. Il popolo ha costretto il capo dell'esercito al-Sissi a proteggere il paese. Al-Sissi ha fermato il terrore dei Fratelli Musulmani, sostenuto dall'Occidente. Inoltre Al- Sissi non ha avuto alcuna ambizione politica, ma la gente l’ha forzato a prendere la presidenza, vista la situazione disastrosa del paese. Ma no, il nostro Rudi si sente tuttavia chiamato ad aiutare i Fratelli musulmani terroristi a ritornare al potere.
Anche l’Iraq doveva venire sotto il dominio occidentale. L'America aveva già appurato che mezzo milione di bambini sono morti a causa di pesanti sanzioni. Quando un giornalista ha chiesto al Segretario di Stato americano Madeleine Albright se questi morti fossero giustificati dalla guerra, lei rispose semplicemente: “noi pensiamo di sì”. Nel 2003, la menzogna delle armi di distruzione di massa poteva essere sufficiente per un’invasione militare devastante, uccidere centinaia di migliaia di persone innocenti e "re-organizzare” il paese verso il caos. Nel frattempo, i gruppi dell’IS erano già stati formati dall’occidente in tal modo che loro potessero ormai fare il lavoro più sporco. Ma no, della distruzione del paese attraverso un'invasione militare degli Stati Uniti e del Regno Unito, di questo il nostro Rudi ancora non ha mai sentito parlare. La colpa è di nuovo del popolo stesso.
Negli primi anni ottanta, era già previsto di mettere anche la Siria sotto il terrore dei Fratelli Musulmani. Hanno iniziato con una serie di attacchi. Hanno selezionato 80 reclute, di origine alauita, in una scuola di cadetti e le hanno subito decapitate. Poi ci fu un attentato al presidente Hafez stesso, con due granate. Uno di loro l'ha ricevuta indietro con un calcio, mentre l'altra granata ha ucciso la sua guardia del corpo. Per lui era abbastanza, e ha sradicato i focolai dei fratelli musulmani con 10 o 20.000 morti. Le persone che hanno vissuto quel periodo hanno dichiarato che la reazione tra il popolo era di un grande sollievo. All'inizio della guerra nel 2011, alcuni anziani hanno accusato l'attuale presidente di non aver fatto la stessa cosa di suo padre. Ma Assad era abbastanza saggio da capire che la situazione attuale è completamente diversa e molto più grave.
Dopo quattro anni, chiunque - anche un giornalista di VRT (la televisione belga) – può essere informato che i combattenti fanatici sono di origine mondiale e che questi ragazzi sono reclutati e inviati da tutto il mondo per destabilizzare il paese come una preda per l’occidente. Gli interessi del vecchio dominio mondiale anglosassone sono immensi. Strategicamente, la Siria è il luogo più importante del Medio Oriente, sia militarmente sia economicamente. Chiunque è al potere in Siria può controllare tutto il Medio Oriente e si trova anche davanti alla porta di Iran, Russia e persino la Cina. Di più, la Siria dispone inoltre d’immense riserve di gas ed il luogo centrale per la sua distribuzione si trova in Homs. Ma, a queste cose il nostro Rudi non ha ancora pensato.
Una sola superpotenza vuole a tutti costi rimanere un sovrano assoluto e ha già reso questa terra piena di basi militari con materiali di distruzione. Qualsiasi paese che rifiuti di sottomettersi sarà irrevocabilmente destabilizzato . Il governo sarà rovesciato e sostituito da burattini occidentali o quella terra sarà semplicemente bombardata. Tutto secondo le regole stabilite dagli USA. La NATO ora è il servo docile di questa macchina da guerra mondiale e ha già riempito l'ex blocco orientale europeo di personale e di attrezzature militari . Il fatto che migliaia di persone innocenti sono uccise, milioni condannate a una vita di povertà e paesi colpiti bombardati all'età della pietra, ciò non ha nessuna importanza per i governanti occidentali, ma significa solo una nota a piè di pagina. Ieri era l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia, adesso la Siria e ancora una volta l'Iraq, domani la Russia, la Cina o l'Iran? E le motivazioni rimangono sempre le stesse. Solo perché Putin vuole impedire tutto questo, vuol dire che egli è considerato un pericolo? Se Putin avesse capito più presto le vere intenzioni dell’occidente, probabilmente la Libia sarebbe ancora oggi un paese sovrano con un popolo fiorente. Umanamente parlando, noi dobbiamo ringraziare Putin che la Siria esiste ancora (e che noi siamo ancora vivi) e dobbiamo anche ringraziare Putin perché siamo ancora capaci di resistere alla follia dell’occidente, con un popolo siriano unito, con un esercito siriano, con un governo siriano e con un presidente siriano, una situazione che i paesi occidentali possono solo sognare ....
