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lunedì 11 marzo 2013
Quale destino per i cristiani siriani?
da TEMPI - 3 marzo 2013
di Rodolfo Casadei
Dentro la grande tragedia siriana, la condizione dei cristiani si va rapidamente degradando. Questo era forse il paese mediorientale dove godevano del maggiore grado di uguaglianza civile coi connazionali musulmani. Anche ora, 5 dei 27 ministri con portafoglio del governo sono cristiani, come pure molti alti gradi dell’esercito. La sicurezza era accettabile. Non più. Dimah è un giovane studente universitario cristiano assiro, ed è appena arrivato all’aeroporto di Damasco da Kamishli, nell’estremo nord-est. Sta cercando di trasferirsi a studiare in Germania, e spiega subito il perché: «Due mesi fa stavo andando in corriera ad Aleppo, dove frequentavo l’università, quando siamo stati fermati dai combattenti di Jasbat Nusra. Sono saliti sull’autobus armati e hanno intimato: “Tutti i cristiani devono scendere, sono nostri prigionieri”. Eravamo un bel gruppetto e ci siamo messi a discutere con loro, nonostante ci puntassero contro i kalashnikov. Ci chiamavano “kaffir” e ci dicevano che saremmo andati tutti all’inferno. Hanno detto di essere libici. Alla fine hanno preso in ostaggio un solo studente, un ragazzo di Aleppo, e a noi delle altre città hanno detto: “Tornate da dove venite e non fatevi più vedere qui”. Per liberare il prigioniero ci sono voluti 20 mila dollari, mentre molti degli altri studenti hanno deciso come me di trasferirsi all’estero».
SIRIA COME L’IRAQ. Il destino dei cristiani siriani sembra ripetere la stessa parabola di quello dei cristiani iracheni dopo la caduta di Saddam Hussein. Nonostante il regime sia ancora pienamente in grado di combattere i ribelli, in moltissime località c’è stato un tracollo dell’ordine pubblico, e le prime vittime della criminalità dilagante sono stati i cristiani perché rappresentano un’élite sociale: ricchi commercianti e professionisti appartengono a questa minoranza. Per esempio ad Hasakeh, nel nord-est del paese, dopo un’ondata di rapimenti con richieste di riscatto superiori ai 100 mila dollari caratterizzata dall’evidenza che 9 rapiti su 10 erano cristiani, nel giro di poche settimane 50 famiglie di medici cristiani hanno abbandonato la città. Da pochi mesi i rapimenti e le aggressioni hanno assunto un esplicito connotato confessionale, del quale la storia di Dimah e dei suoi compagni è soltanto un esempio. Michel Kayyal e Maher Mahfouz, i due sacerdoti rispettivamente cattolico armeno e greco ortodosso rapiti il 9 febbraio mentre viaggiavano su un autobus fra Damasco e Aleppo, sono stati sequestrati da una milizia salafita di combattenti non arabi (in Siria sono presenti anche afghani, pakistani e ceceni) che li ha riconosciuti come religiosi cristiani. Un salesiano che viaggiava con loro è sfuggito al rapimento per non essere stato identificato come prete e ha svelato l’identità non araba dei sequestratori. Pochi giorni dopo lo stesso destino è toccato all’ex segretario del vescovo armeno di Aleppo, unico viaggiatore preso prigioniero dai salafiti che hanno controllato accuratamente i documenti dei passeggeri dell’autobus e intuito l’identità armena dell’uomo dal suo cognome. Per lui come per i due sacerdoti catturati in precedenza, sono stati richiesti riscatti equivalenti a 160 mila dollari statunitensi.
ASSALTO ALLE CHIESE. È rimasta su una pagina di Facebook solo per un paio di giorni un’orribile immagine proveniente da una località rurale della provincia di Latakia: una giovane donna spogliata col petto squarciato e una croce da parete infilata nella bocca, con la didascalia “se voi cristiani continuate a sostenere il regime, le vostre donne faranno questa fine”. Alla Coalizione nazionale siriana che coordina precariamente le componenti non salafite della guerriglia aderiscono pochi cristiani isolati; la quasi totalità diffida di una ribellione le cui iniziali richieste di democrazia appaiono ogni giorno di più soppiantate dai progetti di stato islamico delle componenti salafite e jihadiste in piena espansione.
GRUPPI JIHADISTI. Nelle località investite dai combattimenti le chiese sono state inizialmente razziate a scopo di bottino, come mostrano per esempio le foto delle chiese di Deir Ez Zor private dei loro arredi sacri trafugati. Cominciano ora a registrarsi episodi di profanazione gratuita. Per esempio la cappella dei martiri armeni a Margadà, non lontano da Hassakeh, che raccoglie ossa delle vittime del genocidio del 1915, lasciata fino alla settimana scorsa in pace sia dai ribelli del Libero esercito siriano sia da quelli di Jasbat Nusra, è stata vandalizzata da un nuovo gruppo straniero arrivato da poco nella regione.
BASTA ARMI. Il numero complessivo dei cristiani, che prima dell’inizio della crisi era di circa 1,8 milioni (in costante diminuzione da 40 anni a causa dell’emigrazione), è sceso ora a 1,4 milioni principalmente per l’esodo dei benestanti e di chi ha parenti all’estero. «Per favore, dite all’Europa di non procurare altre armi ai terroristi!», implora un sacerdote siro ortodosso del nord-est di passaggio nella capitale. Impossibile dargli torto.
http://www.tempi.it/le-bombe-i-rapimenti-dei-cristiani-le-chiese-attaccate-reportage-dalla-siria
sabato 9 marzo 2013
Appello di Sua Beatitudine il Patriarca Gregorios III per la protezione dei civili in Siria
Facciamo appello a tutti i leader locali e internazionali perché compiano ogni sforzo per proteggere i civili in Siria.
Le Comunità in varie parti
della Siria da tempo sono diventate il bersaglio di bombardamenti indiscriminati e di abusi diretti a persone anziane, donne, bambini e disabili. Arbitrari rapimenti
a scopo di un riscatto esorbitante, l'intimidazione e la coercizione si sono
sviluppate in una piaga crescente . Il numero delle vittime innocenti di
popolazioni remote e indigenti è inesorabilmente in aumento. Recentemente, il villaggio
di Rableh, vicino al confine con il Libano, è stata teatro di gravi incidenti
di questo genere.
Noi imploriamo vivamente
che questi ingiustificati attacchi gratuiti verso una pacifica popolazione innocua
siano fermati. La comunità internazionale non dovrebbe sottovalutare questi
crimini che violano la dignità umana in contrasto con le convenzioni
internazionali.
Questo appello nasce dalla
nostra preoccupazione per il futuro delle tante città siriane i cui
abitanti, benchè sottoposti a ogni
genere di privazioni, abusi e minacce da mesi, restano attaccati alla loro
terra d'origine. Vorrei loro esprimere la mia solidarietà paterna e
condivisione nelle loro sofferenze.
I miei ringraziamenti vanno
agli operatori di pace, in particolare ai rappresentanti di Musalaha, che si
dedicano a salvare vite umane innocenti in tutta la Siria, a calmare gli animi
in modo da disinnescare le controversie e alla diffusione dell’armonia, al fine
di risparmiare ulteriori spargimenti di sangue in Siria. Ciò è
inestricabilmente connesso con la principale preoccupazione del nostro ministero
pastorale e patriarcale: chiediamo a tutti di rispettare e proteggere la
popolazione civile e salvarla dall’ essere il bersaglio di tali orrori.
Io supplico la Misericordia
del Cielo sulle vittime, la pazienza e il conforto per i loro parenti e
saggezza e compassione verso gli aggressori.
Che il rispetto dei sacri
diritti degli esseri umani, creati a immagine del Dio Misericordioso e amante
degli uomini, risplenda in Siria!
venerdì 8 marzo 2013
Profughi siriani in Libano: appello dai più poveri
Notiziario di un gruppo di volontari libanesi membri di "Oui pour la vie", associazione di volontariato con sede a Damour in Libano, legalmente riconosciuta e operante in favore dei più poveri.
La grande emergenza
di questo momento riguarda i profughi della Siria che portano con loro le
sofferenze per la distruzione delle loro case, l'incertezza sull'esistenza in
vita dei parenti e il doversi nascondere in Libano per evitare ripercussioni e
violenze su chi e' rimasto la'. Hanno subito torture, proposte indecenti di
ogni tipo e soprattutto non hanno cibo (le mamme vedono i bambini dimagrire
mangiando appena solo il pane) e fanno grande fatica a curarsi.
