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domenica 4 agosto 2024

Memorie di Siria. Il nonno

artista siriano Boutros-Al-Maari
 

di Maria Antonietta Carta

Si chiamava Mohammad, ma per me fu da subito il nonno. Era un vecchietto minuto e gentile, lieto e sicuro. Da giovane, aveva lavorato come bigliettaio nel primo cinema aperto a Lattakia e di lui parlavano, con simpatia e sorridente affetto, diverse generazioni di ex ragazzi che avevano nutrito la loro immaginazione in quella magica stanza dei sogni.

La prima volta che lo incontrai fu quando decisi di mettermi in cerca delle fiabe siriane. Viveva con sua moglie, costretta a letto da una paralisi, e si prendeva cura di lei e anche del figlio di un nipote: un bimbo di cinque anni con occhi che lasciavano indovinare la serenità di chi trascorre molto tempo in compagnia di una forza tranquilla e gioiosa. Frequentandoli, mi sarei accorta che quei due, il vecchio e il bambino, erano una bella storia d’amore.

Il nonno mi offrì un’accoglienza senza enfasi, ma speciale, calorosa e attenta.

Volle sapere perché mi interessavo alle fiabe e ascoltò le mie risposte con gravità e rispetto. Poi, dopo aver ben riflettuto, accettò di diventare il mio primo narratore. Subito, quello stesso giorno senza indugi si mise a raccontarmi le storie che sapeva. Il mio nuovo viaggio cominciò con lui e compresi immediatamente di aver incontrato un uomo che mai, durante la sua lunga e difficile esistenza, aveva rinunciato a sognare.

Era un narratore incantevole. Aveva una voce evocativa, tenera, commovente, e la gestualità appassionata di chi vive quel che racconta. Egli raccontava anche con gli occhi, con le mani, col capo, con l’anima. Rappresentava ogni situazione, ogni personaggio in maniera palpitante, ma ogni tanto usciva dalla storia e, sollecito, mi chiedeva: ‘’Hai scritto tutto?’’. Ci salutammo con l’intesa di rivederci presto. Dopo alcuni giorni, tornai con il magnetofono. Il nonno, accogliendomi già come una vecchia amica, mi mostrò, fiero, un quadernetto sgualcito e pareva avesse tra le mani un trofeo. Vi aveva segnato un elenco di fiabe ritrovate nella sua memoria. Fece un breve riassunto di una di quelle fiabe cercate per me e mi chiese: ‘’Questa ti piace? Vuoi che te la racconto?’’

A ogni nostro incontro, da allora, avrebbe fatto il riassunto preliminare di qualcuna delle sue storie per sapere se mi conveniva.

Anni prima, era stato operato di un tumore alla gola e quando parlava a lungo la voce gli si faceva rauca.

Io, sentendomi colpevole, gli dicevo:

- Basta, per oggi, nonno.

- No! Dobbiamo finire. - mi rispondeva deciso.

Soltanto quando stabiliva che, finalmente, ci potevamo concedere una pausa, mi ordinava: ‘’ Spegni.’’ Poi si alzava, lasciava la stanza e si assentava per qualche minuto, tornando con un piatto di arance o di mele, secondo le stagioni. Si risedeva con il piatto in grembo, sbucciava le mele o le arance, me le porgeva e io, guardandogli le mani solcate dalla vita, mangiavo la frutta insaporita dalla sua premurosa tenerezza. Egli, intanto, suggeva una caramella per pacificare la gola stanca. Dopo, riprendevamo. Lui a raccontare, io ad ascoltare. Le sue storie, spesso con intrecci complessi come mitici labirinti, mi facevano conoscere metamorfosi di Amore e Psiche specchi della sua terra e Cenerentole che non si accontentavano della magia per realizzare le loro storie d’amore, ma affrontavano prove difficili e altre ne imponevano ai loro innamorati per conquistarsi il diritto alla felicità. Raccontava l’amore con la semplicità che meritano le cose essenziali della vita e le sventure come cammini segnati, e io cominciavo a intravedere un universo d’immagini che, pensavo, doveva essere costato ai nostri progenitori fatica e costante ascolto dei silenzi per riuscire a concepirle.

Quando il silenzio era sacro e si sapeva ascoltarlo.

Quel viaggio nelle ormai arcane costellazioni di simboli e metafore, poetico linguaggio dei pensieri che forse soltanto i vecchi che sanno essere davvero vecchi e i bambini che sono davvero bambini e i poeti che nascono poeti e i folli possono ancora capire pienamente, avveniva dentro un piccolo salotto arredato con poltrone di legno scolpito, minuscoli tavolini ricoperti da arabescati centrini all’uncinetto e un unico quadro di seta nera che, racchiuso in una cornice argentata, adornava le nude pareti bianche di calce.

Sulla seta buia, ricamati a caratteri cufici con fili d’argento lucevano alcuni versetti della sura coranica chiamata Del trono: 

Dio, non vi è dio all’infuori di lui, il vivificante, il sussistente.

né la sonnolenza né il sonno avranno presa su di lui;

a lui appartiene tutto ciò che si trova nei cieli e sulla terra.

Chi potrà intercedere presso di lui, se non con il suo permesso?

Egli conosce ciò che è stato prima e ciò che verrà dopo,

e le sue creature non abbracciano della sua sapienza

se non ciò che egli vuole. Il suo trono si estende per i cieli e la terra,

e non lo affatica la loro custodia. Egli è l’altissimo, l’immenso.  

