Ci giunge oggi la notizia della tragica morte per incidente in montagna di Dom Godefroy Raguenet de St Albin (1970-†2023) , attualmente abate della comunità trappista di Acey, che nel 2015 partì per la Siria per essere cappellano delle nostre Sorelle nella piccola comunità di Fons Pacis, vicino a Homs, dove rimase per tre anni.
Pubblichiamo qui una intervista in esclusiva che gli facemmo durante una visita alle Sorelle di Azer , mai pubblicata sul nostro sito nè in altro media, da cui possiamo comprendere quale apertura, con quale visione padre Godefroy avesse abbracciato la realtà del Paese tanto amato.
Che il caro Padre Godefroy accolto oggi nella luce del Signore trasfigurato, ottenga benedizioni a tutti noi e la pace alle comunità cristiane e a tutta la povera Siria!
Intervista a padre
Godefroy, Marzo 2017
D: Cosa è oggi la Siria?
R: Terra di
combattimento, ma io ne colgo soprattutto l'aspetto spirituale …
Qualcuno vuole che questo paese sia frammentato, che la Siria con
tutto quello che rappresenta di convivenza e anche di cultura, aveva
interesse a sopprimerlo.
Giovanni Paolo II parla
del Libano come un patrimonio unico con quella particolarità di
pluralità di confessioni, ma penso che dopo la guerra i valori del Libano sono
moribondi e adesso è la Siria che è attaccata in questo aspetto.
D: che cos'è un monaco
qui, in questa situazione ?
R: è qualcosa di molto
semplice e umile.... Io sono arrivato per servire la presenza delle
Sorelle. Una vita monastica è sempre un segno, per chi vuole leggere
il segno ... Qui è un segno di speranza, di una vita possibile anche
nelle circostanze dove sembra che non c'è futuro, che non c'è
possibilità di vivere.
Per me è molto importante
in questo tempo in cui molti vanno fuori dal Paese di fare il
percorso nell'altro senso : che restiamo qui, una semplice presenza.
Come monaci Trappisti non
abbiamo nessuna opera, le Sorelle come donne hanno una capacità di
maternità, e in modo discreto aiutano gente, ma questa non è la
ragione profonda dell'essere qui . E' piuttosto il segno di Colui che
ci sostiene, siamo una presenza di preghiera.
Quando sono venuto qui, ho
risposto a una richiesta ed ero molto felice di farlo perché come
molta gente in Europa soffrivo per la situazione di questo popolo, di
tanti anni di sofferenza per la guerra, l'ingiustizia... È vero che
la preghiera non ha bisogno.. è capace di raggiungere ogni
situazione.. si può pregare a Aiguebelle in Francia ma nello stesso
tempo era per me molto importante che questa presenza si incarnasse
su questa terra, quindi sono stato felice di raggiungere le Sorelle
che erano qui.
Preghiamo anche in arabo -
o almeno tentiamo di farlo- questo è qualcosa di importante: l'arabo
è una lingua sacra, per la maggioranza dei siriani musulmani è la
lingua della liberazione, ma non è una proprietà musulmana. È
molto importante per quelli che vengono qui , dall'Italia o dalla
Francia, sentire che il nome di Allah è anche il nome che usano i
cristiani per pregare, e che usavano cinque secoli prima dei
musulmani , fa parte di questo segno di una presenza incarnata, che
vuole avvicinarsi alla situazione di questo popolo.
Questo dono che abbiamo di
pregare con il gioiello della preghiera, con il Salterio, che è il
condensato di tutta la preghiera della storia santa di Israele e sono
tutti i gridi dell'umanità che risuonano in questi salmi: gridi di
sofferenza, di violenza, di desiderio di vendetta, e gridi di gioia e
di speranza, è tutta questa pasta umana che si mette dinanzi a Dio
con queste parole, che sono parole che riceviamo come parole
rivelate.
Offrire questa umanità ,
nel modo semplice della preghiera salmica, non è niente ed è
insieme tutto, come un contadino nel lavoro semplice dei campi, anche
se come monache e monaci non vediamo i frutti di questo seminare.
