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venerdì 16 agosto 2019

Al Meeting di Rimini proiezione del film 'Mother Fortress' sul coraggio dei religiosi di Qara



Presentazione e proiezione del film documentario di Maria Luisa Forenza. Partecipa l'Autrice. 

Data: 24 Agosto 2019, ore 14:00 
Arena Percorsi, padiglione A2








...   Le immagini di Mother Fortress — accompagnate da un variegato tessuto sonoro che intreccia francese, inglese, arabo, canti liturgici nella cappella del monastero, echi di mortaio in lontananza, melodie pop alla radio, il colpo secco di un camion carico di viveri che si chiude quando viene preso d’assalto dalla folla affamata — non vogliono raccontare solo gli orrori della guerra, ma anche il mistero del tempo e la tenacia della vita che germoglia instancabile anche nel deserto del male più estremo. Quella dimensione verticale della vita umana, che nessuna angoscia, nessuna morte riesce a spegnere. «È un viaggio materiale e spirituale — si legge nelle note di regia — nella ricerca personale sul tempo come idea-guida delle riprese. Tempo mitico, tempo cronologico, tempo liturgico o kairòs, colto nell’oscillazione fra realtà quantitativa e dilatazione del presente».



La telecamera non cerca mai l’effetto facile; gli orrori di Daesh, i rapimenti, le minacce, le torture, le decapitazioni, vengono raccontati alle suore dalle profughe ospitate in monastero in cucina, mentre tagliano le verdure per preparare il pranzo o scaricano i sacchi di riso. «Il ceceno ha sposato la moglie. Poi l’ha uccisa davanti a suo marito. Poi ha ucciso anche il marito».
 Accanto ai fornelli c’è anche una giovane mamma musulmana, che non rinuncia a un filo di kajal, da ritoccare subito quando viene lavato via dalle lacrime. «Mio marito è morto in guerra due anni fa. Ho due bambini, sono sola, se non mi avessero accolto qui non avrei saputo dove andare». Gli scheletri dei palazzi di Deir ez Zor, completamente distrutti da un assedio durato tre anni, vengono inquadrati mentre le camionette dell’Isis sono ancora a duecento metri di distanza, dietro le colline. Gli abitanti del quartiere si fanno largo in mezzo alle macerie con orgoglio, per mostrare alla troupe che la ricostruzione è già iniziata.
Alla suora sudamericana, arrivata a Qara pochi mesi prima che scoppiasse il conflitto, sfugge un sorriso; sta parlando della pace profonda che sente nel cuore da quando è in convento, e si è appena sentita l’eco di un colpo di mortaio.     «Sono a est, e sono anche a ovest. Noi siamo in mezzo» continua un frate — capelli rossi e accento yankee, viene dal Colorado — spiegando quanto sia strategica la vallata in cui sorge il convento. Soli a presidiare la fortezza, parafrasando il titolo di uno splendido libro della scrittrice americana Flannery O’ Connor, durante una guerra che, quando la troupe ha iniziato a girare rischiando, letteralmente, la vita ogni giorno durante le riprese, ha raggiunto vertici di ferocia difficili da immaginare.
Il titolo del documentario, Mother Fortress, spiega Maria Luisa Forenza, è un diretto richiamo alla fortezza romana di Qara, trasformata in monastero dalle prime comunità cristiane, splendente sotto il sole con le sue pietre bianche murate di fresco. Il convento venne completamente distrutto dagli ottomani nel 1720; durante l’attacco furono uccisi gli oltre cento monaci che vivevano nell’edificio. Nel 1993 il vescovo di Homs ha dato mandato a madre Agnes di ridare vita a queste rovine, è così è stato. Insieme alle consorelle, ha avviato la rinascita materiale e spirituale di questo luogo, in collaborazione attiva con i villaggi limitrofi, che ha visto il fiorire di cooperative agricole e forme di mutua assistenza sociale. Prima della guerra, ovviamente; solo otto anni fa, ma sembrano passati secoli. Adesso la priorità è assistere orfani, profughi e vedove, cristiane o sunnite, nel modo più concreto possibile, scaricando casse di attrezzi chirurgici, organizzando ospedali da campo, sistemando rotoli di bende sugli scaffali, spostando sacchi di cibo in magazzino.
«La parola fortezza — spiega la regista — è anche un richiamo alla forza dei monaci che hanno resistito alla guerra. E un riferimento alle quattro virtù cardinali, perché siano monito per tutti».
  Durante i viaggi in macchina, in mezzo alla desolazione della guerra in corso, nel mirino di armi sofisticate che possono uccidere anche a quattro, cinque chilometri di distanza, le suore pregavano incessantemente Maria recitando il rosario per chiedere aiuto e protezione. «Il mio amico tassista adesso ha una luce negli occhi che umanamente è inspiegabile — racconta un giovanissimo frate siriano — perché è stato plasmato dalla sofferenza. A causa del suo lavoro è passato ogni giorno, per settimane, accanto a corpi che non potevano essere sepolti se non a rischio della vita». Anche madre Agnes ha visto centinaia di cadaveri abbandonati ai lati della strada, come racconta mentre riempie di pigmento bianco l’aureola di un’icona.
«Ho trovato una grande forza — spiega la regista — una grande vitalità e un amore per la vita che non immaginavo possibile in tempi di guerra». Un amore che giunge a vertici incomprensibili nel terribile, struggente racconto finale. Che sarebbe riduttivo descrivere qui: meglio ascoltarlo dalla voce di madre Agnes, quando il documentario sarà proiettato (a ingresso libero)....

venerdì 9 agosto 2019

Una novena, per conservare la speranza


Cari amici, l'interminabile guerra in Siria ci riferisce ogni giorno notizie di vite umane perdute in battaglie o in atti terroristici, e di grande sofferenza per tutto il popolo impoverito e privato delle risorse di base.  All'ingiustizia si unisce l'inadeguatezza di una informazione che rimandi alla verità senza ipocrisie e doppiezze.
La risorsa certa che ci rimane è la preghiera: vi proponiamo quindi di aderire alla NOVENA PER LA PACE IN SIRIA che fu proposta tempo fa da 'Aid to the Church in Need Syria Project'.
La introduciamo con il monito tratto da una comunicazione delle Monache Trappiste di Azeir :
"Dopo tanto silenzio, si ricomincia a parlare della Siria... Ricomincia la solita narrazione: parziale, di parte, falsata.. Una narrazione che sceglie fra vittima e vittima, esaltandone una e dimenticandone completamente un'altra... Questo è un po' inquietante: perchè, ancora una volta, dopo tanto silenzio, dopo tante prove che dicono che se non altro occorre essere più prudenti nel distribuire il bene e il male, riparte tutto come prima? Solita narrazione, asservita alle solite logiche di potere.. Viene un po' di brivido: è come un serpente a cui cento volte si taglia la testa e sempre rinasce. Riaffiora lo spettro di una Siria divisa, spartita.. Allora affidiamoci alla preghiera. Chi vuole, sorrida pure... Potente è l'arma che abbiamo tra le mani nude..."