Si narra che il profeta Muhammad, ispirato dal Signore, avesse detto queste parole ad alcuni uomini che si erano recati da lui per chiedergli come sconfiggere i jinn: creature con poteri tremendi; ed esse, intessute in un quadro, sono diventate numi tutelari delle famiglie musulmane. O un talismano dalle magiche virtù. I versi coranici sembravano vigilare anche nel salottino del nonno. Atto di fede e leggenda che si fondono e confondono.

artista siriano Boutros-Al-Maari

Nei giorni d’estate, entravano dalla finestra aperta i confusi rumori di un quartiere popolare: venditori ambulanti, bambini giocherellanti, muezzin che pregavano, massaie ciarliere. Radio e magnetofoni a volume scatenato spargevano canzoni di Michel Jackson a quell’epoca molto in voga presso i giovanissimi Siriani, poetici canti monodici della divina Umm Kalthum e l’ultima canzonetta urlata della hit parade mediorientale.

Musiche, rumori e voci si mischiavano nell’aria afosa impastata di umidità, e a me, che prima infastidita-stordita da tutto quel frastuono ingarbugliato poi incuriosita vi riflettevo, essi finivano per sembrare simili, nella loro pur grande diversità. Come le fiabe della mia infanzia in Sardegna e quelle che stavo scoprendo in Siria. Il nonno, quando il rumore diveniva intollerabile, smetteva di raccontare, aggrottava per un momento la fronte, infastidito-pensieroso, si alzava senza dire una parola, chiudeva i vetri, tornava a sedersi rasserenato, cercava di schiarire quella sua voce rauca che mi inteneriva e mi stringeva il cuore, poi diceva: ‘’Riprendiamo ma fai attenzione, cara, controlla che non sia finito il nastro.’’

La vita, poi, mi portò nuove vicende e io mi allontanai da lui. Alcune volte, che adesso, come spesso accade dopo le separazioni definitive, mi sembrano desolatamente rare, gli avevo portato altri sacchetti di caramelle ed egli mi aveva offerto, contento, qualche altra storia ritrovata.

Un giorno, seppi che era morto.

mercoledì 31 luglio 2024

Si incendia il Medio Oriente

Iran ha innalzato la bandiera rossa della vendetta

 Piccole Note, 31 luglio

Israele bombarda Beirut, 4 finora i morti ma saliranno, per uccidere uno dei capi di Hezbollah, e assassina il leader di Hamas Ismail Haniyeh in Iran, dove si trovava per la cerimonia di insediamento del nuovo presidente. Tale la risposta di Tel Aviv alla strage dei bambini drusi di Majdal Shams, nel Golan occupato (sulle perplessità circa le responsabilità di Hezbollah sull’eccidio, rimandiamo a Mjdal Shams: cronaca di una strage annunciata).

Risposta fuori registro quella di Israele, foriera di una possibile guerra regionale, che poi è l’evidente obiettivo di Netanyahu. L’uccisione di Haniyeh, peraltro, affossa le speranze di un accordo su Gaza, sia perché tale è lo scopo di assassinare il capo politico di Hamas nel corso dei negoziati, sia perché Heniyeh era il leader più pragmatico e moderato di Hamas e quello che più ha spinto per la trattativa. Peraltro, si è deciso non a caso di assassinarlo in Iran, cioè in una nazione sovrana che lo considerava un alleato: una sfida aperta. Infatti, Khamenei ha dichiarato che il suo Paese reagirà all’omicidio, anche se probabilmente si riferisce a una risposta misurata, almeno a stare a quanto dichiarato dal primo vicepresidente iraniano Mohammad Reza Aref, il quale ha affermato che Teheran non vuole un’escalation del conflitto.

 

Hezbollah top commander Fouad Shukr, aka Haj Mohsen، funerals are expected tomorrow afternoon. Beirut.
The assassination of Ismail Haniyeh took place in northern Tehran by a projectile from the air

Unconfirmed reports that Israel assassinated the leader of the Iranian Revolutionary Guards General Amir Ali Hajizadeh, in Damascus, Syria - according to local media (@Megatron)

I drusi del Golan contro la rappresaglia 

A commento di quanto avvenuto, riportiamo ciò che ha scritto ieri Shakib Ali su Yedioth Aeronoth, avvocato druso che vive in Israele e che si occupa di diritti umani, il quale ha descritto l’immenso dolore della sua gente per la morte dei dodici ragazzi di Majdal Shams, dolore che ha accompagnato il commosso rito funebre successivo

“Tuttavia – scriveva Ali – il silenzio del dolore si è trasformato in rabbia immensa all’arrivo dei ministri e dei membri della Knesset della coalizione di governo, che sono stati accolti con rabbia. Il ministro Bezalel Smotrich ha dovuto lasciare la scena, seguito dai ministri Idit Silman e Nir Barkat. I leader dell’opposizione, giunti a loro volta, ​​sono stati accolti con rispetto e Yair Lapid ha tenuto un breve discorso, ma non durante la cerimonia”.

“Molti dei residenti del villaggio sono apparsi su quasi tutti i media. Alcuni hanno chiesto una risposta immediata e dolorosa, mentre altri hanno esortato alla moderazione, al punto di chiedere di evitare del tutto una rappresaglia. La posizione ufficiale degli sceicchi [drusi], partecipata dalle famiglie delle vittime, è stata di lutto, dolore e accettazione del destino, insieme alla condanna dell’atroce crimine che ha portato all’omicidio dei bambini e alla condanna di qualsiasi danno infitto ai civili, ovunque e da qualsiasi parte.

Posizione coniugata con un chiaro e deciso appello a porre fine alla guerra maledetta che ha portato solo distruzione all’intera regioneLa posizione ufficiale è stata quella di una ferma opposizione a qualsiasi sfruttamento del ‘sangue dei nostri figli’ come leva per qualsiasi fine, di qualsiasi fazione“.

