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giovedì 10 agosto 2023

I siriani hanno vissuto in patria la loro GMG


Nel santuario mariano di Saidnaya, a circa 30 km a nord di Damasco, “il primo grande evento nazionale giovanile in Siria”. Presenti 1.400 giovani di tutti i riti in comunione con i loro coetanei arrivati a Lisbona per la Gmg con Papa Francesco. Uno dei giovani organizzatori, Nabil Madi, al Sir: “Mi piace pensare a questo nostro evento come una Gmg in terra siriana". Messaggio ai giovani a Lisbona: "Pregate per noi, per la Siria e per la pace nel mondo" 

di Daniele Rocchi

«Invito i giovani della Siria a prendere Gesù come fece Maria e a condurlo da tutti gli uomini affinché siano a loro volta portatori del loro amore. Vi invito anche a perseverare nella vostra fede, nella vostra speranza e nel vostro amore l’uno per l’altro e per il vostro paese, e a non perdere la speranza in un futuro migliore». Con queste parole papa Francesco si è rivolto ai 1.400 giovani siriani che dal 2 e fino al 5 agosto sono riuniti nel santuario mariano di Saidnaya, a circa 30 km a nord di Damasco, per vivere quello che, spiega al Sir uno dei giovani organizzatori, Nabil Madi, «il primo grande evento nazionale giovanile in Siria». E visto che in questi stessi giorni i giovani di tutto il mondo sono riuniti a Lisbona per la Gmg con papa Francesco, «mi piace pensare a questo nostro evento come una Gmg in terra siriana. Ci collegheremo, attraverso i social media, con i nostri fratelli in Lisbona per seguire alcuni degli appuntamenti papali». La scelta di un santuario mariano va proprio incontro al tema della Gmg “Maria si alzò e andò in fretta”.


Lontani ma vicini. La presenza di pellegrini dalla Siria a Lisbona è praticamente impossibile: «La guerra che dura dal 2011, la povertà imperante, gli effetti del terremoto dello scorso febbraio ci impediscono di raggiungere il Portogallo. Ma lo facciamo da questo luogo sacro siriano, dedicato a Maria, che è la protagonista del tema della Gmg di Lisbona».
Lontani ma vicini spiritualmente come scrive papa Francesco nel suo messaggio fatto recapitare già alla metà di luglio, attraverso il nunzio, cardinale Mario Zenari, presente all’apertura di meeting: «Tutta la Chiesa è vicina a voi, pregando con voi. Rivivrete le vostre Chiese, ricostruirete il vostro Paese e ristabilirete pace e tranquillità» si legge nel messaggio del Pontefice ai giovani siriani.


A Saidnaya sono convenuti giovani di tutti i riti presenti in Siria, dai latini ai maroniti, dai caldei agli armeni, fino ai greco cattolici. È stata la Chiesa greco-cattolica a spingere per questo raduno realizzato grazie al sostegno di Aiuto alla Chiesa che soffre. Il programma, racconta Nabil, che insieme ad altri 100 giovani ha preso in carico l’organizzazione pratica del meeting, vede momenti di preghiera, di studio, di dibattito e di svago. Tra gli ospiti docenti universitari, influencer, sacerdoti, cantanti, attori, manager che porteranno la loro testimonianza di vita. Tanti i temi sul tavolo: essere cristiani oggi in Siria, la giustizia, la cura del Creato, la pace, il futuro.  Venerdì, ha avuto luogo la Messa solenne presieduta dal patriarca greco cattolico, Yousef Absi, con tutti i vescovi siriani. Per l’occasione attese nel santuario altre centinaia di giovani.

«Siamo una Chiesa che soffre – conclude Nabil –. Davanti a noi ci sono tante sfide, tra tutte quella di fare qualcosa di buono per il nostro Paese. Siamo un popolo che soffre, ma come giovani vogliamo fare di tutto per restare qui e contribuire, come ci esorta il Papa, alla rinascita della Siria. Ai giovani del mondo che sono a Lisbona, insieme a Papa Francesco, diciamo: pregate per noi, pregate per la Siria, pregate per la pace nel mondo».

https://www.agensir.it/mondo/2023/08/03/dalla-siria-a-lisbona-la-gmg-dei-giovani-siriani-nel-santuario-di-saidnaya/


martedì 8 agosto 2023

Siria: in onore dell'amore alla Siria del cappellano della comunità trappista


 Ci giunge oggi la notizia della tragica morte per incidente in montagna di Dom Godefroy Raguenet de St  Albin (1970-†2023) , attualmente abate della comunità trappista di Acey, che nel 2015 partì per la Siria per essere cappellano delle nostre Sorelle nella piccola comunità di Fons Pacis, vicino a Homs, dove rimase per tre anni.

Pubblichiamo qui una intervista in esclusiva che gli facemmo durante una visita alle Sorelle di Azer , mai pubblicata sul nostro sito nè in altro media, da cui possiamo comprendere quale apertura, con quale visione padre Godefroy avesse abbracciato la realtà del Paese tanto amato.

