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martedì 3 marzo 2015

Padre Daniel : ai 'reporter di guerra' che dopo 4 anni ancora continuano con la propaganda ....



da Padre Daniel Maes
Qara, venerdì 27 febbraio 2015

Una Quaresima bizantina con tante varietà

Venerdì, sabato e domenica scorsi erano collegati a celebrazioni speciali nella liturgia bizantina di quaresima. Adesso ogni venerdì si canta in piedi il lungo ”acathist”, cioè  un inno cantato in onore alla Madonna. Tanto tempo fa, con questo inno fu posto fine all’assedio di Costantinopoli. In ogni caso nel novembre 2013, quando eravamo assediati, abbiamo anche noi cantato questo inno ”acathist” nel nostro rifugio (anche quando eravamo stesi sul nostro materasso) e siamo anche stati risparmiati in modo più miracoloso. I terroristi erano improvvisamente scomparsi come neve al sole.

Il sabato della prima settimana di Quaresima, abbiamo celebrato il cosiddetto 'miracolo dei granelli di zucchero'. La tradizione afferma che Giuliano l'Apostata, il 16 febbraio 362 aveva ordinato di far vendere solo carne che era stata sacrificata agli idoli e dunque contaminata, in modo che tutti i cristiani, ignoranti di questo, avrebbero comprato e mangiato questo cibo. Il Patriarca Eudosso, però , era stato avvertito in una visione e aveva messo in guardia i cristiani, in tal modo che in quel giorno si mangiarono solo cereali bolliti e zuccherati. Cosi, abbiamo mangiato in questo sabato come dessert questi cereali zuccherati.

Mentre la liturgia latina ricorda la lotta spirituale di Gesù nel deserto, qui la prima Domenica di Quaresima è dedicata alla cosiddetta ortodossia, con la quale si celebra la vittoria sugli iconoclasti o distruttori d’icone. Quest'ultima eresia che infuriava e divideva la Chiesa d’Oriente, è stata respinta in modo solenne dal Concilio di Nicea nel 787, che decretò che la venerazione delle icone è focalizzata sul mistero che è raffigurato sull'icona e quindi è del tutto giustificata. Dopo l’Eucaristica si è svolta una processione in cui ognuno portava un'icona.

I nostri rifugiati musulmani condividono la nostra Quaresima a modo loro. Cosi loro digiunano con noi durante la giornata e la sera fanno festa. Qualche volta loro ci portano la sera alcuni piatti gustosi con i quali loro vogliono incoraggiarci nella Quaresima.

 Perché Rudi Vranckx (un giornalista belga) non osa scrivere la verità?

Questa domanda vale naturalmente anche per molti altri giornalisti della stampa “mainstream”. Ci limitiamo a lui perché è il più noto “reporter” di guerra in Belgio.
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Il 17/2/2015  ha scritto "Una nuova guerra basata sul Terrore?". L'articolo comincia così: "L'illegalità e uno Stato disintegrato, frustrazioni, ribellioni, violenze e milizie armate ... Quel mix d’ingredienti che conosciamo già da tanto tempo in Siria e in Iraq. Questi ingredienti sono il terreno di coltura ideale per il terrore del Califfato. "

Con questo egli vuole offrire ai lettori una spiegazione per la nascita dei gruppi terroristici in Siria e in Iraq, scritto in modo tale da piacere all’Occidente. Lui spiega anche come la NATO ha posto fine "alla dittatura di Gheddafi." Nel mezzo, sta il "grande potenziale di jihadisti Egiziani", come “reazione di malcontento contro il colpo militare di al-Sissi". Questo è esattamente in linea con l’attuale opinione pubblica, così politicamente e giornalisticamente corretto. Quindi la miseria in Siria, Iraq, Egitto è provocata da quei paesi stessi. Sulla base di queste chiare insinuazioni le persone possono loro stesse compilare la fine della storia, cioè: il popolo si è ribellato contro un dittatore terribile, che è la causa di una guerra civile, e da qui è nato il movimento pericoloso dello Stato islamico. Infine egli ci offre riflessioni su ciò che l’Occidente nella sua innocenza – come spettatore compassionevole a distanza – può o dovrebbe fare. "Un intervento congiunto?", "Nuove misure"? Ma anche qui ritorna di nuovo il rischio che "i Russi non saranno d’accordo." In breve, come un maestro di scuola per bambini, che dà loro l'impressione di sapere tutto, cosi il signor giornalista enumera in modo conciso le diverse opinioni e aspettative circa la situazione, esattamente come previsto dall'odierna opinione pubblica occidentale. Con ciò egli ha detto quasi tutto, tranne la verità, e quella era davvero l'unica cosa che doveva scrivere.

Dopo 30 anni di dominio coloniale dall’Italia e 20 anni da parte del Regno Unito e degli Stati Uniti, la Libia è nata nel 1969. L'anno successivo, tutte le basi militari del Regno Unito e degli Stati Uniti sono state abolite e la British Petroleum è stata nazionalizzata. La banca mondiale (nella lingua fiamminga si scrive con lettera maiuscola, che io rifiuto) ha scritto nel 2010 che la Libia aveva "un alto livello di crescita economica". La Libia aveva il suo sistema bancario e l'accesso del pubblico alle università con non meno di 46%. Anche un paio di milioni d’immigrati africani lì avevano trovato lavoro con un reddito elevato, a parte le generose sovvenzioni che sono state donate al popolo in quasi tutte le occasioni (studiare, sposarsi, costruire ...). Gheddafi, senza dubbio un tipo strano, ha elevato in breve tempo la povera Libia e la sua povera popolazione al 21° più ricco stato del mondo. I cittadini comuni vivevano agiatamente. E' stato il paese africano più prospero e Gheddafi stava anche per formare una sorta di Unione Africana. Gheddafi aveva deciso che la ricchezza petrolifera doveva essere a beneficio del popolo di Libia e non dell' America (come a suo tempo fece anche Chavez di Venezuela). La NATO, sostenuta dagli Stati Uniti – Israele e alleati, ha macellato  e distrutto questo paese sovrano, una verità che apparentemente il nostro giornalista belga non ha mai sentito .

Nel mese di aprile 2009, Hillary Clinton riceve molto affettuosamente il figlio di Gheddafi in Washington e gli assicura che la cooperazione tra i due paesi sarà approfondita e ampliata. E' esattamente questa Hillary, che organizzerà  l’invasione della Libia. Petrolio e oro erano troppo seducenti e il fatto che la ricca Libia avrebbe potuto essere il leader di un'Africa prospera doveva essere impedito a tutti costi. Sempre nel 2011, la Libia protesta contro la consegna di armi agli jihadisti, fatta “dal Qatar con il permesso della NATO". Fu una protesta senza successo. “L'azione liberatrice" dell'Occidente doveva continuare. Noi stessi nel 2012 abbiamo avuto un colloquio presso il nostro Ministero degli Affari Esteri. Anche se era stato previsto un colloquio personale, all’ultimo momento il ministro non potè essere presente, ma inviò un alto funzionario. Alla nostra domanda se nei mesi di bombardamenti della Libia, i nostri F16 belgi non hanno provocato morti di civili, lui scosse la testa, guardò l'orologio e si  scusò perché doveva partecipare con urgenza un'altra riunione. Una flotta di F16 che sa bombardare per mesi un paese sovrano senza che cada un solo morto, merita una menzione nel record dei Guiness.

Dopo l'assassinio di Gheddafi, sono passati alcuni giornalisti indipendenti nel nostro monastero e ci hanno spiegato esattamente com’è andata. Loro hanno partecipato a un famoso incontro di giornalisti internazionali. Per un grande ritratto di Gheddafi hanno bruciato dell'incenso, che è stato ampiamente filmato. Questo serviva come prova di come Gheddafi si lasciava adorare come un dio dal popolo. Ci sono storie di repressioni sanguinose e massacri del suo popolo da parte del leader libico, ma senza alcuna prova. La metà dei cosiddetti "giornalisti internazionali" erano agenti segreti delle potenze occidentali, che dovevano assicurare il coordinamento dei bombardamenti. Tutte le accuse di omicidio del proprio popolo da parte del leader libico sono state smascherate come menzogne (come  l'esistenza di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, le torture orribili del presidente siriano, che erano invece tutti pretesti per invasioni militari). Ma il nostro giornalista di guerra, Rudi, continua a raccontarci che tutto era  colpa del popolo libico e del suo leader stesso!

Quando io sono arrivato in Siria nel 2010, non c'era niente da notare dell'  "illegalità e uno Stato disintegrato, frustrazione, ribellione, violenza e milizia armata ... " tra la gente. C'era una prosperità decente.  Non c’erano armi da temere. C’era una sicurezza quotidiana che non esisteva in nessun paese europeo. Quando avevi dimenticato una fotocamera costosa da qualche parte in un luogo pubblico, si poteva andare prenderla più tardi nello stesso posto. Ogni turista ripeteva le stesse storie di sicurezza di una società armoniosa e cordiale. Certamente c’erano punti deboli (in quale paese non ci sono?) soprattutto nel settore delle libertà politiche personali. Nel frattempo, il governo ha lavorato con impegno attraverso elezioni democratiche e un sistema multipartitico. Il nostro giornalista belga Rudi non può segnalare questo, perché la CIA ha determinato che questa non è informazione “politicamente corretta” ?