BUONA SOLENNITA' DELL'ASSUNZIONE DI MARIA SS. 
A TUTTI GLI AMICI!



Preghiera e intercessione per la pace in Siria.
Dio di Compassione,
Ascolta il pianto del popolo siriano.
Conforta coloro che subiscono violenza.
Consola coloro che piangono i morti.
Dona coraggio ai Paesi vicini della Siria di poter accogliere i rifugiati.
Converti il cuore di coloro che hanno imbracciato le armi.
E proteggi coloro che si impegnano per la pace.

Dio della speranza,
ispira i governanti a scegliere la pace piuttosto che la violenza e a cercare la riconciliazione con i nemici.
Infiamma la Chiesa Universale di compassione per il popolo siriano.
E dacci speranza per un futuro costruito sulla giustizia per tutti.


Lo chiediamo attraverso Gesù Cristo, principe della pace e luce del mondo.
Amen.

Litanie per la Siria
Cuore Immacolato di Maria, prega per la Siria, prega per noi.
Cuore Immacolato di Maria, prega per la Siria, prega per noi.
Cuore Immacolato di Maria, prega per la Siria, prega per noi.
San Giuseppe, patrono e protettore della Chiesa Universale, prega per la Siria, prega per noi.
Martiri della Siria e del Medio Oriente, pregate per la Siria, pregate per noi.
Santi della Siria e del Medio Oriente, pregate per la Siria, pregate per noi.
San Charbel, prega per la Siria, prega per noi.
San Paolo, benedici il cristianesimo in Siria, aiuta i cristiani di questo paese. Non dimenticare questo luogo, la culla del cristianesimo.
Maria, Regina della Pace, prega per la Siria, prega per noi.

Grazie per le vostre preghiere e la vostra solidarietà con il popolo siriano.

mercoledì 7 agosto 2019

La politica del "caos" americana in Siria ostacola la stabilizzazione di Idlib

La stabilizzazione del governatorato di Idlib è improbabile, un tale processo politico non può essere attuato fintanto che gli Stati Uniti e i suoi alleati cercano di preservare il caos nella regione, ha detto in un'intervista all'agenzia russa RIA Novosti la giornalista indipendente canadese Eva Bartlett.

La situazione a Idlib rimane una delle questioni più importanti nella risoluzione del conflitto in Siria. Il 1° agosto, il governo siriano ha annunciato un cessate il fuoco nella regione, a condizione che il memorandum della zona di de-escalation del 2018 sia  rispettato. Dopo solo quattro giorni, la Siria ha dichiarato che sta riprendendo un'operazione militare contro alcuni gruppi di terroristi a causa del mancato rispetto da parte di questi della tregua, e degli impegni turco-russi da parte di Ankara.
"Una possibile soluzione sarebbe quella di proporre un accordo ai gruppi terroristici in modo che possano lasciare Idlib e che la Repubblica araba siriana viva in pace, altrimenti rimane solo la soluzione militare", ha risposto la giornalista e attivista canadese Eva Bartlett a una domanda sulla situazione nella regione. Una soluzione politica con un ritiro dei terroristi sarebbe l'ideale ma "gli Stati Uniti e i loro alleati non lo vogliono, preferiscono che regni il caos ".

Come esempio, si riferisce a problemi di presenza terroristica in altre aree in cui ai ribelli di nazionalità siriana era stato permesso di deporre le armi e riprendere una vita normale. Se non avessero concordato, avrebbero potuto trasferirsi in altre aree o andare su Idlib. Tuttavia, nella situazione attuale, il ruolo dei media è cruciale, ha aggiunto.
"È importante capire che quando i media occidentali parlano della situazione a Idlib, non si rendono conto che si tratta di una base di Al Qaeda . Brett McGurk, ex inviato speciale degli Stati Uniti, ha persino affermato che si trattava di un fulcro per questo gruppo terroristico. I media devono svolgere il loro ruolo, è loro obbligo parlarne, ma invece tacciono il fatto che questi terroristi esistono, lasciando immaginare che Russia e Siria attaccano i civili, in modo errato e che non non si attiene alla realtà ", dichiara Eva Bartlett.

"Una donna mi ha detto che i terroristi l'hanno seguita ovunque andasse in Idlib", racconta la giornalista. Secondo Eva Bartlett, gli abitanti locali devono pagare un riscatto per lasciare il territorio detenuto dai ribelli. "Questo è ciò che il grande pubblico deve sapere per capire il contesto con la giusta prospettiva", ha aggiunto.
Tuttavia, la giornalista rimane scettica sulla consapevolezza dei media: "In generale, i media occidentali continueranno a coprire la situazione siriana secondo il principio di una cassa di risonanza, armeggiando con i fatti in molti casi".

lunedì 5 agosto 2019

Quindicina dell’Assunta: preparare 'la festa delle feste' della Madre del Signore

"Porto e difesa, baluardo e riparo sii per chi in te si rifugia, Signora: sii protezione e sorgente di gioia.
O Vergine Madre di Dio, salvaci!"

da Radio Vaticana 

Nella suggestiva basilica romana di Santa Maria in Via Lata è in corso la tradizionale Quindicina dell’Assunta, una pratica di devozione in preparazione alla Solennità dell’Assunzione di Maria del prossimo 15 agosto: nei quindici giorni, i fedeli digiunano e cantano l’ufficio orientale chiamato Paraclisis, composto da inni di supplica per ottenere conforto e coraggio. La celebrazione, che nelle Chiese cattoliche ed orientali di rito bizantino prende il nome di ‘Piccola Quaresima della Madre di Dio’ ed è stata in parte adattata alla nostra tradizione liturgica occidentale ormai più di quarant’anni fa, si concluderà il 14 agosto alle ore 20.00 nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore con la solenne veglia dell’Assunta presieduta dal cardinale Stanisław Ryłko, arciprete della basilica.

Una pratica dal grande valore ecumenico

Il mariologo Antonino Grasso, docente all’Istituto di Scienze Religiose ‘San Luca’ di Catania, spiega che “la Quindicina dell’Assunta assume un grande valore ecumenico visto che unisce i cristiani di Oriente ed Occidente nell'unanime venerazione di Maria. Con questa pia pratica i fedeli chiedono alla Madre di Dio anche di intercedere per la pace sulla terra, l’unità delle Chiese, la benedizione divina sulle famiglie e su ogni creatura umana”. Anche per noi occidentali, aggiunge il prof. Grasso, lo scopo della Quindicina dell’Assunta è quello di alzare lo sguardo verso la Vergine glorificata “per sentirla sempre vicina e per rivolgerle fiduciosi la struggente invocazione di aiutarci a risolvere i grandi problemi personali, familiari, nazionali ed internazionali”.