Che il caro Padre Godefroy accolto oggi nella luce del Signore trasfigurato, ottenga benedizioni a tutti noi e la pace alle comunità cristiane e a tutta la povera Siria!


Intervista a padre Godefroy, Marzo 2017

D: Cosa è oggi la Siria?

R: Terra di combattimento, ma io ne colgo soprattutto l'aspetto spirituale … Qualcuno vuole che questo paese sia frammentato, che la Siria con tutto quello che rappresenta di convivenza e anche di cultura, aveva interesse a sopprimerlo.

Giovanni Paolo II parla del Libano come un patrimonio unico con quella particolarità di pluralità di confessioni, ma penso che dopo la guerra i valori del Libano sono moribondi e adesso è la Siria che è attaccata in questo aspetto.

D: che cos'è un monaco qui, in questa situazione ?

R: è qualcosa di molto semplice e umile.... Io sono arrivato per servire la presenza delle Sorelle. Una vita monastica è sempre un segno, per chi vuole leggere il segno ... Qui è un segno di speranza, di una vita possibile anche nelle circostanze dove sembra che non c'è futuro, che non c'è possibilità di vivere.

Per me è molto importante in questo tempo in cui molti vanno fuori dal Paese di fare il percorso nell'altro senso : che restiamo qui, una semplice presenza.

Come monaci Trappisti non abbiamo nessuna opera, le Sorelle come donne hanno una capacità di maternità, e in modo discreto aiutano gente, ma questa non è la ragione profonda dell'essere qui . E' piuttosto il segno di Colui che ci sostiene, siamo una presenza di preghiera.

Quando sono venuto qui, ho risposto a una richiesta ed ero molto felice di farlo perché come molta gente in Europa soffrivo per la situazione di questo popolo, di tanti anni di sofferenza per la guerra, l'ingiustizia... È vero che la preghiera non ha bisogno.. è capace di raggiungere ogni situazione.. si può pregare a Aiguebelle in Francia ma nello stesso tempo era per me molto importante che questa presenza si incarnasse su questa terra, quindi sono stato felice di raggiungere le Sorelle che erano qui.

Preghiamo anche in arabo - o almeno tentiamo di farlo- questo è qualcosa di importante: l'arabo è una lingua sacra, per la maggioranza dei siriani musulmani è la lingua della liberazione, ma non è una proprietà musulmana. È molto importante per quelli che vengono qui , dall'Italia o dalla Francia, sentire che il nome di Allah è anche il nome che usano i cristiani per pregare, e che usavano cinque secoli prima dei musulmani , fa parte di questo segno di una presenza incarnata, che vuole avvicinarsi alla situazione di questo popolo.

Questo dono che abbiamo di pregare con il gioiello della preghiera, con il Salterio, che è il condensato di tutta la preghiera della storia santa di Israele e sono tutti i gridi dell'umanità che risuonano in questi salmi: gridi di sofferenza, di violenza, di desiderio di vendetta, e gridi di gioia e di speranza, è tutta questa pasta umana che si mette dinanzi a Dio con queste parole, che sono parole che riceviamo come parole rivelate.

Offrire questa umanità , nel modo semplice della preghiera salmica, non è niente ed è insieme tutto, come un contadino nel lavoro semplice dei campi, anche se come monache e monaci non vediamo i frutti di questo seminare. Veramente siamo costretti a raggiungere il cuore della fede, che si nutre di ciò che non si vede , ma la nostra fede è l'unirsi al cuore dell'amore divino, è l'opera fondamentale che permette all'umanità di prendere un cammino di umanità piuttosto che il cammino della barbarie . Questa scelta oggi, proprio in questa guerra : non siamo qui per scegliere un lato o l'altro, partigiani del governo o dei jihadisti, o di una riforma , ma per fare una scelta di umanità, affermare questa capacità dell'uomo di rispondere all'amore, di scegliere la convivenza piuttosto che l'odio e la violenza.Pur senza vedere. Gli ospiti che vengono qui, la gente del villaggio , con una riflessione o senza riflessione, toccano questo segno che è il rimanere su questa terra, attraverso un niente che fa segno.

D. Come trascorre le sue giornate in questo minuscolo pezzo di terra siriana?

R: Siccome le mie capacità linguistiche sono molto limitate, dall'inizio ho preparato un piccolo giardino che era un segno di gratuità, e anche di rispetto e di onore per questa terra: se viene perduto questo legame con la terra non vi è ragione di rimanere.

Certo è una situazione particolare, ma c'è una grazia per questa situazione, a cui non sono sicuro di corrispondere pienamente .

Ho risposto di sì con tutto il cuore veramente, e con la generosità della mia comunità, io pensavo di portare qualche cosa, ma invece scopro che ho ricevuto tanto e sto ricevendo tanto.

