Incontro con Nabil Antaki, uno dei fondatori dei Maristi Blu, l'organizzazione religiosa che si occupa di difendere gli ultimi in Siria: «I paesi europei dicono che sono sommersi di migranti, ma allo stesso tempo, con le sanzioni, ci impediscono di ricostruire il nostro paese»
La situazione siriana negli ultimi anni è rimasta piuttosto congelata e dopo il terremoto che ha colpito il nord del paese e la Turchia, è divenuta ancora più complessa. Succedeoggi ha fatto il punto sulla situazione ad Aleppo con Nabil Antaki, uno dei fondatori dei Maristi Blu.
Come sono nati i Maristi Blu?
I “Maristi blu” sono un gruppo di fratelli consacrati e laici che si ispirano alla spiritualità marista e al carisma di San Marcellino Champagnat, per vivere il Vangelo nella vita quotidiana con semplicità, modestia e umiltà. Questo gruppo è composto da un’équipe formata da un fratello marista e due laici e da 150 volontari e personale retribuito. Con il nome di “Orecchio di Dio”, dal 1986 aiutiamo le famiglie cristiane più povere di Aleppo, accompagnandole e aiutandole nei settori della casa, dell’istruzione, della salute e del lavoro. Dall’inizio del conflitto ad Aleppo, nel luglio 2012, abbiamo cambiato il nostro nome in “Maristi Blu” e abbiamo ampliato il nostro raggio d’azione per includere, oltre alle famiglie più povere, migliaia di famiglie sfollate, sia cristiane che musulmane. Il motto dei Maristi Blu è: “vivere in solidarietà con gli indigenti per alleviare le sofferenze, sviluppare l’umano e seminare speranza”. Negli ultimi 10 anni, abbiamo realizzato numerosi progetti di soccorso, educazione e sviluppo umano che hanno toccato migliaia di persone.
Qual è la situazione ad Aleppo dopo il terremoto?
Molti palazzi sono crollati e subito dopo le scosse, molti hanno lasciato le loro case. Centinaia di migliaia di persone per un mese hanno vissuto in strutture pubbliche, o in chiese, moschee e in parchi. Molti hanno dormito in strutture dei Maristi Blu. Altri sotto le stelle o in palestre. Una situazione catastrofica, bisognava dare da mangiare a queste persone, darli materassi e soprattutto rassicurarli. Oggi, dopo due mesi, quasi tutti sono tornati alle loro case, se non erano crollate. Le persone le cui case sono crollate, invece, hanno trovato delle residenze temporanee. I centri si sono per fortuna svuotati e piano piano la situazione sta tornando alla normalità.
Quali sono le urgenze più gravi?
Le urgenze sono tante, non solo quelle legate al terremoto, ma soprattutto quelle legate agli strascichi della guerra. La crisi economica continua a essere molto forte, le infrastrutture sono distrutte al sessanta per cento e non c’è stata una vera ricostruzione, perché le sanzioni economiche impediscono ogni investimento nel paese. La disoccupazione è altissima come l’inflazione. Il novanta per cento della popolazione si è impoverita e ha bisogno di aiuto per vivere e dopo il sisma la situazione è peggiorata.
Ci sono problemi di salute?
Noi e altre associazioni, abbiamo pagato l’affitto per un anno, alle persone le cui case non sono più agibili. Per fortuna dopo il terremoto non vi sono stati particolari problemi epidemici. L’estate scorsa avevamo avuto il colera, ma per fortuna non si è più ripresentato. Il vero problema è che la gente si è impoverita cosi tanto da non poter più permettersi cure mediche in caso di malori importanti o operazioni. Sono costretti ad andare, da associazione ad associazione, per chiedere aiuto.
Su quali progetti state lavorando?