Il cuore della
nostra missione consiste nella gioia, che Dio dona nonostante la povertà di
condividere dando volentieri qualcosa per i poveri. Aiutare queste famiglie
significa coinvolgerle con noi nelle visite a tutti quelli che hanno bisogno,
per testimoniare la gioia del perdono che si rende visibile nella carità
materiale. L'aiuto per un povero è un prestito a Dio, che guarisce il cuore e
lo rigenera in mezzo a tante ingiuste ferite.
I profughi in Libano
sono più di 200 mila. Alcuni esempi.
a) Famiglia di
Ibrahima. E' venuta in Libano all'inizio del 2012 con i 2 figli. La guerra ha
distrutto la sua casa; la sorella e i suoi 2 fratelli sono morti. La signora ha
bisogno di un'operazione chirurgica (ulcera) ma non hanno soldi e i denti sono
in condizioni miserabili e dal dolore non dorme la notte. Durante il giorno
perde l'equilibrio e a causa di questo non trova lavoro. Mangiano solo pane da
2 settimane; non hanno nè frigo, nè forno, nè materassi per dormire. Ibrahima
e' venuta con noi a visitare altri poveri appartenenti ai gruppi che hanno
decimato la sua famiglia e depredato i loro beni.
b) Famiglia di Animar. E' in Libano da un anno e hanno ucciso sua moglie. Ha 4 bambini e vive con suo padre di 73 anni e sua madre di 69 in una capanna di 9 mq. Non ha toilette, non hanno acqua e spesso si addormentano saltando i pasti. Ammar ci ha dato qualcosa degli aiuti ricevuti per ricevere la forza del perdono.
b) Famiglia di Animar. E' in Libano da un anno e hanno ucciso sua moglie. Ha 4 bambini e vive con suo padre di 73 anni e sua madre di 69 in una capanna di 9 mq. Non ha toilette, non hanno acqua e spesso si addormentano saltando i pasti. Ammar ci ha dato qualcosa degli aiuti ricevuti per ricevere la forza del perdono.
d) Famiglia di Nadia.
Ha 40 anni con 10 bambini. Vive in una tenda vicino al mare di lOmq. Lavora
l'agricoltura ma le danno poco (oltre che a proposte scandalose); con la
pioggia e l'umido non può comprare per scaldarsi. 2 bambini soffrono di asma a
causa del freddo, ma non ha i mezzi per le medicine. Spesso non riescono a
comprare nemmeno il pane. Vivono in 2 materassi per 11 persone senza lenzuoli
nè cuscini, frigo e forno. Lei è depressa e senza speranza perché vive in una
stanza senza porte e finestre. Le nostre volontarie con il loro sorriso la
incoraggiano.
Chi è interessato a
maggiori informazioni o a conoscere le modalità per una testimonianza in Italia
o un contributo in favore della nostra opera può inviare un sms al 333/5473721
o un email a: info@ouipourlavielb.com
http://www.ouinourlavielb.com/en/missionmercoledì 6 marzo 2013
Il Patriarca maronita Raï : il Conclave visto dal Medio Oriente
Il Collegio cardinalizio non può ignorare le sofferenze delle comunità cristiane mediorientali.
È stato uno degli ultimi a sbarcare a Roma. Ma è subito entrato in partita. Il cardinale Bechara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, ha già distribuito ai porporati in pre-Conclave un dossier informativo sulla condizione dei cristiani in Medio Oriente: «La Chiesa universale, e anche il prossimo Papa, non dovranno mai dimenticare che il cristianesimo ha la sua origine in Medio Oriente. E dovranno tener ben presente quello che sta succedendo alle comunità cristiane mediorientali. È una priorità che non può essere trascurata»
da Vatican Insider . 6 marzo 2013
di Gianni Valente
Beatitudine, come capo di una Chiesa radicata in Medio Oriente, quali attese particolari registra tra i cristiani di quella regione rispetto al Conclave?
Forse non tutti hanno in mente quello che è accaduto negli ultimi anni. Dall’Irak del dopo-Saddam sono fuggiti un milione e mezzo di cristiani. Da Aleppo ne sono andati via almeno il 60 per cento. Non c’è più un cristiano a Homs. In Egitto la Chiesa copta è ancora forte. Ma con le nuove leggi ispirate alla Sharia tutto si farà più difficile. E poi ci sono i problemi in Terra Santa…
I cardinali, in Conclave, devono tener conto anche di questo. Se si parla solo dei problemi interni della Chiesa c’è il rischio di “avvitarsi”. Per questo ho distribuito a tutti un dossier sulla condizione attuale dei cristiani in Medio Oriente. I cristiani sono lì da duemila anni. Hanno contribuito a dar forma alla civiltà e alla cultura locale. Hanno trasmesso anche all’Islam il senso della moderazione. L’Islam autentico è quello moderato. Non quello dei radicalisti fondamentalisti foraggiati con armi e soldi da Paesi orientali e occidentali, per interessi politici ed economici.
Come è stata presa in Libano la rinuncia di Benedetto XVI?
Tutti l’hanno accolta come un atto di fede, forte, umile e di abnegazione. Una “Kenosis”. I musulmani sono rimasti pieni di ammirazione. Alcuni di loro si sono chiesti: ma cosa è mai il cristianesimo? Colui che nella Chiesa sedeva sul trono più alto, lascia volontariamente quella posizione! È stato visto come un esempio anche per tutti quelli che hanno incarichi rilevanti in ambito secolare: ha testimoniato con quale coscienza retta va assunto ogni genere di responsabilità.
Lei, prima di venire a Roma per il Conclave, è stato a Mosca. Quali attese vi ha trovato?
Sono andato su invito di Kirill, il Patriarca di Mosca. Abbiamo parlato per ore dei cristiani in Medio Oriente e degli spazi di collaborazione a livello culturale, religioso e sociale; come della promozione dell’unità tra le Chiese cattoliche e ortodosse in Medio Oriente, per il bene della regione e la testimonianza cristiana tra i musulmani. Ho ammirato la rifioritura della Chiesa ortodossa russa: hanno eretto nel mondo 184 diocesi, il Patriarca in pochi anni ha ordinato 60 vescovi. Poi ho incontrato anche il presidente della Duma Sergej Naryshkin e i suoi consiglieri: sul conflitto siriano ho elogiato la linea politica russa, che è contro la guerra e preme per far aprire negoziati tra il regime e l’opposizione.
È bene che tutti lo sappiano, anche i cardinali: quello che oggi sta succedendo in Medio Oriente non ha niente a che vedere con l’avvento della democrazia. Gli interessi politici di forze esterne puntano a destabilizzare l’intera area fomentando i conflitti inter-confessionali tra musulmani. E i cristiani, quando c’è il caos, sono spesso vittime innocenti.
Lei è uno dei quattro capi di Chiese cattoliche d’Oriente che entreranno in Conclave. Quale contributo porterete? E uno di voi potrebbe essere eletto Papa, o ci sono ostacoli di carattere ecclesiologico?
Noi con la nostra presenza testimoniamo che la diversità è una ricchezza nella Chiesa. Uno di noi può diventare Papa? Il Papato è una vocazione divina. Il Signore sceglie la persona che Lui vuole. In quanto ai cardinali essi debbono unirsi nella preghiera e nella concertazione per identificare col suffragio la persona voluta da Dio.
Nell’elezione del Papa c’è un modo legittimo e pastoralmente opportuno di tener conto dei fattori geo-politici?
Di solito ci si augura che il Papa sia uno delle proprie parti, che conosca e sappia affrontare i problemi e le urgenze pastorali che si vivono nella propria area. Ma non possiamo avere un Papa per ogni Paese. L’importante è che il lavoro nelle congregazioni generali fornisca un quadro veritiero della condizione della Chiesa in tutte le aree del mondo. In modo che il nuovo Papa abbia conoscenza delle nuove sfide e attese e sia aiutato a esercitare un ministero che per sua natura è universale.
Ma i cristiani del Medio Oriente come vedrebbero un Papa statunitense?
Lo vedrebbero come il Papa, e basta. In Medio Oriente i cristiani e anche i musulmani hanno una venerazione verso la figura del Papa, chiunque egli sia. Critiche alla sua persona semplicemente non esistono. Il Papa è il Papa e non importa per loro che sia americano, spagnolo, italiano o altro.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/conclave-22923/
Il Patriarca maronita di Antiochia e di tutto l'Oriente, Béchara Boutros Raї: i diritti dei cristiani in Medio Oriente e la pace in Siria
R.- Con Kirill abbiamo parlato del significato della presenza dei cristiani in Medio Oriente, che si trovano in questi Paesi dal tempo di Gesù, 600 anni prima dell’islam! I cristiani non sono stranieri, hanno dato l’impronta del Vangelo, l’impronta della cultura cristiana, alle culture locali e, infatti, chi viene in Medio Oriente trova gli ambienti musulmani differenti da altri ambienti perché la cultura cristiana ha permeato la vita sociale, culturale, politica ed economica di queste regioni e poi anche la rinascita culturale e sociale in Medio Oriente è avvenuta grazie ai cristiani.
