La Bussola quotidiana, 19-02-2016di Gianandrea Gaiani
Le
truppe siriane e curde avanzano in tutto il nord e Ankara perde
il controllo mostrando il suo vero volto e soprattutto il suo vero
ruolo nel sostenere da ormai cinque anni i movimenti armati contro il
regime di Bashar Assad, inclusi quelli jihadisti.
Sembrano
confermarlo i bombardamenti aerei e d’artiglieria turchi che
da cinque giorni cercano di fermare l’avanzata delle milizie di
difesa popolare curde (Ypg), armate e appoggiate dai russi e alleate
di Damasco che stanno strappando ai qaedisti di al.-Nusra e dello
Stato Islamico gli ultimi tratti di confine. Nonostante dichiari di
combattere l’Isis e abbia reso noto di aver ucciso almeno 200
combattenti del Califfato nelle ultime settimane, Ankara preferisce
evidentemente condividere i 900 chilometri di frontiera con la Siria
con i jihadisti piuttosto che con i curdi dell’Ypg, che considera
alleati dei curdi turchi del Pkk e accusa dell’attentato che
mercoledì ha ucciso una trentina di soldati turchi.
L’Ypg
nega ogni coinvolgimento in un attentato che
sembra voler regalare al presidente Recep Tayyp Erdogan il pretesto
per un “casus belli” ma del resto il timore del governo turco ha
radici antiche ed è legato al rischio che venga proclamato uno Stato
indipendente curdo anche se le intese tra Ypg e Damasco prevedono
solo una larga autonomia. Promessa da Bashar Assad e accettata dai
curdi, consapevoli che l’alternativa, cioè la caduta del regime e
l’avvento al potere dei movimenti jihadisti, non li vedrebbe
cancellati con l’imposizione della sharia.
I
turchi, nostri alleati nella NATO,
non si sono limitati ad aiutare Isis e i qaedisti del Fronte al-Nusra
con i bombardamenti ma per cercare di respingere i curdi che si
avvicinano alla città di confine di Azaz hanno fatto entrare in Siria tra i 500 e i 2mila combattenti islamisti che combattono sotto
le bandiere di al Qaeda che a quanto pare erano ospitati in Turchia,
probabilmente nei campi di addestramento protetti dai servizi
segreti di Ankara. I rinforzi jihadisti disporrebbero di armi pesanti
e mezzi blindati, come riferiscono media locali, a conferma del peso
rappresentato dal supporto turco.
Contemporaneamente
il Califfato ha lanciato però una
controffensiva contro i curdi nell’area di Ayn Issa, tra Raqqa e il
confine turco a conferma dei sospetti che esista un coordinamento tra
qaedisti, Isis e Turchia. La rabbia di Ankara è legata anche al
fatto che i curdi stanno occupando quel settore del nord siriano, tra
Marea e Jarablus in cui i turchi premono da tempo sugli alleati per
poter istituire una “zona cuscinetto” protetta da una no-fly zone
in cui schierare 10 mila militari e trasferire 2 milioni di profughi
siriani attualmente ospitati in Turchia.
Una
proposta che porterebbe la Turchia a schierare forze militari in
Siria creando
i presupposti per trascinare nel conflitto l’Alleanza Atlantica e
che, ciò nonostante, viene oggi sostenuta con forza anche dalla
Germania, ormai appiattita sulle posizioni turche nel timore che
Erdogan apra le frontiere dell’Europa ad altri due milioni di
profughi e immigrati clandestini. Il Cremlino ha ovviamente bocciato
l’ipotesi di no-fly zone precisando che intende continuare a
colpire i “terroristi” (termine con cui Mosca definisce tutti i
gruppi islamisti dell’opposizione a Bashar Assad) nell’area di
Aleppo e lungo il confine turco.
Quello
che dovrebbe indurre a serie riflessioni sul
ruolo strategico dell’Europa non è solo il sostegno della Merkel a
Erdogan che aiuta ambiguamente lo Stato Islamico oltre ad ospitare, addestrare e alimentare le forze qaediste di al-Nusra e le milizie
islamiste alleate dell’Esercito della Conquista, ma soprattutto il
fatto che il Consiglio europeo ha deciso di chiedere alla Russia e al
regime siriano di interrompere subito gli "attacchi contro i gruppi dell'opposizione moderata, che minacciano le prospettive di
pace, avvantaggiano l'Isis e provocano la crisi dei rifugiati".
Espressione sibillina che non tiene ambiguamente conto della realtà.
L’avanzata delle truppe siriane appoggiate dai russi sta
travolgendo le difese dei qaedisti, delle milizie salafite, dei
fratelli musulmani e dello Stato Islamico: tutti movimenti che si
pongono l’obiettivo di instaurare la sharia in Siria.
Sono
questi i “moderati” che l’Europa vuole salvare dalle bombe
russe? Al
Consiglio d’Europa fingono di non sapere che i ribelli cosiddetti
“moderati” ormai non esistono più o sono ridotti a piccole
milizie di nessuna importanza militare e politica con l’esclusione
delle Forze Democratiche Siriane guidate dai curdi e appoggiate
dagli USA che però non vengono attaccate dallo schieramento
russo-siriano.
Allora
i casi sono due:
o alla Ue la politica estera continua ad essere un optional affidata
a improvvisati che non sanno ciò che dicono oppure a Bruxelles
qualcuno ha deciso che in Siria siamo schierati al fianco dei
jihadisti, alleati di al- Qaeda e Califfato. Forse con la speranza
che se li aiutiamo contro Assad smetteranno di compiere attentati a
casa nostra.