Non conoscevo la Siria e non avevo capito quanta ricchezza, che questo è il primo luogo, la culla della Chiesa,, stiamo scoprendo questa ricchezza immensa di tradizione, e anche di radici monastiche , c'è un volto originale siriano del monachesimo dal quale abbiamo ricevuto - attraverso Cassiano e via via tutti i monaci, come Isacco di Ninive, sant'Efrem e altri che conosciamo meno come Giovanni di Apamea - , insomma qui c'è un tesoro spirituale , beviamo alla stessa sorgente .

Questo è bellissimo ed è molto importante per le relazioni con altre esperienze come alcuni monasteri ortodossi che ho visitato soprattutto nel Libano. L'accoglienza è sempre un momento stupendo di fraternità e di apertura, poi emergono presto tutte le cause di divisione, il sacco di Costantinopoli è presente ancora oggi nelle memorie ferite , ma essere capaci di dire che abbiamo gli stessi padri della vita monastica e che apprezziamo molto queste radici è importante. La vita monastica è veramente un ponte, è un'opportunità, una porta aperta, ma c'è tanto lavoro da fare, ed è una sofferenza vedere in questa guerra quanti passi ci sono da fare perché anche per i cristiani il restare qui sia assai più che una coabitazione .

 Io non ho l'esperienza di Aleppo, ma so che là si è maturato, nella loro diversità , in una situazione di minoranza, una possibilità di unità tra le varie chiese.

Ogni giorno è un cammino di arricchimento, di apertura , pur dentro l'ostacolo della lingua ogni incontro è un modo di arricchirsi mutuamente.

Ho l'occasione ogni volta di ringraziare nel vedere il cammino che fanno queste persone dentro la sofferenza che patiscono , ricevo testimonianze bellissime di una crescita spirituale e umana: l'ho toccato soprattutto nei cristiani, ma veramente lo si scopre anche nei musulmani. Se guardiamo per esempio al modo di lavorare qui nel cantiere , nei musulmani, sunniti e alauiti, c'è una rettitudine che è veramente colpisce... 

Ciò di cui ora i siriani hanno più bisogno non è di container, ma di fratelli, di una vicinanza, una fratellanza manifestata, di sapere che non sono da soli . 

Perché per i cristiani è terribile accorgersi che per la politica internazionale non esistono, invece c'è una sete di relazione, di un'apertura, di una vicinanza. Anche nei musulmani... quando vado a fare un giro a piedi nel villaggio sunnita qui sotto la collina dove sorge il Monastero, c'è una manifestazione di interesse, sono felici di vedere un monaco straniero .

L'aspetto materiale del bisogno non è tutto, e rischia di far dimenticare l'essenziale .

Mi ha colpito quell'organizzazione francese SOS Chretiens d'Orient : la prima cosa che hanno fatto è stato di venire a vivere il Natale , questo è un gesto che tocca molto , forse più che 10 container : è importante anche aiutare, ma prima viene lo stare. È una immensa sfida, e lo sarà anche per la Chiesa , con una dimensione oggi molto più ridotta come sarà capace di avere questo ruolo così importante ? , come minoranza si, ma una minoranza che è stata indispensabile per una convivenza tra le altre religioni e i musulmani stessi.

venerdì 4 agosto 2023

3 anni dalla tragica strage al porto di Beirut

 di Camille Eid 

Giustizia negata per le vittime del porto di Beirut. Nel terzo anniversario della doppia esplosione che, il 4 agosto 2020, ha devastato un terzo della loro capitale, i libanesi rimangono in attesa di una verità che molti sembrano non volere. Domani a Beirut ci sarà un raduno popolare organizzato dai comitati dei parenti delle vittime per ricordare le 246 persone uccise in quella che è stata classificata tra le dieci più potenti deflagrazioni non nucleari della storia. Nell'esplosione ci sono stati più di 6.500 feriti, molti dei quali menomati a vita, mentre 330mila persone hanno dovuto abbandonare temporaneamente le loro abitazioni.

In una dichiarazione comune rilasciata martedì, 15 ambasciatori di stanza a Beirut hanno esortato le autorità libanesi ad accelerare l'inchiesta, esprimendo la loro preoccupazione circa «l'ostruzione permanente» della verità. Ma diventa sempre più chiaro, a distanza di tre anni, che l 'inchiesta locale condotta dal giudice Tareq Bitar rimarrà ostacolata da oltre 25 richieste di ricusazione presentate da ex ministri e deputati libanesi. Questi ultimi sarebbero stati, secondo il giudice, al corrente dello stoccaggio illegale, per sette anni e senza precauzioni, di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio in un hangar del porto, situato a poche centinaia di metri dal centro cittadino. Anzi, l'oligarchia politica al potere diventa sempre più determinata a insabbiare per sempre la verità.

Lo scorso gennaio, quando Bitar ha cercato attraverso un'interpretazione giuridica di aggirare gli ostacoli frapposti alla sua inchiesta per convocare alti esponenti delle sicurezza e della pubblica amministrazione, il procuratore generale – lui stesso tra gli indagati – ha accusato il giudice di «usurpazione di potere» ordinando il rilascio immediato di tutte e 17 le persone arrestate in relazione all'inchiesta. I palazzi di Gemmayze e di Mar Mikhail (San Michele), tra i quartieri maggiormente devastati dall'esplosione, sono stati per lo più restaurati grazie a delle iniziative private e all'impegno profuso da tante Ong, locali e non. Lavori di più vasto respiro sono stati invece necessari per i palazzi storici, come è avvenuto per il Museo Sursock, riaperto lo scorso maggio grazie a fondi dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e di altri enti statali.