D. – Quindi, cosa avete detto durante questi incontri?
R. - La prima cosa da dire è che i cristiani sono cittadini che hanno tutti i loro diritti e quindi rappresentano una grande missione per il mondo, perché i cristiani fanno conoscere all’islam la realtà del cristianesimo, un cristianesimo aperto, che rispetta la persona umana, i diritti dell’uomo, le libertà. Vivendo con i musulmani, inviamo questo messaggio del cristianesimo. Dall’esperienza di convivialità noi faremo conoscere l’Occidente alla realtà dell’islam e i musulmani faranno conoscere ai musulmani la realtà del cristianesimo. Quindi la presenza cristiano-musulmana è necessaria per il mondo.
D. - Alcuni parlano di conflitto di religione, conflitto di culture e di civiltà …
R. – Non viviamo un conflitto di questo tipo. Sì, ci sono problemi politici, problemi economici, però non esiste un conflitto tra le culture, anzi viviamo come componenti complementari. Purtroppo c’è una certa politica che fomenta il radicalismo, il fondamentalismo. Stati dell’Oriente e dell’Occidente sostengono gruppi integralisti e radicali con armi, soldi e sostegno politico. E’ questo che crea problemi in Medio Oriente. Quindi noi vogliamo insistere per dire al mondo che l’islam è moderato nella sua maggioranza, non è fondamentalista, non è integralista.
D. – Cosa auspica?
R. – Bisogna che la pace nel Medio Oriente possa regnare perché musulmani e cristiani possano dare testimonianza questa al mondo. Noi non vogliamo chiedere protezione ma pace e stabilità, perché possiamo continuare a dire questo messaggio all’umanità: cristiani e musulmani vivono in pace nella terra dove Gesù si è incarnato, dove il Vangelo è partito.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/articolo.asp?c=669786
del sito Radio Vaticana
martedì 5 marzo 2013
Cristiani d'Oriente sacrificati
"MENTRE I MOVIMENTI ISLAMICI RADICALI SONO INDAFFARATI CON LA LORO PRIMAVERA POLITICA, I CRISTIANI DEL MONDO ARABO SONO ALLE PRESE CON UN INVERNO BURRASCOSO CHE RISCHIA DI DECIMARLI. CIO’ A CAUSA DI UN PROGETTO NEO-COLONIALE CHE PUNTA A ISOLARE L'IRAN"
da Nigrizia - febbraio 2013
di MOSTAFA EL AYOUBI
In passato non sono mancati conflitti e tensioni tra
musulmani e cristiani d'Oriente, spesso a causa di strumentalizzazioni politiche
interne (Egitto) e ingerenze esterne per scopi geopolitici (Libano). Tuttavia
la situazione delle minoranze cristiane arabe non è mai stata cosi preoccupante
come lo è oggi, in seguito all'affermazione degli islamisti come la più grande
forza politica in quasi tutti i paesi arabi. Gli islamisti hanno "vinto
l'appalto" per un ri-modellamento geopolitico del mondo arabo, nato
dall'urgente necessità di arginare la crescente influenza dell'Iran nel Medio
Oriente e in altre parti del mondo islamico, a scapito degli Usa e dei loro
alleati. Diversi sono stati i tentativi per destabilizzare il regime sciita
iraniano: dalle sanzioni e dagli embarghi che durano dal 1979 alla guerra
affidata a Saddam (1980-1988), alla rivoluzione verde del 2009 per far cadere
il regime. Tentativi non riusciti.
Si è passati quindi al piano B, ossia innescare un conflitto
interconfessionale tra la maggioranza sunnita e la minoranza sciita: la logica
di tale piano è la creazione di una regione con una forte connotazione
confessionale sunnita in tutto il mondo arabo per isolare il regime sciita di
Teheran. Il piano si basa su un fattore determinante, ovvero l'odio che i
sunniti nutrono nei confronti degli sciiti considerati eretici. Il baricentro
di questo conflitto oggi è la Siria.
Questo scontro intra-musulmano, studiato ad arte, ha gravi
conseguenze sul presente e sul futuro delle storiche minoranze cristiane - ciò
vale anche per altri gruppi di minoranza - sia in termini di sicurezza che di
diritti. Si pensi agli attentati contro le chiese copte prima e dopo la
"Rivoluzione del 25 gennaio" in Egitto o alla distruzione dei luoghi
di culto cristiani in Siria negli ultimi due anni.
I jihadisti sunniti in Siria, oltre a voler gettare gli
alawiti (sciiti) nelle bare, vogliono cacciare i cristiani verso Beirut. Interi
quartieri cristiani a Homs e in altre città siriane sono stati occupati e
devastati dai jihadisti. Tantissimi cristiani hanno dovuto lasciare le loro
città per rifugiarsi all'interno o fuori dal paese. La violenza contro i
cristiani in questa fase di trasformazione geopolitica araba ha raggiunto
livelli inauditi: persino nella Libia "liberata" una chiesa copta
egiziana vicino a Misurata è stata distrutta dai jihadisti il 29 dicembre scorso;
l'attentato in cui sono morte due persone è passato sotto il silenzio
assordante dei media mainstream.
Morsi, che si è dichiarato il presidente di tutti gli egiziani,
non ha partecipato alla cerimonia di insediamento del nuovo patriarca copto
ortodosso, Tawadros II, il quale, prima della sua nomina, aveva criticato la
nuova costituzione egiziana, scritta in sostanza dai Fratelli musulmani e dai
salatiti.
Di fronte a questo nuovo clima di insicurezza e di esclusione
di cui sono oggetto i cristiani d'Oriente, qual è la posizione delle
istituzioni cristiane d'Occidente? Diverse autorità religiose cristiane, come
il patriarca di Mosca Kirill I, il patriarca maronita libanese Bechara Rai, il
cardinale Filoni, ex nunzio a Baghdad, hanno spesso messo in guardia contro il
rischio di un Medio Oriente che si sta svuotando della sua componente cristiana
a causa della politica neo-coloniale dell'Occidente nella regione. A questo
grido d'allarme il governo francese, sin dall'inizio della crisi in Siria, aveva
risposto che «bisogna incoraggiare i cristiani d'Oriente a venire a insediarsi
in Europa».
Dopo l'invasione dell'Iraq nel 2003, dei due milioni di cristiani
arabi ne sono rimasti solo 800.000. Negli ultimi anni più di 100.000 copti
hanno lasciato l'Egitto e oggi numerosi cristiani di altri paesi arabi stanno
abbandonando la loro terra.
Le autorità religiose di cui sopra, insieme ad altre, come
il patriarca di Antiochia, Gregorio III Laham, e il patriarca di Gerusalemme,
Fouad Twal, chiedono con insistenza di fermare la guerra alla Siria per
risparmiare la vita di cristiani, musulmani, drusi e altri ….
Una nuova Jalta, per superare la crisi siriana e poi le riforme
Se non fosse per il rispetto che si deve agli Stati e, soprattutto alle vittime della tremenda guerra in corso in Siria, potremmo affermare che l’accordo di Roma promosso da John Kerry con alcuni paesi europei – fra i quali l’Italia – appare come un accordo fra clown. Per vari motivi. Primo perché 60 milioni di dollari sono davvero un ruscello in quel mare di desolazione e se ne perderà una buona parte per strada prima di arrivare alla gente. Gli stessi ribelli siriani hanno deriso questo impegno: si aspettavano un contributo fattivo con armi e addestratori, invece verranno accontentati solo i mediatori che si incaricheranno di portare le provviste. Secondo aspetto: John Kerry aveva un mandato limitato. Gli USA infatti non vogliono innervosire la Russia e hanno proposto solo di dare un contentino ai ribelli al fine di far emergere la fazione meno integralista dell’opposizione. Inoltre, in vista della chiusura di un accordo fra il governo di Assad e i ribelli, era necessario far aumentare il peso dell’opposizione nella prossima e imminente trattativa. Terzo aspetto: gli Stati europei sulla vicenda siriana hanno grande interesse: il pericolo è vicino geograficamente e l’integralismo alle porte del vecchio continente fa molta paura. Sotto il profilo economico, c’è da segnalare la chiusura dei mercati arabi, un danno enorme per le aziende europee.
