Il Papa saluta il patriarca di Cilicia degli Armeni, Nerses Bedros XIX |
Il Signore vi benedica.
Grazie."
Il Papa saluta il patriarca di Cilicia degli Armeni, Nerses Bedros XIX |
Monastero di San Giacomo, Qara |
Dall’inizio della crisi, la posizione del nostro monastero e del suo abate si è conformata ai seguenti precetti, coerentemente con le convinzioni e le esigenze della coscienza cristiana e monastica.
1 – Farsi un’idea chiara della posta geopolitica, attraverso uno studio approfondito e documentato
2 – Essere in comunione con la gerarchia ecclesiastica, tra cui i Patriarchi d'Oriente.
3 – Non assumere alcuna posizione politica, non per paura degli uni o degli altri, ma perché non ci sentiamo politicamente coinvolti. La nostra testimonianza è altrove, nell’Avvento in noi e intorno a noi del Regno di Dio, i cui mezzi non sono quelli del mondo. Noi non siamo né a favore né contro alcuna delle parti in conflitto. Noi prendiamo solo posizione contro tutto quello che è contrario alla legge di Dio e ai diritti dell’uomo.
4 – Dare aiuto a chiunque sia in difficoltà, qualsiasi sia la sua appartenenza.
5 – Se nessuno lo fa: avere il coraggio di criticare ad alta voce la disinformazione, perché si tratta di un attentato alla verità e di un modo di incoraggiare l’impunità dei malfattori, chiunque siano.
6 – Prendere posizione a favore dei poveri e dei maltrattati. Soprattutto i civili innocenti, sia che siano perseguitati dal regime, sia che lo siano da parte delle bande armate dell’insurrezione.
7 – Fare attenzione all’identità dei malfattori, come a quella delle vittime, onde poter discernere ed aiutare adeguatamente coloro che sono nel bisogno.
A questo proposito, Madre Agnès-Mariam de la Croix, in piena sintonia con la sua comunità, ha:
- Aiutato l’opposizione del villaggio assediato dall’esercito. Su richiesta degli insorti, Madre Agnès-Mariam ha avuto degli incontri coi militari al fine di alleggerire la pressione e garantire il rispetto della libertà di movimento della popolazione.
- Avviato una operazione per la liberazione dei prigionieri di diritto comune detenuti senza processo
- Accettato che dei membri dell’opposizione si rifugiassero nel monastero per una riunione segreta. Nel corso della quale è stato promosso un manifesto per il dialogo nazionale, che è stato ripreso dal Presidente della Repubblica.
- Accettato la richiesta dell’UCIP-Libano di invitare dei giornalisti cattolici. Questo gruppo è stato il primo al mondo ad avere segnalato che la popolazione civile è il bersaglio di una violenza che non proviene dal regime. Il fatto di averlo detto ha scatenato gravi accuse contro Madre Agnès-Mariam, che non si sono ancora placate. La comunità è fiera di essere perseguitata per avere contribuito a fare luce su questi aspetti tenebrosi delle guerre dell’ombra.
- Scritto, il 5 novembre 2011, su L’Orient-le Jour, quotidiano libanese filo-oppositori, una lettera al presidente Bachar El Assad per chiedere l’intervento di osservatori della Croce Rossa che verifichino se i feriti siano adeguatamente curati negli ospedali, a prescindere dalla appartenenza politica, e per sollecitare la creazione di un comitato ad hoc che si occupi dei prigionieri detenuti indefinitamente senza processo.
- Continuato a fornire le vere liste dei veri morti, in contrasto con le false liste di falsi morti divulgate vergognosamente dal fraudolento Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo.
- Visitato, a rischio della vita, i quartieri dell’opposizione nella città di Homs e nel villaggio di Kusayr. Nel corso di questa visita, Madre Agnès-Miriam, nascosta da un burqa, ha visto con i suoi occhi le bande armate cambiare pelle e, scambiata per una mussulmana, ha raccolto le confidenze dei sunniti insorti. Si è rattristata nel constatare che lo spirito di queste popolazioni minoritarie è rivolto all’islamismo militante. Esse costituiscono un contesto in crescita propizio alle bande armate che infieriscono crudelmente contro la popolazione civile di ogni confessione solo se cerchi di mantenere una normalità di vita affidandosi alle istituzioni vigenti.
- Lanciato una campagna di aiuti per le famiglie sinistrate di Homs e Kusayr
- Ospitato persone e famiglie senza tetto e raccolto bambini abbandonati
- Ottenuto visti di ingresso per la stampa mainstream. Questa parte sarà ulteriormente trattata.
In tempi segnati da gravi manipolazioni e da conflitti che vedono gli innocenti pagare un prezzo di sangue, la nostra comunità non ha paura, nonostante le voci e quanto si dirà, di camminare sulla strada di Cristo che insegna la verità e predica l’amore per il prossimo e la protezione dei più deboli e di qualsiasi essere umano che ha bisogno.