Nella zona salta agli occhi la proliferazione delle gallerie d'arte nei tradizionali palazzi ad arco triplo. In un Paese piegato dalla crisi economica e dall'inflazione, numerosi libanesi si danno da fare per impedire che l'arte e la cultura possano diventare degli “optional”. Rania Hammoud, proprietaria di Art Scene, dice che la gente ha tanta voglia di vivere nonostante le attuali difficoltà e guarda alla cultura come a una forma di resilienza. Motivo per il quale lei ha deciso di riservare uno spazio della sua galleria alla consultazione gratuita di libri d'arte. «Mi hanno dato del matto quando ho deciso, alcuni mesi fa, di aprire questa galleria», dice il suo collega Charbel Lahoud, proprietario di Chaos Art. Grazie a iniziative di questo tipo, afferma, «Beirut non morirà mai».

«Molti comprano i quadri come forma sicura di investimento data la sfiducia nei confronti delle banche libanesi». Insieme alla Banca centrale, il cartello delle banche è percepito dai libanesi come il responsabile della peggiore crisi economica nella storia del Paese a causa delle restrizioni imposte dall'ottobre 2019 ai prelievi in dollari. Tre giorni fa è terminata la lunga era Riad Salame alla guida della Banca centrale, dopo 30 anni ininterrotti. Si temeva che l'uscita di scena di Salame, senza la designazione di un successore, portasse a un'ulteriore svalutazione della lira libanese nei confronti del dollaro, specie dopo che i suoi quattro vice avevano minacciato in un primo momento le dimissioni. Rischio schivato, almeno per ora, ma si vedrà se il cambio si manterrà agli attuali livelli una volta che i numerosi espatriati libanesi venuti a trascorrere la stagione estiva in Libano saranno ripartiti.

La carica vacante di governatore si aggiunge a quella di presidente della Repubblica, vacante da fine ottobre, con i deputati libanesi che sono stati incapaci in oltre nove mesi di eleggere un successore di Michel Aoun a causa dei veti incrociati dei partiti.

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la-strage-al-porto-di-beirut-il-libano-resta-senza

Il vuoto presidenziale in Libano si prolungherà fino all'autunno

The Cradle 

Il vuoto presidenziale del Libano durato mesi dovrebbe estendersi fino a settembre, quando l'inviato presidenziale francese, Jean-Yves Le Drian, tornerà nel Paese dopo aver trascorso due giorni (25-27 luglio) in colloqui con diverse personalità politiche libanesi. 

"Vi lascerò per le mie vacanze estive prima di sistemare i miei affari e tornare il prossimo settembre, con una proposta relativa al dialogo... per raggiungere un'intesa su... il prossimo presidente", ha detto al quotidiano Al-Akhbar citando l'inviato presidenziale .  Tuttavia, poiché non vi è ancora consenso su un singolo candidato, "non ci sarà nessun presidente" in Libano "fino all'autunno", ha affermato Asharq al-Awsat, una persona "chiave" coinvolta nella visita di Le Drian . 

Durante il suo viaggio, il 27 luglio Le Drian ha incontrato una serie di personalità politiche libanesi, tra cui il capo del blocco parlamentare Lealtà alla Resistenza, il deputato di Hezbollah Mohammed Raad . Quel giorno, ha anche tenuto il suo secondo incontro con il presidente del parlamento e leader del movimento Amal Nabih Berri , dopo averlo incontrato il giorno del suo arrivo.  Dopo l'incontro, Berri avrebbe affermato che "è stato aperto uno spiraglio nel fascicolo presidenziale". 

Il giorno prima, l'inviato ha incontrato il capo del Movimento patriottico libero del Libano (FPM), Gebran Bassil, il capo del partito delle Forze libanesi (LF), Samir Geagea, e il leader di Marada Suleiman Franjieh, che è il candidato di Hezbollah per la presidenza. 

"L'incontro con Le Drian è stato positivo... non abbiamo presentato nuovi nomi ad eccezione del nostro candidato annunciato", avrebbe detto Geagea ad Al-Akhbar , riferendosi a Jihad Azour , il funzionario del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che è stato ufficialmente nominato il mese scorso dai partiti LF, FPM e Kataeb, come candidato “non provocatorio” alla presidenza libanese.  All'epoca, Raad si riferiva ad Azour come a un "rappresentante di sottomissione, acquiescenza e resa".

Non sono stati proposti nuovi nomi e le parti coinvolte continuano a sostenere con fermezza i rispettivi candidati.  "Passare alle sessioni elettorali non cambierà il risultato fintanto che ogni partito aderisce alla propria posizione", ha scritto Al-Akhbar . 

