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sabato 15 aprile 2017

Verrà la Pasqua anche in Siria (?)









«Lasciate il nostro popolo libero di risorgere». Parlano i cristiani Khaled Salloum, Mons Abou Khazen, Padre Mounir, Nabil Antaki


di Leone Grotti

Anche quest’anno, il sesto consecutivo, a Pasqua i siriani si identificheranno più nella passione che nella risurrezione. E dire che le premesse sembravano buone: a dicembre il governo di Bashar al Assad, con l’aiuto della Russia e degli alleati sciiti, ha riconquistato Aleppo e cacciato da Palmira lo Stato islamico. I jihadisti indietreggiano e perdono terreno. La Turchia ha annunciato a fine marzo la conclusione dell’operazione Scudo sull’Eufrate (non proprio un successo), i colloqui di pace faticosamente vanno avanti e l’ambasciatrice americana presso le Nazioni Unite, Nikki Haley, si è lasciata finalmente sfuggire parole che a Damasco si attendono dall’inizio della guerra: «Non dobbiamo necessariamente concentrarci su Assad, come la precedente amministrazione. La nostra priorità è capire come far finire la guerra, con chi dobbiamo lavorare per fare davvero la differenza per il popolo siriano»

Tacitamente, ma inesorabilmente, davanti agli occhi dei siriani andava materializzandosi un sogno: la fine della guerra e la definitiva sconfitta delle milizie ribelli e jihadiste. Cinquantanove missili Tomahawk a stelle e strisce hanno spazzato via nottetempo questa immagine felice, causando un brusco risveglio a chi, come
Khaled Salloum, sperava che Donald Trump «avrebbe agito diversamente da Barack Obama». L’ingegnere cristiano di 66 anni, oggi in pensione, abita a Homs, nella Valle dei cristiani, a una sessantina di chilometri dalla base aerea governativa di Shayrat, pesantemente danneggiata dal raid americano, che ha anche causato la morte di almeno 15 persone. «Non ci aspettavamo un attacco così diretto da parte degli Stati Uniti – confessa a Tempi – ma non credo che la situazione cambierà molto: è da anni che finanziano e armano gruppi di terroristi. E visto che questi non sono riusciti a vincere la guerra, ora intervengono direttamente. Trump parlava diversamente da Obama, ma ormai lo sappiamo: gli americani non possono mai essere presi sul serio».

Il presidente repubblicano, che ha ordinato l’offensiva dalla Florida prima di mettersi a tavola con il suo omologo cinese Xi Jinping, ha voluto così «rispondere all’orribile attacco chimico contro civili innocenti con cui Assad ha stroncato la vita di uomini, donne e bambini». È dalla base di Shayrat infatti che si sarebbero alzati in volo gli aerei che avrebbero ucciso circa 70 persone a Idlib. Il condizionale è d’obbligo, visto che nella provincia governata dai jihadisti di Al Nusra (ora hanno cambiato nome ma restano la branca siriana di Al Qaeda) non ci sono giornalisti e l’unica fonte di informazioni sull’attacco è quell’Osservatorio siriano per i diritti umani che parteggia per i ribelli contro Assad.

«Non c’è diritto d’ingerenza»
«È sempre la stessa storia. Hanno fatto lo stesso in Iraq, in Libia e ora in Siria. Purtroppo l’ipocrisia degli Stati Uniti non cambia mai. L’attacco chimico è solo una scusa. Se volevano sapere davvero che cosa è successo, perché non hanno inviato una commissione? Perché non hanno mandato una squadra per capire chi sono i responsabili?».
Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo, non si dà pace. Il raid americano lo ha lasciato sgomento e arrabbiato. «Noi dobbiamo domandarci: a chi giova questo attacco chimico?», si sfoga con Tempi. «Chi avvantaggia? Non la Siria, non Assad ma i terroristi islamici. Io l’ho sempre detto: non si può cantare vittoria, con gli americani bisogna aspettarsi di tutto. Perché vogliono decidere loro per noi? Perché non lasciano che sia il popolo siriano a scegliere da chi vuole essere governato?».
Anche Nabil Antaki, medico di Aleppo ovest che ha vissuto sulla sua pelle la tragedia dell’assedio da parte dei ribelli e la gioia della riunificazione, non riconosce alcuna superiorità morale a Washington. «Che diritto hanno gli Stati Uniti di bombardare la Siria?», risponde a Tempi via mail in uno dei pochi momenti della giornata in cui è disponibile l’elettricità. «Chi li ha nominati poliziotti globali? Questo famoso “diritto d’ingerenza” non è semplicemente il diritto del più forte di intervenire a casa degli altri senza il loro consenso? La popolazione di Aleppo è in collera e abbiamo anche paura che scoppi una terza guerra mondiale». Mentre gli alleati di Damasco, Russia e Iran, promettono infatti che non resteranno a guardare («risponderemo se verrà ancora superata la linea rossa»), l’ambasciatrice americana Haley rincara la dose: «Non ci sarà soluzione politica con Assad alla guida del paese. Siamo pronti a intervenire ancora».

