Traduci

martedì 23 maggio 2023

Le sette porte di Damasco rimarranno aperte, dopo anni di guerra ingiusta, ai visitatori di tutto il mondo

 

Damasco, SANA

 Damasco, che è considerata la città abitata più antica del mondo, è stata al centro dell'attenzione degli invasori nel corso dei secoli, quindi i fattori di difesa e protezione hanno reso necessario circondarla con un muro di enormi pietre in cui le porte venivano aperte per l'entrata e l'uscita, e questo all'inizio dell'era greca.

Il ricercatore, Kamal Al Imam, ha affermato che la costruzione del muro di Damasco e delle sue porte ebbe luogo durante l'era dell'Impero Romano e rimase la stessa dopo che gli arabi musulmani entrarono in città nell'anno 14 H, 635 d.C., così che Damasco iniziò ad espandersi all'esterno delle mura per la prima volta nell'era degli Omayyadi.

In epoca romana le mura furono mantenute e apparvero sette porte in relazione ai sette pianeti conosciuti all'epoca, e i simboli di questi pianeti furono scolpiti sulle porte perché si credeva proteggessero la città.

Parti del muro furono distrutte nel 749 d.C. dagli Abbasidi e il muro iniziò a crollare. Quindi fu fortificato nel 1174 d.C. durante il regno di Nur al-Din al-Zanki e furono aperte nuove porte, tra cui Bab al-Faraj e Bab al-Nasr.
Quanto alle porte principali di Damasco, sono solo sette; Bab Touma, Bab al-Salam e Bab Al-Fradis, Bab Al-Jabiya, Bab Al-Saghir, Bab Kisan e Bab Sharqi.
Molti storici, come Ibn Asaker, Hassan Al-Badri e Muhammad Ezz Al-Din Al-Sayadi, descrivono le antiche porte di Damasco e la loro relazione con i pianeti, e che le sette porte di Damasco sono collegate ai sette pianeti.

Bab Sharqi è associata al Sole, Bab Touma è associata a Venere, il Porta della Pace ( Bab Assalam) è associata alla luna, la Porta del Paradiso è associata a Mercurio, la Porta Jabiya è associata a Marte, la Porta Piccola ( Assaghir ) è associata a Giove e la Porta di Kisan è associata a Saturno.

Le sette porte di Damasco riflettono la civiltà primitiva nella più antica città abitata del mondo, e custodiscono dietro di essa una storia damascena che simula molte civiltà che attraversarono Damasco.

Dopo anni di guerra ingiusta contro la Siria e di blocchi ingiusti e soffocanti, le porte di Damasco rimarranno aperte a tutti i visitatori.

Fedaa al-Rhayiah/ Mazen Eyon  https://www.sana.sy/en/?p=307762

giovedì 18 maggio 2023

Assad va al summit della Lega araba e l'incontro Usa-Siria

 Piccole Note, 18 maggio 2023

Dopo 11 anni Assad torna a partecipare a un vertice annuale della Lega araba,  previsto per domani. Ad annunciarlo è stato il ministro degli Esteri siriano, giunto in Arabia Saudita per preparare l’evento. A nulla sono valse le pressioni americane per impedire la distensione tra i Paesi del Golfo – al tempo ingaggiati nel regime-change siriano architettato dall’Occidente – e Damasco.

Assad a Riad

Anche il Qatar, che ha buoni rapporti con i siriani residenti nella regione attualmente occupata dagli americani, ha ritirato il suo niet: nonostante tenga ferma la sua ostilità nei confronti di Assad, ha deciso di non frapporre ostacoli al reintegro di Damasco nell’ecumene araba.

Nel dare la notizia del clamoroso ritorno di Assad, The Cradle cita un interessante commento del Wall Street Journal: “La decisione di riammettere la Siria nella Lega araba rappresenta un rigetto degli interessi degli Stati Uniti nella regione e dimostra che i paesi [arabi] stanno forgiando politiche indipendenti dalle preoccupazioni occidentali“.

Gli incontri di Muscat

Ma se tale sviluppo era ormai nell’aria, come abbiamo scritto in note precedenti (anche se niente affatto scontato), è più che sorprendente un’altra rivelazione di The Cradle: una delegazione siriana e un’omologa delegazione americana si sono incontrate in segreto in Oman, a Muscat, “la città in cui si svolgono i negoziati segreti’ tra Washington e i Paesi dell’Asia occidentale”.

A rivelare a The Cradle la notizia è stata una fonte informata dei fatti, la quale ha dettagliato come nel corso dei colloqui gli americani abbiano chiesto a Damasco il rimpatrio di Austin Tice, ex marines e cronista freelance catturato in Siria nel 2012 dai terroristi anti-Assad (e filo-Usa). Gli americani sostengono che Tice sarebbe detenuto in una prigione siriana, ma i siriani dicono di non saperne nulla. Il querelle di Tice è storia vecchia, più volte gli americani ne hanno chiesto il rilascio, incontrando sempre la stessa risposta dai loro interlocutori, che si è ripetuta nell’occasione.

L’occupazione americana della Siria

A sua volta, la delegazione siriana ha chiesto il ritiro delle truppe Usa dal loro territorio sovrano, circa 2.000 soldati, posti a presidio dell’area Nord-Est del Paese (si può notare, en passant, l’ipocrisia con la quale Washington chieda ai russi di rispettare l’integrità territoriale ucraina…).

La fonte non ha rivelato altro, se non che non è stata fatta alcuna menzione delle milizie curde che gestiscono la regione siriana sotto la stretta vigilanza dei padroni d’oltreoceano. Ma è chiaro che gli incontri non si sono limitati a un dialogo tra sordi.  Lo dice la composizione delle due delegazioni. Infatti, la fonte ha riferito che “agli incontri hanno partecipato esponenti della Sicurezza di entrambi i paesi e rappresentanti dei rispettivi ministeri degli Esteri”.

Probabile che la distensione regionale abbia posto nuovi problemi alla presenza dell’US Army in Siria. Aggravati, negli ultimi tempi, da alcuni attacchi alle basi statunitensi in loco che, sebbene non abbiano causato vittime, hanno evidentemente infastidito gli occupanti.

Non sarà certo questo incontro a risolvere i drammatici problemi della Siria, devastata da un decennio di guerra, dal recente terremoto e affamata dalle durissime sanzioni internazionali, (rimaste in vigore anche dopo il terremoto!). Ma il fatto che gli Usa si siano decisi a parlare con l’odiato nemico indica che qualcosa in futuro potrebbe cambiare. Non è detto che agli Stati Uniti convenga proseguire l’occupazione a tempo indefinito, in particolare se decade la prospettiva del regime-change.

