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sabato 20 giugno 2020
padre Ibrahim Alsabagh in collegamento da Aleppo “il Covid-19 incombe ma qui la gente adesso muore di fame”
S.I.R. 19 giugno 2020
“La situazione peggiora giorno dopo giorno. Il Covid-19 incombe ma ciò che spaventa di più la popolazione è la fame, la povertà. La gente muore di fame”.
Così padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, ha descritto la situazione in Siria durante l’incontro on line “Siria: la speranza che costruisce”, promosso dall’Associazione Pro Terra Sancta.
Il francescano, collegato da Aleppo, ha parlato di “economia al collasso, con il Governo che, nonostante la paura del Covid-19, ha permesso la riapertura delle attività nella speranza di far ripartire l’economia e soprattutto l’occupazione. Oggi in Siria la gente muore di fame, non ha soldi e quei pochi che ha, a causa delle sanzioni internazionali e della svalutazione incredibile di queste ultime settimane, non bastano a comprare il necessario per vivere. Ai bambini serve di tutto, pasti e vestiti”.
“La gente va al mercato e acquista prodotti non a peso ma a pezzo. L’incertezza per il futuro non risparmia niente e nessuno e questo è peggio della stessa fame”, ha rimarcato padre Alsabagh. “In questi giorni si stanno fermando anche le industrie più grandi perché è difficile reperire la materia prima da lavorare, soprattutto ferro e legno. I commercianti stanno perdendo il loro capitale e così preferiscono chiudere i negozi per non svendere e andare in perdita”.
Situazione drammatica anche per la sanità: “Covid-19 a parte – ha spiegato il francescano della Custodia di Terra Santa -, stanno crescendo patologie gravi come i tumori e quelle che riguardano i bambini. Per questi ultimi stiamo cercando di riorganizzare l’oratorio estivo, nel rispetto delle norme anti Covid-19″.
“La parrocchia di Aleppo sostiene le cure mediche di 250 persone ma la chiusura delle farmacie sta creando forti preoccupazioni. Senza dimenticare che gli ospedali pubblici sono tutti destinati ad accogliere i malati di Covid-19. Tutti qui aspettano lo scoppio della pandemia. Così chi è malato si dirige verso cliniche private ma i prezzi aumentano giorno dopo giorno e diventa impossibile curarsi”.
Ad addolorare padre Alsabagh è anche “l’aumento di chi afferma che non c’è più speranza per la Siria. I siriani sono stressati dai missili, dalle bombe, dalla fame, dalla povertà, da 10 anni ormai vivono in condizioni disumane”.
“Da parte nostra – ha concluso il parroco – cerchiamo di dare conforto materiale e anche spirituale. Il bisogno di vicinanza spirituale è altissimo, basti pensare che durante la pandemia le messe festive sono state seguite in streaming da oltre 13mila fedeli. La gente cerca segnali di speranza, sa che Dio sana le ferite e cura lo spirito.
Speriamo che tutto finisca presto e che il mondo venga in nostro aiuto. La Siria ha bisogno di aiuto e non di guerra”.
https://www.agensir.it/quotidiano/2020/6/19/siria-padre-alsabagh-aleppo-il-covid-19-incombe-ma-qui-la-gente-adesso-muore-di-fame/
Potete contattare questo indirizzo per avere le informazioni per sostenere i bambini di Aleppo: g.sassoli@proterrasancta.org
mercoledì 17 giugno 2020
L'Arcivescovo maronita di Aleppo: le nuove sanzioni contro il popolo siriano sono un “atto diabolico”
Agenzia Fides 17/6/2020
“Adesso ad Aleppo tutti dicono: stavamo meglio sotto le bombe”. Ha il sapore di un paradosso amaro l’iperbole con cui Joseph Tobji, Arcivescovo maronita di Aleppo, fotografa il sentimento prevalente nella popolazione della metropoli siriana, nel giorno in cui entrano in vigore le ennesime sanzioni economiche imposte alla Siria di Assad dagli Usa con il cosiddetto “Caesar Act”.
Una disposizione che si aggiunge alle sanzioni anti-siriane prorogate per un anno dall’Unione Europea, abbattendosi su una popolazione stremata da anni di guerra, mentre lo spettro della pandemia da coronavirus miete vittime anche dentro i confini della Siria.
“La bomba arriva all’improvviso e uccide le persone intorno al luogo in cui cade. Adesso, in Siria, si sente la fame vera, e milioni di persone hanno davanti agli occhi la prospettiva di guardarsi morire lentamente di una morte annunciata, senza possibili vie di fuga”.
Lo scenario descritto dall’Arcivescovo siriano è oggettivamente angosciante: “Il valore della lira siriana” racconta a Fides “è crollato in maniera vertiginosa: prima della guerra un dollaro equivaleva a 50 lire siriane, ora per acquistare un dollaro ne servono quasi tremila, e lo stipendio medio di un impiegato è rimasto quello di allora, pari a 50mila lire, praticamente meno di venti euro. Chiudono i negozi, chiudono le piccole imprese, ognuno prova a sopravvivere con quello che trova. Quelli che hanno i soldi depositati nelle banche del Libano non li possono neanche ritirare, per la crisi finanziaria libanese. Negli ospedali mancano medicine e attrezzature indispensabili per gli interventi chirurgici salvavita, come gli stent. Se si entra nell’intimo delle fatiche e delle sofferenze delle famiglie, si sentono storie da piangere. Le cose non possono andare peggio di così”.
Il cosiddetto “Caesar Syria Civilian Protection Act”, che ha ottenuto il sostegno bipartisan al Congresso USA lo scorso dicembre, si presenta come un pacchetto di sanzioni contro le truppe siriane e altri responsabili delle atrocità commesse durante la guerra civile in Siria. ”Ma quella delle sanzioni ‘mirate’ – commenta l’Arcivescovo maronita di Aleppo – è una bugia a cui non crederebbe neanche un bambino. Tutti vedono benissimo quale è l’obiettivo: aumentare le sofferenze nella popolazione per alimentare il malcontento popolare e produrre in questo modo il cambio di regime. Ma questo modo di agire è criminale. Mettere in stato di sofferenza un intero popolo in un momento come questo, dove c’è anche in giro per il mondo lo spettro della pandemia, è terroristico, inumano. E il segno che per perseguire i tuoi scopi sei disposto a tutto, anche a sacrificare milioni di persone, di poveri, di famiglie. Si tratta di un atto diabolico”.
In questa situazione, anche ad Aleppo la priorità per l’Arcivescovo Tobji è quella di provare a custodire i timidi segnali di ripartenza che si erano registrati con la fine del conflitto: "Il mese prossimo inauguriamo la cattedrale maronita dopo due anni di restauro. reso necessario dalle devastazioni subite durante la guerra. Che possiamo fare? Dobbiamo provare comunque a andare avanti, nella situazione in cui siamo, facendo tesoro di piccoli segni di speranza. Per essere accompagnati in questo momento, chiediamo preghiere ai fratelli in tutto il mondo”.
La cattedrale maronita di sant'Elia, nello storico quartiere aleppino di Al-Jdayde, era ancora senza il tetto, ferita dai tanti colpi di mortaio che l'avevano devastata durante il conflitto siriano, quando la sera di martedì 11 luglio 2017 più di mille aleppini avevano affollato le sue navate a cielo aperto e la piazza antistante, per ascoltare la Messa in Do Minore di Wolfgang Amadeus Mozart, eseguita da 45 musicisti e 27 coristi dell'Orchestra sinfonica di Damasco insieme ai membri del coro Naregatsi, animato dalle comunità cristiane locali.
http://www.fides.org/it/news/68150-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_maronita_di_Aleppo_le_nuove_sanzioni_contro_il_popolo_siriano_sono_un_atto_diabolico
lunedì 15 giugno 2020
The Trappist nuns from Syria: "Give us a hand not to make 'hope' too difficult a word for the Syrians."
from Azeir, Syria, 8 June 2020
We don't know what to say anymore. What
to say again, after so many words of many, and authoritative words!,
which, at least apparently, do not have the strength to change
anything.
We had hoped that, in Europe, the
experience of precariousness, the experience of life threatened so
from one day to the next, the experience of death so close, would
make us understand a little more what it meant for many Syrians to
live eight, nine years, with death walking beside them, in the
street, with the idea of leaving home without knowing if you would
return, if you would see your children again.
But also, no less dramatically, the
effort to work, to give the necessary to one's family, the anguish of
finding oneself without a job and with a closed future.....
Of course, when you're in it, it's
enough to think about your problems...
But... instead, they have been
RENEWED, ANCHORMORE AND MORE, THE SANCTIONS TO SYRIA.
To Syria, it means on Syrians:
people, like me and like you, men, women, children... Not to
politicians, not to leaders. Sanctions are against people.
Of course, those who decide to impose
them know this very well: exasperate the people to bring down those who
govern, where they have failed with weapons. But is it moral to use
the suffering of the people to succeed in politics?
Let's open our eyes! Now that this
system is becoming more evident also in Italy (by leveraging the fear
of the disease, for whoever is willing to look at the truth...) can choices like the
sanctions applied to other countries still be tolerated?
