Al-Qaeda alleato dei ribelli islamici nella lotta
contro Assad
Foto, video e rivendicazioni di
attentati confermano la presenza di centinaia di miliziani sul territorio
siriano. La maggior parte proviene da Paesi esteri, fra cui Russia, Somalia e
Mali. Organizzazione britannica per la difesa lancia l'ipotesi di un colpo di
Stato militare guidato dai Paesi occidentali.
Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - Nel nord ovest della Siria i ribelli che
lottano contro il regime di Assad hanno trovato un alleato di eccezione:
al-Qaeda e centinaia di islamisti provenienti da Paesi stranieri. Gli Stati più
rappresentativi sono Iraq, Libia, Egitto, Afghanistan. Ma vi sono anche
militanti da Russia (Cecenia), Ucraina, Mali e Somalia. La presenza degli
estremisti è confermata da diversi video apparsi su siti jihadisti, che mostrano
uomini con il volto coperto che inneggiano alla guerra santa mostrando fucili
mitragliatori, bombe e sventolando la bandiera nera di al-Qaeda. In un filmato
apparso nei giorni scorsi e postato su Youtube una voce fuori campo grida
"stiamo formando cellule di kamikaze per continuare la guerra santa in nome di
Dio".
A tutt'oggi l'opposizione nega la presenza di gruppi estremisti islamici fra
le sue fila, ma secondo gli esperti i confini con Turchia e Iraq sono diventati
dei veri e propri centri di raccolta per miliziani di tutto il mondo islamico
sunnita. Alcuni hanno definito lo scenario siriano "un magnete" per al-Qaeda e i
suoi affiliati. Testimoni raccontano che a Bab al-Hawa, posto di blocco sul
confine turco, centinaia di stranieri sono entrati in questi giorni per
sostenere l'esercito libero siriano nella battaglia di Aleppo. Ciò che spinge
queste persone ad attraversare l'Asia o il Nord Africa, non è il desiderio di
democrazia, ma la punizione esemplare dei "nusayrs" (eretici) nome dispregiativo
per definire gli alawiti, la setta sciita di Bashar al-Assad.
L'aumento dei combattimenti nella provincia settentrionale di Aleppo ha
attirato in questi giorni centinaia di jihadisti provenienti dall'Iraq. La
conferma giunge anche da una recente indagine del governo iracheno, secondo cui
i militanti operativi sul territorio siriano fanno parte dello stesso gruppo che
ha rivendicato gli attentati che hanno sconvolto l'Iraq in questi ultimi mesi.
"Le nostre liste di sospetti - afferma Izzar al-Shahbandar, consulente del primo
ministro - combaciano con quelle delle autorità siriane". Le foto comparse su
alcuni forum legati ad al-Qaeda mostrano anche gruppi di veterani della guerra
in Libia. Secondo Naharnet, agenzia libanese, in alcune appaiono uomini vestiti
di nero che brandiscono uno striscione con scritto: "I rivoluzionari della
brigata di Tripoli". La conferma di una frenetica attività degli estremisti
islamici sul suolo siriano giunge dal numero di attentati rivendicati dalla
stessa al-Qaeda. Da dicembre il sono almeno 35 gli attentati con autobombe e 10
gli attentati suicidi avvenuti sul suolo siriano. Di questi 4 sono stati
rivendicati dal "Fronte Nusra" di Al Qaeda.
La presenza di gruppi jihadisti fra l'esercito libero siriano ha sollevato
molte polemiche anche sul piano diplomatico. Ieri Sergey Lavrov, ministro degli
Esteri russo, ha accusato gli Stati Uniti di sostenere con la sua politica anti
Asssasd i ribelli islamici. Egli ha criticato la posizione di Susan Rice,
ambasciatore Usa all'Onu, che non ha condannato l'attentato di Damasco dello
scorso 18 luglio costato la vita a diversi membri di spicco del regime,
chiedendo invece l'imposizione di nuove sanzioni.
Intanto, si fa sempre più strada l'ipotesi di un intervento armato per
deporre il presidente Assad. Uno studio del Royal United Services
Institute (RUSI), organizzazione britannica specializzata in questioni di
politica internazionale e difesa, avverte su un probabile scontro fra gruppi
sunniti sostenuti da Arabia Saudita e altri Stati arabi e milizie sciite, fra
cui Hezbollah ed esercito regolare siriano, appoggiati dall'Iran. A ciò si
aggiunge la minaccia delle armi chimiche in mano al regime siriano. La presenza
di armi chimiche preoccupa Israele che ha già iniziato a distribuire maschere
anti-gas nelle città al confine con la Siria. Nei giorni scorsi Shimon Peres,
presidente israeliano, ha dichiarato che il probabile utilizzo di armi non
convenzionali da parte del regime di Damasco mette a serio rischio la sicurezza
di Israele. In caso di una caduta del regime, Peres teme il potenziale
trasferimento di armi pesanti o chimiche dell'arsenale siriano agli integralisti
sciiti libanesi di Hezbollah o all'Iran, ma anche il furto da parte di gruppi
islamici legati ad al-Qaeda.
Secondo Michael Clarke, responsabile del Rusi, un intervento militare
dell'occidente è necessario prima che la guerra degeneri. "Non siamo noi che ci
stiamo muovendo verso l'intervento - afferma - ma è l'intervento stesso che si
muove verso di noi". Clarke sostiene che gli eventi degli ultimi giorni hanno
creato un cambiamento radicale nella situazione che allontana la possibilità di
una soluzione diplomatica del conflitto". Il responsabile del Rusi consiglia
l'intervento di forze speciali sul territorio a sostegno dei gruppi ribelli, già
utilizzate in Afghanistan nel 2001 e in Libia nel 2011. Tali operazioni
potrebbero anche includere un colpo di stato contro il regime.
http://www.asianews.it/notizie-it/Al-Qaeda-alleato-dei-ribelli-islamici-nella-lotta-contro-Assad-25392.html
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giovedì 26 luglio 2012
Dove è la verità? media e la violenza: la televisione di Agnès-Mariam de la Croix
“Con questa violenza non avremo neanche un grammo di libertà”. A dirlo, nel
corso dell’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio nella sala Metodista di
Roma, è stata madre Agnès-Mariam de la Croix, religiosa
palestinese che vive in Siria, superiora del monastero Deir Mar Yacoub a Qara,
nel governatorato di Homs.
La convivenza, “successo sociale che viene dal cuore”. “Vivo in Siria dal 1994, e la Siria, sotto il regime di Assad, aveva una sicurezza invidiabile, certamente per la repressione, ma anche per il tessuto sociale che viveva secondo un’alleanza, rispettando un patto. Che non è frutto di nessun regime, ma è esso stesso fondamento e sostegno del governo”, racconta la religiosa carmelitana, che da mesi aiuta le vittime civili del conflitto e sostiene la causa del negoziato e della pace. “Damasco è la capitale più antica del mondo abitato, e la Siria è fatta da molte entità etniche, confessionali e razziali. Il problema della convivenza - spiega - non è politico, ma sociale: se una persona accetta l’altro non viene siglato un accordo politico, ma un successo sociale che viene dal cuore. Non è stabilito da nessun regime, ma dalle persone”. Oggi le grandi potenze hanno deciso di “fermare questo regime dimenticando il patto sociale che è origine e forza della convivenza nella società. Come se la Siria - prosegue - fosse un minorenne incapace di decidere per sé, e avesse bisogno di una nutrice. Intromettersi così nella vita di una popolazione è contro la legge delle Nazioni Unite: una nazione autonoma e indipendente ha diritto di scegliere per sé stessa la realtà e il futuro. È a causa dell’ingerenza degli altri - sottolinea - che la Siria vive una fase di drammatica fatica”.
Se “il mondo racconta tutta un’altra storia”. E i mass media, secondo madre Agnès-Mariam, hanno grosse responsabilità: “Pensano a fare titoli altisonanti: indipendenza, libertà, democrazia. Tutti i mezzi di comunicazione del pianeta formano una sola voce per convincere che la realtà è quella che dicono loro. Ma è tutta una bugia, una manipolazione mediatica”, afferma. La verità “non è quella degli schermi tv o delle pagine dei giornali. Ci sono giornalisti che ammettono di non poter raccontare quello che vedono. C’è in atto un’influenza totalitaria per fare di tutti noi un solo pensiero. Certo, noi tutti vogliamo che i siriani vivano in democrazia, ma secondo una loro scelta. E comunque questa guerra non è per la democrazia, ma per il gas. La Siria è più ricca di quanto si pensi, vicino al nostro monastero hanno scoperto uno dei giacimenti più grandi. Come religiosa – aggiunge - credo nella liberazione spirituale, nella possibilità di lottare per la libertà. Credo sia un dovere aiutare un povero che vuole la sua autonomia e non la avrà perché il mondo racconta tutta un’altra storia. Credo che bisogna essere testimoni veri della sfida del popolo vittima degli attentati”.
“Viviamo in una menzogna grandissima”. Madre Agnès-Mariam riferisce di aver visto con i suoi occhi “centinaia di civili uccisi da forze armate dell’opposizione. I banditi li prendono in ostaggio, e i mercenari provenienti da Libano e Giordania invadono le zone residenziali di Damasco: questo è contrario alla Convenzione di Ginevra, ma in migliaia entrano senza permesso, per fare la guerra. In quarantotto ore un milione di persone sono state costrette a fuggire da un quartiere ad un altro. Non sono i ribelli che posizionano cariche da un chilo e mezzo di dinamite, sono forze ben più potenti a farlo”. In grande pericolo, oggi, è la città di Aleppo: “non ha voluto partecipare a tutti questi mesi di sollevazione. Ma dal nord, vicino al confine con la Turchia, arrivano mercenari tunisini, libici, arabi, pakistani, libanesi, sudanesi e afghani: i mercenari vengono per distruggere, non sono certo un esercito di liberazione. Viviamo in una menzogna grandissima - aggiunge - dove si pagano migliaia di dollari perché ciascuno di noi ci creda. Ringrazio Dio che ogni giorno persone libere si alzano per dire quello che non è vero”. Il 90% del Consiglio nazionale siriano, che riunisce gran parte dei gruppi di opposizione, “non viene in Siria da trenta o più anni”. Quanto a Paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, che appoggiano i ribelli, la superiora riflette: “La libertà non esiste in Arabia Saudita: io sono forse libera di andare in giro col mio abito, e con questa mia croce? Come è possibile che questo Paese, allora, dia orientamenti sul cambiamento della Siria? Come è possibile che lo faccia il Qatar, che ha solo pochi anni?”.
Un cammino verso la verità. “Mussalaha”, che vuol dire “riconciliazione”, è un movimento siriano nato dall’impegno della società civile e raccoglie aderenti di ogni etnia, fede e credo politico. Madre Agnès-Mariam, che sostiene il progetto, è fiduciosa: “spero nell’inizio della riconciliazione nazionale, nel rifiuto dell’uso delle armi. La speranza, oggi, per la Siria, è tutta riposta nel popolo siriano stesso, abituato a vivere nella diversità. Non è necessario insegnare ai cristiani d’Oriente come dialogare con l’Islam, perché questo accade da secoli”. Oggi i cristiani hanno paura che la tragedia di Homs si ripeta, ma “dire che sono stati appoggiati e privilegiati dal governo è una calunnia”, sostiene la religiosa, “perché, ad esempio, ogni imam veniva pagato dallo Stato, mentre i ministri di culto cristiani no. E poi nella Siria secolare i cristiani non hanno gli stessi diritti dei musulmani: un cristiano può convertirsi all’Islam, ma un musulmano non può essere registrato come cristiano”. Ad ogni modo la violenza, conclude la madre superiora, “non è un mezzo per fare niente, nemmeno in Siria. C’è un cammino da fare, certo. Ma poco alla volta la verità sarà più forte”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=244407&rifi=guest&rifp=guest
Radio Vaticana: Testimonianze di pace dalla Siria: l'esperienza della suora carmelitana Agnes- Mariam de la Croix
Mentre in Siria divampa la guerra c'è chi non si scoraggia e continua ad operare per la pace, come suor Agnes-Mariam de la Croix, carmelitana e superiora del monastero di Deir Mar Yocoub di Qara, nel governatorato di Homs. La religiosa è sostenitrice dell’iniziativa "Mussalaha" per la "Riconciliazione" che opera partendo dal basso della società siriana. Al microfono di Salvatore Sabatino suor Agnes-Mariam racconta un’altra iniziativa interreligiosa, di sostegno ai musulmani, promossa proprio nel suo monastero in occasione del Ramadan:
...
