Ad AsiaNews la testimonianza di padre Romanelli rientrato dopo 7 mesi nella Striscia “Non vogliamo il potere, ma chiediamo di essere forti” e se anche vi è un sentimento di “stanchezza, di profonda stanchezza” per questi mesi di guerra, in realtà “voi siete forti” perché durante le discussioni che ho avuto con voi, non ho mai sentito una sola parola di ira. Questo è il segno più evidente della vostra forza”. Con queste parole il patriarca di Gerusalemme dei latini, il card. Pierbattista Pizzaballa, si è rivolto alla comunità cristiana di Gaza durante la messa della Pentecoste. Il porporato ha concluso la tre giorni di visita inaspettata, ma attesa a lungo da lui stesso e dai fedeli della Sacra Famiglia, nella Striscia martoriata dal conflitto lanciato da Israele contro Hamas, in risposta all’attacco del 7 ottobre scorso. E che ha causato profonde devastazioni e decine di vittime anche in seno ai cattolici.
“Sono venuto a testimoniare prima di tutto il mio amore personale e anche l’amore di tutta la Chiesa, unito al nostro impegno forte a sostenervi, e aiutarvi, in ogni modo possibile. Voi siete isolati, ma non siete soli. Possa lo Spirito Santo scendere su di noi tutti. Possa scendere in particolare sui nostri due giovani che faranno la Cresima. Possa scendere su tutti noi e darci la forza di vivere in queste circostanze speciali non solo per rimanere e resistere, ma per essere il futuro dei nostri figli qui a Gaza”.
Il card. Pizzaballa ha osservato con i propri occhi le distruzioni, le abitazioni ridotte a un cumulo di macerie e le famiglie che piangono i morti innocenti. “Ho davvero apprezzato la vostra accoglienza e il vostro atteggiamento” e, pur avendo riscontrato molta “stanchezza per questa situazione” e che “nemmeno una casa è rimasta intatta”, egli esorta a non guardare solo al passato ma volgerlo al “futuro: il futuro è quello delle case, delle scuole, specialmente delle scuole per i bambini”. Istruzione e lavoro, partendo da uno dei beni primari e alimento base del quotidiano: il pane. Nelle giornate trascorse nella Striscia, il card. Pizzaballa ha visitato e benedetto il forno “Delle famiglie” a Gaza, gravemente danneggiato dai bombardamenti e riaperto di recente grazie anche al sostegno e al contributo del Patriarcato latino. Esso è nato nel 1984 grazie all’iniziativa di Bishara Shehadeh e offre lavoro a cristiani e musulmani.
La visita del porporato è stata anche occasione per permettere il ritorno del parroco della Sacra Famiglia, p. Gabriel Romanelli, sacerdote del Verbo Incarnato che si trovava a Betlemme nei giorni in cui è iniziata la guerra e non ha più potuto rientrare. Ad AsiaNews il sacerdote affida una breve testimonianza sulla situazione della comunità e le speranza per il futuro. “Le persone - sottolinea - sono serene, anche se è forte la sensazione di sfinimento, di depressione, ma è altrettanto vero che molti hanno voglia di riprendere la vita, di ricostruire, altri ancora stanno pensando di ricominciare una vita fuori, pur se con grande dolore”.