Maria ci invita a combattere contro il male per la salvezza

Ma cosa ci insegna il guardare incessantemente all’Assunta? “Ci insegna - risponde il mariologo Grasso - che nulla di noi andrà perduto; che tutto di noi sarà salvato per sempre solo se sapremo vincere la nostra battaglia contro il male e se sapremo superare la paura della morte, animati dalla speranza certa e concreta della resurrezione”. In sostanza, Maria ci sollecita ad essere forti e decisi contro il demonio che “con le sue subdole ed affascinanti insidie ci circonda invisibile ma potente, con l’intento di strapparci a quella realizzazione gloriosa e splendente in Dio di cui l’Assunta è l’icona, distruggendo così la nostra esistenza”.

giovedì 1 agosto 2019

Lettera da Aleppo nel cuore dell'estate 2019

dai Maristi di Aleppo
trad. Maria Antonietta Carta
Questa è l'ultima 'Lettera da Aleppo' che gli autori, Nabil Antaki e Georges Sabeh, membri di un'associazione che soccorre sfollati e indigenti nella città di Aleppo dal 2012 fino a oggi, hanno inviato ad amici, conoscenti e sostenitori nel mondo intero, riunite poi a formare un diario che è stato pubblicato in Francia col titolo ''Les Lettres d'Alep'': una cronaca scritta dentro una città martoriata, dove molti hanno scelto di continuare a vivere e affrontare la guerra con le armi della solidarietà e della fratellanza.  
È una storia d' amore, di compassione e di coraggio, e anche una testimonianza sulla resilienza di una minoranza, tra le tante della Siria e una delle più antiche, quella cristiana minacciata, come le altre, nella sua sopravvivenza da chi per i suoi turpi interessi si è inventato uno falso scontro di civiltà. È un’opera sulla follia della guerra e sulla saggezza della coesistenza.
Io ho tradotto il libro in italiano e spero che presto possa essere pubblicato perché lo considero un documento prezioso sulla guerra in Siria.
Maria Antonietta Carta
A luglio, di solito fa molto caldo ad Aleppo. Prima della guerra, era il mese in cui molti giovani trascorrevano le vacanze fuori città: partenze giornaliere di gruppi di campeggiatori verso i luoghi di villeggiatura in montagna, Kassab, Marmarita o Mashta el Helou nella Valle dei cristiani. Chi conosce quelle zone sa che molti bambini e giovani facevano escursioni o campeggiavano nei villaggi e nelle campagne circostanti. Da due anni, le loro strade, rimaste deserte per almeno cinque anni a causa del conflitto, hanno visto tornare molti giovani. Invece, altri luoghi sono ancora inaccessibili: i villaggi popolati in maggioranza da cristiani della provincia di Idleb, Knayeh, Yacubieh e Ghassanieh, dove non resta che una piccolissima comunità di cristiani.

Sebbene una buona parte del Paese sia stata liberata e i media parlino ormai poco della Siria, nella provincia di Idlib e nelle zone del nord-est sussistono ancora focolai di grande tensione L'esercito siriano sta combattendo per liberare il distretto di Idlib in mano al Fronte di al-Nusra. Possiamo sperare che tutte queste regioni siano liberate presto? Noi desideriamo il ritorno della sovranità nazionale di tutti i territori occupati, ma intanto continuiamo a subire le conseguenze di un embargo e delle sanzioni occidentali che impediscono la ricostruzione del Paese e la ripresa economica. Il potere d'acquisto continua a diminuire e i Siriani diventano sempre più poveri.
Penso all’ultrasettantenne ex studente dei Maristi, che si ritrova senza risorse economiche: "I pochi risparmi che avevo sono esauriti. Non mi è rimasto niente. Non ero povero. Mi sono guadagnato da vivere. Ho cresciuto la mia famiglia in maniera dignitosa. Oggi sono povero! ". Povero ... Povertà ... Miseria ... Non mangiare a sufficienza. Non trovare lavoro. Le persone che hanno subìto le atrocità della guerra, continuano a pagare un prezzo troppo alto accettando di restare e resistere. Ascolto molti che rimpiangono di non essere andati via, soprattutto quando parenti o amici emigrati raccontano di essersi inseriti nei Paesi d’accoglienza.
E resta l’angoscia incessante per una possibile guerra che potrebbe incendiare l'intero Medio Oriente.
Alcune zone di Aleppo continuano a essere oggetto di bombardamenti che spesso causano vittime tra i civili, ma nonostante ciò Aleppo vuole rinascere dalle ceneri. I suoi abitanti fanno tutto il possibile per uscire dalla miseria, per "scegliere la vita". Non è facile. Incontriamo spesso madri vedove, divorziate o senza notizie dei mariti scomparsi. Hanno tre o quattro bambini. La guerra è passata nelle loro case, le ha costrette non soltanto a fuggire tante volte e a vivere in quartieri sconosciuti, ma anche alla più grande miseria. Non voglio redigere una lista nera dei drammi, che sono una realtà terribile.  

Nessuna descrizione della foto disponibile.
Si può tornare a camminare in alcune strade di Aleppo, vedere gente che fuma un narghilè in un caffè e osservare le parvenze di una vita normale. Anche una strada dei suk di Aleppo è stata completamente restaurata, mantenendo il vecchio stile, ma resta ancora molto da fare; soprattutto ricostruire l’uomo, la comunità, il senso di appartenenza e di cittadinanza; rieducarsi ai valori condivisi: aprirsi all'altro, rispettarsi nelle differenze, risolvere pacificamente le controversie e andare incontro ai più indigenti.

Due mesi fa, il programma "Pueblo de Dios" della televisione spagnola ha presentato in due puntate l'azione e la missione dei Maristi Blu. La troupe televisiva aveva trascorso una settimana con noi. Il primo servizio era intitolato "The Heroes of Silence". Siamo davvero "Eroi"? Che silenzio è? A quasi tre anni dalla fine dei combattimenti nella città di Aleppo, la nostra missione è sempre più effettiva. Al servizio della popolazione e in particolare delle persone più vulnerabili. Continuiamo ad aiutare gli sfollati. Paghiamo gli affitti per centinaia di famiglie che non sono state in grado di tornare a casa e secondo le nostre possibilità aiutiamo a curarsi gratuitamente i più poveri nei migliori ospedali della città.
Il nostro centro di educazione per adulti, il MIT, continua a offrire formazione, apprendimento e supporto psicologico. Al fine di creare opportunità di lavoro e incoraggiare i giovani a rimanere nel Paese, il programma "Come avviare il proprio microprogetto" continua a formare decine di giovani e sostenere finanziariamente quelli selezionati dalla nostra giuria.
L'anno scolastico dei progetti educativi per bambini dai 3 ai 7 anni (Imparare a crescere e Io Voglio Imparare) è finito, e sono state organizzate le attività estive dei mesi di giugno e luglio. Le registrazioni per il prossimo anno annunciano una domanda crescente che non possiamo ancora soddisfare dato lo spazio limitato.
L'immagine può contenere: una o più persone, cielo, spazio all'aperto e natura