Ho visto con i miei occhi la nascita della ribellione nel nostro villaggio, come ho già descritto tempo fa, e così è  andato anche altrove. Sono venuti degli estranei dall'esterno. Ma no, secondo Rudi si trattava di uno Stato disintegrato, d’illegalità e di frustrazioni del popolo stesso...

In Egitto il compito di Morsi – eletto con estrema difficoltà, soprattutto con l’aiuto massiccio dell’occidente – era di consegnare il paese al terrore dei fratelli musulmani ed egli ha cominciato il suo compito di disintegrazione del paese appena seduto al potere. Ho già pubblicato una lettera dettagliata degli amici di Egitto, che hanno vissuto tutto. E' incredibile il disastro che Morsi insieme con i suoi amici fratelli musulmani ha causato tra la gente. Il popolo ha costretto il capo dell'esercito al-Sissi a proteggere il paese. Al-Sissi ha fermato il terrore dei Fratelli Musulmani, sostenuto dall'Occidente.  Inoltre Al- Sissi non ha avuto alcuna ambizione politica, ma la gente l’ha forzato a prendere la presidenza, vista la situazione disastrosa del paese. Ma no, il nostro Rudi si sente tuttavia chiamato ad aiutare i Fratelli musulmani terroristi a ritornare al potere.

Anche l’Iraq doveva venire sotto il dominio occidentale. L'America aveva già appurato che mezzo milione di bambini sono morti a causa di pesanti sanzioni. Quando un giornalista ha chiesto al Segretario di Stato americano Madeleine Albright se questi morti fossero giustificati dalla guerra, lei rispose semplicemente: “noi pensiamo di sì”. Nel 2003, la menzogna delle armi di distruzione di massa poteva essere sufficiente per un’invasione militare devastante, uccidere centinaia di migliaia di persone innocenti e "re-organizzare” il paese verso il caos. Nel frattempo, i gruppi dell’IS erano già stati formati dall’occidente in tal modo che loro potessero ormai fare il lavoro più sporco. Ma no, della distruzione del paese attraverso un'invasione militare degli Stati Uniti e del Regno Unito, di questo il nostro Rudi ancora non ha mai sentito parlare. La colpa è di nuovo del popolo stesso.

Negli primi anni ottanta, era già previsto di mettere anche la Siria sotto il terrore dei Fratelli Musulmani. Hanno iniziato con una serie di attacchi. Hanno selezionato 80 reclute, di origine alauita, in una scuola di cadetti e le hanno subito decapitate. Poi ci fu un attentato al presidente Hafez stesso, con due granate. Uno di loro l'ha ricevuta indietro con un calcio, mentre l'altra granata ha ucciso la sua guardia del corpo. Per lui era abbastanza, e ha sradicato i focolai dei fratelli musulmani con 10 o 20.000  morti. Le persone che hanno vissuto quel periodo hanno dichiarato che la reazione tra il popolo era di un grande sollievo. All'inizio della guerra nel 2011, alcuni anziani hanno accusato l'attuale presidente di non aver fatto la stessa cosa di suo padre. Ma Assad era abbastanza saggio da capire che la situazione attuale è completamente diversa e molto più grave.

Dopo quattro anni, chiunque - anche un giornalista di VRT (la televisione belga) – può essere informato che i combattenti fanatici sono di origine mondiale e che questi ragazzi sono reclutati e inviati da tutto il mondo per destabilizzare il paese come una preda per l’occidente. Gli interessi del vecchio dominio mondiale anglosassone sono immensi. Strategicamente, la Siria è il luogo più importante del Medio Oriente, sia militarmente sia economicamente. Chiunque è al potere in Siria  può controllare tutto il Medio Oriente e si trova anche davanti alla porta di Iran, Russia e persino la Cina. Di più, la Siria dispone inoltre d’immense riserve di gas ed il luogo centrale per la sua distribuzione si trova in Homs. Ma, a queste cose il nostro Rudi non ha ancora pensato.

Una sola superpotenza vuole a tutti costi rimanere un sovrano assoluto e ha già reso questa terra piena di basi militari con materiali di distruzione. Qualsiasi paese che rifiuti di sottomettersi sarà irrevocabilmente destabilizzato . Il governo sarà rovesciato e sostituito da burattini occidentali o quella terra sarà semplicemente bombardata. Tutto secondo le regole stabilite dagli USA.  La NATO ora  è il servo docile di questa macchina da guerra mondiale e ha già riempito l'ex blocco orientale europeo di personale e di attrezzature militari . Il fatto che migliaia di persone innocenti sono uccise, milioni condannate a una vita di povertà e paesi colpiti bombardati all'età della pietra, ciò non ha nessuna importanza per i governanti occidentali, ma significa solo una nota a piè di pagina. Ieri era l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia, adesso la Siria e ancora una volta l'Iraq, domani la Russia, la Cina o l'Iran? E le motivazioni rimangono sempre le stesse. Solo perché Putin vuole impedire tutto questo, vuol dire che egli è considerato un pericolo?  Se Putin avesse capito più presto le vere intenzioni dell’occidente,  probabilmente la Libia sarebbe ancora oggi un paese sovrano con un popolo fiorente. Umanamente parlando, noi dobbiamo ringraziare Putin che la Siria esiste ancora (e che noi siamo ancora vivi) e dobbiamo anche ringraziare Putin perché siamo ancora capaci di resistere alla follia dell’occidente, con un popolo siriano unito, con un esercito siriano, con un governo siriano e con un presidente siriano, una situazione che i paesi occidentali possono solo sognare ....

Io rimprovero Rudi e soci, con una conscia o inconscia (?) cecità, di voler ritornare ai tempi pagani arcaici dei miti greci, che non erano in grado di rivelare la verità delle vittime innocenti e si schieravano sempre dalla parte degli oppressori. Con i loro articoli e relazioni si schierano sempre dalla parte degli assassini, anche quando visitano con un’aria di compassione mascherata un campo di profughi. Grazie ai loro articoli e servizi il flusso di profughi e gli attacchi terroristici possono continuare senza punizione.
Ma secondo tutti i Rudi, le difficoltà in questi paesi sono comunque il risultato dell’ illegalità e della frustrazione del popolo stesso e non sono per niente la creazione dell’occidente. E cosi questi giornalisti sono complici di crimini contro l'umanità. Questo deve fermarsi.

Rudy, in nome del popolo siriano e dei popoli del Medio Oriente, racconta una volta la verità e finisci di ripetere a pappagallo la propaganda occidentale. Se un imprenditore ricco paga alcuni criminali per incendiare la compagnia del suo concorrente e se tu descrivi quanto il fuoco sia già progredito con tutti i dettagli circa le tende, senza dire chi, di fatto, sono i criminali che hanno attizzato il fuoco, allora tu sei un impostore.

Se l'America, affiancata da 19 paesi - dall’agosto 2014 - combatte presumibilmente l’IS e se invece l’IS diventa sempre più forte, allora si dovrebbe essere da qualche tempo consapevoli che non c'è l'intenzione di combattere l' IS, ma che loro scopo è piuttosto la distruzione delle infrastrutture della Siria. Se oggi invece le grandi potenze chiudessero in modo efficace il flusso di denaro e qualsiasi aiuto all’IS, l’IS crollerebbe come un castello di carte, già la settimana successiva. Quando l’IS in giugno 2014 entrava dal deserto siriano in Iraq con una lunghissima coda di furgoni Toyota (com’è possibile in pieno deserto senza protezione aerea?), un bombardamento avrebbe potuto eliminare tutti in poche ore. Tuttavia, l’unico scopo di queste foto era che ci volevano ancora molti più bombardamenti in questa zona.

"Il gruppo armato dello stato islamico non è solo protetto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, ma anche addestrato e finanziato da Stati Uniti e  NATO, con il sostegno di Israele e degli Stati del Golfo", scrive Michel Chossudovsky, il direttore del centro di ricerca sulla globalizzazione e professore emerito di scienze economiche presso l'Università di Ottawa, su Mondialisation.ca, il 20 febbraio 2015. Il 23 febbraio, due aerei inglesi sono precipitati in  Al-Anbar (Iraq). Questi aerei erano pieni di armi per l’IS e la Siria ha abbattuto due elicotteri, anch'essi pieni di materiale per IS. Tuttavia, i nostri giornalisti faranno di tutto per tenere nascosta questa informazione e al contrario  danno tutta la colpa al popolo di Siria e di Iraq. Così l'Occidente può continuare a fare la guerra e a sostenere l’IS.

Rudi Vranckx, a Damasco i bambini muoiono di fame e di freddo, mentre la Siria in passato generava un’abbondanza di cibo ed energia. Ogni giorno la gente muore in attentati in un paese in cui la popolazione prima viveva nella massima sicurezza. Questo accade in parte anche perché tu incoraggi questa guerra assurda contro la Siria con le tue mezze verità e bugie intere.

