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mercoledì 8 maggio 2013

Dall'Europa, e anche dall'Italia, giovani combattenti tra gli insorti siriani


da Terrasanta.net

di Carlo Giorgi | 1 maggio 2013


 Tra gli stranieri che combattono in Siria al fianco dei ribelli, cresce il numero dei giovani europei convertiti all’Islam o degli immigrati residenti da anni nei Paesi europei.
 Un fenomeno che riguarda, pur marginalmente, anche l’Italia.

Secondo uno studio pubblicato dal Centro internazionale di studi sul fondamentalismo, istituzione costituita da università di molti Paesi (Israele, Pakistan e Giordania compresi), i giovani europei partiti dal 2011 per combattere in Siria potrebbero essere tra i 140 e i 600, ovvero tra il 7 e l’11 per cento del totale dei combattenti stranieri. Olanda, Belgio, Inghilterra e Francia i Paesi da cui parte il maggior numero di ragazzi.
Gilles de Kerchove, responsabile dell’antiterrorismo per l’Unione Europea, ha recentemente confermato alla Bbc che il numero potrebbe aggirarsi intorno ai 500. «Chi parte non sempre è un fondamentalista – spiega de Kerchove -. Molti lo diventano a causa della formazione che ricevono in loco. E questa loro trasformazione potrebbe crearci seri problemi quando torneranno in Europa».
Un reportage dell’Associated Press, ripreso ieri anche dal giornale degli Emirati Al Arabiya, racconta delle preoccupazioni di alcuni sindaci del Belgio testimoni della partenza di giovani concittadini per la guerra in Siria. Secondo Ap, alcuni giorni fa diverse abitazioni di Mechelen (o Malines), città di 80 mila abitanti e un’alta percentuale di immigrati musulmani, sono state perquisite dalla polizia, assieme a dozzine di altre case in tutto il Belgio, nel tentativo di «prevenire» l’arruolamento dei giovani tra i ribelli siriani. L’operazione è terminata con sei arresti.
Nel quartiere di Schaarbeek, a Bruxelles, il sindaco ha impedito una distribuzione di cibo per i poveri da parte di un ente benefico musulmano, per timore che potesse trattarsi di un’occasione di «reclutamento» dei giovani. Il divieto è stato imposto dal sindaco come conseguenza della sparizione di due studenti musulmani, probabilmente partiti per la Siria, studenti che avevano contatti con l’ente benefico in questione. Mohammed El Tamamy, sceicco della moschea di Bruxelles, nella preghiera del venerdì cerca di scoraggiare i giovani a partire: «Alcuni di loro pensano che partire dal Belgio e dell’Olanda per la Siria sia un modo per realizzare il jihad – ha spiegato el Tamamy -. Ma non è così: il jihad (inteso come guerra santa), nell’Islam, ha regole e condizioni. Per farlo devi venire autorizzato dalle autorità».

Il fenomeno delle partenze per la Siria riguarda marginalmente anche l’Italia. Fonti della comunità musulmana presente nella Penisola affermano che diversi giovani immigrati, di origine siriana o provenienti da altri Paesi arabi, hanno abbandonato gli studi o il lavoro per andare a combattere. «Conosco personalmente un siriano che dall’Italia è tornato in patria – racconta una nostra fonte –. Ne seguo le vicende perché posta le sue foto da combattente sulla sua pagina Facebook. Lui è potuto rimanere a combattere là perché è siriano; ma, da quel che ne so, diversi altri giovani non siriani, partiti dall’Italia con il desiderio di combattere, vengono rimandati a casa: o sei un soldato, o laggiù sei inutile. Anzi sei d’impaccio agli altri…».
«Non ho mai sentito di musulmani che dall’Italia siano tornati in Siria a combattere – racconta Asfa Mahmoud, direttore del centro islamico di via Padova, a Milano -. La comunità siriana di Milano è molto prudente. Si rende conto che anche l’opposizione, divisa com’è oggi, se prendesse il potere difficilmente riuscirebbe a governare. Per questo, credo, i siriani di Milano tendono a non farsi coinvolgere; al punto che, pur essendoci diversi medici tra loro, nessuno ha pensato di andare ad aiutare nei campi profughi in Turchia o Giordania».
Tra i musulmani d’Italia che partono per la Siria, ma in un modo pacifico ci sono, invece, i volontari dell’Islamic Relief, ong musulmana che porta aiuto nei campi profughi sul confine e all’interno del Paese.

martedì 7 maggio 2013

La Pasqua nel pianto dei nostri fratelli ortodossi e gli sforzi per liberare i due Vescovi di Aleppo rapiti

"Hanno cantato 'Cristo è risorto', e mentre ripetevano quelle parole di giubilo e vittoria, avevano tutti le lacrime agli occhi. Tutte le loro preghiere si confondevano con il loro pianto”. 


 Agenzia Fides - 6/5/2013

Con quest'immagine il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo sintetizza all'Agenzia Fides la Pasqua appena celebrata anche in Siria dalle comunità cristiane orientali che seguono il calendario giuliano. Alle sofferenze che la guerra civile infligge a tutto il popolo, per le comunità cristiane aleppine si aggiunge anche l'apprensione per i pastori finiti nelle mani di sequestratori non identificati. Due sacerdoti sono stati rapiti ormai da tre mesi, e sono trascorse due settimane del sequestro di Mar Gregorios Yohannna Ibrahim e di Boulos al-Yazigi, i vescovi siro-ortodosso e greco ortodosso di Aleppo. “Tutta la gente” riferisce a Fides mons. Audo “continua a parlare di loro. Tutti si domandano cosa ne sarà dei vescovi, dei sacerdoti e di se stessi. Il tempo che passa non è buon segno”.

La lotta quotidiana per la sopravvivenza impedisce anche di avere una chiara percezione d'insieme riguardo all'andamento del conflitto, alle conseguenze dei raid aerei israeliani e ai pericoli di contagio su scala regionale. “Siamo spesso senza elettricità, manca l'acqua, è difficile vedere la televisione o trovare il tempo per informarsi. Come presidente della Caritas passo tutto il tempo a ricevere persone in cerca di aiuto. E ho dovuto cancellare anche ogni spostamento fuori da Aleppo, perchè ogni movimento è diventato pericoloso”.
http://www.fides.org/it/news/41461-ASIA_SIRIA_Il_vescovo_Audo_la_Pasqua_nel_pianto_dei_nostri_fratelli_ortodossi#.UYi1X21H45s


 Sforzo internazionale per il rilascio dei Vescovi rapiti, ma attenzione ai falsi mediatori

Agenzia Fides 7/5/2013  

E’ in corso un grande sforzo internazionale ed ecumenico per cercare di salvare la vita e liberare i due Vescovi di Aleppo rapiti in Siria due settimane fa, il siro-ortodosso Gregorios Yohannna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi. 
Lo conferma all’Agenzia Fides il Vescovo metropolita Timoteo Matta Fadil Alkhouri, Assistente Patriarcale nel Patriarcato Siro-Ortodosso di Antiochia, confratello del Vescovo Gregorio Yohanna Ibrahim. “Siamo in trepida attesa – racconta il Vescovo a Fides – non sappiamo dove siano i Vescovi e con chi. Aspettiamo e preghiamo. Speriamo siano ancora vivi. Abbiamo appena celebrato la Pasqua, la Resurrezione di Cristo. Abbiamo affidato la vita dei Vescovi al Cristo Risorto”. 

Intanto si percorrono tutti i sentieri possibili per cercare un canale con i rapitori: “Continuiamo a connetterci con altre persone, leader religiosi e politici, a tutti i livelli. I nostri vescovi in Turchia, in Siria, in Libano hanno attivato i loro canali. Alcuni hanno contatti con l’Esercito Libero Siriano. Chiediamo a ogni uomo e a ogni gruppo, bussiamo alla porta di ogni governo. Abbiamo interpellato Vescovi di altre Chiese, nazioni e confessioni. Il Patriarcato greco-ortodosso in Libano, ad esempio, ha buoni contatti in Russia. Abbiamo inviato messaggi al Papa ma anche alla Chiesa Anglicana. I nostri Vescovi negli Stati Uniti sono in contatto con le autorità civili americane. C’è uno sforzo internazionale. Chiunque può cerca di dare il suo contributo”.