Continuiamo ad animare il campo di sfollati "SHAHBA", a 25 chilometri da Aleppo. Ci andiamo più volte alla settimana per occuparci dell'educazione e dell'istruzione di bambini e adolescenti, per l'accompagnamento delle madri e per la distribuzione di alimenti e prodotti per l'igiene. Di recente, abbiamo avviato un programma medico con visita regolare di un ginecologo e un internista e la fornitura gratuita dei farmaci necessari.
I giovani sfollati del campo hanno partecipato a sessioni di formazione professionale di cinque mesi (corsi di trucco e cucito per ragazze, tinteggiatura di edifici e acconciatura per ragazzi). I partecipanti hanno poi ricevuto un attestato di frequenza e uno strumento di lavoro corrispondente alla professione appresa. Speriamo di continuare a formare i giovani nelle professioni del futuro.
La nostra biblioteca mobile per il campo si arricchisce continuamente. Incoraggiamo tutti i bambini, anche se non sanno leggere, a prendere in prestito libri. Il libro diventa un amico, una fonte di ispirazione e immaginazione; un'opportunità per imparare più velocemente. I coordinatori sfruttano lo schermo installato nella biblioteca per svolgere attività educative, proiettando film o offrendo giochi di cultura generale.
Nel campo, in occasione della fine del Ramadan, abbiamo organizzato una grande festa per famiglie sfollate, una fiera per bambini e la distribuzione di vestiti nuovi per tutti.

Heartmade, per il riciclo di tessuti e abiti, avrà un nuovo look e un nuovo negozio che abbiamo affittato. È situato in una via più commerciale. Le decorazioni saranno finite presto e speriamo di aprire intorno al 15 agosto.
Il team Seeds prepara un nuovo piano d'azione per il prossimo anno. Amplieremo lo spazio della nostra tenda per accogliere altri bambini e giovani, con un supporto psicologico sempre più avanzato.

Diversi amici sono venuti per trascorrere dei bei momenti con noi. Hanno preso parte a molte attività educative: Sumaya Hallak per la musica, Diane Antakli dei Baroudeurs de l’Espoir  e Veronica Hurtubia per una seconda sessione di Resilience Training.
Gli incontri di formazione e sviluppo dedicati alle donne hanno molto successo. Le donne del progetto "Taglio e cucito" hanno terminato la settima sessione di apprendimento e sono molto soddisfatte.
"Goccia di Latte" continua a servire 3.000 bambini che ricevono regolarmente la loro razione di latte mensile.

Quest'estate, e per la prima volta, stiamo organizzando un soggiorno di una settimana in Libano per l'intero team di volontari Maristi Blu. 
I Fratelli Maristi hanno una casa estiva a Faraya (Libano) e saremo presenti dal 5 al 12 agosto per un momento di convivialità e riposo ... Un tempo di spiritualità, scoperta del Libano e, per alcuni, un tempo per ritrovare parenti che non vedono da anni.

Infine, condivido con voi questo testo di Jean d'Ormesson, dal suo libro "Un osanna infinito".
"I cristiani non hanno il diritto di lamentarsi e non si lamentano. Non solo non gli può essere proibito di credere in un Dio creatore del cielo e della terra, ma sono abbastanza fortunati da avere come modello, sotto i loro occhi, un personaggio la cui esistenza e posto nella nostra storia non si può contestare: Gesù. Almeno è permesso ammirarlo e amarlo senza porsi troppe domande sulla sua realtà. Se c’è qualcuno che ha lasciato una traccia sorprendente nelle menti degli uomini, è certo Gesù Cristo. "
  Buone vacanze. Ristoriamoci con la Creazione .

Fr. Georges SABE, per i Maristi Blu

mercoledì 31 luglio 2019

Il racconto di un volontario: la Siria del cuore e non delle parole

"La storia del popolo siriano ha dell’incredibile. Un popolo che viveva in pace e che ha dovuto subire oltraggi e umiliazioni. Una guerra che dura tutt’ora e che lascia vittime non solo sul campo. Perché vivere la Siria non vuol dire solo combattere il nemico. I siriani vivono anche i resti, le conseguenze di rancore e pesantezza di vivere in un quartiere che un tempo chiamavi “casa”."

SOS Cristiani d’Oriente

 Un quartiere che adesso non esiste più, che non ha più le persone care perché sono morte o sono fuggite e manca degli edifici perché ora sono soltanto macerie. Da europeo ci si aspettano capre, beduini del deserto e case malfatte, ma quando non sono i media a parlare ma i tuoi occhi, la storia prende un altro senso. Sebbene partito informato non mi sarei mai aspettato quello che ho visto: autostrade efficienti, vicoli ricchi di gente la sera, case ben arredate. Paesaggi magnifici che raccontano di fortezze inespugnabili, amicizie di lunga data e amori interminabili.

  Le città di Damasco con la bellissima moschea degli Omayadi, Maalula con la sua gente speciale che parla aramaico e le moush moush e infine Aleppo con la sua imponente cittadella. La prima cosa che si vede nelle città infatti è la distruzione nelle periferie, ma il cuore della città rappresenta le più belle meraviglie che nonostante la guerra sono ancora lì. Il cuore della Siria batte ancora. 

Ma quando si viaggia, al ritorno non si portano indietro le foto dei monumenti ma i ricordi delle persone. Sabine, Nour, Farah, Heghine, Abd Al, Rita, Joseph, Maria, Patrissia, Hana, Athar per citarne alcuni: sono stati loro a plasmare quello che ho vissuto qui. Il sorriso amaro della guerra ma la speranza nei loro occhi. Mi hanno fatto riscoprire la gentilezza e l’ospitalità che si dà ad uno sconosciuto. Un aprirsi all’altro, un condividere quello che si ha senza chiedere nulla in cambio. Ho ricevuto regali, cene, inviti ad atelier e perfino sigari cubani (e non fumo) ma non ho mai sentito pressioni di dover dare indietro qualcosa riscoprendo il puro piacere di stare insieme.

L’umanità vuol dire questo: stare insieme non perché ci si aspetta qualcosa ma per il semplice fatto che siamo esseri umani. Significa essere vulnerabili ed aprirsi all’altro senza aver paura di mostrare chi si è. Nel mio viaggio ho incontrato molti “perfetti” che mostrano una felicità apparente ma che contengono un pozzo di sofferenza. Ma l’uomo è imperfetto ed è in questo che risiede la sua bellezza, la bellezza di raccogliere ogni volta qualcosa di nuovo e scoprirsi sempre di più nell’incontro con l’altro in un circolo infinito. 
E la Siria mi ha donato quel qualcosa in più. Mi ha donato la storia di Abir, donna di un martire che prega disperatamente per il ritorno del suo marito prigioniero di Daesh, dei monaci di Qara che si sono ritrovati tra il fuoco dell’esercito siriano e dei terroristi, di Mike che nonostante le lunghe sparatorie sotto casa sua non perdeva la voglia di mettersi sui libri e sapere che un futuro migliore un giorno sarebbe arrivato, di tutti quei giovani siriani che per dieci anni non hanno potuto conoscere la propria città costretti a rimanere nel proprio quartiere. Questo fa riflettere. Fa riflettere non solo sulla brutalità della guerra ma sulla nostra stessa vita.