La mia unica conoscenza e penso anche la mia sola autorità è quella di una vittima innocente per più di quattro anni (che è sopravvissuta a questa follia di guerra fino ai giorni nostri in modo miracoloso).

D. Maes o. praem. Mar Yakub, Siria,
27 febbraio 2015

(traduzione dal fiammingo di A.Wilking)

domenica 1 marzo 2015

Aleppo senza tregua, ma la vita non si ferma. Parlano il vescovo Abou Khazen e fra Ibrahim


TERRASANTA.NET
25 febbraio 2015

Nonostante l’assedio, i bombardamenti, la mancanza sul mercato di ogni bene di consumo, e il terribile freddo che patisce da mesi, Aleppo desidera vivere con tutte le sue forze. Negli ultimi giorni la morsa intorno alla seconda città della Siria si è stretta in modo drammatico: il 17 febbraio l’esercito regolare del presidente Bashar al Assad, con il sostegno di Hezbollah, ha sferrato la cosiddetta Operazione Ora zero, un attacco a sorpresa contro i ribelli che sono insediati nella regione immediatamente a nord di Aleppo, con l’obiettivo di prendere le vie di comunicazione che collegano la città al nord del Paese e alla Turchia. I ribelli avrebbero rintuzzato l’attacco, rafforzando le proprie posizioni. Oltre 150 soldati governativi sarebbero stati uccisi.


La tregua temporanea, ventilata qualche giorno fa dall’inviato Onu Staffan De Mistura, è quindi saltata: «Al posto della tregua ci sono atroci scontri a fuoco nelle periferie settentrionali ed orientali della città – ci scrive oggi fra Ibrahim Sabbagh, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Aleppo –, con una pioggia di bombardamenti sulle zone abitate…».

Quello che colpisce, in una situazione di totale incertezza e di catastrofe imminente, è come la comunità cristiana della città stia lottando con tutta sé stessa per la normalità e la vita.
«I giovani rimasti ci sollecitano; fanno volontariato in parrocchia, si sposano; i bambini vengono battezzati, si celebrano feste… - racconta mons. Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo -. Noi vogliamo rimanere membri della Chiesa universale: la vita continua».
«Noi cristiani, siamo una piccola minoranza in Siria, composta da varie Chiese – spiega il presule – ma non siamo mai stati così uniti». I vescovi cattolici si riuniscono ogni sabato, mentre l'ultimo sabato del mese viene organizzato un incontro ecumenico aperto a tutti coloro che lo desiderano. 
Di nuovo il vescovo francescano: «Una delle principali sfide che, a mio parere, devono affrontare i cristiani del Medio Oriente è il superamento delle nostre paure e la riscoperta della fiducia, una fiducia che è stata distrutta da ciò che abbiamo vissuto. È questa mancanza di fiducia che ci impedisce di prevedere il futuro. La nostra sfida è di sentirci dire che la nostra presenza in Medio Oriente è una chiamata, una missione».

I quartieri di Aleppo a maggioranza cristiana oggi accolgono numerosi profughi di confessione musulmana ed è un'esperienza nuova e feconda per mons. Abou Khazen, che dice: «Durante il conflitto, abbiamo sviluppato nuove modalità d’incontro. Non è stato facile ma continuo a ribadire che è molto importante saper accogliere. Non dobbiamo creare alibi per l’esclusione o il settarismo. Dobbiamo nutrirci di tale convivenza e, credetemi, numerosi musulmani sono sorpresi dalla carità dei cristiani soprattutto verso i bambini, le donne, gli anziani...». 
Il vescovo porta come esempio una sala parrocchiale affidata al Waqf (istituzione islamica di beneficenza) e trasformata in casa d'accoglienza per persone anziane, orfani e handicappati o, ancora, il generatore della parrocchia che permette agli studenti di studiare quando in città l’interruzione dell'energia elettrica si prolunga troppo.


 «Ad Aleppo, in questo periodo invernale, il freddo intenso sta drammaticamente condizionando la gente – racconta fra Ibrahim, il parroco –. Di gasolio non ce n’è quasi più e noi, per il servizio alla gente facciamo ricorso alle autorità civili ottenendone delle “gocce” di tanto in tanto; lo stesso vale per il gas. Siccome il 5 gennaio è cominciato in tutta la Siria il periodo degli esami per gli studenti universitari, ho fatto partire un progetto di aiuto per loro e per gli studenti della maturità. Nelle loro case non vi è disponibilità né di elettricità, né di riscaldamento e, visto che anche le biblioteche ospitate nelle diverse chiese di Aleppo sono ormai chiuse per mancanza di gasolio, ho deciso di “nuotare contro corrente” e di aprire una biblioteca ad hoc in parrocchia. Siamo in grado di accogliere fino a 60 studenti nei locali del catechismo. Abbiamo sistemato e arredato all’occorrenza il luogo, riscaldandolo alla bell’e meglio l’ambiente con un minimo consumo di gasolio. I locali restano aperti agli studenti dalle 9 del mattino alle 8 di sera».

L’accoglienza prevede la possibilità di una bevanda calda e anche il pranzo per coloro, e non sono pochi, che non possono permetterselo. «Nel progetto abbiamo coinvolto due giovani sposi e alcune famiglie senza lavoro come responsabili dell’accoglienza. Oggi mi ha raccontato uno di loro che il numero degli studenti registrati, con la richiesta da parte nostra di una somma minima di denaro per l’iscrizione, è arrivato a 80. Sono veramente soddisfatto di questo tipo di servizio concreto che riusciamo ancora ad offrire ai nostri giovani e spero, se la Provvidenza continuerà a manifestarsi e ad assisterci».

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=7309&wi_codseq=SI001+&language=it


Carissimi, 
ieri, 26 febbraio 2015, alle ore 17.05 durante la Messa serale, è caduta una bombola di gas vicino alla nostra chiesa di Azizieh. Essa è entrata in un negozio dei più vicini a noi ed è esplosa lasciando due cadaveri e diversi feriti. Al livello della chiesa e dei nostri spazi era solo materiale: alcuni vetri delle finestre alte della chiesa sono spaccati e caduti in mille pezzi sulla gente che pregava, senza nessuna ferita, e così anche per diverse finestre e vetri delle aule degli scout e del catechismo. 
Purtroppo, per la strada, il risultato era la morte di un uomo (Agop) e una giovane (Sima, 20 anni); quell’ultima frequentava la nostra sala di lettura.

Ogni volta che succede qualcosa del genere, la gente cade in disperazione e tutte le ferite si aprono di nuovo. Così, oggi, mentre i funerali sono stati celebrati, un' onda di dubbio, di paura, di spavento, di amarezza e di disperazione, prendono il sopravvento sulla gente che abita ad Aleppo; in modo speciale quella cristiana.
Cominciamo quindi da capo a seminare il terreno devastato, con i semi della fede e della speranza.

fr. Ibrahim Alsabagh



ANGELUS Papa Francesco , 1 marzo 2015

"Chiedo a tutti, secondo le loro possibilità, di adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano."

Cari fratelli e sorelle,
non cessano, purtroppo, di giungere notizie drammatiche dalla Siria e dall’Iraq, relative a violenze, sequestri di persona e soprusi a danno di cristiani e di altri gruppi. Vogliamo assicurare a quanti sono coinvolti in queste situazioni che non li dimentichiamo, ma siamo loro vicini e preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime. Insieme ai membri della Curia Romana ho offerto secondo questa intenzione l’ultima Santa Messa degli Esercizi Spirituali, venerdì scorso. 
Nello stesso tempo chiedo a tutti, secondo le loro possibilità, di adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano. Preghiamo per questi fratelli e queste sorelle che soffrono per la fede in Siria e in Iraq…. Preghiamo in silenzio…..

venerdì 27 febbraio 2015

«Non abbandonateci, non lasciateci soli»

Samaan Daoud: il nostro desiderio della vita è più forte della morte 


Il Sussidiario , giovedì 26 febbraio 2015

INTERVISTA a Samaan Daoud

Duecento cristiani assiri sono stati rapiti dall’Isis nel corso di raid nei villaggi nella provincia siriana di Hasakeh, mentre quasi mille di loro sono dovuti fuggire per evitare la stessa sorte. La maggior parte delle persone catturate sono donne, bambini e anziani. Le milizie curde e cristiane stanno combattendo nella zona contro i militanti dello Stato Islamico. Il rapimento dei cristiani assiri da parte dell’Isis ha provocato un vero e proprio esodo da parte di famiglie terrorizzate che hanno abbandonato le loro case. Ne abbiamo parlato con Samaan Daoud, un cristiano siriano che vive in un quartiere di Damasco a circa un chilometro e mezzo dall’area controllata dai ribelli.

Daoud, decine di villaggi cristiani sono sotto attacco da parte dell’Isis…
E’ un atto che non sorprende, perché l’Isis non fa più nessuna distinzione nel compiere i suoi atti efferati. Ha già attaccato sia i villaggi curdi sia quelli musulmani sunniti. A Nord, nell’area di Kobane sono circondati, con l’esercito che li sta spingendo nella parte est verso Aleppo. Dovevano quindi sfogarsi contro qualche minoranza pacifica, e così hanno scelto i cristiani. Nel conflitto in Siria l’anello più debole sono i cristiani, perché non credono nella violenza e non hanno scelto di armarsi.
I cristiani la stanno pagando cara, questo fa parte del nostro martirio. Noi cristiani in Siria siamo dei martiri che camminano.