In questi tentativi a tutto tondo, “vi sono alcuni leader musulmani che sono sinceri e stanno cercando di aiutarci, che amano la pace e amano i cristiani”. Vi sono però “anche loschi personaggi che cercano di sfruttare il momento per ottenere denaro, presentandosi come mediatori”, nota il Vescovo. La galassia dei falsi intermediari, di chi cerca di speculare sulla tragica sorte dei Vescovi, è, dunque, un'altra delle insidie che si presentano in queste ore.
In particolare il Vescovo dice: “Siamo molto felici di aver ricevuto il sostegno e la preghiera del Santo Padre, Francesco. Sappiamo che il Papa prega per i nostri Vescovi e per la Siria, ha la Siria nel suo cuore. Gli chiediamo di continuare a pregare per noi”. Restano ancora sotto sequestro anche i due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso) rapiti da un gruppo di ribelli armati il 9 febbraio: “Non ne abbiamo notizie e siamo preoccupati anche per loro”, conclude il Vescovo.

Durante la Santa Messa di Pasqua ortodossa, celebrata due giorni fa, anche il Patriarca Greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente, Yuhanna X Yazigi, ha nuovamente espresso il desiderio che i due arcivescovi rapiti in Siria siano liberati, rilanciando un accorato appello alla comunità internazionale: “Mi auguro che i due tornino fra noi sani e salvi: aiutateci”.

lunedì 6 maggio 2013

La crisi siriana e le prossime scelte del Governo italiano

Lettera aperta a Mario Mauro , ministro della Difesa


di Rodolfo Casadei
da Tempi , 29 aprile 2013



(....)
La seconda metà dell’anno che ci aspetta non sarà segnata soltanto dalle difficoltà legate al debito sovrano dei paesi dell’Europa meridionale, non ci sarà solo il problema del rinnovo delle sottoscrizioni dei titoli di Stato e dello spread rispetto ai titoli tedeschi. Rischiamo di trovarci, da qui a non molto, coinvolti in un’altra guerra sulla sponda sud del Mediterraneo, più sanguinosa di quella in cui fummo coinvolti due anni fa in Libia e dai prevedibili esiti più infausti e destabilizzanti di quelli che l’intervento Nato contro Gheddafi ha determinato.

Alla fine di maggio scade l’embargo della Ue sulle vendite di armi alla Siria e sugli acquisti di idrocarburi dal medesimo paese, ed è certo che non verranno rinnovati perché alcuni paesi – primo fra tutti il Regno Unito – hanno già fatto sapere che intendono schierarsi decisamente dalla parte della ribellione al governo di Bashir el Assad anche con forniture di armi.
I report sull’utilizzo di armi chimiche da parte dei governativi si moltiplicano, e anche se le evidenze non sono conclusive, ovvero si tratta di utilizzi sporadici e alcuni dei quali riferibili ai ribelli che si sono impadroniti di depositi delle forze armate, il fatto vero o presunto potrebbe diventare il casus belli per un intervento almeno pari a quello in Libia: cioè la creazione di una no-fly zone e attacchi aerei alle infrastrutture militari dell’esercito siriano. ( NdR: qui le ultime info sull'inchiesta di Carla Del Ponte "Gas sarin in mano ai ribelli")
Dove condurrebbe un’opzione del genere, abbiamo negli ultimi due mesi cercato a più riprese di illustrarlo: è impossibile risolvere la crisi siriana per via militare, perché chiunque riuscisse a prevalere sul campo di battaglia si troverebbe poi ad avere a che fare con un paese distrutto e diviso, che non potrebbe veramente controllare o che controllerebbe solo dopo avere sterminato o messo in fuga interi gruppi di popolazione. All’eventuale caduta di Assad e del regime instaurato quarant’anni fa da suo padre in Siria non seguirebbe l’avvento della democrazia, ma una via di mezzo fra l’anarchia degli “Stati falliti” e la teocrazia dei talebani.
Nelle file dell’opposizione i democratici sono una minoranza, e nelle file dei combattenti i jihadisti e gli islamici radicali sono la maggioranza assoluta, come si poteva leggere anche sul New York Times del 27 aprile.
Del resto, gli sponsor regionali della ribellione siriana si chiamano Arabia Saudita, Qatar e Turchia: le prime due sono rette da regimi dinastici lontanissimi da qualunque sistema democratico, mentre la Turchia è una democrazia che rispetta molto scarsamente i diritti delle minoranze etniche e religiose. Chiedere informazioni a curdi, aleviti e cristiani sparsi fra Istanbul, Antiochia e Diyarbakir per ulteriori dettagli. Che i protetti siriani di questi paesi siano in grado di garantire democrazia e rispetto delle minoranze in un paese mosaico come la Siria una volta andati al potere, non è meno incredibile di quello che raccontavano i neo-conservatori Usa a proposito della democratizzazione del Medio Oriente perseguita manu militari. In paesi privi di tradizione politica democratica (per le ragioni strutturali che un Tocqueville o un Marx o un Weber saprebbero spiegare agilmente) e compositi dal punto di vista etnico e religioso, la democrazia politica diventa un puro esercizio aritmetico, come si vede nell’insanguinato Iraq: un anno e mezzo dopo il ritiro delle ultime truppe americane, il paese è tormentato dalle lotte fra sunniti, sciiti e curdi, che riversano i loro voti su partiti settari. Nella migliore delle ipotesi possibili, la Siria liberata del regime degli Assad si trasformerebbe in una sorella gemella dell’Iraq, con la principale differenza di avere come primo ministro un sunnita anziché uno sciita, come accade a Baghdad con Nuri al- Maliki.

Di fronte al rischio di coinvolgimento del nostro paese in un’avventura più fatale di quella libica, non mi sento rassicurato dal nuovo allineamento ministeriale. Temo che Roma torni ad ospitare conferenze degli “amici della Siria” tanto equivoche nella composizione quanto ipocrite nella valutazione della situazione dei diritti umani e delle violazioni degli stessi compiute dalla parti in lotta.
Non voglio pronunciare giudizi a priori su nessuno, ma non vedo nel governo attuale la volontà di differenziare sensibilmente la linea politica dell’Italia di fronte alle convulsioni del mondo arabo rispetto all’appiattimento del governo Monti sulle posizioni di Regno Unito e Francia (appena un po’ ammorbidite recentemente nel caso di Parigi). Mentre gli americani esitano di fronte alla prospettiva di intervenire militarmente a fianco dei ribelli di Damasco, consapevoli dei rischi di un’escalation, Londra, Parigi e Roma continuano a credere che si debba puntare sulla Coalizione nazionale siriana benché si tratti di un paravento che occulta l’ascesa di jihadisti e islamici radicali.


  A Mario Mauro ministro della Difesa ed ex vicepresidente del Parlamento europeo che ben conosce l’altra sponda del Mediterraneo, i problemi delle sue minoranze etniche e religiose per averle toccate con mano rischiando anche di persona, la realtà complessa di situazioni che non possono essere lette con lenti eurocentriche, chiedo di far valere le ragioni del realismo e del buonsenso quando il governo si troverà a dover rispondere alle richieste degli altri partner europei in relazione al dossier siriano e alle altre delicate situazioni che si sono create all’indomani delle cosiddette “primavere arabe”.

I cristiani stanno in politica esattamente per questo: per servire il bene comune sulla base della retta ragione e del senso di realtà. E per convincere, attraverso la loro decisa testimonianza, anche chi cristiano non è, a seguirli.

http://www.tempi.it/blog/lettera-aperta-a-mario-mauro-ministro-della-difesa-dovra-darsi-da-fare-in-siria-e-nel-mediterraneo#.UYJvQG1H45s

domenica 5 maggio 2013

Aleppo : "era necessario che il quotidiano diventasse eroico, e l'eroico quotidiano"



Lettera da Aleppo n ◦ 10 (aprile 2013)

 Dal 30 marzo, gli eventi si succedono rapidamente nella nostra città di Aleppo.