“I drusi delle alture del Golan si rifiutano fermamente di vendicare la morte dei loro cari e si oppongono a qualsiasi risposta israeliana che potrebbe incendiare la regione e portare a una guerra su vasta scala con il Libano, una guerra che potrebbe causare centinaia di vittime [stima molto al ribasso ndr.] da entrambe le parti e devastare soprattutto il Libano, dove vivono pacificamente, come parte del complesso mosaico delle comunità libanesi, più di mezzo milione di drusi”.

“Qualsiasi risposta violenta che danneggi il Libano, danneggerà senza dubbio anche la comunità drusa e i drusi delle alture del Golan non accetteranno di essere giudicati dalla storia come coloro che hanno causato una disastrosa guerra regionale. Qualsiasi risposta mortale da parte di Israele potrebbe scatenare una risposta corrispondente e lo spargimento di sangue non si fermerebbe”.  “Sembra che, per ora, i drusi siano disposti a contenere il disastro, soprattutto perché l’accordo sugli ostaggi [con Hamas ndr.] è sul tavolo e questa volta è più vicino che mai. In passato, Hezbollah ha annunciato che cesserà il fuoco allorquando Israele raggiungerà un accordo nel sud [cioè a Gaza ndr], quindi la possibilità di stabilire la pace nel Nord è a portata di mano: tutto ciò che resta da fare al governo è far avanzare l’accordo, fermare la guerra e riportare indietro gli ostaggi. Nel frattempo, Hamas sta già morendo ed è molto dubbio che si riprenderà mai”.

Invece, il sangue dei bambini drusi è stato usato per innescare una potenziale guerra regionale e l’accordo sugli ostaggi, che avrebbe chiuso la guerra a Gaza e quella con Hezbollah, adesso è più lontano che mai. In una mossa, Netanyahu ha centrato due obbiettivi.

Di interesse anche un articolo del New York Times a firma di Steven Simon dal titolo: “Solo un forte ‘no’ degli Stati Uniti a Israele fermerà un’altra guerra”. Purtroppo, finora da Washington sono arrivati solo insulsi balbettii, che hanno permesso a Netanyahu e ai leader più estremi di Israele di fare tutto quel che volevano. 

Stavolta, però, la posta è più alta: non si tratta solo della vita di centinaia di migliaia di palestinesi – tale la cifra reale delle vittime, tra decessi avvenuti e quelli in fieri – di cui importa poco a tanti in Occidente, soprattutto tra i potenti, ma di una guerra ad altissimo rischio globale, dal momento che, tra le altre cose, incombe anche la variabile atomica.

domenica 28 luglio 2024

L'Italia riprende le relazioni diplomatiche con la Siria

L'Italia nomina ambasciatore in Siria per "accendere i riflettori" sul Paese, afferma il ministro degli Esteri. Tajani ha detto che il nuovo ambasciatore dovrebbe assumere il suo incarico a breve
 

da THE NEW ARAB

"...Stefano Ravagnan, attualmente inviato speciale del ministero degli Esteri per la Siria, è stato nominato ambasciatore. Dovrebbe assumere l'incarico a breve, ha detto a Reuters il ministro degli Esteri Antonio Tajani .

La scorsa settimana l'Italia e altri sette stati dell'UE hanno inviato una lettera al capo della politica estera dell'Unione, Josep Borrell, chiedendo all'Unione europea di svolgere un ruolo più attivo nel paese.

"I siriani continuano ad andarsene in gran numero, mettendo ulteriormente a dura prova i paesi vicini, in un periodo in cui la tensione nella zona è elevata, con il rischio di nuove ondate di rifugiati", si legge nella lettera visionata dalla Reuters .

Insieme all'Italia, la lettera è stata firmata da Austria, Cipro, Repubblica Ceca , Grecia, Croazia, Slovenia e Slovacchia. Deplora "la situazione umanitaria" nel paese che si era "ulteriormente deteriorata" poiché la sua economia è "in rovina".

"Borrell ha incaricato il Servizio europeo per l'azione esterna di studiare cosa si può fare", ha affermato Tajani venerdì, aggiungendo che la nomina di un nuovo ambasciatore era "in linea con la lettera che abbiamo inviato a Borrel ... per accendere i riflettori sulla Siria".

Attualmente sono aperte sei ambasciate dell'UE a Damasco: Romania, Bulgaria, Grecia, Cipro, Repubblica Ceca e Ungheria. Nessuno dei partner del G7 dell'Italia, ovvero Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Francia o Germania, ha reinstallato ambasciatori in Siria.


Riceviamo dall'amico Said il primo commento dei Siriani all'annuncio della storica scelta operata dal nostro governo, in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, e come 'OraproSiria' condividiamo con gioia questo nuovo corso dei rapporti con la Siria, tanto auspicato. 
Con la speranza di poter presto tornare a visitare questo meraviglioso Paese, culla delle civiltà.


Siria-Italia, un futuro promettente  

È stato un giorno triste per il popolo siriano quando, nel 2012, nel mezzo delle rivolte che scuotevano il Paese, le ambasciate dei Paesi dell'Unione Europea hanno iniziato, una dopo l'altra, a chiudere i battenti e a lasciare definitivamente Damasco. 

Vista dalla Siria, era facile credere che questa decisione unanime dell'UE fosse provvisoria, date le relazioni storiche tra la Siria e alcuni Paesi europei, in particolare l'Italia. 

Le relazioni tra Siria e Italia risalgono ai tempi dell'Impero Romano, quando la Siria era parte integrante di questo grande Impero europeo.  

La decisione unilaterale dello Stato italiano, indipendentemente dell'Unione Europea, di riprendere le relazioni diplomatiche, coronata dalla nomina di un ambasciatore a Damasco, potrebbe aprire immediatamente i canali del dialogo politico (interrotto dal 2012) per discutere di questioni reciproche e promuovere la pace e la cooperazione, non solo tra i due Paesi, ma tra tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, che un giorno o l'altro dovrebbe trasformarsi in un'oasi di pace e di buon vivere per tutti i popoli della regione. 

