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sabato 28 dicembre 2024

Card Pizzaballa "Il Natale del Signore è tutto qui: .... ci offre una via di uscita di vita e di speranza."

 

Pubblichiamo dalla traduzione di "Nuova Bussola Quotidiana" il testo dell’omelia pronunciata dal cardinale Pierbattista Pizzaballapatriarca di Gerusalemme dei Latini, per la Messa della Notte di Natale 2024 a Betlemme (Is 9, 1-16; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14), .

Cari Fratelli e Sorelle,

non ho problemi quest’anno a riconoscere la mia fatica ad annunciare a voi che siete qui e a quanti da tutto il mondo guardano a Betlemme la gioia del Natale di Cristo. Il canto degli Angeli, che cantano gloria, gioia e pace mi sembra stonato dopo un anno faticoso, fatto di lacrime, sangue, sofferenza, speranze spesso deluse e progetti infranti di pace e di giustizia. Il lamento sembra sopraffare il canto e la rabbia impotente sembra paralizzare ogni cammino di speranza.

Mi sono chiesto più volte in queste ultime settimane come vivere, se non superare, questa fatica, questa spiacevole sensazione di inutilità delle parole, anche quelle della fede, di fronte alla durezza della realtà, alla evidenza di una sofferenza che pare non voler finire. Mi sono però venuti in soccorso i pastori del Natale che, come me e i vescovi e i presbiteri di questa terra, vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Essi in quella notte, che è questa, hanno ascoltato gli angeli credendoci. E allora mi sono deciso ad ascoltare anche io, di nuovo, il racconto del Natale dentro il contesto sofferto nel quale ci troviamo, non molto diverso dal contesto di allora.

Come abbiamo ascoltato«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta» (Lc 2, 1-5).

Mi ha colpito questo aspettoGiuseppe e Maria vivono la grazia del loro Natale, del vero Natale, non in un modo, in un tempo o in circostanze decise da loro, o particolarmente favorevoli. Una volontà imperialistica di potenza governava allora il mondo e pensava di deciderne i destini, sociali ed economici. Questa nostra Terra Santa in quel tempo era soggetta a giochi di interessi internazionali non meno di oggi. Un popolo di poveri viveva facendosi registrare, contribuendo con la propria fatica e il proprio lavoro al benessere di altri… Eppure, senza lamentarsi, senza rifiutarsi, senza ribellarsi, Giuseppe e Maria vanno a Betlemme, disposti al Natale proprio lì. Rassegnazione la loro? Cinismo? Impotenza? Inettitudine? No! Era fede! E la fede, quando è profonda e vera, è sempre uno sguardo nuovo e illuminato sulla storia, perché “chi crede, vede!”.

E cosa hanno visto Giuseppe e Maria? Hanno visto, per la parola dell’Angelo, Dio nella storia, il Verbo farsi carne, l’Eterno nel tempo, il Figlio di Dio fatto uomo! Ed è quello che vediamo anche noi qui, stanotte, illuminati dalla Parola evangelica.

Noi vediamo in questo Bambino il gesto inedito e inaudito di un Dio che non fugge la storia, non la guarda indifferente da lontano, non la rifiuta sdegnato perché troppo dolorosa e cattiva ma la ama, la assume, vi entra con il passo delicato e forte di un Bambino appena nato, di una Vita eterna che riesce a farsi spazio, nella durezza del tempo, attraverso cuori e volontà disponibili ad accoglierla. Il Natale del Signore è tutto qui: attraverso il Suo Figlio, il Padre si coinvolge personalmente nella nostra storia e se ne carica il peso, ne condivide la sofferenza e le lacrime fino al sangue, e le offre una via di uscita di vita e di speranza.

Egli però non vi entra in concorrenza con gli altri potenti di questo mondo. La potenza dell’amore divino non è semplicemente più potente del mondo ma è diversamente potente. Questo Bambino, dopo aver vissuto fino in fondo la nostra vita, lo rivelerà con luminosa chiarezza: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato… ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18,36). Il passo con cui Dio entra nella storia è quello dell’Agnello, perché solo l’Agnello è degno di potenza e forza, e solo a lui appartiene la salvezza (cf. Ap 5,12). I Cesari Augusti di questo mondo sono dentro il circolo vizioso della forza, che elimina a vicenda i nemici per crearne sempre di nuovi (e dobbiamo constatarlo amaramente ogni giorno). L’Agnello di Dio, invece, immolato e vittorioso, vince, perché vince davvero, guarendo alla radice il cuore violento dell’uomo, con l’amore disposto a servire e a morire, generando così vita nuova.

Maria e Giuseppe, mentre sembrano obbedire passivamente a una storia più grande di loro, in realtà l’hanno attraversata e dominata con il passo di chi guarda a Dio e al suo progetto, e vi fanno entrare gloria e pace.

Anche noi possiamo e dobbiamo abitare questa nostra terra e vivere questa nostra storia: non costretti, però, e nemmeno rassegnati o, ancor meno, pronti a fuggire appena possibile. Noi siamo chiamati dagli Angeli di questa notte a viverla con fede e speranza. Anche noi come Giuseppe e Maria, come i pastori, dobbiamo scegliere e deciderci: accogliere con fede l’annuncio dell’angelo, o andarcene per la nostra strada. Credere o lasciare. Decidersi per Cristo e fare nostro lo stile di Betlemme, lo stile di chi è disposto a servire con amore e scrivere una storia di fraternità. Oppure assumere lo stile di Cesare Augusto, Erode e tanti altri, e scegliere di appartenere a chi presume di scrivere la storia con il potere e la sopraffazione.

Il Bambino di Betlemme ci prende per mano questa notte e ci conduce con Lui dentro la storia, ci accompagna ad assumerla fino in fondo e a percorrerla con il passo della fiducia e della speranza in Lui.

Egli non ha avuto paura di nascere in questo mondo né di morire per esso (non horruisti Virginis uterum). Ci chiede di non avere paura delle potenze di questo mondo, ma di perseverare nel cammino della giustizia e della pace. Noi possiamo e dobbiamo, come Giuseppe e Maria, come i pastori e i magi, percorrere le vie alternative che il Signore ci indica, trovare gli spazi adatti dove possano nascere e crescere stili nuovi di riconciliazione e di fraternità, fare delle nostre famiglie e delle nostre comunità le culle del futuro di giustizia e di pace, che è già iniziato con la venuta del Principe della Pace. È vero: siamo pochi e forse anche insignificanti nelle costellazioni del potere e nello scacchiere dove si giocano le partite degli interessi economici e politici. Siamo però, come i pastori, il popolo cui è destinata la gioia del Natale ed è partecipe della vittoria pasquale dell’Agnello.

Sentiamo perciò rivolto particolarmente a noi l’invito che il Santo Padre ha fatto risuonare poche ore fa per tutta la Chiesa, varcando la soglia della Porta santa e inaugurando così il Giubileo 2025: siamo pellegrini di speranza. Noi cristiani, infatti, non attraversiamo la storia da turisti distratti e indifferenti e nemmeno come nomadi senza meta sballottati qua e là dagli eventi. Noi siamo pellegrini, e pur conoscendo e condividendo le gioie e le fatiche, i dolori e le angosce dei nostri compagni di strada, camminiamo verso la meta che è Cristo, vera Porta santa spalancata sul futuro di Dio (Cf. Gv 10,9). Noi osiamo credere che, da quando il Verbo qui si è fatto carne, in ogni carne e in ogni tempo Egli continua a fecondare la storia, orientandola alla pienezza della gloria. E così, carissimi, proprio quest’anno, proprio qui, ha ancora più senso ascoltare il canto degli angeli che annunciano la gioia del Natale! Proprio ora ha senso ed è bello vivere l’Anno santo del Signore, anzi, l’Anno santo che è il Signore! Quel canto infatti non è stonato, ma rende stonati i rumori di guerra e la vuota retorica dei potenti! Quel canto non è troppo debole ma risuona con forza dentro le lacrime di chi soffre, e incoraggia a disarmare la vendetta con il perdono. Possiamo essere pellegrini di speranza anche dentro le strade e tra le case distrutte della nostra terra, perché l’Agnello cammina con noi verso il trono della Gerusalemme celeste.