All'inizio di luglio, il "gruppo libanese delle cinque nazioni" - composto da Francia, Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti ed Egitto - ha annunciato la possibilità di imporre sanzioni a qualsiasi politico o gruppo che ostacoli il quorum nelle sessioni parlamentari per eleggere il presidente . "Abbiamo discusso diverse opzioni, inclusa l'adozione di misure contro coloro che ostacolano i progressi in questo settore", hanno affermato le cinque nazioni in una dichiarazione congiunta . 

A causa della mancanza di consenso e della ripetuta mancanza di quorum parlamentare, 12 sessioni parlamentari non sono riuscite a eleggere un presidente per il Libano. 

Il paese è nel vuoto dalla fine della presidenza di Michel Aoun a fine di ottobre dello scorso anno. 

https://new.thecradle.co/articles/lebanon-presidential-vacuum-to-extend-into-fall?s=09

martedì 1 agosto 2023

Incendi in Siria usati come arma di guerra

di Steven Sahiounie

Gli incendi sono scoppiati il ​​25 luglio nella provincia di Latakia, nel nord-ovest della Siria, e stanno ancora bruciando tra i nuovi incendi in corso. Gli incendi si sono propagati rapidamente a causa di un improvviso vento insolito che si è alzato. L'intero paese, e l'adiacente regione mediterranea, è in un'ondata di caldo che pone le basi per un incendio così devastante che brucia raccolti, foreste e case. Tuttavia, questo non è stato un incendio casuale, ma è stato un atto di terrorismo.

Il generale Jalal Dawoud, capo dei vigili del fuoco di Latakia, afferma che l'incendio è stato provocato dall'uomo. Ciò è stato determinato perché l'origine dell'incendio non era in un luogo, ma è stato avviato in aree sparse tutte contemporaneamente nelle ore diurne.

Dopo che le forze di sicurezza hanno avviato le indagini, si è scoperto che gli incendi erano stati appiccati da droni provenienti da Idlib, sotto l'occupazione di Hayat Tahrir al-Sham, ex Jibhat al-Nusra, l'affiliata di Al Qaeda in Siria.


La Turchia occupa illegalmente Idlib mentre protegge i terroristi sotto il comando di Mohammed Jolani, ex alleato di Abu Baker Al Baghdadi, il capo dell'ISIS ucciso a Idlib dal presidente Trump.


I terroristi hanno attaccato i vigili del fuoco e i veicoli. Bassem Bakar, un conducente di una cisterna d'acqua, è stato ucciso quando i terroristi hanno preso di mira il suo veicolo vicino a Deir Hanna e Rabiah. Altri due uomini con lui sono rimasti feriti.

La Turchia è ben nota per la produzione di droni e recentemente ha venduto droni all'Ucraina.

Il 25 luglio, un veicolo dei vigili del fuoco ha calpestato una mina precedentemente piantata sul monte Zgharo, vicino alla città di Maskita, ma senza feriti. Questa zona è stata occupata dai terroristi ora situati a Idlib durante il periodo 2015 prima che fossero evacuati a est verso Idlib.

Il sindaco di Latakia, Amer Hallal, ha detto che i vigili del fuoco provenienti da molte aree sono venuti per spegnere gli incendi e un aereo cisterna russo è arrivato per combattere gli incendi. I civili sono stati evacuati da case e fattorie e portati in un'area sicura dove hanno ricevuto aiuti umanitari.

L'incendio è divampato a Rabiah, che si trova su una strada che collega direttamente a Idlib. Altre aree in fiamme sono Ghamam, Sarsekiah, Ein Zarkha, Deir Hanna, Jib Alahmar, Sed Bradoon e Jebal al Zahra.

Un giovane soldato che si è offerto volontario per combattere gli incendi, Mounif Sebry Hassoun, è morto mentre combatteva il fuoco a causa del soffocamento a Meshkita. Viene dal villaggio di Wadi Khelah, nel sobborgo di Jeblah.


Il governo siriano, la Mezzaluna Rossa siriana, sta coordinando gli sforzi per spegnere gli incendi e assistere i bisogni umanitari dei civili colpiti. I ristoranti locali hanno donato pasti ai vigili del fuoco. L'Esercito arabo siriano (SAA) e la Mezzaluna rossa siriana stanno spegnendo gli incendi a Rabiah, che è la linea del fronte contro i terroristi a Idlib.


La politica estera degli Stati Uniti e dell'UE ha mantenuto lo status quo a Idlib. 3 milioni di civili sono trattenuti come scudi umani da Hayat Tahrir al-Sham. La Turchia impedisce al SAA e all'esercito russo di liberare i civili tenuti in ostaggio in una partita internazionale di scacchi giocata dall'America.


Organizzazioni umanitarie internazionali, come le Nazioni Unite, Medici Senza Frontiere, Save the Children e altri consegnano tutti gli aiuti umanitari ai civili, mentre Jolani e i suoi terroristi ricevono tutti gli aiuti e li distribuiscono prima ai loro compari, e vendono tutto ciò che accumulano in un enorme centro commerciale costruito da Jolani e soci.