E’ un martirio che riguarda la vita quotidiana di tutti i cristiani siriani?
Noi non cerchiamo il martirio, ma quanto ci sta accadendo è qualcosa che è stato progettato a tavolino. Turchia e Israele vogliono privare completamente il Medio Oriente di qualsiasi presenza cristiana. Non dimentichiamoci che nel 2004 i cristiani in Iraq erano quasi un milione e mezzo e oggi sono rimasti solo in 500mila. In Siria ora si sta ripetendo lo stesso scenario.

Qual è il ruolo della Turchia in questo progetto?
Erdogan ha un progetto neo-ottomano, e sta occupando parte del territorio siriano con la scusa che la tomba del nonno del fondatore dell’Impero Ottomano si trova in Siria, in un’area non molto lontana dal punto in cui i cristiani sono stati rapiti. Non dimentichiamoci che Erdogan è il capo dei Fratelli musulmani, e si sente il nuovo sultano ottomano. Il suo obiettivo è riconquistare il territorio dell’antico impero, anche se si dovrà scontrare con il fatto che i siriani non accettano di buon grado la presenza dei turchi nel nostro Paese.

Qual è invece il ruolo di Israele?
Ritengo che non sia un caso che Israele abbia stabilito dei collegamenti costanti con la zona del nord dell’Iraq e del Kurdistan. In quest’area hanno comprato dei terreni molto vasti e c’è una grande comunità ebraica che sta crescendo. Israele mira a espandersi dal fiume Eufrate fino al Nilo. Non dimentichiamoci che l’Isis è sempre più presente nella stessa area, dal Sinai fino a Mosul, e in questo modo favorisce molto il progetto sionista che mira a impadronirsi di risorse come il petrolio e a indebolire politicamente quest’area.

Com’è la vita quotidiana di un cristiano a Damasco?
Un’ora prima che lei mi chiamasse sono uscito per fare la spesa, per strada ho sentito un colpo e un mortaio è caduto accanto a me. Il mio quartiere si affaccia sulla zona controllata dai gruppi ribelli, a circa un chilometro e mezzo di distanza, e siamo abituati a convivere con questi colpi di mortaio e con il lancio di missili Katiuscia. Ormai fanno parte della vita quotidiana. Uno esce di casa già consapevole che può arrivare un colpo di mortaio quando meno se lo aspetta. Nonostante tutto ciò noi viviamo con una grande gioia: le chiese sono affollate di gente, gli oratori sono una realtà viva e piena di giovani.
Il desiderio della vita è più forte di qualsiasi volontà di morte e di qualsiasi disperazione.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2015/2/26/CRISTIANI-RAPITI-DALL-ISIS-Douad-il-nostro-desiderio-della-vita-e-piu-forte-della-morte/585810/


Centinaia di cristiani catturati dallo 'Stato Islamico' ...

Radio Vaticana . France

Mgr Jacques Behnan Hindo, l’évêque syro-catholique d’Hassaké. Il revient sur le contexte de cet enlèvement et dénonce quelques faits dérangeants.

Que savez-vous de cette attaque de l'Etat islamique dans la région d'Hassaké ?
Daesh, qui est aux alentours d’Hassaké, à l’Est de la rivière Khabur, tient la montagne d’Abd al-Aziz. Ils ont commencé par le premier village, Chamiram, puis ils ont pris onze villages sur la rive Ouest du Khabur, de Chamiram jusqu'à Tel Hermoz. Nous savons qu’à Chamiram, ils ont encerclé à peu près une trentaine de familles. Un autre petit village, Tal Jazeera, a aussi été encerclé. Il y a une trentaine de familles qui ont été déportées vers la montagne. Ils ont pris à peu près tous les villages. Les gens ont fui. Ils ont brûlé l’église de Tel Hermoz. Hier (lundi), nous avons eu toute la journée les gens qui venaient, à bord d'un tracteur ou de tout ce qu’ils trouvaient comme véhicule de fortune. Nous avons à peu près une centaine de personnes qui sont arrivées hier midi ainsi que toute la journée. Il y en a autant qui se sont réfugiées dans les villages vers l’Est. À Hassaké elle-même, les gens sont reçus et ils ont été logés, dans les églises ou dans les maisons. Les choses vont un peu mieux. Seulement, il y a cette peur, cette crainte.

Les gens que vous avez vu fuir vous ont-ils raconté comment cela s’est passé ? Pourquoi est-ce qu’ils ont enlevé ces chrétiens ? Est-ce que ce sont tous des chrétiens ? Est-ce qu’ils demandent quelque chose ?
Nous savons que tous les villages occupés maintenant sont des villages assyriens. Donc ils sont tous chrétiens. Ils avaient déjà émigré. Pourquoi ? Apparemment parce que de temps en temps les djihadistes venaient faire des incursions, demandant qu’on enlève les croix et ainsi de suite. Mais cette fois-ci, ils ont décidé de mettre la main sur ces villages-là et peut-être, peut-être, attaquer Hassaké. En septembre, j’avais écrit une lettre à sa Sainteté, à Obama, à Rohani en Iran, à Poutine et au président de Chine, leur demandant d’intervenir pour combattre les terroristes en Syrie. J’avais même lancé un SOS avant Noël parce que Daesh commençait à perdre un petit peu de terrain en Irak. Aujourd'hui, ils viennent s’installer dans la Mésopotamie syrienne. Maintenant, ils sont aussi en train de perdre le nord d’Alep. Ils sont en train de s’installer dans notre région. Dans cette région, il y a maintenant un nombre énorme de « Daeshiens ». Daesh est au Nord, à peu près à 7 km d’Hassaké, 5-7 km de Kahtanieh et des autres villes le long de la frontière turque. Cela pose un sérieux problème parce qu’ils peuvent attaquer en grand nombre. Nous, les chrétiens, les Kurdes et les Arabes, nous sommes à peu près un million et demi de personnes. En plus, il y a 300.000 réfugiés des zones de Raqqa et autres, qui sont maintenant dans la région d’Hassaké, Kameshli et ailleurs. On n’aura pas de refuge. Comme on sait que Daesh a une dent contre les Kurdes, tous les Kurdes sont massacrés. Elle a une dent contre les chrétiens sauf que les chrétiens ont trois alternatives : devenir musulman, payer la dîme ou bien, partir. Mais où ? La situation commence vraiment à être très dangereuse.

Vous êtes évêque à Hassaké. Combien de chrétiens reste-t-il ? Quelle est la situation au quotidien sachant que la menace djihadiste se fait de plus en plus pressante ?
Nous étions trois évêques. L’évêque syriaque orthodoxe est aujourd’hui en Europe depuis six, sept mois. Nous restons donc deux évêques : moi-même, syrien catholique et l’évêque assyrien. C’est sa communauté qui trinque, c’est cette communauté qui souffre. Nous souffrons tous avec elle. Nous devons être à peu près 120.000-130.000 habitants chrétiens dans la région, éparpillés un peu partout. La majorité est à Hassaké et à Kameshli. Il y en a pas mal qui ont émigré. Depuis quatre ans que la guerre dure, il y a à peu près 20-25% qui ont émigré. On ne peut vraiment pas avoir un chiffre exact parce que tous les jours, il y a des familles qui émigrent. La seule voie, c’est par avion, de Kameshli à Damas pour pouvoir partir ailleurs. Et même pour tout, il faut aller à Kameshli : pour prendre l’avion et sortir de ce blocus que nous avons tout autour de nous. Au Nord, la Turquie a tout fermé, absolument tout fermé. Elle laisse seulement passer les camions, les « Daeshiens », les troupes de Daesh, le pétrole volé à la Syrie, le blé, le coton. Tout cela peut passer la frontière mais personne ne peut passer.

Quel est l’état d’esprit des chrétiens qui restent, de cette communauté dont vous êtes le pasteur ?
Tout le monde est très mal à l’aise. Depuis Noël, on était beaucoup plus tranquilles. Daesh était à 17 km, ils n’avançaient pas. Tout allait bien dans la ville parce que c’était calme. Mais depuis hier, on sent que Daesh peut à tout moment franchir facilement ces 17 km. À chaque fois que nous avons un problème, le nombre d’émigrés augmente. Maintenant, par exemple, quand cela sera fini - je l’espère d’ici demain, parce que les Kurdes se renforcent pour aller les combattre - vous verrez après cela les avions qui seront remplis de chrétiens, de Kurdes. Tout le monde fuit. Les gens ont peur, c’est absolument normal. Surtout que Daesh a une tactique, une stratégie : elle envoie la peur, la terreur devant elle. Les gens fuient cette terreur. D’ailleurs, ce qui m’exaspère, c’est quand je vois les télévisions en Occident qui ne font que diffuser des égorgements et toutes les exécutions possibles. Ils les diffusent toute la journée. Nous aussi, on les voit et puis, tout le monde a peur. Chacun dit : « je ne veux pas être égorgé, je ne veux pas être brûlé vif ».