L’anno del giubileo, secondo la tradizione biblica, è un anno speciale in cui vengono liberati i prigionieri, cancellati i debiti, le proprietà vengono restituite e anche la terra riposa. È un anno nel quale si fa esperienza della riconciliazione con il prossimo, si vive in pace con tutti e si promuove la giustizia. Un anno di rinnovamento spirituale, personale e comunitario. Avviene questo perché, con il giubileo, è Dio che per primo cancella tutti i debiti con noi. È l’anno della riconciliazione tra Dio e l’uomo, dove tutto si rinnova. E Dio vuole che tale riconciliazione si completi nel rinnovo della vita e delle relazioni tra gli uomini. È il mio augurio per questa nostra Terra Santa, che ha bisogno più di tutti di un vero giubileo. Abbiamo bisogno di un nuovo inizio in tutti gli ambiti della vita, di nuova visione, di coraggio di guardare al futuro con speranza, senza arrendersi al linguaggio della violenza e dell’odio, che invece chiudono ogni possibilità di futuro. Possano le nostre comunità vivere un vero rinnovamento spirituale. Che anche per noi in Terra Santa, dunque, ci sia questo nuovo inizio: che vengano rimessi i debiti, siano liberati i prigionieri, siano restituite le proprietà e si possano davvero iniziare con coraggio e determinazione percorsi seri e credibili di riconciliazione e di perdono, senza i quali non ci sarà mai vera pace.

Voglio ringraziare i nostri fratelli di Gaza, che ho potuto nuovamente incontrare di recente. Rinnovo a voi, cari fratelli e sorelle, la nostra preghiera, la nostra vicinanza e la nostra solidarietà. Non siete soli. Davvero voi siete un segno visibile di speranza in mezzo al disastro della totale distruzione che vi circonda. Ma voi non siete distrutti, siete ancora uniti, saldi nella speranza. Grazie della vostra meravigliosa testimonianza di forza e di pace!

Un pensiero va anche a voi cari fratelli e sorelle di Betlemme. Anche quest’anno per voi è stato un Natale triste, all’insegna dell’insicurezza, della povertà, della violenza. Il giorno più importante per voi, è vissuto ancora una volta nella fatica e nell’attesa di giorni migliori. Anche a voi dico: coraggio! Non dobbiamo perdere la speranza. Rinnoviamo la nostra fiducia in Dio. Lui non ci lascia mai soli. E qui a Betlemme, proprio noi celebriamo il Dio-con-noi e il luogo dove si è fatto conoscere. Coraggio. Vogliamo che da qui ancora risuoni per tutto il mondo lo stesso annuncio di pace di duemila anni fa!

Allora con i pastori andiamo a vedere sempre di nuovo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere. Celebriamo il Natale anche con i segni esteriori della festa, poiché un Bambino è nato per noi e ha riempito di speranza la storia e il mondo intero. Ha trasformato il dolore in doglie di parto, e ha dato a tutti noi la possibilità di anticipare l’aurora di un mondo nuovo!

                   +Pierbattista Card. Pizzaballa

https://www.lpj.org/en/news/homily-for-midnight-mass-christmas-2024

Sunday Homily, December 22, 2024, on the Occasion of the Visit of His Beatitude Cardinal Pierbattista Pizzaballa, Latin Patriarch of Jerusalem, to Celebrate Christmas at the Holy Family Church – Gaza.

I first express my great joy at being among you today and extend to you the greetings of everyone who conveys their love, prayers, and solidarity with you. Everyone wanted to come and be with you and bring gifts, but we couldn’t carry much. You have become the light of our Church in the entire world. 

At Christmas, we celebrate the light and ask: Where is this light? The light is here, in this church. The beginning of the light is Jesus Christ, who is the source of our life. If we are a light to the world, it is only because of Him. At Christmas, I pray that Jesus grants us this light. 

We are living in a time filled with darkness, and there is no need to elaborate because you know it well. In these moments, we must first look to Jesus, for He gives us the strength to endure this dark time. Over the past year, we have learned that we cannot rely on humans. How many promises were made and never fulfilled? And how much violence and hatred arose because of people? 

To remain steadfast in hope, we must be deeply rooted in Jesus. If we are connected to Him, we can look at one another in a different way. 

I don’t know when or how this war will end, and every time we approach the end, it seems like we start anew. But sooner or later, the war will end, and we must not lose hope. When the war ends, we will rebuild everything: our schools, our hospitals, and our homes. We must remain resilient and full of strength. 

And I repeat: We will never abandon you, and we will do everything we can to support and assist you. 

But most importantly, we must not allow hatred to infiltrate our hearts. If you want to remain a light, we must make our hearts available for Jesus alone. 

This year has been a significant challenge to our faith, for all of us, and especially for you. Sometimes, we asked, “Until when, O Lord?” Today, we answer with our will: “We want this situation to end soon, but we want to remain with You, O Lord.” Christ affirmed this by saying, “I am Emmanuel,” which means “God is with us.” 

We must remain steadfast in our faith, pray for the end of this war, and trust completely that with Christ, nothing can overcome us. 

Despite the violence we witnessed this past year, we also witnessed many miracles. Amidst the darkness, there were people who wanted to help and did not let anything stand in their way. The whole world, not just Christians, wanted to support and stand with you. 

The war will end, and we will rebuild again, but we must guard our hearts to be capable of rebuilding. We love you, so never fear and never give up. 

We must preserve our unity to keep the light of Christ here in Gaza, in our region, and in the world. We have a mission, and you must also give something, not just receive. The world that looks at you must see to whom you belong, whether you belong to the light or to darkness? Do you belong to Jesus, who gives his life, or another?  

When the world looks at you, it must notice that we you different. One of you once said to me: “As Christians, there is no violence in our blood. We want to remain Christians and remain the light in this place.”  

Thank you for everything you do. You may not notice it in your difficult daily life, but the whole world does. We are all proud of you, not only for what you do but because you have preserved your identity as Christians belonging to Jesus. 

Belonging to Jesus makes everyone a friend to you, and our lives become lives of giving to all. 

I conclude by saying: Thank you. May Christmas bring light to each of us. Do not be afraid, for no one can take Christ’s light from us. Continue to give a good testimony of the Christian faith. 

Merry Christmas!

https://www.lpj.org/en/news/patriarch-to-gaza-you-are-the-light-of-the-world


La Luce della salvezza spunta da Gaza. La Luce della salvezza è la piccola e resistente comunità cristiana di Gaza a cui tutti guardiamo con affetto e solidarietà da ogni parte del mondo. Credenti e non credenti guardano a questi uomini, donne, giovani e anziani che attraversano da mesi una prova terribile, resistendo alla violenza che li circonda. Tutto il mondo chiede pace, ma la voce di pace che viene da questa comunità è la testimonianza più verace di come i cristiani debbano abitare un mondo che ha smarrito la bussola della convivenza pacifica. Non un risentimento, non un’espressione di rabbia, non una parola di disperazione o di rassegnazione. Ma solo speranza. Speranza che tutto finirà, che la pace tornerà , che il bene tornerà a prevalere. Una speranza che non è suscitata da un umanesimo ragionevole, non da un’identità distintiva, ma dalla fedeltà a Gesù. Questa comunità vive, nella preghiera incessante, accanto a Gesù. Nell’isolamento in cui si trovano hanno un’eco della solidarietà che gli giunge da ogni parte del mondo (e che ieri ho avuto la possibilità di trasmettergli a nome di tutti voi, di tutta la Chiesa), ma la vera forza a resistere gli viene dalla quotidiana e continua vicinanza a Gesù. È poca cosa quello che noi possiamo dare a questa gente, ma è tanto quello che loro danno a noi, con la loro vita. Guardiamo a loro con lo stesso silenzio attonito che usarono i pastori davanti alla grotta in cui comparve il Re della pace. La loro forza è data dall’aver mantenuto un cuore libero, un cuore aperto all’incontro con l’altro. La loro forza è la certezza dell’Emmanuele, del “Dio con noi”, che mai ti abbandona. Da Gaza viene dunque una luce: che sia la luce che illumina un mondo che sembra smarrito nelle tenebre. Può sembrare un paradosso: dalla devastazione di Gaza venga, in questo Natale, la Luce che dona speranza e pace a tutto il mondo. 

di PIERBATTISTA PIZZABALLA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-12/quo-291/la-luce-che-spunta-dalle-macerie.html

martedì 24 dicembre 2024

Buon Natale!