D. – Dunque, il potere del dialogo può far terminare le violenze. Come si immagina il futuro della Siria?
R. – Nous croyons en la Résurrection, nous croyons dans le Christ Sauveur…
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=607976
La convivenza, “successo sociale che viene dal cuore”. “Vivo in Siria dal 1994, e la Siria, sotto il regime di Assad, aveva una sicurezza invidiabile, certamente per la repressione, ma anche per il tessuto sociale che viveva secondo un’alleanza, rispettando un patto. Che non è frutto di nessun regime, ma è esso stesso fondamento e sostegno del governo”, racconta la religiosa carmelitana, che da mesi aiuta le vittime civili del conflitto e sostiene la causa del negoziato e della pace. “Damasco è la capitale più antica del mondo abitato, e la Siria è fatta da molte entità etniche, confessionali e razziali. Il problema della convivenza - spiega - non è politico, ma sociale: se una persona accetta l’altro non viene siglato un accordo politico, ma un successo sociale che viene dal cuore. Non è stabilito da nessun regime, ma dalle persone”. Oggi le grandi potenze hanno deciso di “fermare questo regime dimenticando il patto sociale che è origine e forza della convivenza nella società. Come se la Siria - prosegue - fosse un minorenne incapace di decidere per sé, e avesse bisogno di una nutrice. Intromettersi così nella vita di una popolazione è contro la legge delle Nazioni Unite: una nazione autonoma e indipendente ha diritto di scegliere per sé stessa la realtà e il futuro. È a causa dell’ingerenza degli altri - sottolinea - che la Siria vive una fase di drammatica fatica”.
Se “il mondo racconta tutta un’altra storia”. E i mass media, secondo madre Agnès-Mariam, hanno grosse responsabilità: “Pensano a fare titoli altisonanti: indipendenza, libertà, democrazia. Tutti i mezzi di comunicazione del pianeta formano una sola voce per convincere che la realtà è quella che dicono loro. Ma è tutta una bugia, una manipolazione mediatica”, afferma. La verità “non è quella degli schermi tv o delle pagine dei giornali. Ci sono giornalisti che ammettono di non poter raccontare quello che vedono. C’è in atto un’influenza totalitaria per fare di tutti noi un solo pensiero. Certo, noi tutti vogliamo che i siriani vivano in democrazia, ma secondo una loro scelta. E comunque questa guerra non è per la democrazia, ma per il gas. La Siria è più ricca di quanto si pensi, vicino al nostro monastero hanno scoperto uno dei giacimenti più grandi. Come religiosa – aggiunge - credo nella liberazione spirituale, nella possibilità di lottare per la libertà. Credo sia un dovere aiutare un povero che vuole la sua autonomia e non la avrà perché il mondo racconta tutta un’altra storia. Credo che bisogna essere testimoni veri della sfida del popolo vittima degli attentati”.
“Viviamo in una menzogna grandissima”. Madre Agnès-Mariam riferisce di aver visto con i suoi occhi “centinaia di civili uccisi da forze armate dell’opposizione. I banditi li prendono in ostaggio, e i mercenari provenienti da Libano e Giordania invadono le zone residenziali di Damasco: questo è contrario alla Convenzione di Ginevra, ma in migliaia entrano senza permesso, per fare la guerra. In quarantotto ore un milione di persone sono state costrette a fuggire da un quartiere ad un altro. Non sono i ribelli che posizionano cariche da un chilo e mezzo di dinamite, sono forze ben più potenti a farlo”. In grande pericolo, oggi, è la città di Aleppo: “non ha voluto partecipare a tutti questi mesi di sollevazione. Ma dal nord, vicino al confine con la Turchia, arrivano mercenari tunisini, libici, arabi, pakistani, libanesi, sudanesi e afghani: i mercenari vengono per distruggere, non sono certo un esercito di liberazione. Viviamo in una menzogna grandissima - aggiunge - dove si pagano migliaia di dollari perché ciascuno di noi ci creda. Ringrazio Dio che ogni giorno persone libere si alzano per dire quello che non è vero”. Il 90% del Consiglio nazionale siriano, che riunisce gran parte dei gruppi di opposizione, “non viene in Siria da trenta o più anni”. Quanto a Paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, che appoggiano i ribelli, la superiora riflette: “La libertà non esiste in Arabia Saudita: io sono forse libera di andare in giro col mio abito, e con questa mia croce? Come è possibile che questo Paese, allora, dia orientamenti sul cambiamento della Siria? Come è possibile che lo faccia il Qatar, che ha solo pochi anni?”.
Un cammino verso la verità. “Mussalaha”, che vuol dire “riconciliazione”, è un movimento siriano nato dall’impegno della società civile e raccoglie aderenti di ogni etnia, fede e credo politico. Madre Agnès-Mariam, che sostiene il progetto, è fiduciosa: “spero nell’inizio della riconciliazione nazionale, nel rifiuto dell’uso delle armi. La speranza, oggi, per la Siria, è tutta riposta nel popolo siriano stesso, abituato a vivere nella diversità. Non è necessario insegnare ai cristiani d’Oriente come dialogare con l’Islam, perché questo accade da secoli”. Oggi i cristiani hanno paura che la tragedia di Homs si ripeta, ma “dire che sono stati appoggiati e privilegiati dal governo è una calunnia”, sostiene la religiosa, “perché, ad esempio, ogni imam veniva pagato dallo Stato, mentre i ministri di culto cristiani no. E poi nella Siria secolare i cristiani non hanno gli stessi diritti dei musulmani: un cristiano può convertirsi all’Islam, ma un musulmano non può essere registrato come cristiano”. Ad ogni modo la violenza, conclude la madre superiora, “non è un mezzo per fare niente, nemmeno in Siria. C’è un cammino da fare, certo. Ma poco alla volta la verità sarà più forte”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=244407&rifi=guest&rifp=guest
Radio Vaticana: Testimonianze di pace dalla Siria: l'esperienza della suora carmelitana Agnes- Mariam de la Croix
Mentre in Siria divampa la guerra c'è chi non si scoraggia e continua ad operare per la pace, come suor Agnes-Mariam de la Croix, carmelitana e superiora del monastero di Deir Mar Yocoub di Qara, nel governatorato di Homs. La religiosa è sostenitrice dell’iniziativa "Mussalaha" per la "Riconciliazione" che opera partendo dal basso della società siriana. Al microfono di Salvatore Sabatino suor Agnes-Mariam racconta un’altra iniziativa interreligiosa, di sostegno ai musulmani, promossa proprio nel suo monastero in occasione del Ramadan:
...
D. – Dunque, il potere del dialogo può far terminare le violenze. Come si immagina il futuro della Siria?
R. – Nous croyons en la Résurrection, nous croyons dans le Christ Sauveur…
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=607976
mercoledì 25 luglio 2012
Aleppo paralizzata dai combattimenti, i cristiani nel terrore
“Da due giorni Aleppo è paralizzata dai combattimenti. La situazione è molto grave. Sentiamo di continuo spari. La gente è chiusa in casa, gli uffici sono chiusi, le attività commerciali ferme. Gli scontri si stanno avvicinando ai quartieri cristiani e sarebbe un grave pericolo per i fedeli. La gente non vuole la guerra e la violenza: il mondo ci aiuti a ritrovare la pace!”: è l’accorata testimonianza rilasciata all’Agenzia Fides da p. Jules Baghdassarian, sacerdote greco-cattolico di Aleppo e Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Siria.
Il Direttore dice a Fides: “I combattenti dell’Esercito Libero Siriano vogliono prendere il cuore di Aleppo e nel cuore ci sono le chiese e le case dei cristiani. Le bande armate rivoluzionarie sono in prevalenza islamiste, abbiamo testimoni oculari di ciò, e i cristiani hanno paura di subire violenze. La gente di Aleppo non vuole la rivoluzione, ama la pace. Famiglie cristiane e musulmane sono stanche della violenza, perché la vita è diventata molto dura nell’ultimo anno”.
Anche dal punto di vista umanitario la situazione è critica: “Abbiamo già molti rifugiati giunti da Homs” prosegue. “Come Pontificie Opere Missionarie abbiamo accolto e stiamo provvedendo all’assistenza di 30 famiglie di Homs. Le chiese sono molto impegnate per l’aiuto umanitario ai rifugiati, che continuano ad aumentare. Abbiamo grande bisogno di aiuti”.
“I Vescovi cattolici – riferisce p. Jules – si incontreranno domani nell’Arcivescovado greco-cattolico e credo che lanceranno un appello per il cessate-il-fuoco e la pace. Pensiamo che la politica debba fare qualcosa per la pace e la riconciliazione. Come cristiani, la nostra speranza è la riconciliazione. Chiediamo alla comunità internazionale e all’Unione Europea di aiutarci a ritrovare la pace, non di fomentare la guerra!”. (PA) (Agenzia Fides 25/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39594&lan=ita
Il Direttore dice a Fides: “I combattenti dell’Esercito Libero Siriano vogliono prendere il cuore di Aleppo e nel cuore ci sono le chiese e le case dei cristiani. Le bande armate rivoluzionarie sono in prevalenza islamiste, abbiamo testimoni oculari di ciò, e i cristiani hanno paura di subire violenze. La gente di Aleppo non vuole la rivoluzione, ama la pace. Famiglie cristiane e musulmane sono stanche della violenza, perché la vita è diventata molto dura nell’ultimo anno”.
Anche dal punto di vista umanitario la situazione è critica: “Abbiamo già molti rifugiati giunti da Homs” prosegue. “Come Pontificie Opere Missionarie abbiamo accolto e stiamo provvedendo all’assistenza di 30 famiglie di Homs. Le chiese sono molto impegnate per l’aiuto umanitario ai rifugiati, che continuano ad aumentare. Abbiamo grande bisogno di aiuti”.
“I Vescovi cattolici – riferisce p. Jules – si incontreranno domani nell’Arcivescovado greco-cattolico e credo che lanceranno un appello per il cessate-il-fuoco e la pace. Pensiamo che la politica debba fare qualcosa per la pace e la riconciliazione. Come cristiani, la nostra speranza è la riconciliazione. Chiediamo alla comunità internazionale e all’Unione Europea di aiutarci a ritrovare la pace, non di fomentare la guerra!”. (PA) (Agenzia Fides 25/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39594&lan=ita
martedì 24 luglio 2012
INCONTRO CON UNA TESTIMONE D'ECCEZIONE
Incontro con Madre Agnes-Mariam de la Croix, testimone della tragedia siriana. Roma, 25 luglio, ore 18. ALLA SALA METODISTA, VIA FIRENZE... 38
La Rete No War ROMA, a sostegno dell'iniziativa siriana MUSSALAHA (Riconciliazione dal basso), sta organizzando per il 25 luglio, la visita a Roma di madre Agnès-Mariam de la Croix, religiosa palestinese che vive con religiosi di dieci paesi nel monastero Deir Mar Yacoub a Qara (governatorato di Homs) e da mesi aiuta le vittime civili del conflitto e la causa del negoziato e della pace. Ha anche fondato nell'ambito della diocesi di Homs un centro di informazione, Vox Clamantis.
La Madre, come molti altri religiosi, non si schiera politicamente. ma certo è impegnata sia contro la fortissima propaganda mediatica, sia per il cessate il fuoco. Sostiene l'iniziativa di riconciliazione dal basso Mussalaha che a Homs ha ottenuto la liberazione di molte famiglie e che in altre città - ora anche in Damasco - organizza incontri contro la violenza, per la riconciliazione e perché i cittadini siriani possano esprimersi sul proprio futuro, senza ingerenze e pressioni da parte di Paesi stranieri.
Adesso sembrano parlare solo le armi, degli uni e degli altri.
Fonte: Rete No War
La Rete No War ROMA, a sostegno dell'iniziativa siriana MUSSALAHA (Riconciliazione dal basso), sta organizzando per il 25 luglio, la visita a Roma di madre Agnès-Mariam de la Croix, religiosa palestinese che vive con religiosi di dieci paesi nel monastero Deir Mar Yacoub a Qara (governatorato di Homs) e da mesi aiuta le vittime civili del conflitto e la causa del negoziato e della pace. Ha anche fondato nell'ambito della diocesi di Homs un centro di informazione, Vox Clamantis.