Di diverso segno è la posizione degli Stati Uniti per i quali il caos in Siria è tutt’altro che un problema. La crisi siriana, secondo Washington, è un’occasione irripetibile per indebolire il “nemico” Iran e consentire ad Israele di controllare militarmente l’area mediorientale, anche in virtù dell’attuale pochezza del regime egiziano di Morsi. La parola che in questi giorni si pronuncia di più qui a Beirut – e anche a Damasco – è “accordo”. Oramai non è più solo un auspicio ma una certezza. Bisogna solo definire i termini e gli attori di questa nuova fase. Quasi certamente ci sarà una Yalta siriana.
LEGGI IL SEGUITO SU :
domenica 3 marzo 2013
Quelle bandiere di Al-Qaeda sotto le mura del nostro monastero.....
All'inizio del 2013 la pace in Siria è stata molto
vicina. Tutti sembravano rendersi conto che le forze straniere in Siria hanno attuato
un terribile gioco. Tutti sembravano d'accordo per fermare questo e per cercare
una soluzione politica. E, d'un tratto, in Siria ora ci sono terroristi più pesantemente armati e
anche i più fanatici del gruppo di Qara sono qui raccolti... L’altra notte li
abbiamo visti dal nostro tetto con la loro bandiera nera. E mentre tutto il
mondo guarda al Papa, i trafficanti di armi si radunano a Roma per decidere di dare più armi ai ribelli
siriani . Il mondo intero adesso è impazzito?
Cari amici,
Domenica, 24 febbraio 2013, la seconda Domenica di
Quaresima è la Domenica delle reliquie. Dal momento che il sacerdote bizantino Abouna Georges
ancora una volta non può venire, si celebra la liturgia latina con canti
bizantini, come di consueto. Dato che
durante la Quaresima non si guardano DVD
o la TV, questa sera siamo tutti intenti
alla "lectio divina", finito di leggere la Scrittura ci raduniamo a
pregare. E' un modo in cui tutti possono partecipare. Strano è che “la rinuncia"
diventi il contributo più prezioso. Durante la Quaresima ascoltiamo durante il
pranzo alcune letture bibliche dall'Ufficio o altri testi interessanti.
Mentre allunghiamo lo sguardo verso la fine della
guerra, la sicurezza per il monastero non è migliorata. Possiamo ora e anche più tardi vedere dal tetto della nostra torre romana gli uomini di Al-Nousra (Al
Qaeda), con una mitragliatrice nel loro SUV e una bandiera nera. Sono proprio
lungo la strada per il monastero. Preparano un attacco o un suicidio? Noi
siamo, per così dire faccia a faccia con loro, per fortuna da un’altezza di 45
metri. Per noi non è ancora venuto il tempo di partire.
Nel frattempo ci godiamo qualche giorno di un sole
estivo quasi raggiante durante il giorno, ma con un vento freddo. Che
meravigliosa vista e che sensazione al mattino, quando è tranquillo. Sopra
potete vedere il cielo con alcune nuvole bianche, da un lato, si innalzano le
montagne con le cime ancora con un po' di neve, come una porzione di crema
fresca; d'altra parte, il villaggio di Qara, inondato dalla luce. Si ha
l'impressione di essere arrivati nel paradiso della più bella vacanza. Nel
pomeriggio, poi, improvvisamente il vento soffia forte e arrivano anche i
temporali, dove tutto è incerto e viene trascinato via.
Naturalmente, viviamo questi giorni colpiti dalla
notizia che ha sorpreso il mondo delle dimissioni di Papa Benedetto XVI. Si
sentono tutti i tipi di commenti. Che cosa grande è questo Papa! E le sue
dimissioni chiariscono che c'è Qualcuno più grande di lui. Le più forti
riflessioni, tuttavia, provengono proprio dal giovane teologo Joseph Ratzinger. L'anno
dopo la violenta rivolta del maggio 1968, disse che “stiamo vivendo una
situazione simile a quella dopo la Rivoluzione francese, che ha segnato la fine
del Medioevo e l'inizio del tempo moderno”. Papa Pio VI fu prelevato dai
soldati francesi nel 1799 e morì in esilio. I beni della Chiesa furono
confiscati e gli ordini religiosi soppressi. La Chiesa continuerà, dice J. Ratzinger, come una minoranza,
semplice, povera e bisognosa. Lei perderà i suoi privilegi sociali e le enormi
proprietà. Da questi catarsi dolorosa sorgerà una Chiesa spirituale che avrà al
centro l'esperienza della fede. E 44
anni dopo, il 2 febbraio 2013, egli dice, tuttavia, come Benedetto XVI, a 190
studenti provenienti da vari Seminari romani: "... l'albero della Chiesa
non sta morendo, ma è in costante crescita, nonostante le gravi battute
d'arresto .. . Il futuro appartiene a noi. Se un pessimismo falso dice che il
cristianesimo ha fatto il suo tempo, beh, si ricomincia ... ".
In questo tempo
di attesa, abbiamo deciso di rispondere alla richiesta del cardinale Bertone di
pregare di più per la Chiesa e il nuovo Papa. Abbiamo un programma specifico che ogni giorno prevede tempi di silenzio, di preghiera e di culto, più intensi
dal Venerdì alle preghiere di Pasqua. Il giorno allora si svolge così: 2
ore di preghiera al mattino e 2 ore nel pomeriggio, accanto a una lettura
spirituale e quattro ore di lavoro ordinario. Il pranzo sarà consumato in cella.
Giovedi si comincia: con una giornata tranquilla, un giorno di digiuno e una giornata di preghiera e di culto. Poi c'è
sempre un giorno di silenzio, il digiuno, la preghiera e l'amorosa adorazione.
Anche se in Quaresima non guardiamo la TV o film , abbiamo tutte le notizie sulla
pubblica ultima udienza del Mercoledì del Papa, che è stata massicciamente
partecipata. Egli ha tenuto un discorso pieno di speranza. Ringrazia tutti e
dice che si rende conto che si tratta di una decisione difficile rinunciare
all'esercizio del suo ufficio, ma che le sue forze sono diminuite. Egli dice
che la nave della Chiesa è di Dio e non affonderà, e lui ha sempre saputo che la
Chiesa non era sua, ma la Chiesa è di Dio. Egli aggiunge che non tornerà a una
vita privata, ma che egli rimane nella vita della Chiesa, nella preghiera e nel
pensiero.
Il nostro sito Internet è stato piratato da mesi e siamo
bloccati: il video, povero e bellissimo (30 '), che i frati avevano già
preparato per il Natale, non è installato.
Sulla situazione in
Siria io do questo messaggio:
Da due anni la Siria è nell'occhio di un uragano. Morte e distruzione non
sono causati da una forza cieca della natura, ma da un disastro morale, da dominatori
del mondo e potenze mondiali che in
Siria vogliono insediare i propri interessi. Per loro la vita del popolo siriano
e la sovranità di questo Paese non ha nessun valore. I loro interessi sono di
primaria importanza. Terribili attentati perpetrati dai terroristi, con decine
di morti e feriti , e dalla stampa occidentale elencati con compiacenza. Non è
nostro compito attraversare la Siria per interrompere gli attacchi terroristici
e impedire di crollare nel caos che permetterà che ciascuno persegua i propri
interessi. Ma questa è una negazione
radicale dei fondamenti della solidarietà e della pace: Robert Schuman, padre
dell'Europa, ha costruito l'Unione Europea non solo per i suoi stessi Paesi, ma
l’ ha anche intesa come un servizio a tutta la famiglia umana.
Anche tu puoi aiutare a smascherare questa follia e fermarla.
Nel frattempo i
terroristi si radunano nel nostro villaggio di Qara. Sul tetto della torre romana
del nostro monastero Mar Yakub, noi vediamo gruppi di Al-Nousra con bandiere nere: sembrano andare altrove per perpetrare
attacchi.
I popoli che fanno spade,
possono anche fare vomeri. Le persone che possono distruggere un Paese lo
possono anche costruire. Nel prossimo futuro, il popolo siriano sarà lasciato
dietro alle spalle, sanguinante come uno gravemente ferito lungo la strada. Tu girerai
l’angolo ? O sarai quello straniero, che si fa
"prossimo" per il popolo siriano che soffre?
Cominciamo la
ricostruzione della Siria! Siate creativi e generosi. Se avete una famiglia, parenti o amici in Siria, cercate di
aiutarli. E perché non organizzare fraternità tra la vostra città o paese, con una città o villaggio in
Siria? Perché non entrare in fraternità spirituale tra la vostra parrocchia, la
comunità religiosa, la vostra abbazia ... con una parrocchia o comunità
religiosa o associazione cristiana in Siria?
E’ immediatamente dare nuova vitalità alla
vostra vita.
In questo modo, un parroco francese ha già intrapreso la fraternizzazione con la nostra comunità, e noi
con loro, per la gioia di entrambi.