 “L’Incarnazione e la nascita di Gesù ci invitano già ad indirizzare lo sguardo verso la sua morte e la sua risurrezione: Natale e Pasqua sono entrambe feste della redenzione. La Pasqua la celebra come vittoria sul peccato e sulla morte: segna il momento finale, quando la gloria dell’Uomo-Dio splende come la luce del giorno; il Natale la celebra come l’entrare di Dio nella storia facendosi uomo per riportare l’uomo a Dio: segna, per così dire, il momento iniziale, quando si intravede il chiarore dell’alba. Ma proprio come l’alba precede e fa già presagire la luce del giorno, così il Natale annuncia già la Croce e la gloria della Risurrezione”

(Benedetto XVI – 21 dicembre 2011

sabato 21 dicembre 2024

Come la strategia di HTS si è intersecata con il progetto americano e israeliano per la Siria

 

Come la strategia di HTS si è intersecata con il progetto americano e israeliano per la Siria


di Julia Kassem,  Al Mayadeen English, 12 dic 2024 https://english.almayadeen.net/articles/opinion/how-hts--ground-strategy-intersected-with-america---israel-s

Traduzione di Maria Antonietta Carta per OraproSiria 

La causa principale della completa destabilizzazione della Siria è stata l'erosione pluriennale della sua economia, e quindi il conseguente indebolimento delle forze militari e produttive, fortemente rallentata dall'occupazione di giacimenti petroliferi e basi statunitensi illegali nel nord-est del Paese (Unitamente al feroce embargo pluridecennale trasformatosi in vero e proprio assedio economico negli anni della guerra N.d.T.) 

Subito dopo il cessate il fuoco di Hezbollah, gli Stati Uniti e "Israele" hanno immediatamente fatto il passo successivo nel loro piano con l'improvvisa irruzione ad Aleppo da parte di Hay'at Tahrir al-Sham (HTS), guidata da Muhammad al-Jolani ex leader del fronte al-Nusra, ora sciolto; un leader vicino a Daesh (ISIS) e al-Qaeda, che ha lavorato a stretto contatto con l'ex capo di Daesh Abu Bakr al-Baghdadi. Negli ultimi anni HTS, considerato il gruppo terroristico del "male minore", si è focalizzzato sulla conquista della Siria, prendendo di mira principalmente Iran e Hezbollah. 

Al-Jolani ha oscillato nel tempo tra turbante e divise militari, destreggiandosi tra i suoi ruoli di insorto takfiro e la figura dell'opposizione in giacca e cravatta. Il cambiamento strategico di identità è tornato alla ribalta nel 2021 con una sua intervista straordinaria alla PBS. Nel 2022, l'inviato russo in Siria ha rivelato che la Turchia, con il sostegno occidentale, stava lavorando per il passaggio di HTS a "opposizione moderata", una mossa ad hoc per liberarlo dalla designazione di terrorista internazionale mentre metteva a punto l’obiettivo successivo degli Stati Uniti per la Siria e la fase post-bellica in Libano. L'Occidente, che pensa di avere indebolito la Russia in Ucraina, Hezbollah contro "Israele" e l'Iran su tutti i fronti bloccato da un presidente riconciliatore, ha lanciato gli ultimi attacchi terroristici come un’opportunità per gli Stati Uniti e "Israele" di portare a termine la partita. Questi sono i fattori effettivi che hanno indebolito i sostenitori della Siria, ribadendo che per la completa destabilizzazione del Paese sono state fondamentali sia l'erosione pluriennale della sua economia con l'occupazione di giacimenti petroliferi sia le basi statunitensi illegali nel nord-est della Siria.

Mentre la cosiddetta "opposizione siriana" veniva pompata con i finanziamenti e con il supporto logistico - direttamente dalla Turchia e indirettamente da Stati Uniti, Regno Unito e "Israele"- l'esercito siriano si disarticolava. I militari ricevevano circa 40 dollari al mese, grazie alle conseguenze delle prolungate sanzioni statunitensi e agli effetti negativi della guerra ibrida. Nel 2018, la Russia informò la Siria che il suo esercito aveva bisogno di un rinforzo dal basso e Damasco si trovò ad affrontare la sfida di dover sostenere 200 miliardi di dollari di ricostruzione a livello nazionale. Per affrontare queste sfide, Assad ricorse a riconciliazioni e negoziati che misero in secondo piano l’approccio difensivo; ma le basi che hanno consentito un facile crollo, l’ammutinamento e la presa del potere, erano state gettate sei anni prima dell'invasione di HTS di fine novembre 2024.

La Siria è caduta dopo anni di negligenze rispetto al rinforzo della sua difesa e della crescita economica.

L'era post-Astana e dei negoziati è stata segnata da concessioni, nel tentativo di tranquillizzare i Paesi del Golfo e facilitare un più facile riavvicinamento a queste potenze rifiutando le offerte iraniane di stazionamento intorno al Golan e a sud. La Siria non ha preso misure drastiche per riprendersi i territori a nord-est dove miliardi di ricchezza petrolifera sono stati rubati, per riorganizzare le istituzioni militari in rovina e impoverite e gettare le basi per l'autosufficienza economica; aspettandosi che il processo di negoziazione post-Astana e la partnership tra Iran e Russia risolvessero da soli i problemi. Mentre queste soluzioni politiche tardavano a portare risultati, l'opposizione, ben supportata e finanziata sebbene divisa, ha approfittato del cessate il fuoco post-2020. HTS ha utilizzato questo periodo per consolidare la presa su Idlib e il nord del Paese, e aumentare gli attacchi all'esercito siriano, raddoppiandoli da circa 200 nel 2021 a 400 nel 2022.

HTS ha anche approfittato delle sanzioni statunitensi sulla Siria all'indomani del disastroso terremoto nel febbraio 2023, rafforzando gli obiettivi di Washington di impedire che gli aiuti raggiungessero le aree "controllate dal regime" e consentendo il sostegno turco nelle zone che controllava. La Turchia avrebbe tratto vantaggio anche dall'aumento della circolazione della sua valuta in concomitanza con l'ulteriore crollo della valuta siriana, in favore delle sue ambizioni espansionistiche nel nord della Siria.

Fin dall'inizio, l'insurrezione takfira guidata da HTS aveva obiettivi e modelli operativi non solo allineati ma direttamente curati da Israele e dagli Stati Uniti. Dal 2017, gli obiettivi degli attacchi terroristici di HTS sono stati funzionari del governo siriano, scienziati, civili sciiti e pellegrini (prendendo spunto dalla narrativa americano/israeliana nel considerarli "agenti iraniani") e quasi esclusivamente, negli anni successivi al cambiamento strategico dell'identità di HTS, posizioni degli avversari degli Stati Uniti in Siria, che provenissero da Hezbollah, dall'IRGC o dalla Russia. Gli Stati Uniti hanno permesso che l'ISIS si dissolvesse, indebolendolo gradualmente in attacchi aerei coordinati; mentre l'HTS, più focalizzato sul terreno, è stato in grado di crescere.

Dopo la fuga di centinaia di leader takfiri dalle prigioni di Hasakeh all'inizio di quest'anno, molti di loro si sono spostati a sud verso le posizioni dell'esercito a Daraa e Damasco. Ciò è stato seguito da attacchi con l’artiglieria terrestre contro l'esercito siriano e la polizia da parte di gruppi takfiri in queste località del sud ora prese di mira dagli israeliani. Gli attacchi aerei dell'entità sionista su tutta la Siria, in particolare contro le infrastrutture militari nelle principali città, sono stati implacabili e continui negli ultimi due anni e soprattutto negli ultimi mesi. Durante la guerra in Libano, Israele ha ripetutamente colpito il valico di frontiera di Masnaa tra Siria e Libano, così come il valico di frontiera settentrionale di Arida. I ripetuti bombardamenti dei valichi tra Libano e Siria hanno mantenuto la pressione sui libanesi assediati e l’interruzione delle vie di rifornimento da e per il Libano. Mentre i gruppi takfiri attaccavano le posizioni dell'esercito siriano da terra, "Israele" bombardava l'esercito siriano dal cielo, indebolendolo ulteriormente. Uno degli ultimi attacchi mirati è stato contro un centro dell'esercito a Palmira, dove 36 persone sono state massacrate.