La Madre, come molti altri religiosi, non si schiera politicamente. ma certo è impegnata sia contro la fortissima propaganda mediatica, sia per il cessate il fuoco. Sostiene l'iniziativa di riconciliazione dal basso Mussalaha che a Homs ha ottenuto la liberazione di molte famiglie e che in altre città - ora anche in Damasco - organizza incontri contro la violenza, per la riconciliazione e perché i cittadini siriani possano esprimersi sul proprio futuro, senza ingerenze e pressioni da parte di Paesi stranieri.
Adesso sembrano parlare solo le armi, degli uni e degli altri.
Fonte: Rete No War
Per denunciare la situazione dei Cristiani in Siria e la difficile temperie, ignorata a livello mediatico, che quel paese sta attraversando.
Madre Agnès-Mariam de la Croix, è una religiosa Carmelitana che respinge ogni violenza, sia che provenga dal regime siriano o dagli insorti. “Se continua così, temo il peggio” non fa che ripetere. Intanto la Lega araba ha deciso al Cairo di continuare e rafforzare la missione degli osservatori, mentre ogni giorno si segnalano morti e scontri fra gruppi armati.Questa donna coraggiosa ha scelto di battersi sui due fronti. Cerca di denunciare sia la disinformazione grave di cui si rendono colpevoli alcuni media, che informano sulla rivoluzione, e la barbarie del sistema che i siriani cercano di rovesciare. Questa neutralità è una posizione difficile da mantenere, e Agnès-Mariam è accusata da alcuni di fare il gioco della dittatura, accusa che rigetta totalmente.
Lei prevede un avvenire piuttosto cupo. Vuole credere che grazie al vento delle riforme ufficiali che soffia, qualche cosa possa muoversi. Ma ciò di cui è testimone adesso è la tormenta. Dopo aver accompagnato più di 16 giornalisti un po’ dappertutto in Siria, dopo aver visitato l’inferno di Homs, dove ha passato una nottata nei quartieri sunniti del centro, ostaggio delle bande armate, teme il peggio. La religiosa, che si dice “la voce di quelli che non hanno né voce né padrini internazionali” si rattrista perché il biasimo internazionale si dirige solo a una delle parti in conflitto e trascura l’altra. La violenza non è unilaterale, vuole sottolineare. “Questa violenza barbara e cieca che colpisce il popolo siriano è il primo nemico della rivoluzione e la migliore alleata di ogni dittatura”.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2012/07/cristianofobia-islamista-in-siria-madre.html
lunedì 23 luglio 2012
Gruppi islamisti in azione a Damasco: le vittime sono civili cristiani e profughi iracheni
Gruppi islamisti radicali, nelle file dei rivoluzionari, seminano il terrore fra i civili a Damasco A farne le spese sono tutti coloro che sono considerati “lealisti”, fedeli al regime di Bashar al Assad. Fra le vittime, riferiscono fonti di Fides a Damasco, vi sono anche dei cristiani del sobborgo di Bab Touma e i profughi iracheni che occupavano i sobborghi di Oujaira e Sada Zanaim.
Il gruppo ribelle islamista “Liwa al-Islam” (“La Brigata dell’Islam”), che nei giorni scorsi ha rivendicato l’uccisione di alti generali del governo Assad, questa mattina ha ucciso una intera famiglia cristiana a Bab Touma. Fra i fedeli locali, racconta un fonte di Fides, c’è costernazione e sdegno per l’assalto ai civili indifesi. I militanti di “Liwa al-Islam” hanno bloccato l'auto di un cristiano, Nabil Zoreb, pubblico ufficiale civile, hanno fatto scendere dall’auto lui, sua moglie Violet e due figli, George e Jimmy, uccidendoli tutti a bruciapelo. I militanti del gruppo sono molto attivi soprattutto nella regione di Duma e in altre zone a Est di Damasco, dove hanno compiuto altri atti criminali.
Inoltre nel Sudest di Damasco, combattenti islamisti del gruppo “Jehad al nosra”, vicini alla Fratellanza musulmana, hanno attaccato le case dei profughi iracheni, saccheggiandole, bruciandole e costringendo i loro occupanti a fuggire. L’assalto è stato riportata anche dai mass media occidentali, come la BBC. Secondo i profughi iracheni, “bande di terroristi musulmani ci hanno attaccato e inseguito”. La maggior parte delle bande che operano nel Sudest di Damasco sono considerate vicine alla Fratellanza musulmana, mentre i membri del gruppo “Liwa al Islam” sono di ideologia wahhabita.(Agenzia Fides 23/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39578&lan=ita
I cristiani, epicentro della solidarietà per gli sfollati interni di Damasco
Sono le comunità cristiane e i comitati locali del movimento interreligioso “Mussalaha” (“Riconciliazione”) l’epicentro delle iniziative di solidarietà in una Damasco dove la popolazione vive terrorizzata, perché ha visto “la guerra arrivare sotto casa”. Secondo fonti attendibili di Fides, sono circa 200mila gli sfollati interni di Damasco, che si sono spostati da un quartiere all’altro della città o nei diversi sobborghi, per sfuggire ai combattimenti. I gruppi rivoluzionari, infatti, stanno prendendo posizione in quartieri, edifici, abitazioni dei civili che si ritrovano, dunque, in mezzo al fuoco incrociato.
In questo immane spostamento di famiglie, donne anziani e bambini, i quartieri in prevalenza cristiani di Jaramana, Qassaa e Bab Touma sono divenuti oasi di accoglienza e solidarietà, senza distinzione di etnia, comunità o religione. I giovani cristiani coordinano l’accoglienza dei nuovi sfollati dirottandoli in posti disponibili come scuole, chiese, moschee, edifici pubblici. I primi aiuti umanitari arrivano grazie a una rete di organizzazioni cristiane come la Caritas Siria, il “Middle East Council of Churches”, il Patriarcato Greco-ortodosso, la Comunità di Sant’Egidio.
I giovani stanno anche provvedendo a servizi pubblici basilari, in una città paralizzata: ad esempio, data la temperatura di oltre 42 gradi, i cumuli di immondizia per le strade costituiscono un grave pericolo per la salute pubblica, così alla loro raccolta stanno provvedendo i volontari.
Con loro vi sono i rappresentati dei Comitati locali del movimento interreligioso “Mussalaha”, che promuove non violenza e riconciliazione. Il Movimento ha tenuto nei giorni scorsi un incontro a Damasco, ribadendo che lealisti o ribelli possono entrare a far parte del movimento, con l’unica condizione di rinunciare alle armi. La riconciliazione, si afferma, si può costruire a partire delle famiglie, dalle tribù, dai clan, dalle comunità che si incontrano e si riconoscono reciprocamente.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39580&lan=ita
Il gruppo ribelle islamista “Liwa al-Islam” (“La Brigata dell’Islam”), che nei giorni scorsi ha rivendicato l’uccisione di alti generali del governo Assad, questa mattina ha ucciso una intera famiglia cristiana a Bab Touma. Fra i fedeli locali, racconta un fonte di Fides, c’è costernazione e sdegno per l’assalto ai civili indifesi. I militanti di “Liwa al-Islam” hanno bloccato l'auto di un cristiano, Nabil Zoreb, pubblico ufficiale civile, hanno fatto scendere dall’auto lui, sua moglie Violet e due figli, George e Jimmy, uccidendoli tutti a bruciapelo. I militanti del gruppo sono molto attivi soprattutto nella regione di Duma e in altre zone a Est di Damasco, dove hanno compiuto altri atti criminali.
Inoltre nel Sudest di Damasco, combattenti islamisti del gruppo “Jehad al nosra”, vicini alla Fratellanza musulmana, hanno attaccato le case dei profughi iracheni, saccheggiandole, bruciandole e costringendo i loro occupanti a fuggire. L’assalto è stato riportata anche dai mass media occidentali, come la BBC. Secondo i profughi iracheni, “bande di terroristi musulmani ci hanno attaccato e inseguito”. La maggior parte delle bande che operano nel Sudest di Damasco sono considerate vicine alla Fratellanza musulmana, mentre i membri del gruppo “Liwa al Islam” sono di ideologia wahhabita.(Agenzia Fides 23/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39578&lan=ita
I cristiani, epicentro della solidarietà per gli sfollati interni di Damasco
Sono le comunità cristiane e i comitati locali del movimento interreligioso “Mussalaha” (“Riconciliazione”) l’epicentro delle iniziative di solidarietà in una Damasco dove la popolazione vive terrorizzata, perché ha visto “la guerra arrivare sotto casa”. Secondo fonti attendibili di Fides, sono circa 200mila gli sfollati interni di Damasco, che si sono spostati da un quartiere all’altro della città o nei diversi sobborghi, per sfuggire ai combattimenti. I gruppi rivoluzionari, infatti, stanno prendendo posizione in quartieri, edifici, abitazioni dei civili che si ritrovano, dunque, in mezzo al fuoco incrociato.
In questo immane spostamento di famiglie, donne anziani e bambini, i quartieri in prevalenza cristiani di Jaramana, Qassaa e Bab Touma sono divenuti oasi di accoglienza e solidarietà, senza distinzione di etnia, comunità o religione. I giovani cristiani coordinano l’accoglienza dei nuovi sfollati dirottandoli in posti disponibili come scuole, chiese, moschee, edifici pubblici. I primi aiuti umanitari arrivano grazie a una rete di organizzazioni cristiane come la Caritas Siria, il “Middle East Council of Churches”, il Patriarcato Greco-ortodosso, la Comunità di Sant’Egidio.
I giovani stanno anche provvedendo a servizi pubblici basilari, in una città paralizzata: ad esempio, data la temperatura di oltre 42 gradi, i cumuli di immondizia per le strade costituiscono un grave pericolo per la salute pubblica, così alla loro raccolta stanno provvedendo i volontari.
Con loro vi sono i rappresentati dei Comitati locali del movimento interreligioso “Mussalaha”, che promuove non violenza e riconciliazione. Il Movimento ha tenuto nei giorni scorsi un incontro a Damasco, ribadendo che lealisti o ribelli possono entrare a far parte del movimento, con l’unica condizione di rinunciare alle armi. La riconciliazione, si afferma, si può costruire a partire delle famiglie, dalle tribù, dai clan, dalle comunità che si incontrano e si riconoscono reciprocamente.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39580&lan=ita
sabato 21 luglio 2012
Una preghiera per la pace in Siria: sosteniamola!
Una preghiera per la pace in Siria
Nella loro esortazione di giovedì 19 luglio 2012, i vescovi europei si sono dichiarati contrari alla scalata di violenza che sta scuotendo la Siria: «Questo conflitto non può portare che dolore, distruzione e gravi conseguenze per il popolo siriano. La guerra è una via senza uscita. La felicità non può che essere raggiunta insieme, e mai attraverso la prevaricazione degli uni contro gli altri».
Inoltre, nella sua dichiarazione, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa sottolinea quanto segue: «La nostra fede ci spinge a sperare che sia possibile una soluzione del conflitto giusta e costruttiva, rispettosa degli interessi di tutti. È necessario trovare, ora più che mai, lo spazio per un dialogo di pace; non è mai troppo tardi per capirsi l’un l’altro, per negoziare e costruire insieme un avvenire comune».
Nel corso delle ultime settimane, in seguito al profilarsi della catastrofe umanitaria, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha assegnato alla Caritas Siriana ed ai cristiani di Homs un aiuto economico d’emergenza di importo pari a 130.000 euro. Sono inoltre previste altre misure d’aiuto.
http://acs-italia.org/notizie-dal-mondo/una-preghiera-per-la-pace-in-siria/
Agenzia Fides 21/7/2012
Una suora di Damasco: “Preghiamo che tutto finisca, non abbiamo fiducia nella rivoluzione”
I profughi continuano a bussare alla porta del Santuario di Tabbaleh, dedicato alla Conversione di San Paolo, a Damasco. I frati francescani della Custodia di Terrasanta e le Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, che gestiscono la Chiesa, hanno accolto stabilmente otto famiglie e provvedono al sostentamento di altre 45 famiglie, cristiane e musulmane. Sono i rifugiati di Damasco, i civili vittime degli scontri fra forze dell’esercito regolare e gruppi rivoluzionari che negli ultimi giorni hanno messo a ferro e fuoco la città.
“Camminiamo con speranza e cerchiamo di consolare tutti, in queste ore tragiche”, dice a Fides p. Romualdo Fernandez OFM, Rettore del Santuario, informando che una folla di persone viene ogni giorno a pregare nella Chiesa, e si formano spontanei cenacoli di cristiani e musulmani che pregano insieme per la pace e chiedono la protezione a Dio e alla Vergine Maria.