 «Dovete dire la verità»
Dalla capitale economica della Siria a quella politica il sentimento della gente è sempre lo stesso.
Padre Mounir, 33 anni, è originario di Aleppo, ma dopo essere entrato nell’ordine dei salesiani, e ordinato sacerdote quattro anni fa a Torino, è andato a svolgere il suo ministero a Damasco, dove si occupa in oratorio di oltre 1.200 giovani. Ha deciso lui di tornare in Siria: «Non vedevo l’ora», racconta a Tempi. «Non ho mai pensato di rimanere in Italia, anche se i miei genitori e la mia famiglia sono scappati e hanno dovuto lasciare Aleppo per la Germania. Hanno cercato di convincermi ma più infuriava la guerra, più desideravo di tornare a servire il mio popolo in difficoltà». Per padre Mounir l’attacco chimico è una «fake news». «I siriani sono arrabbiati, delusi e pensano tutti la stessa cosa», dice il sacerdote. «Il governo non è stupido: perché dovrebbe fare una cosa simile e rivitalizzare i suoi avversari? La verità è che gli Stati Uniti vogliono favorire l’Isis, ridare loro entusiasmo dopo le ultime sconfitte per mano del governo e dei russi. La gente non fa altro che parlare dell’Arabia Saudita e della Turchia, che hanno esultato all’indomani dell’offensiva americana. Qui anche i bambini sanno che senza questi sponsor internazionali la guerra sarebbe già finita. Ma se serviva una conferma, è arrivata». Chi, dopo sei anni, sembra ancora non capire, è l’Occidente: «Questa non è una guerra civile. Se Europa, America e paesi del Golfo smettessero di armare i terroristi, gli scontri finirebbero subito. Voi giornalisti avete un’enorme responsabilità: dovete dire la verità e dare voce al popolo siriano, non solo agli alleati dei governi europei. Purtroppo è difficile trovare un giornale occidentale che faccia questo lavoro».

 «Eppure continueremo a lottare»
Ora i siriani sono divisi tra rassegnazione e voglia di reagire. L’ingegnere di Homs,
Salloum, rientra sicuramente nella seconda categoria. «Siamo circondati da forze e milizie straniere che entrano nella nostra terra per conquistarla. Ma noi non la abbandoneremo e resisteremo», continua. «Dopo sei anni di guerra nessuno ha più paura, tutti hanno visto in faccia la morte e ormai non ci importa più. Non sarà bello da dire, ma io preferisco morire piuttosto che vedere comandare chi usurpa casa mia».
Certo continuare a sperare in una risoluzione pacifica del conflitto che lasci la Siria intatta, senza smembrarla in stati e staterelli confessionali, è arduo. Anche per un prete alle porte della Pasqua. «Davanti ai giovani cerco sempre di mostrarmi speranzoso, ma dopo questo attacco dentro di me faccio fatica a credere che anche la Siria prima o poi conoscerà la risurrezione pasquale», ammette. «Eppure il popolo siriano ama la vita e ha ancora voglia di lottare. Le celebrazioni di questi giorni, che noi siamo liberi di fare in chiesa e per strada al contrario di quanto avviene in tanti paesi del Medio Oriente, ci aiuteranno ad andare avanti».


