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mercoledì 11 ottobre 2017

SPAZIO DI PAROLA SIRIANA (non censurata) - Tornando al 2011 ...

8 ottobre 2017, DAL BLOG DI ADELINE CHENON RAMLAT:
Messaggio di Wissam Hassam che vive da 25 anni in Francia ed ha quindi seguito l'inizio degli eventi siriani come qualsiasi cittadino che vive fuori dalla Siria: attraverso i media. Egli parla qui di come ha capito che qualcosa era sbagliato nel racconto dei media francesi. Questo spazio è aperto a qualsiasi siriano che volesse esprimere il suo punto di vista.   (Traduz. dal francese di Gb.P.)

SPAZIO DI PAROLA SIRIANA (non censurata) - Messaggio di Wissam Hassan
Quando è iniziata nel 2011, eravamo persi: non si sapeva cosa fosse vero e quello che era falso. La cortina fumogena era così opaca..
Pochi mesi dopo si sono verificati eventi che mi hanno permesso di vedere chiaramente.
Il primo era un amico cristiano di Homs che durante i nostri scambi su un forum privato ci ha informato che la sua famiglia doveva fuggire dalla sua casa. All'epoca, il suo quartiere è stato "liberato" dal famoso Liwaa al Farouk, il cui leader oggi gode di un'ospitalità molto generosa del regime francese. Questo incidente era diventato un'idea fissa per me. Ogni giorno tornavo sul forum e chiedevo a questo amico se la sua famiglia aveva potuto tornare a casa. Ogni volta mi rispondeva di no. Un giorno ci ha informato che la sua famiglia ha dovuto partire per il Libano.
Nello stesso periodo, un altro amico franco-siriano è andato in Siria per visitare i suoi genitori a Latakia. Per capire è opportuno sapere che Latakia è sulla costa e che l'appartamento dei genitori di questo amico dà direttamente sul mare. Al suo ritorno ci ha raccontato la seguente storia: "Stavamo guardando Al Jazeera con i miei genitori quando hanno annunciato che l'esercito siriano stava bombardando Latakia da navi militari in mare. Siamo rimasti sorpresi perché non sentivamo né esplosioni o altro. Siamo andati sul balcone per vedere e abbiamo visto solo piccole barche da pesca, delle persone e degli innamorati che passeggiavano sulla spiaggia."
Pochi giorni dopo, un altro amico siriano che si era recato a Damasco ci ha raccontato una storia simile. Al Jazeera annuncia una imponente dimostrazione nel quartiere di Bab Touma proprio mentre il mio amico era in questo quartiere. Lui ci ha riferito che niente di speciale accadeva in questo quartiere e che tutto era normale, al contrario di quello che affermava la TV Al Jazeera
E poi c'erano le goffe bugie e i video truccati dei "rivoluzionari": l'uomo morto che finisce per tornare in vita con una risata. La supposta dimostrazione di 500.000 persone a Hama su un quadrato delle dimensioni della piazza del Campidoglio! Capito?! Neanche le sardine non ci sarebbero state in quello spazio. Senza dimenticare che il numero di abitanti di tutto il dipartimento di Hama e dintorni è al massimo di 500.000 persone, anziani e bambini inclusi.
C'erano video che mostravano "angeli" che combattevano a fianco dei "ribelli" ... E poi un video che mostrava una piccola dimostrazione nei pressi di Homs dove gridavano: "Gli Alawiti alla tomba, i Cristiani a Beirut ".
Tutto questo e altri eventi e testimonianze di questo genere mi hanno aiutato a vedere chiaramente e ad essere certo che ciò che i media ci dicevano era falso. Ho capito che tutto ciò che si sentiva sui crimini, sui bombardamenti, sulle rivolte, sui ribelli, sulla democrazia, ecc., non erano altro che fandonie, pure e semplici bugie. Al Jazeera mentiva spudoratamente. I media occidentali mentivano vergognosamente. Più la bugia è grande e più è facile credere sia la verità.
L'Occidente e i suoi alleati del Golfo hanno armato e mandato avanti dei banditi e degli islamisti siriani per farli passare per rivoluzionari e per far credere a una massiccia sollevazione popolare.
Cari amici: viviamo in un mondo di realtà virtuale. Diffidate di tutto. Non hanno limiti.