Concludiamo con l’ironica annotazione di The Cradle: “La rivelazione bomba degli incontri clandestini tra Stati Uniti e Siria giunge pochi giorni dopo le critiche della Casa Bianca alle nazioni arabe per aver ripristinato i legami con la Siria”… 

https://www.piccolenote.it/mondo/assad-va-al-summit-della-lega-araba-e-lincontro-usa-siria

mercoledì 10 maggio 2023

'Cuori e mani per la vita' ... anche nelle scuole italiane

 
Riportiamo la comunicazione della bellissima iniziativa a sostegno della popolazione siriana colpita dal terremoto, messa in atto da docenti, genitori ed alunni della Scuola Primaria Santo Stefano di Lecco. I contributi raccolti attraverso la vendita delle torte fatte dalle mamme, dei saponi di Aleppo e dei braccialetti prodotti dalle donne siriane (distribuiti in Italia per mezzo delle Monache Trappiste) sono stati inviati alle famiglie siriane bisognose: vogliamo esprimere la nostra gratitudine per la commovente mobilitazione dei bambini che hanno confezionato i biglietti di accompagnamento e delle estrose mamme e maestre tanto creative!
   OpS




 Da parecchi anni nel calendario delle attività della scuola primaria Santo Stefano si organizza la “giornata della condivisione”. A partire dall’incontro con testimoni di realtà che necessitano di aiuto , gli adulti e i bambini della scuola si mobilitano per raccogliere fondi per andare incontro alle necessità.

Quest’anno i bambini sono stati colpiti dall’evento del terremoto che ha devastato una popolazione già provata da anni di guerra e quindi è sembrato naturale dirigere le proprie attenzioni verso questa realtà.

Fiorenza, maestra in pensione che ha lavorato nella nostra scuola, da anni segue e ci tiene aggiornati sulle vicende del popolo siriano e quindi ci siamo fatti aiutare da lei per conoscere meglio la situazione attuale.

In classe quinta una mamma di origine siriana ha allestito una vera e propria lezione di geografia e cultura che ha portato a conoscenza delle bellezze di questo paese e di questo popolo.

I bambini in vista dell’incontro con padre Mauro hanno preparato le domande; la maggior parte di loro si è interrogata su come si possa vivere la quotidianità (casa, scuola..) dopo così tanti anni di prove continue.

Fiorenza e padre Mauro, da poco rientrato dalla Siria, hanno incontrato gli alunni e poi un gruppo di genitori e nonni; per tutti un incontro breve , ma ricco di quella passione e preoccupazione di aiutare persone conosciute e desiderose di fare pur nella criticità della realtà.

Questo affetto è stato contagioso e tutti si sono preparati per la giornata della condivisione di venerdi’ 28 Aprile: i bambini hanno preparato alcuni canti , gli alunni di quinta hanno colorato delle mattonelle colorate per accompagnare il sapone di Aleppo e i braccialetti provenienti dalla Siria, le mamme hanno preparato le torte e i dolcetti che sono stati venduti e condivisi nel pomeriggio.

La giornata è stata coinvolgente .... ancora oggi quasi tutti sfoggiano con orgoglio i bellissimi braccialetti e ne chiedono di altri per amici e parenti.

La condivisione è sempre contagiosa e quindi ci aspettiamo di vedere come questa esperienza evolverà nel tempo.

Maestra Franca, maggio 2023

lunedì 8 maggio 2023

La Siria è stata ufficialmente riaccolta dopo 12 anni nella Lega Araba

 The Cradle  - 7 maggio 2023

Il portavoce del ministero degli Esteri iracheno, Ahmad al-Sahhaf, ha annunciato che i ministri degli Esteri arabi riunitisi domenica a porte chiuse nella capitale egiziana Il Cairo hanno concordato il ritorno della Siria nella Lega Araba dopo quasi 12 anni di sospensione.

Fonti hanno riferito all'agenzia di stampa russa Sputnik all'inizio del 7 maggio che, dopo le consultazioni tra i ministri degli esteri, la "maggioranza" ha sostenuto il ritorno della Siria nella Lega Araba.

Secondo un anonimo diplomatico egiziano intervistato da The National ( di Abu Dhabi), il ritorno della Siria nell'organizzazione sarà “condizionato” e dovrà dipendere “dal ritorno dei profughi siriani senza ritorsioni, da un processo politico credibile che porti a elezioni e da passi per porre fine al contrabbando di stupefacenti dalla Siria nei paesi vicini".

L'agenzia di stampa libanese LBCI ha riferito che durante l'incontro è stato concordato che il Libano entrerà a far parte di un "comitato di risoluzione della crisi per la Siria", che comprende Arabia Saudita, Iraq, Giordania ed Egitto.

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha affermato durante la sessione che una soluzione politica è l'unica via percorribile. Una soluzione militare in Siria è "irrealistica", ha detto Shoukry.

Tuttavia, ha anche sottolineato l'estrema importanza di garantire "l'eliminazione del terrorismo" in Siria, che è ancora una questione importante dato il controllo di gruppi armati estremisti su alcune aree del Paese.

Venerdì, il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha affermato che la Siria ha ottenuto il numero necessario di voti dall'organismo arabo composto da 22 membri.

"Simbolicamente, sarà importante, ma questo è solo un umile inizio di quello che sarà un processo molto lungo, difficile e impegnativo, data la complessità della crisi", ha detto Safadi alla CNN.

La decisione arriva alcuni giorni dopo una riunione dei diplomatici regionali nella capitale giordana Amman, alla quale ha partecipato anche il ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad. L'incontro si è concentrato sull'importanza di risolvere le crisi umanitarie, politiche e di sicurezza nel Paese.

Ha anche aperto la strada alla decisione ufficiale di domenica di reintegrare Damasco nella Lega Araba.

A seguito dell'incontro a porte chiuse in Egitto – che dovrebbe essere seguito da una seduta pubblica – molti si aspettano che la Siria sarà presente al vertice della Lega Araba di questo mese (il 19 maggio) nella capitale saudita Riyadh.

Questo è l'ultimo passo nel recente abbraccio del mondo arabo alla Siria, che ha visto l'Arabia Saudita – un tempo uno dei principali sostenitori della guerra sponsorizzata dagli Stati Uniti contro il paese – guidare un'iniziativa regionale per porre fine alla crisi.

Tuttavia, Washington e alcuni stati arabi, in particolare il Qatar, continuano a opporsi alla normalizzazione con il governo di Damasco.

https://thecradle.co/article-view/24524/syria-officially-welcomed-back-into-arab-league?s=09

La Siria torna nella Lega araba nonostante la contrarietà degli Usa

Piccole Note, 8 maggio 2023

La Siria è tornata nella Lega Araba dopo esserne stata espulsa 11 anni fa a causa del feroce regime-change avviato dagli Stati Uniti e sostenuto da diversi Paesi arabi ed europei. La Siria ha retto all’aggressione grazie all’aiuto dell’Iran e dalla Russia, ma ne è uscita devastata e ridimensionata – un terzo è ancora sotto l’occupazione americana tramite i curdi –  nonché ridotta allo stremo dalle sanzioni, rimaste in vigore nonostante il recente sisma che ha distrutto il Paese.