Suor Yola, siriana, una delle religiose francescane che ogni giorno aiutano le famiglie dei profughi, racconta a Fides: “Stiamo facendo del nostro meglio per aiutare la famiglie di sfollati. La gente piange e spera in tempi migliori. Il costo della vita è altissimo, non si trovano medicinali, l’impatto dell’embargo che subiamo è tutto sulla popolazione civile e sui più poveri. Speriamo e preghiamo perché questa sofferenza finisca presto. Non abbiamo alcuna fiducia in questi cosiddetti ‘rivoluzionari”. Quali sono i rivoluzionari che fanno del male al popolo? Hanno danneggiato tutti, cristiani e musulmani, tante famiglie che hanno perso tutto”.
“In queste azioni armate e in questa sofferenza – prosegue la suora – la religione non c’entra. Con i musulmani abbiamo sempre vissuto fianco a fianco e continueremo a farlo. Il governo siriano finora è stato laico, ha garantito alla Siria sicurezza e stabilità. Oggi abbiamo solo disordine, insicurezza, caos, sofferenza. E cosa sarà domani? Ma sappiamo, come cristiani, che Dio ci protegge e la nostra speranza è viva. E, come cristiani, abbiamo una certezza: non abbandoneremo mai la Siria”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39570&lan=ita
giovedì 19 luglio 2012
ATTENTATO TERRORISTICO A DAMASCO: rivendicazioni e considerazioni
Attentato a Damasco, uccisi i vertici della Difesa
L’attentato è stato rivendicato su Facebook da un gruppo islamico ribelle, Liwa al-Islam (La brigata dell’Islam). Un portavoce ha confermato la rivendicazione anche per telefono. Ma contemporaneamente anche il Libero esercito siriano si è assunto la responsabilità dell’azione, attraverso un portavoce. Secondo una fonte della sicurezza siriana, l’attentatore era una guardia del corpo del gruppo dirigente vicino ad Assad.
In Siria sta vincendo il più spregiudicato
da "Vietato Parlare"
E’ digustoso sentire ancora dire che in Siria c’è la guerra civile! Non c’è un popolo che è insorto, ci sono uomini sanguinari che altrove sono chiamati terroristi ma in quella terra no, sono combattenti della libertà. Altrove rapiscono persone come la Urru e giustamente oggi esultiamo che sia stata liberata. Tuttavia il rapimento ed il terrore è stato per mesi il metodo dell’esercito libero siriano che oggi ha rivendicato l’attentato, e nessuno ha parlato, no, si è sanzionato un intero popolo, si è affamato un intero popolo, centinaia di persone innocenti sono state uccise e terrorizzate, ciononostante la comunità internazionale appoggia e legittima chi ha fatto tutto questo, chi ha sprofondato un paese nell’anarchia e nel contrario della democrazia. I metodi e le azioni sono le stesse di chi ha fatto crollare le torri gemelle l’11 settembre. Come si può dire che dopo tutto questo le mani saranno pulite per realizzare la democrazia? Come si può dire che il cuore pieno di odio potrà essere guidato da pensieri nobili per il bene comune?
http://www.vietatoparlare.it/2012/07/18/in-siria-sta-vincendo-il-piu-spregiudicato/
da Avvenire 19 luglio
DICHIARAZIONE DELLA PRESIDENZA CCEE
SULLA SITUAZIONE IN SIRIA
L’attentato è stato rivendicato su Facebook da un gruppo islamico ribelle, Liwa al-Islam (La brigata dell’Islam). Un portavoce ha confermato la rivendicazione anche per telefono. Ma contemporaneamente anche il Libero esercito siriano si è assunto la responsabilità dell’azione, attraverso un portavoce. Secondo una fonte della sicurezza siriana, l’attentatore era una guardia del corpo del gruppo dirigente vicino ad Assad.
In Siria sta vincendo il più spregiudicato
da "Vietato Parlare"
E’ digustoso sentire ancora dire che in Siria c’è la guerra civile! Non c’è un popolo che è insorto, ci sono uomini sanguinari che altrove sono chiamati terroristi ma in quella terra no, sono combattenti della libertà. Altrove rapiscono persone come la Urru e giustamente oggi esultiamo che sia stata liberata. Tuttavia il rapimento ed il terrore è stato per mesi il metodo dell’esercito libero siriano che oggi ha rivendicato l’attentato, e nessuno ha parlato, no, si è sanzionato un intero popolo, si è affamato un intero popolo, centinaia di persone innocenti sono state uccise e terrorizzate, ciononostante la comunità internazionale appoggia e legittima chi ha fatto tutto questo, chi ha sprofondato un paese nell’anarchia e nel contrario della democrazia. I metodi e le azioni sono le stesse di chi ha fatto crollare le torri gemelle l’11 settembre. Come si può dire che dopo tutto questo le mani saranno pulite per realizzare la democrazia? Come si può dire che il cuore pieno di odio potrà essere guidato da pensieri nobili per il bene comune?
http://www.vietatoparlare.it/2012/07/18/in-siria-sta-vincendo-il-piu-spregiudicato/
da Avvenire 19 luglio
La minoranza alawita e i cristiani a rischio. La svolta violenta a Damasco Scenari inquietanti per il dopo Assad di Riccardo Redaelli
Le volute di fumo nero
che si sono alzate ieri dal centro di Damasco raccontano meglio di tante parole
la trasformazione dello scenario siriano e l’inizio di una nuova fase della
guerra civile nel Paese. Colpito al cuore il regime con l’uccisione di ministri
e parenti dello stesso presidente Assad, portata la rivolta nelle strade della
capitale, indebolita la rete di sostegno del sistema di potere alawita con la
fuga di altri generali, da ieri Assad è più fragile. Aumenta concretamente il
rischio di una implosione totale del suo sistema di potere. La natura del
sanguinoso attentato dimostra come i sedici mesi di rivolte abbiano fiaccato il
regime, assottigliando le forze di cui può effettivamente disporre, creato
varchi negli asfissianti sistemi di controllo e repressione, generato dubbi e
distinguo fra le fazioni al potere. I margini di manovra per il presidente si
riducono, tanto più se si considera la natura particolare del suo regime, che
non è tanto legato al partito ba’th, quanto alla piccola minoranza alawita, che
in questi decenni ha occupato tutti i gangli e gli interstizi del potere. In
molti, all’interno del regime, stanno probabilmente rimpiangendo di non aver mai
aperto dei canali con l’opposizione, quando ciò ancora era possibile. Ma
l’aumento delle violenze, il degenerare degli scontri in vera guerra civile, il
tipo di attacchi che ricorda sempre più le violenze jihadiste che per anni hanno
insanguinato l’Iraq, testimoniano anche la trasformazione del fronte di
opposizione ad Assad, la sua militarizzazione e radicalizzazione. In uno
scenario di questo tipo, appare pericolosamente illusorio pensare che la caduta
dell’attuale crudele regime possa portare a una transizione tutto sommato
indolore, in cui i partiti liberali siano in grado di traghettare il Paese verso
un modello democratico. A giocare un ruolo sempre maggiore sembrano i movimenti
sunniti radicali sostenuti – e armati – dai Paesi arabi del Golfo, attivissimi
in tutto il Medio Oriente post primavera araba nel dare appoggio ai salafiti,
cioè ai peggiori rappresentanti dell’islam. Molte delle forze che combattono
Assad dimostrano una violenza e una ferocia che spinge i gruppi lealisti a
resistere a ogni costo, dato che l’alternativa sembra quella di rassegnarsi a
subire una ritorsione brutale. E non si tratta solo degli alawiti. La Siria è
una nazione plurale e composita, in cui le diverse confessioni cristiane hanno
giocato un ruolo importante a ogni livello: basti pensare a Michel Aflaq, il
fondatore del nazionalismo pan-arabo. Ebbene, le incertezze e i timori per il
futuro stanno spingendo molti cristiani a cercare di lasciare il Paese. Ancora
una volta, come già in Iraq e come forse in Egitto, essi rischiano di vestire
gli scomodi panni dei vasi di coccio stritolati fra opposti estremismi. Il
rinvio della votazione all’Onu sul caso siriano, richiesta dallo stesso inviato
Kofi Annan, è stata una conseguenza ovvia, dato che la Russia, tanto più dopo
questo attentato, avrebbe osteggiato ogni risoluzione. Ma posporre semplicemente
la discussione non cambierebbe granché. E tempo invece di guardare a quanto
avviene in Siria con prospettiva meno dicotomica (buoni da una parte, cattivi
dall’altra) di quanto fatto finora, in particolar modo a Washington. Non si
tratta certo di difendere un governo criminale o immaginare un futuro politico
per un dittatore come Assad, ma tentare di rileggere la realtà siriana alla luce
dei mille disastri che abbiamo dovuto affrontare in Medio Oriente, dalla
tragedia irachena, al fallimento afghano, al pasticcio libico, all’anarchia
perdurante da vent’anni in Somalia. Abbattere con la violenza un dittatore,
sostenere una parte contro l’altra in una guerra civile, tanto più in società
plurali o frammentate, espone al rischio concreto di una violenza settaria che
trascina quel paese – e la sua regione – nel caos. Una Siria in cui gli alawiti,
i cristiani e le altre forze minoritarie siano ridotti al silenzio sarebbe una
Siria più debole, certo non più giusta o meno insanguinata.
da Il Sussidiario: Wazne (Al Jazeera): Al Qaeda pronta a impadronirsi delle armi chimiche di Assad intervista di Pietro Vernizzi
I ribelli sono arrivati a Damasco. Quanto è vicina la capitolazione di Assad?
L’escalation in Siria ha raggiunto un punto molto critico. Quella che sta avendo luogo è una vera guerra, ed è evidente che ci aspettano giorni estremamente duri. Prima che cambi realmente qualcosa, in Siria scorrerà ancora del sangue copioso. Il presidente Assad, nonostante le pesanti perdite riportate ieri, continua ad avere un esercito numeroso in grado di combattere per lui. Può fare affidamento su un numero di soldati tra le 100mila e le 200mila unità, il cui nocciolo duro è composto da alawiti che combatteranno fino all’ultimo.
Che cosa si aspetta dal voto alle Nazioni Unite di questa settimana?
L’Onu, l’Occidente e i Paesi del Golfo non sono stati in grado di gestire la situazione come avrebbero dovuto. Ciò di cui c’era bisogno era una piattaforma politica in grado di far sì che il governo e l’opposizione di riunissero attorno a un tavolo per discutere una soluzione che fosse accettabile per tutti. Purtroppo ormai è troppo tardi per un compromesso, e l’escalation di violenza è destinata a raggiungere il suo apice. Alla fine avremo un vincitore, ma nel frattempo quante altre migliaia di morti dovremo contare?
Quali saranno le conseguenze per i Paesi confinanti?
Quanto sta avvenendo in Siria è estremamente pericoloso per tutto il Medio Oriente e può portare a una guerra regionale. Sono diverse le nazioni che possono essere colpite, incluse Libano, Iraq, Israele e ovviamente l’Iran, per non parlare dei Paesi del Golfo. In una parola, l’intera regione sarebbe coinvolta se le cose dovessero sfuggire di mano, specialmente per il fatto che sappiamo che in Siria ci sono delle armi chimiche e batteriologiche.
E’ soltanto di propaganda, come nel caso dell’arsenale segreto di Saddam Hussein?
Sul fatto che Assad disponga di armi chimiche e biologiche non ci sono dubbi. Ritengo che il presidente non abbia intenzione di usarle, ma nessuno può dire in quali mani potranno finire nei prossimi giorni. Finché sono sotto il controllo dell’esercito siriano non rappresentano una minaccia, ma se dovessero impadronirsene alcune componenti dell’opposizione ci troveremmo di fronte a gravi rischi. Sappiamo che in Siria Al Qaeda non solo è presente, ma è coinvolta massicciamente nella lotta contro Assad.
Ieri è stato ucciso il ministro Rajha. Ritiene un caso che si sia trattato di una vittima cristiana?
Nelle ultime ore i ribelli hanno ucciso numerose persone, musulmane e cristiane. L’assassinio del ministro della Difesa, Dawood Rajha, non mirava quindi a colpire nello specifico una personalità cristiana, ma tutti coloro che sono sinceramente leali al presidente. L’operazione militare è stata condotta senza badare alle appartenenze religiose. La situazione delle minoranze, e in particolare dei cristiani, diventerà problematica in seguito, soprattutto nell’ipotesi di un collasso del regime.
In che senso?