lunedì 9 ottobre 2017

Siria, ragioni di una vittoria

Di Il Simplicissimus

Alle volta sembra di sognare e ci si darebbe dei pizzicotti per svegliarsi. Ma regolarmente ci si accorge che è tutto maledettamente vero, che la realtà è diventata uno sceneggiato. Non parlo del fatto che gli Usa abbiano in sostanza obbligato Al Qaeda e i gruppi di mercenari “democratici” di attaccare con tutte le forze rimaste e le armi concesse le truppe siriane fra il confine turco e Deir Ezzor nel tentativo peraltro fallito di riprendersi la città, ma soprattutto per cercare di impedire che le truppe siriane riconquistino i pozzi di petrolio che sorgono sul legittimo territorio siriano. Sono state persino aperte le dighe sull’Eufrate per aumentare la portata d’acqua e dunque rendere più difficile ai siriani il passaggio del fiume anche a costo di danneggiare gravemente le popolazioni. Ma già ci sono molti reparti al di là del fiume.
Del resto che gliene frega agli “eccezionali”? Ma non è certo questo doppio, triplo, quadruplo gioco americano e occidentale che può stupire essendo diventato un modus vivendi et operandi, quanto l’assoluta oscurità del quadro generale che regna nelle cosiddette opinioni pubbliche occidentali, ormai pastorizzate dai media main stream. Due settimane fa un alto ufficiale francese, Michel Goya, assistente del capo di stato maggiore per quanto riguarda i “nuovi conflitti” e insegnante dell’Istituto strategico della scuola militare ha pubblicato un breve saggio di 15 pagine ( qui per chi conosce il francese o vuole scaricare l’intero testo in Kindle) in cui analizza lucidamente i motivi per cui i russi con un dispiegamento di mezzi molto inferiore a quelli occidentali e spese cinque volte inferiori hanno colto un enorme e inatteso successo.
L’ufficiale oltre a sottolineare l’efficienza degli armamenti russi, ma anche la capacità di creare adattamenti per le situazioni in atto senza i costi colossali che questo comporterebbe in occidente, sostiene che il successo russo è principalmente dovuto al fatto di avere obiettivi chiari e di perseguirli con coerenza e senza esitazioni, cambiamenti di strategie e di tattiche: quando ha deciso di intervenire in Siria lo ha fatto con un dispositivo militare limitato, ma completo, senza intraprendere la via della lenta escalation. Ora si potrebbe facilmente controbattere osservando che in realtà l’obiettivo occidentale era solo in parte Assad, ma in generale proprio la creazione di caos necessario a riedificare la realtà mediorientale in un nuovo sussulto colonial–petrolifero. Del resto dover nascondere la mano dietro supposte guerre civili e un confuso esercito mercenario, fingere di combattere l’Isis, nato dalle costole di queste armate improvvisate, ma farne al tempo stesso il fulcro strategico di questo disegno,  non è davvero facile.
In effetti ciò che manca all’analisi di Michel Goya  o che in qualche modo deriva dalle sue osservazioni nascoste fra le righe come un convitato di pietra, sono per l’appunto le ragioni per cui gli occidentali e nel caso specifico i francesi fossero in Siria e le motivazioni  della resistenza di Assad del tutto inesplicabile e incoerente alla luce della narrazione occidentale perché evidentemente favorita da un sostegno popolare che si è voluto sempre negare. La lucidità dell’analisi sul campo si scontra dunque con l’assoluta insensatezza e indeterminazione del contesto o con l’impossibilità di rivelarlo. Ma che alla fine salta fuori lo stesso quando l’ufficiale riconosce che l’arma vincente e decisiva usata dai russi a partire dal 2016 è stata la creazione di un centro di riconciliazione dedicato alla diplomazia della guerra, alla tutela dei nemici sconfitti e all’ aiuto della popolazione in sinergia con il governo, l’Onu e qualche Ong. 
Questo modello dice il sostanza Goya, si pone in completo contrasto con quello occidentale tutto votato alla distruzione del nemico e non alla trattativa: lascia che sia il lettore a dedurre a quale punto di non ritorno e di disonore siano arrivati gli Usa e il loro codazzo di valletti europei. 
Per cui ci sono sì ragioni di indirizzo politico e militare, di tattiche e di mezzi, ma l’occidente è stato principalmente sconfitto dalla sua tracotanza e dal suo abbandono della civiltà, proprio quella che vorrebbe asserire di voler portare.


Postilla della redazione di OraproSiria: 
L'evoluzione di questi giorni del conflitto siriano è densa di rapidi cambiamenti e pesanti conseguenze, proprio per il nefasto attrito tra Russia e Usa circa il possesso dei campi petroliferi a est dell'Eufrate.
 Segnaliamo la conclusione dell'articolo di Mike Withney : "Allora, cosa significa tutto questo? Significa che la Russia sosterrà i tentativi di Assad di liberare i campi petroliferi, anche se questo dovesse innescare una guerra più ampia con gli Stati Uniti? Sì, è esattamente ciò che significa. Putin non vuole lo scontro con lo zio Sam, ma non vuole neppure abbandonare un alleato. Quindi ci sarà un confronto perché nessuna delle parti è disposta a rinunciare a ciò che ritiene necessario per avere successo.
Così avete visto. Mentre l'impasse comincia a prendere forma nella Siria orientale, le due superpotenze rivali si preparano per il peggio. Chiaramente, abbiamo raggiunto il momento più pericoloso di questa guerra che dura da sei anni."   https://www.counterpunch.org/2017/09/22/uncle-sam-vs-russia-in-eastern-syria-the-nightmare-scenario/