 C’erano giorni in cui pensavi che non ci saresti stato più” mi hanno ripetuto spesso i siriani. E’ un monito alla vita. A reagire alle sofferenze e “rischiare” di trovare la propria strada perché chi ha passato la guerra sa che ogni istante che ha adesso, è un regalo.

E’ un monito a rischiare la vita che si ha sempre sognato perché molti uomini muoiono ogni giorno. Muoiono spiritualmente perché non mettono la propria passione, la propria volontà, la propria gioia in quello che veramente vogliono fare e così si lasciano morire ogni giorno e arriva il momento che si chiedono “ se in 60 anni della mia vita non è cambiato nulla perché ho vissuto?”. 
Vivete, vivete le vostre passioni, amate il prossimo e fidatevi degli altri.
          Iacopo 

lunedì 29 luglio 2019

A Damasco insediato il 28 luglio il nuovo arcivescovo siro cattolico John Jihad Battah

Il nuovo arcivescovo di Damasco, desideroso di dare speranza ai fedeli stanchi

CATHOLIC NEWS SERVICE
Dopo otto anni di guerra, i fedeli a Damasco, in Siria, sono “così stanchi”, ha affermato il loro nuovo arcivescovo cattolico siriaco John Jihad Battah. Tuttavia, sta tornando alla sua città natale con entusiasmo. "Voglio aiutare le persone, dare loro la speranza di rimanere nel loro paese", ha detto mons Battah al Catholic News Service in vista della sua ordinazione episcopale a Damasco il 28 luglio.
In tutte le mie missioni, in Italia, in Libano, ho obbedito alla chiamata della Chiesa. Questa è la prima volta che provo grande gioia e felicità in una nuova missione, tornando in Siria ", ha detto l'arcivescovo, di 63 anni. Ha servito in Libano negli ultimi otto anni come vescovo della diocesi patriarcale di Beirut e in precedenza a Roma per sette anni.
"La cosa più importante è prendersi cura delle persone", ha detto mons. Battah circa la sua nuova missione. Il suo motto di arcivescovo è il passo del Vangelo di Luca 22:27: "Sono tra voi come colui che serve".
Damasco non ha vissuto un esodo di massa come nelle diocesi devastate dalla guerra come Aleppo. Nell'arcidiocesi siro-cattolica di Damasco, ci sono circa 1.000 famiglie, rispetto alle circa 1.200 famiglie prima della guerra. Tuttavia, le sanzioni contro la Siria stanno mettendo a dura prova il popolo siriano.
"Stanno portando le persone a lasciare il Paese per cercare un futuro migliore", ha sottolineato. “La situazione economica è molto brutta. Tutti sono nel bisogno ora", ribadisce. Il costo delle necessità di base è salito alle stelle e i medicinali sono molto costosi. "Le persone muoiono per mancanza di medicine."
Abbiamo bisogno di preghiere per la rimozione delle sanzioni. Se le sanzioni vengono rimosse, le persone possono almeno vivere con dignità ", insiste mons. Battah.
Il Governo in Siria "è un governo positivo che rispetta tutte le religioni", ha osservato mons Battah. E cita il raduno giovanile cattolico siriaco a Damasco all'inizio di luglio, quando il presidente siriano Bashar Assad ha visitato per più di tre ore più di 200 giovani, rispondendo alle loro domande in un forum aperto.
Mons.Battah ha affermato che "la sua missione principale è quella di dare ai cristiani la speranza nel futuro, di rimanere nel loro Paese". “Il mio messaggio per l'Occidente è di aiutare i cristiani in Medio Oriente a rimanere nelle loro terre d'origine. La loro presenza è vitale", ha detto l'arcivescovo, osservando che i cristiani sono "un equilibrio, un ponte tra tutte le religioni ".
I cristiani sono la luce del mondo. La luce deve rimanere in Medio Oriente", ribadisce mons Jano Battah.
   (trad. Gb.P)
https://cruxnow.com/church-in-the-middle-east/2019/07/23/new-damascus-archbishop-eager-to-give-hope-to-tired-faithful/

venerdì 26 luglio 2019

Assad, c’è posta per te


Tra le diverse, e di segno opposto, presentazioni della 'lettera di papa Francesco al presidente Assad' 
(di cui non è stato reso pubblico l'originale), 
riceviamo e volentieri pubblichiamo la garbata  sintesi dell'amico Giovanni Maria Lazzaretti.

La settimana scorsa descrivevo la facilità con la quale il sistema mediatico può creare realtà che non esistono e celare verità che esistono. E’ tutta una questione di soldi, in fondo: l’invio di reporter in giro per il mondo costa troppo, e quindi ci si accontenta. Al massimo fai parlare Lucia Goracci da Istanbul (quando parla di Siria sta quindi a 1500 km da Damasco), per il resto prendi i rilanci di agenzia, ti fidi, li rielabori e li trasformi in servizio televisivo.