Il coordinamento aereo e terrestre israeliano-takfiro non è una novità, ovviamente. È stato ampiamente documentato il fatto che quasi un decennio fa Israele ha fornito a Jabhat al-Nusra (l'organizzazione precedente di HTS) mappe e progetti delle posizioni dell'esercito siriano da attaccare nel sud del Paese. Avevano anche fornito loro dispositivi di comunicazione e attrezzature mediche, consentendo persino di allestire campi profughi siriani al confine. In precedenza, un rapporto delle Nazioni Unite del 2014 confermava lo stretto coordinamento che i cosiddetti "ribelli" avevano con Israele. 

Uno dei loro primi obiettivi furono gli stessi centri di ricerca e gli stabilimenti di produzione per le armi della Resistenza, che Israele ha colpito per un periodo, eseguiti in coordinamento con gli Stati Uniti e l'entità sionista. Israele è stato a lungo deluso dal fatto che i suoi attacchi non avessero "fermato o neutralizzato" la loro attività; un passo che sarebbe stato delegato ai loro alleati sul campo. Ad Aleppo, i militanti hanno assediato il Syrian Scientific Research Center, motore economico del Paese e motore di difesa sia della Siria sia dell'Asse della Resistenza, e hanno cecchinato e ucciso il direttore, dottor Yervant Arslanian. L'opposizione takfira ha anche attaccato il CERS Institute 4000 a Masyaf, bersaglio di bombardamenti israeliani e attacchi del Mossad per anni. Aiutato dall'intelligence e dal lavoro svolto da Israele nell'attaccare le strutture tra cui il più recente raid di settembre di Masyaf, che ha ucciso 18 persone, HTS ha lanciato un attacco tramite un drone ucraino il 4 dicembre all'istituto CERS durante la sua incursione ad Hama colpendo un sito da tempo preso di mira da Israele, dopo che quest'ultimo ha ammesso che era insufficiente distruggerlo con i soli attacchi aerei. 

Il loro obiettivo successivo era Homs, a soli 45 km di distanza. Ciò ha fatto pendere la bilancia a favore dei terroristi, che miravano a isolare la Resistenza libanese tramite quella che era una via essenziale di trasferimento di armi, rifornimenti e logistica. Gli obiettivi di Israele per Homs, nel preparare il terreno nell’imminente attacco dei takfiri, sono stati il bombardamento delle posizioni intorno a quella città, che ospitava siti di stoccaggio e trasferimento di equipaggiamenti da combattimento per Hezbollah e punto di ingresso per le sue unità in Siria. Il portavoce in lingua araba dell'esercito israeliano, Avichay Adraee, lo ha sottolineato in un tweet la notte dopo la presa di Hama, e non è una coincidenza che le sue parole siano state pronunciate mentre Homs era il prossimo obiettivo dei "ribelli". 

A questo punto, appariva chiaro che l'esercito siriano non avrebbe più combattuto, a causa degli ordini di generali compromessi, che andavano contro la direttiva di Assad, di deporre le armi. La profonda infiltrazione aveva dissolto i ranghi quasi all'istante. Gli attacchi aerei russi che avevano colpito le postazioni terroristiche nei primi giorni dell'assedio di Aleppo erano cessati e l'IRGC non aveva una forza attiva da mobilitare. Homs è caduta ufficialmente sabato 7 dicembre e la caduta della Siria, finalizzata dagli ordini di Assad a ridurre al minimo lo spargimento di sangue tra i civili ordinando una pacifica transizione di potere, concordata con la conclusione dei colloqui di Astana tra Iran, Russia e Turchia, aveva messo gli ultimi chiodi nella bara. 

Israele ha anche mirato ad espandere la sua zona cuscinetto nelle alture del Golan, ponendo fine al timore di lunga data di infiltrazione della Resistenza sulle alture dopo 14 mesi di operazioni di Hezbollah contro siti nel territorio occupato. Il cambio di regime in Siria ha provocato un'incursione israeliana a Quneitra con il pretesto di espandere questa cosiddetta zona cuscinetto. 

L'aggressione israeliana più violenta ha preso di mira Tartus lunedì 16 all'alba e ha causato l'uccisione e il ferimento di civili.

Contemporaneamente, Israele ha colpito tutti i siti militari critici, le infrastrutture e gli arsenali della Siria, per spazzare via qualsiasi capacità di difesa che potesse essere trasferita in Libano o utilizzata contro l'entità occupante in futuro. Ciò è stato accompagnato dalle congratulazioni di Netanyahu per la caduta "storica" ​​della "tirannia di Damasco": un progetto americano di lunga data reso possibile attraverso lo sforzo coordinato tra gruppi ‘’ribelli’’ e Israele. "Senza i colpi che avete inflitto a Hezbollah e all'Iran, non avremmo potuto liberare la Siria", ha detto ai media israeliani il portavoce dell'Esercito siriano libero Fahd Masri. "Grazie, Israele. Questa è una vittoria degli israeliani, nostri fratelli e vicini", ha ribadito, riecheggiando le dichiarazioni rilasciate da un certo numero di membri dell'"opposizione siriana" e dell'’’Esercito siriano libero’’ ai media sionisti nelle ultime settimane. 

A questo punto, è più che ovvio a chi servono gli obiettivi dell'attuale svolgimento degli eventi. La fragile situazione della Siria nell'ultimo decennio ha mobilitato le fazioni della Resistenza verso una traiettoria di produzione interna e autosufficienza in tutti i campi, un piano accelerato dal defunto comandante dell'IRGC Hajj Qassem Soleimani. Hezbollah produce già i propri missili e droni a livello nazionale con depositi di armi ignoti da Israele. Mentre la caduta della Siria è l’epilogo di un capitolo molto oscuro e difficile per l'Asse della Resistenza, i miracoli di Gaza e dello Yemen assediati per anni ci forniscono una lezione: la traiettoria per le fazioni della Resistenza altamente adattabili continuerà e raggiungerà nuove vette negli eventi futuri.



Quaranta anni di sanzioni per assoggettare e lacerare la Siria

Di Maria Antonietta Carta 

Torno ancora sul tema delle sanzioni, perché mi è impossibile non continuare a denunciare questa subdola arma di distruzione di massa che trova il suo compimento più atroce nelle rinnovate sanzioni europee contro una popolazione ormai allo stremo e sul cinicamente denominato ‘’Caesar Syria Civilian Protection Act’’: un vero e proprio strumento genocidiale che, se non sarà sospeso, sottoporrà al supplizio un intero popolo civile e valoroso.

Durante il mio viaggio a Latakia dell’autunno scorso, ho potuto constatare ancora una volta quanto i Siriani siano provati e straziati da questa persecuzione spietata e senza tregua che dura da oltre quarant’anni. Sì, perché la persecuzione economica contro la Siria non è iniziata con la guerra che attualmente la sta devastando.

Quando vi giunsi per la prima volta nel 1978, in un bel giorno di fine estate, la Siria era un cantiere in piena attività: si costruivano edifici residenziali (in parte destinati a militari reduci della guerra del 1973 o alle famiglie di chi in guerra era morto), scuole anche nei villaggi più sperduti, ospedali e Università. Poi, di repente, nel 1979 arrivò l’embargo, decretato dagli Stati Uniti e messo in pratica da tutti i suoi ‘’alleati’’ per punire la Siria che stava dalla parte dell’Iran, Paese aggredito, nella guerra con l’Iraq, Paese aggressore. Fu così che cominciai a imparare quali terribili conseguenze genera l’impiego delle sanzioni: un ricatto ignobile con gli stessi effetti deleteri dell’assedio medievale. L’embargo significò allora traffici commerciali bloccati anche per le enormi quantità di derrate di ogni genere che attraverso le vie terrestri e marittime giungevano a Latakia o ad Aleppo, destinate non soltanto al mercato locale ma a vari Paesi mediorientali. La prima conseguenza fu l’improvvisa perdita del lavoro per centinaia di migliaia di persone: impiegati, marittimi, portuali, camionisti, commercianti, artigiani, che prima conducevano un’esistenza dignitosa. Quindi fame, mancanza di tutti i prodotti essenziali di importazione dall’aspirina ai farmaci salvavita (non esistevano ancora fabbriche farmaceutiche locali), ai macchinari di ogni genere, al ferro per l’edilizia etc. etc. E ci fu una crescita aberrante della corruzione e del malaffare. Aumentarono povertà e privazioni contemporaneamente alla ricchezza scandalosa di affaristi senza scrupoli e corrotti, autoctoni e internazionali in perfetta combutta, che si trasformarono purtroppo in imprescindibili procacciatori di tutti i beni indispensabili. Proprio come accade oggi. Perché quando a un intero Paese con scarsa autosufficienza di alcune materie prime e di industrie si impedisce l’attività commerciale lecita esso diventa ostaggio e vittima dell’illegalità e dell’ingiustizia che può condurlo alla progressiva disintegrazione del legame sociale, che in uno stato di guerra può condurre a conseguenze terribili. 