Io rimprovero Rudi e soci, con una conscia o inconscia (?) cecità, di voler ritornare ai tempi pagani arcaici dei miti greci, che non erano in grado di rivelare la verità delle vittime innocenti e si schieravano sempre dalla parte degli oppressori. Con i loro articoli e relazioni si schierano sempre dalla parte degli assassini, anche quando visitano con un’aria di compassione mascherata un campo di profughi. Grazie ai loro articoli e servizi il flusso di profughi e gli attacchi terroristici possono continuare senza punizione.
Ma secondo tutti i Rudi, le difficoltà in questi paesi sono comunque il risultato dell’ illegalità e della frustrazione del popolo stesso e non sono per niente la creazione dell’occidente. E cosi questi giornalisti sono complici di crimini contro l'umanità. Questo deve fermarsi.
Rudy, in nome del popolo siriano e dei popoli del Medio Oriente, racconta una volta la verità e finisci di ripetere a pappagallo la propaganda occidentale. Se un imprenditore ricco paga alcuni criminali per incendiare la compagnia del suo concorrente e se tu descrivi quanto il fuoco sia già progredito con tutti i dettagli circa le tende, senza dire chi, di fatto, sono i criminali che hanno attizzato il fuoco, allora tu sei un impostore.
Se l'America, affiancata da 19 paesi - dall’agosto 2014 - combatte presumibilmente l’IS e se invece l’IS diventa sempre più forte, allora si dovrebbe essere da qualche tempo consapevoli che non c'è l'intenzione di combattere l' IS, ma che loro scopo è piuttosto la distruzione delle infrastrutture della Siria. Se oggi invece le grandi potenze chiudessero in modo efficace il flusso di denaro e qualsiasi aiuto all’IS, l’IS crollerebbe come un castello di carte, già la settimana successiva. Quando l’IS in giugno 2014 entrava dal deserto siriano in Iraq con una lunghissima coda di furgoni Toyota (com’è possibile in pieno deserto senza protezione aerea?), un bombardamento avrebbe potuto eliminare tutti in poche ore. Tuttavia, l’unico scopo di queste foto era che ci volevano ancora molti più bombardamenti in questa zona.
"Il gruppo armato dello stato islamico non è solo protetto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, ma anche addestrato e finanziato da Stati Uniti e NATO, con il sostegno di Israele e degli Stati del Golfo", scrive Michel Chossudovsky, il direttore del centro di ricerca sulla globalizzazione e professore emerito di scienze economiche presso l'Università di Ottawa, su Mondialisation.ca, il 20 febbraio 2015. Il 23 febbraio, due aerei inglesi sono precipitati in Al-Anbar (Iraq). Questi aerei erano pieni di armi per l’IS e la Siria ha abbattuto due elicotteri, anch'essi pieni di materiale per IS. Tuttavia, i nostri giornalisti faranno di tutto per tenere nascosta questa informazione e al contrario danno tutta la colpa al popolo di Siria e di Iraq. Così l'Occidente può continuare a fare la guerra e a sostenere l’IS.
Rudi Vranckx, a Damasco i bambini muoiono di fame e di freddo, mentre la Siria in passato generava un’abbondanza di cibo ed energia. Ogni giorno la gente muore in attentati in un paese in cui la popolazione prima viveva nella massima sicurezza. Questo accade in parte anche perché tu incoraggi questa guerra assurda contro la Siria con le tue mezze verità e bugie intere.
La mia unica conoscenza e penso anche la mia sola autorità è quella di una vittima innocente per più di quattro anni (che è sopravvissuta a questa follia di guerra fino ai giorni nostri in modo miracoloso).
D. Maes o. praem. Mar Yakub, Siria,
27 febbraio 2015
(traduzione dal fiammingo di A.Wilking)
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