Sulla tragica situazione in cui versa la Siria, un report delle Nazioni Unite riportato dalla CNN, ha rilevato come “i livelli di povertà e di insicurezza alimentare affrontati dai siriani non hanno precedenti. Il Programma alimentare mondiale stima che nel 2022 più di 12 milioni di siriani, più della metà della popolazione, si sono trovati in condizioni di insicurezza alimentare”. La causa di tutto ciò sono le sanzioni, ma ovviamente la CNN non può dire che il suo Paese e l’Europa stanno affamando un intero popolo…

La sconfitta degli Stati Uniti

Al di là dei particolari, resta la reintegrazione della Siria nell’ecumene araba, che è stata fortemente ostacolata dagli Stati Uniti (Jerusalem Post), ossessionati dal loro odio irriducibile verso Assad. Tanto che sabato scorso, prima del voto dell’assise araba sul punto, il Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan si è precipitato a Riad per parlare con il principe Mohamed Bin Salman, architetto del ritorno nell’ovile arabo di Damasco.

Secondo Axios i due avrebbero parlato della pace in Yemen e di alcuni progetti infrastrutturali per collegare più strettamente i Paesi del Medio oriente e questi con l’India. Si vorrebbe creare un’alternativa all’integrazione del Medio oriente nella Via della Seta cinese, cooptando l’India – rivale della Cina – in un progetto alternativo a guida Usa, che vedrebbe l’adesione postuma di Israele. Un tentativo che potrebbe non andare in porto, anche perché, come rileva Foreign Affairs, in un articolo dal titolo: “L’errata scommessa Usa sull’India”, “Nuova Delhi non si schiererà con Washington contro Pechino”…

Non sfugge, però, la tempistica della visita di Sullivan, giunto a Riad il giorno prima della votazione fatidica sulla Siria. Evidentemente ha fatto un ultimo tentativo per evitare tale passo, ma non è riuscito. Una sconfitta della diplomazia Usa, come prova il fatto che i primi a rallegrarsi di quanto avvenuto sono state Russia e Cina, suoi antagonisti globali.

Il nuovo attivismo di Riad

Il passo è stato sofferto, come evidenzia il fatto che la riunione decisiva per il reintegro della Siria si è svolta a porte chiuse e che la decisione è stata presa a maggioranza (The Cradle accennava alla contrarietà del Qatar nell’articolo “Nemici fino alla fine”).

Il ritorno di Damasco nella Lega segna un altro punto a favore della diplomazia saudita, che l’ha fortemente voluto, esponendosi alle ritorsioni dei tanti nemici di Assad.  È un momento molto importante per Mohamed Bin Salman, il quale, da motore della destabilizzazione regionale (per conto di altri), ha assunto il ruolo di motore del nuovo ordine mediorientale, come denota anche la distensione con l’Iran. 

In tale prospettiva si colloca anche l’attivismo dispiegato nei confronti del conflitto sudanese, scoppiato alcuni giorni fa a causa della rivalità di due potenti signori della guerra locali e delle manovre neocon, che hanno alimentato le rivalità latenti.

Riad ha ospitato un summit tra le fazioni rivali (Guardian). Non c’è ancora un accordo, ma il solo fatto di aver portato i duellanti al tavolo dei negoziati è un risultato notevole. Vedremo.

mercoledì 3 maggio 2023

Grandi movimenti sulla scena mediorientale e siriana


di Steven Sahiounie, giornalista e commentatore politico

La Giordania ha ospitato il più recente incontro regionale sulla strada per il ripristino della Siria come membro del mondo arabo. Il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha incontrato privatamente il ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad ad Amman il 1° maggio, prima della riunione del gruppo più ampio che comprendeva i ministri degli esteri di Siria, Giordania, Egitto, Iraq e Arabia Saudita.

La Giordania ha presentato un'iniziativa per raggiungere una soluzione politica alla crisi siriana iniziata nel 2011, che fu un attacco USA-NATO alla Siria per ottenere un cambio di regime. Il piano fallì ma fu sostenuto da molti paesi arabi che sono alleati degli Stati Uniti.

Quasi tutti i membri della Lega Araba hanno deciso di riportare la Siria al suo posto nella tavola rotonda che si terrà il 19 maggio a Riyadh; tuttavia, Qatar e Kuwait restano contrari. La Siria fu sospesa nel 2011 a seguito dello scoppio del conflitto. Due settimane fa si è tenuto un incontro a Jeddah, ma non è stato possibile raggiungere un consenso sulla presenza della Siria al prossimo incontro della Lega Araba.

Gli Stati Uniti sono contrari a qualsiasi riavvicinamento con Damasco, e il Qatar e il Kuwait potrebbero segnalare che continua la loro disponibilità a seguire le direttive statunitensi del Dipartimento di Stato. 

L'incontro ha riguardato i rifugiati, le questioni idriche e la sicurezza delle frontiere, compresa la lotta contro il contrabbando dell'anfetamina Captagon, che crea forte dipendenza. La Giordania è sia un mercato che una principale via di transito verso i paesi del Golfo, ricchi di petrolio, per il Captagon. 

Progressi verso la riconciliazione

Il presidente siriano Bashar al-Assad negli ultimi mesi ha partecipato a una serie di visite sulla strada per riprendere la sua posizione legittima in Medio Oriente dopo 12 anni di isolamento dettato da Washington.  

Sia gli Emirati Arabi Uniti (UAE) che l'Arabia Saudita hanno aperto la strada nel riparare le relazioni interrotte tra la Siria e il mondo. Il presidente Assad e sua moglie hanno visitato gli Emirati Arabi Uniti e il mese scorso il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud, ha visitato Assad a Damasco.

Un'ondata di aiuti umanitari è stata inviata in Siria in seguito al devastante terremoto del 6 febbraio che ha ucciso circa 50.000 persone, di cui circa 6.000 in Siria. Il 10 marzo, la Cina ha mediato una riconciliazione tra Arabia Saudita e Iran. Quello è stato un "terremoto" politico avvertito in tutto il Medio Oriente, che ha spianato ulteriormente la strada alla riconciliazione con Damasco.

La Siria spera che le ricche monarchie del Golfo aiutino la Siria nella sua ricostruzione dopo 12 anni di conflitto. 

La Turchia ha ucciso l'ISIS

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivelato che l'agenzia di intelligence turca, il MIT, ha ucciso sabato il capo dell'ISIS Abu Hasan Al-Hashimi Al-Qurashi nella provincia di Idlib. La Turchia occupa illegalmente il territorio nel nord della Siria a seguito di una serie di invasioni per allontanare i gruppi curdi dal confine turco-siriano.

Abu Hussein Al-Qurayshi è stato nominato capo dell'ISIS nell'ottobre 2022 dopo l'uccisione del precedente capo .