E' difficile immaginare il numero di mutilati o morti per la mancanza di antibiotici, ma persino di sostitutivi del latte materno o di glucosio! o a causa di tante altre privazioni. Io, che ho vissuto in Siria per oltre trent’anni, so. I miei ricordi, indelebili e tremendi, sugli effetti nefasti delle sanzioni sono così tanti che servirebbero ore e ore per rievocarli tutti. Ho visto troppi sventurati patirne le conseguenze, perciò al solo sentirle menzionare provo sempre un dolore profondo. E rabbia, perché le sanzioni sono uno strumento irragionevole, spregevole, disumano.

Anche quelle dal 2006 fino al 2012 causarono danni molto gravi.  La Siria attraversava una difficile crisi a causa di una lunga siccità e per un conseguente aumento del proletariato urbano. Inoltre, doveva affrontare un aggiuntivo costo economico e sociale dovuto alle centinaia di migliaia di rifugiati iracheni, dopo la seconda guerra del Golfo, e di quelli libanesi in seguito alla seconda guerra israelo-libanese del 2006; perché è da sempre accogliente: con gli Armeni perseguitati dai Turchi, con i Palestinesi, con i vicini Libanesi, persino con gli Italiani durante la Seconda guerra mondiale e con tanti altri.

Il motivo pretestuoso fu dare una risposta alla "minaccia inusuale e straordinaria del governo siriano agli interessi economici, di sicurezza nazionale e di politica estera degli Stati Uniti’’ (sic!). Sinceramente: vi sembra davvero credibile che un Paese più piccolo dell’Italia e con poco più di venti milioni di abitanti potesse costituire una così terribile minaccia per la prima potenza mondiale? Di certo, posso dire che dopo aver demolito l’Iraq si apprestavano a ripetere gli stessi crimini scellerati. Insomma, sanzioni propedeutiche all’inizio del caos in Siria. Ancora di più, molto di più, sono ferali oggi che questo infelice popolo è stanco, anzi stremato e dilaniato da un conflitto brutale che dura da oltre nove anni. Il costo della vita diventa proibitivo anche per chi prima era benestante, perché l’economia di un intero Paese è condannata. Una condanna iniqua contro vecchi, bambini, malati, mutilati, uomini e donne incolpevoli, con la giustificazione paradossale di ‘’misure umanitarie’’. e contro un Paese patrimonio prezioso dell’intera Umanità. 

Leggi Settembre 2022 https://oraprosiria.blogspot.com/2020/09/voci-dalla-siria.html


Oggi, la Siria è precipitata nel caos e i signori del «divide et impera» possono esultare ancora una volta con il loro orrido ghigno.

domenica 15 dicembre 2024

Qualche notizia dalle Suore di A'zer

 

"Un messaggio veloce, che facciamo in comune con tutte le Sorelle della Comunità perchè in tanti ci chiedete notizie, e vi ringraziamo della vostra vicinanza.

Come stiamo ? Noi bene, grazie a Dio. Nella nostra zona per ora non ci sono troppe violenze e c'è abbastanza rispetto. Da altre parti però ci sono situazioni più problematiche: vedremo. E’ un miracolo che nei primi giorni non ci sia stato più caos di così, anche se è un equilibrio molto precario. E’ veramente necessario che al più presto stabiliscano un servizio di polizia in tutte le parti, anche nelle periferie. 

Hanno commesso due grossi errori: svuotare non solo le prigioni politiche, ma anche quelle comuni, rilasciando ogni sorta di delinquenti, ed anche sciogliere tutta la polizia locale. Quindi per ora non ci sono forme complete di controllo.
Al vertice, si rischiano anche scontri tra fazioni al comando della Siria.
Insomma , una situazione delicata, per la quale vi chiediamo di pregare..

Noi siamo serene, ma certo non è chiaro ciò che abbiamo davanti. Tutto dipenderà dal fatto che le promesse di uno Stato moderato e rispettoso delle varie minoranze siano mantenute oppure no. E’ vero che in Siria non c’è mai stato un Islam fondamentalista, però chi ha in mano la Siria oggi proviene dal Jihadismo. Le componenti moderate ci sono, ma avranno spazio nel sistema di governo del paese? Non lo sappiamo.

Quindi... E’ qui che la speranza diventa una parola da prendere sul serio. Non la speranza nelle nostre forze, nella politica degli uomini, ecc , ma la speranza che Dio ha verso ogni uomo. Lui, che conosce e ama tutti i suoi figli, non riuscirà ad aprire una breccia almeno in alcuni, perchè scelgano la via della vita, e non della violenza? Del costruire, e non del distruggere?
E’ già successo, proprio qui alle porte di Damasco, che lo zelo amaro di un uomo, forte nella fede ma orgoglioso di se stesso, è stato messo in ginocchio, prostrato nella polvere, per rinascere come zelo buono per il Signore della Vita. Non potrebbe accadere ancora, almeno a qualcuno?
Tutta la liturgia dell’Avvento ci parla del Signore che è già con noi, anzi oggi, "Domenica gaudete”, la Parola ci dice proprio di rallegrarci, di mettere in Dio ogni nostra preoccupazione .. e il Dio della Pace sarà con noi.. 

C’è un segno particolare che ci accompagna, in questo Avvento: siccome siamo senza sacerdote e il parroco del villaggio che è a Dubai dai figli non è sicuro che possa rientrare, risparmiano le ostie consacrate perchè non ci vengano a mancare..Così ogni giorno ne spezziamo una in otto:  Gesù si fa piccolo anche nell’Eucaristia, dicendoci di non preoccuparci; anche in un piccolo frammento di Pane, Lui c'è: è interamente, pienamente con noi... 

Continuiamo a pregare insieme... In comunione, e con un abbraccio... 

 Le Sorelle Trappiste dalla Siria

venerdì 13 dicembre 2024

Dal Monastero di Qara


Cari lettori, vi esortiamo a consacrare la Siria al Signore Gesù in questo tempo di Avvento.

La Siria è un paese straordinario. Damasco, menzionata in Genesi 14, è considerata da alcuni la più antica capitale abitata ininterrottamente del mondo. La Siria vanta migliaia di anni di ricca cultura e la sua gente è conosciuta per la sua grande storia, ospitalità e saggezza. Il Signore Gesù era “rinomato in tutta la Siria” (Matteo 4:24).

Oggi, tuttavia, la Siria si trova in un crogiolo di interessi internazionali. I siriani possono contare solo su se stessi per ricostruire la nazione. Nonostante il Paese abbia attraversato momenti difficili, c’è un forte desiderio di unità tra le diverse minoranze che lo compongono. 

Il fatto che questo cambio di potere sia stato accompagnato da così poca violenza, che le strade siano più o meno calme in tutto il Paese e che i saccheggi siano rimasti limitati è di per sé un miracolo. Non siamo sorpresi, perché negli ultimi 15 anni abbiamo sperimentato in prima persona che queste persone sono speciali, che godono della protezione divina....

La Siria è oggi uno dei paesi più vulnerabili del mondo: senza confini, senza governo (ancora), in balia degli interessi internazionali, ... 

Formate una catena di preghiera affinché il Signore Gesù protegga questo Paese con il suo sangue prezioso e conceda a questo popolo vulnerabile pace, conforto, stabilità, spirito di perdono, saggezza, speranza e amore.

Vi ringraziamo dal profondo del nostro cuore. 