We Italians, who see what we are
suffering from Europe, can't we really be in solidarity with
countries that suffer sanctions, to understand how unfair this system
can be for people?
What can be done? At least, be
sensitive, understand the problem, understand the DRAMA of this
people.
So, if somebody launches another
appeal tomorrow to lift the sanctions, at least agree, sign, support
the cause... UNDERSTAND THE PROBLEM.
Those who impose sanctions can do so by
relying on a system that justifies it. Let's take away this consent
to such actions, let's weaken the consent to this way of managing
politics and economy... It is not true that we cannot do anything.
We can start thinking with our own head, keeping the MAN before our
eyes and not the interest of a few. If we do this, it will already be
a lot.
We, from here, even though we are in
the monastery, realize that there are those who try to take other
paths, a "humanistic economy" that has at its base values
of culture, morals, vision of man... Please, participate in these new
paths, inform yourselves, collaborate to change this system that
seems unassailable, but in reality it is not. It depends on each of
us.
Why do we, nuns, write about this?
Because the people around us are literally starving to death. Of
sickness. Not because of the virus! But because they can't find
"normal" medicines anymore, for diabetes, for blood
pressure, for tumors, for the heart... Because the pharmacies have
been closed for a week, because the medicine factories are no longer
able to import raw materials and no longer manufacture...
Because the Syrian lira is devalued
from hour to hour, two days ago a dollar was worth 2000 lire (at the
beginning of the year 650 !), yesterday 2500, today 3000 ! From 500
lire in 500... a kilo of sugar 1400 lire? when a monthly salary is...
to go well... 60,000 lire? The shopkeepers who don't sell their
stocks anymore, because they're being devalued from hour to hour...
Then it's a wonder that people manage to get by as well as they can?
We try to supplement the inflation of
our workers' wages... but it's difficult... Paralyzed banks in
Lebanon, economic system stopped. Difficult to get help...
Try to realize this ... We know that
there are many problems, even in Italy.
But thinking doesn't cost anything, on
the contrary... It's an investment for everyone, in terms of
humanity...
Try to be ready, when some opportunity
presents itself to make a difference, at least in thought...
Are all the problems in Syria due to
sanctions? No, of course not. There are a lot of responsibilities,
even internal ones. As you can imagine, the time after the armed war
is more difficult. Now there's an economic war going on, a war of
dividing up areas of power, economic privileges, influence over the
territory... Those who were against Syria continue to be against it
and do not give up in putting pressure: like the terrorists
(supported by whom?) who still burn the wheat fields in the north of
the country...
Those who were with Syria, now claim
their share... Even the internal political-economic system, which has
resisted with all the right to defend the sovereignty of the country,
now risks putting this same sovereignty at stake if it does not take
proper care of the suffering of the people as a whole... If it does
not fight corruption, if it does not promote growth, in short, if it
does not take charge of the interests of the country by helping all
the citizens.
And if we have to be honest it is not
clear, at least for us people outside every "circuit" of
interest, to understand what is really moving around and within Syria
and the Middle East at the moment.
But at least let's not burden this
situation further! Let us intervene, at least as far as sanctions are
concerned.... Many have asked for it, now, we join, once again, we
too …
In these days we met a beautiful
reality, a very active parish in the town of Rahble, in the Qseir
area (yes, for those who followed is where there was a hard and long
war with the rebels). A generous parish priest, a beautiful group of
young people from high school and University... We told them that
yes, it is worth resisting, that we must seek the strength and
resources within ourselves... It is useless to follow the myth of
going somewhere else...
But, give us a hand too, from there,
not to make hope too difficult a word for them!
the Trappist sisters from Syria
Versione in italiano:
https://oraprosiria.blogspot.com/2020/06/le-trappiste-dalla-siria-dateci-una.html
venerdì 12 giugno 2020
mercoledì 10 giugno 2020
L’impiego arbitrario delle sanzioni contro un popolo innocente e fiero.
Opera dello scultore siriano: Nizar Ali Badr
Di Maria Antonietta Carta
Il popolo siriano, che patisce
indicibili tormenti da oltre nove anni a causa di una guerra iniqua
ed efferata, è anche vittima di una vile e crudele coercizione
morale e fisica. Utilizzando il ricatto delle sanzioni, disonorevole
arma di una Civiltà incivilissima, l'Occidente ne oltraggia la
dignità e la fierezza e lo condanna all'annientamento con la
deprivazione del soddisfacimento dei bisogni essenziali: salute,
istruzione, e nutrimento.
Dopo l'usurpazione dei campi
petroliferi, gli incendi di campi di grano, il furto dei raccolti e
dei tesori archeologici a opera dei complici turchi, ecco in arrivo,
per completare l'opera, il cinico ''Caesar Syria Civilian Protection
Act'', sadicamente elaborato e inflitto dai nostri governanti
criminali alla Siria.
Maen, commentando queste mie
parole in un post contro le sanzioni alla Siria, mi ha offerto la sua
preziosa testimonianza. Egli vive e patisce in una zona che i
terroristi occupano devastandola, saccheggiandola, esercitando ogni
genere di abusi, ma soprattutto distruggendo l'armonia e l'unicità
del tessuto sociale frutto di una preziosa cultura plurimillenaria.
Tutto ciò per le mire neocolonialiste ed espansionistiche di un
Occidente cinico, avido, prepotente al guinzaglio del Sionismo. Un
Occidente che pretende ipocritamente di voler offrire ai Siriani
libertà e democrazia mentre li condanna a morte con le bombe e con
sanzioni inique e illegali. Il “Caos costruttivo''!
Maen scrive: ''Per pochi mesi di chiusura
[a causa del COVID19] il mondo intero ha sofferto. Noi, in Siria,
oltre alla distruzione della guerra da dieci lunghi anni, dobbiamo
affrontare l'odio occidentale che sta accrescendo la miseria, le
malattie, la fame. Tutti ci domandiamo: Quando questo Occidente sarà
finalmente sazio del nostro sangue? Perché tanto odio? Cosa abbiamo
fatto di male all'Occidente per essere ripagati con tutta questa
brutalità? Popoli cosiddetti civili, che parlano di libertà,
democrazia e diritti umani, impongono al mondo intero di applicare le
più severe sanzioni contro pochi milioni di pacifici abitanti.
Feriti, ammalati, affamati, sfollati in nome dei ‘diritti umani’
e 'per aiutare il popolo siriano’! Ci chiediamo anche: Non è ora
che i popoli occidentali si sveglino e si liberino da queste menzogne
americano-sioniste e tornino a essere liberi di praticare la loro
umanità?''.
Nel 2011, Nibal era un ragazzo
gentile con tanti sogni da realizzare, ma da anni fa il soldato e non
vede crescere le sue due splendide bambine che adora e che anche
quando giocano o ridono hanno gli occhi tremendamente tristi per
l’assenza del loro papà e per il timore di perderlo. Sono stata
insieme a loro l’estate scorsa e con l’emozione per il dono della
loro tenerezza affettuosa, perché mi hanno adottata come nonna,
conservo il ricordo lancinante dell’angustia profonda celata dietro
i loro sorrisi.
Nibal in un commento allo
stesso post scrive: ''La guerra economica è più crudele della
guerra militare. La gente muore di fame e di miseria. Cosa vogliono
da noi? Noi non ci arrenderemo mai.''
Due giorni dopo, in un altro
messaggio mi confida: ‘’Pensavo che questa guerra fosse quasi
finita, ma adesso ho capito che sta ricominciando. Questa guerra
tocca il popolo direttamente’’.
Certo, caro Nibal. Questa
guerra è contro l'anima della Siria, e l'anima della Siria che
resiste è il suo popolo. Se ha resistito tanto, si deve molto alla
vostra forza di carattere. Coloro che intendono distruggerla e
frammentarla temono ormai la vostra resilienza civile e morale forse
più della resistenza armata. Ecco perché sono disposti a immolarvi.
La situazione è oggi più
tragica che mai. Mentre sto terminando questo articolo, ricevo una
telefonata da Latakia. È una cara amica: ‘’ Maria, non ho avuto
mai paura e poche speranze quanto ora – mi dice – In alcune zone
sono riprese le proteste pilotate, come nel 2011, in altre la
popolazione è davvero ridotta alla fame, i prezzi continuano a
salire follemente e in pochi giorni si sono moltiplicati anche per
cinque. Molti negozi ormai restano chiusi. Sono tutti coalizzati
contro di noi. Non vogliono che la Siria continui a esistere’’.
In Europa, si crede che la
Siria sia lontana, invece è vicinissima. La sua immane tragedia
colpisce anche noi (pensiamo per esempio al blocco degli scambi
commerciali) e ci colpirà sempre più, anche se ci illudiamo di
esserne immuni. Non possiamo permetterci di essere indifferenti.
Tra sanzioni, pandemia e guerra, la lotta dei siriani per la sopravvivenza
Continua
l'agonia del popolo siriano segnato da una guerra lunga ormai 10
anni, piegato dalla crisi economica e da sanzioni internazionali di
cui paga gli effetti devastanti. Non è la pandemia a preoccupare ma
la priorità oggi è: "sopravvivere".