Ain Dara (Aleppo) come Mosul?

Vous êtes donc encerclés, sous pression islamiste. Est-ce qu’il y a quand même une quelconque aide humanitaire qui arrive à vous parvenir ?
Il y a une chose que je voudrais dire : la Croix Rouge aide, fournit de l’argent au Croissant Rouge. Or, le Croissant Rouge ne donne absolument rien aux chrétiens. Hier, il y a eu le Croissant Rouge, UNHCR, etc, qui se sont baladés devant les télévisions, qui ont parlé comme s’ils avaient aidé les gens. Or, ils n’ont distribué, même pas une livre syrienne. Jusqu’à maintenant, le Croissant Rouge n’a rien donné aux chrétiens, et ce depuis quatre ans (ndlr : le début de la guerre). Je l’ai dit sur une grande chaîne arabe et là, je vous le dis aussi. Il faut que la Croix Rouge le sache. Il faut qu’il le sache. Ici, les responsables sont tous des Frères musulmans ou apparentés. Je le dis à voix haute parce que cela m’exaspère et me révolte.

Alors de qui provient l’aide que vous recevez ?
Par exemple, de l’Œuvre d’Orient, du Vatican, de la Congrégation orientale. Sinon, la Croix Rouge ne donne rien puisqu’elle donne tout au Croissant Rouge et le Croissant Rouge, ici, ne distribue même pas un milliardième de ce qu’il reçoit, rien aux chrétiens.

Que se passe-t-il par exemple, lors d’une grande distribution, si une personne s’avance et dit qu’elle est chrétienne ?
À chaque fois qu’un chrétien se présente chez eux, ils disent « rien ». Tandis que nous, à l’Église, Caritas, etc, nous donnons aux chrétiens, aux musulmans, à tout le monde. Eux ne donnent rien. 
http://fr.radiovaticana.va/news/2015/02/24/syrie__des_dizaines_de_chr%C3%A9tiens_captur%C3%A9s_par_letat_islamique/1125449

giovedì 26 febbraio 2015

Nei villaggi cristiani lungo il fiume Khabur, fonti confermano il rapimento di civili, la liberazione di alcuni e la distruzione di chiese. Il ruolo della Turchia.


Ultim'ora:  «Siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini cristiani rapiti dallo Stato islamico»

TEMPI, 25 febbraio
di Leone Grotti

Aggiornamento delle 18.00: Appena contattato da tempi.it, padre Ayvazian Antranig, responsabile dell’eparchia armeno-cattolica di Qamishli e rappresentante del WFP delle Nazioni Unite nel Nord Est della Siria, ha dichiarato: «Tre minuti fa mi ha chiamato un mio uomo, che ho inviato a trattare con i terroristi: siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini rapiti dallo Stato islamico. Siccome però gli scontri continuano, non siamo ancora riusciti ad andarli a prendere per non metterli in pericolo. Dovremmo riuscirci domani. Si trovano ora a 57 chilometri dal primo posto sicuro, nel villaggio di Msherfe. In tutto sono state rapite 163 persone. Di queste, 72 restano nelle mani dell’Isis a Mafluja mentre 26 o 28 a Habbade. Come li abbiamo liberati è un po' un segreto, ma loro ci rispettano». Domani l’intervista integrale.
http://www.tempi.it/siria-isis-ha-ucciso-milad-conquistato-villaggi-cristiani#.VO4jdGB0wqS

"Vogliono svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali."

AsiaNews , 25-02-2015


......
"Si parla di oltre 90 fedeli rapiti, ma secondo alcuni il numero ancora più grande, forse 150; una chiesa è stata distrutta, almeno tre villaggi di rito assiro sono stati occupati, la gente è dovuta scappare. Non abbiamo ancora notizie esatte, ma dalle prime testimonianze la situazione è drammatica". È quanto afferma ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando l'attacco sferrato il 23 febbraio scorso dallo Stato islamico contro alcuni villaggi cristiani assiri nel nord-est della Siria. Colpiti numerosi centri fra cui Tel Tamar, Tel Shamiran, Tel Hermuz, Tel Goran e Tel Khareta...

Il vicario apostolico di Aleppo si rivolge all'Occidente e alla comunità internazionale affermando con forza che "l'intervento militare contro lo Stato islamico non è la via giusta" per risolvere la crisi e restituire pace e sicurezza alla Siria e all'Iraq. "Non ho mai creduto nella guerra - precisa - perché essa crea ancora più odio e divisioni". 
L'Occidente, prosegue il prelato, dice di combattere questi gruppi "ma li aiuta dall'altra parte. Chi compra il loro petrolio, chi vende loro le armi, chi è coinvolto nel traffico di reperti archeologici, di beni antichi di inestimabile valore?". 
Mons. Georges Abou Khazen vede molta "ipocrisia" nella lotta ai terroristi, "che non si risolverà certo con le bombe, ma smettendola di finanziarli a livello economico e militare. Quello che chiediamo è di non aiutare questa gente, non vendere loro le armi, lo diciamo da tempo ma nessuno ci ascolta". 
Il prelato ricorda inoltre che la comunità assira sotto attacco vive "da migliaia di anni nella zona, con le proprie tradizioni e riti antichissimi. Li hanno sradicati senza difesa alcuna. Si fanno campagne per salvare gli animali in via di estinzione, per lasciarli nel loro habitat - accusa - e per noi cosa si sta facendo davvero?".
Fra i fedeli c'è un sentimento di paura, conferma mons. Georges, "tanti vogliono scappare ed è un segnale molto pericoloso. Svuotare queste terre del cristianesimo è una disgrazia per tutti quanti. Forse si vuole dar vita a un altro Afghanistan, nelle mani dei nuovi talebani". 
Questa è la nostra lettura, conclude il prelato, vogliono "svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali. Noi cristiani siamo gli unici sparsi per tutto il territorio di Siria e Iraq, siamo il solo elemento che difende l'unità del Paese e mantiene vivo il valore del pluralismo... un elemento che vogliono sempre più distruggere".

http://www.asianews.it/notizie-it/Siria:-150-cristiani-rapiti-dallo-Stato-islamico,-donne-stuprate-e-uccise.-Vicario-di-Aleppo:-“situazione-drammatica”-33561.html

La barbarie dell'Isis e il ruolo ambiguo della Turchia

L'esercito turco ha violato la sovranità territoriale siriana per evacuare una statua in ricordo dell'Impero ottomano. Nessuna interferenza nella operazione da parte dell'Isis, che controlla la zona

ZENIT.ORG, 25 febbraio 2015
di Naman Tarcha 

Ancora una volta la storia si ripete. Negli stessi territori in cui, cento anni fa, i turchi commisero il primo genocidio ai danni dei cristiani mediorientali (armeni, siri, caldei e assiri), le stesse vittime sono oggi perseguitate dai terroristi dello Stato islamico.
I jihadisti hanno compiuto un nuovo feroce assalto a 30 villaggi siriani della comunità cristiana degli assiri nella provincia di Hasakah, nel nord-est della Siria. Il tentativo è stato quello di riconquistare terreno e trovare vie di fuga e rifornimenti, dato l'avanzamento delle Forze armate siriane a nord di Aleppo e la resistenza delle forze di difesa curde. Tal Hermez, Tal Tamer, Tal Shmeram, Tal Tawil sono solo alcuni dei villaggi sul fiume Khabur, assaltati dai miliziani con circa 40 mezzi armati all'alba di lunedì.
Jack Bahnam Hindo, vescovo della chiesa siro-cattolica a Hasakeh, ha confermato che la maggior parte degli abitanti sono stati sfollati nella città vicina di Qameshli, ma almeno 70 civili - per lo più donne e bambini - risultano in mano ai terroristi, portati in un luogo sconosciuto.
"Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, probabilmente allo scopo di usarli come scudi umani o merce di scambio con riscatto o rilascio”, sottolinea mons. Hindo. Il quale critica duramente la coalizione occidentale: "Voglio dire chiaramente che noi abbiamo la sensazione che siamo lasciati soli nelle mani di Daash (acronimo arabo di Stato islamico di Iraq e Levante ndr), i caccia americani sorvolavano la zona, ma non sono mai intervenuti".
Fonti locali riferiscono di case e abitazioni occupate e bruciate dall'Isis: quattro uomini delle guardie locali rimasti uccisi negli scontri, mentre é stata data alle fiamme la chiesa di Al Shamiye, una delle più antiche della Siria.
Gli attacchi dei terroristi sono avvenuti per rompere l'assedio imposto alla zona strategica, Ras Al-ain, cittadina di confine con la Turchia, e riconquistare l'autostrada che collega le città siriane di Qameshli e Hasakeh, lungo la quale si trova Al Raqaa, dichiarata capitale dello Stato islamico.
Le forze di difesa assire sostenute dai raid aerei dell'esercito siriano hanno respinto i terroristi e si preparano alla controffensiva, mentre le forze di difesa curde avevano già ripreso il controllo di 20 villaggi negli ultimi giorni.

