Storie
siriane 2018 (4)
raccolte
da Marinella Correggia
Dalle
torce nelle mani dei bambini sfollati a Jibreen ai semafori nelle
strade di Aleppo; dalle luci installate nel giardino del museo
archeologico di Damasco ai pannelli spuntati sui tetti dei palazzi
rimasti in piedi a Kafarbatna nella Ghouta orientale: il futuro della
Siria si presenta solare. Almeno nel senso dell'energia fotovoltaica
e termica.
E
le monache trappiste di Azeir, un villaggio a metà strada fra Homs e
Tartous, hanno avviato un progetto pilota di notevoli dimensioni
(1700
pannelli,
pari
a 40 kw per il pozzo e 40 Kw per lavoro e vita quotidiana di potenza
installata),
all'insegna, come vedremo, dell'autonomia energetica solidale.
Ecco in questo video
Ecco in questo video
su un pianoro in collina, file e file di pannelli solari recentemente installati nei pressi del monastero da tecnici siriani.
La
superiora, suor Marta, racconta dal monastero siriano questa storia che
incrocia tecnologia e volontà, doni di materiali dall'estero e
lavoro di tecnici e operai siriani. Ma prima, una premessa di
contesto.
Le
verità di parte, la volontà di vita, la ricostruzione dell'umano
«Di
questa guerra in Siria si sono fatte conoscere approfonditamente
tutte le atrocità, le violenze, le distruzioni, come è giusto che
sia. Anche se purtroppo, come abbiamo detto in altre occasioni, la
“verità” viene presentata sempre con una faccia sola- cosa che
non è MAI vera- e guarda caso la faccia presentata è quella che più
conviene agli interessi esterni al paese, interessi che muovono ogni
pedina, come su una tragica scacchiera…. Ciò di cui invece si
parla pochissimo è tutta la forza di resistenza, la volontà di vita
dei siriani, il quotidiano che faticosamente continua, e non solo per
fatalismo…E tutto il lavoro di ricostruzione, nel campo materiale
ma anche ricostruzione “dell’umano”.
Il
nostro progetto sull’energia rinnovabile - suggerito, per essere
onesti, dalla disponibilità di questo grosso dono- viene soprattutto
dal desiderio di costruire per il futuro, più ancora che dalla
necessità di far fronte alle difficoltà dell’immediato.
Prima
di tutto, da ormai tre anni a questa parte, cioè da quando il
conflitto ha cominciato poco a poco a prendere una svolta più decisa
verso la messa in sicurezza di ampi territori, il numero degli ospiti
che accogliamo al monastero, pur con le nostra strutture limitate,
aumenta ogni mese.
Persone
che vengono da città e villaggi più vicini, come Homs e Tartous, ma
anche da Damasco, da Aleppo…Ospiti del monastero che cercano un
luogo di silenzio, di preghiera, di pace, per ritrovare se stessi
davanti a Dio.
Quindi
abbiamo bisogno di luce, acqua, di poter coltivare la terra…sempre
più. E poi ci sembra importante fare progetti per il futuro: tutti
hanno bisogno di lavoro, gli uomini, i giovani, ma anche tante donne
rimaste sole a portare il peso dei figli e sovente anche dei
familiari più anziani. Ma come creare un lavoro che abbia un
rendimento, se il costo dell’elettricità azzera ogni guadagno?
Forse le imprese più grandi riescono ad essere competitive, anche
con la guerra, ma per le piccole imprese è molto difficile. Noi
abbiamo bisogno come monastero di crearci un lavoro per vivere, e
così tante donne dei nostri villaggi. Non potremo fare moltissimo,
ma almeno dare lavoro a qualche famiglia sì…e se si incomincia,
altri saranno incoraggiati a fare lo stesso, a cercare soluzioni
possibili e creative…Questa è stata l’idea che ci ha mosso.»
Un
progetto pilota di fronte alla penuria di guerra
Continua
la superiora: «Un'azienda
internazionale offriva gratuitamente pannelli nuovi in grande
quantità, di ottima qualità ma non di nuova generazione. Era stato
indetto una specie di “bando di concorso”. Un nostro amico in
Italia presentò un progetto per l'autosufficienza del monastero e
per l’aiuto a qualche realtà locale. All'epoca
la
nostra zona era già stata messa in sicurezza, ma ciò non significa
che non si soffrissero le condizioni della guerra: in particolare
l’elettricità, se eravamo fortunate, veniva per una/due ore al
giorno…a volte meno…Quindi i disagi erano tanti,
e oltretutto il costo elevato dell'elettricità ci impediva di
avviare in modo deciso le nostre attività (ad esempio con le candele
e i biscotti) e ancor più di coinvolgere la gente del villaggio,
soprattutto le donne del villaggio che chiedono lavoro. L'elettricità
dal sole ci avrebbe permesso anche di pagare meno i costi per
l'irrigazione - relativi alla pompa del pozzo -, e di pensare
all'avvenire in generale».
Il
progetto viene accettato. Inizia l'impegno per risolvere i problemi
burocratici relativi all'importazione, soprattutto a causa delle
sanzioni occidentali alla Siria. Alla fine, con l’aiuto delle
autorità civili e portuali, arrivano tre container di pannelli.