Testo originale: quiPer memoria e per la storia25 Gennaio 2012I cristiani della diocesi di Homs, Hama e Yabroud sono bene integrati nel tessuto sociale, come cittadini a pieno titolo. Prima di questi avvenimenti che insanguinano la Siria, menzionare la propria confessione religiosa era solo inopportuno. Oggi non è più così. Il conflitto in corso si è trasformato, da una rivendicazione popolare di libertà e democrazia, in una rivoluzione islamista.Venerdì 20 gennaio lo slogan fatidico è stato pronunciato dai comitati di coordinamento della rivoluzione: “Il popolo vuole dichiarare la Jihad!” Fino ad oggi noi cristiani non siamo stati oggetto di una persecuzione “diretta”. I cristiani erano vittime delle violenze che colpivano tutta la popolazione che partecipa alla vita civile. Oggi sembra che il dato stia cambiando. Come se la tendenza che covava fosse diventata ormai una consegna. Il futuro lo dirà. Resta il fatto che quelle di cui vi portiamo a conoscenza sono aggressioni dal carattere ormai francamente anticristiano.1 – Oggi 25 gennaio Padre Basilios Nassar, curato greco ortodosso del villaggio di Kafarbohom, provincia di Hama, è stato ucciso da alcuni insorti mentre recava aiuto ad un uomo aggredito dagli insorti nella via Jarajima di Hama. E’ la prima volta, dall’inizio dell’insurrezione, che un prete è l’obiettivo della violenza cieca che è diventata l’arma temibile di una insurrezione sempre più manipolata.
Abbiamo ricevuto diverse telefonate da parte di amici preti che erano inquieti.
Questo assassinio è allarmante. Conferma il timore di vedere la rivoluzione siriana trasformarsi in un conflitto confessionale. Sotto la copertura di una rivendicazione di libertà e democrazia, gli insorti si rivelano essere degli islamisti che attaccano civili innocenti, in un processo di discriminazione religiosa.2 – Ieri mattina il figlio dell’emiro islamista di Yabroud, il signor Khadra, aspettava in strada, insieme ad altri tre uomini armati, il maggiore cristiano Zafer Karam Issa, 30 anni, sposato da un anno, davanti alla sua abitazione. Lo hanno ucciso sparando su di lui un centinaio di colpi d’arma da fuoco che ne hanno crivellato il corpo e sono fuggiti.
I funerali si sono svolti oggi all’una, con la partecipazione del villaggio turbato. Il curato di Yabroud, R.P. Georges Haddad, ha pronunciato parole ispirate: “Dio è amore e misericordia. Incita l’uomo ad amare il suo prossimo e a non voltargli le spalle. Noi ci rivolgiamo a quelli che si sono eretti come giudici supremi dei loro fratelli, che si arrogano il diritto di condannare a morte un essere umano. Essi gridano falsi slogan e mettono il paese a ferro e fuoco. Zafer, da buon soldato fedele alla sua patria, avrebbe voluto morire in uno scontro col nemico per liberare il Golan. E’ stato ucciso da chi? E perché? Da un fratello, nel suo villaggio, davanti alla sua casa. Torniamo in noi e riflettiamo sulla strada che abbiamo imboccato. La nostra esistenza si fonda sull’amore e l’accettazione dell’altro. Non lasciamo che gli stranieri ci impongano dei comportamenti che istillano sfiducia, odio e divisione. Noi tendiamo le nostre mani in segno di riconciliazione con tutti: quelli vicini e quelli lontani. Che il sangue dei nostri martiri porti al nostro caro paese la pace e un domani migliore”3 – In settimana, il giovane cristiano Khairo Kassouha, di 24 anni, è stato anche lui ucciso uscendo da casa a Kusayr.4 – Padre Mayas Abboud, rettore del piccolo seminario dei greci cattolici a Damasco, ci ha raccontato di essere stato contattato ieri dalla vedova del martire Nidal Arbache, un autista di taxi recentemente ucciso dagli insorti. Dalal Louis Arbache gli ha detto al telefono: “Caro padre, qui a Kusayr siamo esposti alla prepotenza degli insorti che qui dettano legge. Noi ci aspettiamo ogni sorta di violenza. Non abbiamo niente e nessuno che ci protegga. La supplico padre, consideri questo come un testamento. Se dovesse capitarmi qualcosa di brutto, le affido mio figlio, si prenda cura di lui. Tutta la nostra famiglia è minacciata dalle bande armate”.5 – Ci riferiscono anche che André Arbache, marito di Virginie Louis Arbache, è stato sequestrato la settimana scorsa. Non si sa niente di lui. La famiglia teme il peggio.6 – Sempre a Kusayr, un cugino di padre Louka, curato di Nebek, racconta questo: “Rientravo a Kusayr, quando sono stato controllato dagli insorti ad una rotatoria della città. Mi hanno chiesto i documenti e mi hanno fatto attendere due ore per verificare se il mio nome fosse inserito nelle liste diramate dai comitati di coordinamento della rivoluzione che sono oramai diventati organi pseudo-giudiziari. Se il mio nome fosse stato inserito, sarei stato ucciso sul posto come fanno con gli altri.
7 – A Homs la lista del Governatore si allunga. Vi sono più di 230 cristiani che sono stati abbattuti. Molti sono stati sequestrati. Spesso gli insorti chiedono un riscatto che varia da 20.000 a 40.000 dollari per persona.
8 – In alcuni quartieri misti, come Bab Sbah o Hamidiyeh a Homs, l’80% degli abitanti cristiani sono partiti e si sono stabiliti presso amici o parenti nelle regioni della Valle dei cristiani. I cristiani di Hama e della sua provincia fanno lo stesso. Il fenomeno è progressivo ma implacabile.
Madre Agnès-Mariam de la Croix