Sei religioso? Prega tutti i giorni che in Siria una pace duratura possa presto prevalere.
Vuoi con un gesto concreto dare un contributo?
Vuoi sostenerci finanziariamente?, allora
lavoreremo con il sacerdote bizantino in Qara, Georges Louis, e i cristiani della
diocesi di Homs, per aiutare i bisognosi, di tutte le differenti confessioni, come
abbiamo sempre fatto fino ad ora.
Vi ringrazio,
Pater Daniël Maes o.praem., Mar Yakub, Qâra, Syrië
sabato 2 marzo 2013
Confessioni di un inviato a Damasco
da TEMPI, 2 marzo 2013
di Rodolfo Casadei
Come si sente un inviato che torna dalla Siria dopo aver trascorso una settimana nel martoriato paese in aree controllate dalle forze governative e si imbatte nelle notizie che i media italiani danno della riunione degli “Amici della Siria” a Roma, in particolare le dichiarazioni del segretario di Stato americano John Kerry e del ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi? Si sente male. Perché il quadro della situazione che queste persone disegnano e giustificano – un regime dittatoriale che opprime il suo popolo e si macchia di crimini di guerra contro la popolazione civile e un’opposizione che ha bisogno del sostegno della comunità internazionale per prevalere e portare la democrazia nel paese- è lontanissimo dalla realtà. L’idea che grazie a Usa ed Europa in Siria entrino altre armi – “non letali”, perché tanto a quelle letali ci pensano già i paesi arabi sunniti come Qatar, Arabia Saudita e Turchia – in aggiunta a quelle che già ci sono dall’una e dall’altra parte, dà semplicemente la nausea. Da quando in qua per spegnere un incendio si butta altra benzina sul fuoco? Forse da quando non si ha il coraggio -o più probabilmente l’interesse- a guardare in faccia la realtà nella totalità dei suoi fattori.
E allora è certamente vero che le forze governative -esercito, servizi di sicurezza, milizie di civili armati- si sono macchiate di crimini di guerra con esecuzioni sommarie, torture, violenze su civili, stragi gratuite, arresti indiscriminati e maltrattamenti nelle prigioni. Io questo non l’ho potuto accertare di persona, ma mi fido di Human Rights Watch e di altre organizzazioni che lo hanno attestato nei loro rapporti. Vorrei però modestamente aggiungere che una settimana trascorsa in Siria nelle aree più o meno precariamente controllate dalle forze governative mi ha consentito di toccare con mano il terrore in cui vivono le popolazioni di quelle zone, quotidianamente esposte alla minaccia di autobombe, colpi di mortaio e rapimenti – sia da parte di elementi criminali che di bande di ribelli -, che giorno per giorno si traduce in realtà.
Nel comunicato diffuso dalla Farnesina al termine dei lavori degli “Amici della Siria”, basato sulle dichiarazioni dei ministri degli 11 paesi presenti, si legge fra l’altro che «Il regime deve porre un termine immediato ai bombardamenti indiscriminati contro le aree popolate perché si tratta di crimini contro l’umanità e non possono rimanere impuniti».
Giovedì 21 febbraio sono arrivato a Damasco poche ore dopo che due autobombe, opera di ribelli jihadisti, erano esplose a Mazraa e Barzeh, nel cuore della città, uccidendo 52 civili. Nei giorni seguenti ho visitato alcuni dei feriti scampati all’eccidio. Fra loro una signora, madre trentenne divorziata con due figli adolescenti, che è rimasta sfigurata al volto dall’esplosione. Si tratta di una profuga, musulmana sunnita come tutta la sua famiglia, che ha dovuto abbandonare la casa dove abitava coi genitori nel sobborgo di Ein Tarma a causa degli scontri fra governo e ribelli. Era stata accolta in una moschea vicina al luogo dell’attentato. Il fratello ha protestato davanti alle telecamere della televisione, gridando «è questa la libertà che ci vogliono dare?», e subito gli sono arrivate minacce di morte da parte dei ribelli. In una stanza poco lontana dello stesso ospedale giace un ragazzo palestinese di 15 anni del campo profughi di Yarmuk, alle porte di Damasco. Un cecchino di parte ribelle gli ha aperto tre fori nell’addome, ai quali è miracolosamente sopravvissuto. È andata peggio a quattro suoi amici della sua stessa età, che nel giro di tre mesi hanno perso la vita per il fuoco dei cecchini. Il ragazzino, di cui taccio il nome per tutelare la sua incolumità, mi ha spiegato che dopo essersi limitati per qualche tempo a sparare agli uomini, adesso i cecchini dei ribelli sparano anche alle donne e ai bambini di certe aree del quartiere palestinese. A un bambino di 9 anni, suo compagno di stanza fino al giorno prima che io visitassi l’ospedale, è stata amputata una gamba ferita.
A Damasco non c’è stato giorno, dei quasi cinque che vi ho trascorso in due riprese, senza che cadessero sui quartieri del centro colpi di mortaio lanciati contro obiettivi governativi, ma in realtà non meno imprecisi delle bordate di artiglieria sparate dall’esercito contro i quartieri della periferia in mano ai ribelli. Quando mi sono spostato nelle province del nord-est, ho incontrato famiglie e studenti cristiani in fuga per le continue minacce di morte e di rapimento da parte sia di elementi della criminalità, scatenati a causa del quasi collasso delle istituzioni, sia di elementi jihadisti e salafiti intenzionati a fare piazza pulita della millenaria presenza cristiana in Siria. A Damasco come nel nord-est quasi nessuno di quelli che hanno parlato con me ha accettato di farsi fotografare; nessun profugo dei 15 centri di accoglienza di Damasco e nessuno dei giovani volontari che operano presso queste strutture ha accettato che io prendessi le loro immagini: tutti hanno paura di subire rappresaglie da parte dei ribelli.
CONTINUA A LEGGERE SU:
http://www.tempi.it/blog/la-politica-americana-e-europea-in-siria-da-la-nausea#.UTG-fMoSvqQ
giovedì 28 febbraio 2013
Il vicario apostolico di Aleppo: "Mi chiedo spesso: ma l’Occidente capisce o non capisce? "
« I governi occidentali si rendono conto che stanno distruggendo la presenza cristiana in Medio Oriente? Perché la democrazia si “esporta” solo in Siria?»
a porre queste domande è monsignor Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo, la città martire, dove più che altrove divampa l’incendio che sta consumando la Siria.
da PiccoleNote - 27 febbraio 2013
intervista di Davide Malacaria
Ci parli della situazione attuale
Ci sono città relativamente tranquille, altre in cui la
guerra infuria. Ad Aleppo i combattimenti sono continui. Manca carburante,
elettricità, acqua. Perfino l’acqua potabile scarseggia e pure il pane a volte.
I ricchi hanno già abbandonato il Paese, ma anche tanta povera gente che ha
perduto tutto: centinaia di migliaia di sfollati, fuori e dentro i confini
nazionali. Noi cerchiamo di stare vicino alla popolazione come possiamo. I
gesuiti hanno una mensa che fornisce 8.000 pasti al giorno. Ma ogni comunità
cristiana cerca di fare qualcosa per aiutare la popolazione, sia musulmani che
cristiani, ovviamente. Sono opere che nascono grazie ad aiuti diversi; anche i
musulmani ci aiutano finanziariamente per portare avanti queste opere di
carità. C’è una grande fraternità, non si tiene conto delle diversità
religiose. Una caratteristica antica di questo Paese.
Già, sono tanti a parlare di una convivenza felice prima di
questa guerra.
E dicono bene. Anni fa, quando ancora non c’era il regime di
Assad padre, avevo sempre la polizia segreta alle costole. Quando abbandonai il
Paese, andarono dalle suore che stavano con me a chiedere informazioni per
sapere come avessi fatto a lasciare la Siria. Quando sono tornato era tutto
cambiato. Si poteva stare fino a tardi per le strade tranquillamente. Ho potuto
girare in lungo e in largo la Siria senza alcun impedimento. C’era libertà e
rispetto reciproco. A maggio facevamo le processioni lungo le vie di Aleppo alle
quali i musulmani guardavano con curiosità e rispetto. A Natale e a Pasqua i
capi religiosi islamici venivano a farci gli auguri e noi ricambiavamo
all’inizio e alla fine del Ramadan. Ma incontri simili erano frequenti ben al
di là di queste occasioni. I diritti erano uguali per tutti, tanto che il
governo annoverava ministri cristiani. Anche adesso il ministro della Difesa è
un cristiano.
Poi è iniziata la rivolta.