Padre Daniel con Sorelle e Fratelli di Qara

domenica 8 dicembre 2024

Messaggio dalle Monache di Fons Pacis

 

Carissimi,  gli avvenimenti sono andati così velocemente che è necessario fare un aggiornamento, rispetto a quanto scritto solo pochi giorni fa.

Il governo di Bashar al Assad è caduto ieri. Il primo ministro ha parlato alla Nazione, assicurando un passaggio pacifico a una nuova formazione di governo.

Di fatto tutto sta avvenendo velocemente e senza violenze, segno che questo è stato preparato da tempo, e che ci sono accordi internazionali che lo sostengono..

La promessa è quella di uno Stato rispettoso di tutti, lo vedremo nei prossimi giorni. Adesso è importante che tutto avvenga velocemente, per evitare un vuoto di potere che crei caos nel paese. E poi vedere se si creerà uno Stato confessionale islamico, dipendente da influenze esterne, o se davvero sarà uno Stato autonomo, sovrano.

Non vi nascondo che molti sono contenti della caduta del governo, e vedono l’opportunità di finire con la corruzione, le violenze dei servizi segreti, le mafie... Ed è vero.

D’altra parte, come non ricordare che “l’altra parte”, in tutti questi anni, non ha esitato a servirsi di jihadisti, di assassini, di menzogne mediatiche per portare avanti la sua battaglia? Veramente non si può considerare le cose da un solo lato!

Però possiamo chiedervi di pregare, ed è quello che facciamo con questo messaggio.

Che tutto questo serva per un cammino di verità, di vita, e di ripresa per il Paese. E sia per i Cristiani un impegno a vivere con più decisione la loro fede.

Grazie per esserci vicini.

In Cristo, le sorelle di Fons Pacis.

venerdì 6 dicembre 2024

La fine del pluralismo in Medioriente

 

di Craig Murray*

Sembra che con grande velocità si stia verificando in Medio Oriente un cambiamento che ha la portata di un terremoto. Con un patto del diavolo, la Turchia e gli Stati del Golfo sembrano accettare l'annientamento della nazione palestinese e la creazione di una Grande Israele, in cambio dell'annientamento delle minoranze sciite della Siria e del Libano e dell'imposizione del salafismo nel mondo arabo orientale. 

Questo segna anche la fine delle comunità cristiane del Libano e della Siria, come testimoniano la distruzione di tutte le decorazioni natalizie, la distruzione del commercio di qualunque alcolico e l'imposizione forzata del velo per le donne ad Aleppo. 

I jet terra-aria USA Warthog hanno attaccato e gravemente annientato i rinforzi che, su invito del governo siriano, si stavano dirigendo verso la Siria dall'Iraq. Continui, quotidiani attacchi aerei israeliani sulle infrastrutture militari della Siria per mesi sono stati un fattore importante nella demoralizzazione e riduzione della capacità dell'Esercito Arabo Siriano, che è semplicemente evaporato in Aleppo e Hama. 

E’ molto difficile capire cosa accadrà in Siria. I Russi devono ora rafforzare massicciamente le loro basi nel paese con truppe di terra, oppure evacuarle. Di fronte alle esigenze dell'Ucraina, potrebbero scegliere quest'ultima strada, e si dice che la marina russa sia già salpata da Tartus. 

La velocità del crollo della Siria ha colto tutti di sorpresa. Se la situazione non si stabilizza, Damasco potrebbe essere assediata e l'ISIS potrebbe tornare sulle colline sopra la valle della Bekaa entro una settimana, data la velocità dell'avanzamento e la vicinanza dei luoghi. 

Un nuovo attacco israeliano sul Libano meridionale, in coincidenza con l'invasione salafita della valle della Bekaa, sembrerebbe allora inevitabile, poiché gli israeliani ovviamente vorrebbero che il loro confine con il nuovo vicino siriano in stile talebano fosse il più a nord possibile. Potrebbe essere una gara per Beirut, a meno che gli statunitensi non abbiano già organizzato a chi aggiudicarla. 

Non è un caso che l'attacco alla Siria sia iniziato il giorno del cessate il fuoco Libano/Israele. Le forze jihadiste non vogliono essere viste combattere al fianco di Israele, anche se appunto combattono contro le forze che sono state incessantemente bombardate da Israele e nel caso di Hezbollah sono esauste. 

Il Times of Israel non ha alcuna remora nel dire tranquillamente ad alta voce, a differenza dei media britannici:


In realtà i media israeliani stanno dando circa le forze jihadiste in Siria resoconti molto più accurati di quelli dei media britannici e statunitensi. Questo è un altro articolo del Times of Israel:

"HTS si è ufficialmente staccata da al-Qaeda nel 2016, ma rimane un'organizzazione jihadista salafita designata come organizzazione terroristica negli Stati Uniti, nell'UE e in altri paesi, con decine di migliaia di combattenti. Il suo improvviso successo solleva preoccupazioni che una potenziale presa di potere della Siria potrebbe trasformarla in un regime islamista, in stile talebano – con ripercussioni per Israele al suo confine sud-occidentale. Altri, invece, vedono l'offensiva come uno sviluppo positivo per Israele e un ulteriore colpo all'asse iraniano nella regione.” 

Invece i media britannici, che dal Telegraph fino a Express al Guardian hanno promosso la narrazione ufficiale che non solo sono le stesse organizzazioni, ma quelle stesse persone responsabili da anni di torture di massa e esecuzioni di non sunniti, anche giornalisti occidentali, sono ora forze moderate e liberali. 

Questo è più evidente del caso di Abu Mohammad Al-Jolani, a volte scritto Al-Julani o Al-Golani, che ora viene promosso in tutti i media occidentali come un leader moderato. Era il vice leader dell'ISIS, e la CIA ha una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa! Eppure è la stessa CIA che lo sta finanziando e equipaggiando e gli sta dando supporto aereo.  

I sostenitori dei ribelli siriani continuano a negare di avere il sostegno di Israele e degli Stati Uniti – nonostante il fatto che quasi un decennio fa, secondo una testimonianza al Congresso negli Stati Uniti, oltre mezzo miliardo di dollari era stato speso per l'assistenza alle forze cosiddette ribelli siriane e gli israeliani avevano fornito apertamente servizi medici e di altro tipo ai jihadisti, oltre a un efficace sostegno aereo. 

Una conseguenza interessante di questo supporto congiunto NATO/Israele ai gruppi jihadisti in Siria è un'ulteriore perversione dello stato di diritto interno. Per prendere il Regno Unito come esempio, ai sensi della Sezione 12 del Terrorism Act è illegale esprimere un'opinione che supporti, o possa indurre qualcun altro a supportare, un'organizzazione proscritta. Eppure Hay'at Tahrir Al-Sham (HTS) è anche un gruppo proscritto nel Regno Unito. Ma sia i media mainstream britannici che gli organi di informazione musulmani britannici hanno apertamente promosso e lodato HTS per una settimana, francamente molto più apertamente di quanto abbia mai visto qualcuno nel Regno Unito sostenere Hamas e Hezbollah, e non una sola persona è stata arrestata o anche solo ammonita dalla polizia britannica. Questo di per sé è il segnale più forte che i servizi di sicurezza occidentali sostengono pienamente l'attuale attacco alla Siria. ….

Non sono musulmano. I miei amici musulmani sono quasi tutti sunniti. Personalmente, considero la divisione continua sulla leadership della religione più di un millennio fa come profondamente inutile e fonte di odio continuo e non necessario.

Ma come storico so che le potenze coloniali occidentali hanno consapevolmente ed esplicitamente utilizzato la divisione sunnita/sciita per secoli per dividere e governare. Negli anni '30 dell'Ottocento, Alexander Burnes stava scrivendo resoconti su come utilizzare la divisione nel Sind tra governanti sciiti e popolazioni sunnite per aiutare l'espansione coloniale britannica.  Il 12 maggio 1838, nella sua lettera da Simla in cui esponeva la sua decisione di lanciare la prima invasione britannica dell'Afghanistan, il governatore generale britannico Lord Auckland incluse i piani per sfruttare la divisione sciita/sunnita sia nel Sind che in Afghanistan per supportare l'attacco militare britannico.