Anche il medico Antaki, membro laico dell’ordine dei frati maristi blu, attende la Settimana Santa per non arrendersi alla disperazione: «Malgrado il pessimismo che ci circonda, celebreremo ugualmente la Pasqua nella speranza della risurrezione, della fine della guerra. Se noi non avessimo creduto alla speranza che solo Gesù porta, avremmo abbandonato il nostro paese da tempo e ce ne saremmo andati come milioni di altri siriani».

martedì 11 aprile 2017

Un siriano ci scrive: 'le bombe e il nostro appello'


Sono un siriano fuggito da Aleppo cercando una terra sicura per proteggere i miei bambini: un missile dei ribelli ha colpito la mia casa lasciando molti danni oltre il terribile spavento che hanno preso i miei bambini, queste condizioni mi hanno costretto a lasciare il mio paese dopo cinque anni dall'inizio della guerra....
  Nel paese ospitale Italia da quando sono arrivato mi sono messo in contatto con i parenti in patria per aggiornarmi sulle ultime notizie della mia città quasi tutti giorni, con l'intenzione di tornare in patria appena tutto sarà ristabilito. Nessuno può negare quanti sacrifici l'Esercito Nazionale ha sopportato fino ad oggi in questa guerra per rendere la terra di Siria una terra pura priva di qualsiasi tipo di terrore; finalmente quattro mesi fa circa, Aleppo tutta è stata liberata grazie all’Esercito Nazionale e non solo Aleppo ma anche sono state liberate Palmira, i dintorni di Homs, Hama e molte altre zone. Questo è un motivo importante per cui io sto pensando sul serio di ritornare in patria. 
 Sul telefono in linea c’era mio fratello di Aleppo dicendo “Aleppo tutta tranquilla, Aleppo non è più con le bombe potete tornare quando decidete”, appena finito questo discorso il giorno seguente scoppia la storia del bombardamento con il gas di cui è accusato il governo siriano e Assad. Eppure, tutti sappiamo che l’Onu ha chiesto al governo siriano di distruggere le armi chimiche e che le ha distrutte tutte. Tutti noi sappiamo che il deposito di queste armi con gas si trova in zona controllata dai terroristi quindi i siriani non sono colpevoli di questi armi, l’Occidente anziché accusare Assad di bombardarli non era meglio che si domandasse come hanno fatto ad arrivare queste armi pericolose fino qua?! attraverso la Turchia , Giordania, altro..
  Anziché fare questa ricerca, il presidente americano con una decisione singolare da parte sua, lancia suoi missili colpendo una base siriana come castigo, ma è possibile accettare questo fatto? Più si avvicina l’Esercito Siriano Regolare a pulire la Siria e più l’Occidente e gli USA trovano una scusa per parlare di nuovo di eliminare Assad, non sanno che Assad combatte oggi contro ottanta nazionalità di fanatici da tutto il mondo orientale e occidentale? Vengono per morire in terra siriana per raggiungere le sirene!! Fondamentalisti che nel nome della religione hanno distrutto questo mio paese Siria, il paese ricco di radici di storia e civiltà, il paese fatto per il ricco e il povero dove un chilo di pane costava venti centesimi e dove conviveva il cristiano a fianco del musulmano e tutto un tessuto di diverse etnie sono tutti sotto l’ombrello della tolleranza. 
 Io sono un siriano, ho imparato nelle scuole siriane e mi sono laureato in Università siriane pagando una quota simbolica, e tuttora dove governa Assad la gente vive in condizioni dignitose mentre dove governano i terroristi si trascorre la vita nel terrore. Perchè il paese cosi è ricco di tutto non vogliono lasciarlo in pace? Oggi organizzazioni islamiche combattono in terra siriana mentre gli Usa dicono “bisogna eliminare Assad”, ma io vi chiedo: eliminato Assad chi comanda al posto suo?, lasciamo il paese per l’Isis o lo lasciamo comandato dall' Islam fanatico o da chi altro??
Insomma ogni tanto una storia viene esplosa e gli Usa la utilizzano come scusa per continuare questa guerra, stasera addirittura leggo che si preparano a fare ancora altri attacchi alla Siria inventando qualche altra storia di bombe chimiche... 
 Da siriano, vi dico che io spero di poter tornare in patria e spero dal mondo che lasci la Siria in pace con il suo governo con la sua sovranità, finitela di voler decidere per noi. 
 Noi siriani perdiamo la nostra identità quando siamo all’estero vogliamo tornare, ma basta vittime, la morte è diventata un fatto di vita quotidiana , vi chiediamo solo : basta guerra, basta basta...