Nel 2011 qualche pensatoio internazionale creò la “cornice Siria”, che prevedeva tre concetti: (1) «il dittatore sanguinario Bashar al Assad» (2) «i ribelli moderati» (3) «la guerra civile siriana». Sono “buoni giornalisti” coloro che parlano e scrivono rispettando la cornice; chi esce dalla cornice, è tagliato fuori.
Fonti uniche d’informazione: le emittenti televisive Al Arabiya e Al Jazeera, l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani, i Caschi Bianchi.
Al Arabiya è controllata dall’Arabia Saudita, paese coinvolto nel conflitto. Al Jazeera è controllata dal Qatar, altro paese finanziatore dei “ribelli moderati”. L’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani è costituito da un’unica persona, Rami Abdel Rahman, che vive in Inghilterra, a Coventry, e che non va in Siria dal 2000. Dice di avere una rete di 200 informatori, ovviamente “coperti”.
I Caschi Bianchi in apparenza sono volontari che assistono le vittime di guerra (nei territori controllati da Al Nusra, filiale siriana di Al Qaeda). Ma sono stati fondati a Istanbul da un ufficiale britannico in pensione, James Le Mesurier, con esperienza nel mondo delle società di sicurezza private, di concerto con l’ambiente dei “ribelli moderati”. E’ quindi un’organizzazione che “fa parte dell’ingranaggio” e agisce perfettamente inserita nella “cornice Siria” descritta prima.
Dopo Afghanistan, Iraq, Libia, la “cornice Siria” è l’ennesima balla planetaria. La realtà è che Bashar al Assad è il Presidente legittimo di uno Stato multietnico, multireligioso, multiculturale. L’occidente lo elogiava fino a un attimo prima della guerra. Uso le parole di Napolitano a Damasco nel 2010: «Difficile non rimanere colpiti dalla bellezza del Paese e dall’ospitalità del suo popolo. Esprimo apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medioriente e per la tutela della libertà assicurate alle antiche comunità cristiane qui residenti».
Il giovane Assad, vocazione da oculista e Presidente per necessità, con una modesta dose di ingiustizia teneva a bada, da uomo forte, la più grande forma di ingiustizia: il caos. I ribelli moderati semplicemente non esistono: è esistita all’inizio una forma pacifica di protesta, nella quale si sono infiltrati gruppi armati preparati da anni, finanziati dall’occidente e dai loro alleati della penisola arabica.
Non c’è quindi una guerra civile siriana, ma semplicemente l’azione del governo legittimo per ripulire la Siria dalle forze che vogliono smembrarla. Il piano Feltman-Bandar, piano USA-Saudita, mira a creare zona alawita, zona sciita, zona sunnita e zona curda, miscelando i territori di Iraq e Siria. La caduta di Assad è la condizione necessaria. E tanti saluti ai cristiani, che Assad protegge.
La “cornice Siria” continua a resistere mediaticamente. Ma sul campo c’è la possibilità che le forze dell’Esercito Arabo Siriano e dei suoi alleati riescano a vincere, restituendo alla Siria la sua unità e la sua dignità. Mancano alcune sacche di resistenza residua dell’ISIS, ci sarà da ragionare sulla zona curda, e poi c’è Idlib.
In maggio Assad e alleati hanno iniziato l’offensiva contro Idlib, l’unica zona ancora in mano ai ribelli e da tempo controllata da gruppi radicali e jihadisti. Offensiva ovvia: chi mai vorrebbe essere governato da gruppi radicali e jihadisti? Un Presidente ha la responsabilità del suo popolo, non può lasciarlo in mano ai jihadisti. Sarà un’offensiva dolorosissima, visto che Idlib è piena di sfollati di guerra e di milizie sloggiate da altre aree.
In questo contesto arriva ad Assad una lettera di Papa Francesco, recapitata dal cardinale Turkson. Il testo esatto della lettera non lo conosciamo, ma i commenti fanno cadere le braccia.
Titolo: «Il Papa scrive ad Assad per chiedere la fine delle violenze del regime». Questa è buffa. Liberare Idlib da gruppi radicali e jihadisti sarebbe “violenza di regime”?
Titolo: «Il Papa ha perso la pazienza con Assad». Eh, anche Assad ha perso la pazienza con l’occidente che finanzia la guerra jihadista, oltre a imporre assurde sanzioni al popolo siriano.
Il cardinale Parolin ha commentato: «Papa Francesco rinnova il suo appello perché venga protetta la vita dei civili e siano preservate scuole, ospedali e strutture sanitarie. Quello che sta accadendo è disumano e non si può accettare. Il Santo Padre chiede al Presidente di fare tutto il possibile per fermare questa catastrofe umanitaria, per la salvaguardia della popolazione inerme. Proprio oggi Unicef ha denunciato la distruzione di 8 impianti idrici che portavano acqua potabile a 250mila persone nella zona di Idlib, governatorato situato vicino al confine con la Turchia».
Dimentica di accennare che la colpa di tutto viene dall’occidente e dagli alleati della penisola arabica che hanno finanziato i terroristi e pianificato la distruzione della Siria. E che la maniera migliore per fermare la catastrofe umanitaria è cessare le sanzioni, e consentire una rapida vittoria dell’Esercito Arabo Siriano. I civili patiranno cose indicibili, non c’è dubbio. I cristiani le patiscono già adesso, sotto la cappa plumbea dei jihadisti di Idlib.
Parolin mi rattrista: le sue parole sono corrette, ma non risuonano come una potente alternativa cristiana; suonano come voce insipida inquadrata nella “cornice Siria” imposta dal sistema mediatico.
L’unica forma che consente alle minoranze di sussistere all’interno dell’Islam è la presenza di un uomo forte di impostazione laica. Non pretendo che la Santa Sede faccia l’elogio di Assad. Ma almeno non ostacoli la sua vittoria. 
Giovanni Lazzaretti

martedì 23 luglio 2019

Nuovo appello del Papa: “Che si affretti la pacificazione della Siria!”. Confermiamo: per Idlib, per Aleppo, per la Siria tutta!

In un comunicato apparso sul sito del Patriarcato Melkita, sua Beatitudine il Patriarca Joseph Al-Absi esprime il suo gradimento circa la visita del Cardinale Turkson, accompagnato da S.E. Nunzio Zenari, al popolo siriano e alla leadership siriana: “con un messaggio di amore e pace trasmesso al popolo siriano e alla leadership siriana, ha iniziato la sua visita in un incontro con il presidente siriano Bashar al-Assad e ha trasmesso un messaggio di Sua Santità che esprimeva il suo sostegno alla Siria”.

OraproSiria, con i religiosi siriani, accoglie con speranza l'intervento del Papa: l'appello alla pace è sempre importante, soprattutto aiuta a non dimenticare il dramma di un popolo in guerra.  Ma è importante sottolineare anche la risposta che lo Stato siriano ha dato a questa interpellanza: se si vuole la pace, occorre che chi arma il conflitto dall'esterno venga messo alle strette, sia fatto oggetto di pressione internazionale da chi può..   E, aggiungiamo noi, che si smetta di celebrare come eroi persone che hanno compiuto stragi indossando e sdoganando in Occidente un elmetto bianco come fossero un gruppo di angeli della salvezza, quando sono una organizzazione terroristica..  Occorre ricordare anche le vittime che ancora i terroristi di Idleb continuano a mietere, come ci ricordano le testimonianze qui sotto.

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Susanne Der Karkour, 61 anni,
insegnante cristiana,
violata per 9 ore,
 assassinata e lapidata
dai jihadisti di Idlib

Padre Firas, francescano, da Aleppo ribadisce a Radio VaticanaNon dimenticare i cristiani di Idlib

"A Idlib la crisi umanitaria è più grave che altrove per quanto riguarda i cristiani in quanto i jihadisti li hanno cacciati da casa, li hanno uccisi. L’ultimo episodio è accaduto una settimana fa: una professoressa cristiana è stata violentata e alla fine lapidata. "La situazione è davvero preoccupante” afferma padre Lutfi."