Le potenze coloniali lo fanno da secoli, le comunità musulmane continuano a caderci e gli inglesi e gli americani lo stanno facendo proprio adesso per promuovere la ristrutturazione del Medio Oriente.

In parole povere, molti musulmani sunniti sono stati indotti a odiare i musulmani sciiti più di quanto non odino coloro che stanno commettendo un genocidio ai danni di una popolazione a stragrande maggioranza sunnita a Gaza.  Mi riferisco al Regno Unito perché ne sono stato testimone in prima persona durante la campagna elettorale a Blackburn. Ma lo stesso vale per tutto il mondo musulmano. Nessuno stato guidato da musulmani sunniti ha mosso un solo dito per impedire il genocidio dei palestinesi.

La loro leadership sta usando il settarismo anti-sciita per mantenere il sostegno popolare a un'alleanza di fatto con Israele contro gli unici gruppi (Iran, Houthi e Hezbollah) che hanno effettivamente tentato di dare ai palestinesi un sostegno pratico nella resistenza. E contro il governo siriano che ha facilitato la fornitura.

Il patto taciuto ma molto reale è questo: le potenze sunnite accetteranno la cancellazione dell'intera nazione palestinese e la formazione del Grande Israele, in cambio dell'annientamento delle comunità sciite in Siria e Libano da parte di Israele e delle forze sostenute dalla NATO (inclusa la Turchia).

Ci sono, naturalmente, delle contraddizioni in questa grande alleanza. È improbabile che gli alleati curdi degli Stati Uniti in Iraq siano contenti della distruzione dei gruppi curdi in Siria da parte della Turchia, che è ciò che Erdoğan guadagna dal ruolo militare molto attivo della Turchia nel rovesciare la Siria, oltre ad estendere il controllo turco sui giacimenti petroliferi.

Il governo iracheno amico dell'Iran avrà ulteriori difficoltà a conciliare la continua occupazione di ampie zone del suo Paese da parte degli Stati Uniti, poiché si renderà conto di essere il prossimo obiettivo.

L'esercito libanese è sotto il controllo degli USA, e Hezbollah deve essere stato notevolmente indebolito per aver concordato il disastroso cessate il fuoco con Israele. Le milizie fasciste cristiane tradizionalmente alleate di Israele sono sempre più visibili in alcune parti di Beirut, anche se se sarebbero abbastanza stupide da fare causa comune con i jihadisti del Nord potrebbe essere una questione aperta. Ma se la Siria dovesse cadere interamente sotto il dominio jihadista, il che potrebbe accadere rapidamente, non escludo che il Libano segua molto rapidamente e venga integrato in una Grande Siria salafita.

Come i palestinesi di Giordania reagirebbero a questa svolta disastrosa degli eventi, è difficile esserne certi. Il regno hashemita fantoccio britannico è la destinazione designata per i palestinesi della Cisgiordania sottoposti a pulizia etnica nell'ambito del piano del Grande Israele.

Ciò a cui tutto questo potenzialmente equivale è la fine del pluralismo nel Levante e la sua sostituzione con il suprematismo. Un Grande Israele etno-suprematista e una Grande Siria salafita religio-suprematista.

A differenza di molti lettori, non sono mai stato un fan del regime di Assad né sono stato cieco alle sue violazioni dei diritti umani. Ma ciò che ha innegabilmente fatto è stato mantenere uno stato pluralista in cui le più sorprendenti tradizioni religiose e comunitarie storiche, tra cui sunniti (e molti sunniti sostengono Assad), sciiti, alawiti, discendenti dei primi cristiani e parlanti di aramaico, la lingua di Gesù, sono stati tutti in grado di coesistere.

Lo stesso vale per il Libano.

Ciò a cui stiamo assistendo è la distruzione di tutto ciò e l'imposizione di un governo in stile saudita. Tutte le piccole cose culturali che indicano pluralismo, dagli alberi di Natale ai corsi di lingua, dalla vinificazione alle donne che vanno senza velo, sono appena state distrutte ad Aleppo e potrebbero essere distrutte da Damasco a Beirut.

Non pretendo che non ci siano veri liberal democratici tra l'opposizione ad Assad. Ma hanno un'importanza militare trascurabile, e l'idea che possano essere influenti in un nuovo governo è un'illusione.

In Israele, che fingeva di essere uno stato pluralista, la maschera è caduta. La chiamata musulmana alla preghiera è appena stata vietata. I membri della minoranza araba della Knesset sono stati sospesi per aver criticato Netanyahu e il genocidio. Ogni giorno vengono costruiti più muri e cancelli, non solo nei territori occupati illegalmente, ma nello stesso "stato di Israele", per imporre l'apartheid.

Confesso che una volta avevo avuto l'impressione che Hezbollah fosse essa stessa un'organizzazione suprematista religiosa; l'abbigliamento e lo stile della sua leadership sembrano teocratici. Poi sono venuto qui e ho visitato posti come Tiro, che è stata sotto il governo locale eletto da Hezbollah per decenni, e ho scoperto che costumi da bagno e alcol sono consentiti in spiaggia e il velo è facoltativo, mentre lì ci sono comunità cristiane completamente indisturbate.  D'ora in poi non vedrò mai più Gaza, ma mi chiedo se sarei rimasto altrettanto sorpreso dal governo di Hamas.

Sono gli Stati Uniti a promuovere la causa dell'estremismo religioso e della fine, in tutto il Medio Oriente, di un pluralismo sociale simile alle norme occidentali. Questa è ovviamente una conseguenza diretta dell'essere alleati degli Stati Uniti con entrambi i centri di supremazia religiosa di Israele e Arabia Saudita.

Sono gli USA che stanno distruggendo il pluralismo, e sono l'Iran e i suoi alleati che difendono il pluralismo. Non l'avrei visto chiaramente se non fossi venuto qui. Ma una volta visto, è abbagliantemente ovvio.

Beirut 6 dicembre 2024

Craig Murray è un autore scozzese, attivista per i diritti umani, giornalista ed ex diplomatico del Ministero degli Esteri e del Commonwealth del Regno Unito.

 https://www.craigmurray.org.uk/archives/2024/12/the-end-of-pluralism-in-the-middle-east/

mercoledì 4 dicembre 2024

“In Siria gli islamisti avanzano”: la testimonianza di padre Firas Lutfi di Hama

fonte:  Agenzia DIRE 4 dicembre 2024 

Hama, la mia città natale, è il cuore della Siria; l’esercito si è posizionato in periferia, pronto a difenderla; noi preghiamo anche per le famiglie e i bambini che frequentano il Centro di cura francescano, aperto a tutti, cristiani e musulmani”. Con l’agenzia Dire parla padre Firas Lutfi, frate minore per molti anni ad Aleppo, ora guardiano e parroco di Damasco.

“TUTTI DEVONO PASSARE PER HAMA”

L’intervista, al telefono dalla capitale, si tiene mentre arrivano notizie su un’ulteriore avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham (Hts). “Una formazione islamista”, dice padre Lutfi, “che ha ottenuto finanziamento e addestramento da potenze straniere e che ora vuole prendere una città snodo nevralgico a livello nazionale”.
Hama si trova a circa 130 chilometri a sud di Aleppo, occupata dai ribelli venerdì scorso, e a circa 180 a nord di Damasco, base del governo del presidente Bashar Al Assad. “Tutti devono passare da questa città o dalla vicina Homs“, evidenzia padre Lutfi, “che vogliano raggiungere le regioni settentrionali o quelle meridionali, andare verso est o verso la costa”.
Il frate conosce tutte queste strade. Per 14 anni ha vissuto ad Aleppo, “prima, durante e dopo l’occupazione da parte dei jihadisti”, sottolinea, in riferimento al periodo della guerra civile divampata sull’onda delle “primavere arabe”: quello che va dall’ingresso dei ribelli, nel 2012, fino alla riconquista da parte delle forze governative, nel 2016.