Testimonianze
da Damasco e Aleppo. L'appello: "rimuovete le sanzioni"
di Daniele Rocchi, S.I.R. 10 giugno 2020
“Siamo entrati nell’oblio. Chiediamo alla comunità internazionale di rimuovere le sanzioni che impoveriscono ogni giorno di più i siriani. Sono contro i diritti umani, sono disumane perché penalizzano tutta la popolazione. Qui la gente sta morendo di fame. Non ci sono medicine. Non c’è lavoro”.
È
il monito di mons. George
Abou Khazen,
vicario apostolico latino di Aleppo, città martire della guerra
siriana, entrata ormai nel suo decimo anno.
Non è solo il conflitto
a preoccupare l’arcivescovo, e nemmeno il Covid-19. A strangolare
progressivamente la popolazione siriana, dice, sono “le sanzioni
internazionali e i suoi effetti”. L’Ue ha prorogato, il 28 maggio
scorso, le misure restrittive contro il regime siriano per un altro
anno, fino al 1 giugno 2021. Dal 17 giugno, invece, dovrebbero
entrare in vigore quelle decise dal presidente Usa, Donald Trump,
contenute nel “Caesar Syria Civilian Protection Act”. Le sanzioni
Ue, introdotte nel 2011 “in risposta alla repressione del regime
siriano della popolazione civile”, colpiscono aziende e
imprenditori che hanno rapporti commerciali con il regime e con
l’economia di guerra. Le sanzioni, tra le altre cose, vietano
l’importazione di petrolio, impongono restrizioni su determinati
investimenti e su attrezzature e tecnologia che potrebbero essere
utilizzate per la repressione interna. Il “Caesar”, dal canto
suo, imporrà sanzioni sui leader siriani, società, Stati e
individui che appoggiano militarmente, finanziariamente e
tecnicamente il governo di Assad e i suoi alleati Russia e Iran.
Altre sanzioni Usa sono in vigore già da prima dell’insurrezione
del 2011.
“La comunità internazionale si faccia un esame di coscienza: per noi le sanzioni sono un crimine” rimarca il Vicario - “Siamo molto delusi dall’Ue. Chissà cosa accadrà con l’entrata in vigore del Caesar Act di Trump. Abbiamo bisogno della pace, ma adesso la priorità è sopravvivere”.
La
vera paura e la crisi del Libano. A
confermare al Sir la gravità della situazione in Siria sono alcune
fonti locali che vogliono restare anonime:
“Ad
oggi la vera paura dei siriani non è la pandemia ma la povertà
generata da anni di guerra, di sanzioni e di crisi economica”.
Il
termometro della crisi oggi è la svalutazione della moneta locale
che sta provocando un’impennata dei prezzi per tutti i beni
compresi cibo e medicine. A giocare un ruolo determinante nella
svalutazione della lira siriana è la crisi finanziaria libanese. Per
la Siria, infatti, il Paese dei Cedri è sempre stato una strada
aperta verso il mondo esterno, soprattutto dopo l’imposizione delle
sanzioni occidentali. In Libano sono depositati i conti e i risparmi
di tantissimi siriani e le banche libanesi hanno favorito i
commercianti e imprenditori siriani nei loro affari. Almeno fino a
pochi mesi, quando le avvisaglie della crisi che avrebbe portato il
Libano al default nel marzo di quest’anno, hanno di fatto provocato
restrizioni bancarie nella vendita di dollari, nel ritiro dei
risparmi e causato il blocco dei depositi siriani nelle banche
libanesi. Al crollo della sterlina libanese ha fatto seguito anche
quello della valuta siriana.
“Così
ogni giorno assistiamo ad un calo della nostra moneta con conseguente
salita dei prezzi – dichiarano le fonti -. La gente non ce la fa a
comprare da mangiare. Nelle ultime sei settimane la lira siriana ha
perso circa il 65% del suo potere di acquisto. Se prima un dollaro
era scambiato a 1000 lire siriane, adesso ce ne vogliono oltre 3000.
All’inizio della guerra (2011) per un dollaro servivano 50 lire”.
E
chi sperava che con la fine del lockdown i locali e negozi delle
città siriane tornassero a riempirsi si è dovuto ricredere. Per il
rilancio dell’economia bisognerà attendere ancora: “Con i prezzi
è cresciuta anche la disperazione e la rabbia della gente”.
Mancano
medicine e chiudono le farmacie. Gravi
le ripercussioni anche sul sistema sanitario, già disastrato dalla
guerra: “Le industrie farmaceutiche siriane hanno smesso di
produrre per mancanza di materie prime molto costose da reperire. Il
prezzo di produzione è più alto di quello fissato dal Governo per
la vendita. Dunque produrre medicine significa perdere denaro. Ne
deriva una carenza di medicinali e la corsa all’accaparramento
specie di quelli per le malattie croniche. Molte farmacie hanno
chiuso per mancanza di forniture. Ci sono ospedali che faticano a
rifornirsi anche di carta igienica e di presidi medici di uso
comune”.
In questo quadro a tinte fosche, chi continua a curare
gratuitamente i più vulnerabili di Damasco e Aleppo sono i tre
nosocomi cattolici del progetto “Ospedali Aperti”, ideato dal
card. Mario
Zenari,
nunzio apostolico in Siria, che ne ha affidato la gestione ad Avsi,
organizzazione internazionale che opera su più fronti per dare
sostegno alla popolazione siriana. Nell’Ospedale
Italiano e Francese di Damasco, e in quello di St. Louis ad Aleppo,
spiegano da Avsi, “si continua a curare la popolazione. L’impegno
è cercare di accogliere un numero sempre più alto di malati e
salvare più vite possibile. In questi anni sono cresciute patologie
gravi come i tumori, specie tra i giovani”.
Contro
le sanzioni. Chi
si sta battendo contro le sanzioni alla Siria è l’ong New
Humanity,
con la sua associata Amu
– Azione per un Mondo Unito,
che ha lanciato un appello per chiederne l’immediata sospensione
“almeno per le forniture sanitarie e i materiali destinati alle
cure mediche e per i fondi necessari per pagarle”. I destinatari
dell’appello, firmato fino ad oggi da oltre 17 mila persone, sono
tra gli altri António Guterres, Segretario Generale Nazioni Unite;
Donald J. Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America e David M.
Sassoli, Presidente Parlamento europeo.
Un’iniziativa,
spiegano al Sir le ong promotrici che fanno capo al movimento dei
Focolari, “al di sopra di qualsiasi orientamento politico o
ideologico con l’obiettivo di salvaguardare la popolazione civile
siriana”. “Le sanzioni – dicono le ong – bloccano
investimenti e transazioni finanziarie rendendo difficili i commerci,
importazioni e esportazioni. I siriani che sono all’estero non
riescono più a far arrivare soldi ai loro parenti”. Le ong non
mancano di segnalare “un velo di ipocrisia sul tema delle sanzioni:
hanno posto l’embargo all’acquisto del ferro perché potrebbe essere usato a fini bellici e poi fanno arrivare qui in Siria armi da ogni dove. Piuttosto che impoverire il popolo siriano con le sanzioni, Ue e Usa dovrebbero trovare strade di dialogo per una soluzione negoziata del conflitto. In Siria prima d’ora non abbiamo mai visto gente che cerca cibo nell’immondizia e persone che vendono reni per avere soldi”.
Anche
l’Associazione
pro Terra Sancta,
che fa riferimento alla Custodia di Terra Santa, invoca lo stop
all’embargo alla Siria, così come le Trappiste
siriane. In una lettera le religiose chiedono la fine delle sanzioni che pure,
affermano, “non sono l’unica causa di tutti i problemi in Siria.
Ci sono tante responsabilità, anche interne. Ora c’è una guerra
economica in corso, una guerra di spartizione di aree di potere, di
privilegi economici, di influenze sul territorio”. Per questo “il
sistema politico-economico interno è chiamato a combattere la
corruzione e a promuovere la crescita, facendosi carico
dell’interesse del paese aiutando tutti i cittadini”.
lunedì 8 giugno 2020
Le Trappiste dalla Siria: "dateci una mano a non rendere per i Siriani 'speranza' una parola troppo difficile"
da Azeir, Syria, 8 giugno 2020
Non si sa più cosa dire.. Cosa dire ancora, dopo tante parole di molti, e parole autorevoli!, che, almeno apparentemente, non hanno però la forza di cambiare nulla.
Avevamo sperato che, in Europa, l’esperienza della precarietà, l’esperienza della vita minacciata così da un giorno all’altro, l’esperienza della morte così vicina, facesse comprendere un po’ di più cosa avesse significato per tanti Siriani vivere otto, nove anni, con la morte che cammina accanto, per strada, con l’idea di uscire di casa senza sapere se saresti ritornato, se avresti rivisto i tuoi figli.
Ma anche, non meno drammaticamente, la fatica per lavorare, per dare il necessario alla propria famiglia, l’angoscia di trovarsi senza lavoro e col futuro chiuso….
Certo, quando ci si è dentro, è già abbastanza pensare ai propri problemi...
Però… invece sono state RINNOVATE, ANCORA E DI PIU’, LE SANZIONI ALLA SIRIA.