Idlib è una provincia agricola con agricoltori e miliziani che vendono olive e olio d'oliva alle imprese turche.


I droni possono essere utilizzati per scopi umanitari, ad esempio consegnare medicinali a un villaggio remoto. Tuttavia, i droni possono anche fornire un carico mortale in una guerra o in un attacco, e ora in Siria vengono utilizzati per appiccare incendi nella calura estiva tra venti secchi che diffondono incendi mortali.


Il mondo ha risposto al massiccio terremoto di magnitudo 7.8 del 6 febbraio in Siria e Turchia. Gli aiuti umanitari sono arrivati ​​principalmente dai paesi arabi, con gli Stati Uniti che hanno boicottato tutti gli aiuti alla Siria, con la sola eccezione di Idlib e dei terroristi occupanti.

Gli aiuti per il terremoto sono cessati da tempo e, sebbene molti amici della Siria abbiano chiesto agli Stati Uniti e all'UE di revocare le sanzioni che impediscono la ricostruzione e la ripresa in Siria da anni di guerra e dal terremoto, non vi è stata ancora alcuna mossa per revocare le sanzioni .


Di recente, è stato svelato un elenco delle nazioni più povere del mondo, con la Siria in testa alla classifica, insieme allo Yemen e all'Afghanistan. 12 anni di conflitto armato, la pandemia di COVID-19, il terremoto 7.8 del secolo e ora gli incendi provocati dai terroristi sostenuti dagli Stati Uniti e dalla NATO.  

Jolani e i suoi terroristi sostenuti dagli Stati Uniti non hanno linee rosse che non possono oltrepassare. Sono criminali senza cuore che controllano il nord-ovest della Siria che vive nella paura della loro prossima mossa.


https://www.mideastdiscourse.com/2023/07/30/wildfires-in-syria-used-as-a-weapon-of-war/

venerdì 28 luglio 2023

Siria : la necessaria battaglia contro il 'daechismo' del dollaro USA


L'anno 2023 è un vero disastro per la sterlina siriana.

Una situazione senza precedenti in questa “terra generosa dei suoi benefici” [balad al-kheyrate; come dicono i siriani]. 

Per alcuni, è dovuto principalmente alla serie di sanzioni occidentali sempre più severe contro i siriani dell'interno per dissociarli dai loro leader. Per altri, una parte non trascurabile di questa situazione catastrofica è dovuta alle strutture interne dell'amministrazione economica che non consentono di trasformare le suddette sanzioni in opportunità. 

I primi ricordano che, qualunque sia il Paese, perché ci sia un sistema economico efficiente e una moneta forte nei confronti delle valute estere, ci deve essere produzione, esportazione e importazione. Pertanto, dovrebbe esserci libertà di movimento in tutta la Siria, senza i molteplici ostacoli creati da terroristi, separatisti e occupanti stranieri. Dovrebbero esserci anche transazioni bancarie libere con i paesi esportatori e importatori. Senza questo, le critiche mosse all'amministrazione economica sono ingiuste. Quanto a questi ultimi, ritengono che lo Stato siriano abbia i mezzi per superare questa catastrofe e che basterebbe cambiare la mentalità dei decisori in materia di economia. 

Per Naram Sarjoun questa situazione è un pugnale piantato nel cuore dei siriani, un pugnale avvelenato che dovrà essere sradicato a tutti i costi.

Mouna Alno-Nakhal

Dal blog di Naram Sarjoun, tradotto dall'arabo da Mouna Alno-Nakhal per Mondialisation.ca 

Anche se so che questo articolo sarà un'arma nelle mani dei miei nemici come il pugnale avvelenato con cui quei ladri mi hanno trafitto il cuore, lo scrivo comunque per rivolgerlo contro di loro. Il mio cuore saprà che non ho tradito, ma piuttosto che so quando e come tirarlo fuori per usarlo e combatterli con una forza ancora maggiore che mai. 

Non è mia abitudine scrivere ciò che piace ai nostri nemici, ma piuttosto ciò che piace a noi e che loro odiano. Ma oggi, ciò che odieranno di più è che smettiamo di pregare come quelli che gridano per la pioggia e ci mettiamo al lavoro per combattere l'aumento del dollaro USA e il suo terrorismo Daeshista. Perché quello che stiamo vivendo attualmente è un attacco del dollaro alla maniera di Daesh, mentre noi difendiamo la sterlina siriana, l'economia, la vita dei cittadini e l'etica pregando come i dervisci e i sufi. 

La guerra non è finita e rimane al suo apice. E poiché lo scopo di questa guerra condotta contro di noi è quello di costringere la nostra società a cambiare profondamente i suoi orientamenti, i suoi equilibri e persino i suoi geni culturali, qualsiasi movimento popolare è considerato una vittoria o una sconfitta a seconda delle sue esigenze e della sua importanza. 