Viva il popolo italiano  

Viva il popolo siriano  

Viva la cooperazione economica e soprattutto culturale tra i due Paesi.

Said Adham, giornalista siriano

giovedì 25 luglio 2024

Il dono di due vocazioni francescane fiorite tra le rovine della guerra

di padre Ibrahim FaltasVicario della Custodia di Terra Santa

Aleppo - I figli di San Francesco da 800 anni custodiscono i Luoghi Santi e le “Pietre vive” che li abitano. La Custodia di Terra Santa opera in diverse nazioni: non è solo presente in Palestina e in Israele, dove Gesù ha trascorso la Sua vita terrena, ma opera anche in gran parte del Medio Oriente, a Cipro, a Rodi, in Giordania, in Libano, in Egitto e in Siria.
La Terra Santa ha vissuto guerre e distruzioni e ancora oggi subisce violenza, odio, divisione.
In 800 anni, la Custodia ha perso più di duemila frati morti per confessare la fede in Cristo e difendere la Terra Santa.

Il 10 luglio nella liturgia si fa memoria dei Beati Martiri Francescani che nel 1860 furono uccisi "in odium fidei" a Damasco. Papa Francesco ha annunciato la loro canonizzazione che avverrà il 20 ottobre 2024. Sarà un giorno di grazia per la martoriata Siria in guerra da 13 anni: una guerra fratricida che sta distruggendo un popolo, una grande nazione, una civiltà che vanta una storia millenaria.

Sono arrivato ad Aleppo con altri confratelli il 6 luglio: per grazia di Dio, la Siria ha potuto gioire dell'ordinazione sacerdotale di due frati gemelli che hanno coltivato insieme l'amore per Cristo e per San Francesco. Una gioia immensa per la Custodia, che ha avuto fratelli che sono stati ordinati sacerdoti, ma per la prima volta accoglie due sacerdoti gemelli!
Siamo partiti da Amman e abbiamo attraversato gran parte del territorio siriano: abbiamo visto villaggi e città distrutte e senza vita. Alla guerra in corso, si sono aggiunti i morti e la distruzione del terribile terremoto del febbraio 2023.
In questi anni, un milione e trecentomila siriani hanno perso la vita e otto milioni hanno dovuto abbandonare la loro terra e la loro storia. Ho pensato a Gaza che soffre come la Siria, e a come la guerra ha spezzato vite e ha raso al suolo edifici che accoglievano vite.

La Siria è la nazione che attualmente conta il numero più alto di frati della Custodia di Terra Santa: un dono e una presenza importanti. I nostri confratelli impegnati nelle comunità siriane hanno sofferto e soffrono, ma mai hanno trascurato l'amore per il prossimo e mai hanno perso la speranza della pace.

Mentre percorrevamo strade silenziose e desolate, ho ringraziato Dio per il rinnovato germe di speranza che i due nuovi confratelli nel sacerdozio hanno portato alla Chiesa e alla Custodia di Terra Santa.
I diaconi, Fra George Paolo e Fra Johnny Jallouf hanno ricevuto per l'imposizione delle mani dal Vescovo Hanna Jallouf, Vicario Apostolico dei Latini ad Aleppo, l'ordinazione presbiterale nella Chiesa di San Francesco d'Assisi ad Aleppo. Il Vescovo Hanna è zio dei due novelli sacerdoti ed è una delle tante e sante vocazioni che la Siria ha donato alla Custodia di Terra Santa: la sua totale dedizione a Cristo e alla Chiesa sia di esempio per questi giovani e per tutti noi. Padre Hanna, che il 17 settembre festeggerà il primo anno da Vicario Apostolico di Aleppo, ha consacrato per la prima volta due nuovi sacerdoti con la gioia di vedere i suoi nipoti far parte del suo stesso Ordine Francescano dei Minori e della Custodia di Terra Santa.

Ho partecipato alla celebrazione eucaristica insieme a trenta confratelli, abbiamo pregato per le vocazioni tanto necessarie al popolo di Dio e per la Siria, terra benedetta e oltraggiata dalla guerra. Ho gioito con la bella famiglia Jallouf, mi sono congratulato con i genitori orgogliosi ed emozionati per i loro figli, due fratelli così uniti e in sintonia da percorrere insieme la strada della vita, condividendo il dono della vocazione.
Dopo la solenne celebrazione, i due sacerdoti sono stati festeggiati dai parenti, dagli amici, dai confratelli e dai parrocchiani. Ho percepito la forte partecipazione alla gioia vera della comunità cristiana di Aleppo, che per quest'occasione ha dimenticato per qualche ora la guerra e ha lodato Dio in letizia.
Prima della guerra ad Aleppo si contavano duecentomila cristiani. Oggi ne sono rimasti venticinquemila.

Domenica 7 luglio ho incontrato ancora i miei confratelli siriani. Conosco bene il loro impegno ma ho potuto vedere di persona il grande lavoro svolto anche nel recupero del Terra Sancta College, imponente complesso requisito dalle autorità siriane e tornato in possesso da pochi anni dei Francescani della Custodia. 

Ora il Terra Sancta College è di nuovo un luogo di incontro, un luogo di sostegno concreto ai bisogni della gente. Una parte del collegio è stata destinata alla creazione di un forno che produce un pane buonissimo, profumato e saporito: in quel forno ho sentito anche il profumo di Gesù che si dona nell'Eucarestia e dona vita nuova, anche nella sofferenza. Ho rivisto la piscina, messa in sicurezza e attrezzata per dare sollievo nei giorni caldi e momenti di serenità a chi soffre da anni l'angoscia della guerra.