Alla Siria, vuol dire ai Siriani : persone, come me e come te, uomini donne bambini….Non ai politici, non ai capi. Le sanzioni sono contro la gente.
Certo, chi decide di imporle lo sa bene: esasperare la gente per far cadere chi governa, là dove non si è riusciti con le armi. Ma è morale USARE la sofferenza dei popoli per fare politica?
Apriamo gli occhi ! Adesso che questo sistema diventa più evidente anche in Italia (facendo leva sulla paura della malattia, per chi lo vuole vedere...) si possono ancora tollerare scelte come quelle delle sanzioni applicate ad altri paesi ?
Noi italiani, che vediamo cosa stiamo subendo da parte dell’Europa, non riusciamo davvero ad essere solidali con paesi che subiscono le sanzioni, a capire quanto questo sistema possa essere ingiusto per la gente ?
Cosa si può fare ? Almeno, essere sensibili, capire il problema, capire il DRAMMA di questo popolo.
Cosicchè, se domani qualcuno lancerà ancora un appello a togliere le sanzioni, essere almeno d’accordo, mettere una firma, sostenere la causa.. CAPIRE IL PROBLEMA.
Chi impone le sanzioni, lo può fare appoggiandosi a un sistema che lo giustifica. Togliamo questo consenso ad azioni simili, indeboliamo il consenso a questo modo di gestire politica ed economia…Non è vero che non possiamo fare nulla. Possiamo cominciare a pensare con la nostra testa, tenendo davanti agli occhi l’UOMO e non l’interesse di pochi. Se facciamo questo, sarà già tantissimo.
Noi, da qui, pur essendo in monastero, ci rendiamo conto che c’è chi cerca di portare avanti altre strade, una “economia umanistica” che abbia alla base valori di cultura, di morale, di visione dell’uomo… Per favore, partecipate a queste strade nuove, informatevi, collaborate per cambiare questo sistema che sembra inattaccabile, ma in realtà non lo è. Dipende da ciascuno di noi.
Perché noi, monache, scriviamo di questo ? Perché la gente attorno a noi sta morendo-letteralmente-di fame. Di malattia. Non perché c’è il virus! Ma perché non trova più le medicine “normali”, per il diabete, per la pressione, per i tumori, per il cuore.. Perché le farmacie sono chiuse da una settimana, perché le fabbriche di medicinali non hanno più possibilità di importare materie prime e non fabbricano più..
Perchè la lira siriana è svalutata di ora in ora, due giorni fa un dollaro valeva 2000 lire ( all’inizio dell’anno 650 !), ieri 2500, oggi 3000 ! Di 500 lire in 500… un chilo di zucchero 1400 lire ? quando uno stipendio mensile è- ad andar bene- di 60.000 lire ??? I negozianti che non vendono più le scorte, perché gli si svaluta la merce di ora in ora…Poi ci si stupisce che la gente si arrangi come può ??
Noi cerchiamo di integrare l’inflazione delle paghe dei nostri operai.. ma è difficile.. Banche paralizzate in Libano, sistema economico fermo. Difficoltà a fare arrivare gli aiuti..
Provate a rendervi conto di questo…Sappiamo che i problemi sono tanti, anche in Italia.
Ma pensare non costa, anzi.. E’ un investimento per tutti, in termini di umanità..
Cercare di essere pronti, quando si presenta qualche occasione per fare la differenza, almeno di pensiero...
I problemi in Siria sono dovuti tutti alle sanzioni ? No, certamente. Ci sono tante responsabilità, anche interne. Come si può immaginare, il tempo dopo la guerra armata è più difficile. Ora c’è una guerra economica in corso, guerra di spartizione di aree di potere, di privilegi economici, di influenze sul territorio.. Chi era contro la Siria, continua ad esserlo e non si arrende nel fare pressione: come i terroristi ( sostenuti da chi ??) che ancora bruciano i campi di grano nel nord del paese...
Chi era con la Siria, ora rivendica la sua parte… Anche il sistema politico-economico interno, che ha resistito con tutto il diritto nel difendere la sovranità del paese, ora rischia di mettere in gioco questa stessa sovranità se non si prende cura adeguatamente delle sofferenze del popolo nel suo insieme…Se non combatte la corruzione, se non promuove la crescita, in poche parole se non si fa carico dell’interesse del paese aiutando tutti i cittadini.
E se bisogna essere sinceri non è chiaro, almeno per noi persone esterne ad ogni “circuito” di interesse, capire cosa veramente si sta muovendo attorno e all’interno della Siria e del Medio Oriente in questo momento.
Ma almeno non appesantiamo ulteriormente questa situazione! Interveniamo, almeno per quanto riguarda le sanzioni…. Lo hanno chiesto in tanti, ormai, ci uniamo , ancora una volta, anche noi…
In questi giorni abbiamo incontrato una bella realtà, una parrocchia molto attiva nella cittadina di Rahble, nella zona del Qseir ( sì, per chi ha seguito è dove c’è stata una guerra dura e lunga con i ribelli). Un parroco generoso, un bel gruppo di giovani delle Superiori e dell’Università… Noi a dir loro che sì, vale la pena resistere, che dobbiamo cercare le forze e le risorse in noi stessi… Inutile seguire il mito di andare da un’altra parte…
Però, dateci una mano anche voi, da lì, a non rendere per loro la speranza una parola troppo difficile !
Le sorelle Trappiste dalla Siria
AGGIORNAMENTO DEL 15 GIUGNO:
La redazione di Ora pro Siria ha ricevuto alcune domande di chiarimento circa l'intento della lettera delle Monache, che abbiamo girato alle Sorelle.La superiora, suor Marta, ci ha risposto così:
" Qualcuno ci chiede "ma alla fine, che cosa volete dire con la vostra lettera?".
Proviamo
a spiegarlo. Da una parte volevamo unire la nostra voce per
denunciare la situazione insostenibile per la gente siriana,
dall'altra volevamo dire che ciò che accade ancora oggi, come in
tutti questi anni, è frutto non tanto di una situazione locale, ma
di un sistema globale di finanza e geopolitica, che usa i popoli e le
nazioni solo come pedine, per il proprio interesse.
E'
inutile agire sugli effetti, se non si cambiano a monte le cause (in
questo senso, detto per inciso, dispiace che qualcuno abbia ripreso
solo alcune frasi del nostro scritto, per condannare ciò che accade
all'interno della Siria, senza sottolineare la responsabilità
esterne molto più pesanti, in questo tragico gioco).
E'
importante aprire gli occhi, e non solo riguardo alla Siria! Noi da
qui speriamo in cambiamenti profondi in Italia: che il nostro paese
sappia ritrovare il suo ruolo culturale nel Mediterraneo, ribaltando
le logiche perverse del sistema economico europeo.. tanto per fare
qualche esempio..."
giovedì 4 giugno 2020
Caesar Act e Sanzioni Europee: Governi occidentali puniscono collettivamente i civili siriani con embargo economici distruttivi
Rapporto di Tom Duggan
Il
governo siriano cerca di garantire che le medicine abbiano un prezzo
accessibile per la popolazione siriana limitando il prezzo dei
farmaci, ma l’industria farmaceutica siriana ora ha bisogno di
aumentare i prezzi per sostenere i costi di produzione.
Questo
è dovuto principalmente a due fattori: 1) le sanzioni, 2)
l’economia.
Alcune
fabbriche chiudono e alcune altre riducono la forza lavoro.
E’
estremamente difficile trovare le materie prime per fare le medicine
di base in una situazione di sanzioni e anche per via dei tassi di
cambio dollaro/lira siriana.
La
maggior parte dei siriani guadagna lo stesso salario di prima della
guerra iniziata nel 2011, ma il costo della vita è assolutamente
aumentato, diventando insostenibile per la gran parte delle famiglie.
Al
tempo stesso le industrie farmaceutiche affrontano prezzi di
produzione più elevati, che si riverberano sulla gente bisognosa di
medicinali. Il governo siriano sta negoziando con i produttori.
Il
secondo problema viene dalle sanzioni. Gli Stati Uniti furono i primi
a introdurle nell’aprile 2011 contro cinque persone chiave, ed
altre entità del governo siriano. Questa misura fu seguita poco dopo
da sanzioni simili imposte dall’UE. Gli USA estesero le sanzioni il
18 agosto 2011.
Il 3 settembre 2011 l’UE fece lo stesso, prendendo
di mira l’offerta, il trasporto, il finanziamento e l’assicurazione
del petrolio siriano e dei prodotti petroliferi. Questo fu l’inizio,
seguito da ulteriori sanzioni contro persone ed entità nel 2013,
sempre senza possibilità di negoziare.