Questo segna tre capi ISIS tutti uccisi nella provincia di Idlib in Siria. A cominciare dall'uccisione nel 2019 di Abu Abu Bakr al-Baghdadi, ucciso in un'operazione militare statunitense ordinata dal presidente Trump.

Poi il suo successore, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, che è stato ucciso in un raid simile nel febbraio 2022. 

Quest'ultimo omicidio è avvenuto a Jindires, nella provincia di Idlib, che è sotto il controllo di gruppi terroristici appoggiati dalla Turchia che seguono l'Islam radicale. Erdogan è un seguace dei Fratelli Musulmani e anche il suo partito AKP è affiliato ai Fratelli Musulmani.

Le forze democratiche siriane, SDF, sono un gruppo paramilitare curdo sostenuto dagli Stati Uniti che opera nel nord-est della Siria. Erdogan ha invaso la Siria con l'intenzione di smantellare le SDF e il loro partner comunista YPG, che è collegato al gruppo terroristico fuorilegge, il PKK, che ha ucciso 30.000 persone in tre decenni.

L'ISIS è arrivato sulla scena mondiale nel 2014 quando il suo leader Baghdadi ha dichiarato uno Stato Islamico in Iraq e Siria. In una vittoria combinata, ma combattuta separatamente dall'Esercito Arabo Siriano, dall'esercito russo, dalle forze iraniane, dalle SDF, dalle YPG e dall'esercito statunitense, l'ISIS è stato sconfitto nel marzo 2019 nella sua ultima roccaforte rimasta in Siria, al confine con l'Iraq. 

Chi controlla Idlib?

Abu Mohammad al-Julani è un siriano che ha combattuto in Iraq con Al Qaeda, poi è diventato socio del primo leader dell'ISIS, Baghdadi, poi è andato in Siria e ha formato Jibhat al-Nusra, ma quando gli USA hanno deciso di mettere fuori legge al-Nusra , si è ribattezzato Hayat Tahrir al-Sham in modo da poter continuare a essere sostenuto dalla Casa Bianca e dal Congresso. 

Julani è l'uomo che riceve tutti gli aiuti umanitari a Idlib e li distribuisce a coloro che sceglie negando gli aiuti ai suoi nemici, e gli avanzi li vende ai civili di Idlib dal suo nuovo centro commerciale a più piani, Al Hamra.

Julani si è tolto l'uniforme e il velo da terrorista, ha indossato giacca e cravatta su misura e ha rilasciato un'intervista all'emittente statunitense NPR. Si stava trasformando da radicale tagliatore di teste in uno statista moderno in grado di lavorare con il governo degli Stati Uniti, suo partner.

Nel 2020, il programma Rewards for Justice del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato una ricompensa fino a 10 milioni di dollari per le informazioni che portano all'identificazione o alla localizzazione di al-Julani. Non si nasconde, ogni camion di aiuti delle Nazioni Unite che arriva a Idlib dalla Turchia viene accolto da lui.

Julani ha sconvolto alcuni gruppi umanitari occidentali quando lui e i suoi terroristi hanno fatto irruzione nei loro magazzini e hanno sequestrato aiuti preziosi, e quando ha imposto che nessun programma di beneficenza dovrebbe essere incentrato sulle donne o sui diritti delle donne. La sua amministrazione di Idlib, che lui chiama Governo della Salvezza, governa secondo la rigida legge islamica. La punizione per il furto è il taglio della mano dell'imputato.

Julani si vede in una nuova posizione nel futuro governo siriano a Damasco. Questa potrebbe essere la concessione che Biden e Blinken chiedono per consentire il riconoscimento di Assad e la revoca delle sanzioni. Julani ha commesso così tanti crimini di guerra che sarebbe molto difficile per il popolo siriano accettarlo, e ancora più difficile tra i 3 milioni di ostaggi umani che governa a Idlib.

Elezioni turche il 14 maggio

Gli elettori turchi si recheranno alle urne il 14 maggio e il secondo turno è previsto per il 28 maggio. Il presidente in carica, Recep Tayyip Erdoğan, e il leader dell'opposizione Kemal Kılıçdaroğlu si contendono il sostegno dei cittadini turchi che vivono sotto l'iperinflazione , la svalutazione della moneta e le conseguenze di un terremoto considerato il "disastro del secolo".

Erdogan ha dichiarato pubblicamente la sua intenzione di ricucire i rapporti con Assad, ma Damasco preferisce aspettare prima le elezioni, e poi trattare con il vincitore.

Indipendentemente da chi vince, Damasco e Mosca chiedono ad Ankara di ritirare le sue forze di occupazione da Idlib, Afrin, Jarabulus e dall'area tra Tell Abyad e Ras al-Ain.

Entrambi i candidati promettono che se vinceranno riporteranno tutti i rifugiati siriani in patria.  I cittadini turchi vedono i quasi 4 milioni di rifugiati siriani in mezzo a loro come una fonte di instabilità e un salasso finanziario. Il Libano sta già deportando i siriani a casa con la forza e molti paesi europei aspetteranno il momento giusto per istituire i loro piani di rimpatrio.  

Israele ha nuovamente attaccato Aleppo

L'aeroporto internazionale di Aleppo è stato il principale canale di trasporto degli aiuti umanitari verso le zone della Siria nordoccidentale colpite dal terremoto. Israele ha bombardato l'aeroporto e ha bloccato tutte le consegne di aiuti.

Un soldato siriano è stato ucciso da Israele, mentre altri cinque soldati sono rimasti feriti, insieme a due civili.

A marzo, Israele ha colpito l'aeroporto di Aleppo in due diverse occasioni, mettendolo fuori uso per diversi giorni.

Israele ha condotto centinaia di attacchi contro la Siria negli ultimi anni e ancora sabato 29 aprile i raid aerei israeliani su Homs hanno ferito tre civili e una stazione di servizio civile è stata incendiata.

La Siria era efficiente dal punto di vista energetico prima dell'attacco USA-NATO del 2011, ma ora le forze di occupazione statunitensi controllano i principali giacimenti petroliferi, impedendo alla Siria di raffinare il proprio petrolio in benzina, il che ha causato una cronica carenza di benzina, con lunghe file a volte di giorni per fare il pieno a un'auto.

https://www.mideastdiscourse.com/2023/05/02/syria-takes-steady-steps-on-the-diplomatic-stage/

mercoledì 26 aprile 2023

La Siria dimenticata

 

Incontro con Nabil Antaki, uno dei fondatori dei Maristi Blu, l'organizzazione religiosa che si occupa di difendere gli ultimi in Siria: «I paesi europei dicono che sono sommersi di migranti, ma allo stesso tempo, con le sanzioni, ci impediscono di ricostruire il nostro paese»

La situazione siriana negli ultimi anni è rimasta piuttosto congelata e dopo il terremoto che ha colpito il nord del paese e la Turchia, è divenuta ancora più complessa. Succedeoggi ha fatto il punto sulla situazione ad Aleppo con Nabil Antaki, uno dei fondatori dei Maristi Blu.