Alcuni benefattori dall’Italia aiutano il monastero per le spese di
trasporto.
Giovani
ingegneri siriani molto preparati
A
quel punto, prosegue suor Marta, «ci
siamo rivolte per l'installazione a diversi professionisti,
scegliendo alla fine una ditta di Damasco. Va detto che il settore
delle rinnovabili prende sempre più piede qui in Siria».
Il lavoro ha visto la preparazione del terreno da parte di operai
locali e il controllo e la direzione degli ingegneri di Damasco: «Ci
siamo trovate benissimo, hanno lavorato in modo eccellente, con
attenzione e precisione. Sono tutti giovani ingegneri molto
preparati, e questo per loro è diventato un po' un progetto
esemplare, una pubblicità per un settore che si sta sviluppando. E'
difficile che qualcuno abbia la possibilità di investire in
un'attività di queste dimensioni».
Appunto.
La decisione di accettare il dono dei pannelli non è stata presa con
disinvoltura: «I
pannelli di ultima generazione producono tre volte più energia, a
parità di superficie, rispetto a quelli che ci venivano offerti.
Quindi il costo dell'installazione poteva essere un deterrente. Ma al
tempo stesso, gli ingegneri che abbiamo consultato, in Italia e qui -
e soprattutto quelli di qui, che conoscono la situazione-, ci hanno
spiegato che si trattava di un'occasione unica, poiché, a causa
delle sanzioni , in Siria si possono trovare solo pannelli in
silicone, o comunque di bassa qualità- che dopo poco tempo si
opacizzano e perdono in efficienza. Quelli che ci hanno offerto sono
invece in vetro, di ottima qualità, di lunga durata e di resa
perfetta: per studiare il progetto, gli ingegneri hanno realizzato
un'installazione di prova, con otto pannelli, misurandone la
produzione di energia nelle varie situazioni. Hanno potuto così
constatare che la resa dichiarata corrisponde perfettamente a quella
effettiva. Questo ha permesso uno studio davvero attento di consumi e
alternanze fra parti dell’impianto supportate da batterie e parti a
sola energia diurna. Dunque, il progetto era reso vantaggioso
dall'efficienza e dalla durata prevista dei pannelli, oltre
naturalmente alla loro gratuità».
Fiat
lux! per il monastero....
Gli
effetti sono chiari come il sole: «Da
un mesetto abbiamo elettricità continua, il pozzo (che
rappresentava uno dei consumi più alti in termini di energia)
si
è reso indipendente già
da prima. In
casa abbiamo energia sufficiente giorno e notte grazie alle batterie.
Questa situazione ci permette finalmente di pensare anche ad attività
lavorative per noi e il villaggio».
...e
presto per il pozzo del villaggio e per l'ospedale di
Talkalakh
Lo
stock di pannelli solari era decisamente superiore alle necessità
del monastero: «Così
abbiamo intenzione di fornire elettricità al pozzo del villaggio
cristiano, il nostro villaggio; e di donare una parte significatica
di pannelli all'ospedale di Talkalakh,
il capoluogo della nostra regione nella provincia di Homs. E' una
zona mista, con sunniti, alauiti e cristiani, e l'ospedale è quello
dei poveri, serve proprio tutti (anche noi) in modo gratuito. Ma ha
risentito delle restrizioni della guerra. Il fotovoltaico darebbe
energia a una sala operatoria, al pronto soccorso e alle incubatrici,
insomma una certa autonomia».
Le
trappiste sottolineano la bravura, il coraggio, la volontà di chi è
rimasto in Siria e magari si è laureato durante gli orribili anni di
guerra: «La
nuova generazione di ingegneri rivela una grande precisione nel
lavoro. Chi è rimasto ha professionalità e voglia di fare, con
materiali nuovi e tecniche nuove. Naturalmente fra i problemi ci sono
le sanzioni. Ad esempio i nostri ingegneri che hanno contatti con
l'Italia, per aggiornarsi, hanno avuto problemi di visto; ed è
complicato portare il materiale. Comunque il settore è in piena
espansione. A Damasco si susseguono le fiere di settore, dove si
presentano i materiali e progetti più innovativi.»
Decisamente
la ripresa va avanti.
D'accordo,
pannelli e batterie sono stati regalati. Ma il monastero delle
trappiste ha affrontato spese ingenti per il trasporto e
l'installazione, da parte di tecnici e maestranze interamente
siriani.
Per
rifornire il pozzo del villaggio, il progetto è pronto e «con
l'aiuto del vescovo latino padre
George
Abou Khazen
e di alcune organizzazioni abbiamo trovato quasi metà della cifra
necessaria».
Metà…
Anche
per l'ospedale, dice Marta, «il
progetto è pronto e stiamo prendendo contatti: regaliamo tutta
l'attrezzatura ma non possiamo coprire le spese di installazione.
Pensiamo di coinvolgere il Ministero Siriano della Salute, proponendo
la nostra offerta di pannelli, ma se ci arrivassero fondi...»
...sarebbero
di grande aiuto. Al monastero, al villaggio. Alla Siria.
Per
contribuire al finanziamento di questo grande progetto di 'solare
solidale' si possono effettuare versamenti qui:
https://www.nostrasignoradellapace.it/donations/donazione-per-i-progetti-in-siria/
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