In questa fase l’uccisione di Rajha rientra nel tentativo di scalzare Assad. Ma se il presidente dovesse perdere il potere, i cristiani si troverebbero in una posizione molto difficile. Il loro futuro sarebbe simile alla situazione della Chiesa in Iraq, e anche restare in Siria diventerebbe molto pericoloso per i non musulmani. Ciò che si verificherebbe sarebbe quindi un enorme esodo verso il Libano e probabilmente verso i Paesi occidentali. Le minoranze sarebbero marginalizzate e discriminate dall’attuale opposizione, se quest’ultima dovesse arrivare a controllare il Paese. Un’ipotesi però ancora lontana dal realizzarsi.
DICHIARAZIONE DELLA PRESIDENZA CCEE
SULLA SITUAZIONE IN SIRIA
Speriamo che le autorità del Paese, la popolazione e tutti i credenti, di qualunque religione essi siano, guardino a Dio e trovino il cammino che faccia cessare tutte le ostilità, deporre le armi e intraprendere la via del dialogo, della riconciliazione e della pace. Questo conflitto non può che portare con sé inevitabilmente lutti, distruzioni e gravi conseguenze per il nobile popolo siriano. La guerra è una via senza uscita. La felicità non può che essere raggiunta insieme, mai nella prevaricazione degli uni contro gli altri.
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Riforme, non armi
La Chiesa cattolica continua a denunciare
l'interferenza di elementi stranieri
Da SIR Mercoledì 18 Luglio 2012
L’urgenza del dialogo. Come
conferma al Sir una fonte della Chiesa locale, che ha chiesto l’anonimato
per motivi di sicurezza: “Ci sono focolai di scontri tra esercito siriano e
terroristi in atto in alcune zone periferiche della capitale. Si tratta di
centinaia di militanti islamici, alcuni di Al Qaeda, entrati in Siria per
fomentare disordini da Paesi come Kuwait, Iraq, Libano, Arabia Saudita e Qatar.
I loro corpi vengono bruciati dai loro compagni una volta colpiti dalle forze
fedeli ad Assad, per non fornire prove al regime siriano. La gran parte della
popolazione è con il regime e non ne vuole sapere di questi combattenti
integralisti, i musulmani siriani non conoscono fanatismi. Se il popolo fosse
stato tutto contro Assad lo avrebbe spazzato via in pochi giorni, come accaduto
in altre nazioni. Questo non vuol dire, però, che tutto vada bene. La Siria non
è una democrazia perfetta. La Siria ha bisogno di riforme e non di armi, ha
bisogno di dialogo e non di scontri a fuoco”. Si punta l’indice contro la
comunità internazionale e i media che “distorcono la realtà”. “Vogliono togliere
la Siria ai siriani per consegnarla ai Fratelli musulmani come accaduto in altri
Paesi mediorientali. Il nostro resta l’unico baluardo all’Islam integralista e
questo non piace ad altri Paesi della regione. I cristiani non soffrono
persecuzioni ma in quanto minoranza sono tra i più vulnerabili specie davanti a
questi terroristi stranieri che s’infiltrano nei quartieri anche cristiani,
seminando violenze e morte”. Ne è una prova il movimento “Mussalaha”
(Riconciliazione), nato dalla società civile, interreligioso, che punta al
dialogo fra le diverse componenti della società siriana e che tante vite umane
sta salvando in queste settimane. Ad Homs un Comitato della “Mussalaha” ha
mediato un accordo fra le forze governative e i rivoluzionari armati consentendo
l’evacuazione di oltre 60 civili, in maggioranza cristiani.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=244000&rifi=guest&rifp=guest
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=244000&rifi=guest&rifp=guest
martedì 17 luglio 2012
“I pericoli sono anarchia, armi, interferenze; le urgenze sono dialogo e riconciliazione”: nuovo appello del Patriarca Gregorio III Laham
Mentre la crisi siriana si aggrava, di fronte a quella che è stata ormai definita una “guerra civile”; mentre “prevale il linguaggio della violenza e la voce della moderazione si indebolisce” “urge uno sforzo di dialogo e di riconciliazione”: è quanto afferma S.B. Gregorio III Laham, Patriarca dei greco-melkiti di Damasco, in una nota inviata in esclusiva all’Agenzia Fides.
Il Patriarca, confidando nello spirito del popolo siriano, afferma: “I siriani, grazie alla loro lunga storia, possono risolvere questa crisi pericolosa aiutandosi a vicenda, attraverso l’amore e il perdono. Lanciamo un appello urgente per il dialogo, la riconciliazione, la pace: questa è una delle lingue più rare, che molti non vogliono ascoltare. Noi cristiani, ai quali è stato affidato il Vangelo della pace, ci sentiamo chiamati a promuoverla”.
Analizzando la crisi siriana, il Patriarca nota: “I pericoli maggiori in Siria oggi sono l'anarchia, la mancanza di sicurezza e l'afflusso massiccio di armi da molte parti. La violenza genera violenza, che raggiunge tutti i cittadini, senza distinzione di razza, religione o colore politico”. In tale contesto “i cristiani vivono gli stessi pericoli, ma sono l'anello più debole. Indifesi, sono i più vulnerabili allo sfruttamento, all’estorsione, al sequestro di persona, agli abusi. Nonostante questo, non vi è alcun conflitto tra cristiani e musulmani. Non ci sono persecuzioni e i cristiani non sono presi di mira in quanto tali, ma sono tra le vittime del caos e della mancanza di sicurezza”.
Fra gli elementi negativi, a detta del Patriarca, vi è “l'interferenza di elementi stranieri, arabi e occidentali, che portano armi, denaro e informazioni a senso unico. Questa interferenza è dannosa anche alla cosiddetta opposizione, e danneggia l'unità nazionale, in quanto indebolisce anche la voce della moderazione”.
Sull’atteggiamento delle Chiese, il Patriarca Gregorio III Laham afferma: “Le Chiese cattoliche in Siria, di tutte le confessioni, hanno alzato la loro voce, chiedendo riforme, libertà, democrazia, lotta contro la corruzione, sostegno allo sviluppo, libertà di parola. Oggi chiediamo di fermare il ciclo di uccisioni e distruzione, soprattutto contro i civili in difficoltà, di tutte le fedi, che in realtà sono le vere vittime. La Chiesa ha sempre rifuggito il settarismo, evitando di schierarsi, e puntando ai valori etici ed evangelici”. Per questo, nota, va respinta una certa “campagna condotta contro i Pastori delle Chiese in Siria”, accusati di collusione con il regime, ribadendo “la credibilità, la trasparenza, la fedeltà e la oggettività dei Pastori che sono in costante contatto con sacerdoti, monaci, suore, laici”. Essi, aggiunge la nota, “promuovono l'invito al dialogo e alla riconciliazione, il rifiuto della violenza. Lavorano per salvaguardare la sicurezza dei civili inermi nel conflitto in corso, in modo da non esporli al pericolo, per non diventare bersagli di attacchi di una fazione o dell'altra”.
Il Patriarca esprime, infine, “molte speranze nelle iniziative della società civile per rafforzare la cordialità e i legami fra i siriani, che il conflitto ha distrutto. Preghiamo per il successo del movimento Mussalaha , in cui sono attivi delegati di tutte le Chiese, per portare l'unità e l'amore nei cuori di tutti. Questo è ciò che pone le basi per soluzioni efficaci al tragico conflitto”.
In quest’opera, conclude, “abbiamo bisogno del sostegno del Papa e ci auguriamo che la prossima visita del Papa in Libano sarà un aiuto particolare per la Siria, perché il conflitto possa cessare e il paese rifiorire. Per questo chiediamo l’aiuto di tutti i nostri fratelli cristiani, in Medio Oriente e in tutto il mondo”. (Agenzia Fides 17/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39542&lan=ita
L'appello e i chiarimenti di Gregorios III in versione completa:
http://centroculturalelugano.blogspot.it/2012/07/appello-del-patriarca-cattolico-greco.html
Siria, Damasco brucia. L'Unicef: muore un bambino al giorno. Le parole di una suora
Testimonianza di suor Marcella delle Salesiane di Maria Ausiliatrice, che gestiscono l’unico ospedale privato della città e che continuano, nonostante tutto, l’apostolato e il servizio. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=605324
Il Patriarca, confidando nello spirito del popolo siriano, afferma: “I siriani, grazie alla loro lunga storia, possono risolvere questa crisi pericolosa aiutandosi a vicenda, attraverso l’amore e il perdono. Lanciamo un appello urgente per il dialogo, la riconciliazione, la pace: questa è una delle lingue più rare, che molti non vogliono ascoltare. Noi cristiani, ai quali è stato affidato il Vangelo della pace, ci sentiamo chiamati a promuoverla”.
Analizzando la crisi siriana, il Patriarca nota: “I pericoli maggiori in Siria oggi sono l'anarchia, la mancanza di sicurezza e l'afflusso massiccio di armi da molte parti. La violenza genera violenza, che raggiunge tutti i cittadini, senza distinzione di razza, religione o colore politico”. In tale contesto “i cristiani vivono gli stessi pericoli, ma sono l'anello più debole. Indifesi, sono i più vulnerabili allo sfruttamento, all’estorsione, al sequestro di persona, agli abusi. Nonostante questo, non vi è alcun conflitto tra cristiani e musulmani. Non ci sono persecuzioni e i cristiani non sono presi di mira in quanto tali, ma sono tra le vittime del caos e della mancanza di sicurezza”.
Fra gli elementi negativi, a detta del Patriarca, vi è “l'interferenza di elementi stranieri, arabi e occidentali, che portano armi, denaro e informazioni a senso unico. Questa interferenza è dannosa anche alla cosiddetta opposizione, e danneggia l'unità nazionale, in quanto indebolisce anche la voce della moderazione”.
Sull’atteggiamento delle Chiese, il Patriarca Gregorio III Laham afferma: “Le Chiese cattoliche in Siria, di tutte le confessioni, hanno alzato la loro voce, chiedendo riforme, libertà, democrazia, lotta contro la corruzione, sostegno allo sviluppo, libertà di parola. Oggi chiediamo di fermare il ciclo di uccisioni e distruzione, soprattutto contro i civili in difficoltà, di tutte le fedi, che in realtà sono le vere vittime. La Chiesa ha sempre rifuggito il settarismo, evitando di schierarsi, e puntando ai valori etici ed evangelici”. Per questo, nota, va respinta una certa “campagna condotta contro i Pastori delle Chiese in Siria”, accusati di collusione con il regime, ribadendo “la credibilità, la trasparenza, la fedeltà e la oggettività dei Pastori che sono in costante contatto con sacerdoti, monaci, suore, laici”. Essi, aggiunge la nota, “promuovono l'invito al dialogo e alla riconciliazione, il rifiuto della violenza. Lavorano per salvaguardare la sicurezza dei civili inermi nel conflitto in corso, in modo da non esporli al pericolo, per non diventare bersagli di attacchi di una fazione o dell'altra”.
Il Patriarca esprime, infine, “molte speranze nelle iniziative della società civile per rafforzare la cordialità e i legami fra i siriani, che il conflitto ha distrutto. Preghiamo per il successo del movimento Mussalaha , in cui sono attivi delegati di tutte le Chiese, per portare l'unità e l'amore nei cuori di tutti. Questo è ciò che pone le basi per soluzioni efficaci al tragico conflitto”.