Come sono nati i Maristi Blu?

I “Maristi blu” sono un gruppo di fratelli consacrati e laici che si ispirano alla spiritualità marista e al carisma di San Marcellino Champagnat, per vivere il Vangelo nella vita quotidiana con semplicità, modestia e umiltà. Questo gruppo è composto da un’équipe formata da un fratello marista e due laici e da 150 volontari e personale retribuito. Con il nome di “Orecchio di Dio”, dal 1986 aiutiamo le famiglie cristiane più povere di Aleppo, accompagnandole e aiutandole nei settori della casa, dell’istruzione, della salute e del lavoro. Dall’inizio del conflitto ad Aleppo, nel luglio 2012, abbiamo cambiato il nostro nome in “Maristi Blu” e abbiamo ampliato il nostro raggio d’azione per includere, oltre alle famiglie più povere, migliaia di famiglie sfollate, sia cristiane che musulmane. Il motto dei Maristi Blu è: “vivere in solidarietà con gli indigenti per alleviare le sofferenze, sviluppare l’umano e seminare speranza”. Negli ultimi 10 anni, abbiamo realizzato numerosi progetti di soccorso, educazione e sviluppo umano che hanno toccato migliaia di persone.

Qual è la situazione ad Aleppo dopo il terremoto?

Molti palazzi sono crollati e subito dopo le scosse, molti hanno lasciato le loro case. Centinaia di migliaia di persone per un mese hanno vissuto in strutture pubbliche, o in chiese, moschee e in parchi. Molti hanno dormito in strutture dei Maristi Blu. Altri sotto le stelle o in palestre. Una situazione catastrofica, bisognava dare da mangiare a queste persone, darli materassi e soprattutto rassicurarli. Oggi, dopo due mesi, quasi tutti sono tornati alle loro case, se non erano crollate. Le persone le cui case sono crollate, invece, hanno trovato delle residenze temporanee. I centri si sono per fortuna svuotati e piano piano la situazione sta tornando alla normalità.

Quali sono le urgenze più gravi?

Le urgenze sono tante, non solo quelle legate al terremoto, ma soprattutto quelle legate agli strascichi della guerra. La crisi economica continua a essere molto forte, le infrastrutture sono distrutte al sessanta per cento e non c’è stata una vera ricostruzione, perché le sanzioni economiche impediscono ogni investimento nel paese. La disoccupazione è altissima come l’inflazione. Il novanta per cento della popolazione si è impoverita e ha bisogno di aiuto per vivere e dopo il sisma la situazione è peggiorata.

Ci sono problemi di salute?

Noi e altre associazioni, abbiamo pagato l’affitto per un anno, alle persone le cui case non sono più agibili. Per fortuna dopo il terremoto non vi sono stati particolari problemi epidemici. L’estate scorsa avevamo avuto il colera, ma per fortuna non si è più ripresentato. Il vero problema è che la gente si è impoverita cosi tanto da non poter più permettersi cure mediche in caso di malori importanti o operazioni. Sono costretti ad andare, da associazione ad associazione, per chiedere aiuto.

Su quali progetti state lavorando?

Il progetto “Maristi blu per gli sfollati”, consiste nell’accompagnare mille famiglie sfollate. Per sei anni abbiamo distribuito cesti alimentari mensili a queste famiglie. Alla fine del 2018 abbiamo interrotto il programma, convinti che fosse giunto il momento per queste famiglie di essere indipendenti dagli aiuti delle ONG. Tuttavia, essendo la crisi economica così grave, abbiamo ripreso, da 3 anni, la distribuzione di cesti alimentari mensili per aiutare le persone a sopravvivere. Sostenuti da due associazioni cristiane internazionali, oltre alla solidarietà e all’amore, offriamo alloggio alle famiglie sfollate, paghiamo l’affitto delle loro case in attesa del loro ritorno nelle loro abitazioni e diamo denaro contante a centinaia di famiglie indigenti e sfollate. Il programma medico “Blue Marist” si propone invece di aiutare, ogni mese, circa 150 malati che non possono permettersi di pagare le proprie cure: consultazioni, esami di laboratorio, radiografie, ricoveri, operazioni chirurgiche. Abbiamo poi un progetto che si chiama “Goutte de Lait” che distribuisce ogni mese latte in polvere a 3000 bambini di Aleppo sotto gli 11 anni e latte speciale per neonati sotto l’anno di età. Un altro ancora si chiama “Pain Partagé”, è un progetto per i nostri anziani. Consiste nel fornire un pasto caldo con pane e frutta a 250 anziani che vivono da soli, senza famiglia in Siria e senza nessuno che li aiuti, alcuni costretti a letto e molti malati. Un team di 14 cuochi prepara i pasti nella nostra sede, che 29 giovani distribuiscono ogni volta a pranzo. Con il pasto, i nostri volontari offrono a queste persone una presenza, un ascolto e un sorriso. Abbiamo scoperto che questi anziani che vivevano da soli avevano bisogno, oltre che dei pasti, anche di un aiuto per pulire la casa, per fare il bagno, per cambiarsi. È così che il progetto Pain Partagé ha preso il nome di “Assistenza agli anziani”.


Avete anche programmi educativi?

Essendo la missione principale dei Maristi l’educazione dei bambini, soprattutto di quelli più svantaggiati, abbiamo sviluppato molte attività educative per rispondere agli immensi bisogni creati dalla guerra. Il progetto “Voglio imparare” si occupa di 110 bambini dai 3 ai 6 anni provenienti da famiglie sfollate. Vi lavorano venticinque educatori che si occupano di loro attraverso l’educazione, l’istruzione e la salute. Il programma “Seeds” è un progetto di sostegno psicosociale e di salute mentale per singoli e gruppi. Un’équipe di trenta volontari, sotto la direzione di uno psicologo, fornisce sostegno psicologico a bambini (progetto Lotus), adolescenti (progetto Bamboo) e adulti (progetto Bonsai). Seicento persone beneficiano di questo progetto.

Avete progetti per il lavoro?