Joseph M.

venerdì 7 aprile 2017

Gli USA attaccano la Siria, senza attendere la raccolta delle prove circa l'attacco chimico a Idlib

In questo momento di grave preoccupazione per l'aggressione di questa notte da parte USA alla Siria sovrana,  sottoscriviamo il comunicato della  RETE NOWAR ROMA


"Le dichiarazioni della rappresentante degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, secondo cui gli USA potrebbero scatenare un intervento militare diretto in Siria anche senza l'autorizzazione dell'ONU, le analoghe dichiarazioni bellicose della UE e della NATO, le minacce al Presidente siriano Assad di Israele e Turchia , prefigurano un drammatico scenario di guerra ed allontanano ogni soluzione alla crisi siriana e Medio Orientale.
Già nel 2013, in occasione di un presunto attacco chimico dell'Esercito Siriano alla periferia di Damasco, rivelatosi poi una  provocazione  organizzata dai gruppi terroristi in difficoltà per causare un intervento armato degli USA a loro favore, si sfiorò una guerra aperta con il coinvolgimento di varie potenze. Il precipitare della crisi fu evitato da un oculato intervento della diplomazia russa. Pur incolpevole, la Siria accettò di eliminare per intero tutto il suo arsenale di sostanze e armi chimiche.
Oggi la storia si ripete con una nuova provocazione che riguarda l’accusa di un attacco chimico sulla provincia siriana di Idlib, da vari anni sotto il controllo dei terroristi di Al Qaida sostenuti da Turchia, Arabia Saudita, Qatar, da vari paesi occidentali e Israele.
Le accuse al governo siriano  provengono dalla stessa Al Qaida, da agenzie legate a paesi aggressoricome il Qatar e l’Arabia Saudita - Al Jazeera e Al Arabya - e da un’agenzia di notizie situata in Inghilterra (Osservatorio Siriano per i Diritti Umani - SOHR) che collabora da anni con i gruppi terroristi che tentano di destabilizzare la Siria. Questa è stata subito affiancata da ONG  dagli stessi indirizzi, come gli "Elmetti Bianchi", fondati da membri del servizio segreto britannico  e Medici Senza Frontiere, fondati dall’ex ministro degli esteri francese Kouchner, partecipe delle avventure belliche del presidente Sarkozy.
Nessun ragionamento viene fatto dai nostri mass media, come sempre al servizio dei governi occidentali e della NATO, sulla circostanza che il governo siriano, nel momento in cui stava prevalendo militarmente e aveva ricevuto persino un esplicito riconoscimento da parte dell'amministrazione Trump per bocca del segretario di Stato Tillerson e della rappresentante USA all'ONU Haley, non aveva alcun interesse ad essere rimesso sul banco degli accusati con un'azione  senza senso e autolesionista.
Né si tiene conto delle dichiarazioni di parte russa e siriana, basate su rilievi satellitari, per cui l’esplosione è stata causata da un bombardamento siriano su quello che è poi risultato essere un deposito di armi chimiche allestito dai terroristi, né delle dichiarazioni di  testimoni locali, come il vescovo di AleppoCome numerose altre provocazioni terroristiche precedenti, in Siria e nel mondo, lo scopo della coalizione guerrafondaia di neocon, neoliberal, Israele, UE e Nato, è ancora una volta di chiudere qualsiasi  ipotesi di soluzione giusta in Siria e di ostacolare ogni dialogo costruttivo con la Russia. 
Invitiamo tutti i cittadini amanti della pace alla massima vigilanza, a valutare attentamente e contrastare le  false notizie diffuse per giustificare attacchi militari, come già avvenuto ad esempio in occasione delle presunte "armi di distruzione di massa" di Saddam. I propalatori di quelle false notizie, come Tony Blair (ufficialmente riconosciuto come bugiardo da una commissione parlamentare britannica) e George Bush, responsabili di milioni di morti, non hanno mai pagato per i loro crimini e anzi hanno ricevuto incarichi prestigiosi e ben remunerati. Il Presidente Assad, nominato con un regolare processo elettorale, è invece definito dittatore, come tutti coloro che difendono l’indipendenza del proprio paese dalle mire imperiali dei potentati occidentali, ed accusato, senza prove, di essere un criminale.
Invitiamo tutti i cittadini ad opporsi in ogni modo ai pericoli di guerra.
La guerra è una strada senza ritorno.