Seguirono
negli anni :
-
la messa al bando della fornitura di certi servizi circa la
strumentazione per il monitoraggio e l’intercettazione delle
comunicazioni
-
bando alle importazioni di petrolio grezzo e prodotti petroliferi
-
bando sull’offerta di alcuni servizi relativi al petrolio e
prodotti petroliferi
-
embargo su equipaggiamenti e tecnologie chiave per le industrie del
petrolio e del gas naturale
-
messa al bando della fornitura di certi servizi, dal petrolio al gas
naturale
-
divieto della fornitura di banconote e monete siriane
-
divieto del commercio dell’oro, metalli preziosi e diamanti con il
governo siriano
-
messa al bando di certi investimenti nel campo delle industrie del
petrolio e del gas naturale e per la costruzione di centrali
energetiche finalizzate alla produzione di elettricità
-
divieto di partecipare alla costruzione di nuovi impianti energetici
per produzione elettrica
-
embargo sui beni di lusso
-
restrizione sugli impegni per il sostegno finanziario pubblico e
privato al commercio con la Siria
-
divieto di impegni nuovi a lungo termine da parte degli Stati membri
-
divieto di nuovi impegni per prestiti, assistenza finanziaria e
concessione di crediti al governo della Siria
-
divieto imposto alla Banca Europea di investimenti e di fare alcuni
pagamenti
-
restrizioni sulla emissione e commercio di alcune obbligazioni
-
restrizioni sull’apertura di succursali e filiali di banche siriane
o in cooperazione con banche siriane
-
restrizione sulla fornitura di assicurazioni e riassicurazioni
-
restrizioni sugli accessi agli aeroporti nell’UE per alcuni voli
-
ispezione di certi cargo verso la Siria e richiesta di previa
informazione sui carichi verso la Siria
-
restrizioni sulle missioni di certe persone
- congelamento
dei fondi e delle risorse economiche di certe persone, entità e
corpi
- divieto
di soddisfare i crediti da parte di certe persone
- divieti validi
fino al 1.6.2017
Ma ogni anno peggiora. Con le notizie del falsi attacchi chimici, dopo il
2017 sono entrate in vigore nuove sanzioni, anche grazie al rapporto
sul presunto attacco chimico a Douma da parte dell’Organizzazione
per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) che nascose informazioni importanti finché solo nel 2020 alcune talpe
dell’organizzazione stessa hanno svelato la verità.
Tuttavia
l’imposizione di sanzioni molto severe è proseguita.
Sono
messe al bando diverse sostanze chimiche che non possono entrare nel
paese:
acetone,
acetilene, ammoniaca, antimonio, butanolo, isobutanolo, cloro,
etanolo, etilene, ossido di etilene, anidride solforosa,
isopropanolo, metanolo, zolfo, ipoclorito di sodio, anidride
solforosa,......
Si
sono poi aggiunte :
Equipaggiamento
di laboratorio compresi
parti e accessori per tali apparecchiature, (distruttiva
o non distruttiva) di analisi o rilevamento delle sostanze chimiche. Questa
parte con l’eccezione degli equipaggiamenti, incluso parti o
accessori specificamente designati per uso medico.
Le
sanzioni saranno applicate a qualsiasi soggetto o paese che
infrangono le sanzioni. Ad esempio per Covid 19, Siria nord-est è in
grado di sostenere solo un massimo di 900 casi
Le
università siriane non possono comprare materiale per i test o
materiale di laboratorio a causa delle sanzioni .
Trump
sta estendendo le sanzioni attraverso la legge Caesar Act, che entrerà in vigore il 17 giugno. "La legge Caesar punta a impedire la normalizzazione dei rapporti con la Siria di paesi come il Libano, la Cina o gli Emirati e a “ostacolare la ricostruzione”. “Ogni paese che ospita persone o compagnie che fanno questo (aiutare la Siria) sarà preso di mira” dalla legge. Legge che dovrebbe articolarsi per fasi successive, fino a colpire, oltre ai siriani, compagnie e persone in Libano, Iraq, Russia e Iran."
mercoledì 3 giugno 2020
Le radici salafite della rivolta siriana, 2° parte
Tralasciamo la traduzione dei due capitoli
'Armed
Groups Form Before the Uprising'
e
'Thank God for Bandar'
per proporvi la parte finale della ricerca di
La prima parte qui:
Quando è iniziata la militarizzazione?
Mentre i funzionari statunitensi e sauditi sostengono che l'armamento
dei gruppi militanti dell'opposizione è iniziato nel 2012, il flusso
di armi verso questi gruppi dalla vicina Giordania, dall'Iraq e dal
Libano, e con l'aiuto delle agenzie di intelligence straniere, è
iniziato molto prima.
Il governo siriano ha affermato di aver intercettato il contrabbando
di armi dall'Iraq in Siria all'inizio di marzo 2011, due settimane
prima dello scoppio delle proteste a Deraa il 18 marzo 90. Queste
affermazioni sono state in gran parte respinte dagli osservatori
occidentali, ma sono probabilmente credibili, date le analoghe
affermazioni delle fonti dell'opposizione.
Muhammad Jamal Barout
scrive che secondo l'eminente oppositore e attivista per i diritti
umani Haitham Manna', ci sono state comunicazioni segrete tra
alcuni uomini d'affari siriani all'estero che si sono gettati in una
battaglia di vendetta verso il regime siriano perché i loro
interessi erano stati danneggiati dalla rete dell'uomo d'affari
pro-regime Rami Makhlouf, e che questi gruppi erano disposti a
finanziare e armare i movimenti di opposizione in tutto il Paese.
Barout osserva che questi uomini d'affari apparentemente avevano
rapporti con reti professionali in grado di consegnare armi in
qualsiasi località della Siria e che alcuni membri del 'Future
Movement' (un importante partito politico in Libano guidato da Saad
Hariri e noto per avere un forte sostegno saudita e statunitense)
erano tra coloro che organizzavano queste spedizioni di armi. Barout
osserva inoltre che Manna' ha reso pubblica parte di questi contatti
in un'intervista su al-Jazeera il 31 marzo 2011, appena due settimane
dopo l'inizio delle proteste antigovernative, con Manna' che "aveva
ricevuto offerte di armare movimenti da Raqqa a Daraa per tre volte
da partiti che non ha identificato nell'intervista ".
Manna' ha confermato ulteriori dettagli alla giornalista Alix Van
Buren del quotidiano italiano la Repubblica, parlando "di
tre gruppi che lo hanno contattato per fornire denaro e armi ai
ribelli in Siria. In primo luogo, un uomo d'affari siriano (la storia
riportata da Al Jazeera); in secondo luogo, è stato contattato da
"diversi oppositori siriani filo-americani" per dirla con
parole sue (ha fatto riferimento a più di un individuo); in terzo
luogo, ha menzionato approcci dello stesso tipo da parte di "siriani
in Libano fedeli a un partito libanese che è contro la Siria".
Van Buren osserva inoltre che altre fonti dell'opposizione sostengono
che i sostenitori dell'ex vicepresidente siriano Abd al-Halim
Khaddam, che aveva disertato in Francia anni prima, "seminavano
guai distribuendo denaro e armi" e si immischiavano "nel
sangue degli innocenti ".
Azmi Bishara, un ex membro arabo del parlamento israeliano e
direttore generale del Centro arabo per la ricerca e gli studi
politici con sede in Qatar, rileva analogamente che gruppi armati
hanno iniziato a contrabbandare armi nella città siriana di Homs dal
vicino Libano alla fine di aprile 2011, e che queste armi sono state
inizialmente utilizzate in rapimenti e assassinii individuali. Spiega
che a Homs, solo nel luglio 2011, i militanti dell'opposizione hanno
ucciso o rapito 30 persone in un giorno. Queste armi sono state usate
anche contro l'esercito siriano nei casi in cui ha tentato di
prendere d'assalto una città o un paese, per esempio a Qalqilya il
14 maggio 2011 e a Rastan e Talbiesah il 20 maggio 2011. Come Barout,
Azmi Bishara indica che molte delle armi sono state contrabbandate
nell'area di Homs dai sostenitori del leader del 'Movimento del
Futuro' Saad Hariri, come dimostra il nome di alcuni gruppi armati in
onore di suo padre Rafiq Hariri.
Analogamente, il 1° giugno 2011, il National, di proprietà degli
Emirati Arabi Uniti, ha riferito che secondo un attivista di Homs,
"l'esercito sta affrontando la resistenza armata e non è in
grado di entrare" nelle vicine città di Talbiseh e Rastan,
mentre i militanti dell'opposizione combattevano con mitragliatrici e
granate a razzo. L'attivista ha aggiunto "che negli ultimi anni
sono state contrabbandate armi dai Paesi vicini come il Libano e
l'Iraq ".
Le forze di sicurezza siriane uccise
Come risulta evidente, le violenze dei militanti dell'opposizione
contro le forze di sicurezza siriane e l'esercito siriano hanno
accompagnato fin dall'inizio le manifestazioni antigovernative. Ad
esempio, Israel National News riferisce che "sette agenti
di polizia sono stati uccisi, e il quartier generale del partito
Baath e il tribunale sono stati dati alle fiamme" domenica 20
marzo 2011, appena due giorni dopo la prima grande protesta a
Deraa. La giornalista Sharmine Narwani ha confermato
che tre giorni dopo, il 23 marzo 2011, anche due soldati siriani,
Sa'er Yahya Merhej e Habeel Anis Dayoub, sono stati uccisi a Daraa.
La Narwani riferisce che secondo l'Osservatorio siriano dei diritti
umani (SOHR), i militanti dell'opposizione hanno ucciso 19 membri
delle forze di sicurezza siriane o "mukhabarat" a Deraa il
1° aprile 2011.