(ascolta qui l'appello audio)

L'immagine può contenere: cielo e spazio all'aperto

Da Aleppo, il volontario Pierre le Corf, comunica brevemente il drammatico bombardamento accaduto nella giornata di ieri:


Ho smesso di pubblicare, ho provato a staccare, ma tutto non fa altro che ricominciare sempre peggio... Gli attacchi si moltiplicano, le persone muoiono e a decine sono feriti, i terroristi hanno fabbricato missili grad e munizioni che aumentano le loro capacità di gittata...
Ieri nella strada in cui ero, un'ora dopo è stato un massacro... La piccola Nawal ha avuto la gamba strappata da un proiettile; ieri altri non hanno nemmeno avuto questa chanche...
Nel frattempo in Europa, i grandi titoli su un cosiddetto portiere di calcio cantante della rivolta o un eroe dei caschi bianchi che difendono "la libertà" uccisi nei bombardamenti dell'aviazione... 
La loro storia indorata all'oro puro, darebbe quasi pure a me lacrime agli occhi se non sapessi che uno faceva parte di al-Nusra e l'altro dell'ISIS, con tanto di foto e video a sostegno...
Tutto ricomincia come fu per Aleppo, le bugie e le manipolazioni... E intanto dove sono i grossi titoli su tutti i bambini e le persone che muoiono qui? Dove è la piccola Nawal??

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Per conoscenza: DaIl'istituto di medicina legale di Aleppo, ecco il risultato dei morti per attacchi missilistici durante la settimana: 15 martiri, più 34 feriti a causa dei razzi lanciati da Al-Nusra e i suoi alleati sui civili abitanti nella città di Aleppo..

domenica 21 luglio 2019

San Charbel: altre meraviglie del grande santo eremita del Libano

"Il Signore non gli rifiuta niente,
 perché San Charbel
non gli ha rifiutato nente".

Il Calendario liturgico pone la memoria di San Charbel il 24 luglio; molte comunità nel mondo la celebrano nella terza domenica di luglio con grande devozione per suo potere di intercessione presso Dio. La lista dei miracoli e delle grazie ottenuti da fedeli di tutte le confessioni implorando San Charbel è impressionante. San Charbel ha passato gran parte della sua vita nella preghiera, umiltà, ascesi e obbedienza in un povero eremo a Annaya, un piccolo villaggio situato sopra la città di Jbeil-Byblos in Libano. Più volte, nelle sue apparizioni, il santo dice: "Colui che mi vuole trovare, venga a incontrarmi in questo posto con fede, fiducia e soprattutto senza il minimo dubbio."


di Jean Claude e Geneviève Antakli, scrittori-biologi
Siamo poca cosa sulla scala del tempo! A Byblos (Libano), più che altrove, quando ci si siede all'alba sulla cresta di un muro divisorio che separa due mondi, di fronte al Mediterraneo... Da un lato, rovine del diciannovesimo secolo "prima di Gesù Cristo" ... in compagnia di Abramo! Re Ibb Schmon Abi regnò quindi su Gebel Al Arak, cioè il Medio Egitto in Mesopotamia, e fu proprio a Byblos che fu trovata la sua tomba intatta che conteneva il suo scettro, la sua ascia , il suo pettorale ... Dall'altro, 2000 anni dopo, Gesù: "E quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio, nato da una donna, nato soggetto alla legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla legge", secondo San Paolo nell'Epistola ai Galati. Assalti di tutte le civiltà in questa Terra Promessa da cui si erge e di cui non si potrà mai dire abbastanza, che i Cristiani erano lì, molto prima dell'arrivo dell'Islam, in città radiose come Damasco, Antiochia, Alessandria e tutto questo sullo sfondo del bacino del Mediterraneo.
Che cosa dunque è successo, in modo che l'Islam trionfante venuto dall'Arabia abbia fatto uno sfondamento spettacolare in 3 continenti, fermando i suoi eserciti solo a nord a Poitiers, dove Carlo Martello si è distinto nel 732?  Come furono i primi sette secoli di cristianesimo? Possiamo ammettere oggi che le nuove cristianità, oppresse dalla Chiesa di Bisanzio, schiacciate dalle tasse e perseguitate per oscure dispute teologiche, abbiano accolto come fratelli questi nuovi convertiti alla dottrina di Maometto dal 636? Forse anche loro soffrirono nel IX secolo la separazione tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente a Roma che portò alla conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453, che isolò la Chiesa d'Oriente e la costrinse a un cauto ritiro su se stessa.  Forse, infine, nel sedicesimo secolo, l'arrivo dei missionari latini, determinato, nonostante la dominazione ottomana a stabilire un ponte tra Roma e l'ortodossia, portò alla creazione delle Chiese Uniate; frammentando, dividendo la Chiesa orientale in frazioni, alcune delle quali ripristinarono la comunione con la Chiesa cattolica, pur mantenendo il loro rito originario. Al posto dell'unità, questi latini hanno scavato e allargato i fossati involontariamente.
Mentre prendevamo la strada di Annaya, in una mattina del novembre 2018, abbiamo ricordato tutte le discussioni con i nostri amici di diversi riti che ci siamo scambiati spesso. I cristiani orientali oggi si sentono indeboliti, ridotti nelle proprie risorse, specialmente da quando l'Occidente che li proteggeva, e in particolare la Francia, si è scristianizzato e scristianizza il mondo con una civiltà contraria ai loro valori. Dobbiamo ricordare loro che la loro unica forza viene da Dio? Che con la ricchezza teologica, cristologica dei loro grandi santi, dei loro grandi pensatori e filosofi, essi sono questo lievito, questo tesoro in vasi d'argilla! "Ho visto," dice San Paolo, "ed è per questo che ho parlato."
È perché crediamo che parliamo ancora e ancora, con milioni di pellegrini che ogni anno vengono dai quattro angoli del pianeta per radunarsi sulla tomba di questo grandissimo santo libanese, san Charbel Makhlouf, per ottenere attraverso la sua intercessione le grazie che il Signore gli accorda in abbondanza. In questa vita di mortificazione e fedeltà, egli si è offerto per la redenzione di un mondo, per ottenere le grazie che ha richiesto e che chiede ancora oggi, per tutti quelli che lo implorano. San Charbel continua ad intercedere per noi, in Libano, in Medio Oriente e ovunque lo preghiamo.
Questi ultimi miracoli ai quattro angoli del globo ce lo ricordano.
Miracolo No. 31: Signora Maya Sami Francis
(Registrato come tale negli archivi del Monastero di Annaya da Padre Luis Matar nel 2018)
La signora Maya è nata nel 1981 ed è madre di tre figli. Emigrata in Pennsylvania (USA) racconta le circostanze della sua malattia in questi termini: "Due anni fa mi è stato diagnosticato un cancro al seno, sono stata operata e durante la mia convalescenza ho pregato ardentemente san Charbel, affinché potesse guarirmi. Nella notte mi appare in un sogno, mi dà dell'incenso e mi assicura che mi ha guarito. In precedenza, non avevo tenuto nessuno informato, né della mia malattia né di questa apparizione, perché stavo aspettando il mio ritorno in Libano, per annunciare a tutti i miei parenti la guarigione predetta dal venerabile santo.
Ma poche settimane dopo il mio intervento, insorgono dolori lombari insopportabili che mi spingono a tornare dal mio medico di famiglia. Mi prescrive nuovi esami e mi propone un trattamento fisioterapico che si rivela inutile e inefficace. La mia salute si deteriora bruscamente e sono portata d'urgenza all'ospedale della Pennsylvania. Il dottore mi dice che i miei esami sono allarmanti, che preludono l'inizio della paralisi totale, la mia colonna vertebrale è profondamente colpita da un cancro che si sta diffondendo. Più seriamente, due vertebre sono completamente danneggiate a tal punto che la radiografia mostra solo dei buchi bianchi. È necessario sostituirle con 2 protesi metalliche, il che implica un nuovo intervento chirurgico.
Dopo aver ascoltato la cattiva notizia, mio ​​nipote Charbel Francis mi chiama dal Libano e mi propone di pregare insieme per telefono nello stesso tempo. L'appuntamento è fissato ed eccoci separati migliaia di chilometri, uniti nella preghiera, quando improvvisamente San Charbel mi appare di nuovo, ma questa volta di persona: "Io sono con te, non farti operare!” Mi ha detto!
Nonostante la disapprovazione di tutto il personale medico dell'Ospedale della Pennsylvania, Maya Sami Francis lascia l'America, accompagnata da suo marito, per il Libano il 9 ottobre 2018 (anniversario della proclamazione del santità di San Charbel). Il suo chirurgo è convinto che non arriverà mai in Libano, tanto è compromessa la sua prognosi vitale. Una volta sull'asfalto dell'aeroporto Rafic Hariri di Beirut, Maya viene spinta su una sedia a rotelle. Cinquanta pellegrini libanesi sono tutti d'accordo per andare direttamente al monastero di Annaya per pregare con lei per la sua guarigione. Quando arrivano verso mezzanotte sul piazzale del monastero tutte le porte sono chiuse.
Maya, esausta, chiama i suoi cugini del Libano e suo nipote per ottenere le coordinate di padre Luis Matar. Egli stesso contatta padre Luis per spiegare l'urgenza della situazione: sua zia è ai piedi della statua di San Charbel, sul piazzale del monastero di Annaya con 50 pellegrini in preghiera. Padre Luis Matar, che dormiva, non esita un secondo e il tempo di indossare la sua tonaca ed è al capezzale di Maya con incenso e olio santo che unge sulla fronte della malata.
Proprio mentre padre Luis Matar sta per benedire la donna che non conosce su una sedia a rotelle, Saint Charbel fa nuovamente la terza apparizione. Maya sa in questo momento che è guarita. Si alza, articola le braccia e le gambe, muove il suo collo paralizzato fino ad allora, ritrova la sua voce, inizia a cantare e danzare sotto lo sguardo sbalordito dei suoi amici pellegrini e dei suoi cugini che sono accorsi!
Il giorno seguente, dopo una notte insonne, piena di gioia e felicità, Maya Sami Francis torna sul luogo della sua miracolosa guarigione per ringraziare Padre Luis Matar e chiedergli di registrare la sua guarigione. Padre Luis non dubita della sincerità di Maya, ma le consiglia di andare all'ospedale più vicino per sottoporsi a esami medici per autenticare scientificamente la causa miracolosa della guarigione. Può scegliere tra il prestigioso American Hospital di Beirut o l'ospedale più vicino, il North Hospital di Tripoli. Il dottor David Wahbé, che avrebbe dovuto seguirla durante questo periodo transitorio in Libano, la indirizza all'Ospedale universitario di Tripoli. Tutti gli esami radiologici e le indagini confermano una guarigione totale con una prova sbalorditiva: le 2 vertebre cervicali, che erano praticamente disintegrate, sono state rigenerate in modo scientificamente inspiegabile!
Il 19 ottobre, ossia dieci giorni dopo il suo arrivo in Libano, Maya, accompagnata da suo marito, dal fratello e dal nipote, torna ad Annaya nel monastero di San Charbel per registrare la sua guarigione miracolosa con padre Luis Matar, archivista di tutti i miracoli di Saint Charbel nel mondo, con tutti i suoi rapporti medici in mano.