Per noi la ricostruzione non riguarda solo edifici e infrastrutture. La priorità è ricostruire le persone, consentire loro di vivere con dignità e creare posti di lavoro. Abbiamo il progetto “Heartmade” che consiste nel trasformare gli avanzi di tessuto in capi femminili unici e alla moda e nel venderli. L’obiettivo del progetto è offrire lavoro alle donne, rispettare l’ambiente e combattere lo spreco di tessuti e vestiti. Quindici donne lavorano nel laboratorio e una nel negozio. Il programma “Microprogetti” mira invece a rendere le persone indipendenti dagli aiuti delle ONG e a consentire loro di vivere dignitosamente del proprio lavoro. Negli ultimi sei anni, abbiamo organizzato 31 sessioni e finanziato e accompagnato 246 microprogetti che hanno dato da vivere a oltre 650 famiglie. Per quanto riguarda la formazione professionale, abbiamo scoperto che molti dei candidati ai nostri microprogetti erano analfabeti e privi di qualifiche. Abbiamo quindi creato questo programma per dare loro un lavoro, inserendoli come apprendisti presso un professionista, idraulici, elettricisti, meccanici, imbianchini. Dopo uno o due anni di apprendistato, finanziamo gli apprendisti per aprire la loro attività. Attualmente abbiamo 40 giovani apprendisti. Infine, vi è il progetto “Sviluppo delle donne” che riunisce gruppi di donne o ragazze analfabete, provenienti da contesti modesti, due volte alla settimana per sessioni di tre mesi. Attraverso laboratori interattivi di 4 ore, cerchiamo di sviluppare i talenti delle donne e di insegnare loro le cose essenziali della vita.

Le sanzioni influiscono sulle vostre attività e sulla ripresa del paese?

Le sanzioni hanno un peso molto forte sugli aiuti sociali e non servono a niente. Cuba è sotto sanzioni da sempre, come la Corea del Nord e l’Iran e ma le sanzioni non hanno mai portato a una riconciliazione politica o a un cambio di regime. Mentre fanno malissimo alla gente, tanto che la Siria, che era il granaio del Medio Oriente, oggi soffre di una penuria di grano. I giacimenti di petrolio sono nella parte del paese controllata dai curdi, sostenuti dagli americani e quindi la benzina è razionata. Abbiamo diritto solo a 25 litri di benzina ogni 25 giorni, non c’è petrolio per il riscaldamento, in un paese in cui l’inverno è freddo. Abbiamo l’elettricità solamente per tre ore al giorno. Per altro i paesi che hanno imposto le sanzioni dicono che non impediscono gli aiuti umanitari, nulla di più falso. Basti pensare che nessun siriano può ricevere transazioni finanziarie dal resto del mondo. Anche se potessimo comprare un macchinario sanitario, non potremmo pagarlo, visto che non si possono fare transazioni finanziarie. Il che equivale a non poterlo comprare. Per altro se fosse vero che le sanzioni economiche non toccano gli aiuti sociali o sanitari, non si spiegherebbe perché l’Unione Europea e gli Stati Uniti, hanno alleggerito queste sanzioni per 180 giorni, dopo il terremoto. È molto ipocrita, se qualcuno dall’estero vuole mandare a una associazione umanitaria soldi, se scrive nella causale “per la Siria” o “Aleppo”, il bonifico viene subito bloccato. Qualunque associazione si fa spedire i soldi in Libano, chiedendo ai donatori di non scrivere mai che è per la Siria e poi dal Libano fanno entrare i soldi in Siria.

Qual è il progetto che le sta più a cuore?

L’educazione, perché a causa della guerra avremo una generazione di analfabeti. Sia perché molti bambini sono rimasti in campi per profughi, sia perché nelle città e villaggi, le poche scuole rimaste in piedi durante la guerra, non bastano. Inoltre, per colpa delle sanzioni, non riusciamo a costruirne di nuove. Ecco che i progetti sull’educazione sono fondamentali. Personalmente, il progetto che mi sta più a cuore, è il progetto sulla formazione lavorativa e le borse di studio. Questo perché la guerra e le sanzioni hanno ridotto il popolo siriano a un popolo quasi del tutto dipendente dalle Ong locali. Ecco che ridargli lavoro, gli ridarà l’indipendenza che hanno perso. Il lavoro gli darà un futuro in Siria. I paesi europei dicono che sono sommersi di migranti, ma allo stesso tempo, con le sanzioni, ci impediscono di ricostruire il nostro paese. La gente sarebbe ben contenta di rimanere nel proprio paese, se potessero lavorare.

Quali sono i paesi che vi hanno aiutato di più?

Dal 2011, la Russia, la Cina, l’India, l’Iran hanno aiutato il governo. Ma le Ong sono state aiutate più che altro da associazioni cristiane. Se si pensa che dopo il sisma, in Turchia sono sbarcati centinaia di aerei con aiuti umanitari, mentre in Siria da paesi occidentali, ne è sbarcato solamente uno. Mentre sono arrivati aiuti dal Libano, Giordania, Iraq, Egitto, Algeria, Marocco, Russia, Emirati, Bangladesh, Venezuela. Il comportamento europeo è scandaloso.

Come possiamo aiutarvi?

Facendo pressione sui governi europei e sulle opinioni pubbliche per far togliere le sanzioni. Se fossero tolte, l’economia tornerebbe a crescere e la gente non partirebbe più.

Che speranza ha per l’avvenire?

I siriani sono molto depressi, Sono passati dalla guerra, dalla crisi economica, dal covid, dal colera e dal terremoto. Non vedono luce in fondo al tunnel, molti dicono che si sono pentiti di non essere partiti durante la guerra quando era più facile. Molti sostengono che addirittura si vivesse meglio sotto la guerra che ora. L’unica speranza è che la Turchia cambi il suo atteggiamento nei confronti della Siria e che smetta di appoggiare gli islamisti che controllano Idlib. La speranza è che gli americani lascino l’est del paese e che la Siria si riunisca. In modo tale da avere di nuovo grano e petrolio. La guerra ucraina ha fatto dimenticare la situazione siriana, ha di fatto congelato la situazione. Ma una situazione congelata rischia di potere esplodere ancora, spero che l’Europa segua l’esempio di molti paesi arabi, che si stanno riconciliando con il governo siriano, questo faciliterà una riconciliazione all’interno del paese.

https://www.succedeoggi.it/2023/04/siria-dimenticata/

martedì 25 aprile 2023

“Radicati nella speranza”: la presenza, l’eredità, la testimonianza e soprattutto la fede dei cristiani del Medio Oriente

Si è chiuso ieri (dal 20), a Nicosia (Cipro), il simposio “Radicati nella speranza”, promosso dalla Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali), per celebrare i 10 anni dell’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. Le conclusioni del prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, mons. Claudio Gugerotti.
“Noi occidentali abbiamo pesanti responsabilità nella destabilizzazione delle condizioni del Medio Oriente con la nostra tendenza a esportare la nostra cultura e a chiedere ai suoi popoli di conformare a questa le loro vite. Come cattolici occidentali ci scusiamo per aver supportato questa visione miope. Rendiamo omaggio ai vostri sforzi eroici di essere testimoni della nostra comune fede nelle difficoltà di ogni tipo”.

 da AGENSIR, 24 aprile 2023

(Nicosia) “Un evento che non deve restare isolato, ma diventare uno stile. In questi giorni ci siamo esercitati a sentire e ad ascoltare con rispetto, accettazione, tranquillità, amore reciproco come veri fratelli e sorelle. Questa è la Chiesa”. Con queste parole il prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, mons. Claudio Gugerotti, ha chiuso ieri (dal 20), a Nicosia (Cipro), il simposio “Radicati nella speranza”, promosso dalla Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali), per celebrare i 10 anni dell’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Medio Oriente” firmata da Benedetto XVI ad Harissa (Libano) il 14 settembre 2012. Quattro giorni di lavori durante i quali oltre 250 rappresentanti delle Chiese cattoliche del Medio Oriente, patriarchi, vescovi, sacerdoti e esponenti di istituti religiosi e movimenti laici, hanno riletto il documento – definito dal patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, “una sorta di testamento consegnato alle Chiese del Medio Oriente” – alla luce dei fatti salienti che hanno segnato gli ultimi 13 anni e riflettuto sui possibili orientamenti e percorsi da intraprendere nel futuro.