Il 10 aprile 2011 i militanti dell'opposizione hanno ucciso 9 soldati
siriani che viaggiavano in autobus a Banyas. Gli attivisti
dell'opposizione hanno tentato di dare la colpa delle uccisioni al
governo siriano, e queste affermazioni sono state trasmesse
acriticamente dal quotidiano Guardian, che ha linkato un video
fornito dagli attivisti dell'opposizione di un soldato ferito
nell'attacco. Il Guardian ha affermato che il video mostrava il
soldato che riconosceva di essere stato colpito dalle forze di
sicurezza del governo dopo essersi rifiutato di sparare ai civili. Ma
queste affermazioni sono state confutate dall'esperto siriano Joshua
Landis, che scrive che "il video non 'supporta' la storia
che il Guardian dice di sostenere. Il soldato nega di aver ricevuto
l'ordine di sparare sulla gente. Invece, dice che stava andando a
Banyas per far rispettare la sicurezza. Non dice di essere stato
colpito da agenti governativi o soldati. Anzi, lo nega.
L'intervistatore cerca di mettergli le parole in bocca, ma il soldato
nega chiaramente la storia che l'intervistatore sta cercando di
fargli confessare. Nel video, il soldato ferito è circondato da
persone che cercano di fargli dire che gli ha sparato un ufficiale
militare. Il soldato dice chiaramente: 'Loro [i nostri superiori] ci
hanno detto: 'Sparate a loro se vi sparano'.
Il 17 aprile 2011 i militanti dell'opposizione hanno assassinato il
generale di brigata siriano Abdu Telawi, i suoi due figli e un nipote
vicino al quartiere di Zahra a Homs. Secondo il ricercatore siriano
Aziz Nakkash, gli omicidi sono avvenuti "in un momento di forti
manifestazioni antiregime". L'evento è stato molto
pubblicizzato con i corpi mutilati degli uomini e il funerale a Wadi
al-Dahab, ampiamente trasmesso in televisione. Anche altri due
ufficiali alawiti dell'esercito siriano, Ra'id Iyad Harfoush e Muaein
Mahla sono stati assassinati a Homs in questo periodo, continuando lo
schema delle uccisioni settarie tra sunniti e alawiti a Homs.
Poi l'ambasciatore indiano in Siria V.P. Haran ha osservato che il 18
aprile 2011 i media siriani hanno riferito che tra i 6 e gli 8
soldati siriani sono stati uccisi quando un gruppo armato ha fatto
irruzione in due posti di sicurezza sulla strada tra Damasco e il
confine giordano. Dopo aver visitato la zona due giorni dopo e aver
parlato con la gente del posto, Haran ha avuto l'impressione che
fosse successo qualcosa di ancora più grave. L'ambasciatore
statunitense in Siria Robert Ford e l'ambasciatore iracheno in Siria
hanno entrambi espresso, in conversazioni private con Haran,
l'opinione che al-Qaeda in Iraq (che poi ha formato il Fronte di
Nusra) fosse responsabile delle uccisioni.
Fonti dell'opposizione che hanno fornito testimonianze a Human Rights
Watch hanno confermato che i militanti dell'opposizione hanno ucciso
7 membri delle forze di sicurezza durante una manifestazione nella
città di Nawa, nella provincia di Deraa, il 22 aprile 2011.
Il 25 aprile 2011 i militanti dell'opposizione hanno ucciso 19
soldati siriani. La giornalista Sharmine Narwani scrive che "il
25 aprile - lunedì di Pasqua - le truppe siriane si sono finalmente
trasferite a Daraa. In quella che è diventata la scena del secondo
massacro di massa di soldati dal fine settimana, 19 soldati sono
stati uccisi... da ignoti aggressori. I nomi, l'età, le date di
nascita e di morte, il luogo di nascita e di morte e lo stato civile
di questi 19 soldati sono documentati in un elenco di vittime
militari ottenuto dal Ministero della Difesa siriano. L'elenco è
stato corroborato da un altro documento - che mi è stato dato da un
conoscente non governativo coinvolto negli sforzi di pace - che
descrive in dettaglio le vittime della sicurezza del 2011. Tutti i 19
nomi sono stati verificati da questa seconda lista ".
Mentre continuavano gli scontri tra l'esercito siriano e i militanti
dell'opposizione a Deraa, la maggior parte dei media occidentali ha
descritto questo come un tentativo di usare una forza schiacciante
per reprimere le proteste pacifiche. Fonti dell'opposizione hanno
tuttavia confermato che si stavano verificando scontri armati tra
l'esercito siriano e militanti sconosciuti. Al-Jazeera ha
citato un residente di Deraa il 27 aprile 2011, affermando che
"l'esercito sta combattendo con alcuni gruppi armati perché ci
sono state pesanti sparatorie da due parti. Non posso dire chi sia
l'altra parte, ma ora posso dire che è molto difficile per i
civili".
Poi il giornalista di al-Jazeera Ali Hashem ha riferito che uomini
armati stavano attraversando il confine della Siria dal Libano in
aprile e maggio 2011 e si stavano scontrando con l'esercito siriano.
Questi uomini armati sconosciuti erano probabilmente militanti
salafiti della città libanese del nord ,Tripoli, a due ore di
macchina da Homs. Der Spiegel ha riferito che lo
sceicco Masen al-Mohammad, un importante ecclesiastico salafita di
Tripoli, già nell'estate del 2011 inviava combattenti in Siria.
In una rara ammissione precoce della natura armata dell'opposizione
nei primi mesi della rivolta siriana, Anthony Shadid del New York
Times ha riferito l'8 maggio 2011 che "i funzionari
americani riconoscono che alcuni manifestanti sono stati armati. La
televisione siriana è inondata dalle immagini delle sepolture dei
soldati".
I militanti dell'opposizione hanno teso un'imboscata e ucciso 120
soldati siriani nella città di Jisr al-Shagour, vicino al
confine turco, il 4 giugno 2011. La violenza è iniziata quando un
militante armato di nome Basil al-Masry è stato ucciso mentre
attaccava un check point del governo. La morte di Masry ha fatto
arrabbiare molti residenti della città, che hanno creduto alle voci
secondo cui Masry era stato disarmato quando è stato ucciso, invece
di condurre un'operazione armata. Di conseguenza, il suo funerale è
diventato una manifestazione antigovernativa. Quando i manifestanti
si sono avvicinati all'ufficio postale locale, diverse centinaia di
militanti islamisti sono emersi tra i manifestanti e hanno aperto il
fuoco sui tiratori del governo che stazionavano sul tetto
dell'ufficio postale. I militanti hanno poi lanciato dispositivi
incendiari all'interno delle porte dell'ufficio postale, dando fuoco
all'edificio e bruciando a morte otto persone, prima di attaccare il
vicino edificio della sicurezza militare, dove il personale della
sicurezza dello Stato e della sicurezza politica si era barricato
all'interno. Quando le autorità siriane hanno inviato un convoglio
di soldati in aiuto, i militanti islamisti hanno teso un'imboscata al
loro convoglio, uccidendone circa 120.
Gli attivisti dell'opposizione diffusero la falsa affermazione che i
soldati erano disertori uccisi dai loro stessi superiori alawiti
nell'esercito, nonostante le prove del contrario fornite da Joshua
Landis, che dimostravano che i soldati erano stati uccisi da uomini
armati dell'opposizione. Come ha riferito Rania Abouzeid della
rivista Time Magazine, solo anni dopo gli attivisti coinvolti
nell'incidente hanno riconosciuto che la storia dei soldati disertori
era stata inventata. Abouzeid stessa aveva riferito dell'incidente in
quel momento e, inconsapevolmente, aveva trasmesso le false
affermazioni che suggerivano che i soldati morti avevano disertato.
Abouzeid ha successivamente rettificato la sua cronaca e ha fornito
tutti i dettagli dell'evento dopo aver intervistato un militante
islamista che aveva partecipato all'attacco, così come altri civili
che erano presenti alla protesta iniziale fuori dall'ufficio postale.
Il militante ha anche riconosciuto ad Abouzeid che lui e i suoi
uomini avevano filmato i corpi di alcune delle forze di sicurezza che
avevano ucciso e presentato i video come se mostrassero "le
fosse comuni piene di vittime del regime". La falsa affermazione
di diserzione dei soldati è stata usata per nascondere il fatto che
i soldati sono stati uccisi da militanti islamisti, permettendo così
che la rivolta continuasse ad essere considerata pacifica.
Sei giorni dopo gli omicidi di Jisr al-Shagour, Hala Jaber del Sunday
Times ha riportato un incidente simile, dove degli uomini armati
islamisti hanno usato la copertura di una manifestazione per
attaccare le forze di sicurezza siriane, questa volta nella città di
Ma'arrat al-Nu'man. Secondo gli anziani tribali della città, uomini
armati di fucili e lanciagranate a razzo si sono uniti a circa 5.000
manifestanti che manifestavano fuori da una caserma militare nel
centro della città. Gli uomini armati hanno attaccato la caserma,
dove circa 100 poliziotti si sono barricati all'interno, causando
l'arrivo di un elicottero militare in aiuto della polizia. Quattro
poliziotti e 12 degli uomini armati sono stati uccisi, mentre 20
poliziotti sono stati feriti. La caserma fu saccheggiata da una folla
e incendiata, così come il tribunale locale e la stazione di
polizia.