Il progetto “Maristi blu per gli sfollati”, consiste nell’accompagnare mille famiglie sfollate. Per sei anni abbiamo distribuito cesti alimentari mensili a queste famiglie. Alla fine del 2018 abbiamo interrotto il programma, convinti che fosse giunto il momento per queste famiglie di essere indipendenti dagli aiuti delle ONG. Tuttavia, essendo la crisi economica così grave, abbiamo ripreso, da 3 anni, la distribuzione di cesti alimentari mensili per aiutare le persone a sopravvivere. Sostenuti da due associazioni cristiane internazionali, oltre alla solidarietà e all’amore, offriamo alloggio alle famiglie sfollate, paghiamo l’affitto delle loro case in attesa del loro ritorno nelle loro abitazioni e diamo denaro contante a centinaia di famiglie indigenti e sfollate. Il programma medico “Blue Marist” si propone invece di aiutare, ogni mese, circa 150 malati che non possono permettersi di pagare le proprie cure: consultazioni, esami di laboratorio, radiografie, ricoveri, operazioni chirurgiche. Abbiamo poi un progetto che si chiama “Goutte de Lait” che distribuisce ogni mese latte in polvere a 3000 bambini di Aleppo sotto gli 11 anni e latte speciale per neonati sotto l’anno di età. Un altro ancora si chiama “Pain Partagé”, è un progetto per i nostri anziani. Consiste nel fornire un pasto caldo con pane e frutta a 250 anziani che vivono da soli, senza famiglia in Siria e senza nessuno che li aiuti, alcuni costretti a letto e molti malati. Un team di 14 cuochi prepara i pasti nella nostra sede, che 29 giovani distribuiscono ogni volta a pranzo. Con il pasto, i nostri volontari offrono a queste persone una presenza, un ascolto e un sorriso. Abbiamo scoperto che questi anziani che vivevano da soli avevano bisogno, oltre che dei pasti, anche di un aiuto per pulire la casa, per fare il bagno, per cambiarsi. È così che il progetto Pain Partagé ha preso il nome di “Assistenza agli anziani”.
Avete anche programmi educativi?
Essendo la missione principale dei Maristi l’educazione dei bambini, soprattutto di quelli più svantaggiati, abbiamo sviluppato molte attività educative per rispondere agli immensi bisogni creati dalla guerra. Il progetto “Voglio imparare” si occupa di 110 bambini dai 3 ai 6 anni provenienti da famiglie sfollate. Vi lavorano venticinque educatori che si occupano di loro attraverso l’educazione, l’istruzione e la salute. Il programma “Seeds” è un progetto di sostegno psicosociale e di salute mentale per singoli e gruppi. Un’équipe di trenta volontari, sotto la direzione di uno psicologo, fornisce sostegno psicologico a bambini (progetto Lotus), adolescenti (progetto Bamboo) e adulti (progetto Bonsai). Seicento persone beneficiano di questo progetto.
Avete progetti per il lavoro?
Per noi la ricostruzione non riguarda solo edifici e infrastrutture. La priorità è ricostruire le persone, consentire loro di vivere con dignità e creare posti di lavoro. Abbiamo il progetto “Heartmade” che consiste nel trasformare gli avanzi di tessuto in capi femminili unici e alla moda e nel venderli. L’obiettivo del progetto è offrire lavoro alle donne, rispettare l’ambiente e combattere lo spreco di tessuti e vestiti. Quindici donne lavorano nel laboratorio e una nel negozio. Il programma “Microprogetti” mira invece a rendere le persone indipendenti dagli aiuti delle ONG e a consentire loro di vivere dignitosamente del proprio lavoro. Negli ultimi sei anni, abbiamo organizzato 31 sessioni e finanziato e accompagnato 246 microprogetti che hanno dato da vivere a oltre 650 famiglie. Per quanto riguarda la formazione professionale, abbiamo scoperto che molti dei candidati ai nostri microprogetti erano analfabeti e privi di qualifiche. Abbiamo quindi creato questo programma per dare loro un lavoro, inserendoli come apprendisti presso un professionista, idraulici, elettricisti, meccanici, imbianchini. Dopo uno o due anni di apprendistato, finanziamo gli apprendisti per aprire la loro attività. Attualmente abbiamo 40 giovani apprendisti. Infine, vi è il progetto “Sviluppo delle donne” che riunisce gruppi di donne o ragazze analfabete, provenienti da contesti modesti, due volte alla settimana per sessioni di tre mesi. Attraverso laboratori interattivi di 4 ore, cerchiamo di sviluppare i talenti delle donne e di insegnare loro le cose essenziali della vita.
Le sanzioni influiscono sulle vostre attività e sulla ripresa del paese?