Sì, sull’onda delle primavere arabe che tanto scompiglio
hanno portato altrove. A ogni manifestante disposto a scendere in piazza a
gridare contro Assad venivano corrisposti dieci dollari. E altri dieci per ogni
persona che riusciva a portare con sé. Se portavi venti persone, potevi
metterti in tasca duecento dollari, quanto un siriano medio guadagnava in un
mese…
Dicono ci fosse un grande malcontento.
In tutti i Paesi c’è sempre un malcontento contro il
governo. In Italia non c’è? Anche in Siria c’era, ma molto circoscritto, la
gran parte del popolo stava con Assad. E anche adesso. Comunque di cose se ne
sono inventate parecchie: c’è la favola secondo la quale in Siria fosse in
vigore la legge marziale, che il regime avesse limitato la libertà con la scusa
di uno stato di emergenza. Tutte invenzioni. C’erano leggi vecchie, forse, ma
non sono mai state applicate. Nessuno qui le ha mai viste.
Veniamo alle ingerenze esterne.
Ingerenze, già. In Arabia Saudita gli imam chiamano alla
guerra santa contro Assad. E poi c’è la rete di Al Qaeda che recluta in zone
già teatro di guerra come Afghanistan, Libia, Iraq… Infine c’è l’Occidente che
vuole portare la democrazia in Siria. Quale democrazia? In Italia c’è
democrazia? E altrove? Cos’è la democrazia? Hanno iniziato con la guerra in
Afghanistan, poi c’è stato l’Iraq, quindi la Libia… quale democrazia è fiorita?
Mi pare che l’unica conseguenza di questo attivismo per “esportare” la
democrazia siano state immani devastazioni e la progressiva diminuzione della
presenza cristiana in Medio Oriente. Dopo tutte queste guerre i cristiani
stanno sparendo dai Paesi arabi, ponendo fine a secoli di convivenza. Per i
ribelli siriani gli alawiti [il ramo islamico cui appartiene Assad e la classe
dirigente del Paese, ndr] e i cristiani sono la stessa cosa: un nemico da
uccidere. Mi chiedo se in Occidente capiscono o non capiscono… (la ripete
questa domanda e la scandisce).
Il regime ha consentito lo svolgimento di elezioni…
Al voto ha partecipato tanta gente. Bisogna fare i passi uno
alla volta. La democrazia deve maturare poco a poco, dall’interno del Paese,
non deve essere imposta da altri. D’altra parte, quando c’erano le elezioni in
Egitto, Mubarak prendeva il 99% dei consensi e nessuno in Occidente diceva
niente…
L’Arabia Saudita, il Qatar, Paesi sunniti, tentano di far saltare
Assad anche per indebolire l’Iran. A proposito di democrazia: in Bahrein una
minoranza di sunniti governa sulla maggioranza sciita che è praticamente senza
diritti. Da tempo ci sono scontri e repressioni. Perché nessuno ne parla? C’è
poi l’Arabia Saudita, dove sciiti e cristiani non godono di alcun diritto. Non
si può costruire una chiesa, celebrare una messa e c’è la polizia religiosa
pronta a intervenire in caso di violazioni minime. Perché la democrazia si
“esporta” solo in Siria?
La sua città sembra essere al centro di questa guerra.
All’inizio era tranquilla, poi otto o nove mesi fa il
conflitto è arrivato anche da noi. Questo perché la gente di Aleppo non era
scesa in piazza a protestare contro Assad. Ora lo fa, ma per protestare contro
tutte e due le parti: chiede di essere lasciata in pace. Da tempo poi si è
diffusa la piaga dei sequestri. Rapiscono povera gente e poi chiedono riscatti
altissimi. Si fanno collette tra i cittadini, si tratta sulla cifra da offrire
per il rilascio. È un modo criminale per finanziare la guerra di ribellione,
anche se a volte a compiere azioni simili sono solo banditi comuni.
Sembra che ci siano alcuni spiragli per poter aprire un
negoziato.
Per giungere alla pace occorre iniziare un dialogo senza
pre-condizioni. Al momento tutti mettono pre-condizioni che per l’altra parte
sono inaccettabili. Così non si va da nessuna parte: bisogna mettersi attorno a
un tavolo e trattare. La pace è troppo importante…
In questa tempesta, lei rimane in Siria.
Sì e questo desta meraviglia tra la mia gente. Sono uno
straniero, potrei andar via. Ma il Signore non ci ha detto di star comodi.
Siamo lì per annunziare Cristo, anzitutto con la testimonianza e l’esempio. San
Francesco diceva: non andate in giro a fare tanti discorsi, ma date
testimonianza con la semplicità della vostra vita. Stare vicino al popolo, in
questo momento, è dare testimonianza di Gesù.
mercoledì 27 febbraio 2013
I MERCANTI DI ARMI
Il 28 febbraio si raduneranno a Roma i mercanti di armi, rappresentati dai loro governanti, per decidere di inviare ai ribelli siriani nuove armi.
"LE FORZE DELLE TENEBRE SEMBRA CHE TRIONFINO SULLA LUCE"
Le forze delle tenebre sanno pescare bene nei momenti in cui tutto il mondo ha gli occhi puntati a Roma sulla Santa Sede, mentre la stessa Santa Sede è impegnata per salutare gli ultimi istanti del grande Benedetto XVI come Pontefice della Chiesa Cattolica.
Per le forze delle tenebre, quelle che sanno solo pescare nel torbido, quelle che non vogliono vedere la luce e preferiscono agire nell'oscurità - non quella materiale - ma l'oscurità delle loro menti, dei loro cuori. Che non si peritano di distribuire armi per distruggere, per ammazzare, per attentare...
Loro hanno un solo ed unico interesse: trarre il massimo guadagno commerciale dai cosiddetti loro aiuti.
Non si pongono il problema che il loro aiuto è destinato a distruggere, ad uccidere gente innocente, gente inerme. Tutto questo per l'interesse materiale dei propri Paesi, delle proprie fabbriche. Queste così potranno vuotare i loro depositi e riprendere il ciclo di produzione per poi aiutare (dicono loro) altri popoli ad autodistruggersi, armare altri terroristi.
E tutto questo lo stanno per decidere Capi di stato e di Governo - con i loro ministri degli Esteri - che hanno deciso di combattere il terrorismo con le loro guerre preventive. Ma sono veramente guerre preventive? O non piuttosto guerre di espansione e di neo colonialismo.
Sì, perché domani al termine di una guerra civile, combattuta in qualsiasi Paese, questi signori correranno per aiutare nella ricostruzione di quanto loro hanno aiutato a distruggere. E, solo allora, ci si renderà conto che il popolo che crede di aver raggiunto la libertà a caro prezzo, si trova schiavizzato dal neo padrone.
C'è sempre una FATTURA da pagare e sarà molto alta: prima di essere economica, sarà di servilismo ai nuovi padroni che li obbligheranno a fare quanto vogliono i neo padroni.
Chi vuole riflettere rifletta.
l'osservatore siriano
l'osservatore siriano
martedì 26 febbraio 2013
Riunione della Coalizione delle opposizioni a Roma: ascolterà il grido della Chiesa siriana?
"Facciamo un accorato appello alla coscienza di tutti in tutto il mondo, ai capi di Stato, in particolare dei paesi Arabi, ai leader di istituzioni ed assemblee internazionali, agli attivisti per la pace, a Sua Santità il Papa e ai Vescovi cristiani in tutto il mondo, implorando loro di ascoltare il nostro grido e le sofferenze e il dolore del popolo siriano"
Dichiarazione del Patriarca Gregorios III dopo le esplosioni terroristiche nel quartiere 'Mazraa di Damasco, che ha lasciato il tributo della vita di 53 morti e 235 feriti e causato ingenti danni, in particolare per una scuola e un ospedale
21 Febbraio 2013
Tre esplosioni successive hanno scosso Damasco, lacerandoci
anima e cuore, ferendo i nostri sentimenti e portando lacrime agli occhi.
Abbiamo pianto ad alta voce con preghiere e suppliche, come fa il padre del
bambino malato gridando al Signore Gesù Cristo, "Se tu puoi fare qualcosa,
abbi pietà di noi e aiutaci!" (Marco 9: 22)
Preghiamo per il
riposo delle anime delle vittime, cittadini cari e diletti figli della Siria:
civili, studenti, bambini, tutti cittadini innocenti. Preghiamo per i feriti
affinchè guariscano presto e per coloro che piangono perchè siano
consolati.
Facciamo un accorato appello alla coscienza di tutti in
tutto il mondo, ai capi di Stato, in particolare dei paesi Arabi, ai leader di
istituzioni ed assemblee internazionali, agli attivisti per la pace, a Sua
Santità il Papa e ai Vescovi cristiani in tutto il mondo, implorando loro di
ascoltare il nostro grido e le sofferenze e il dolore del popolo siriano.