RETE NOWAR ROMA


Usa attaccano la Siria. Mons.Abou Khazen: «Perché vogliono decidere loro per noi?»



«È sempre la stessa storia. Hanno fatto lo stesso in Iraq, in Libia e ora in Siria. Purtroppo l’ipocrisia degli Stati Uniti non cambia mai». È sgomento e arrabbiato monsignor Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo, commentando a tempi.it l’attacco missilistico di questa notte con cui gli Stati Uniti hanno inflitto «pesanti danni» alla base siriana di Al Shayrat, da dove secondo l’intelligence americana sarebbero partiti i jet di Bashar al-Assad carichi di armi chimiche....
«Noi dobbiamo domandarci: a chi giova questo attacco chimico?», non si dà pace monsignor Abou Khazen. «Chi avvantaggia? Non la Siria, non Assad ma solo i jihadisti. E loro fanno vedere solo quello che vogliono, hanno in mano tutta la propaganda e il mondo intero gli va dietro». La città di Aleppo è da poco stata liberata dall’assedio dei terroristi (dicembre 2016), ma per la Siria non c’è pace: «Io l’ho sempre detto: non si può cantare vittoria perché con gli americani bisogna aspettarsi di tutto. Perché vogliono decidere loro per noi? Perché non lasciano che sia il popolo siriano a scegliere da chi vuole essere governato?».
Dopo la grande paura di stanotte il popolo siriano è «indignato, triste. Che cosa le devo dire? Ringraziamo tutti gli americani e gli inglesi, anche perché l’Isis ha appena ricominciato ad attaccare qui vicino. Forse non è un caso. La verità è che gli americani vogliono arrivare a conquistare i giacimenti di petrolio e gas. E non è certo la prima volta che ci attaccano: quando hanno attaccato la centrale elettrica qui vicino, che forse non riusciremo più a sistemare, qualcuno ha protestato? No, nessuno ha aperto bocca. E non è forse un crimine? Che cos’è, anche quello un atto umanitario?».

http://www.tempi.it/usa-attaccano-la-siria-abou-khazen-perche-vogliono-decidere-loro-per-noi#.WOdYTfnyiM8

martedì 4 aprile 2017

Incontri nella Siria dei 6 anni di guerra: (5) San Paolo, il dramma e la promessa


Il mio viaggio si conclude a Tabbalè, al Memoriale della conversione di san Paolo.
Qui, tra una frotta di bambini giocosi, raccolgo l'appello accorato di padre Raimondo, vicario del vescovo latino di Siria a Damasco.