Le sanzioni hanno un peso molto forte sugli aiuti sociali e non servono a niente. Cuba è sotto sanzioni da sempre, come la Corea del Nord e l’Iran e ma le sanzioni non hanno mai portato a una riconciliazione politica o a un cambio di regime. Mentre fanno malissimo alla gente, tanto che la Siria, che era il granaio del Medio Oriente, oggi soffre di una penuria di grano. I giacimenti di petrolio sono nella parte del paese controllata dai curdi, sostenuti dagli americani e quindi la benzina è razionata. Abbiamo diritto solo a 25 litri di benzina ogni 25 giorni, non c’è petrolio per il riscaldamento, in un paese in cui l’inverno è freddo. Abbiamo l’elettricità solamente per tre ore al giorno. Per altro i paesi che hanno imposto le sanzioni dicono che non impediscono gli aiuti umanitari, nulla di più falso. Basti pensare che nessun siriano può ricevere transazioni finanziarie dal resto del mondo. Anche se potessimo comprare un macchinario sanitario, non potremmo pagarlo, visto che non si possono fare transazioni finanziarie. Il che equivale a non poterlo comprare. Per altro se fosse vero che le sanzioni economiche non toccano gli aiuti sociali o sanitari, non si spiegherebbe perché l’Unione Europea e gli Stati Uniti, hanno alleggerito queste sanzioni per 180 giorni, dopo il terremoto. È molto ipocrita, se qualcuno dall’estero vuole mandare a una associazione umanitaria soldi, se scrive nella causale “per la Siria” o “Aleppo”, il bonifico viene subito bloccato. Qualunque associazione si fa spedire i soldi in Libano, chiedendo ai donatori di non scrivere mai che è per la Siria e poi dal Libano fanno entrare i soldi in Siria.
Qual è il progetto che le sta più a cuore?
L’educazione, perché a causa della guerra avremo una generazione di analfabeti. Sia perché molti bambini sono rimasti in campi per profughi, sia perché nelle città e villaggi, le poche scuole rimaste in piedi durante la guerra, non bastano. Inoltre, per colpa delle sanzioni, non riusciamo a costruirne di nuove. Ecco che i progetti sull’educazione sono fondamentali. Personalmente, il progetto che mi sta più a cuore, è il progetto sulla formazione lavorativa e le borse di studio. Questo perché la guerra e le sanzioni hanno ridotto il popolo siriano a un popolo quasi del tutto dipendente dalle Ong locali. Ecco che ridargli lavoro, gli ridarà l’indipendenza che hanno perso. Il lavoro gli darà un futuro in Siria. I paesi europei dicono che sono sommersi di migranti, ma allo stesso tempo, con le sanzioni, ci impediscono di ricostruire il nostro paese. La gente sarebbe ben contenta di rimanere nel proprio paese, se potessero lavorare.
Quali sono i paesi che vi hanno aiutato di più?
Dal 2011, la Russia, la Cina, l’India, l’Iran hanno aiutato il governo. Ma le Ong sono state aiutate più che altro da associazioni cristiane. Se si pensa che dopo il sisma, in Turchia sono sbarcati centinaia di aerei con aiuti umanitari, mentre in Siria da paesi occidentali, ne è sbarcato solamente uno. Mentre sono arrivati aiuti dal Libano, Giordania, Iraq, Egitto, Algeria, Marocco, Russia, Emirati, Bangladesh, Venezuela. Il comportamento europeo è scandaloso.
Come possiamo aiutarvi?
Facendo pressione sui governi europei e sulle opinioni pubbliche per far togliere le sanzioni. Se fossero tolte, l’economia tornerebbe a crescere e la gente non partirebbe più.
Che speranza ha per l’avvenire?
I siriani sono molto depressi, Sono passati dalla guerra, dalla crisi economica, dal covid, dal colera e dal terremoto. Non vedono luce in fondo al tunnel, molti dicono che si sono pentiti di non essere partiti durante la guerra quando era più facile. Molti sostengono che addirittura si vivesse meglio sotto la guerra che ora. L’unica speranza è che la Turchia cambi il suo atteggiamento nei confronti della Siria e che smetta di appoggiare gli islamisti che controllano Idlib. La speranza è che gli americani lascino l’est del paese e che la Siria si riunisca. In modo tale da avere di nuovo grano e petrolio. La guerra ucraina ha fatto dimenticare la situazione siriana, ha di fatto congelato la situazione. Ma una situazione congelata rischia di potere esplodere ancora, spero che l’Europa segua l’esempio di molti paesi arabi, che si stanno riconciliando con il governo siriano, questo faciliterà una riconciliazione all’interno del paese.