Segnaliamo pure l'articolo di M.o.A. che spiega dettagliatamente gli insidiosi movimenti nella zona :
Russia emette un terzo avvertimento contro la cooperazione statunitense con i terroristi

venerdì 6 ottobre 2017

Le storie di Antun e Fozia


Oggi vogliamo raccontarvi due storie che sono giunte a noi da una delle sorelle della comunità di San Jacques (Maryakub), suor Marie Majd del Chile, e che illustrano la situazione di oggi in Siria e il desiderio di chi ha voluto rimanere sul posto, rimettersi a lavorare e ricostruire le proprie vite.
Suor Marie Majd :
 “Andavamo regolarmente all'antico e millenario souk Hamydié di Damasco, per acquistare del materiale per il Progetto Uncinetto; c'è maggior scelta e tutto è meno caro che nella nostra regione. Purtroppo però, spesso Damasco passa dei periodi di grande violenza, dove i terroristi ancora presenti nella periferia della capitale bombardano senza distinzione l'intera città e ci sono sempre dei morti. Quindi anche se non manca la disponibilità da parte nostra, non possiamo chiedere a qualcuno di andare al mercato in quei momenti...
La Provvidenza ha trovato una soluzione. Sulla strada verso il centro di assistenza umanitaria per incontrare le signore che lavorano all'uncinetto, un' amica cristiana di Qâra si è mostrata interessata agli articoli che stavo portando e mentre parlavamo è uscita la questione della difficoltà di trovare filo a buon mercato nella regione. Allora ci parla di un amico, anch'esso cristiano, che ha una fabbrica a Yabroud e questa è la sua storia:
Yabroud è un antico borgo, uno dei più antichi del mondo, con ancora alcuni resti e monumenti che lo testimoniano. Si trova a 20 km a sud di Qâra ed ha sofferto molto di più per la guerra perché la situazione lì era diversa. E' stato prevalentemente occupato da miliziani stranieri e questi non hanno lasciato il villaggio quando l'esercito è arrivato per riprenderlo; i combattimenti sono quindi avvenuti all'interno della città, le case sono state danneggiate e la popolazione rimasta ha sofferto notevolmente.
Antun (Antonio) e i suoi fratelli avevano una bella impresa familiare prima della guerra: avevano fondato una fabbrica che produceva 200 tipi di filati, avevano negozi, laboratori e anche un negozio nel mercato Hamidyé di Damasco. Poi la guerra è arrivata, sono dovuti fuggire sparpagliandosi un po' dovunque nel Paese e hanno cercato di ricominciare a lavorare là dove si trovavano. Antun si è rifugiato a Damasco per 3 anni.   Ora che la battaglia finale per riconquistare la nostra regione continua con successo (è appena finita in questo 28 agosto 2017) ha deciso di tornare a Yabroud e di riprendere la sua attività. Molti hanno scelto di lasciare la Siria, ma lui non vuole. Ha però trovato il suo magazzino completamente vuoto, non è rimasto nulla, le macchine che potevano essere trasportate erano state rubate, i macchinari più pesanti volutamente danneggiati, il negozio bombardato. Tuttavia lui vuole ricominciare e lavora giorno e notte per rimettere la fabbrica in funzione: vuole dare lavoro alle persone più povere, ma non può più pagare il prezzo reale del lavoro ma solo quello che è necessario per sopravvivere e aiutare gli altri.
Fozia, sarta a Qâra
Alla fine del 2013 l'esercito siriano ha iniziato l'operazione di liberazione della regione del Qalamoun e avanzava liberando villaggio dopo villaggio. La popolazione di ogni villaggio ha agito in modo diverso. Il momento per Qâra è arrivato a metà novembre. Qâra è una città di 22.000 abitanti, la cui popolazione era più che raddoppiata con i profughi venuti da altre regioni, ma si era quasi completamente svuotata all'avvicinarsi dell'esercito, perché considerata una città strategica, si temevano violenti combattimenti o il rischio che i civili venissero usati come scudi umani.
  Fortunatamente, non c'è stato quasi nessun combattimento all'interno del villaggio perché i miliziani hanno lasciato il villaggio poco dopo l'inizio dell'attacco dell'esercito. Ma anche se poche case furono distrutte o danneggiate, esse vennero abbandonate e rimasero un mese o più alla mercé dei ladri. La maggior parte degli abitanti, come Fozia, una volta tornati a casa, hanno trovato la casa saccheggiata, specialmente degli elettrodomestici, dei mobili , delle stoviglie; gli animali erano morti o scomparsi, gli alimenti per l'inverno erano avariati. Bisognava ricominciare tutto da zero. A Fozia, sarta di Qâra, hanno rubato le sue macchine per cucire. Adesso vuole tornare a lavorare per sopravvivere.  Realizza borse in tessuto e indumenti fatti a mano.