  “Da due mesi abbiamo iniziato un progetto umanitario, che riguarda bambini cristiani e musulmani che sono cresciuti durante la guerra della quale stiamo entrando nel settimo anno.
Il progetto prevede un percorso di assistenza psichica, studiare lo stato psicologico e la condizione mentale del bambino, condotto da nostri ragazzi che sono stati preparati per questo programma. Abbiamo 80 bambini, di cui 22 di famiglie musulmane e abbiamo scoperto che questi bambini ne hanno più bisogno dei bambini cristiani, perché si trovano in un ambiente famigliare dove si ascoltano ripetutamente voci come “ammazzare, jihad, guerra” e hanno perso molti parenti. È un ambiente malato, un bambino di sei anni che quindi è cresciuto sempre lì, potete immaginare come ragioni; abbiamo bambini chiusi, bambini che hanno bisogno di mangiare, bambini senza autostima, pieni di preoccupazioni e di paura.
Con questa iniziativa tentiamo di creare un'apertura: presso di noi giocano e i nostri responsabili cercano di parlare ad ognuno e vedere i problemi di ciascuno, perché non è un progetto di gruppo ma mira a un rapporto personale con i bambini che hanno più bisogno di affetto, assistenza e talvolta anche di un medico.
Ci sembra importante permettere a bambini cristiani e musulmani di vivere insieme in un ambiente protetto: solo questo potrà far tornare come prima la situazione, perché quando un bambino musulmano gioca con uno cristiano lo veda come un amico.
La zona in cui stiamo noi, Tabbale', è una zona molto povera, anche di forte immigrazione da altre zone della Siria, alcuni vengono da Jaramana o Duelah altre due zone povere.
 Gli educatori sono ragazzi cristiani assunti stabilmente, e anche questo è un modo di sostenerli pagando loro un mensile. Le attività si svolgono due volte alla settimana: il venerdì e il sabato dalle nove fino alle due, e fanno una piccola merenda. È importantissimo che i bambini facciano l'esperienza di giocare insieme, gioire insieme e anche soffrire insieme, perché la sofferenza non è per i cristiani o per i musulmani, tutti hanno sofferto: la bomba quando cade, cade su tutti, musulmani e cristiani.
 Questo convento francescano del memoriale di San Paolo, fu voluto dal beato Paolo VI nel 1964 quando incontrò il patriarca Atenagora in Gerusalemme. L'obiettivo di questo convento, come è scritto nella convenzione tra la Santa sede e la Custodia di terra Santa, è di essere un luogo di incontro ecumenico, un centro di studi su San Paolo e anche per ricevere i gruppi che venivano a visitare i luoghi santi in Siria: prima della guerra avevamo sempre molti stranieri, Italiani, Tedeschi, Americani che venivano come turisti; adesso invece riceviamo i Cristiani siriani fuggiti da zone come Hassake, Qamishli, Aleppo. Molti sono di passaggio per andare in Libano aspettando il visto per partire. Riceviamo anche dei malati di cancro: in questo momento abbiamo cinque casi che provengono da Aleppo e non avrebbero un luogo dove stare nel tempo delle cure.
La guerra quindi, ci ha trasformati da luogo di passaggio per pellegrini a un luogo di accoglienza per malati, bisognosi e rifugiati, offrendo loro un'ospitalità fraterna.