Veramente siamo costretti a raggiungere il cuore della fede, che si
nutre di ciò che non si vede , ma la nostra fede è l'unirsi al
cuore dell'amore divino, è l'opera fondamentale che permette
all'umanità di prendere un cammino di umanità piuttosto che il
cammino della barbarie . Questa scelta oggi, proprio in questa
guerra : non siamo qui per scegliere un lato o l'altro, partigiani
del governo o dei jihadisti, o di una riforma , ma per fare una
scelta di umanità, affermare questa capacità dell'uomo di
rispondere all'amore, di scegliere la convivenza piuttosto che l'odio
e la violenza.Pur senza vedere. Gli ospiti che vengono qui, la
gente del villaggio , con una riflessione o senza riflessione,
toccano questo segno che è il rimanere su questa terra, attraverso
un niente che fa segno.
D. Come trascorre le sue
giornate in questo minuscolo pezzo di terra siriana?
R: Siccome le mie capacità
linguistiche sono molto limitate, dall'inizio ho preparato un
piccolo giardino che era un segno di gratuità, e anche di rispetto e
di onore per questa terra: se viene perduto questo legame con la
terra non vi è ragione di rimanere.
Certo è una situazione
particolare, ma c'è una grazia per questa situazione, a cui non sono
sicuro di corrispondere pienamente .
Ho risposto di sì con
tutto il cuore veramente, e con la generosità della mia comunità,
io pensavo di portare qualche cosa, ma invece scopro che ho ricevuto
tanto e sto ricevendo tanto.
Non conoscevo la Siria e
non avevo capito quanta ricchezza, che questo è il primo luogo, la
culla della Chiesa,, stiamo scoprendo questa ricchezza immensa di
tradizione, e anche di radici monastiche , c'è un volto originale
siriano del monachesimo dal quale abbiamo ricevuto - attraverso
Cassiano e via via tutti i monaci, come Isacco di Ninive, sant'Efrem
e altri che conosciamo meno come Giovanni di Apamea - , insomma qui
c'è un tesoro spirituale , beviamo alla stessa sorgente .
Questo è bellissimo ed è
molto importante per le relazioni con altre esperienze come alcuni
monasteri ortodossi che ho visitato soprattutto nel Libano.
L'accoglienza è sempre un momento stupendo di fraternità e di
apertura, poi emergono presto tutte le cause di divisione, il sacco
di Costantinopoli è presente ancora oggi nelle memorie ferite , ma
essere capaci di dire che abbiamo gli stessi padri della vita
monastica e che apprezziamo molto queste radici è importante. La
vita monastica è veramente un ponte, è un'opportunità, una porta
aperta, ma c'è tanto lavoro da fare, ed è una sofferenza vedere in
questa guerra quanti passi ci sono da fare perché anche per i
cristiani il restare qui sia assai più che una coabitazione .
Io non ho l'esperienza di
Aleppo, ma so che là si è maturato, nella loro diversità , in una
situazione di minoranza, una possibilità di unità tra le varie
chiese.
Ogni giorno è un cammino
di arricchimento, di apertura , pur dentro l'ostacolo della lingua
ogni incontro è un modo di arricchirsi mutuamente.
Ho l'occasione ogni volta
di ringraziare nel vedere il cammino che fanno queste persone dentro
la sofferenza che patiscono , ricevo testimonianze bellissime di una
crescita spirituale e umana: l'ho toccato soprattutto nei cristiani,
ma veramente lo si scopre anche nei musulmani. Se guardiamo per
esempio al modo di lavorare qui nel cantiere , nei musulmani, sunniti e alauiti, c'è una rettitudine
che è veramente colpisce...
Ciò di cui ora i siriani
hanno più bisogno non è di container, ma di fratelli, di una
vicinanza, una fratellanza manifestata, di sapere che non sono da
soli .
Perché per i cristiani è
terribile accorgersi che per la politica internazionale non esistono,
invece c'è una sete di relazione, di un'apertura, di una vicinanza.
Anche nei musulmani... quando vado a fare un giro a piedi nel villaggio
sunnita qui sotto la collina dove sorge il Monastero, c'è una manifestazione di interesse, sono felici di vedere
un monaco straniero .
L'aspetto materiale del
bisogno non è tutto, e rischia di far dimenticare l'essenziale .
Mi ha colpito
quell'organizzazione francese SOS Chretiens d'Orient : la prima cosa
che hanno fatto è stato di venire a vivere il Natale , questo è un
gesto che tocca molto , forse più che 10 container : è importante
anche aiutare, ma prima viene lo stare. È una immensa sfida, e lo
sarà anche per la Chiesa , con una dimensione oggi molto più
ridotta come sarà capace di avere questo ruolo così importante ? ,
come minoranza si, ma una minoranza che è stata indispensabile per
una convivenza tra le altre religioni e i musulmani stessi.