Si registrano intanto tensioni anche tra la Siria e la Turchia. La scorsa notte l’esercito turco è entrato in territorio siriano per evacuare il mausoleo dedicato a Suleyman Shah, nonno di Osman, fondatore dell'Impero ottomano, che morì annegato, nel 1231, mentre attraversava il fiume Eufrate, vicino la fortezza di Jaabar. Malgrado la salma non fosse mai ritrovata, fu costruito un mausoleo in suo ricordo.
L’edificazione avvenne in un sito extraterritoriale, soggetto a sovranità turca a seguito di un accordo franco-turco del 1921 (durante l’epoca coloniale francese). Tuttavia la statua fu trasferita dalle autorità siriane nel 1972 dal luogo originale per consentire la costruzione della grande diga siriana.
L’intervento dei militari turchi a difesa della statua di Suleyman Shah è stato definito dal Governo di Damasco “una palese aggressione” per cui “Ankara ne risponderà”.
Da segnalare che i miliziani dell’Isis, nonostante abbiano fatto saltare in aria decine di santuari, mausolei e tombe sacre in Iraq e in Siria, hanno sempre risparmiato il mausoleo, l'unico rimasto in piedi, anche se dista solo 100 km dalla città siriana Al Raqaa, dichiarata capitale del cosiddetto Stato Islamico.
L'operazione dei militari turchi non è stata disturbata né da parte dei combattenti curdi di Kobane, né dall'Isis che controlla la zona, suscitando molti interrogativi.
La Turchia è stata ad oggi l'unico Paese in grado di liberare i propri ostaggi dalle mani del cosiddetto Stato islamico: 49 persone sono state tratte in salvo tra diplomatici e loro familiari, sequestrati presso il consolato turco a Mosul dopo l'assalto dell'organizzazione terroristica alla città irachena.
Il Governo turco ha subito precisato che quella della scorsa notte è solo un'operazione temporanea, e presto costruirà un mausoleo nuovo, sempre però sul territorio siriano, a 200 metri dal confine turco nei pressi di Ain Al-arab (Kobane).
Alla Turchia di Erdogan viene attribuito un ruolo ambiguo, visto il rifiuto di partecipare alla Coalizione guidata dagli Stati Uniti. Anche l'opposizione turca accusa Erdogan e il suo partito di condurre politiche dannose a scapito della stabilità e della sicurezza interna al Paese, attraverso il sostegno ai gruppi armati in Siria.

http://www.zenit.org/it/articles/la-barbarie-dell-isis-e-il-ruolo-ambiguo-della-turchia

martedì 24 febbraio 2015

Cristiani assiri attaccati, ostaggi dello Stato Islamico

'Hanno bruciato tutto'

Tel Hormuz historic church - AlHassaka

Agenzia Fides 24/2/2015

Alle prime ore di ieri, lunedì 23 febbraio, più di 40 pick-up con a bordo miliziani jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) hanno attaccato diversi villaggi cristiani assiri sul fiume Khabur, nella provincia siriana nordorientale di Jiazira. Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, mentre le chiese di alcuni villaggi sono state bruciate o danneggiate
 Lo conferma all'Agenzia Fides Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi. “I terroristi - riferisce l'Arcivescovo - hanno attaccato per primo il villaggio di Tel Tamar, poi hanno preso Tel Shamiran e tutti gli altri villaggi più piccoli, fino a Tel Hermuz, dove hanno dato fuoco a tutto. Sia a Tel Hormuz che a Tel Shamiran hanno preso decine di ostaggi, con l'intenzione forse di usarli per richiedere riscatti o per uno scambio di prigionieri. Ieri sera, alle 21,30, le milizie curde ci hanno detto di essere riuscite a riprendere Tel Hormuz, con l'ausilio dei battaglioni formati da cristiani siri. Ma non abbiamo ancora conferme di questo fatto”.
Secondo l'Arcivescovo Hindo, l'offensiva dei jihadisti ha messo in luce responsabilità e comportamenti deplorevoli da parte di diversi altri soggetti: “Voglio dire chiaramente - riferisce l'Arcivescovo - che abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati nelle mani di quelli del Daesh (acronico arabo con cui si indicano i miliziani dell'Is, ndr). Ieri i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l'area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perchè sono cristiani. Anche l'organismo per i rifugiati dell'Onu è latitante”. 



AED, 24 febbraio 2015


Un centinaio di cristiani assiri del nord-est della Siria sono in questo momento prigionieri dello Stato Islamico che ieri mattina 23 febbraio  ha preso d'assalto numerosi villaggi assiri, provocando l'esodo di centinaia di persone verso Hassakè.

Ieri, 23 febbraio, l'organizzazione SI ha attaccato i villaggi del nord-est della Siria, nella regione di Khabour del governatorato di Hassakè. L'archimandrita Emanuel Youkhana, leader dei cristiani assiri e responsabile del CAPNI (Christian Aid Program Northern Iraq) racconta a AED maggiori dettagli sull'avanzata di Daesh e la situazione dei cristiani sul posto:
« J’ai pu parler par téléphone à l’un des contacts de CAPNI  à  Hasseke qui préfère rester anonyme. Les combats ont commencés lundi très tôt le matin à 4h00 du matin (heure syrienne) quand Daech a ouvert un front de combat de 40km  de Tel Shamiram à Tel Hormizd (voir la carte).  Daech a profité de l’engagement militaire du PYD (Parti démocratique de l’union Kurde) sur d’autre front pour avancer. Particulièrement à la frontière Irako-syrienne. C’est pourquoi il y a eu moins de résistance pour combattre les djihadistes. »


La situazione dei cristiani è estremamente  difficile :
«  Le nombre de ces familles n’est pas définitif mais plus de 600 ont réussi à fuir. La majorité a trouvé refuge à Hasseke où les gens sont hébergés dans l’église. Mgr Mar Aprem Athniel, que j’ai eu au téléphone, témoigne que l’église et la salle communautaire sont remplies de tous ces réfugiés. »
Altri sono a Qamishly.

Purtroppo,  spiega l’archimandrita Youkhana, « plusieurs personnes ne sont pas parvenues à s’enfuir et ont été capturées par Daech, selon notre source : 50 à Tel shamiran, 26 à Tel Gouran, 28 à Tell Jeziea et 14 jeunes (12 garçons et 2 filles) qui défendaient Tel Hormiz. Daech les a rassemblé puis à mis à part les femmes et les enfants. »
L’Archimandrita aggiunge: « Connaissant les habitudes barbares et brutales de Daech avec ses prisonniers, l’avenir de ces personnes est pour nous une grande source de préoccupation
Milad, un jeune homme de 17 ans, a été martyrisé. »

Secondo l’archimandrita Youkhana, le chiese di Tel Hormez e di Tel Shamiran  sono state date alle fiamme, ed altri incendi sono stati segnalati.

Nella regione di Khabour si trovano  35 villaggi assiri.
 Questi villaggi furono creati dagli  Assiri che erano fuggiti dal massacro dell' agosto 1933 in Irak e che si sono istallati in Syria nella speranza di ritornare un giorno nella loro patria dell’Irak. Secondo l’archimandrita, « jusqu’à présent, ils n’utilisent jamais le terme « village » ou « ville » pour leurs colonies dans Khabour. Ils insistent pour dire « camps » pour refléter le fait qu’ils sont installés là temporairement jusqu’à ce qu’ils retournent en Irak ».

Per Marc Fromager, direttore di AED France : « Cela fait 80 ans que ces familles chrétiennes essaient de survivre à des massacres et visiblement, leur chemin de croix n’est pas terminé ! Combien de morts faudra-t-il encore avant que nous ne réagissions ? »

http://www.aed-france.org/actualite/syrie-chretiens-assyriens-aux-prises-de-letat-islamique/

https://aidchurch.wordpress.com/2015/02/24/acn-press-release-syria-extremists-is-seize-christian-towns/




http://www.wca-ngo.org/humanrightsfiles/the-syria-crises/509-new-massive-assault-on-christian-villages-in-syria

lunedì 23 febbraio 2015

Si aprono le commemorazioni per il centenario del Genocidio

Il Patriarca siro-cattolico Mar Ignace Youssef III ha aperto le commemorazioni per il centenario del Genocidio assiro 