Miracolo No. 32: Signora Micheline Chahine Hindi
Micheline è nata a Zahle (Libano) nel 1970, moglie di Nabil Wadih Khater, madre di due figli, vive a Jdita. Soffre di molti disturbi gastrici senza conoscere l'origine della sua malattia e si affida al Signore chiedendogli di aiutarla a sopportare le sue sofferenze e se possibile di guarirla. La notte nella quale si affida al Signore, San Charbel in compagnia di Santa Rafka le appare in sogno, e le dice: "Non aver paura!"
In questo momento è totalmente inconsapevole di avere un cancro. Pochi giorni dopo, Micheline sperimenta dolori gastrici insopportabili. E' trasportata all'ospedale di Zahle, dove viene operata urgentemente per un'appendicite acuta. Contemporaneamente viene scoperto un grosso tumore lungo 12 cm. e 7 cm. di spessore. Questo sembra strano al chirurgo, che è sorpreso perché né lo scanner né la risonanza magnetica avevano rilevato una tale massa! Di fronte a questo enigma, chiede quindi una biopsia del tumore e consulta un altro collega oncologo. La diagnosi è senza appello. Solo alla famiglia di Micheline viene raccontata la serietà dei risultati. La sua famiglia è contraria alla chemioterapia.
Una catena di preghiere viene organizzata e Micheline nella prospettiva di una prossima chemioterapia è sottoposta subito a digiuno e a una dieta speciale, la sua famiglia implora san Charbel di guarirla prima di qualsiasi trattamento.
Il sesto giorno, il radiologo entra nella stanza di Micheline Chahine: "Non ringraziarmi, è piuttosto Dio che dobbiamo ringraziare, la tua fede ti ha salvato! Inaspettatamente, la nuova biopsia tumorale è risultata benigna. Penso che tu possa andare a casa, che la chemioterapia non sia più utile e che non ci saranno altri trattamenti farmacologici.”. Da allora, i controlli biologici che si sono succeduti hanno confermato una guarigione inspiegabile. Durante le due apparizioni di Saint Charbel sia prima del suo ricovero che dopo, egli la aveva rassicurata in questi termini: "Non aver paura e tieni questa raccomandazione vicino al tuo cuore". Micheline Chahine aggiunge: La mia guarigione la devo anche alla mia famiglia che non ha mai smesso giorno e notte di raccogliersi per pregare sulla tomba del venerato San Charbel ad Annaya. Sono venuta con tutti i miei certificati medici il 20 ottobre 2018 per registrarmi presso padre Luis Matar, con le prove della mia guarigione spettacolare e ringraziare il Signore e Nostra Signora del Libano.