Chiese forti e vibranti. Mons. Gugerotti, nelle sue conclusioni, ha parlato di Chiese di “una grande vitalità, vive e forti che vogliono essere sante, testimoni, libere, attive e vibranti. Sono così vicine a Gesù e al suo modo di parlare. Trasmettono il suo stesso respiro. La storia delle vostre chiese è una storia di miracoli. La vostra liturgia è uno di questi miracoli”. Gli eventi epocali accaduti, in particolare, negli anni successivi alla pubblicazione dell’Esortazione hanno visto le comunità cristiane pagare un prezzo alto ma, è stato il monito del Prefetto, “smettiamo di lamentarci. I vostri antenati – ha detto rivolgendosi ai presenti – hanno percorso la Via Crucis, cantando inni di lode al Signore. Gli stessi inni che cantate voi oggi. Sono il dono della fede dei vostri padri e delle vostre madri. Il Vangelo è la ragione del nostro esistere e per questo non va dato per scontato perché il rischio è quello di dimenticarlo”. Altro punto “importante” evidenziato da mons. Gugerotti è stato il contributo dei giovani: “abbiamo sentito dai giovani che tutto questo non deve essere un museo, ma una fonte di acqua pura, anche se scintilla nel deserto. Lasciamoci commuovere dal desiderio dei vostri giovani di lavorare insieme. Vescovi, sacerdoti e popolo, insieme ai disabili e ai poveri per evangelizzare. Alcuni di voi – ha aggiunto – hanno affermato che non è importante conservare i nostri privilegi o quelli di coloro che sono privilegiati tra noi. È importante mantenere i nostri cuori giovani, perché gli occhi giovani sono capaci di guardare i miracoli della fedeltà, del coraggio e delle scelte coraggiose dei nostri giorni”. Dal Prefetto anche l’invito a promuovere “la lode nelle vostre famiglie” e “a fare di tutto per mantenere la preghiera sulle labbra dei vostri migranti. Essi saranno fedeli a Gesù e alla sua Chiesa e voi non li perderete. Come cristiani saranno il seme buono per la società in cui vivono”.

Aiuto economico. Nel suo intervento mons. Gugerotti ha toccato anche il tema dell’aiuto economico alle Chiese orientali esortandole a “dividere con giustizia il denaro ricevuto, a creare fondi comuni, amministrati e distribuiti onestamente e a fare del vostro meglio per essere almeno il più possibile autosufficienti” ma “non mendicanti perché questo compromette la dignità che appartiene alla vostra storia e di cui voi e noi siamo orgogliosi”.

La cittadinanza. Circa il ‘nodo’ della cittadinanza, presente nell’Esortazione e richiamata spesso durante il Simposio, mons. Gugerotti ha ribadito “il pieno sostegno della Santa Sede” alla legittima richiesta delle Chiese locali di vedere “i cristiani riconosciuti come cittadini a pieno titolo. Si tratta di uno sforzo è assolutamente giusto. La Santa Sede lavora per questo, ma il nostro stile è spesso silenzioso. Molti ci rimproverano di non fare nulla. Il fatto che non gridiamo nelle piazze non significa che non lavoriamo. Non vogliamo essere popolari. Vogliamo essere efficaci. Dobbiamo parlare con le persone giuste e nel modo giusto. Quindi, se non diciamo tutto quello che vorreste sentire, non è perché non siamo coraggiosi. È perché vogliamo essere efficaci. Il nostro incontro inizia ora – ha concluso – cerchiamo di essere fedeli a ciò che diciamo e facciamo del nostro meglio, tutti insieme, perché diventi realtà”.

Testo (in inglese) dell'intervento del Patriarca Pizzaballa all'apertura del convegno 'La Chiesa in Medio Oriente : 

https://en.abouna.org/content/text-patriarch-pizzaballas-address-opening-session-conference-church-middle-east

lunedì 17 aprile 2023

Siria: quale futuro in un “nuovo” contesto mediorientale?

 

Nota redazionale. Tutto sarà dimenticato?

Dopo dodici anni di guerra, terrorismo, isolamento, sanzioni e il recente terremoto come sale sulle ferite, quali spiragli si intravedono per il futuro della Repubblica Araba Siriana? I Paesi della regione, quegli stessi che negli anni hanno contribuito alla distruzione del paese, lasciando passare terroristi provenienti da mezzo mondo o finanziandoli e armandoli, sembrano volersi lasciare alle spalle i crimini inauditi da loro perpetrati, e perfino discostarsi dai tradizionali alleati occidentali. 

Pur auspicando, come necessari per la sopravvivenza e la ricostruzione, sia la riammissione della Siria nella Lega araba (dalla quale era stata espulsa dal 2012) che una generale ripresa di rapporti diplomatici ed economici, non dobbiamo dimenticare quello che i paesi del Golfo e la Turchia hanno fatto, insieme a Stati Uniti, Israele ed Europa. La Siria non è stata la loro prima vittima: fin dal 1991 con la guerra del Golfo all’Iraq, le petromonarchie hanno alimentato la belligeranza; dal 2011, poi, la Turchia di Erdogan ha assunto un ruolo distruttivo di primo piano, prima facendo da autostrada per il terrorismo e poi occupando intere porzioni della Siria. 

E adesso, con l’apparente svolta, almeno da parte di alcuni paesi arabi? Tutto sarà dimenticato? L’impunità legale ed economica per crimini e danni di guerra trionferà? Gli aggressori degli anni scorsi approfitteranno anzi della ricostruzione? 

Ed è scongiurato per sempre il rischio che simili aggressioni si ripetano? E davvero l’alleanza di ferro fra quei paesi mediorientali e i burattinai di Washington sta tramontando?

 Nota di Marinella Correggia


Colloquio di Steven Sahiounie con l’analista Elijah Magnier

Le sabbie mobili del Medio Oriente sono state coinvolte in un turbine il mese scorso, quando è stato annunciato l’accordo tra Arabia Saudita e Iran in Cina. Le due potenze rivali della regione si sono impegnate a lavorare per la pace e la prosperità di entrambe le nazioni.