Agenzia Fides, 23/2/2015

Il Patriarca siro cattolico Mar Ignace Youssef III ha aperto le commemorazioni per il centenario del cosiddetto Genocidio assiro, presiedendo nella sera di sabato 21 febbraio una celebrazione nella Cattedrale di Nostra Signora dell'Annunciazione, a Beirut. Alla Messa hanno preso parte tra gli altri anche il Patriarca maronita Boutros Bechara Rai, il Patriarca greco-melchita Grégoire III e il Patriarca siro-ortodosso Ignace Aphrem II, insieme al Nunzio apostolico Gabriele Caccia. Folta anche la delegazione di rappresentanti delle diverse formazioni politiche libanesi.
Con la definizione di “Genocidio assiro” si indica la deportazione e l'eliminazione fisica di cristiani appartenenti a comunità assire, caldee e siriache compiute in territorio ottomano dal governo dei “Giovani Turchi”.
Nell'omelia, il cui testo è pervenuto all'Agenzia Fides, il Patriarca Ignace Youssef ha ricordato le vittime dello sterminio di cento anni fa, sottolineando come i discendenti di quelle vittime inermi non hanno mai cercato di vendicarsi delle violenze subite dai propri padri, e ha collegato la memoria storica di quegli eventi alle sofferenze attualmente vissute da tante comunità cristiane mediorientali. Riguardo ai conflitti che dilaniano il Medio Oriente, il Patriarca ha chiamato in causa anche le responsabilità dei “sistemi regionali e internazionali” che li hanno fomentati, foraggiando con armi e risorse logistiche le milizie jihadiste e i gruppi terroristici

http://www.fides.org/it/news/57066-ASIA_LIBANO_Il_Patriarca_siro_cattolico_apre_le_commemorazioni_per_il_centenario_del_Genocidio_assiro#.VOskIGB0wqQ


Sabato, 21 febbraio 2015, il Santo Padre Francesco ha conferito  il titolo di Dottore della Chiesa Universale a San Gregorio di Narek, Sacerdote Monaco, nato ad Andzevatsik (allora Armenia, ora Turchia) circa nel 950 e morto a Narek (allora Armenia, ora Turchia) circa nel 1005.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/43030

Lettera enciclica per i 100 anni dal genocidio armeno di Karekine II

Il patriarca armeno Karekin II annuncia: il 23 aprile tutte le vittime del massacro operato dai turchi saranno canonizzate, e il giorno successivo diverrà la Giornata della Memoria per i "santi martiri". 
 Il testo completo del messaggio del patriarca.

AsiaNews- Con una solenne lettera enciclica, il patriarca armeno ortodosso Karekine II ha aperto in modo ufficiale le celebrazioni e memorie dei 100 anni dal genocidio armeno, che dureranno per tutto il 2015.
Il massacro di circa 1,5 milioni di armeni avviene verso la fine dell'impero ottomano, prima con il sultano Abdul Hamid II, poi con i gruppi dei "Giovani Turchi", e infine con lo stesso Kemal Ataturk, il padre della patria turca. Gli armeni sono presi di mira perché cristiani, istruiti e appartenenti alla classe media.  Soprattutto nel 1915 si chiudono le loro scuole, le chiese, le organizzazioni e si lancia una vera e propria caccia con uccisioni, violenze, stupri, umiliazioni. A queste seguono le deportazioni nel deserto, le fosse comuni, i treni ripieni di sfollati e incendiati. I sopravvissuti sono coloro che sono riusciti a raggiungere l'attuale Armenia (allora sotto il dominio russo e poi sovietico), o la Siria e il Libano.
La Conferenza di Parigi del 1920 ha riconosciuto il genocidio armeno e al presente lo riconoscono almeno 20 Stati. Ma la Turchia non l'ha mai fatto, motivando i massacri con il bisogno di combattere gruppi indipendentisti.  Diversi scrittori e storici che hanno pubblicato testi sul genocidio sono stati perseguiti. Solo lo scorso anno, l'allora premier Recep Tayyip Erdogan ha presentato ai discendenti degli armeni condoglianze per il massacro.
Nella sua lettera, il patriarca Karekin II annuncia che il 23 aprile 2015 egli presiederà una liturgia in cui proclamerà santi tutte le vittime del genocidio, uccise "per la fede e per la patria" e farà del 24 aprile una Giornata della Memoria per "i santi martiri del genocidio". Secondo informazioni non confermate , il 12 aprile 2015, anche papa Francesco celebrerà in piazza san Pietro una messa a ricordo del genocidio degli armeni. Di seguito il testo completo della lettera enciclica (traduzione a cura di AsiaNews).


di Karekine II 
"Ma il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va vieppiù risplendendo, finché sia giorno perfetto"
Proverbi 4,18 
Il centenario del Genocidio degli armeni è davanti a noi, e le nostre anime risuonano di una potente richiesta di verità e giustizia che non sarà messa a tacere.
Ogni giorno del 2015 sarà un giorno di ricordo e devozione per il nostro popolo, un viaggio spirituale ai memoriali dei nostri martiri in patria e della diaspora, davanti ai quali con umiltà ci inginocchiamo in preghiera, offrendo incenso per le anime delle nostre vittime innocenti che giacciono in tombe senza nome poiché hanno accettato di morire piuttosto che ripudiare la loro fede e la loro nazione. Davvero "il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va vieppiù risplendendo, finché sia giorno perfetto".
Nel 1915, e negli anni successivi, i turchi ottomani hanno commesso un genocidio contro il nostro popolo. Nell'Armenia occidentale - sul nostro suolo nativo - nella patria dell'Armenia e nelle comunità armene in tutta la Turchia, un milione e mezzo di nostri figli e figlie hanno subito uccisioni, carestie e malattie: sono stati deportati e costretti a marciare fino alla loro morte. Secoli di creatività e di onesti traguardi raggiunti sono stati distrutti in un attimo. Migliaia di chiese e monasteri sono stati dissacrati e distrutti. Le istituzioni nazionali e le scuole rase al suolo e rovinate. I nostri tesori spirituali e culturali sono stati sono stati sradicati e cancellati. L'Armenia occidentale, dove per millenni - dal tempo di Noè - il nostro popolo ha vissuto, creato e costruito la sua storia e cultura, è stata privata della sua popolazione nativa. 

Un secolo fa - quando i frammenti della nazione armena, dopo aver perso il proprio patrimonio, sono stati sparsi in tutto il mondo, e mentre l'Armenia orientale combatteva una lotta all'ultimo sangue per la sopravvivenza contro gli invasori turchi - era difficile credere in un futuro per il popolo armeno. Tuttavia una nuova alba è sorta. Con la grazia del Signore, il nostro popolo è risorto dalla morte. Su una piccola parte recuperata della nostra patria, la nostra gente ha ripristinato lo Stato, ricreato un Paese dalle sue rovine e vestigia, e costruito una "patria di luce e di speranza", di scienza, istruzione e cultura. Gli armeni esiliati in tutto il mondo hanno costruito le case e i loro cuori nel mondo, sono sbocciati in Paesi vicini e lontani, portando avanti le loro tradizioni e la loro vita spirituale. Ovunque i figli della nostra nazione hanno vissuto, hanno raggiunto il successo, guadagnandosi rispetto e fiducia, e ottenendo riconoscimenti per il loro lavoro coscienzioso e il loro contributo alla scienza, alle arti e al bene comune. Questa è la storia del nostro popolo durante il secolo scorso - una storia di avversità e risurrezione. Oggi, nonostante la difficoltà, la nostra nazione rafforza la sua sovranità indipendente, crea una nuova vita di libertà, e guarda con speranza al futuro, abbracciando il risveglio nazionale, l'ottimismo e la fede. 
Gloria a te, o Signore, gloria senza limiti, "Come uno scudo Tu ci proteggi con il Tuo favore" (Salmi 5,12). Riponendo la nostra speranza in Te, o Signore, il nostro popolo è stato illuminato e rafforzato. La Tua luce ha acceso l'ingegnosità del nostro spirito. La Tua forza ci ha spinto verso le nostre vittorie. Abbiamo creato anche se altri hanno distrutto le nostre creazioni. Abbiamo continuato a vivere anche se altri ci volevano morti. Tu, o Signore, hai voluto che la nostra gente - condannata a morte da un piano genocida - sia riuscita a vivere e risorgere, in modo da poter presentare questa giusta causa davanti alla coscienza dell'umanità e al diritto delle genti, per liberare il mondo dalla callosa indifferenza di Pilato e dalla negazione criminale della Turchia. 

Per il bene della giustizia - fino al trionfo della nostra causa, noi continueremo la nostra lotta senza ritirarci - Chiesa, Nazione e Stato insieme. Il sangue dei nostri martiri innocenti e le sofferenze del nostro popolo gridano per avere giustizia. I nostri santuari distrutti, la violazione dei nostri diritti nazionali, la falsificazione e distorsione della nostra storia, tutti gridano per avere giustizia. Essendo sopravvissuto al genocidio, il nostro popolo ha creduto e continua a credere che la moltitudine dei Paesi retti, delle Organizzazioni nazionali e civiche, e degli individui che hanno riconosciuto e condannato il genocidio armeno saranno presto affiancati da altri che credono che l'affermazione della verità e della giustizia siano il prerequisito e il garante di un mondo pacifico, privo di ostilità e di violenza. 
In ricordo del nostro milione e mezzo di martiri del genocidio, esprimiamo la nostra gratitudine alle nazioni, alle organizzazioni e agli individui che hanno avuto il coraggio e la convinzione di riconoscere e condannare il genocidio armeno. Esprimiamo gratitudine a quei Paesi e popoli gentili che hanno accettato i figli della nostra nazione come fratelli e sorelle. Questi esempi di giustizia e di umanità sono pagine luminose nella storia dell'umanità. Essi saranno sempre ricordati e apprezzati per generazioni, e saranno di beneficio alla vita tranquilla, sicura e migliore del mondo.
Come Pontefice degli armeni, è di conforto per lo spirito annunciare alla nostra gente che il 23 aprile 2015, durante la Divina Liturgia, la nostra Santa Chiesa offrirà un servizio speciale per canonizzare i suoi figli e figlie che hanno accettato il martirio come santi "per la fede e per la patria", e proclamerà il 24 aprile come Giornata del ricordo dei Santi Martiri del Genocidio. 