Sì, la guerra continua, ma come in un film muto le cui voci sono ovattate, mentre le sue terribili conseguenze e le sue bombe economiche continuano a seminare desolazione e morte, le sue vittime sono molto più numerose di quanto si creda. 

Ora, mentre è onorevole perdere una guerra nonostante i feroci combattimenti, è orribile perderla senza combattere. E le sconfitte più amare sono quelle che costano poco al nemico e che perdiamo perché non siamo stati bravi nonostante la nostra determinazione a combatterle. Ecco perché sarebbe impietoso se dopo aver vinto la quasi universale guerra militare intrapresa contro il nostro Paese, ci trovassimo perdenti a causa della cattiva gestione dell'economia, dei servizi, dei media e della crisi del dopoguerra. 

In effetti, la situazione economica si sta deteriorando e sembra essere l'arma più letale. Uccide le persone proprio come uccide la loro pazienza e resilienza. Sono assolutamente convinto che questo sia un piano americano molto intelligente e terribilmente pericoloso. Ma possiamo separare l'americano dal non americano? 

La risposta è no, poiché gli americani e gli europei sono responsabili delle sofferenze di questo martoriato Levante dalla Nakba (1948), fino alla Naksa (1967) e alla cosiddetta Primavera Araba (2011). Ma quali sono le nostre responsabilità? Siamo senza errori?

È chiaro che di fronte alla potente forza militare americana, non ci si aspettava che potessimo resistere e che i nostri combattenti patriottici ed eroici potessero infliggere una sconfitta alla formidabile tecnologia americana, che ha iniettato ogni tipo di munizioni, informazioni, comunicazioni e strumenti di spionaggio a beneficio degli ufficiali dell'intelligence e di migliaia di attentatori suicidi entrati nel Paese. Ma l'America ha fallito militarmente nonostante la sua superiorità bellicosa e tecnologica, perché abbiamo usato le nostre carte militari in modo intelligente con pazienza e fiducia, e anche perché abbiamo scelto le giuste alleanze.

Eppure oggi ci troviamo nella stessa situazione: un violento attacco colpisce l'economia e la sterlina siriana. Colpisce quindi il pane, i combustibili e tutti i mezzi di sussistenza. Il dollaro sta attaccando la lira siriana, mentre i maneggiatori di denaro daechisti stanno attaccando tutte le nostre risorse e uccidendo la lira su ordine franco e diretto degli Stati Uniti. 

Un attacco violento si è aggiunto alla violenza delle sanzioni e delle varie "leggi di blocco", che sono simili a molte delle bozze di risoluzione presentate al Consiglio di Sicurezza per assediarci per secoli ai sensi del Capitolo VII. Ma, finora, l'esercito economico nazionale non è riuscito a gestire questa battaglia. 

Di fronte a questa constatazione, non si tratta di portare l'arma della divisione e del sospetto contro i nostri partner in patria, muovendo accuse di tradimento o negligenza contro chiunque. Dobbiamo ammettere che la squadra di governo sta fallendo e non è qualificata per questa fase di "guerra economica". Deve riconoscere che ha provato ma ha fallito e che è ora di lasciare questo difficile compito a un team più competente. 

Tale squadra dovrà saper cogliere il confronto economico e mediatico ripristinando i servizi dovuti ai cittadini, nonostante le pressioni americane. E questo, per permettere all'esercito e alla leadership politica di entrare nel confronto sapendo di poter contare su un'economia più solida, come fece Putin quando si preparò alla battaglia dell'Ucraina con una delle squadre economiche più intelligenti e abili del campo. 

Disponiamo di forze competenti che portano idee e iniziative. Queste persone devono essere coinvolte e noi dobbiamo portarle in primo piano. Del resto la nostra situazione economica non è poi così diversa dalla nostra situazione militare quando città, paesi e piazze crollavano sotto gli attacchi del terrorismo... 

Rimango convinto che ciò che stanno attraversando i siriani non farà che rafforzare questo approccio dettato dalla ragione e che questa determinazione a spezzare il Levante a tutti i costi abbia radici profondamente sepolte in un lontano passato. Ma il Levante non è stato spezzato. E' rimasto il Levante e in particolare a Damasco. 

Pertanto, dobbiamo dimostrare che il Levante è nostro e che i suoi fattori di forza sono nella persona levantina quando combatte, pensa, crede, si ribella, legge, scrive e decide che non sarà sconfitto qualunque sia il prezzo che dovrà pagare . 

Naram Sarjoun22/07/2023

mercoledì 19 luglio 2023

La Siria respinge come ipocrita il progetto di risoluzione NU “Situazione dei diritti umani in Siria” e chiede piuttosto la fine delle illegali sanzioni


Pubblichiamo questo testo relativo al tema sanzioni che ci sta particolarmente a cuore, nell'ambito degli interrogativi su ciò che si sta muovendo nell'area siriana, ad opera di soggetti avversari, che desta inquietudine sul destino del caro Paese martoriato.

Questa notte, alle 00,25 del 19 luglio, Israele ha effettuato un attacco missilistico a partire dal Golan occupato, colpendo alcune zone della capitale Damasco.