 Infatti, alle 3.30 del mattino del Venerdì Santo 2013, ho ricevuto la prima telefonata che mi dice che il distretto Jabal al Sayde comincia ad essere invaso dai ribelli che urlano e gridano, intimando alle persone di rimanere all'interno dei loro appartamenti.
La minaccia era reale o era un’ incursione sporadica senza alcun effetto sulla vita del quartiere? Lentamente, le notizie annunciavano una vera e propria invasione della zona, i negozi venivano distrutti, le auto scassate o rubate. Le raffiche dei colpi paralizzavano le persone e le costringevano a rifugiarsi nella tromba delle scale. Grandi e piccoli in pianto. La paura si diffondeva! Domande angosciose: Dobbiamo lasciare la casa? Cosa fare? Una vera angoscia! Una vera tragedia si preannunciava ...
Nel corso delle ore, infuria la lotta, le case sono "visitate" da elementi armati, l'elettricità viene tagliata, l'acqua anche ... 
Le famiglie immaginavano che si trattasse di una questione di ore, speravano, aspettavano, ma non cambiava nulla!  Al contrario, l'evidenza è tutt'altra. Gli uomini pesantemente armati si installano ... Scende la notte. Si presta orecchio al minimo rumore, al minimo grido, a qualsiasi urlo... Non si dorme, si veglia, si prega, si aspetta il soccorso del cielo ... E’ la loro ultima risorsa ...

Sabato Santo, all'alba, gli edifici cominciano a svuotarsi, le persone stanno evacuando il quartiere. Esse portano con sé lo stretto necessario: alcuni documenti importanti, alcuni vestiti, qualche soldo, e niente altro ... Inizia l'esodo, le persone vagano, in cerca di una possibile uscita dall'inferno. Escono... ma è ancora buio ... Una famiglia perde il contatto con i suoi due bambini piccoli che dovrebbero essere con i vicini, ma non ci sono ... Un'altra famiglia cerca con tutti i mezzi di aiutare il vecchio che non è in grado di camminare ! I vicini si chiamano, decidono di camminare insieme, protetti dal loro destino.
Le strade si svuotano, le luci  si spengono. Si getta un ultimo sguardo sul proprio appartamento, sull'interno, su tutta una storia, su tutto un sogno, una vita intera, … come si vorrebbe che quel momento restasse eterno! E prima di chiudere la porta, ci si fa il segno della croce come a dire al Signore: "Nelle tue mani, noi ci affidiamo". La porta è chiusa e bloccata, girando due volte la serratura, la porta viene sigillata da uno sguardo di speranza. Ma dobbiamo fare in fretta! In caso contrario, la morte può piombare in qualsiasi momento ...
Un popolo cammina, la gente vaga, un popolo sfolla ... E’ costretto a svuotare il quartiere, il luogo della sua vita perchè diventi un cimitero di memorie, forse un ammasso di  pietre ... Non abbiamo avuto il tempo di dare un ultimo sguardo al balcone della casa dove  è stesa la biancheria che non si è ancora asciugata! Un'unica idea in testa: bisogna fuggire l'inferno, il più presto possibile, a qualsiasi prezzo ... Nessuna macchina  può circolare. Bisogna camminare, camminare, camminare ... I minuti diventano un'eternità ... La pagina è girata! Tutto è compiuto!

Sabato verso le 9:00, i più veloci  tra i residenti di Jabal el Saydeh arrivano nella zona sicura: qualcuno suonerà alla porta di un parente,  e altri prendono il cammino della nostra comunità Marista, l’unico luogo di accoglienza ... I Maristi Blue sono lì ... danno il benvenuto, ascoltano, continuano a ripetere: "Hamdellah ‘al Salameh"  "diamo grazie a Dio per la vostra sicurezza".
 300 famiglie cristiane e molte altre famiglie del  quartiere l’hanno lasciato nelle mani degli uomini armati ... Neppure noi, i Maristi, possiamo più tornare alla nostra sede nel quartiere. La preoccupazione sorge in noi: che ne sarà delle famiglie musulmane di sfollati che si trovavano nelle scuole? Nessuna risposta ...
 La Comunità Marista diventa un centro di informazione, di scambio di notizie : si chiama per sapere di una famiglia o di una persona ... In effetti alcune famiglie sono rimaste nella zona ...
L'ultima famiglia che ha lasciato il 3 aprile ci descrive il suo esodo: tutti i membri, tra cui la nonna di età avanzata sono usciti  attraverso i fori che gli uomini armati hanno realizzato nelle pareti delle case ... Ci si racconta l'orrore di trovarsi nell'inferno della guerra, la paura e il terrore ... Molte famiglie vengono a chiedere dei vestiti, dei materassi, coperte, cuscini, asciugamani, sapone ... Noi li accogliamo, li sosteniamo e rispondiamo ai loro  bisogni ...



Gli spazi vuoti della comunità sono riempiti tutti... Decidiamo di svuotare i due locali degli Scout per costruire 4 docce e 4 bagni ...
Con la Caritas e i funzionari di Sallet el Jabal, abbiamo organizzato una celebrazione eucaristica, seguita da una distribuzione di denaro e di buoni per l’acquisto di biancheria intima e vestiti nuovi. La maggior parte delle famiglie partecipa all'Eucaristia, fa la Comunione, prega e accompagna il coro della parrocchia ... Che ne sarà delle due chiese del quartiere?
Sallet el Jabal, il cesto di cibo che abbiamo distribuito mensilmente fin da agosto 2012, sarà pronto in una settimana ... Le persone ne hanno bisogno ...

Martedì di Pasqua, una sorpresa:  Ghalia, la madre di sette figli, di cui il più grande ha 9 anni e che si trovava in una scuola, viene da noi ... Ha cercato di raggiungerci ... le diamo il benvenuto;  ... pochi giorni dopo, un'altra famiglia  arriva con 11 bambini ... Tutti saranno ospitati e accolti ...


 Compriamo una lavatrice, aggiungiamo quattro serbatoi d'acqua a quelli esistenti, compriamo  vestiti, biancheria, sandali, cuscini, materassi ...
Il progetto "Imparare a crescere" è anch’esso spostato ... torna nei locali della comunità... I bambini ritornano in gran numero... Hanno bisogno di spazio, hanno bisogno di disegnare, giocare, raccontare ...
Abbiamo istituito un punto medico ... Un consulto quotidiano ... I farmaci sono gratis ...

 E domani?
 Tutte le famiglie del "Jabal al Sayde" pongono questa domanda ... Noi la poniamo  con loro ... Non ci stanchiamo mai di ripetere che è nelle mani di Dio..
Dobbiamo sperare un possibile ritorno nel quartiere? Bisogna sognare? Molte voci annunciano l'imminente fine della guerra, ma molte volte queste speranze sono state vane ... E’ vero che dura il provvisorio? E se il provvisorio diventasse un non-ritorno ?

 Quanto a noi Maristi Blu,  noi avremo sempre questa mano protesa per vivere una solidarietà evangelica, una solidarietà che annuncia e testimonia  l'amore di Dio per ogni uomo e donna ...
Insieme cercheremo di costruire la pace, la pace del mattino di Pasqua ..

  Frère Georges SABE,  per i Maristi Blu

21 Apr 2013

"Cristo è veramente risorto!" : Buona Pasqua ai fratelli ortodossi , soprattutto a quelli nella sofferenza


نور المسيح القائم من بين الأموات يضيء حياتنا!
مع كل محبتي لكل من يحتفل اليوم بقيامة المسيح.

Le parole del Santo Padre all'Angelus:

"Oggi le Chiese d’Oriente che seguono il Calendario Giuliano celebrano la festa di Pasqua. Desidero inviare a questi fratelli e sorelle uno speciale saluto, unendomi di tutto cuore a loro nel proclamare il lieto annuncio: Cristo è risorto! 