O, popolo armeno, abbellito dall'Alto - una nazione martire; una nazione risorta - vivi con coraggio, avanza con sicurezza, con il tuo sguardo rivolto verso il monte verso l'Ararat che contiene l'Arca, e con il cuore incrollabile mantieni alta la tua speranza. L'incoraggiamento e il messaggio del Signore sono rivolte a te: "Anche se non sei forte, sei stato fedele alla mia parola e non hai tradito il mio nome ... Tieni saldo quello che hai in modo che nessuno porterà via la tua corona della vittoria" (Apocalisse 3, 8-11). Quindi, cerchiamo di rimanere saldi davanti a Dio, giusto e vero, sui fermi sentieri della fede che, come la luce del mattino, disperde le tenebre e rende visibili gli orizzonti della speranza. La nostra strada è con Dio; e una vita di fede è la nostra vittoria.
Rendiamo fecondo il centenario valorizzando il percorso di travaglio e di rinascita del nostro popolo, durato 100 anni, in modo che i nostri figli - riconoscendo la volontà eroica dei loro nonni e genitori di vivere e creare e i loro sforzi intrapresi per il bene della nazione e della patria - possano creare un nuovo giorno luminoso per la nostra patria e per la nostra gente, dispersa in tutto il mondo. Trasformiamo la memoria dei nostri martiri in energia e forza per la nostra vita spirituale e nazionale e, davanti a Dio e a tutti gli uomini, illuminiamo il percorso dal nostro giusto cammino per guidare il nostro passo verso la realizzazione della giustizia e delle nostre sacre aspirazioni. 
Dal nostro amato centro spirituale, creato da Cristo, e davanti alla Santa Sede Madre del Santo altare di Echmiadzin (della discesa dell'Unico Unigenito ), preghiamo Dio per la pace, la sicurezza e il benessere della nostra patria, del nostro amato popolo in tutto il mondo e, soprattutto, per la luce eterna e la pace per le anime innocenti dei Santi Martiri del Genocidio. Possano l'amore e la fratellanza, la giustizia e la verità regnare sopra l'umanità, e possano le vie dei giusti irradiare, orientare e diffondere la luce fino all'alba di un nuovo giorno, che porti pace e felicità a tutto il mondo.
La grazia, l'amore e la pace di Nostro Signore Gesù Cristo sia con voi e con tutti noi. Amen.

*Patriarca armeno-ortodosso
http://www.asianews.it/notizie-it/Lettera-enciclica-per-i-100-anni-dal-genocidio-armeno-33069.html

Armenian Genocide Centennial Emblem



http://www.armenianchurch-ed.net/get-involved/armenian-genocide-centennial/banners/

venerdì 20 febbraio 2015

Aleppo, un parroco racconta la battaglia nella città martire simbolo di una "guerra artificiale"



Padre Rodrigo Miranda, cileno, ha trascorso gli ultimi quattro anni nell'inferno della città siriana. Ha assistito i suoi parrocchiani durante i tre anni di assedio tra le violenze, le uccisioni, i sequestri. Ha vissuto in prima persona la battaglia iniziata nell'estate del 2012, che più delle altre riassume la tragedia della popolazione. "La gente non ha mai chiesto un cambiamento, né politico, né culturale. Stava bene come stava. Non voglio canonizzare Assad, ma tra i ribelli solo il 2% sono siriani, la maggioranza sono stranieri, di 83 diverse nazionalità"

Repubblica.it, 
 17 febbraio 2015
di ALESSANDRA BENIGNETTI e ROBERTO DI MATTEO


ROMA - Padre Rodrigo Miranda, quarant'anni, cileno, è un missionario dell'Istituto del Verbo Incarnato che ha trascorso gli ultimi quattro anni della sua vita in Siria, nell'inferno di Aleppo. Parroco della Cattedrale del Bambino Gesù, dal 2011 ha assistito i suoi parrocchiani durante i tre anni di assedio della città, tra le violenze, le uccisioni e i sequestri. A Roma è tornato da pochi mesi, e qui lo abbiamo incontrato per ascoltare la sua testimonianza. La testimonianza di chi ha vissuto in prima persona la battaglia per Aleppo che, iniziata nell'estate del 2012, più di tutte le altre riassume la tragedia della popolazione siriana. Quella della gente, che abitava la città più ricca e popolosa della Siria e che d'un tratto si è ritrovata al centro di uno scontro violentissimo tra i ribelli e l'esercito di Assad, costato la vita a migliaia di civili.


Un conflitto artificiale.  "Con il suo mosaico di culture e religioni, Aleppo è sempre stata una città modello della convivenza tra cristiani e musulmani" ci racconta Padre Rodrigo, e "la guerra è arrivata all'improvviso, contro persone che mai si sarebbero aspettate una reazione del genere di fronte ad un conflitto artificiale". Ci incuriosisce quest'ultima affermazione. "La popolazione siriana", spiega il sacerdote, "non ha mai chiesto un cambiamento, né politico, né culturale. Mai. La gente stava bene così come stava". "Con questo non voglio canonizzare Assad", continua, "ma voglio dire che il conflitto è stato il frutto di un processo estremamente veloce e violento. Tra i combattenti dell'esercito libero, infatti, solo il 2% sono siriani. La maggioranza sono stranieri, di 83 diverse nazionalità".

Le persecuzioni contro i cristiani.  Prima della guerra, ad Aleppo i cristiani erano circa 300.000. Dei 4.000 fedeli che frequentavano la parrocchia di Padre Rodrigo, oggi ne sono rimasti solo 25. Gli altri sono scappati, oppure "sono stati uccisi, soprattutto donne e giovani". "Molti sequestrati" racconta il sacerdote. In effetti, i cristiani, più di altri, in Siria, sono stati presi di mira dai gruppi islamici radicali. "Succede perché hanno una grande influenza in molti settori della società, e perché hanno la capacità di dialogare, di aprirsi all'altro, di rispettarlo. Quando sentiamo che l'Isis avanza nel nord dell'Iraq o della Siria è perché queste zone sono popolate da cristiani, e la risposta di un cristiano è molto diversa rispetto a quella di altri". Sul fronte umanitario, poi, la situazione non migliora: "ieri ho parlato con i miei parrocchiani: non hanno acqua, luce ed elettricità da dodici giorni. Le promesse delle Nazioni Unite di inviare aiuti sono rimaste solo promesse".

Un grado di violenza inaudito.  A pochi metri di distanza dalla parrocchia di Padre Rodrigo si trovava l'università di Aleppo, che il 15 gennaio del 2013 è stata il teatro di un violento attentato in cui hanno perso la vita centinaia di giovani studenti. "Era mezzogiorno, l'ora di punta, quando sono caduti i tre missili. L'università era piena e molte persone erano in strada" ci racconta. "Quando è caduto il primo missile ho iniziato ad aiutare le persone che avevo davanti a me. Poi mentre stavo correndo verso l'università per aiutare gli altri, ho visto il secondo missile che arrivava. Ho cercato di rifugiarmi tra un muro e alcune auto. Ho sentito un rumore, uno strano silenzio, e poi il disastro. È stato un massacro". 
"All'inizio", continua, "hanno detto che i missili erano dell'esercito di Assad. Ma il nostro quartiere è controllato dall'esercito: sarebbe come dire che hanno sparato contro loro stessi. Poi, che l'esercito aveva colpito per sbaglio. Ma se sbagli, sbagli una volta, non tre. L'altra ipotesi è che siano stati i ribelli, che sparavano per colpire l'esercito che controlla il nostro quartiere".  Il ricordo che è rimasto più vivido nella mente del sacerdote è proprio il "grado di violenza contro i civili". Ascoltiamo il suo racconto e ci viene in mente solo una domanda, la più banale. Non ha mai avuto paura? Mai, ci risponde sorridendo: "in quei secondi non riesci neanche ad avere paura. Pensi soltanto ad aiutare".

Le bugie dell'informazione.  "Quello che il popolo siriano desidera sopra ogni altra cosa è che fuori dalla Siria si racconti finalmente cosa succede davvero in Siria". La disinformazione riguardo il conflitto, secondo il sacerdote, è stata enorme. 
Gli chiediamo qual è la bugia più grande: "quella dei 'regimi', il voler catalogare a tutti i costi come 'dittatorì tutti quelli che non fanno come vogliono loro", ci risponde senza esitare. "Non si può applicare la 'democrazià come la intendiamo noi, in Paesi dove c'è un substrato culturale totalmente diverso: il rispetto della diversità e della cultura dell'altro è il presupposto per garantire la pace". Altrimenti, il rischio è quello di "una radicalizzazione sempre maggiore". Che è pronta a diffondersi anche in Europa, come già sta accadendo.

http://www.repubblica.it/solidarieta/volontariato/2015/02/17/news/aleppo-107564261/