In quest’opera, conclude, “abbiamo bisogno del sostegno del Papa e ci auguriamo che la prossima visita del Papa in Libano sarà un aiuto particolare per la Siria, perché il conflitto possa cessare e il paese rifiorire. Per questo chiediamo l’aiuto di tutti i nostri fratelli cristiani, in Medio Oriente e in tutto il mondo”. (Agenzia Fides 17/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39542&lan=ita
L'appello e i chiarimenti di Gregorios III in versione completa:
http://centroculturalelugano.blogspot.it/2012/07/appello-del-patriarca-cattolico-greco.html
Siria, Damasco brucia. L'Unicef: muore un bambino al giorno. Le parole di una suora
Testimonianza di suor Marcella delle Salesiane di Maria Ausiliatrice, che gestiscono l’unico ospedale privato della città e che continuano, nonostante tutto, l’apostolato e il servizio. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=605324
lunedì 16 luglio 2012
In Siria , nel silenzio, una presenza accanto alla gente
Servizio del TG2 del 16 luglio '12
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-09e004c2-6bde-4e1e-bc43-867d4a1c08b4.html
"In alcune aree di Damasco, come in molti villaggi della Siria - spiega - la presenza di maroniti, cattolici e ortodossi favorisce la riconciliazione fra la fazione alawita e i musulmani sunniti. A ciò si aggiungono le testimonianze di diversi religiosi che hanno scelto di restare a fianco della gente e condividere con loro i dolori e il dramma della guerra, nonostante i rischi". Il prelato cita la testimonianza di cinque suore cistercensi (trappiste) italiane di Azeir (Homs), piccolo villaggio vicino al confine con il Libano. "La presenza delle religiose - afferma - è un segno di speranza per gli abitanti dei villaggi limitrofi che considerano il monastero un luogo di pace che aiuta ad affrontare gli orrori della guerra".
http://www.asianews.it/notizie-it/Guerra-civile-a-Damasco.-Nunzio-apostolico:-si-prevedono-giorni-bui-25312.html
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-09e004c2-6bde-4e1e-bc43-867d4a1c08b4.html
Guerra civile a Damasco. Nunzio apostolico: si
prevedono giorni bui
Mons. Mario Zenari
racconta la tensione vissuta dalla popolazione. Da due giorni la capitale è
teatro di scontri fra ribelli e guardia repubblicana, costati 64 morti. La
testimonianza delle suore del monastero di Azeir (Homs) segno di speranza per
cristiani, alawiti e sunniti."In alcune aree di Damasco, come in molti villaggi della Siria - spiega - la presenza di maroniti, cattolici e ortodossi favorisce la riconciliazione fra la fazione alawita e i musulmani sunniti. A ciò si aggiungono le testimonianze di diversi religiosi che hanno scelto di restare a fianco della gente e condividere con loro i dolori e il dramma della guerra, nonostante i rischi". Il prelato cita la testimonianza di cinque suore cistercensi (trappiste) italiane di Azeir (Homs), piccolo villaggio vicino al confine con il Libano. "La presenza delle religiose - afferma - è un segno di speranza per gli abitanti dei villaggi limitrofi che considerano il monastero un luogo di pace che aiuta ad affrontare gli orrori della guerra".
http://www.asianews.it/notizie-it/Guerra-civile-a-Damasco.-Nunzio-apostolico:-si-prevedono-giorni-bui-25312.html
venerdì 13 luglio 2012
Centre Catholique d’information Vox Clamantis: REPLICA ALLE DICHIARAZIONI DI DISCREDITO VERSO LA CHIESA LOCALE SIRIANA
Risposte agli articoli volti a screditare la testimonianza del vescovo Jeanbart di Aleppo (vescovo cattolico), del patriarca greco melkita Gregorios III- e Madre Agnese Mariam del la Croix( superiora del monastero di St Jacques in Siria) circa la persecuzione dei cristiani in Siria da parte degli insorti
I documenti:- CIRCULAIRE DU PROF. CHRISTIAN CANNUYER TEXTE ORIGINAL TEL QUE PRIS DU SITE
- DROIT DE REPONSE : MERE AGNES REPOND A 2 SITES FRANCAIS QUI PAR 'MALADRESSE' METTENT SA VIE EN DANGER
( "Certaines personnalités ecclésiales sont manifestement stipendiées ou manipulées par le régime pour attiser les rumeurs le présentant comme le seul défenseur de la minorité chrétienne et soulever le spectre d'un scénario à l'irakienne. Leur attitude confine à la collaboration, qu'ils pourraient payer très cher." Réponse: Cette accusation est indigne de la personne qui la profère. Tout lecteur censé devrait se soulever contre elle. Elle ne mène nulle part sauf à discréditer les chrétiens de Syrie et leurs pasteurs. Aujourd’hui en Syrie, le pire à l’irakienne n’est pas à craindre car il est en train d’advenir : plus de 100000 chrétiens ont déserté leurs maisons et ont perdu leurs biens....Mais les responsables chrétiens en Syrie ont le droit d’informer l’opinion publique sur les souffrances de leur communautè...)
- Communiqué du monastère St Jacques l’Intercis
- COMMUNIQUÉ RECTIFICATIF À PROPOS DE MON MESSAGE DU 23/06 RELATIF À LA SITUATION DES CHRÉTIENS DE SYRIE
Professeur Christian Cannuyer - 06 juillet 2012
- REPONSE OFFICIELLE AU COMMUNIQUÉ RECTIFICATIF DE CHRISTIAN CANNUYER
Groupe de Chrétiens en Syrie- 07 juillet 2012
http://www.maryakub.org/Article_Cannuyer_page_introduction_dossier_06_juillet_2012.html
mercoledì 11 luglio 2012
“Dialogo, non armi per la Siria!” .Una grande speranza da sostenere
Il Forum siriano delle famiglie aderisce alla “Mussalaha”
Damasco (Agenzia Fides), 11 luglio 2012Il “Forum siriano delle famiglie” ha aderito al movimento interreligioso “Mussalaha” (Riconciliazione) che si sta adoperando per cercare una via di dialogo intersiriano fra le parti nell’attuale conflitto civile. La “Mussalaha” intende dimostrare che esiste una “terza via” possibile, alternativa alla guerra e alle armi, quella della società civile.
Come riferito a Fides, Salman Al Assaf Binari, fondatore del Forum, che riunisce figure influenti nella società siriana, dei clan e delle diverse comunità, attorno ai principi fondanti e al valore della famiglia, ha rimarcato l’urgenza di “riconciliazione, fratellanza, lealtà e appartenenza”, esprimendo sostegno all’opera di riconciliazione, di dialogo e a un’era di riforme. Khalil Noè, presidente del comitato esecutivo del Forum, ha detto che la Mussalaha “mostra una serie di indizi importanti sulla salute della società siriana: in primo luogo l'unità del popolo siriano, che costituisce una sola famiglia; poi il comune impegno contro settarismo e violenza; quindi la consapevolezza e la volontà di sedersi attorno al tavolo del dialogo. Questi – ha detto – sono i fattori per ottenere l’uscita dalla crisi”.
Del Forum fanno parte anche personalità religiose: p. Gabriel Khajo ha sottolineato il bisogno di perdono e di amore, ricordando che l'essere umano è la pietra angolare della società e la famiglia è la principale fonte di educazione. P. Hermes Shiba, Vicario Patriarcale della antica Chiesa Assira ha sollevato una accorata preghiera “perché Dio circondi questo Forum con lo Spirito di amore, riconciliazione e di pace”, dicendo che “Dio ci ha creati per vivere in pace e in sicurezza: la pace genera l'amore: amiamoci gli uni gli altri e ad amiamo il nostro paese” .
Comitati locali della Mussalaha sono presenti nelle province di Daraa, Deir Ezzor, Idleb, Hama, Homs e hanno iniziato a ottenere i primi risultati positivi, attirando le simpatie di governo e opposizione. Di recente oltre 800 personalità siriane si sono trovate a Deir Zor, in provincia di Hassaké, per affermare che l'unica via d'uscita dalla crisi è il dialogo interno e una azione non violenta.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39503&lan=ita
Precisazione da Fides, 12 luglio:
Esponenti del Comitato “Mussalaha”, lavorano instancabilmente e freneticamente, notano fonti di Fides, con il solo scopo fondamentale di “salvare delle vite umane”.
L'iniziativa “Mussalaha”, che sta prendendo piede, nonostante la guerra civile, in diverse aree della Siria, è accusata da alcuni di essere “espressione del regime” o di essere uno “strumento di propaganda”. I membri del Comitato respingono tali accuse, notando che l’iniziativa è nata “dal basso”, dalla società civile, è interreligiosa, trasparente e indipendente. Intende dialogare con le parti, dunque anche con il governo, ma l’interesse che persegue è solo la salvezza di vite umane, la riconciliazione, l’unità e la fratellanza del popolo siriano. (PA) (Agenzia Fides 12/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39508&lan=ita
Annan prosegue nel tentativo di coinvolgere Iran e
Iraq nel piano di pace per la Siria
L'inviato dell'Onu e della Lega araba appare possibilista e dice che Teheran può avere "un ruolo positivo" nella soluzione della crisi. Affermazione contestata dagli Usa. L'esercito libanese rafforza il controllo sul confine siriano. Una squadra navale russa verso Tartus.
Beirut (AsiaNews) - Dopo Teheran, Baghdad: Kofi Annan, inviato dell'Onu e
della Lega araba, porta avanti il suo progetto di coinvolgere nel tentativo di
fermare la crisi siriana i Paesi vicini, politicamente o territorialmente. L'inviato dell'Onu e della Lega araba appare possibilista e dice che Teheran può avere "un ruolo positivo" nella soluzione della crisi. Affermazione contestata dagli Usa. L'esercito libanese rafforza il controllo sul confine siriano. Una squadra navale russa verso Tartus.
"Il mio viaggio - ha detto ieri in una conferenza stampa congiunta con il premier iracheno Nouri al-Maliki - ha toccata Damasco, Teheran e Baghdad. Ho avuto la possibilità di discutere con i leader per fermare le uccisioni, nell'interesse del popolo siriano e per evitare l'estendersi del conflitto ai Paesi vicini".
Annan ha infatti messo in guardia entrambi i Paesi sul pericolo che quella che ormai è una guerra civile possa allargarsi oltre i confini siriani. In proposito, il premier iracheno ha garantito il so sostegno alla mediazione di Annan che poco prima, dopo l'incontro con il ministro iraniano degli Esteri, Ali Akbar Salehi, aveva sostenuto che Teheran può giocare "un ruolo positivo" e di aver trovato in Iran "sostegno e cooperazione". Affermazione che ha trovato eco in quanto detto dall'esponente iraniano, che il suo Paese è "parte della soluzione".
Frase subito contestata da Washington. Per Jay Carney, portavoce della Casa Bianca, "nessuno può essere convinto che l'Iran possa avere un impatto positivo sugli sviluppi" della crisi siriana.
Accanto al fronte della diplomazia, vanno registrati due ulteriori elementi. Il primo viene dal Libano: il comandante dell'esercito libanese, generale Jean Kahwagi, ha detto oggi di aver bisogno di duemila uomini per quel maggiore controllo nella zona settentrionale del Paese. Kahwagi fa riferimento alla decisione presa lunedì dal governo libanese, dopo che due persone sono state uccise da un bombardamento siriano.
Il secondo viene dalla Russia. L'agenzia Interfax ha dato notizia dell'invio di una squadra navale russa verso la base di Tartus, nel nord della Siria. (PD)
http://www.asianews.it/notizie-it/Annan-prosegue-nel-tentativo-di-coinvolgere-Iran-e-Iraq-nel-piano-di-pace-per-la-Siria-25252.html
Appello dei francescani: “Dialogo, non armi per la Siria!”13 luglio '12
“La Siria ha bisogno di dialogo, non di armi”: è l’appello lanciato dai francescani in Siria, tramite p. Romualdo Fernandez OFM, direttore del Centro ecumenico di Tabbaleh (Damasco) e Rettore del Santuario dedicato alla Conversione di San Paolo, nella capitale siriana. In un colloquio con l’Agenzia Fides, p. Fernandez rimarca che “la strada maestra per uscire dalla crisi è quella del dialogo fra le parti. Chiediamo a tutti di accettare di sedersi attorno a un tavolo e di avviare un confronto, che possa evitare violenze, morti, stragi e massacri, che da troppo tempo insanguinano il paese”. Sull’ultimo massacro nell’area di Hama, afferma che “è una tragedia, le notizie sono confuse, la verità è la prima vittima”. Secondo il frate, “se le potenze straniere continuano a fornire armi e a finanziare le parti in lotta, la guerra continuerà e le vittime aumenteranno. Questa non è la via della pace: la via della pace passa attraverso il dialogo”. Come cristiani, nota p. Ferenandez, “siamo aperti a tutti i nostri fratelli, di ogni religione”; come francescani, ripete, “siamo a fianco della popolazione che soffre, dei cristiani e dei musulmani, e non lasceremo mai questo paese. Resteremo in Siria, a servizio del Vangelo. C’eravamo ieri, ci siamo oggi e ci saremo domani, in tempi di pace e in tempo di guerra, in tempi bui e in tempi luminosi. Nella certezza che il Signore ci vuole qui e che provvederà a noi”. (PA) (Agenzia Fides 13/7/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39517&lan=ita
martedì 10 luglio 2012
Verso la riconciliazione: oltre 300 combattenti pronti a cedere le armi a Homs
Homs (Agenzia Fides) – Oltre 300 combattenti nelle diverse fazioni armate dell’opposizione siriana a Homs hanno accettato di cedere le armi, di entrare sotto la tutela del Comitato popolare interreligioso “Mussalaha” e di continuare una “opposizione politica non armata”.