Il sito The Cradle riporta la notizia che gli USA dispiegheranno 2.500 soldati in Siria e che il Pentagono ha inviato ulteriori aerei da combattimento nel Golfo Persico; in particolare sono giunti altri sistemi HIMARS nel giacimento petrolifero occupato nel governatorato siriano di Deir Ezzor e nel nord-est della Siria.

Da fonte israeliana: si parla di intenzione americana di attuare un attacco al corridoio Tehran-Beirut.

Il governo siriano ha espresso il proprio disappunto per la visita effettuata da rappresentanti del governo francese in zone occupate dalle milizie 'ribelli' nel governatorato di Idlib, e per il documentario della BBC realizzato intervistando miliziani membri di Hayat Tahrir Al Sham (HTS) in Idlib , con lo scopo presunto di facilitare un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Siria.

Il tutto nel contesto delle SANZIONI che continuano a colpire il popolo siriano impedendo la ripresa della vita economica e sociale e causando la più grande crisi umanitaria mai registrata all'inizio della guerra. Si aggiunge, con l'attuale calura, il criminale taglio dell'acqua potabile agli abitanti della provincia di Hassakè da parte dei miliziani turchi e dei separatisti...  

Lo documenta il rapporto stilato dall'Assemblea del Popolo Siriano pubblicato sul sito ufficiale SANA e tradotto da Marinella Correggia.

L'Assemblea del popolo: il rapporto del Parlamento Europeo sull'impatto delle misure coercitive sulla Siria è una deformazione della realtà e dei fatti

Damasco -Sana/ L'Assemblea del popolo siriano ha dichiarato che l'approccio del Parlamento europeo alla situazione in Siria continua purtroppo a essere lontano da una posizione neutrale e indipendente dalle posizioni di alcuni governi europei. È emerso chiaramente nel rapporto pubblicato lo scorso giugno circa l'impatto delle misure coercitive sulla situazione umanitaria in Siria.

In una sua dichiarazione in risposta al rapporto europeo, l'Assemblea del popolo ha spiegato che il suddetto rapporto contiene informazioni inesatte e distorce la realtà e i fatti in modo da giustificare le politiche di alcuni governi occidentali. Politiche che sono dannose per gli interessi del popolo siriano.  In particolare l'imposizione di misure coercitive ha effetti disastrosi su vari settori vitali in Siria, come l'istruzione, la salute, l'acqua e i trasporti. Si tratta inoltre di misure che violano il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite.

L'Assemblea ha sottolineato che le cosiddette "esenzioni ed eccezioni a queste misure coercitive per scopi umanitari", a cui fa riferimento il rapporto, sono solo sulla carta e non hanno avuto alcun effetto sul campo. Anche le cosiddette eccezioni umanitarie per un periodo di sei mesi, concesse dopo il terremoto, non sono state attuate e non c'è stata alcuna possibilità di beneficiarne, nemmeno da parte delle organizzazioni umanitarie che operano in Siria nonché dei paesi che desiderano aiutare a rispondere alle ripercussioni del terremoto.

L'Assemblea ha invitato il Parlamento europeo ad adottare un nuovo approccio in linea con il diritto internazionale e con considerazioni davvero umanitarie, abbandonando finalmente l'approccio dei governi di alcuni paesi europei. Il Parlamento europeo dovrebbe fare pressione sull'Unione Europea affinché revochi immediatamente e senza condizioni politiche ogni forma di misura coercitiva imposta al popolo siriano, in particolare quelle che colpiscono direttamente il settore energetico, il finanziamento della fornitura di prodotti di base, i settori della sanità, dell'istruzione e dei trasporti, nonché i settori produttivi che offrono opportunità di lavoro alla popolazione della Siria.

L'Assemblea ha sottolineato la necessità di esercitare pressioni sull'Unione Europea affinché sostenga gli sforzi per attuare progetti di recupero e ricostruzione in Siria, data l'importanza di questi interventi per garantire la sostenibilità degli aiuti umanitari e dei soccorsi forniti ai siriani.

L'Assemblea ha ritenuto inaccettabile che il Parlamento Europeo abbia ignorato i numerosi rapporti secondo cui alcuni aiuti europei sarebbero andati a gruppi armati classificati come "terroristi" dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

L'Assemblea ha affermato che se il Parlamento Europeo vuole essere obiettivo e imparziale nel suo approccio umanitario, deve adottare una posizione chiara che condanni e respinga il furto di risorse energetiche e agricole da parte delle forze di occupazione statunitensi presenti illegalmente sul territorio siriano.

Ha ricordato che il Parlamento Europeo ha la responsabilità di fare pressione sull'Unione Europea affinché smetta di manipolare la questione umanitaria utilizzandola come strumento per raggiungere gli obiettivi politici di alcuni paesi membri, sottolineando che la continuazione dell'embargo economico imposto al popolo siriano è un crimine di punizione collettiva vietato a livello internazionale, un crimine i cui responsabili vanno perseguiti e puniti.

https://sana.sy/fr/?p=302440