Il patriarca latino di Gerusalemme: cristiani del Medio Oriente sul Calvario
La situazione è sempre più difficile per i cristiani in Medio Oriente: è quanto afferma il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che lancia un appello alla solidarietà internazionale verso queste piccole minoranze religiose mediorientali. In questo contesto non si ferma l’esodo dei cristiani. Sulla situazione, ascoltiamo il patriarca Twal al microfono di Luca Collodi:
R. – La situazione è peggiorata. D’altra parte, tra gli aspetti negativi dell’anno 2012, noi abbiamo registrato anche numerosi attacchi vandalici contro chiese e conventi cristiani, atti compiuti da musulmani ed israeliani. Abbiamo sempre denunciato i fatti presso le autorità israeliane, sottolineando l'importanza di promuovere una corretta educazione. Io mi chiedo come mai queste persone sono state educate a odiare l’altro. E’ un problema di educazione dei bambini, nelle scuole. E’ vero che anche le autorità israeliane hanno condannato tali atti però, al di là delle parole, non ho visto un seguito e questi colpevoli non sono stati fermati.
D. - Il patriarcato latino di Gerusalemme guarda con preoccupazione anche alla situazione siriana e ai profughi...
R. – In passato io dicevo che noi di Gerusalemme siamo la Chiesa del Calvario, ma ormai tutto il Medio Oriente è chiesa del calvario, anzi la situazione in Siria è peggiore della nostra. Noi non possiamo dimenticare la Siria, non possiamo dimenticare i nostri cristiani che vivono lì. Non possiamo tacere. La violenza in se stessa è da condannare. Poi la cosa peggiore in Siria è l’incognita di quello che verrà dopo. Non sappiamo quello che verrà dopo. C’è un piano internazionale per cambiare la situazione, ma su ciò che verrà dopo c’è sempre un silenzio totale. Sarà peggio? Non lo so … C’è l’esempio dell’Iraq, l’esempio dell’Egitto, di fronte a noi ... e ora la Siria: sarà la stessa cosa, chiaramente. Noi, certo, speriamo che non sarà lo stesso, magari! Ma cambiare tanto per cambiare non serve né ai diritti umani, né al rispetto della persona, né alla pace in medio Oriente!
D. – Nel territorio del patriarcato latino di Gerusalemme - quindi pensiamo anche alla Giordania - ci sono profughi siriani. Voi che cosa state facendo?
R. - Non posso dimenticare la Giordania che è il polmone del patriarcato. La maggioranza dei nostri preti viene da lì, la maggioranza dei seminaristi viene da lì. La Giordania è finora l’unico Paese dove c’è stabilità e dove i cristiani e i non cristiani possono rifugiarsi. E’ il caso di tanti iracheni, tanti siriani, è il caso di tanti egiziani che vengono a cercare lavoro, sono tutti da noi in Giordania … La mia domanda, che non è bella è: ma se capita qualche cosa in Giordania, dove vanno questi cristiani? In Arabia Saudita? Dove andiamo? Sì, sono preoccupato.
D. – L'Anno della Fede quale Chiesa trova in Medio Oriente?
R. – Quest’anno dobbiamo sottolineare bene la nostra fede, perché francamente ne abbiamo bisogno, considerando il contesto in cui viviamo, che è difficile, complicato: abbiamo bisogno di più fede per poter resistere alle difficoltà e continuare e dare testimonianza con più entusiasmo.
http://it.radiovaticana.va/news/2013/01/03/il_patriarca_latino_di_gerusalemme:_cristiani_del_medio_oriente_sul_ca/it1-652500
I frati della Custodia: "Se dobbiamo morire è meglio morire in chiesa che a casa". Nonostante le sofferenze, i cristiani non hanno perso la fede
Non sono rassicuranti le notizie che giungono dalla Siria. Padre Halim, frate libanese della Custodia di Terra Santa e ministro regionale della Regione San Paolo, segue con apprensione l’evolversi della situazione. E’ quanto riferisce lo stesso religioso, in stretto contatto con i confratelli siriani, ai microfoni del Franciscan Media Center. Nel riferire la situazione che stanno vivendo i cristiani nella guerra civile - riporta l'agenzia Sir - il francescano afferma: “i cristiani dicono sempre di non avere altra speranza se non in Dio. Nessuno li può salvare se non un miracolo dall’alto. Un frate mi ha detto che la gente ha visto che le chiese - nonostante tutte queste difficoltà - durante la messa e le celebrazioni eucaristiche sono piene. E qualche volta anche di più dei tempi normali”. Motivo di così tanta affluenza sta nella frase riferita da padre Halim: “Se dobbiamo morire è meglio morire in chiesa che a casa. E quindi nonostante tutto c’è ancora uno spiraglio di fede, di gente che tenta ancora e ha una fede forte in Dio. É solo lui che potrebbe salvarli. Il Principe della Pace di cui celebriamo il Natale, che porti la pace nei cuori di tutti i siriani, che ci sia la pace dappertutto”. (R.P.)