Accanto a chi ha perso tutto resta la Chiesa
Rimini, 24 agosto 2013
Chiese date alle fiamme, carbonizzate. Tabernacoli anneriti dal fumo, pavimenti divelti, vetrate in frantumi. A oggi i cristiani fuggiti dalla Siria sono 562mila. La croce di Cristo come prigioniera di guerra, processata in una sala della chiesa divenuta tribunale della Sharia, condannata e sottoposta alla distruzione di tutte le sue parti. La statua della Madonna fucilata perché non portava il velo integrale, giustiziata per decapitazione. Le foto che scorrono sul maxischermo dell’auditorium D5 durante l’incontro conclusivo del Meeting 2013 sono chiarissime. Le ha portate padre Antranig Ayvazian, capo spirituale degli armeni cattolici dell’Alta mesopotamia, Siria del Nord. “Questa non è la Siria, da sempre luogo di convivenza e incontro tra ebrei, cristiani e musulmani”.
Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Cl e moderatore, commenta: “Sottolineiamo con le nostre povere forze lo stare con l’altro. La nostra esperienza non può essere vera se non abbraccia il dolore”. Un dolore che non riguarda solo questa parte d’Oriente. L’incontro ‘Nella prova si vive’ si è aperto con il reportage di Riccardo Bicicchi girato in Nigeria. Anche lì chiese bruciate, attorno una terra brulla. Il colore che domina è il giallo chiaro della sabbia. Dentro tutto quel chiaro una donna nera cammina, sulla testa un secchio d’acqua. Povertà. È lunga la lista delle persone fucilate, sgozzate. Il parroco di Mubi mostra dallo schermo del telefonino le foto del portone della sua chiesa attraversato dai proiettili. Dentro un ragazzo riverso, la gola tagliata. Accanto, il corpo della madre, fucilata perché piangeva sopra il figlio. “Ma che esseri umani sono quelli che ammazzano una madre che piange il figlio ucciso?”, si chiede il sacerdote. In quella zona è una setta a farla da padrona. Boko Haram. Per loro tutto ciò che è occidentale è malvagio. Anche le scuole, gli ospedali, i farmaci. Il vescovo di Maiduguri parla chiaro: “I politici manipolano questa setta per i propri scopi”.
A due anni dall’inizio del conflitto la Chiesa siriana è tornata alle catacombe. I cristiani fuggiti, dispersi. Nella migliore delle ipotesi sono divenuti profughi. Nella peggiore, uccisi. “I cristiani arrivano di notte - prosegue padre Antranig Ayvazian - chiedono i sacramenti, si sposano di nascosto, senza segni esteriori”. È fermamente convinto che tutto ciò non accada a opera di siriani. “Più di 140mila guerriglieri sono entrati dai confini aperti”. Una notte è svegliato da una telefonata. Un uomo gli chiede i cadaveri dei compagni. Martiri, li chiama. Altrimenti fa saltare ospedale e cappella. Quella con le reliquie di altri martiri,quelli armeni”. Padre Antranig va, da solo, a incontrarlo. Si trova un drappello armato. Li saluta. Nessuno risponde. Perché nessuno parla siriano. Il comandante gli dice che vengono dal Qatar. “Ho trovato i corpi, glieli ho portati, i piedi già divorati da cani e volpi.
Era felicissimo”. Aggiunge: “Erano bravi ragazzi. Avevano avuto l’ordine di venire a uccidere gli infedeli. Volevano sgombrare la città dai cristiani”. E, rivolgendosi alla platea: “Ma se io e voi siamo cristiani è per la conversione di san Paolo sulla via di Damasco, è perché c’è la Siria”.
“La Siria non esiste più”, interviene padre Nawras Sammour, incaricato del Jesuit Refugee Service per il Medio Oriente e il Nord Africa. Infila una serie di impressionante di cifre.
Oltre centomila morti di cui 15mila bambini. Entro il 2013 raddoppieranno. No, si corregge, triplicheranno. Gli sfollati, coloro che hanno lasciato la propria casa senza andare fuori dai confini, sono tre milioni e mezzo e non hanno nulla. Solo i vestiti che hanno addosso. Chi non ha voluto abbandonare l’abitazione è senza lavoro e al di sotto della soglia della povertà: due milioni e mezzo siriani. I profughi nei paesi limitrofi sono due milioni e stanno crescendo. La Siria è un paese svuotato. L’intellighenzia e i capitali sono stati i primi ad andarsene.
Altre foto sullo schermo. Una mensa da campo, un volontario che mescola un pentolone colmo di cibo, si direbbe couscous o riso. Garantisce cinquemila pasti nella regione rurale di Damasco. È il lavoro di questo sacerdote, al fianco di chi è rimasto. “Serviamo 17mila famiglie. Diamo materassi, coperte, vestiti, assistenza medica a 12mila persone in tutta la Siria. Svolgiamo attività psicosociali per i bambini che hanno visto quelle atrocità. Quando i genitori vedono ciò che compiamo sui bambini si fidano di noi. L’80% delle famiglie che
aiutiamo sono musulmane”.
Per sostenere un paese così lacerato dal conflitto servono soldi. L’opera di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre ha messo nelle mani di sacerdoti e vescovi siriani 1.096.574 euro. Li ha contati fino all’ultimo il direttore dell’Opera per l’Italia, Massimo Ilardo. “L’aiuto ai profughi non era il nostro compito primario. In Siria sostenevamo la costruzione di chiese, l’educazione dei seminaristi, A gennaio abbiamo organizzato a Damasco un forum sulla famiglia”. Ma il fondatore dell’opera, padre Werenfried van Straaten, invitava ad asciugare le lacrime di Dio ovunque egli pianga. “Anche i musulmani si rivolgono a noi. La gente là si fida dei religiosi e religiose che affrontano le stesse difficoltà del popolo”. Sullo schermo viene proiettata la preghiera d’intercessione per la pace in Siria e Ilardo ne legge il testo. A poco a poco tutto l’auditorium prega con lui.
Sale sul palco Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. “Mai come quest’anno l’esperienza ha vinto su tutto. Ancora una volta, adesso. È appena accaduto: il testo proposto è diventato preghiera per tutti”.
(fonte:http://www.meetingrimini.org/default.asp?id=673&edizione=5674&item=5&value=0&id_n=14127)
Preghiera
Dio di compassione ascolta il grido del popolo della Siria,
dona conforto a coloro che soffrono a causa della violenza,
dona consolazione a coloro che piangono i propri morti,
dà forza ai paesi vicini perché accolgano i rifugiati,
converti il cuore di quelli che hanno fatto ricorso alle armi
e proteggi chi si impegna per promuovere la pace.
Dio di speranza ispira i governanti a scegliere la pace al posto della violenza
e a ricercare la riconciliazione con i nemici,
ispira compassione nella Chiesa universale per il popolo siriano
e dacci la speranza di un avvenire di pace fondato sulla giustizia per tutti.
Noi ti chiediamo questo attraverso Gesù Cristo Principe della pace e Luce del mondo.
Amen
(Fonte: un amico)