Nel pomeriggio abbiamo partecipato alla prima Santa Messa dei novelli sacerdoti: una celebrazione commovente, durante la quale è emersa la condivisione e la cura del servizio sacerdotale. Padre George ha presieduto e padre Johnny ha tenuto l'omelia. Ogni momento della Santa Messa è stato vissuto intensamente ed è stato allietato da canti molto belli: i due gemelli sono anche validi musicisti e hanno lodato il Signore anche con la musica.
In un territorio devastato e offeso dalla tragedia della guerra, la famiglia della Custodia di Terra Santa ringrazia Dio per il dono della vocazione e prega affinché i suoi amati figli continuino ad essere missionari di pace nella Terra di Gesù e nel mondo intero. 

Agenzia Fides 10/7/2024

domenica 21 luglio 2024

La Siria rimarrà la culla delle civiltà

Trailer del film “Il giuramento di Ciriaco / The oath of Cyriac” di Olivier Bourgeois (Andorra, 2021; 73’).
Per la prima volta viene mostrata al pubblico l’opera di archeologi, operai e custodi che nel 2011 ha permesso di portare in salvo 24mila reperti sotto i bombardamenti e il tiro dei cecchini, consentendo la rinascita del museo di Aleppo, e scongiurando il disastro avvenuto al museo di Baghdad.
Il titolo del film-evento è un omaggio a Ciriaco d’Ancona, il più prolifico studioso delle antichità greche e romane del XV secolo, riconosciuto come uno dei padri fondatori dell'archeologia classica moderna.
Ciriaco d'Ancona aveva giurato a sé stesso di salvare le antichità condannate a scomparire. Proprio come hanno fatto i protagonisti del film.


L'ambasciata siriana a Cipro ha organizzato all'inizio di giugno un incontro culturale presso il Centro Culturale di Nicosia dal titolo: “ Nonostante il terrorismo… La Siria rimarrà la culla delle civiltà ”.
 È stato proiettato il film “ Il giuramento di Kriakos ”, che ha vinto più di 20 premi in festival internazionali, così come il film “ Il sangue delle palme ” sulla città storica e archeologica di Palmira.

 Erano presenti ambasciatori del mondo arabo, membri del corpo diplomatico e rappresentanti delle Chiese ortodossa e armena a Cipro . 

L'ex direttore del Louvre, André Parrot, sosteneva che ogni cittadino civile ha due patrie, la sua e la Siria!

Saluti da Qara - Syria- da Padre Daniel

martedì 16 luglio 2024

Ancora sulle ventilate aperture e ripresa dei rapporti tra Siria e Turchia

 

  Iniziamo dal 'Comunicato ufficiale del Ministero degli Affari esteri e degli Espatriati' 

In un momento in cui si prendono posizioni e si fanno dichiarazioni sulle relazioni tra Siria e Turchia, la Repubblica Araba Siriana desidera ribadire che ha sempre tenuto a fare una chiara distinzione tra i popoli, da un lato, e le politiche e le pratiche dei governi che hanno danneggiato la Siria e i loro stessi Stati, dall'altro, come dimostrato da fatti ed eventi. 

La Siria era e rimane fermamente convinta che gli interessi degli Stati risiedano in relazioni sane, non nel confronto o nell'ostilità. Ed è sulla base di tale convinzione che ha voluto trattare positivamente le varie iniziative proposte per migliorare le relazioni con questi Stati, così come le iniziative volte a correggere le relazioni turco-siriane. 

La Siria ritiene che l'esito di queste iniziative non sia un affare mediatico, ma piuttosto un processo preciso basato su fatti comprovati e costruito su principi definiti che regolano le relazioni tra i due Paesi. Un rapporto basato sul rispetto della sovranità, dell'indipendenza e dell'integrità territoriale e sulla risoluzione di qualsiasi minaccia alla sicurezza e alla stabilità nell'interesse di entrambi i Paesi e dei loro due popoli.

La Siria afferma che qualsiasi iniziativa in tal senso deve essere costruita su basi chiare per raggiungere e garantire i risultati desiderati, ovvero il ritorno delle relazioni tra i due Paesi al loro stato normale. Tra queste basi, la più importante è il ritiro delle forze illegalmente presenti sul territorio siriano e la lotta contro i gruppi terroristici che minacciano non solo la sicurezza della Siria, ma anche quella della Turchia.

La Siria esprime la sua considerazione e i suoi ringraziamenti ai Paesi fratelli e amici che stanno compiendo sforzi sinceri per correggere le relazioni turco-siriane e afferma che il ritorno a relazioni normali tra i due Paesi implica il ritorno alla situazione che prevaleva prima del 2011, che è il pilastro della sicurezza e della stabilità in entrambi i Paesi.

Damasco, 13 luglio 2024

Fonte: https://www.palestine-solidarite.fr/2024/07/14/communique-du-ministere-syrien-des-affaires-etrangeres-et-des-expatries/

La risposta del Presidente Al-Assad a un possibile incontro con il Presidente Erdogan

“L'incontro con il presidente Erdogan presuppone che abbiamo raggiunto una fase in cui la Turchia è pronta a ritirarsi completamente dal territorio siriano in modo chiaro e inequivocabile, a smettere di sostenere il terrorismo e a riportare la situazione a quella che era prima dell'inizio della guerra in Siria.

Questa è l'unica situazione che potrebbe portare a un incontro tra me ed Erdogan. Altrimenti, quale sarebbe l'importanza di un tale incontro e perché farlo se non porta a risultati definitivi riguardo alla guerra in Siria? Ora, a causa della guerra in Siria, del ruolo negativo della Turchia in questa guerra e dell'invasione del territorio siriano da parte dell'esercito turco, non è stato più possibile comunicare direttamente con la Turchia.