E’ il risultato di uno storico accordo promosso dal movimento “Mussalaha” (“Riconciliazione”), nato spontaneamente dalla società civile siriana, che sta riscuotendo la fiducia di tutte le parti in lotta, di famiglie, clan, comunità diverse, di settori del governo e dell’opposizione armata. Gli oltre 300 armati sono perlopiù giovani che si trovano asserragliati nelle diverse stradine del centro storico di Homs come Khalidiye, Jouret al shiyah, Qarabis, Hamidiyah, Bustan Diwan e dintorni, tuttora assediate dalle forze dell’esercito siriano. Nel complesso, si stima che i resistenti armati all’interno di quell’area della città vecchia siano oltre 1.000.
Il Comitato della “Mussalaha” di Homs, che include il sacerdote siro-cattolico p. Michel Naaman, altri leader religiosi musulmani e diversi leader della società civile e rappresentanti di comunità, dopo un lungo sforzo di mediazione, è riuscito a raggiungere un risultato fino a ieri impensabile. “I 300 giovani pronti a deporre la armi sono giovani e adolescenti che avevano deciso di combattere, presi dallo spirito e dagli ideali della rivoluzione. Fra loro vi sono parenti, figli, amici, di persone che fanno parte della Mussalaha e questo ha notevolmente facilitato il dialogo e l’accordo. Sono i figli del popolo siriano”, nota a Fides il sacerdote di Homs.
I giovani hanno avuto dall’esercito siriano garanzie che, deponendo le armi, saranno liberi e potranno continuare una “opposizione politica non violenta”. Il comitato della “Mussalaha” si farà garante della loro salvezza e libertà, in una atmosfera che vuole incoraggiare il confronto, il dialogo e la riconciliazione. Non è escluso, notano i leader della “Mussalaha”, che molti altri combattenti possano seguire questo esempio ed entrare sotto la tutela del Comitato di riconciliazione.
Il problema principale, notano fonti di Fides, è rappresentato ora da oltre 100 uomini armati non siriani che sono presenti nell’area e che non hanno intenzione né possibilità di rientrare in questa delicata operazione di “dialogo interno siriano”. Costoro chiedono il coinvolgimento della Croce Rossa, per questo i rappresentanti della CRI saranno allertati per un possibile intervento nella mediazione. (PA) (Agenzia Fides 10/7/2012)
E’ il risultato di uno storico accordo promosso dal movimento “Mussalaha” (“Riconciliazione”), nato spontaneamente dalla società civile siriana, che sta riscuotendo la fiducia di tutte le parti in lotta, di famiglie, clan, comunità diverse, di settori del governo e dell’opposizione armata. Gli oltre 300 armati sono perlopiù giovani che si trovano asserragliati nelle diverse stradine del centro storico di Homs come Khalidiye, Jouret al shiyah, Qarabis, Hamidiyah, Bustan Diwan e dintorni, tuttora assediate dalle forze dell’esercito siriano. Nel complesso, si stima che i resistenti armati all’interno di quell’area della città vecchia siano oltre 1.000.
Il Comitato della “Mussalaha” di Homs, che include il sacerdote siro-cattolico p. Michel Naaman, altri leader religiosi musulmani e diversi leader della società civile e rappresentanti di comunità, dopo un lungo sforzo di mediazione, è riuscito a raggiungere un risultato fino a ieri impensabile. “I 300 giovani pronti a deporre la armi sono giovani e adolescenti che avevano deciso di combattere, presi dallo spirito e dagli ideali della rivoluzione. Fra loro vi sono parenti, figli, amici, di persone che fanno parte della Mussalaha e questo ha notevolmente facilitato il dialogo e l’accordo. Sono i figli del popolo siriano”, nota a Fides il sacerdote di Homs.
I giovani hanno avuto dall’esercito siriano garanzie che, deponendo le armi, saranno liberi e potranno continuare una “opposizione politica non violenta”. Il comitato della “Mussalaha” si farà garante della loro salvezza e libertà, in una atmosfera che vuole incoraggiare il confronto, il dialogo e la riconciliazione. Non è escluso, notano i leader della “Mussalaha”, che molti altri combattenti possano seguire questo esempio ed entrare sotto la tutela del Comitato di riconciliazione.
Il problema principale, notano fonti di Fides, è rappresentato ora da oltre 100 uomini armati non siriani che sono presenti nell’area e che non hanno intenzione né possibilità di rientrare in questa delicata operazione di “dialogo interno siriano”. Costoro chiedono il coinvolgimento della Croce Rossa, per questo i rappresentanti della CRI saranno allertati per un possibile intervento nella mediazione. (PA) (Agenzia Fides 10/7/2012)
UNA DOMANDA INTERESSANTE
Siria: una rivolta spontanea o eterodiretta?
Così posta, la domanda è fuorviante: la realtà è più complessa e sfaccettata, come spiega a Confronti Patrick Boylan, che fa parte della Rete NoWar e dell’organizzazione Statunitensi per la pace e la giustizia. Di seguito, all’interno del servizio, altri interventi di testimoni diretti di ciò che sta avvenendo in Siria.
leggi su:
http://www.confronti.net/SERVIZI/siria-una-rivolta-spontanea-o-eterodiretta
Così posta, la domanda è fuorviante: la realtà è più complessa e sfaccettata, come spiega a Confronti Patrick Boylan, che fa parte della Rete NoWar e dell’organizzazione Statunitensi per la pace e la giustizia. Di seguito, all’interno del servizio, altri interventi di testimoni diretti di ciò che sta avvenendo in Siria.
leggi su:
http://www.confronti.net/SERVIZI/siria-una-rivolta-spontanea-o-eterodiretta
lunedì 9 luglio 2012
"Sulla Siria troppa superficialità da parte dei media"
Secondo Aiuto alla Chiesa che Soffre la situazione reale è molto più complessa
«I siriani sono indignati. Quando leggono le notizie riportate nei nostri Paesi si sentono ingannati e usati, e credono che l’Occidente insegua unicamente i propri interessi». Padre Andrzej Halemba, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per la sezione Asia-Africa, ha denunciato la superficialità dei mezzi di comunicazione occidentali nel raccontare gli attuali avvenimenti in Siria.
«Come opera caritativa ACS non interviene in ambito politico – ha aggiunto il sacerdote - ma non si può tacere una situazione che è molto più complessa di quella descritta dai media. L’informazione non può continuare a scegliere la strada più facile».
Le dichiarazioni di vari esponenti della Chiesa siriana, con cui padre Halemba è costantemente in contatto, compongono un quadro assai più articolato: rivendicazioni egemoniche, tensioni tra le diverse correnti musulmane, faide tribali, vendette, rappresaglie. Fatti all’ordine del giorno che insieme all’aumento della criminalità alimentano l’instabilità nel Paese.
Nei giorni scorsi un membro del clero locale – che per motivi di sicurezza ha preferito mantenere l’anonimato – ha segnalato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la scarsa attendibilità dei mezzi di comunicazione, autori di «sfacciate manipolazioni».
«Assistiamo a volgari falsificazioni che, senza vergogna, trasformano piccole proteste in immense manifestazioni con centinaia, se non migliaia di dimostranti». Stando a quanto riferito ad ACS, i giornalisti ignorerebbero volontariamente le testimonianze oculari e in molti casi le immagini fornite sarebbero fotomontaggi creati utilizzando fotografie della guerra in Iraq e di altri conflitti recenti.
Profondamente preoccupati per quanto sta accadendo in Siria, i vertici di Aiuto alla Chiesa che Soffre hanno deciso di stanziare un contributo straordinario di 130mila euro. 50mila euro saranno destinati ai siriani intrappolati nella città vecchia di Homs, che rischiano di morire di fame perché tutte le vie di rifornimento sono state interrotte. «Queste persone sono utilizzate come scudi umani – riferisce la fonte anonima ad ACS – ma le loro condizioni potrebbero migliorare se solo fosse aperta la strada agli aiuti umanitari».
Non è molto diversa la sorte delle circa 230mila persone che sono riuscite a fuggire da Homs. Aiuto alla Chiesa che Soffre sta raccogliendo fondi anche per sostenere le 500 famiglie cristiane che hanno trovato rifugio a Marmarita, villaggio del nord-ovest vicino alla frontiera libanese. La Fondazione ha promesso a monsignor Nicolas Sawaf, arcivescovo di Lattaquie dei greco-melkiti, 80mila euro che garantiranno alle famiglie viveri per almeno sei mesi.
http://www.zenit.org/rssitalian-31629
Incontro Annan-Assad: nuovo piano di pace per la Siria
da Radio Vaticana
Il piano di pace di Kofi Annan "non deve fallire". Così si è espresso il presidente siriano, Bashar al Assad, dopo l'incontro con l'inviato speciale dell'Onu e della Lega Araba, definito “costruttivo e trasparente” da ambo le parti.
Le parti hanno deciso di sottoporre all’opposizione un nuovo piano di pace. Intanto da Mosca, dove gli insorti hanno avuto colloqui con le autorità russe, arriva l’attacco del presidente Putin all’Occidente, colpevole di esportare solo la “democrazia delle bombe”. Benedetta Capelli:
Forse uno spiraglio di pace nel conflitto in Siria. Al termine dei colloqui, Annan ha spiegato che è stato deciso un “nuovo approccio” per mettere fine alle violenze in Siria e che sarà sottoposto ai ribelli armati. A far capire che il vento stia cambiano anche la prossima tappa di Annan, atteso in serata a Teheran. Il mediatore si è sempre detto convinto che il solido alleato di Damasco debba essere coinvolto nella crisi siriana. In Iran si discuterà degli esiti del vertice di Ginevra del 30 giugno scorso; riunione nella quale molti Paesi avevano chiesto l’uscita di scena di Assad. A Mosca, altro alleato della Siria, si è svolto un incontro tra l’opposizione siriana e il ministro degli Esteri russo Lavrov. I ribelli hanno affermato che il Paese è ormai diventato “l’arena di un conflitto internazionale” e che è la violenza ad impedire il confronto tra governo e opposizione. Di quest’ultimo punto ha parlato anche il presidente russo Putin che ha invocato per la Siria una soluzione pacifica a lungo termine senza interventi esterni. Il capo del Cremlino ha poi avuto parole forti per l’Occidente che tenta di conservare la sua influenza attraverso le operazioni umanitarie e l'esportazione della "democrazia dei missili e delle bombe". Intanto in Siria non cessa la violenza, secondo l’opposizione sia ad Homs che a Damasco proseguono i bombardamenti ed i combattimenti. Sarebbero una ventina le vittime di oggi.
Intanto, cresce la tensione tra Stati Uniti e Siria. Ieri, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha affermato che il Paese rischia un attacco catastrofico molto pericoloso anche per l’intera regione. Inoltre, il presidente Assad, in un’intervista di alcuni giorni fa ad una tv tedesca, ha avuto parole di fuoco per gli Stati Uniti. Starebbero sostenendo e proteggendo i ribelli per destabilizzare la Siria.
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=603227
A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91994
«I siriani sono indignati. Quando leggono le notizie riportate nei nostri Paesi si sentono ingannati e usati, e credono che l’Occidente insegua unicamente i propri interessi». Padre Andrzej Halemba, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per la sezione Asia-Africa, ha denunciato la superficialità dei mezzi di comunicazione occidentali nel raccontare gli attuali avvenimenti in Siria.
«Come opera caritativa ACS non interviene in ambito politico – ha aggiunto il sacerdote - ma non si può tacere una situazione che è molto più complessa di quella descritta dai media. L’informazione non può continuare a scegliere la strada più facile».
Le dichiarazioni di vari esponenti della Chiesa siriana, con cui padre Halemba è costantemente in contatto, compongono un quadro assai più articolato: rivendicazioni egemoniche, tensioni tra le diverse correnti musulmane, faide tribali, vendette, rappresaglie. Fatti all’ordine del giorno che insieme all’aumento della criminalità alimentano l’instabilità nel Paese.
Nei giorni scorsi un membro del clero locale – che per motivi di sicurezza ha preferito mantenere l’anonimato – ha segnalato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la scarsa attendibilità dei mezzi di comunicazione, autori di «sfacciate manipolazioni».