Raccolti in preghiera intorno a Maria, invochiamo da Dio il dono dello Spirito Santo, il Paraclito, perché consoli e conforti tutti i cristiani, specialmente quanti celebrano la Pasqua tra prove e sofferenze, e li guidi sulla via della riconciliazione e della pace. "


sabato 4 maggio 2013

Vibrate proteste della Chiesa Cattolica contro i bombardamenti indiscriminati

Due testimonianze dalla Siria: bombardamenti alla cieca

La chiesa del monastero di Mar Elian, a Qaryatayn.

da Terrasanta.net
di Carlo Giorgi, 22 aprile 2013



 Due drammatiche testimonianze giunte dalle comunità cristiane in Siria.



Cominciamo con le parole di fra' Halim Noujaim, responsabile della Regione San Paolo, che coordina i frati minori della Custodia di Terra Santa dislocati in Libano, Siria e Giordania: «Verso mezzogiorno del 19 aprile, mi ha raggiunto (a Beirut) una telefonata di padre Hanna, del convento di Knayeh, un villaggio della valle dell'Oronte, nella Siria settentrionale. Per la prima volta ho percepito dalla sua voce che era triste e molto agitato. Mi ha raccontato che ieri notte sono caduti altri proiettili di mortaio sul convento e hanno causato molti danni. Tutto il convento è rovinato non ci sono più vetri alle finestre, i tetti sono tutti danneggiati, l'acqua penetra dappertutto, si vive nel terrore. Il governo, nel tentativo di colpire i ribelli asserragliati nel villaggio, bombarda ciecamente dappertutto, non fa distinzioni… Così muoiono tutti indistintamente. Le cose vanno malissimo...».

Pessime notizie arrivano anche dal monastero di Mar Elian, a Qaryatayn, una cittadina 60 chilometri a sud di Homs, dove vivono 35 mila abitanti, cristiani e musulmani. Il priore del monastero, abuna Jaques Mourad, ci ha raccontato che proprio negli ultimi giorni la situazione è precipitata: «Martedì scorso l'esercito ha bombardato la città e adesso, oltre alla povertà e alla fame in città è arrivata anche la distruzione. Ieri, domenica, ci siamo ritrovati in monastero tra gli 800 e i 900 profughi; per fortuna questa mattina molti se ne sono andati, cercando salvezza altrove e ne sono rimasti “solo” 400, metà cristiani, metà musulmani. Elettricità e telefoni vanno ad intermittenza. Per l'acqua, che avevamo praticamente finito, sono arrivate provvidenzialmente due autobotti... La situazione però rimane drammatica perché, in fatto di cibo, abbiamo solo due giorni di autonomia e poi avremo terminato le nostre riserve... Il centro di Qaryatayn adesso è in mano al Libero esercito siriano (gli insorti - ndr), mentre fuori città è l'esercito ufficiale a controllare la situazione con un posto di blocco. In città, le personalità più autorevoli - il muftì, il giudice, io stesso -, cercano di mantenere la pace, di tranquillizzare gli animi, ma non è facile... Quello che manca più di ogni altra cosa è la sicurezza, il cibo e l'acqua ci sarebbero, solo che oggi è troppo pericoloso uscire dal monastero e andarli a cercare. L'unica cosa che chiediamo a tutti ora è la preghiera».
La situazione pare ancora tranquilla, invece, nei due villaggi cristiani di Sadad e Hafar, vicino a Qaryatayn.
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5100&wi_codseq=SI001 &language=it

Colpita la chiesa cappuccina di Deir Ezzor in Siria

“C’è stata un’esplosione vicino alla nostra chiesa di Deir Ezzor, che l’ha distrutta” – ci scrive in un messaggio fra Antoine Haddad, Ministro viceprovinciale del Libano. La notizia è stata appresa dai media, perché i due fratelli cappuccini che vi risiedevano, con l’aiuto di Croce Rossa Internazionale, Libanese e Siriana e dei Nunzi del Libano e della Siria, hanno lasciato quel luogo insieme alle suore di Madre Teresa e una decina di anziani che abitavano nel nostro convento. Sono gli ultimi cristiani rimasti nella zona a lasciare il posto.
La chiesa è stata completamente distrutta, ma fin ora non è stato possibile sapere se il convento è stato colpito o meno, perché non ci sono più cristiani a Deir Ezzor, a parte uno che è ritornato perché abitava nella  zona ‘più tranquilla’ della città. I suoi tentativi di arrivare sul posto non sono riusciti a causa dell’intenso fuoco incrociato delle armi. La nostra chiesa di Deir Ezzor è stata fino a poco tempo fa l’unica rimasta quasi intatta. Infatti, qualche mese fa si è potuto vedere su You Tube un filmato in cui appariva la chiesa con la porta e il muro laterale sventrati e i militari che vi entravano.
“Deir Ezzor è una città ad Est della Siria, sull’Eufrate, tra Palmira e la frontiera Irakena – ci spiega fra Antoine - La nostra presenza vi risale agli anni trenta del secolo scorso, ma nella zona la nostra presenza risale ad un tempo molto più lontano. Abbiamo anche un’altra casa verso il Sud della Siria, Soueida, zona ancora tranquilla per il momento, dove vi sono due nostri fratelli. La nostra Vice-Provincia, in quasi quattro secoli di storia, ha sempre sofferto distruzioni, persecuzioni, martirio... Ma sempre, come dice la leggenda della fenice – quell’ uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri -, la nostra Vice-Provincia risorgeva con Cristo Risorto. Ultimamente, abbiamo recuperato, dopo trent’anni, un’altra proprietà (Abey) distrutta dalla guerra in Libano: ha cominciato a risorgere anch’essa… La chiesa di pietra si potrà ricostruire un giorno quando una primavera di pace ci sarà nel nostro mondo mediterraneo”.

http://www.db.ofmcap.org/home_ofmcap_it/news_e_attualita/00007095_Colpita_la_chiesa_cappuccina_di_Deir_Ezzor_in_Siria.html

E, per amor di verità... 

... non possiamo più dire che l'esercito protegge i cristiani se spara sui villaggi cristiani, dove non vi sono musulmani jihadisti , ma soltanto alcuni ribelli ...  E i capi militari pensano di sconfiggere i ribelli con le cannonate? Ciò è impossibile! I ribelli sono addestrati alla guerriglia urbana, per le strade, con le imboscate, ciò di cui non è capace l'esercito regolare.
Chi ne fa le spese? E' il povero popolo.
E' necessario protestare energicamente con le autorità del governo su questa situazione. 

Il Nunzio stesso chiese udienza al Ministero degli Esteri e consegnò un plainte scritta al Vice Ministro accompagnandola con parole forti.  Il Vice Ministro fece presente la questione ai vertici militari che immediatamente rimossero, dopo una tirata d'orecchi, il Responsabile della piazza a Gisser Choughour, capoluogo della zona dell'Oronte. 
Tra le cose che sono state riferite ai vertici di Damasco vi era anche il fatto che il Capo militare di Gisser Choughour non ha voluto ricevere il Padre Hanna perché era andato a fargli capire che non vi erano né armi e né ribelli in Convento, ma soltanto i religiosi e le religiose là rifugiatisi. 
Neppure una delegazione di cittadini fu ricevuta, quella addirittura fu mandata via in malo modo... 

  l'osservatore siriano   

venerdì 3 maggio 2013

Il patriarca cattolico Laham: ecco perché i terroristi ci attaccano

 “I miliziani colpiscono i cristiani perché rappresentano la risorsa più preziosa
per la coesione nazionale in una Siria lacerata dalle divisioni”. Ad affermarlo
è l’arcivescovo Gregorio III Laham, patriarca cattolico dei Melchiti con sede a
Damasco, dopo che due vescovi siriani sono stati rapiti vicino ad Aleppo. Per il
patriarca siriano, “il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti
tra loro, ribadendo che l’identità nazionale deve prevalere su qualsiasi motivo
di scontro”. Proprio per questo pochi giorni fa l’arcivescovo ha scritto una
lettera aperta sulla Siria a tutti i capi di Stato arabi e mondiali, invitandoli
ad abbandonare la via delle armi e a ripercorrere quella del dialogo e della
riconciliazione.



 da Il Sussidiario - 24 aprile 2013

Qual è stata la sua reazione di fronte alla notizia del rapimento dei due vescovi?
 Siamo senza parole dinanzi a questa situazione, con rapimenti che colpiscono donne, anziani, bambini, sacerdoti e perfino due vescovi. Uno dei due rapiti, Boulos al-Yaziji, è fratello del patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Youhanna al-Yaziji, la massima autorità dei cristiani ortodossi. L’altro invece, Yohanna Ibrahim, è molto conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno come rappresentante di pace e di riconciliazione. Di fronte a quanto è avvenuto non possiamo che sottolineare nuovamente l’importanza della pace, della saggezza, del consenso internazionale per porre fine a questa tragedia.