Per noi la Turchia è uno Stato occupante. Qui sta l'importanza del ruolo svolto dai Russi, dato che sono in contatto con la parte turca, che hanno un buon rapporto con la parte siriana e che abbiamo fiducia in loro. Hanno svolto il ruolo di mediatori per facilitare queste comunicazioni [tra le parti turca e siriana], ma nel quadro dei principi su cui si basa la diplomazia russa: il rispetto del diritto internazionale, il rispetto della sovranità degli Stati, il rifiuto del terrorismo, l'unità territoriale e la sovranità della Siria sul suo territorio, il ritiro delle forze straniere illegali presenti sul territorio siriano.

Nell'ambito di questi principi, tutto ciò che potrebbe cambiare il processo della guerra e portare alla sua fine, con la restituzione di tutti i diritti dei siriani, la restituzione dei territori occupati e il ripristino della piena sovranità dello Stato siriano, ci porta necessariamente a tentare l'esperimento, anche se a volte abbiamo poche speranze che porti a risultati concreti.

Infatti, non dobbiamo lasciar passare nessuna opportunità senza tentare, perché essa potrebbe, nonostante la scarsa speranza, contenere la soluzione.

È a questo che la Russia sta lavorando in collaborazione con la Siria, facendo dei tentativi che si aggiungono ad altri tentativi di dialogo, come sapete, a Ginevra o altrove; tutti questi tentativi sono finalizzati al ritorno della stabilità in Siria”.

Damasco, 14 luglio 2024

Fonte: InfoSyrie.fr

  

Rimandiamo i lettori all'interessante articolo di Mikhael Awad apparso sul sito Mondialisation.ca il 5 luglio 2024 dal titolo : 

Quali sarebbero le ragioni della nuova apertura di Erdogan verso la Siria? 

con la possibile ipotesi di risposta :

"Pertanto, il problema più serio, che probabilmente giustifica questa ricerca di riconciliazione con il presidente siriano, è che gli Stati Uniti non stiano seriamente accelerando l’attuazione del loro vecchio/nuovo “ progetto per creare il Grande Kurdistan ”. Un progetto che è diventato una necessità urgente per gli Stati Uniti e le sue lobby globaliste, ora che Israele è diventato un fardello pesante e la sua capacità di proteggere i loro interessi è ormai inesistente.  Gli Stati Uniti non lasceranno la regione né accetteranno di essere sconfitti. Il loro ritiro significherebbe necessariamente il loro declino a livello globale, come è avvenuto con gli imperi che li hanno preceduti e che sono stati sconfitti per mancanza di progetti alternativi.    Il Grande Kurdistan è proprio il progetto alternativo degli Stati Uniti e dei globalisti. Un’alternativa a Israele che ha fallito e ha reso il suo dispiegamento militare navale costoso e inefficace, come nel caso della guerra contro gli Houthi yemeniti...."....

  Concludiamo con  l'articolo di Steven Sahiounie , apparso su Mideast Discourse sul cambiamento monumentale nella politica del Qatar verso il ripristino dei legami diplomatici con la Siria (traduzione da Google).

L'emiro del Qatar, Tamim al Thani, ha recentemente dichiarato di sostenere le proteste di piazza a Idlib, dove la gente protesta contro il governo dittatoriale del gruppo terroristico Hayat Tahrir al-Sham (HTS).
Ciò segna un cambiamento monumentale nella politica del Qatar e forse il primo passo verso il ripristino dei legami diplomatici con la Siria.


A partire dal 2011, con la guerra condotta dall'amministrazione Obama tra Stati Uniti e NATO in Siria per un cambio di regime, il Qatar è stato un alleato stretto e leale degli Stati Uniti ed è stato utilizzato come finanziatore dei vari gruppi terroristici insediati in Turchia e trasportati attraverso il confine fino a Idlib.


Lo sceicco Hamad bin Jassim bin Jaber bin Mohammed bin Thani Al Thani, ex Primo Ministro del Qatar e Ministro degli Esteri fino al 2013, ha rilasciato un'intervista in cui ha ammesso che il Qatar ha fornito il denaro per finanziare i terroristi in Siria mentre attaccavano il popolo e lo Stato siriani. Ha chiarito che il denaro consegnato era sanzionato e amministrato dagli Stati Uniti in Turchia. Il Qatar non stava lavorando da solo, ma sotto una partnership strettamente controllata con il governo degli Stati Uniti.


Nel 2017, il presidente Trump ha chiuso l' operazione Timber Sycamore della CIA , che gestiva il fallito progetto di rovesciare il governo siriano.


Il Qatar sta ora voltando le spalle ai terroristi che occupano Idlib. Mohamed al-Julani è il leader di HTS. È siriano, cresciuto in Arabia Saudita, ha combattuto con Al Qaeda in Iraq contro gli Stati Uniti, si è alleato con il fondatore dell'ISIS Baghdadi, è arrivato in Siria dall'Iraq per sviluppare Jibhat al-Nusra, la branca di Al Qaeda in Siria.


Una volta che Jibhat al-Nusra è diventato un gruppo terroristico fuorilegge, Julani ha cambiato il nome in HTS per preservare il suo sostegno da Washington, DC. Anche se gli Stati Uniti hanno una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa emessa dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, è al sicuro e protetto a Idlib, dove i giornalisti americani lo hanno visitato per interviste, in cui ha indossato un abito e una cravatta, desiderando presentarsi come un terrorista di ispirazione occidentale su cui gli Stati Uniti possono contare.
Quando l'esercito arabo siriano e l'esercito russo sparavano un proiettile verso i terroristi a Idlib, gli Stati Uniti lo denunciavano come un attacco a civili innocenti. Ciò ha mantenuto Julani al sicuro e protetto, e responsabile degli aiuti umanitari in arrivo attraverso il confine dalla Turchia. Gli aiuti provenivano dall'ONU e da varie organizzazioni benefiche internazionali. Mentre i 3 milioni di persone che vivono a Idlib non sono tutti terroristi, tutti gli aiuti passano attraverso le mani di Julani e dei suoi scagnozzi . Se ti inchini a Julani, ottieni la tua quota di razioni, ma se ti sei lamentato, ti viene negata. Coloro che sono tagliati fuori dagli aiuti possono acquistare le loro provviste da Julani nel suo Hamra Shopping Mall, che ha costruito a Idlib, dove vende tutti gli aiuti in eccesso inviati a Idlib.