Nessuno ha il diritto di cercare scuse e negare la responsabilità per il massacro,
la distruzione, le esplosioni, i disordini, né per l'attuale crisi, l'odio,
rancore e inimicizia tra i figli della stessa Patria.
Rinnoviamo il nostro
appello a tutto il mondo per la fine dell'afflusso di armi alla Siria.
Chiediamo alla comunità internazionale e ai Paesi più potenti del mondo di
sostenere la Siria nei suoi sforzi per attuare la via del dialogo e raggiungere
una soluzione diplomatica alla crisi.
Da parte nostra,
sosteniamo gli sforzi per il dialogo. Questo è il programma del governo della
Siria e anche la gente vi interviene con la nostra cultura e convinzioni.
Imploriamo gli attivisti per la pace e i vincitori del premio Nobel per la Pace
di aderire al piano della Siria per il
dialogo e la riconciliazione.
In ragione della nostra responsabilità come Patriarca, ci
rivolgiamo al Consiglio di Sicurezza, all'Unione Europea, e a tutte le nazioni,
in particolare ai paesi amici, e ai molti laici e religiosi amici che abbiamo
in Europa Occidentale (in particolare in Austria, Francia, Germania, Gran
Bretagna e Italia). Chiediamo a questi ultimi di intraprendere sforzi seri e
tempestivi per fare pressione sui loro governi a sostegno di una soluzione
politica e di dialogo tra siriani, e per prevenire l'armamento dei
belligeranti.
Estendiamo il nostro
appello alla Russia e agli Stati Uniti d'America a continuare i loro sforzi
sinceri per sostenere i progressi verso il dialogo e una soluzione politica
globale.
La pazienza dei Siriani è esaurita: la loro sofferenza è
aggravata in ogni dettaglio della loro vita quotidiana.
Chiediamo a Sua Santità il Papa e ai capi della Santa Sede
Apostolica di Roma di lanciare una iniziativa diplomatica della Chiesa Cattolica
sulla base della sua influenza spirituale globale.
Ci rivolgiamo ancora
una volta soprattutto ai nostri fedeli dell'Eparchia Patriarcale di Damasco,
invitandoli a digiunare e pregare in questo periodo della Grande Quaresima per
la sicurezza e la pace in Siria e per il successo degli sforzi per il dialogo e
la riconciliazione.
Imploriamo il Signore
nostro Gesù Cristo, con fervore e con insistenza, per porre fine a questa crisi
soffocante, e per condurre al temine la via dolorosa della croce dei nostri
concittadini , verso la gioia della risurrezione, per l'intercessione della
Madre di Dio e sempre Vergine Maria, Regina della Pace.
Durante la sua visita
in Libano nel mese di settembre 2012, Papa Benedetto XVI ha espresso il suo
dolore per le sofferenze degli abitanti di "questa regione che sembra
sopportare dolori interminabili ... Perché Dio ha scelto queste terre? Perché la loro vita è così turbolenta? Dio ha scelto
queste terre, credo, per essere un esempio, per testimoniare di fronte al mondo
che ogni uomo e ogni donna ha la possibilità di realizzare concretamente il suo
desiderio di pace e di riconciliazione! ...
"Pensieri di
pace, parole di pace e gesti di pace creano un clima di rispetto, onestà e cordialità,
dove le colpe e le offese possono essere sinceramente riconosciuti come un
mezzo per progredire insieme sulla via
della riconciliazione. Che i leader politici e religiosi possano riflettere su
questo! ...
"Si tratta di
rifiutare la vendetta, riconoscendo i propri errori, accettare le scuse senza
chiedere le loro, e, non da ultimo, il perdono. Solo il perdono, dato e
ricevuto, possono gettare basi durature per la riconciliazione e la pace
universale. " (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI, Sala del Palazzo
presidenziale di Baabda, Sabato 15 Settembre, 2012)
L'opposizione siriana sarà a Roma, convinta da Kerry che promette "aiuti" e Damasco si dice pronta al dialogo
ASIANEWS - 26/02/2013
La Syrian National
Coalition, che aveva annunciato il boicottaggio della conferenza degli Amici
della Siria torna sui suoi passi dopo l'impegno annunciato dal Segretario di
Stato Usa che a Roma non si va "solo per parlare". Il ministro degli esteri
siriano dice che il governo è pronto a dialogare anche con "coloro che sono in
armi".
LEGGI IL SEGUITO SU:
http://www.asianews.it/notizie-it/L'opposizione-siriana-sarà-a-Roma,-convinta-da-Kerry-che-promette-aiuti-e-Damasco-si-dice-pronta-al-dialogo-27241.html
Il governo italiano si orienta in modo sempre più deciso per un «sostegno militare» alle opposizioni siriane.
Secondo quanto si apprende dal sito web del ministero degli Esteri italiano, «a Roma l’Italia e i Paesi europei proporranno agli Stati Uniti maggiore flessibilità nelle misure in favore dell’opposizione al regime di Assad. In particolare, chiederanno che gli aiuti “non letali” (ovvero gli aiuti che non servono direttamente ad uccidere –come elmetti, divise, apparati radio, automezzi, cibo e tecnologia - che vengono già assicurati agli insorti siriani da parte Paesi occidentali - ndr) vengano estesi fino a comprendere anche l’assistenza tecnica, l’addestramento e la formazione, in modo da consolidare l’azione della coalizione, sulla scia di quanto espresso nell’ultimo Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea».
L’appoggio proposto dal governo italiano in «assistenza tecnica, addestramento e formazione» all’opposizione siriana costituisce un passo in più verso un impegno militare più diretto e lascia perplessi non pochi osservatori, anche per via del comportamento che la stessa opposizione armata, difficilmente governabile, sta tenendo sul campo.
LEGGI IL SEGUITO SU:
L’appoggio proposto dal governo italiano in «assistenza tecnica, addestramento e formazione» all’opposizione siriana costituisce un passo in più verso un impegno militare più diretto e lascia perplessi non pochi osservatori, anche per via del comportamento che la stessa opposizione armata, difficilmente governabile, sta tenendo sul campo.
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lunedì 25 febbraio 2013
«L’agonia della Siria non può continuare»
«LAGGIÙ MANCA PERSINO LA CONVINZIONE DI POTER AVERE UN FUTURO»
Dov’è la verità? Come si riesce a
comprenderla? E cosa può essere fatto per aiutare un’intera nazione oggi in
ginocchio, che rischia di non rialzarsi più, malgrado il fascino millenario di
alcune sue città? E quali devono essere i nostri sentimenti di persone
cristiane: lasciarsi coinvolgere, attrezzarsi per sostenere aiuti e collette finanziarie,
chiudersi nell’indifferenza, con qualche rabberciata preghiera, perché la
guerra è molto, molto lontano da casa nostra, anche se sta uccidendo un numero
impressionante di persone, oltre 60mila secondo una stima delle Nazioni Unite
dall’inizio del conflitto, cioè dal marzo 2011, e fra questi un numero
impressionante è purtroppo di bambini? Cosa fare, dunque? Come essere operatori
di pace?
LA TRAGEDIA SIRIANA
Questa drammatica situazione - definita
dal Comitato Internazionale della Croce rossa Onu quale conflitto armato non
internazionale, quantomeno per applicare gli interventi umanitari previsti in
casi di eventi bellici - si sta svolgendo in Siria. Ed una religiosa lodigiana,
tra l’altro monaca di clausura, suor Annunciata Dordoni, è stata sino a poche
settimane addietro, per dieci lunghi mesi, testimone degli scontri tra l’esercito
governativo guidato dal presidente Assad e le truppe dei ribelli, esponenti
della Primavera Araba per alcuni osservatori, mentre per altri soltanto
terroristi islamici legati ad al Qaida. Suor Annunciata appartiene all’Ordine Cistercense
della Stretta Osservanza; è cioè una trappista, una religiosa che vive nel
silenzio, nella preghiera e nel lavoro svolto all’interno della propria comunità;
ma incoraggiata dalla propria badessa del monastero di Valserena nel comune di
Guardistallo, in provincia di Pisa, ha scelto di essere adesso portavoce della
tragedia del popolo siriano. Questa appare divenuta per lei un’autentica
missione. Il suo arrivo in Medio Oriente era forse scritto nel destino: «Quando
ancora non ero consacrata - mi spiega, illuminando di intensi bagliori i suoi
azzurrissimi occhi - mi era già capitato di andare in zone colpite dalla guerra
e dai saccheggi, come nella ex Jugoslavia: allora, si partiva con i furgoni, ad
organizzare le attività. Inizialmente fu un gruppo di Lecco, successivamente si
aggiunsero i volontari del movimento Lavoratori credenti di don Peppino
Barbesta; quindi, allorché la badessa mi chiese se volevo raggiungere le mie
consorelle in Siria, tale proposta mi apparve in linea con la mia sensibilità di
donna che nella vita è sempre stata impegnata nel sociale, ed accettai di buon
grado la soluzione, cosa che avrei comunque fatto per obbedienza». Il convento
in Siria è sorto dando seguito alla presenza monastica in Algeria dei sette
religiosi uccisi a Tibhirine nel 1996; quello fu un fatto agghiacciante: i
monaci vennero decapitati e i loro corpi non furono mai ritrovati. Il vile attacco
fu rivendicato dal Gruppo Islamico Armato. L’idea era quella di ritornare in
Algeria, ma la presenza costante delle guardie militari non garantiva la
solitudine ambita da chi professa il monachesimo: alla fine la scelta cadde sulla
Siria, perché vantava già nel passato una presenza monastica di rilievo.