Penso che le parole di San Paolo oggi siano attualissime: “Perché mi perseguiti? Perchè ammazzare cristiani?”. I cristiani in Siria sono persone pacifiche, gente che ama il Paese, che qui si sente nella sua casa originaria, ma certamente oggi non si sente tranquilla.
 Abbiamo tanto bisogno di una stabilità, politica ed economica, abbiamo bisogno di lavoro e che le famiglie possano tornare a vivere insieme.
Ogni mese facciamo un incontro tra 20 famiglie; abbiamo notato il loro bisogno di incontrarsi per avere forza, che traggono in larga misura dalla parola di Dio.
 Devo dire che sono davvero stanchi; cercano una via di uscita da questa situazione, sognano di andare via, in Europa, ma noi insistiamo perché restino qui, perché veramente c'è bisogno di ognuno: abbiamo perso tanti dottori, tanti ingegneri, tante persone specializzate, professionisti... La nostra vita pastorale è in crisi perché constatiamo la mancanza di giovani; sentiamo fortemente anche il dispiacere delle ragazze cristiane che non trovano un fidanzato: la proporzione è di 10 ragazze ogni 3 ragazzi. Anche questo fa parte della mancanza di prospettive, insieme al fatto che appena finiscono l'università i ragazzi partono per l'estero. La paura del servizio militare e soprattutto della morte li spinge a fuggire. Quindi assistiamo alla crisi della famiglia, oltre a quella del lavoro: "che futuro avranno qui i nostri bambini?" si domandano.
La Chiesa certo cerca di aiutare dando soldi e aiuti ma non può dare la stabilità, la sicurezza: queste possono venire solo dallo Stato.
  Cosa possiamo fare noi cristiani d'Italia?
Prima di tutto potete, dovete, parlare: anzitutto fare azioni per fermare la guerra, e poi aiutarci nell'educazione. Nelle scuole del nostro paese occorre una riforma del piano educativo e dei contenuti dell'educazione, quindi occorre trovare il modo di aiutare la formazione di una nuova mentalità.
 Vi siamo grati se ci aiutate materialmente, ma ancora di più se incoraggiate i nostri giovani a ritornare nel loro Paese.. dite loro: “ritornate in Siria, nella vostra patria, noi saremo con voi, vi aiutiamo ma restate nella vostra casa, tra la vostra gente; vai a casa tua, nella tua cultura, nel tuo ambiente”. Se voi trattenete i cristiani lì, noi perdiamo cristiani in Oriente, ma se non ci sono più cristiani in Oriente questo colpisce e danneggia l'Occidente. Se noi perdiamo l'Oriente come luce della fede cosa ci resta? Perché perdendo i cristiani dell'Oriente perdiamo i luoghi, le chiese, la cultura, la civiltà cristiana e quella capacità di essere un ponte di pace, di rappresentare una presenza capace di rasserenare e mediare, anche tra i musulmani stessi!
 È importante per l'Occidente non perdere casa nell'Oriente: che rapporto ci può essere per l'Occidente con l'Oriente se non tramite i Cristiani? Se non avete i Cristiani, cos'avete voi qui in Oriente? Avete i soldi, il petrolio, ma non avete il cuore.
E poi non è razionale: voi prendete una famiglia in Italia, pagate 2000 euro al mese per mantenerla, ma molto meglio se voi gli dite: “andate a casa vostra e noi vi diamo la stessa cifra, ma restate a casa vostra in Siria e lavorate e noi saremo contenti.”
 La Chiesa cattolica vive con due polmoni, se ne perde uno non è Chiesa completa, è malata, Questo vale per tutta la Terra Santa. Gli italiani hanno un cuore molto buono, molto umano verso la Terra Santa: anche durante la guerra tanti italiani hanno aiutato, hanno sostenuto la Chiesa siriana, però adesso quello che vi chiedo è di aiutarci a restare in Siria!
Parlate, scrivete la verità: l'Europa deve essere contro la guerra, perché questa guerra è contro l'uomo, contro l'umanità e la civiltà.”


