"Questa è la traccia radar ufficiale turca del velivolo russo che hanno abbattuto, in rosso. Ha transitato brevemente su una piccola lingua di terra turca, meno di due km, per due volte. Ho calcolato che ogni “incursione” sul territorio turco sarebbe durato circa 10 secondi, presumendo che l’aereo volasse a soli 750 km/h. Che la Turchia abbia abbattuto l’aereo è follia assolutamente indifendibile. E’ abbastanza evidente dalla rotta che l’aereo operasse contro i ribelli turcomanni sponsorizzati dai turchi in Siria, ed è per questo che i turchi l’hanno abbattuto." Craig Murray |
Ankara sapeva benissimo cosa faceva quell’aereo in quella zona: stava compiendo un’operazione contro i miliziani jihadisti. Non costituiva affatto una minaccia per la sua integrità territoriale.
«C’è
rischio di uno scontro con i russi. Ma certi ambiti bellicisti
non lo temono. Anzi, nella loro follia sembrano cercarlo».
Era un cenno contenuto in una Postilla
scritta ieri
per descrivere quel che sta accadendo attorno a questa strana guerra
siriana,
dove la campagna militare russa contro l’Isis suscita
reazioni in Occidente, che pure, soprattutto dopo le stragi
di Parigi e
il terrore che sta dilagando in Europa, dovrebbe essere un naturale
alleato.
L’abbattimento di
un bombardiere
russo da
parte della Turchia dà un significato più sinistro a
quanto accennato ieri. Non era mai successo durante la Guerra Fredda
che un areo militare russo fosse preso di mira da un Paese Nato,
né è mai successo l’inverso. Particolare che dà la misura della
criminale follia di quanto sta avvenendo.
Già
aperto propugnatore del regime-change in Siria, Recep
Tayyp Erdogan ha
lanciato contro il Paese vicino decine di migliaia
di miliziani
jihadisti,
sostenendo in vari modi il conflitto che ha insanguinato
il Paese.
Ma quanto accaduto oggi è un salto di
qualità inquietante. Ankara giustifica
l’abbattimento spiegando che il jet
russo aveva
varcato i suoi confini, ma la Russia nega.
Tanti
particolari sembrano smentire la versione turca, anzitutto il
fatto che i piloti, paracadutatisi fuori, siano finiti tra le
braccia dei miliziani siriani. Un video
diffuso in rete immortala
alcuni di questi assassini che sparano contro uno
dei piloti mentre, inerme, plana verso terra. Un tiro al
piccione al grido “Allah Akbar”. Lo stesso
grido disumano risuonato per le vie di Parigi durante
la mattanza… particolare sul quale riflettere.
Il
fatto che i piloti siano caduti in Siria,
come dimostra il filmato e altro, spiega più di altri dati che,
se pure sconfinamento c’è stato, doveva essere irrisorio. A meno
di immaginare un paracadute che viaggi per chilometri sulle ali del
vento. Insomma la strumentalità dell’intercettamento appare
in tutta la sua chiarezza.
Anche
perché, al di là delle controversie sul punto, il fatto che il
jet abbia o meno varcato i confini turchi è in realtà un
particolare secondario. Ankara sapeva benissimo cosa faceva
quell’aereo in quella zona: stava compiendo un’operazione contro
i miliziani jihadisti. Non costituiva affatto una minaccia per la
sua integrità territoriale.
Insomma,
le giustificazioni prodotte dalle autorità turche
risultano invero poco credibili.
Ovviamente
la reazione di Putin è
stata durissima, né si poteva immaginare diversamente. Una reazione
che sembra sia stata cercata da Ankara, tanto che, subito
dopo aver scritto una pagina di cronaca nera, la
Turchia ha chiesto la riunione di un vertice Nato. Al
di là delle motivazioni ufficiali (spiegazioni sull’abbattimento),
in quella sede cercherà di trovare la solidarietà degli
alleati. Una forzatura che darà comunque dei risultati, dal momento
che appare difficile che l’Alleanza possa sconfessare
apertamente uno dei sui membri.
«Invece
di contattarci immediatamente – ha detto Putin -, la parte turca si
è rivolta ai suoi partner nella Nato per
discutere dell’incidente, come se fossimo stati noi ad aver
abbattuto il loro aereo». Difficile dar torto al presidente russo,
che di fatto giudica tale iniziativa come un ulteriore atto
ostile.
Non
è il primo attrito tra Russia e Turchia in Siria. Già in
precedenza aerei turchi e russi avevano dato vita duelli a
distanza risolti senza scontri.
Se
però Ankara ha alzato la posta in maniera così eclatante è perché
è consapevole che in ambito occidentale sta nuovamente
montando un clima di scontro con la Russia (vedi ancora Postille di
ieri). Nel caso specifico, Erdogan sta solo fungendo da catalizzatore
di spinte ben più forti.
Da
oggi i cieli siriani sono ad alto rischio, dal momento che Putin non
può permettersi altri incidenti simili senza perdere di
credibilità al suo interno. I russi prenderanno adeguate
contromisure, e di certo, se ci saranno altri confronti con
l’aviazione turca (banalmente nelle more dei raid
che Ankara sta conducendo contro il Pkk in Siria), potrebbero essere
meno soft dei precedenti.
Situazione
ad alto rischio, che può precipitare e allargarsi nel caso
di uno scontro che potrebbe far scattare la clausola di mutua
assistenza prevista dall’Alleanza Atlantica.
In
zona, tra l’altro, stanno convergendo forze francesi, alle quali
presto potrebbero aggiungersi quelle britanniche; mentre già
sono operative quelle statunitensi. Forze Nato, quelle dalle
quali Ankara attende fattiva solidarietà.
Al
tempo della Seconda guerra mondiale, una domanda percorse, come un
tremito, l’intera Europa: morire per Danzica? Oggi, ben più
mestamente, la domanda che i cittadini dell’Occidente dovrebbero
porsi è se sono disposti a morire per il Califfo di
Ankara…
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