La pace è più importante della stessa libertà e democrazia?
 Condivido le richieste di democrazia e libertà, ma il metodo con cui si sta cercando di perseguirle in Siria sono inumani. 
Esiste una via migliore, fatta di amicizia, di amore, di dialogo e di riconciliazione. I rifugiati siriani si contano ormai a milioni, si tratta di persone che non hanno nulla da mangiare né un posto dove dormire, gente che ha perso tutto. Dobbiamo quindi essere apostoli della riconciliazione e del dialogo, è questo il nostro scopo come cristiani, come capi e come pastori. 
I due vescovi sono stati rapiti vicino ad Aleppo.

Com’è la situazione in questa zona della Siria?
 Aleppo è un caso molto speciale, la sua situazione è la più difficile perché questa città si è trasformata in una grande prigione. I suoi abitanti sono intrappolati al suo interno, e quindi fuggono da un quartiere all’altro perché non hanno alternative. Quando una zona è in pericolo, si recano in un'altra parte della città. Aleppo però ha una sola uscita molto pericolosa, che nessuno osa varcare.

Com’è il clima all’interno della città?
 Gli abitanti di Aleppo si trovano in una grande difficoltà, che riguarda tanto i cristiani quanto i musulmani. Nella Città vecchia di Aleppo si trovano infatti cristiani e musulmani insieme, dunque la situazione è uguale per tutti. Le parrocchie di Aleppo sono solidali con tutti e forniscono ogni giorno quasi 15mila pranzi gratuiti a chi è rimasto senza più nulla. C’è quindi una solidarietà straordinaria, pur nella tragedia che sta vivendo la città.

Dietro il rapimento dei due vescovi c’è anche un progetto per cancellare la presenza dei cristiani in Siria?
 Il progetto non è solo quello di colpire i cristiani, ma di mettere tutte le parti l’una contro l’altra per trasformare la crisi siriana in un conflitto interreligioso. Il primo obiettivo è quello di aizzare gli odi tra sunniti e sciiti, ma anche tra musulmani e cristiani. E’ una strumentalizzazione della religione per fomentare l’odio nel Paese. 
Di fatto quindi, anche se l’obiettivo non è quello di colpire i cristiani in quanto tali, quanto sta avvenendo li porta a fuggire dalla Siria. E il risultato è che si contano quasi 400mila profughi cristiani, sia all’interno della Siria sia all’esterno del Paese, soprattutto in Libano e Giordania.

La Chiesa cattolica è impegnata solo sul fronte dell’assistenza ai bisognosi, o anche sul piano degli sforzi diplomatici?
 Il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti tra loro, sia quindi l’opposizione sia il governo. Siamo convinti che il nostro scopo non sia quello di dichiarare che siamo a favore del regime o dei ribelli, ma di ribadire che noi cristiani siamo siriani animati dal desiderio di aiutare tutti i nostri connazionali, a prescindere dal fatto che siano con o contro Assad. 
Si tratta di un ruolo fondamentale, che svolgiamo sia all’interno del Paese, sia a livello internazionale nei nostri rapporti con il Papa e le Conferenze episcopali di tutto il mondo. 
Proprio per questo dieci giorni fa ho scritto una lettera aperta a tutti i capi di Stato arabi emondiali, invitandoli a dire basta alle armi, alla violenza e al terrorismo e a scegliere la via evangelica del perdono e del dialogo. 
Infine, desidero chiedere a tutti gli italiani di pregare per la Siria: in questo momento è l’unica cosa che può salvarci.

(Pietro Vernizzi)


Il Metropolita siro-ortodosso Kawak: la Turchia ci aiuti a liberare i vescovi rapiti


Agenzia Fides 3/5/2013

  “La Turchia è importante per risolvere la vicenda dei nostri due fratelli vescovi di Aleppo rapiti. Tutto il nord della Siria ora è in qualche modo sotto il controllo turco, quindi è fondamentale parlare con loro. Ogni iniziativa diplomatica e umanitaria dovrebbe puntare in quella direzione, coinvolgendo anche i governanti turchi”. 
Così dichiara all'Agenzia Fides il Metropolita siro-ortodosso Jean Kawak, incaricato dell'Ufficio patriarcale a Damasco, in merito al rapimento del Metropolita siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e di quello greco-ortodosso Boulos al-Yazigi, nelle mani di ignoti sequestratori dallo scorso 22 aprile. 

Il Metropolita Kawak riferisce a Fides che “non ci sono novità sulla sorte dei rapiti e sulla identità certa del gruppo dei sequestratori. C'è chi assicura che i due vescovi stanno ancora bene e che si è riusciti a far arrivare a Mar Gregorios le medicine di cui ha bisogno ogni giorno. Ma sono voci che provengono in maniera indiretta da fonti diverse, e che è impossibile verificare. Oggi” conclude il metropolita siro-ortodosso "le nostre Chiese celebrano il Venerdì Santo, e il cuore dei cristiani è afflitto. Tutti i cristiani pregano perchè i due vescovi siano liberati nei prossimi giorni. Sarebbe per tutti anche questo un segno di Resurrezione, dopo la passione che stiamo vivendo”. 

giovedì 2 maggio 2013

Che cosa dovrebbe fare l’Europa in Siria? Lettera aperta a Herman Van Rompuy

Lettera Aperta a H.Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo 

Il Krak dei Cavalieri fu la più importante e più nota costruzione militare fortificata dell'Ordine militare dei Cavalieri dell'Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme,