I civili di Idlib sono scesi in piazza per protestare contro il governo di HTS . Molte persone sono state arrestate da HTS, alcune torturate e altre uccise. La gente chiede che Julani se ne vada.

Chiedono libertà e un'amministrazione equa. Le varie agenzie di aiuti si sono lamentate del fatto che HTS non consentirà alcun programma gratuito per le donne, come l'apprendimento di competenze occupabili . Alle donne lì non è consentito cercare lavoro, tranne in luoghi riservati alle sole donne. HTS governa con una rigida forma di legge islamica, che interpreta a proprio vantaggio.
Arabia Saudita e Siria hanno stabilito relazioni normali e complete, con uno scambio di ambasciatori. Al vertice della Lega araba di maggio in Bahrein, il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohamed bin Salman (MBS), ha incontrato personalmente il presidente siriano Bashar al-Assad. Si sono incontrati anche al precedente vertice della Lega araba in Arabia Saudita.


MBS ha annunciato di recente un finanziamento umanitario all'ONU per riparare 17 ospedali in Siria, danneggiati dal terremoto di magnitudo 7.8 che ha causato la morte di 10mila persone.

MBS ha anche inviato pezzi di ricambio per gli aerei commerciali della Syrian Air, che avevano sofferto a causa delle sanzioni statunitensi e a cui Washington aveva impedito di mantenere la propria sicurezza. Di recente, i primissimi aerei siriani hanno iniziato a volare in Arabia Saudita per la prima volta in 12 anni, per compiere il pellegrinaggio dell'Haj.


Il 30 maggio, il leader dell'Iraq ha detto che spera di annunciare presto una normalizzazione Turchia-Siria. La Turchia, come il Qatar, ha sostenuto i vari gruppi terroristici in Siria in cooperazione con gli Stati Uniti.
Anche la Turchia ha cambiato posizione e sta cercando un modo per uscire da Idlib e dalle altre aree che occupa in Siria, in preparazione di un re-set con Damasco.


I rapporti tra gli USA e Ankara sono rimasti tesi dopo che gli USA hanno stretto una partnership con le Forze di difesa siriane (SDF). La Turchia considera le SDF come una branca del PKK, il gruppo terroristico internazionale fuorilegge che ha ucciso 30.000 persone in tre decenni, mentre desiderava stabilire uno Stato curdo.
Le SDF stanno pianificando di tenere elezioni l'11 giugno nel tentativo di ottenere il sostegno occidentale per uno Stato curdo. Erdogan ha dichiarato che la Turchia non permetterà mai che ciò accada.


Se le SDF deponessero le armi, potrebbero riparare i loro rapporti con Damasco e, allo stesso tempo, la Turchia potrebbe ritirare le sue forze di occupazione dalla Siria. Con la Turchia fuori dalla Siria, il loro processo di normalizzazione potrebbe iniziare.
Quando le SDF avranno riparato i loro rapporti interrotti con Damasco e la minaccia turca non esisterà più, allora l'esercito statunitense potrà ritirare la sua forza di occupazione di 900 uomini dalla Siria.

Di recente, il generale Mazloum, leader delle SDF, ha affermato che i problemi tra curdi e Damasco sono problemi interni e ha messo in guardia contro qualsiasi ingerenza straniera, in particolare da parte della Turchia.


La situazione sta cambiando rapidamente in Siria. L'economia è crollata, con un tasso di inflazione superiore al 100% nell'ultimo anno a causa delle paralizzanti sanzioni statunitensi. Poiché l'esercito statunitense sta occupando il più grande giacimento di petrolio e gas in Siria, ciò impedisce la produzione di elettricità per la rete nazionale e i siriani vivono con tre ore di elettricità al giorno.


Le sanzioni statunitensi impediscono l'importazione di alcuni dei medicinali più essenziali, poiché le aziende mediche occidentali temono di incorrere nelle sanzioni statunitensi e hanno creato una cultura di eccessiva conformità, che priva i cittadini siriani di medicinali salvavita e forniture mediche.

I campi di battaglia sono rimasti in silenzio per anni e il silenzio si è trasformato in uno status quo, in cui la politica estera americana e turca ha impedito una risoluzione del conflitto che ha distrutto vite umane e ha provocato la più grande migrazione umana della storia recente, mentre i siriani cercano lavoro all'estero.


Turchia, Arabia Saudita e Qatar hanno tutti svolto ruoli significativi assegnati loro dal Dipartimento di Stato americano sotto l'amministrazione Obama. C'è una luce alla fine del tunnel con l'inversione di rotta delle politiche nei confronti della Siria, e Qatar e Turchia sono destinati a svolgere ruoli importanti nel processo di ripresa in Siria. Questi capovolgimenti sono anche significativi in ​​quanto segnano un cambiamento nelle relazioni tra gli Stati Uniti e diversi paesi della regione. Questo fa parte del "Nuovo Medio Oriente" che Washington ha invocato, ma il ruolo svolto dagli Stati Uniti li ha lasciati perdenti.

