Ascensione del Signore. XVII secolo. Latakia (Siria) |
Oggi il Signore cerca Adamo e lo fa sedere nella gloria
di P.Emmanuel Nin, Esarca Apostolico
La festa dell’ascensione del Signore, celebrata il quarantesimo giorno dopo la sua risurrezione dai morti, è una delle grandi feste negli anni liturgici di tutte le Chiese cristiane di Oriente e di Occidente. Mi soffermo nella tradizione bizantina i cui testi liturgici sono una vera e propria professione di fede che ripercorre, possiamo dire, i grandi momenti della storia della salvezza, dall’incarnazione del Verbo eterno di Dio, alla sua nascita, alla sua passione e morte, e quindi alla sua risurrezione ed ascensione ai cieli dove ha portato, ha fatto salire, ha glorificato la nostra natura umana redenta e salvata, e da dove ha mandato, come dono suo e di suo Padre, lo Spirito Santo. Attraverso i testi della liturgia, la Chiesa ci fa gustare direi in un bel intreccio di teologia e di poesia, i grandi momenti della salvezza che avviene per noi in Cristo.
Il primo tropario del vespro della festa introduce i principali aspetti che troveremo poi in tutti gli altri testi: “Il Signore è asceso ai cieli per mandare il Paraclito nel mondo. I cieli hanno preparato il suo trono, le nubi il carro su cui salire; stupiscono gli angeli vedendo un uomo al di sopra di loro. Il Padre riceve colui che dall’eternità, nel suo seno dimora. Lo Spirito santo ordina a tutti i suoi angeli: Alzate, príncipi, le vostre porte. Genti tutte, battete le mani, perché Cristo è salito dove era prima.”. Vediamo come l’ascensione del Signore è collegata senza soluzione di continuità con il dono dello Spirito Santo, e tutti i tropari metteranno in evidenza questo collegamento tra ascensione del Signore e discesa, dono dello Spirito. In questo tropario troviamo anche un altro tema che appare ripetitivamente nei testi della festa, cioè la meraviglia, lo stupore degli angeli di fronte all’ascensione del Signore. In questo testo troviamo l’espressione: “…stupiscono gli angeli vedendo un uomo al di sopra di loro…”, mentre in un altro testo troviamo la frase: “…restarono attoniti i cherubini, vedendo venire sulle nubi te, Dio, che siedi su di loro.” Lo stupore degli angeli diventa nei testi liturgici una vera e propria professione di fede nel Verbo di Dio incarnato, vero Dio e vero uomo, attraverso lo stupore degli angeli vedendo un uomo, la meraviglia dei cherubini vedendo Dio.
Questa stessa professione di fede la troviamo ancora bellamente cantata in un altro dei tropari: “Signore, compiuto il mistero della tua economia, hai preso con te i tuoi discepoli e sei salito sul Monte degli Ulivi: ed ecco, te ne sei andato oltre il firmamento del cielo. O tu che per me come me ti sei fatto povero, e sei asceso là, da dove mai ti eri allontanato, manda il tuo Spirito santissimo per illuminare le anime nostre”. Di questo testo ne sottolineo due aspetti che ritroviamo poi anche in altri della stessa festa. In primo luogo, la presenza dei discepoli all’ascensione del Signore, fatto che oltre ad essere un dato evangelico, è anche un dato ecclesiologico: i discepoli -e in alcuni tropari troviamo menzionata anche la Madre di Dio-, sono testimoni dell’ascensione e quindi della piena glorificazione e redenzione della nostra natura umana assunta pienamente da Cristo e da lui glorificata; infatti, la stessa icona dell’ascensione ci mostra la presenza della Madre di Dio, e dei Dodici con Paolo. In secondo luogo, l’immagine molto bella usata nel tropario: “…O tu che per me come me ti sei fatto povero…”, che riprende 2Cor 8,9 e Fil 2,6-7, per parlare dell’incarnazione. Si tratta di un tema che troviamo ancora in altri tropari, cioè il collegamento messo in parallelo tra incarnazione/discesa e glorificazione/ascensione: “Tu che, senza separarti dal seno paterno, o dolcissimo Gesù, hai vissuto sulla terra come uomo, oggi dal Monte degli Ulivi sei asceso nella gloria: e risollevando, compassionevole, la nostra natura caduta, l’hai fatta sedere con te accanto al Padre. Per questo le celesti schiere degli incorporei, sbigottite per il prodigio, estatiche stupivano e, prese da tremore, magnificavano il tuo amore per gli uomini. Con loro anche noi quaggiù sulla terra, glorificando la tua discesa fra noi e la tua dipartita da noi con l’ascensione, supplici diciamo: O tu che con la tua ascensione hai colmato di gioia infinita i discepoli e la Madre di Dio che ti ha partorito, per le loro preghiere concedi anche a noi la gioia dei tuoi eletti, nella tua grande misericordia”.
Nei testi della festa troviamo un uso abbondante, con una interpretazione chiaramente cristologica e soteriologica, del salmo 23 collegato direttamente con l’ascensione del Signore: “Lo Spirito santo ordina a tutti i suoi angeli: Alzate, príncipi, le vostre porte. Genti tutte, battete le mani, perché Cristo è salito dove era prima… Mentre tu ascendevi, o Cristo, …le schiere celesti che ti vedevano, si gridavano l’un l’altra: Chi è costui? E rispondevano: È il forte, il potente, il potente in battaglia; costui è veramente il Re della gloria… Sollevate le porte celesti: ecco è giunto il Cristo, Re e Signore, rivestito di corpo terrestre”. Il dialogo del salmo lo troviamo possiamo dire scenificato tra lo Spirito Santo e gli angeli, oppure tra gli angeli tra di loro. Si tratta, in questa festa come in tante altre della tradizione bizantina, di un’esegesi cristologica applicata ai salmi.
In uno dei tropari del mattutino della festa ci riassume in quattro versetti lo smarrimento di Adamo dopo il peccato, e l’incarnazione di Cristo con l’immagine del rivestirsi proprio della natura di Adamo, presentata quasi fosse l’icona del buon pastore che si carica sulle spalle, che assume la pecora smarrita e la fa sedere con lui nella gloria: “Dopo aver cercato Adamo che si era smarrito per l’inganno del serpente, o Cristo, di lui rivestito sei asceso al cielo e ti sei assiso alla destra del Padre, partecipe del suo trono, mentre a te inneggiavano gli angeli”.
L’ascensione del Signore adempie, porta a compimento l’opera della nostra redenzione, perché lui, asceso in cielo, rimane sempre con noi ed accanto a noi. Romano il Melodo (+555) lo canta in uno dei tropari della festa: “Compiuta l’economia a nostro favore, e congiunte a quelle celesti le realtà terrestri, sei asceso nella gloria, o Cristo Dio nostro, senza tuttavia separarti in alcun modo da quelli che ti amano; ma rimanendo inseparabile da loro, dichiari: Io sono con voi, e nessuno è contro di voi”.