 Il buon padre Raimondo ha ragione: veramente, la Siria sta diventando come una vedova senza figli.
Realmente la gente è al limite del perdere la speranza, per tante ragioni: dalla mancanza di lavoro al caro vita, dall'insicurezza presente e la pesante oppressione delle mafie (incentivate dalle sanzioni) allo stillicidio quotidiano di attentati che fa presumere un infinito instabile futuro, al servizio militare che per taluni è un incubo che si protrae da 6 anni … L'aumento del caro-vita è legato anche alla svalutazione della lira che è giunta da 50 a 500 lire per un dollaro, a sua volta legata ai vincoli bancari e all'embargo. Il nostro amico Joni, di cui sosteniamo il progetto "Fabbrica di cioccolato" ,  mi ha appena raccontato la grande difficoltà a reperire le materie prime per portare avanti un'attività artigianale di auto sussistenza!
 Mi dicono alcuni cristiani che a Qamishli è in atto una emorragia terribile, in alcune zone come nella regione del Jazeere forse non ci sono neanche più cristiani perché i curdi stanno facendo una pulizia etnica.
Del resto, alcuni paesi europei come il Belgio operano la politica di far riunire le famiglie anziché metterle in condizione di rientrare in patria. La gente guarda quindi speranzosa verso il Belgio, la Germania, il Canada, l'Australia, cioè quei paesi che favoriscono il ricongiungimento familiare. Alcuni paesi danno lo status di rifugiato a condizione di restare almeno cinque anni: questo significa che i figli lì crescono, si radicano, magari trovano un lavoro e quindi difficilmente torneranno.
 Sono allibita quando mi raccontano che in Aleppo, dove nel sollievo generale è finito l' incubo dei bombardamenti continui da parte dei ribelli, ci sono state ben 11.226 vittime civili nei quartieri ovest che erano nelle mani del governo: di queste nessuno ha mai raccontato niente. E, finite queste ostilità, si sono scoperti 20.000 bambini con parenti ignoti e ciò, oltre al dramma per i bambini, è anche un problema giuridico perché non essendo registrati non risultano neppure nelle liste come cittadini del governo. E' uno dei frutti terribili del jihad del sesso e anche della mancanza di uomini, lontani per la guerra, per cui le madri adesso non riconoscono il figlio davanti alla legge. Questo è stato appurato in Aleppo, quindi figuriamoci quanti ce ne sono raminghi in giro per la Siria! Ed emerge drammatico anche un altro problema, quello degli anziani che rimangono da soli, con tutti i problemi di un anziano in una situazione come questa.
  I Cristiani comunque hanno le idee chiare su come guardare oggi 'la rivoluzione': riconoscono che su molti punti vi era uno scontento, che il governo non si può definire veramente democratico, ma si chiedono: "forse al Nusra è democratico? Quella che l'Occidente sostiene come 'opposizione democratica' ha a cuore la libertà e il bene delle singole persone? E forse che ISIS porta i diritti umani? L'Occidente insiste sulle minoranze: ma i gruppi jihadisti che l'Occidente foraggia hanno rispetto per le minoranze? Se crolla il governo, dove si va a finire?”. 
 “Si erano iniziati dei passi ma proprio l'apertura del paese non piaceva ai fratelli musulmani e a tutti coloro che hanno una visione cieca coranica. Occorre certamente un'apertura di libertà, ma il modo di appoggiare il cambiamento non poteva essere quello delle armi e della distruzione del paese, nessun cambiamento può essere fatto non riconoscendo un governo e l'integrità della nazione. Questa guerra ci è stata imposta da altri, noi siamo solo terreno di gioco di altri interessi, e di coloro che l'hanno alimentata scatenando il fuoco religioso settario”.  Molti sono convinti che Israele è il maggior responsabile del mantenimento dell'instabilità della Siria. Tutti chiedono di lasciare che la Siria da sola possa prendere le sue decisioni, senza interferire accampando false difese di diritti umani e di processi democratici. Anche tra quelli più critici verso l'attuale governo si guarda alle proposte di nuova costituzione con la speranza di veder affermarsi una Siria moderna, una Siria laica e pluralista, dove tutte le minoranze, tutti i cittadini abbiano gli stessi diritti e gli stessi doveri. Questa sarebbe veramente il realizzarsi di tante aspirazioni e anche il conforto chè tutti i sacrifici che sono stati sopportati infine non saranno andati perduti.

Avevo tanto desiderato pregare davanti all'icona miracolosa di Soufanieh e conoscere Myrna, la veggente; il carissimo abuna dottor Abboud mi accompagna e mi aiuta con l'arabo a porle la domanda che mi ha condotto in questo viaggio: “per quale Mistero proprio alla diletta Siria è toccata tutta questa immane sofferenza?”. Myrna mi risponde che un messaggio della Madonna annunciava: “I giorni duri arriveranno, ci saranno divisioni anche dentro le Chiese”.... “La Madonna sapeva quello che sarebbe accaduto alla Siria e voleva prepararci per avere una fede salda. Anche i responsabili religiosi della Chiesa hanno occhi ma non vedono, hanno orecchi a non sentono. La Madonna ci ha chiesto tanto di essere uniti, ma noi con tutta la crisi che viviamo siamo ancora divisi, non riusciamo ad essere uno accanto all'altro”.  Anche lei mi racconta episodi di conversione e di meravigliosa testimonianza di siriani espatriati nel mondo, diventati fari di luce in angoli della nostra buia Europa.

Prima di partire, riesco a passare qualche momento di preghiera nella Casa di Anania tra pietre testimoni della certezza di Saulo, qui toccato dall'incontro personale con Cristo che non abbandonerà mai la Sua Sposa.

Passando sotto il muro della Grande Moschea degli Omayyadi mi vien fatto notare un frammento di quel tesoro enorme che è la Siria cristiana: un bassorilievo incastonato con l'immagine di Cristo e la scritta in greco “Il tuo regno o Cristo è un regno eterno. E il tuo dominio durerà da generazione a generazione”.

Hayatik yubarek alrrab , Rabna Yahmikum ya A3izai.
    Fiorenza