Fonte: https://mideastdiscourse.com/2024/06/03/syria-on-the-brink-of-recovery-as-qatar-and-turkey-change-their-policies/

sabato 13 luglio 2024

'Ribellione dei ribelli' sponsorizzati da Turchia nel Nord della Siria

 

di Mauro Indelicato da INSIDEOVER

Bandiere turche date alle fiamme, blindati dell’esercito di Ankara assaltati e oggetto del lancio di pietre e ordigni rudimentali: lo scenario descritto non appartiene a quello delle fasi più calde dello scontro tra turchi e curdi. Al contrario, il contesto in questione riguarda il Nord della Siria. Proprio le regioni cioè che diversi anni sono controllate quasi direttamente da Ankara.

Centinaia di siriani hanno assaltato postazioni turche, con il governo di Erdogan costretto a emanare una nota urgente in cui si ordina l’evacuazione dei funzionari turchi presenti nel cantone di Afrin, a Nord di Aleppo, e in alcune aree della provincia di Idlib.

La Turchia e il Nord della Siria

Per comprendere al meglio cosa sta accadendo, occorre fare un passo indietro e ricordare il motivo per cui dei blindati e dei mezzi di Ankara sono presenti all’interno di questa parte del territorio siriano. La Siria, come ben noto, sta affrontando una dura 'guerra civile' dal 2011 e il presidente turco Erdogan, già dai primi mesi di conflitto, ha sostenuto attivamente i gruppi definiti ribelli che hanno imbracciato le armi contro il governo del presidente Assad.

Una mossa che però si è rivelata un boomerang: lo sfaldamento dello Stato siriano nel Nord del Paese, nelle zone cioè confinanti con la Turchia, ha portato al rafforzamento dei curdi siriani i quali hanno iniziato a controllare vaste porzioni di territorio lungo le frontiere turche. Non solo, ma la guerra ha anche comportato per Ankara l’afflusso massiccio e incontrollabile di milioni di profughi

Nel 2016, a seguito del riavvicinamento tra Erdogan e Putin, con quest’ultimo primo sponsor di Assad, si è giunti a un compromesso: la Turchia non avrebbe più lavorato per abbattere il potere del presidente siriano, in cambio Mosca ha concesso l’opportunità a Erdogan di entrare in territorio siriano in funzione anti curda. Ankara ha così sostenuto e armato interi gruppi di ribelli, spesso riconducibili alla galassia islamista, i quali hanno solidificato il proprio potere nelle aree settentrionali della Siria. Si tratta di formazioni che non hanno la forza di creare veri e propri apparati amministrativi, Erdogan ha così inviato soldati, poliziotti e funzionari per controllare il territorio in possesso dei suoi alleati.

Gli scontri tra siriani e turchi

A partire da sabato però, sia da Afrin che da alcune aree della provincia di Idlib, sono arrivate immagini di battaglie urbane ingaggiate dai combattenti siriani proprio contro i turchi. I soldati di Ankara sono stati colti di sorpresa e hanno dovuto improvvisamente organizzarsi per difendere le postazioni e, in certi casi, anche abbandonare alcune aree sotto il loro controllo. Particolarmente significativo che gli scontri più importanti siano avvenuti ad Afrin: cantone in maggioranza curda prima della guerra, qui gran parte dei miliziani presenti sono stati direttamente armati e addestrati dai turchi e vengono ancora oggi finanziati per fronteggiare la mai domata guerriglia curda.

Al momento è difficile capire quali sono le sigle ribelli che hanno ingaggiato gli scontri contro i turchi. Nei video, alcuni combattenti indossano le divise del Free Syrian Army (Fsa) sostenuto dalla Turchia, altri invece non hanno uniformi addosso ma appaiono ben addestrati nell’uso di armi e ordigni. Non si tratterebbe quindi di civili, bensì di quegli stessi miliziani appoggiati da Erdogan.

Un delicato equilibrio

Ma qual è l’origine degli scontri? Inizialmente tutto era stato ricollegato alle frasi di Erdogan che, nei giorni precedenti all’inizio dei disordini, aveva annunciato l’avvio di una fase di normalizzazione dei rapporti con il governo di Assad. In realtà, come fatto notare dalla stampa turca, tutto è partito dalla stessa Turchia. Qui la scorsa settimana sono scoppiate rivolte contro i rifugiati siriani. In alcuni casi, come ad esempio a Kayseri, è partita una vera “caccia” alle famiglie siriane. Con tanto di auto, case e negozi appartenenti ai siriani dati alle fiamme. Il motivo di questa ondata di scontri anti-migranti, secondo la ricostruzione fatta dalle agenzie turche, è da ricercare nella notizia dell’arresto di un rifugiato siriano per molestie sessuali contro una bimba sua connazionale di sette anni. Il fatto è avvenuto sempre a Kayseri e, subito dopo la scoperta dell’abuso, sui social e per strada la situazione è sfuggita di mano. 

Dall’altra parte del confine, dunque, i siriani hanno reagito scagliandosi contro soldati ma anche civili e funzionari turchi. Erdogan teme adesso l’implosione dei delicati equilibri interni e di quelli legati al Nord della Siria. Sul fronte interno infatti, in tanti stanno accusando il presidente di essere responsabile di un’immigrazione siriana giudicata fuori controllo. In Siria invece, il leader turco teme ora di perdere il controllo delle regioni in cui ha sostenuto l’opposizione.

Non è un caso se le autorità di Ankara hanno reagito arrestando più di 400 persone accusate dei saccheggi e delle violenze contro i rifugiati siriani. Lo stesso Erdogan ha parlato di “odio e xenofobia inaccettabili”: segno della volontà di mostrare, al di là del confine, di aver già punito chi ha commesso violenze contro i migranti.

https://it.insideover.com/guerra/guai-pesanti-per-erdogan-nel-pentolone-siriano.html