LA GUERRA CIVILE
Il monastero siriano delle
monache di clausura si trova al confine con il Libano, da cui è diviso solo da
uno striminzito fiumiciattolo, gli echi della guerra civile arrivano ancora
attenuati, ma suor Annunciata sa riconoscerne i sinistri presagi: «Il conflitto
si riconosce da tante cose, anche dalle più banali; persino dalle finestre che
mancano nel nostro edificio: abbiamo chiesto a un artigiano di portarcele, ma nessuno
si avventura per le strade. C’è la paura che i terroristi islamici facciano
agguati e compiano rapimenti. La corrente elettrica va a singhiozzo, il più delle
ore manca; il gasolio è razionato, di bombole del gas è inutile parlarne. Nei
paesi accanto al nostro monastero è possibile trovare solo beni di prima
necessità, per procurarsi ogni altra cosa occorre andare a Tartus, strategicamente
importante in Siria perché vi è il secondo porto del paese, dove oggi sono
ancorate le navi russe, e città abitata dai cristiani e dalla minoranza islamica
degli alawiti, di cui fa parte il presidente Bashar al Assad; ma oggi Tartus è
irriconoscibile, invasa da orde di profughi che arrivano da Aleppo, Damasco, Homs
e da tantissimi altri luoghi da cui gli abitanti fuggono via».
Su queste orde
di disperati suor Annunciata ha idee molte chiare: «È gente che ha una
fortissima dignità. Non chiede soldi, non vuole vivere di sostegni
solidaristici fine a se stessi. Desidera un lavoro e soprattutto la sicurezza di
poter riprendere la vita di un tempo, senza più odi e guerre». Invece pare che
della Siria non importi nulla ai paesi occidentali, e meno che meno all’Italia.
Nei mesi scorsi le alte gerarchie cattoliche hanno cercato di accendere le luci
sulla drammatica condizione in cui vive il popolo siriano: lo ha fatto
monsignor Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo; ha scritto lunghi
appelli e rilasciato interviste il vescovo caldeo Antoine Audo; ha implorato di
essere ricevuta dal governo italiano la deputata cristiana Maria Saadeh, ma le
porte sono rimaste chiuse.
«Come può essere aiutata la Siria? - ripete la mia
domanda suor Annunciata - Glielo dico subito: con una corretta politica dell’informazione,
sapendo come stanno realmente le cose, sinora è prevalsa l’idea che il governo sia
solo contrario alle riforme e che i ribelli siano povere vittime. Non è
propriamente così. Tra i rivoluzionari vi sono terroristi che hanno
rapito medici e tecnici ospedalieri, tanto che oggi gli ospedali non funzionano,
e che stanno uccidendo così la propria gente, perché quando ci si ammala o si
resta feriti non ci sono mezzi per curarsi; adesso rapiscono anche i poveri,
così che nei villaggi gli abitanti facciano il porta a porta per realizzare una
misera colletta e pagare il riscatto».
UN INGIUSTO EMBARGO
«Guardi - prosegue con passione, suor
Annunciata Dordoni - in Siria non esiste più l’agricoltura, non c’è più lavoro,
e manca in termini elementari la convinzione di avere un futuro. No, non è
sufficiente dire che la Siria è in ginocchio! Essa è stesa a terra ed agonizzante.
Una volta esistevano 14 km di Souq, cioè del mercato artigianale, uno spettacolo
da vedere, considerato patrimonio dell’Unesco, oggi non vi è più una sola
bottega: tutto raso al suolo dai bombardamenti e dai saccheggi. Informarsi è
già progettare un domani per questa gente. E togliere l’embargo imposto dai paesi
occidentali sarebbe il primo passo per la ricostruzione».
Suor Annunciata non
sa se potrà ritornare in Siria: «Le confido una cosa e sono certa che da buon giornalista
non la scriverà, giusto? Per tranquillizzare i parenti ed i tanti amici che ho
lasciato qui nel Lodigiano, ufficialmente dovrei dire di no. Ma - spiega sorniona
- io ho fatto il voto di obbedienza, e faccio quello che mi dicono i Superiori.
Da noi si è soliti dire: volontà dei Superiori, volontà di Dio».
L’ESEMPIO DI ZACCHEO
Suor Annunciata, dopo una
brevissima permanenza di 48 ore a Lodi, è da qualche giorno rientrata nel suo
convento toscano; così dopo aver a lungo parlato sulla Siria, le chiedo di
narrarmi la propria esperienza religiosa: «Forse la prima intuizione della mia
vocazione è da far risalire ai tempi del mio volontariato in Bosnia; tornata da
lì compresi che tutto ciò che possedevo - e di beni ne avevo tanti: una casa,
una macchina, qualche soldo da parte - era per me superfluo. Non potevo operare
come il giovane ricco dei Vangeli, che dopo aver chiesto a Gesù cosa dovesse
fare per seguirlo, finiva per rinunciare al progetto per non lasciare le proprie
comodità. Il resto è stato il frutto di una vera e propria chiamata, alla quale
non potevo che rispondere di sì. Non a caso un’altra fra le pagine più belle dei
Vangeli che sento proprio mia è quella in cui il Signore dice a Zaccheo: «Oggi
devo fermarmi a casa tua». Ed io, proprio come Zaccheo, ho sentito di ricevere direttamente
questa proposta ».
IL SALMO 83
Il monastero di Valserena è stato
fondato nel 1968 come dipendenza da quello di Vitorchiano, in provincia di
Viterbo, famoso per la produzione delle marmellate e per avere al suo interno
un’antica stamperia. Nella struttura toscana vivono, pregano e cantano le lodi
una quarantina di suore: «Sono certa che oramai chiederà se è facile vivere fra donne,
pur religiose, in una grande comunità! Un martirio bianco, secondo alcuni! Non sempre,
in effetti, è facile: ma fra i nostri voti vi è pure quello della conversione del
cuore, quindi accettare l’altro, la sorella diversa da me. Noi seguiamo la
regola di San Benedetto, improntata al vivere insieme fraternamente: lo zelo
può essere esercitato in modo buono o cattivo, un lavoro fatto con un senso di
amarezza e di mortificazione fa prevalere il secondo, mentre lo slancio per servire
gli altri fa parte dello zelo buono».
Le giornate delle suore, al convento di
Valserena, così come in quello in Siria, sono interamente dedicate ai Salmi e a Dio: «Ci alziamo alle 2.30
del mattino e alle 3 siamo già in chiesa per il canto dei Salmi notturni; poi
abbiamo un’ora per la lectio divina; quindi alle 5 siamo nuovamente in chiesa;
di ora in ora si canta, si prega, si lavora, sino alle 18.30, momento della
compieta. Alle diciannove andiamo a dormire. Il nostro pregare è un canto
perenne: nella liturgia, infatti, intoniamo ben 150 salmi». Per suor Annunciata
la preghiera rivela sempre qualcosa di nuovo: «Ho imparato a pregare in modo
diverso frequentando, durante gli anni di Casalpusterlengo, il gruppo del
Rinnovamento dello Spirito. Penso che la preghiera possa veramente rinnovare una
ricchezza interiore immensa, basta sapere ascoltare nel proprio cuore le
parole. È vero: siamo umani e ci sono i giorni che le giaculatorie vengono
ripetute quasi meccanicamente; ma ve ne sono altri in cui anche una singola
parola prorompe dentro di me e fa assumere alla vita una luce nuova,
assolutamente originaria, e improntata al disegno di Dio. Personalmente, trovo
stupendo il salmo 83: Anche il passero trova una casa e la rondine il nido
dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari. Lì c’è il senso
dell’accoglienza cristiana».
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