 di Padre Daniel Maes 

Eccellenza
oggi è più che mai difficile ottenere il sostegno dei capi di Stato e di governo. Lei è, per così dire, sulla sedia di Robert Schumann, il padre dell'Europa. (…) politico la cui preoccupazione principale constava nella riconciliazione, nel dialogo, nella cooperazione, nella solidarietà e nella pace dei popoli, con un grande rispetto per l'individualità di ogni nazione, verso la creazione di un'Europa solidale con tutti i paesi e i popoli. Lei sa tutto questo meglio di chiunque altro. In merito a ciò che sta realmente accadendo in Siria, mi permetta di condividere con Lei qualche esperienza personale. Io sono un semplice cittadino, un cittadino europeo che da alcuni anni vive e lavora in Siria. Qui ho pienamente apprezzato l'ospitalità della gente e il suo considerevole patrimonio umano: libertà, pace e soprattutto una profonda e radicata volontà di vivere in pace e sintonia con tutti i diversi gruppi etnici e religiosi per vivere insieme in concordia. A Damasco, Qara e altrove sono stato ospite in molte famiglie, sia musulmane che cristiane. Non ho mai incontrato alcuna differenza in termini di generosità e ospitalità. Nessuna forma di ostilità. Nel frattempo Qara è divenuta oggi un covo di terroristi e uno dei posti più pericolosi in Siria.
Dietro la cosiddetta "Primavera Siriana"
Ho visto nascere su iniziativa dell'Occidente e dei suoi alleati arabi la cosiddetta "rivolta". Come al solito abbiamo camminato attraverso Qara, visitato qua e là malati nelle famiglie, fatto un pò di shopping e poi insieme ad alcuni ragazzi ed al parroco abbiamo pranzato nella ridente città bizantina. Questo dopo la preghiera del Venerdì presso la moschea centrale, insolitamente affollata. Quindi è accaduto che giovani uomini dall'atteggiamento circospetto d'improvviso hanno cominciato ad agitarsi ed a gridare slogan contro il presidente della Siria al fine di scattare foto e filmare video. Il sacerdote ha poi rivelato come negli ultimi tempi tali pratiche siano divenute una buona attività per guadagnare un pò di soldi vendendo le foto e i video realizzati su Al Jazeera. E si sa come Al Jazeera fino ad oggi abbia influito sulla manipolazione dell'informazione occidentale. La realtà è che in Siria non è mai scoppiata alcuna "sollevazione popolare" e non c'è mai stata una "guerra civile" fomentata dalla popolazione.
Il Complotto – Vittime Sacrificali Predestinate da tempo
In realtà il Governo, il popolo e il territorio siriano erano da tempo le vittime sacrificali predestinate nell'ambito di un complotto (cospirazione) preparato e ben pianificato dall'esterno. D'altra parte fortissimi ed occulti interessi spingerebbero le azioni dell'America, Israele, Europa, Turchia, Arabia Saudita e Qatar: il modo in cui essi presentano e trattano il popolo sovrano siriano ed il suo territorio è un crimine contro l'umanità.
La Responsabilità dell'Europa
La responsabilità dell'Europa è evidente ed implica la negazione più radicale di tutti i suoi principi. Probabilmente la Siria dal punto di vista strategico è uno dei luoghi più importanti per i governanti del mondo, nonché una delle poche roccaforti a resistere contro il distruttivo imperialismo occidentale (che – aggiungiamo – ha già fatto piazzapulita in Medioriente ed Africa).
Il Ruolo della Turchia
Il presidente siriano si è sempre dimostrato pronto al dialogo ed all'amicizia verso la vicina Turchia. Nel frattempo, l'Europa ha posto un suo quartier generale militare lì sul confine settentrionale con la Siria, provvedendo ad allestire campi per l'addestramento militare dei terroristi. Infine, la Turchia ha messo le mani su tutte le fabbriche di Aleppo – il cuore economico della Siria – smantellandole, saccheggiandole e distruggendole, dimostrandosi un fedele partner europeo, con tanto di pugnale nascosto dietro le spalle, e proteso a perseguire il suo sogno: ripristinare l'impero ottomano.
Il 
Damasco, 2 maggio: l'autobomba quotidiana
Ruolo di Arabia Saudita e Qatar
La Siria è infine l'ultimo baluardo contro l'Islam fondamentalista radicale ed è quindi una spina nel fianco di Arabia Saudita e Qatar: anch'essi buoni amici dell'Occidente, amici ricchi e potenti, nonché i più grandi finanziatori del terrorismo a livello internazionale. Anche se la loro società rappresenta una vergogna per la famiglia umana, essi vogliono creare a tutti i costi uno stato laicale in Siria (cancellando definitivamente – aggiungiamo – la presenza del Cristianesimo) sostituendo all'attuale credo una dittatura islamica radicale. In effetti essi stanno facendo il "lavoro sporco" nell'interesse degli amici occidentali, che un domani (a lavoro finito) potranno mettere le mani sulle risorse energetiche del Paese e quindi stabilizzare nella regione il proprio potere.
L'Asse del Male e la Nuova Norimberga
I cittadini siriani saranno spazzati via, il Paese – come accaduto già in tanti altri paesi – sarà lasciato in balia di queste forze esterne e della fazione collusa con le forze occidentali (e con l'integralismo islamico) auto-proclamatasi col curioso appellativo di "Amici della Siria". Fazione che a sua volta avrà la sua parte della ricchezza ergendosi contro le altre potenze regionali. Ma una volta cadute tutte queste maschere, quanto accaduto sarà probabilmente ricordato attraverso una nuova Norimberga. Ciò dimostrerà il fatto che il famoso "asse del male" in realtà non riguardava affatto Damasco, ma bensì Washington, New York, Bruxelles e Londra.
Il Ruolo dei Cristiani nella rinascita d

Come cristiano, io appartengo al gruppo più imparziale in Siria: i cristiani nella storia della Siria hanno avuto un ruolo importante nel Rinascimento arabo, fornendo tra l'altro il loro contributo particolare alla cultura araba. Ma i cristiani non hanno mai avuto alcuna ambizione nel diventare un gruppo di potere, supportano tutte le riforme in maniera assolutamente equilibrata e non partigiana. I cristiani sono il gruppo più povero, ma restano testimoni della loro fede in Gesù Cristo e del Regno di Dio sulla terra. Quindi, finora, in tale prospettiva, abbiamo operato al fine di aiutare le famiglie bisognose di tutte le etnie e religioni, ricevendo nel contempo aiuto e sostegno da loro. Vuole davvero sapere cosa sta accadendo in Siria? Ascolti allora le grida ripetute dei nostri patriarchi: i testimoni più attendibili e imparziali.

L'Europa non deve contribuire alla distruzione della Siria!
Signore, non è compito dell'Europa quello di rovesciare il governo siriano e il suo Presidente, contribuendo ad uccidere e a distruggere il Paese. Nel frattempo, lo stesso Presidente, il Governo e il Popolo hanno espresso il proprio desiderio di continuare a vivere in unità, nonostante il terribile complotto straniero. Questa è la vera grandezza del popolo. Ci sono certamente molte lacune e carenze nella gestione amministrativa e nella società, tuttavia il modo vigliacco con il quale l'Occidente ed i suoi alleati cercano costantemente di boicottare i processi di cambiamento è inaccettabile e indegno d'Europa.
Basta alle Menzogne mediatiche ed alle azioni sovversive
Che cosa può fare l'Europa? Cessare l'attività di diffusione sistematica di menzogne sulla realtà siriana; cessate ogni azione di sostegno e collaborazionismo protesa al rovesciamento del governo e del capo dello Stato; arrestare tutte le azioni che direttamente o indirettamente, stanno causando continue e cruente uccisioni, seminando il caos nel Paese; cessare di supportare il sedicente "Esercito Libero Siriano", il quale a ben vedere non è né libero, né siriano, né un esercito, ma è in realtà costituito da bande di criminali operanti con la vocazione e l'ordine di distruggere il Paese.
L'Asse Euro-Anglo-Stutunitense – Stesso copione di Iraq e Libia
Stessa logica seguita dai droni senza pilota degli Stati Uniti, che negli ultimi anni hanno ucciso migliaia di civili innocenti in diverse regioni del mondo. Ciò mentre l'Occidente ed i suoi alleati Continuano a confezionare falsi filmati e false testimonianze inerenti a presunti attacchi con armi chimiche, protesi a mettere in cattiva luce il Governo Assad, incuranti verso le migliaia di vittime - per lo più soldati e giovani - che in questa guerra hanno dato la propria vita per proteggere il loro popolo. In tutto ciò le ricordo che in Iraq, dopo 2000 anni, una delle più antiche comunità cristiane è stata distrutta grazie alla coalizione anglo-americana con lo slogan "Libertà per l'Iraq" e con il supporto della menzogna sulle inesistenti armi di distruzione di massa. Stesso copione seguito per la distruzione disumana della Libia da parte dell'imperialismo occidentale, con il sostegno attivo dell'Europa.
No al Terrorismo. Si al Dialogo ed alla Ricostruzione
Che cosa può fare l'Europa? Difendere la sovranità del popolo siriano razziato dalla Turchia, contribuendo alla ricostruzione di tutti mulini distrutti e rubati. Chi distrugge un Paese deve anche Ricostruirlo. Deve essere uno statista e non un leader terrorista: ciò entrando in dialogo con il governo e il Presidente della Siria, faccia a faccia. 
Fermate questa follia! Senza Valori di Pace l'Europa non ha futuro
Eccellenza, l'attacco in corso contro la Siria da parte dell'Europa è degradante. La sofferenza del popolo siriano è espressa da un grido di aiuto che sale sempre più forte: fermate questa follia! È troppo, è davvero troppo! L'Europa deve essere costituita su fondamenti autentici e valori umani universali. Senza questi valori, l'Europa non ha alcun significato: essa è senza futuro. (…) Eccellenza, Se desidererà contribuire a svolgere una positiva inversione di tendenza all'attuale status quo e quindi deciderà di venire incontro alla sofferenza del popolo siriano, allora meriterà il nome di "secondo padre dell'Europa" o quello di "ri-fondatore dell'Europa", cosa che io sinceramente le auguro, in caso contrario, non si potrà definire un politico e cristiano degno di tale nome.