In questo periodo i militanti dell'opposizione hanno anche iniziato
ad assassinare informatori del governo. Amnesty International
riferisce che secondo un operatore umanitario impegnato nel trasporto
dei morti e dei feriti nel sobborgo di Damasco a Douma, "a
luglio e agosto 2011, un uomo veniva 'giustiziato' ogni due
settimane... Noi andavamo a prenderli. La ragione più comune addotta
per gli omicidi era che la vittima fungeva da informatore per la
sicurezza. Il numero di "giustiziati" è aumentato
gradualmente fino a uno ogni settimana, poi due o tre ogni settimana.
A luglio 2012, ogni giorno venivano "giustiziate" da tre a
quattro persone, e abbiamo smesso di conoscere l'accusa esatta. La
gente si riferiva a loro come a degli informatori "
Mentre il governo siriano affrontava un curioso mix di protesta non
violenta e insurrezione armata fin dall'inizio della rivolta, il
reportage occidentale si è concentrato solo sulle proteste,
lasciando intendere che le morti avvenute in Siria sono il risultato
dell'uccisione da parte del governo siriano di manifestanti pacifici
che chiedevano la democrazia. Per spiegare le morti dei soldati
siriani e delle forze di sicurezza, i giornalisti occidentali hanno
trasmesso teorie cospirative infondate secondo cui l'esercito siriano
avrebbe ucciso i propri soldati.
Il 'Damascus Center for Human Rights Studies' (DCHRS) è stato un
gruppo che ha contribuito a diffondere queste false voci. I media
statali britannici hanno riferito il 5 maggio che fonti all'interno
del DCHRS "hanno affermato che sono stati ricevuti 81 corpi di
soldati e ufficiali dell'esercito. La maggior parte sono stati uccisi
da un colpo di pistola alla schiena. Il DCHRS afferma di sospettare
fortemente che i soldati siano stati uccisi per essersi rifiutati di
sparare ai civili". DCHRS ha sede a Washington DC, mentre il
fondatore del gruppo, Radwan Ziadeh, ha legami di lunga data con i
governi statunitense e britannico. Nel 2010, poco prima dello scoppio
della guerra in Siria, Ziadeh è stato membro del National Endowment
for Democracy (NED). Ziadeh è diventato anche direttore delle
relazioni estere per il Consiglio nazionale siriano (SNC), che
rappresentava l'opposizione politica statunitense, britannica e del
Golfo all'estero. Il giornalista Max Blumenthal osserva che il NED ha
svolto un ruolo di primo piano nel destabilizzare vari governi
considerati nemici degli Stati Uniti, e che secondo Allen Weinstein,
membro fondatore del NED, "molto di quello che facciamo oggi è
stato fatto di nascosto venticinque anni fa dalla CIA".
La affermazioni non plausibili dell'uccisione dei propri soldati da
parte del governo siriano sono stati respinte anche da Rami Abdul
Rahman, capo dell'opposizione SOHR, che è la principale fonte di
informazioni sugli eventi in Siria per la stampa occidentale. Abul
Rahman ha dichiarato che "questo gioco di dire che l'esercito
sta uccidendo i disertori per andarsene - non l'ho mai accettato
perché è propaganda".
Il
governo ha ucciso i manifestanti?
Certamente
il governo ha ucciso alcuni manifestanti pacifici. Tuttavia, durante
un reportage dalla Siria nell'estate del 2011, il giornalista Nir
Rosen ha descritto come fosse stato a circa 100 manifestazioni in
Siria. “In molte di esse ho dovuto scappare per salvarmi la vita da
una sparatoria in diretta. Ero terrorizzato. I manifestanti che
escono ogni giorno da marzo sanno che stanno rischiando la vita. Li
aiuta a credere nel paradiso e nel martirio”. La giornalista
londinese del Times of London Hala Jaber ha osservato nel
giugno 2011 che, secondo un funzionario della sicurezza siriana, le
forze di sicurezza "vedono i manifestanti a centinaia o
migliaia, cantando slogan antigovernativi o strappando foto di Assad
- cosa che solo pochi mesi fa avrebbe fatto finire la gente in
prigione - e reagiscono con mano pesante e sparano a caso".
Il 3
maggio 2011 lo scrittore politico siriano Camille Otrakji ha
riassunto così il conflitto: "Mentre la maggior parte delle
proteste sono state veramente pacifiche, molte sono state
conflittuali e violente. La polizia e il personale di sicurezza
siriani non sono abituati a queste sfide e purtroppo in alcuni casi
alcuni di loro hanno probabilmente reagito con violenza inutile. Ma
dei 150.000 manifestanti stimati finora, secondo i dati
dell'opposizione, fino a 500 sono morti. Il governo sostiene che 78
sono morti, e credo che la cifra reale si trovi nel mezzo, più
vicina alle cifre dell'opposizione. Il governo sostiene che molti
sono morti in scontri armati. Dato che sono morti anche 80 soldati e
poliziotti, è logico che gli uomini armati non pacifici siano stati
tra le centinaia di vittime "civili". In altre parole, non
tutte le vittime civili erano manifestanti pacifici. Molti altri sono
probabilmente morti a causa dell'eccessiva violenza del personale di
sicurezza. Dobbiamo tenere presente che, nonostante l'amara
sensazione che tutti noi oggi proviamo dopo la morte di centinaia di
persone, è necessario condurre un'indagine su quanto è accaduto.
Nessuno di noi ha accesso alla verità, ma penso che sia giusto
concludere per ora che i numeri implicano che non è vero che non
esiste una politica ufficiale di sparare a caso a qualsiasi
dimostrante. Molti errori fatali sono stati commessi, ma molti altri
sono morti mentre partecipavano a scontri non pacifici con l'esercito
o la polizia".
Un'osservazione
simile la fece il sacerdote olandese Franz Van Der Lugt, che
visse in Siria per quasi 50 anni. Scrisse che "Fin dall'inizio,
i movimenti di protesta non sono stati puramente pacifici. Fin
dall'inizio ho visto manifestanti armati marciare nelle proteste, che
hanno cominciato a sparare per primi contro la polizia". Molto
spesso la violenza delle forze di sicurezza è stata una reazione
alla violenza brutale dei ribelli armati". Van der Lugt osserva
anche che "Inoltre, fin dall'inizio c'è stato il problema dei
gruppi armati, che fanno parte anche dell'opposizione. . . .
L'opposizione della strada è molto più forte di qualsiasi altra
opposizione. E questa opposizione è armata e spesso usa brutalità e
violenza, solo per poi incolpare il governo. Molti rappresentanti del
governo [regeringsmensen - Padre Frans potrebbe riferirsi ai
sostenitori del governo] sono stati torturati e uccisi a colpi di
arma da fuoco da loro".
Come
osserva l'accademico australiano Tim Anderson, la testimonianza di Van der Lugt è importante perché era un testimone indipendente. Van der Lugt era sul campo a Homs per assistere
direttamente agli eventi ed era ampiamente rispettato dai
belligeranti di entrambe le parti in conflitto. Quando Van der Lugt è
stato assassinato da ignoti uomini armati nell'aprile 2014, dopo
essersi rifiutato di lasciare Homs nonostante le terribili violenze e
l'assedio paralizzante delle zone della città controllate
dall'opposizione da parte del governo, il Telegraph ha
osservato che "negli ultimi mesi padre Van der Lugt era noto
come un campione del dialogo interreligioso, che era riuscito a
mantenere rapporti di lavoro, generalmente buoni, con alcuni dei
gruppi ribelli islamici più duri della zona "
Cos'è
la libertà?
Il
mito di un movimento di protesta del tutto laico e pacifico è
persistito in parte perché molti degli slogan più comuni, come
"Dio, Siria, Libertà, tutto qui", erano abbastanza ambigui
da permettere agli osservatori occidentali di supporre che gli
appelli alla libertà e alla dignità da parte dei manifestanti
significassero un appello alla democrazia liberale, piuttosto che un
appello alla libertà di vivere in un Paese governato da
interpretazioni salafitiche della legge islamica e ripulito
etnicamente dagli alawiti e da altre minoranze religiose. Allo stesso
modo, lo slogan della rivolta, "Il popolo vuole la caduta del
regime", non dava alcuna indicazione del perché volevano
rovesciare il governo, né con quale tipo di governo volevano
sostituirlo.
Per
i salafiti siriani intenti a rovesciare il governo siriano e a
ripulire il Paese dagli alawiti, non c'era alcuna contraddizione tra
questi obiettivi e la lotta per quella che essi consideravano
"libertà". Lo dimostrano i nomi dei gruppi armati
antigovernativi da loro istituiti e la loro retorica.
Come
già detto, Ahrar al-Sham è stato uno dei primi (fondato nel
marzo 2011) e più potenti gruppi armati antigovernativi. Il nome del
gruppo si traduce in "Uomini liberi della Siria ". Il
gruppo ha ricevuto in anticipo finanziamenti da al-Qaeda, ed è stato
fondato in parte dal militante jihadista di lunga data Abu Khalid
al-Suri. L'ideologia di Ahrar al-Sham è stata ispirata dal
predicatore salafita settario Muhammad Sarour, come già detto.