«Assistiamo a volgari falsificazioni che, senza vergogna, trasformano piccole proteste in immense manifestazioni con centinaia, se non migliaia di dimostranti». Stando a quanto riferito ad ACS, i giornalisti ignorerebbero volontariamente le testimonianze oculari e in molti casi le immagini fornite sarebbero fotomontaggi creati utilizzando fotografie della guerra in Iraq e di altri conflitti recenti.
Profondamente preoccupati per quanto sta accadendo in Siria, i vertici di Aiuto alla Chiesa che Soffre hanno deciso di stanziare un contributo straordinario di 130mila euro. 50mila euro saranno destinati ai siriani intrappolati nella città vecchia di Homs, che rischiano di morire di fame perché tutte le vie di rifornimento sono state interrotte. «Queste persone sono utilizzate come scudi umani – riferisce la fonte anonima ad ACS – ma le loro condizioni potrebbero migliorare se solo fosse aperta la strada agli aiuti umanitari».
Non è molto diversa la sorte delle circa 230mila persone che sono riuscite a fuggire da Homs. Aiuto alla Chiesa che Soffre sta raccogliendo fondi anche per sostenere le 500 famiglie cristiane che hanno trovato rifugio a Marmarita, villaggio del nord-ovest vicino alla frontiera libanese. La Fondazione ha promesso a monsignor Nicolas Sawaf, arcivescovo di Lattaquie dei greco-melkiti, 80mila euro che garantiranno alle famiglie viveri per almeno sei mesi.
http://www.zenit.org/rssitalian-31629
Incontro Annan-Assad: nuovo piano di pace per la Siria
da Radio Vaticana
Il piano di pace di Kofi Annan "non deve fallire". Così si è espresso il presidente siriano, Bashar al Assad, dopo l'incontro con l'inviato speciale dell'Onu e della Lega Araba, definito “costruttivo e trasparente” da ambo le parti.
Le parti hanno deciso di sottoporre all’opposizione un nuovo piano di pace. Intanto da Mosca, dove gli insorti hanno avuto colloqui con le autorità russe, arriva l’attacco del presidente Putin all’Occidente, colpevole di esportare solo la “democrazia delle bombe”. Benedetta Capelli:
Forse uno spiraglio di pace nel conflitto in Siria. Al termine dei colloqui, Annan ha spiegato che è stato deciso un “nuovo approccio” per mettere fine alle violenze in Siria e che sarà sottoposto ai ribelli armati. A far capire che il vento stia cambiano anche la prossima tappa di Annan, atteso in serata a Teheran. Il mediatore si è sempre detto convinto che il solido alleato di Damasco debba essere coinvolto nella crisi siriana. In Iran si discuterà degli esiti del vertice di Ginevra del 30 giugno scorso; riunione nella quale molti Paesi avevano chiesto l’uscita di scena di Assad. A Mosca, altro alleato della Siria, si è svolto un incontro tra l’opposizione siriana e il ministro degli Esteri russo Lavrov. I ribelli hanno affermato che il Paese è ormai diventato “l’arena di un conflitto internazionale” e che è la violenza ad impedire il confronto tra governo e opposizione. Di quest’ultimo punto ha parlato anche il presidente russo Putin che ha invocato per la Siria una soluzione pacifica a lungo termine senza interventi esterni. Il capo del Cremlino ha poi avuto parole forti per l’Occidente che tenta di conservare la sua influenza attraverso le operazioni umanitarie e l'esportazione della "democrazia dei missili e delle bombe". Intanto in Siria non cessa la violenza, secondo l’opposizione sia ad Homs che a Damasco proseguono i bombardamenti ed i combattimenti. Sarebbero una ventina le vittime di oggi.
Intanto, cresce la tensione tra Stati Uniti e Siria. Ieri, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha affermato che il Paese rischia un attacco catastrofico molto pericoloso anche per l’intera regione. Inoltre, il presidente Assad, in un’intervista di alcuni giorni fa ad una tv tedesca, ha avuto parole di fuoco per gli Stati Uniti. Starebbero sostenendo e proteggendo i ribelli per destabilizzare la Siria.
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=603227
I SANTI DEL GIORNO:
† Damasco (Siria), 10 luglio 1860
A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91994
venerdì 6 luglio 2012
Villaggio globale, anche per la Siria e il suo dramma
Una madre siriana con il figlio abbandona il suo villaggio -TGCOM24 |
Che non sia sempre e solo oro colato quello che si legge sui giornali e su internet tutti lo sanno, o almeno dovrebbero saperlo, se hanno un po' di esperienza della vita. E la situazione siriana è quanto mai ingarbugliata, con forze in gioco note e non note, dove l'unico dato certo è l'uccisione e l'annichilimento di uomini, donne e bambini inermi che nulla hanno a che fare con i giochi di potere in atto nel e sul paese siriano.
TRA I CRISTIANI IN FUGA DA HAMA
«Il regime siriano ci proteggeva ora non possiamo uscire da casa
03 luglio 2012 – La Repubblica, pag. 19
DAMASCO - «Per anni abbiamo vissuto nel Paese più sicuro del mondo. Ci siamo sentiti protetti, rispettati. Ma quando abbiamo visto che non potevamo più neanche affacciarci alla finestra senza rischiare di esser uccisi, abbiamo deciso che non era più il caso di restare e abbiamo lasciato le nostre case».
Ai piedi del convento della Vergine Maria, a Saidnaya, una delle culle dei cristiani d' Oriente, dove si parla ancora l' aramaico, la lingua dei Vangeli, Abdu e George ricordano la loro fuga, pochi giorni fa, da Hama. George è definitivo: «Io avevo dieci anni, nell' 82, quando l' esercito siriano schiacciò la rivolta dei Fratelli musulmani, ma quello che sta succedendo oggi è peggio». Il luogo è lo stesso, Hama, l' antica città sull' Oronte, ma le circostanze sono diverse. La città martire della repressione ordinata da Hafez al-Assad nel febbraio 1982 contro i Fratelli musulmani, è ora uno dei fronti caldi della rivolta che da un anno e mezzo infiamma la Siria.
Ma per Abdu le parole del suo amico riflettono una realtà del tutto nuova: «Quello che vogliamo dire è che oggi, a differenza di 30 anni fa, l' esistenza dei cristiani è minacciata a Hama, dove eravamo una comunità di ventimila persone e adesso sono rimasti soltanto quelli che non hanno nulla da mangiare». Lo stesso succede a Homs e nelle altre città in cui i cristiani, dopo essere rimasti per mesi estranei al conflitto, si sono visti mettere sempre di più nel mirino di gruppi armati, spesso d' incerta provenienza, genericamente definiti "salafiti", integralisti islamici di fede sunnita, che, anche solo per infiammare lo scontro con l' esercito, o per diffondere il panico, hanno imposto la loro presenza nei quartieri cristiani. «Gente venuta da fuori - dice George -. Violenti, arroganti. Entrano in casa, controllano i documenti, interrogano. E se non sono convinti, magari ritornano la notte. Vicino a casa mia si sono portati via una ragazza di 20 anni ritrovata morta qualche ora dopo».
Se non fosse per le parole di questi profughi, seppure di categoria benestante, artigiani, tecnici, commercianti, sarebbe difficile cogliere, a Saidnaya, i segni della tragedia siriana. Il convento risalente all' XI secolo, costruito su una rocca scoscesa, domina come una fortezza inespugnabile una vallata immobile e silenziosa sotto il sole cocente. Qui nulla sembra turbare la calma di questo paesaggio da sempre uguale a se stesso.
Eppure sono giorni di grande tensione per la Siria, che sembra scivolare verso la sua dissoluzione. Una deriva che niente e nessuno sembra in grado di fermare. Non certo le divisioni in seno alla comunità internazionale, con Stati Uniti e Russia su posizioni sempre inconciliabili, né quelle esplose nei ranghi dell' opposizione. L' ultima riprova viene dal Cairo, dove, in base al piano approvato a Ginevra dalle cinque potenze del Consiglio di sicurezza, s' è riunita ieri l' opposizione per elaborare una strategia condivisa sulla proposta di dar vita ad un governo di unità nazionale, per guidare la transizione, con la partecipazione tanto di esponenti del regime che della rivolta.
Ma i ribelli armati, fra i quali i disertori del Libero esercito siriano e alcuni gruppi "indipendenti", hanno subito fatto appello al boicottaggio del vertice, cui invece hanno preso parte rappresentanti del Consiglio nazionale siriano, che raggruppa i dissidenti all' estero. Ma per i cristiani di questo Paese, circa 2 milioni di persone, intorno al 10 per cento della popolazione, l' opposizione è soltanto una pedina della "grande trama" imbastita alle spalle della Siria.
Determinati a difendere la loro identità di "siriani di religione cristiana", prima ancora che di "cristiani di nazionalità siriana", quelli che incontriamo a Maalula, altra meta di pellegrinaggi, dove riposano i resti di Santa Tecla, ad una quarantina di chilometri da Damasco, vedono proprio nelle manovre della comunità internazionale la causa della rivolta che sta scardinando il regime. I guai della Siria, dice in sostanza Gabriel, un comandante della marina commerciale che lavora sulle rotte mediterranee delle compagnie greche, «derivano dalle interferenze americane, per far saltare un equilibrio che non soddisfa i loro interessi, né quelli israeliani, né quelli dell' Arabia Saudita. E l' Europa, vergogna, li segue ciecamente».
In questo contesto, le prospettive di un cambiamento di regime fanno paura. «Non posso dire - afferma nel suo elegante studio di Damasco l' architetto Maria Sadeeh, recentemente eletta come indipendente in Parlamento - che Assad sia il protettore dei cristiani ma dico che noi viviamo in un regime laico che protegge i cristiani. L' Occidente deve stare molto attento a combattere i regimi laici del Medio Oriente perché non si sa quello che potrebbe arrivare dopo. Qui in Siria c' è un tessuto multi religioso che fa parte della storia del Paese. Un regime diverso finirebbe per annullare questo elemento imprescindibile dell' identità siriana. Un sistema salafita lo rifiuteremmo».
ALBERTO STABILE
Fonte: La Repubblica del 3/07/2012
Busso e ti bombardo
Origine e paradossi delle «guerre umanitarie»
Le guerre del XX e XXI secolo offrono una prevalenza di guerre civili, in cui le popolazioni non sono più solo elementi passivi dei conflitti. Con il tempo, queste guerre hanno innescato l’inedito fenomeno delle guerre umanitarie, la cui origine risale alla vecchia pratica del ricorso al male minore. Oggi lo spazio occupato dagli interventi umanitari e dalla militarizzazione dei diritti umani ha dato vita alla nozione di violenza legalizzata. «Bussare prima di bombardare» è la formula adottata nella guerra di Gaza, conflitto in cui la natura elastica del diritto umanitario («un atto proibito diventa lecito se compiuto da un numero consistente di paesi»), è stato messo alla prova. Questi e altri sono alcuni dei concetti che emergono dal libro di Carlo Jean, con Germano Dottori, Guerre umanitarie. La militarizzazione dei diritti umani (Milano, Dalai editore, 2012, pagine 304, euro 17,50) in cui, a integrazione di quelle studiate da Eyal Weizman, le guerre prese in esame sono descritte come una fisiologia. Nate come guerre civili, si trasformano in guerre umanitarie quando le parti più deboli riescono ad assicurarsi il sostegno dell’opinione pubblica internazionale e di conseguenza l’intervento di Stati soccorritori. Così i musulmani di Bosnia e gli albanesi del Kosovo hanno trovato salvezza dall’oppressione serba. Non senza far ricorso tuttavia a trappole, provocazioni, inganni e pretesti congegnati in modo tale da fare apparire vittime innocenti i loro ideatori e criminali coloro che nelle provocazioni sono cascati determinando reazioni sproporzionate.
Paradossi e ossimori: è nell’ambito dei conflitti umanitari, dove nessun belligerante ammette di combattere una guerra non giusta, che hanno trovato spazio fenomeni come quello degli scudi umani. Bimbi messi a protezione di autobus lanciati in operazioni belliche. Il fatto nuovo è che oggi per prendere parte a una guerra umanitaria si va accompagnati dall’avvocato (che sorveglia la legalità delle azioni in cui ci si impegna), dal responsabile delle risorse umane (vigila che le regole di ingaggio siano rispettate) e dall’addetto alle pubbliche relazioni (sceglie il tipo di intervento in base all’opinione pubblica). Secondo Joseph S Nye, docente a Harvard, il tempo degli interventi umanitari è scaduto («La Stampa» 12 giugno): il detto «le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni» appare sempre più vero.
Oddone Camerana
6 luglio 2012
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