Padre Daniel Maes – Monastero dell'Ordine dell'Unità di Antiochia, Siria

Traduzione a cura di Sergio Basile e della Redazione di "Qui Europa"

mercoledì 1 maggio 2013

"Liberateli!": appello alla solidarietà e alla preghiera di tutte le Chiese cristiane per il rilascio dei Vescovi di Aleppo




27 aprile 2013 - Patriarcato Melchita greco-cattolico di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme

A nome del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente (CCPO), Sua Beatitudine Gregorios III, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, sottolinea la loro vicinanza e solidarietà con le Chiese sorelle, oggi nel dolore,  e con le loro Beatitudini i Patriarchi Giovanni X e  Ignazio Zakka Iwas I , con i quali restano in costante contatto per ottenere al più presto la liberazione dei due prelati: che siano restituiti alle loro Chiese e ai loro greggi e tutti celebrino nella gioia il loro ritorno al servizio dei Cristiani e di tutti i cittadini di Aleppo e della Siria.
  In questa speranza, mentre le chiese greco- ortodosse e siriaco- ortodosse celebreranno la Domenica delle Palme ed entreranno nella Grande Settimana, Gregorios III chiede a tutti i fedeli delle Chiese cattoliche orientali la preghiera costante, e a tutti i vescovi e i parroci di leggere la lettera inviata per la Domenica delle Palme da Sua Beatitudine Giovanni X.

Comunicato del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente (CCPO)

Una nube di paura e sofferenza grava sul Medio Oriente e in particolare in Siria, nella città di Aleppo, ancora in attesa alla vigilia della Domenica delle Palme ortodossa, del rilascio dei suoi due vescovi spariti , le Ecc. il Vescovo Paolo Yazigi, Metropolita di Aleppo e Alessandretta dei Greco-Ortodossi e del Vescovo Yuhanna Ibrahim, Metropolita di Aleppo dei Siro-Ortodossi, dei quali non si hanno notizie nonostante gli sforzi costanti - ed a tutti i livelli - che sono stati dispiegati per ottenere il loro rilascio.

 Chiediamo a tutte le persone di tutte le nostre Chiese di unirsi in preghiera costante per la grazia di questo rilascio e a tutti i nostri vescovi e parroci di leggere la lettera inviata per la Domenica delle Palme da Sua Beatitudine Giovanni X. 
Preghiamo per la pace e la sicurezza in Siria,  che si riprenda la via del dialogo e della riconciliazione tra i cittadini.

29/04/2013,  per i Patriarchi cattolici del Medio Oriente

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Call-for-Solidarity-and-Prayer-Council-of-Eastern-Catholic-Patriarchs


Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.
Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.

L'analisi :  CECENI E NON SOLO

 Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'AmericaIl conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'Ame

Ceceni e non soloCeceni e non soloCECENI E NON SOLO CECDI lORENZO bONDI 


raccapricciante esito dell'autobomba del 30 aprile 13 in Jaramana, sobborgo di Damasco abitato a maggioranza da cristiani e drusi

di Lorenzo Biondi- Piccole Note 


C’è ansia per il rapimento dei due arcivescovi cristiani ad Aleppo, il greco-ortodosso Paul Yazigi e il siro-ortodosso Yohanna Ibrahim: la sera del 23 aprile, il giorno dopo il sequestro, un loro confratello (parente di uno dei due) ha annunciato la liberazione dei prelati, «che sono di ritorno al patriarcato di Aleppo», notizia poi smentita da fonti dell’arcidiocesi di Aleppo.
Nel pomeriggio del 23 aprile le autorità ortodosse siriane e il ministero degli affari religiosi di Damasco avevano fatto sapere che, dietro il rapimento, ci sarebbero stati dei terroristi di etnia cecena legati a Jabhat al Nusra, la principale sigla jihadista attiva in Siria. Una notizia che è stata confermata indirettamente anche dall’Esercito siriano libero, la componente della ribellione anti-Assad che ha ottenuto il riconoscimento di molti paesi occidentali: l’Esercito libero ha fatto sapere di non aver nulla a che fare col rapimento e di essere disposto a collaborare per la liberazione degli ostaggi.
Cosa ci farebbero dei ceceni in Siria? Il loro ruolo nel rapimento – se accertato – non potrebbe sorprendere: già dal luglio dell’anno scorso diverse fonti parlano della presenza di volontari ceceni arrivati in Siria per unirsi alla ribellione. Ad oggi la presenza di militanti caucasici non è più un mistero: appena quattro giorni fa il magazine americano Foreign Policy pubblicava un lungo ritratto-intervista di uno di questi combattenti, Abu Hamza, arruolato nell’Esercito libero.

Difficile non notare la coincidenza tra il presunto coinvolgimento di militanti ceceni nel rapimento dei vescovi siriani e la strage compiuta dai due fratelli ceceni a Boston, negli Stati Uniti. Subito la stampa americana si era chiesta se la vicenda avrebbe aggiunto tensione nei rapporti tra Washington e Mosca, complicando anche la gestione del fascicolo siriano. La risposta era arrivata già venerdì scorso, quando la Casa Bianca ha fatto sapere che Barack Obama e Vladimir Putin si erano sentiti per telefono proprio per discutere dell’attacco dinamitardo alla maratona: «Il presidente Obama ha ringraziato il presidente Putin – si legge nella nota ufficiale – per la stretta collaborazione che gli Stati Uniti hanno ricevuto dalla Russia nel campo dell’anti-terrorismo, anche nei giorni successivi l’attentato di Boston. I due leader hanno concordato che la nostra cooperazione sull’anti-terrorismo e sulla sicurezza andrà ancora avanti».
Come a dire: se abbiamo individuato questi due terroristi ceceni in suolo americano è anche grazie ai russi. Gli autori della strage di Boston hanno agito in proprio, secondo quanto dichiarato agli investigatori Usa dall’unico terrorista catturato (l’altro è stato ucciso). Ma resta inoppugnabile la loro dedizione alla causa cecena, confermata da video e farneticazioni varie degli stragisti agli atti dell’indagine. Insomma il terrorismo che ha insanguinato Boston è nato dal brodo di coltura del fondamentalismo ceceno, il quale fornisce miliziani agli jhadisti che incrudeliscono in Siria. D’altronde se i servizi russi erano sulle tracce dei due attentatori, tanto da segnalarli tempo fa all’Fbi, qualche motivo ci sarà stato…

Ora il terrorismo ceceno acquista rilevanza anche sul fronte siriano. Che l’identità dei rapitori sia confermata o meno, la Chiesa ortodossa e il governo di Bashar al Assad sembrano aver lanciato un messaggio chiaro alla comunità internazionale. Ci sono forze che lavorano per l’instabilità in ogni parte del mondo, che si tratti della Siria, della Russia o del Massachusetts.

http://www.piccolenote.it/8867/i-terroristi-ceceni-e-il-rapimento-dei-due-vescovi-in-siria

Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.

martedì 30 aprile 2013

Lettera pastorale di Giovanni X, patriarca greco-ortodosso



     Amati figli!
 
     Vi rivolgo la parola oggi, quando sta per finire la santa Quaresima e ci prepariamo ad entrare nella Settimana santa, e i motivi di dolore ci circondano da tutte le parti. In tutte le regioni antiochene i rischi minacciano le nostre case, nel momento in cui gli eventi politici attaccano come una tempesta le nostre patrie. Tutto ciò rende l’uomo delle nostre terre minacciato nel suo pane, nella sua casa e nella sua vita. Siamo passati al vaglio ogni giorno con l’uccisione e con il rapimento; l’ultima tragedia subita è il rapimento dei nostri fratelli, il metropolita Paolo, arcivescovo greco-ortodosso di Aleppo e Alessandretta e delle loro dipendenze, e il metropolita Giovanni Ibrahim, arcivescovo siro-ortodosso di Aleppo, e l’assassinio del diacono che li accompagnava.