Quali saranno gli effetti di questa nuova relazione su Siria, Stati Uniti, Israele, Turchia e Lega araba? Per approfondire questo sorprendente sviluppo nella regione, Steven Sahiounie di MidEastDiscourse ha intervistato  Elijah J. Magnier, veterano corrispondente da zone di guerra e analista politico con oltre 35 anni di esperienza in Medioriente e Nordafrica.

Magnier ha coperto molte delle guerre e degli scontri militari più importanti della regione, tra cui l’invasione israeliana del Libano nel 1982, la guerra Iraq-Iran, la guerra civile libanese, la guerra del Golfo del 1991, la guerra nella ex Jugoslavia tra il 1992 e il 1996, la guerra in Afghanistan del 2001, l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003 e la successiva guerra e occupazione, la seconda guerra del Libano nel 2006 e le più recenti guerre in Libia (2011) e Siria (2011-2019). Avendo vissuto per molti anni in Libano, Bosnia, Iraq, Iran, Libia e Siria, Elijah J. Magnier possiede una conoscenza unica degli affari culturali e tribali locali, delle realtà e delle tendenze geopolitiche e della storia di una regione che continua a porre sfide ai suoi abitanti e al mondo.

Il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita si recherà a Damasco per invitare il presidente siriano Assad al prossimo vertice della Lega araba previsto per il 19 maggio a Riad. Quanto è significativa questa fine dell’isolamento per la Siria e cosa significa per le relazioni degli Stati Uniti con l’Arabia Saudita?
È chiaro che l’Arabia Saudita non considera più solo l’interesse degli Stati Uniti, ma anche l’interesse saudita di porre fine a tutti i conflitti in Medioriente e di avviare un nuovo rapporto con i suoi vicini, anche quelli colpiti da illegali sanzioni unilaterali da parte degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Dal 2015, l’Arabia Saudita ha smesso di finanziare i jihadisti in Siria. Da allora, ci sono stati diversi incontri tra funzionari dei due paesi a livello politico e di sicurezza. Naturalmente, gli Stati Uniti non vedono di buon occhio questo riavvicinamento, poiché mina l’efficacia delle loro sanzioni e separa l’Occidente dal Medioriente. Tuttavia, è prudente non precipitarsi a una normalizzazione completa tra Siria e Arabia Saudita, a meno che i sauditi non siano disposti a contribuire alla ricostruzione di oltre un decennio di guerra, in cui Riad è stata parte attiva e provocatrice. È troppo presto per giudicare finché non vedremo i risultati.

Riportare la Siria nella fratellanza delle nazioni arabe sembra una mossa coraggiosa da parte del principe ereditario Mohammed bin Salman. Come reagiranno le altre nazioni arabe a questa nuova politica?
L’Arabia Saudita non è la prima a tornare alle relazioni con la Siria. Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno riaperto la loro ambasciata e ripristinato le relazioni anni fa. Tuttavia, la mossa saudita di accogliere nuovamente la Siria nel vertice e nella Lega araba ha implicazioni significative per tutti quegli arabi che hanno boicottato la Siria e continuano a finanziare i jihadisti, come il Qatar. Anche in questo caso, resta da vedere come questo riavvicinamento sarà tradotto dagli altri Stati del Golfo, al di là delle foto di gruppo al prossimo vertice. 

L’Arabia Saudita intende invitare sia l’Iran che la Turchia al vertice della Lega araba. Il recente ripristino delle relazioni diplomatiche tra Riad e Teheran ha aperto la strada a questo invito. E la Turchia quale ruolo avrà nella nuova politica sulla Siria?
La Turchia è preoccupata per le elezioni presidenziali e l’attuale presidente Erdogan vorrà capitalizzare il suo incontro con il presidente Assad. Finora la condizione che i siriani hanno posto è stata l’impegno a un completo ritiro di Ankara dalla Siria. E’ un obiettivo difficile da raggiungere per Erdogan, perché significherebbe che decine di migliaia di jihadisti e takfiristi gli si rivolterebbero contro, essendo rimasti senza sponsor e copertura. Inoltre, gli Stati Uniti faranno pressioni sulla Turchia perché sperano che il presidente Assad non riprenda il controllo dell’intero territorio. Ecco perché Assad per ora tiene duro, nonostante le pressioni russe e iraniane per convincerlo a incontrare Erdogan. Non vedo cosa potrebbe guadagnare il presidente siriano dall’incontro con il suo omologo turco quando la Turchia è a un mese appena dalle elezioni.

Quali sono i vantaggi economici per il mondo arabo che derivano dal ritorno della Siria al tavolo del vertice?
La Siria ha bisogno di circa 300-500 miliardi di dollari per ricostruire il paese e sviluppare le sue risorse naturali. Se gli Stati Uniti lo consentiranno, le monarchie del Golfo avranno molto da guadagnare dalla partecipazione alla ricostruzione della Siria. Alla fine, il Golfo sta compiendo un passo positivo verso la Siria, ma questo non significa che gli Stati Uniti siano diventati un nemico. Al contrario, le conseguenze della guerra tra Stati Uniti e Russia in Ucraina hanno portato molti Stati ad adottare un approccio equilibrato e ad ampliare le proprie opzioni. È quello che stanno facendo gli Stati arabi: aprirsi all’Iran e alla Siria, ma tenere sotto controllo il livello di rabbia degli Stati Uniti.

Che dire delle nazioni arabe che hanno stretto patti di normalizzazione con Israele; accetteranno la posizione della resistenza siriana? E il Qatar: si è opposto al ripristino dei legami con la Siria. Come reagiranno?
Israele è il maggior perdente nel riavvicinamento tra sauditi, iraniani e siriani. Siria e Arabia Saudita sono stati nemici per oltre dieci anni, e Tel Aviv ha beneficiato di questa narrazione. Ora che la situazione sta cambiando, lo Stato Ebraico si sente a disagio e più isolato, soprattutto perché visite ufficiali programmate sono state rimandate a data ignota. Man mano che le conseguenze della guerra in Ucraina diventeranno più evidenti, gli Stati del Golfo si avvicineranno alla Siria e saranno coinvolti nella ricostruzione del paese. Esiste un notevole potenziale per una piena normalizzazione in prossimità delle elezioni statunitensi. Per quanto riguarda il Qatar, i sauditi devono trovare un equilibrio per la riconciliazione. Damasco non chiuderà le porte a Doha, ma questa dovrebbe interrompere il proprio sostegno finanziario ai jihadisti nella Siria occupata a nord-ovest.

Steven Sahiounie è un giornalista pluripremiato

https://www.mideastdiscourse.com/2023/04/12/saudi-arabia-has-an-interest-to-end-all-conflicts-in-the-middle-east-interview-with-elijah-j-magnier/