PAURA PER IL CENTRO DI CURA FRANCESCANO DI HAMA, “SPAZIO PER TUTTI”

“Ora sono molto preoccupato” confida padre Lutfi. “Aleppo è caduta in meno di 24 ore, senza che ci fosse alcuna resistenza, nemmeno presso i commissariati di polizia o i centri dell’intelligence”.
Non c’è però solo la seconda città della Siria, al centro dei combattimenti sin dall’inizio del conflitto nel 2011. I ribelli avanzano ora verso sud. “Con i confratelli ad Hama abbiamo creato un Centro di cura francescano, che è gestito da una piccola parrocchia siro-cattolica” riferisce padre Lutfi. “E’ uno spazio aperto a tutti, cristiani e non, dove sono accolti i bambini e le famiglie che hanno subito traumi, anche psicologici, come nel caso dei minori costretti a imbracciare armi”.
L’idea ispiratrice era quella di aprirsi “un’oasi di pace” in un tempo che purtroppo è di guerra. “Il Centro ha una supervisione francescana da Aleppo e conta poi sul lavoro quotidiano di esperti e psicologi del posto, originari di Hama” sottolinea padre Lutfi. Che si sofferma sulle tante anime della comunità cristiana: “C’è una parrocchia siro-cattolica e poi due siro-ortodosse e greco-ortodosse, mentre nella vicina città di Homs restano i padri gesuiti”.

AD ALEPPO LA “RESISTENZA” DEI FRANCESCANI

C’è chi è restato anche ad Aleppo, occupata da Hayat Tahrir al-Sham. “I confratelli del Collegio francescano, quello colpito da un bombardamento nel fine-settimana, si chiamano Samhar Isaak e Bassam Zaza” riferisce padre Lutfi: “Ci sentiamo ogni giorno e stanno bene, anche se non hanno dimenticato lo shock del bombardamento, che la distrutto la loro abitazione e pure la panetteria, dove c’era tanta farina da distribuire ai poveri costretti a casa dal coprifuoco”.
Flashback di qualche anno fa. “Pure quando vivevo lì il Collegio fu centrato da un missile” ricorda padre Lutfi: “Perse la vita una donna anziana, René Salem, che aveva 94 anni e che da sei era nostra ospite”.

La violenza è tornata o forse non è mai finita. E in tanti sostengono che in Siria, con il ruolo della Russia in favore del governo o della Turchia a supporto di forze ribelli, si combatta in realtà parte di quella “guerra mondiale a pezzi” tante volte denunciata da papa Francesco. “Il Paese è ostaggio di un gioco politico internazionale” dice padre Lutfi. “Tutti, le potenze della regione ma non solo, vogliono prendere posizione”.
La tesi del francescano è che questa sia anche una guerra “per procura”, combattuta da “soci” di altri. “La Siria ha diviso il mondo e il mondo ha lacerato la Siria, proprio come accade per la Striscia di Gaza o per l’Ucraina” denuncia padre Lutfi. “Le milizie islamiste sono state addestrate e sostenute e oggi hanno a disposizione armi sofisticate”. 

Una deriva conseguenza anche di tanti errori, compresi quelli di Assad. “Nessun governo al mondo è angelico, democratico al cento per cento e immune agli sbagli” dice padre Lutfi. “Quando prese il potere il presidente promise di combattere la corruzione: oggi ci chiediamo se nel nome di questa lotta o magari nel nome della democrazia sia giusto armare milizie e distruggere il patrimonio della Siria, storicamente culla e ponte del dialogo tra Oriente e Occidente?”


di Robi Ronza - 4 dicembre 2024

.... Fino al 2011 la Siria era relativamente un Paese stabile, non povero e con assetto politico accettabile finché gli Stati Uniti di Obama colsero l’occasione dei moti della “primavera araba” per montare un’insurrezione che scoperchiò il vaso di Pandora di movimenti islamisti che il regime di Assad fino ad allora aveva tenuto a bada. Queste forze travolsero rapidamente le esigue élite urbane che avevano animato la “primavera araba” puntando ad abbattere il regime «laico» di Assad e ad installare al suo posto un regime appunto islamista. Fu l’inizio di una guerra più che mai disastrosa costata sin qui, secondo fonti dell’Onu, oltre 570 mila morti, 2 milioni e 800 mila feriti tra cui moli mutilati e invalidi, 6 milioni di rifugiati all’estero e un numero difficilmente calcolabile di milioni di sfollati interni su una popolazione che era di circa 19 milioni di abitanti.

Personalmente mi auguro che Obama e i suoi non si rendessero conto di che cosa stavano provocando quando, invece di aiutare le élite urbane a disagio ad aprire con pazienza spazi di democrazia nel loro Paese, le spinsero a far precipitare la situazione (e un discorso simile si può fare con riguardo alla Libia). In casi del genere ci si dovrebbe sempre domandare se mirando a far cadere un regime non si finisca per aprire la via a qualcosa di peggiore. Nel mondo arabo l’autoritarismo è la regola e la democrazia è l’eccezione. Quindi caduto un regime autoritario di regola ne sorge un altro, e non una democrazia.
In Siria Assad ha poi retto il colpo e il suo regime non è crollato, ma ciononostante non si è voluto porre termine alla guerra, ma solo per così dire congelarla; e adesso si è scongelata. All’occupazione islamista di Aleppo hanno fatto seguito i bombardamenti russi sulla città. Gli aerei provenienti dalla base che Mosca ha nei pressi di Latakia (l’antica Laodicea di cui si parla anche nell’Apocalisse) mirando agli occupanti islamisti hanno ovviamente colpito anche obiettivi civili.

Dal convento di Aleppo dei francescani della Custodia di Terra Santa, in parte distrutto dalle bombe russe, l’altro ieri padre Firas Lufti, parroco della comunità cattolica di rito latino, che molti ricorderanno per averlo incontrato e ascoltato negli anni scorsi in occasione di sue visite in Italia, ha inviato un drammatico appello:
«Per favore, parlate di noi. Raccontate della gente di Aleppo che dopo 14 anni di guerra, dopo il dramma del terremoto, in queste ore è sprofondata ancora nella paura. Per il mondo noi non esistiamo più, la Siria è stata dimenticata. Invece quella del nostro popolo è una ferita che continua a sanguinare. Ecco, siamo sotto il Golgota.
L’animo degli aleppini – che ha resistito a tanti anni di conflitto – è ora scosso da una nuova incertezza. Nel giro di pochissime ore, oltre ventimila miliziani islamisti, molti di loro stranieri, hanno preso possesso di Aleppo senza alcun tentativo di difesa da parte dell’esercito governativo siriano. Hanno occupato l’aeroporto, le stazioni di polizia, tutti i centri nevralgici. Così la gente, in preda al panico, ha iniziato a fuggire. Ben presto però le vie di accesso alla città, l’autostrada e la strada vecchia che usavamo anche durante le ore più difficili della guerra, sono state bloccate. Aleppo è ora una prigione dalla quale non si può più uscire. Né entrare.
Il popolo è confuso, stretto tra due versioni della storia: quella del Governo, che dice di aver lasciato fare per evitare un bagno di sangue tra i civili, e quella dei miliziani jihadisti, che hanno bussato alle case dei civili gridando di essere venuti a liberarli. «Ma da cosa? Ora la paura è quella di sprofondare invece in un altro orrore. Per quanto tempo ancora potremo suonare le campane? Per quanto tempo potremo mostrare il crocifisso o le donne girare senza velo? Questi miliziani saranno più tolleranti di quelli che hanno invaso la città qualche anno fa o hanno solo cambiato strategia? E quale futuro ci sarà per i bambini, per gli anziani, per i più fragili che sono rimasti?».

Anche questa volta la Chiesa è rimasta accanto al popolo attraverso i vescovi, i sacerdoti, i religiosi. Ieri i fedeli cristiani si sono radunati nella parrocchia francescana per la Messa.
Ieri abbiamo celebrato la prima domenica di Avvento, il tempo della speranza. E il pensiero è stato subito all’attesa che domina questa ora buia: quella della pace. Oggi i civili di Aleppo sono davvero chiamati a vivere sulla pelle l’attesa della salvezza. Una salvezza che non può venire dagli uomini o dalla geopolitica. Dio è l’unico che ci viene a salvare, carne della nostra carne, il Dio-con noi. Lui ha promesso che non ci lascerà mai e la speranza nasce solo da questa fede fiduciosa»...-
 «Pregate. La preghiera è l’unica arma che abbiamo, perché pregando anche i cuori più duri possono aprirsi ad atti di carità concreti, a gesti di generosità, trovando vie creative per la pace. Il nostro appello è per tutti i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di coscienza: non dimenticatevi della Siria».