      Condivido con voi il dolore, dolore sentito anche da tanti fedeli della nostra chiesa, dolore causato dalle difficoltà subite, e lavoro con i miei fratelli, i membri del Santo Sinodo, per diminuire gli effetti di tali circostanze su di loro e sugli altri cittadini; e ciò fa parte del nostro messaggio. Tuttavia, noi non siamo pronti ad accettare ciò che l’uomo di oggi affronta. Lavoriamo oggi affinché il nostro rifiuto di tale realtà divenga una riflessione della nostra fede. Noi rifiutiamo tale realtà e la condanniamo; e, tuttavia, noi non abbiamo paura di colui che adotta la violenza, poiché siamo figli della resurrezione. Il fatto di essere vittima di uccisione, di rapimento, il fatto che le nostre istituzioni vengono distrutte, non diminuisce la nostra volontà di conservare la nostra cittadinanza comune, la convivenza, l’adesione alle nostre patrie e la richiesta della verità e della giustizia per le nostre terre. Perciò ciascuno di noi, sia nel territorio antiocheno sia fuori, è invitato ad esprimere la sua preoccupazione e il suo rifiuto di ciò che accade, lontano da ogni allineamento politico. La questione principale del cristianesimo è la questione dell’uomo, poiché nostro Signore si è incarnato per salvarlo.

      Colgo l’opportunità per fare, nel nostro nome, sia in patria sia fuori, un appello alla società internazionale per stimolarla a fare ciò che può per liberare i rapiti la cui assenza è causa di dolore; affrettarsi a porre fine a questa tragedia è oltremodo essenziale per evitare tutti i rischi che potrebbero risultare dalle probabili conseguenze. Questo nostro appello include pure un fervente invito a trovare una veloce soluzione alla situazione nel nostro amato paese, la Siria; e ciò in segno di pietà per questo popolo testimone di una cultura che gli proviene da una presenza umana di altissima qualità, da migliaia anni, e per evitare conseguenze che possono avere ripercussioni su tutta la regione.
 
     Entrando nel tempo delle passioni e della resurrezione, vi invito a rendere tale tempo un tempo propizio per proclamare la nostra unità di chiesa i cui membri sono radunati dall’ardente tensione verso la verità. Rendiamo questo periodo piu intenso del consueto di preghiere e suppliche. Così, come nostro Signore non ebbe paura della via della croce, anche noi siamo invitati a percorrere la stessa via, percependo che tramite la croce otteniamo la vittoria, poiché il nostro Signore è risorto dai morti e ci innalzerà con lui. Rendiamo più frequenti le nostre suppliche, affinché siano una testimonianza viva attraverso la quale preghiamo Dio di togliere per tutti l’ingiustizia, di donare il ritorno dei rapiti ai loro amati, la consolazione a quanti sono nella tristezza per la perdita dei loro cari e di ispirare i duri di cuore, perché smettano di danneggiare l’uomo, il proprio prossimo.

      Detto questo, invito tutti, fedeli e pastori, ad avvicinarsi alla domenica delle Palme con uno spirito nuovo, in modo che ricordino tutti gli eventi che la riguardano e li leggano nella luce di ciò che viviamo oggi. Invitiamo allora alla resurrezione dell’uomo, nel cuore, in queste patrie, così come il Signore risuscitò Lazzaro dai morti. Invitiamo a lavorare anche affinché il Signore entri nel cuore del mondo tramite il nostro servizio alla sua persona, come un tempo entrò vincitore a Gerusalemme […].

      Rivolgo un invito a pregare, in questa Settimana santa, con uno spirito umiliato e con  la coscienza che, tentati nelle difficoltà, troviamo in Dio il rifugio e che Dio non abbandona il piccolo gregge. L’amore, il servizio e il coraggio siano un ingresso nella gioia della resurrezione, gioia che non ci sarà mai rubata.
 
Giovanni X
patriarca greco-ortodosso
di Antiochia e di tutto l’Oriente


COMUNICATO
rilasciato dal Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e dal Patriarcato Siro-Ortodosso di Antiochia
martedì 23 aprile 2013


Lunedì 22 aprile 2013 ci ha assalito di sorpresa la notizia del rapimento dei nostri confratelli, il metropolita Paolo Yazigi, Arcivescovo di Aleppo e Alessandretta per i Greco-Ortodossi e il metropolita Giovanni Ibrahim, Arcivescovo di Aleppo per i Siro-Ortodossi, che erano diretti ad Aleppo, di ritorno da un incarico filantropico. Noi, addolorati per questo rapimento come anche per altri eventi simili che toccano i cittadini qualunque sia la loro appartenenza, desideriamo sottoporre le seguenti considerazioni all’opinione pubblica locale e internazionale:

1- I cristiani di queste terre sono una parte essenziale della composizione demografica dei popoli ai quali appartengono. Consoffrono con ogni persona che è nella sofferenza e lavorano come operatori di bene per impedire l’ingiustizia contro coloro che subiscono maltrattamenti. Essi seguono l’insegnamento del Vangelo, che afferma che l’amore è il fondamento e il principio assoluto dell’azione tra gli uomini. I comportamenti e le azioni ufficiali, in questo senso, delle Autorità spirituali delle Chiese mettono in evidenza tutto ciò, e l’incarico affidato ai due vescovi rapiti è in questa linea e in questo contesto.
2- I Cristiani di questo Oriente sono profondamente addolorati per tutta questa violenza che i loro paesi affrontano: violenza che crea fossati di distanza fra i membri di uno stesso popolo e causa rischi per la vita dei cittadini che conducono la loro esistenza nella pace. Il rapimento è un aspetto veramente terribile e da condannarsi senza esitazione di tale violenza, poiché disprezza la vita di singoli inermi. Noi, chiedendo ai rapitori di rispettare la vita dei rapiti, invitiamo tutti ad abbandonare tutto ciò che permetta o favorisca il conflitto confessionale e di parte tra gli appartenenti ad una stessa patria.
3- Noi comprendiamo la preoccupazione dei cristiani in conseguenza di tale evento. Li invitiamo ad essere pazienti, a conservare la loro fede, appoggiandosi su Dio la cui forza esiste anche nelle nostre debolezze. Riteniamo che il rimanere nelle nostre patrie e il fare il possibile affinché siano una terra di pace e convivenza, sia un grande ed efficace strumento per difenderle. Ci rendiamo pure conto che ci sono anche altri cittadini colpiti da eventi simili: preghiamo Dio affinché dia loro forza, li consoli, e insieme con loro innalziamo le nostre voci per rifiutare ogni tipo di violenza che accoltella la nostra patria e copre di sangue i nostri cuori.
4- Di fronte a questo evento di così grande dolore, invitiamo tutto il mondo a lavorare per porre fine a questa tragedia al cuore della Siria amata, affinché essa ritorni un paradiso di amore, sicurezza e convivenza pacifica, cosicché i problemi politici non trovino la loro soluzione a discapito degli uomini di questa regione.
5- Invitiamo tutte le Chiese sulla terra a custodire un atteggiamento fermo, atteggiamento che attesti la loro convinzione di ciò che l’amore possa fare nel mondo, sì da percorrere passi concreti che possano manifestare praticamente il loro rifiuto della violenza quale subisce l’uomo di questo Oriente oggi.
6- Cogliamo l’opportunità per invitare i nostri concittadini, di tutte le confessioni islamiche, a lavorare insieme, gli uni con gli altri, in modo da dimostrare che ci rifiutiamo di considerare l’uomo come un prodotto da acquistare o vendere, uno scudo utile nelle guerre, o una merce politica o finanziaria.
7- Ci rivolgiamo ai rapitori dicendo che i rapiti sono messaggeri di amore nel mondo, come attesta la loro missione religiosa, sociale e per la patria. Perciò invitiamo i rapitori a comportarsi in questo evento doloroso astenendosi da ogni violenza che non è utile se non ai nemici della nostra patria.
Infine, supplichiamo Dio in queste feste benedette, affinché ponga fine a questa tragedia, in modo che domini la pace negli animi di tutti e le nostre patrie ottengano la pace e la prosperità che meritano.

Il Patriarca Mar Zakka I (Iwas) e il Patriarca Giovanni X (Yazigi)