Allo
stesso modo, molti dei gruppi armati dell'opposizione che combattono
sotto la bandiera "Esercito Siriano Libero" avevano
orientamenti islamisti o salafiti. Mentre l'Esercito siriano libero
(FSA) è tipicamente considerato laico e democratico, il giornale
saudita Al-Hayat ha descritto come l'FSA sia stato fondato da un
gruppo di disertori dell'esercito, ma in seguito numerose fazioni
armate salafite, tra cui Liwa Islam, Saqour al-Sham, Ahfad Rasoul e
le Brigate Farouq, hanno presto iniziato a combattere sotto la
bandiera dell'FSA.
Il
quotidiano libanese Daily Star ha osservato che "più di un
battaglione della FSA ha preso il nome da Ibn Taymiyya, lo studioso
musulmano sunnita del XIV secolo che ha sollecitato lo sterminio
degli alawiti come eretici. Questo tipo di atto annulla qualsiasi
retorica o azione favorevole da parte di altri elementi della FSA, di
cui alcuni portavoce spesso promettono di stabilire una Siria che sia
pluralista e civile, e non di carattere religioso".
Abu
Firas, membro del Consiglio della Shura del Fronte di Nusra, ha
difeso la FSA dalle accuse di apostasia rivolte al gruppo dall'ISIS,
spiegando che "molti gruppi sono sotto un grande ombrello
chiamato FSA" e che molti di loro "sono credenti, persone
buone e giuste, che vogliono che la Shari'a di Allah prevalga sulla
terra". Abu Firas menziona specificamente Liwa al-Tawheed, Nur
al-Deen al-Zinky, Liwa Islam e Jund al-Sham tra questi gruppi
"giusti" della FSA.
Liwa al-Islam era guidata da Zahran Alloush, figlio di un
famoso predicatore salafita del sobborgo di Damasco di Douma. Il
gruppo di Alloush è poi cresciuto fino a diventare un altro dei più
potenti gruppi armati antigovernativi, ovvero "Jaish al-Islam",
o "Esercito dell'Islam". Il gruppo di Alloush ha combattuto
sotto il soprannome di "Esercito Siriano Libero" dalla sua
fondazione nel luglio 2011 fino alla metà del 2012.
Alloush, noto per il suo settarismo anti-alawita e anti-Shia (ha
chiesto la pulizia etnica di questi gruppi dalla Siria e promosse
l'infame sfilata dei prigionieri alawiti in gabbia per le strade di
Douma) , si considerava anche lui tra i "siriani
liberi" che lottano contro il governo siriano. Per Alloush,
tuttavia, questo significava lottare contro la democrazia,
piuttosto che per essa. Rispondendo alla domanda di un
intervistatore se egli sosteneva o meno le elezioni democratiche dopo
la caduta del regime, Alloush ha spiegato che "anch'io sono uno
dei liberi siriani". Allo stesso tempo, Alloush ha sostenuto che
il popolo siriano nel suo insieme rifiuta la democrazia e chiede la
creazione di uno Stato islamico. Alloush ha affermato come prova di
ciò che i primi manifestanti antigovernativi "sono usciti dalle
moschee per dire: 'non c'è nessuno con noi se non Dio'. E hanno
detto: "Dio è grande". Non hanno detto: "La
democrazia è grande".
Un altro dei primi gruppi dell'Esercito Siriano Libero era "Kita'ib
al-Farouq", o le "Brigate Farouq". Farouq è un titolo
che si riferisce a un primo compagno del profeta Maometto, il secondo
califfo Omar bin al-Khattab. Le Brigate Farouq sono state fondate in
parte da un predicatore salafita di nome Amjad Bitar, che ha potuto
finanziare il gruppo attraverso le donazioni delle reti salafite
negli Stati del Golfo.
Un combattente di Farouq ha spiegato a un giornalista belga che non
era "libero" quando viveva sotto il governo siriano guidato
dai Baathisti: "Prima della rivoluzione, il regime era troppo
forte; aveva una mano su ogni persona, e non era possibile vivere
come islamista in Siria. Dopo la rivoluzione, siamo liberi di vivere
come la nostra fede ci ordina di vivere. La via giusta, nell'Islam, è
lo Stato islamico".
Farouq, con la sua base originale a Homs, ha ricevuto anche il
sostegno delle reti Salafi nella vicina Tripoli, in Libano. Secondo
un predicatore salafita di Tripoli che ha partecipato all'invio di
denaro e combattenti in Siria a sostegno di Farouq, "Assad è un
infedele. . . . È dovere di ogni musulmano, di ogni arabo combattere
gli infedeli... C'è una guerra santa in Siria e i giovani vi
conducono la jihad. Per il sangue, per l'onore, per la libertà, per
la dignità ". Nel discorso salafita, quindi, la lotta per la
libertà e la dignità è sinonimo di lotta per stabilire una
dittatura religiosa fondamentalista.
Allo stesso modo, i termini "jihad" e "rivoluzione"
sono spesso usati in modo intercambiabile o in tandem, così come i
termini "mujahideen" e "rivoluzionari". Per
esempio, nel 2015, Abdullah Muhaysini, un religioso saudita che
esercita come giudice per il Fronte di Nusra, ha elogiato la
battaglia combattuta dal gruppo (conosciuto all'epoca come Jabhat
Fatah al-Sham) per catturare Idlib come "islamico, jihadista e
rivoluzionario". Nel 2020, il Fronte di Nusra (allora noto come
Hayat Tahrir al-Sham) ha rilasciato una dichiarazione che descriveva
i suoi combattenti come "mujahideen rivoluzionari" e la sua
lotta come "rivoluzione", mentre si impegnava a continuare
a combattere fino a quando "la Siria tornerà libera, dignitosa
e ribelle".
Ciò non sorprende, vista l'influenza dell'ideologo dei Fratelli
musulmani Sayyid Qutb sul pensiero jihadista. Il suo libro,
"Milestones", esponeva la strategia per usare uno stile
leninista "avanguardista"per guidare la lotta armata per
una "rivoluzione islamica".
Qutb voleva rovesciare i governi arabi laici e stabilire uno Stato
islamico presumibilmente sotto la sovranità di Dio al loro posto.
Di conseguenza, il gruppo dei Fratelli Musulmani che tra il 1976 e il
1982 ha combattuto per rovesciare il governo siriano si è chiamato
"l'Avanguardia combattente". Molti dei suoi militanti hanno
continuato a combattere per al-Qaeda in Afghanistan negli anni '80 e
in seguito hanno assunto un ruolo di primo piano nel movimento
jihadista, in particolare Abu Khalid al-Suri e Abu Musab al-Suri.
L'uso salafita di discorsi che promuovono la libertà e la dignità,
ma per obiettivi religiosi fondamentalisti, spiega perché slogan
apparentemente contraddittori come "Dio, Siria, la libertà,
tutto qui" e "Alawiti alla tomba, cristiani a Beirut!”
potevano coincidere durante le prime manifestazioni anti-governative.
Conclusione
In contrasto con la visione convenzionale, la rivolta siriana non è
stata del tutto pacifica o laica. Il movimento salafita siriano ha
avuto un ruolo di primo piano nel "creare e spingere gli eventi"
della rivolta siriana. I predicatori salafiti sia in Siria che
all'estero usavano discorsi di odio settario per incitare i loro
seguaci contro il governo siriano e contro le comunità alawite e
cristiane siriane in generale.
Fin dalle prime settimane del movimento di protesta, i militanti
salafiti armati hanno attaccato e ucciso le forze di sicurezza, i
soldati e la polizia siriane. La violenza e il settarismo dei
salafiti hanno indotto la maggior parte dei siriani, compresi i
musulmani sunniti siriani, a rifiutare la rivolta e ad assumere una
posizione neutrale o a continuare a sostenere il governo, nonostante
il suo pesante apparato di sicurezza e la corruzione presente
nell'élite al potere.
Anche se le agenzie di intelligence statunitensi e del Golfo non
hanno orchestrato le prime proteste antigovernative o non hanno
creato l'insurrezione armata che le ha accompagnate fin dall'inizio,
questi attori esterni hanno giocato un ruolo chiave nel conflitto. Le
agenzie di intelligence degli Stati Uniti e del Golfo hanno
alimentato la nascente insurrezione incanalando miliardi di dollari
di armi e attrezzature verso i gruppi armati salafiti, perché
condividevano l'obiettivo di rovesciare il governo siriano e quindi
di indebolire lo stretto alleato di Assad, l'Iran.
Il sostegno degli Stati Uniti all'insurrezione salafita ha
intensificato e prolungato il conflitto, portando ad anni di inutili
spargimenti di sangue e sofferenze per milioni di siriani. Gli eventi
in Siria dell'ultimo decennio sono un ulteriore esempio delle
terribili conseguenze della politica estera statunitense nella
regione. Come in Iraq e in Libia, la politica estera statunitense in
Siria non è stata benigna o ben intenzionata, ma piuttosto
deliberatamente distruttiva e ha causato sofferenze umane su una
scala difficile da comprendere.
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