[ “Ora sono qui con voi, vi voglio bene e vi accompagno, seguo con attenzione le notizie che provengono dalla vostra comunità. E siate certi che stiamo lavorando per una pace giusta, completa e vera”. Sono le parole che il patriarca di Gerusalemme dei latini, il card. Pierbattista Pizzaballa, ha rivolto ai fedeli della parrocchia di Gaza nella prima visita che il porporato ha compiuto nella Striscia. Una due giorni di visita inaspettata, ma accolta con gioia dalle centinaia di cristiani ospiti della parrocchia. Dai dati forniti dal patriarcato, al momento vi sono almeno 500 persone rifugiate nel complesso della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, in larghissima maggioranza cattolici. Altri 200 sono ospiti della chiesa ortodossa di san Porfirio. Prima del conflitto divampato a ottobre, i cattolici nella Striscia erano 135, di cui oggi ne sono rimasti circa 90 dopo che una piccola parte è riuscita a lasciare l’area teatro di guerra nelle scorse settimane. Il card. Pizzaballa è entrato nella Striscia da un varco segreto e vi è massimo riserbo sull’organizzazione e i canali che hanno permesso di ottenere il via libera da governo ed esercito israeliano, che da mesi combatte una sanguinosa guerra a Gaza contro Hamas. “Bisogna considerare che pochissime persone - prosegue il portavoce del patriarca - siano esse religiose, politiche o ambasciatori hanno avuto la possibilità di entrare a Gaza” e il porporato “è il primo” di questo spessore e autorità a farlo. “Ed è andato - aggiunge - per portare un messaggio alla gente, per dare loro un segnale grandissimo di incoraggiamento”. Possiamo affermare con certezza che questa visita è frutto del lavoro del patriarcato e conferma una volta di più il ruolo di ponte, di pace della Chiesa che cerca prima di tutto di mantenere la sua presenza”. Come ha sottolineato il porporato nell’omelia della messa stanno passando “tanti momenti difficili, situazioni tragiche” ma sono rimasti “fermi nella libera scelta di restare in questa terra e noi siamo con voi”. da AsiaNews 17/05]
Di seguito, la testimonianza di p. Romanelli ad AsiaNews:
Abbiamo trovato la comunità cristiana di Gaza in condizioni abbastanza buone, per quanto possano esserlo dopo più di sette mesi di guerra e con un conflitto tuttora in corso.
Noi abbiamo nel compound della parrocchia della Sacra Famiglia più di 500 persone, contando pure i bambini di Madre Teresa.
Le persone sono serene, anche se è forte la sensazione di sfinimento, di depressione, ma è altrettanto vero che molti hanno voglia di riprendere la vita, di ricostruire, altri ancora stanno pensando di ricominciare una vita fuori, pur se con grande dolore. Tutti loro hanno amato, e amano, la loro terra. Nella comunità cristiana, infatti, ci sono tanti che da sempre vivono e hanno vissuto qui nella striscia e ad essa sono legati. Poi ci sono cristiani che erano rifugiati da altri luoghi, da Gerusalemme, da Jaffa o Tel Aviv, da Migdalia e Ashkelon, coloro i quali hanno perso la casa e sono dovuti partire per le guerre del passato.
Tuttavia, tantissimi cristiani sono originari di Gaza e a questa terra sentono di appartenere. Per questo per alcuni di loro è grande il dolore al pensiero di andarsene, mentre altri vogliono rimanere.
La città è molto colpita e porta i segni del conflitto, quasi non si vede nemmeno un edificio che non sia stato centrato, che sia stato risparmiato dalle bombe.
Noi come parrocchia continuiamo con le attività, innanzitutto con la vita spirituale grazie a p. Yusuf [Assad, il vice-parroco] che per tutti questi mesi è restato con i fedeli e ancora adesso sarà qui con me. Io rimarrò in parrocchia, è venuto con me anche p. Carlos Ferrero il nostro provinciale [della congregazione del Vero Incarnato]. E non dimentichiamo poi le suore: con Pilares Ocorro è venuta anche una nuova sorella, sr. Maria “Maravillas” de Jesus, una argentina che rimarrà qui a testimonianza di una realtà viva e che prosegue nelle attività. Abbiamo già ricominciato l’oratorio, alcune lezioni per incominciare a fare delle attività con i bambini anche se non si tratta di una vera e propria scuola. Stiamo cercando comunque di fare tante altre iniziative con l’aiuto di molti ragazzi e, soprattutto, delle famiglie più giovani.
La visita del patriarca [card. Pierbattista Pizzaballa] è stata splendida, si è conclusa con la Pentecoste e l’amministrazione del sacramento della Cresima a due ragazzi della parrocchia. Tutto questo è un segno di speranza, anche le persone sono state molto contente di rivederci e di sapere che sono tornato e che rimango qui, con l’aiuto di Dio.
* Parroco della Sacra Famiglia a Gaza