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martedì 15 ottobre 2024

Verso il 20 ottobre: la canonizzazione dei Martiri di Damasco (1° parte)

I santi martiri di Damasco – otto frati francescani della Custodia di Terra Santa e tre laici maroniti - sono rappresentati come un’unica fraternità riunita intorno all’Eucaristia.  In basso, ripresa fedelmente da antiche fotografie ottocentesche, è riprodotta la città di Damasco, luogo del martirio e comunità su cui i santi martiri esercitano la loro speciale protezione. A destra, accanto a Ruiz, sono rappresentati san Carmelo Bolta e, in ginocchio san Pedro Soler, uno dei frati più giovani della comunità. Il primo era vicario della comunità e mostra la croce di Gerusalemme, simbolo della della Custodia di Terra Santa. A sinistra della composizione si trovano i tre santi fratelli Massabki: san Francesco mostra lo stemma del patriarcato cattolico Maronita, san Mooti tiene un rampo di palma, simbolo del martirio, e san Raffele, il più giovane dei tre, tiene le mani giunte, a ricordo del suo amore alla preghiera. A corona di queste figure, sono rappresentati gli altri cinque santi martiri francescani. A ciascuno di loro si è cercato di attribuire sembianze il più possibile vicine alla loro reale fisionomia, riferendosi ai ritratti autentici pervenuti alla postulazione, o alle immagini di culto realizzate dopo la beatificazione e consolidate nell’immaginario popolare.



Dal sito della Custodia di Terra Santa riprendiamo le notizie relative alla prossima canonizzazione dei Santi Martiri di Damasco, a cui affidiamo il presente momento drammatico per tutto il Medio Oriente e in particolare il futuro della amata Siria nell'oscuro disegno di destabilizzazione e ulteriore sofferenza per il popolo siriano  delle potenze del mondo ed infernali ...
Pubblicheremo dal sito della Custodia, che ringraziamo sentitamente, giorno per giorno alcune brevi biografie del Santi che saranno canonizzati, come occasione unica di conoscenza di un tratto di storia poco conosciuta della presenza cristiana a Damasco nel 1800, affinchè siano “un segno di speranza per tutta la Chiesa in Siria".
Il Custode di Terra Santa 
Fra Patton ha messo in evidenza la presenza congiunta, nel gruppo dei martiri, di frati minori e di fedeli laici:
“Sia un esempio di come bisogna collaborare tra i diversi riti all’interno della Chiesa cattolica e tra le diverse Chiese, per far conoscere Gesù Cristo e custodire la presenza cristiana in Siria, piccola ma estremamente significativa e importante”.

OraproSiria


I vostri nomi sono scritti nei cieli

L’Ordine dei Frati Minori e la Custodia di Terra Santa, insieme alla Chiesa maronita, si stanno preparando a un evento molto importante: il prossimo 20 ottobre verranno dichiarati santi gli undici "Martiri di Damasco", otto frati francescani e tre laici maroniti uccisi in odio alla fede a Damasco in Siria, nella notte tra il 9 e 10 luglio 1860.

Il contesto storico

L’evento martiriale si colloca nel contesto di persecuzione contro i cristiani ad opera dei Drusi sciiti, che a partire dalla primavera 1860 si allargò dal Libano alla Siria. Il 9 luglio 1860 la folla fanatica dei persecutori invase il popoloso quartiere cristiano di Damasco, che contava circa 3.800 abitazioni, e si abbandonò ad ogni sorta di violenza, dopo aver chiuso tutte le vie di fuga. Quella stessa notte, un commando di rivoltosi, animato da odio religioso, riuscì a penetrare nel convento francescano di San Paolo attraverso una porta nascosta indicata da un traditore: qui furono barbaramente trucidati otto frati minori – sette di nazionalità spagnola e uno di nazionalità austriaca – e tre cristiani laici maroniti

Da subito, fu evidente a tutti che si trattava di una morte martiriale: alle undici vittime, infatti, prima di infliggere i colpi mortali, gli aggressori chiesero di rinunziare alla fede cristiana e di abbracciare l’Islam, invito che fu decisamente rifiutato. Furono beatificati da Pio XI nel 1926.


Gli eroici testimoni della fede:


Il martirio si colloca nel contesto della persecuzione contro i cristiani ad opera dei Drusi sciiti, che dal Libano si era allargato fino alla Siria e che provocò migliaia di vittime. Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, un commando druso entrò nel convento francescano nel quartiere cristiano di Bab-Touma, e massacrò otto frati - Manuel Ruiz, Carmelo Bolta, Nicanor Ascanio, Nicolás M. Alberca y Torres, Pedro Soler, Engelbert Kolland, Francisco Pinazo Peñalver y Juan Jacobo Fernández - e tre cristiani di rito maronita, i fratelli Massabki. Si trattò con chiarezza di martirio: alle undici vittime, infatti, prima di ucciderle, gli aggressori chiesero di rinunciare alla fede cristiana e abbracciare l’islam, invito che fu decisamente rifiutato.  Tra l’altro, i tre fratelli maroniti erano anche terziari francescani. Nel convento francescano di Bab-Touma, dove è avvenuto il martirio si conservano le reliquie dei beati.

Manuel Ruiz López

Sacerdote professo della Provincia dell’Immacolata Concezione, dei Minori Scalzi o Alcantarini (1804-1860)

Nato nel 1804 a San Martín de las Ollas, Burgos (Spagna), ed entrato nel 1825 tra i Frati Minori, fu ordinato sacerdote nel 1830.

L’anno successivo fu inviato in Terra Santa dove, dopo aver appreso le lingue locali, svolse un fecondo apostolato. Nel 1847 fu costretto a tornare in Europa per motivi di salute, ma ritornò in Terra Santa nel 1858. La notte dell’eccidio, appena i rivoltosi penetrarono nel convento, corse in chiesa per consumare le Specie Eucaristiche, in modo che non fossero profanate. Fu ucciso ai piedi dell’altare.




Fra Carmelo Bolta Bañuls:al servizio in Terra Santa per 29 anni

Sacerdote professo della Provincia di San Francesco di Valencia, dei Minori Osservanti (1803-1860)

 Nato nel 1803 a Real de Gandía, Valencia (Spagna).

Nel 1825 fu accolto tra i Frati Minori e nel 1829 fu ordinato sacerdote. Nel 1831 partì alla volta della Terra Santa dove risiedette nei conventi di Giaffa, Damasco ed Ein Karem, nel Santuario della Visitazione. Nel 1851 fu trasferito a Damasco con l’incarico di parroco e insegnante di lingua araba.

Era uno dei più anziani, tra quelli che trovarono la morte nel convento di San Paolo a Damasco a causa del violento attacco contro i cristiani, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1860.

Fra Carmelo Bolta Bañuls aveva 58 anni: parroco per i latini, insegnava l’arabo ai giovani missionari e si trovava nel convento quando entrarono i persecutori Drusi.

Carmelo Bolta Bañuls era nato in un piccolo villaggio spagnolo, Real de Gandía (Valencia) il 29 maggio 1803. Cresciuto in una famiglia di sana tradizione religiosa, da giovanissimo fu fortemente affascinato dai racconti di suo zio materno, il francescano Padre Isidoro Bañuls, di rientro dalla missione in Terra Santa. 

«Le fonti a nostra disposizione – sottolinea fra Ulise Zarza, Vice postulatore e membro, insieme a fra Rodrigo Machado Soares e fra Narciso Klimas, del Comitato di preparazione delle celebrazioni per la canonizzazione dei Martiri  – raccontano che fu dallo zio che Pascual, come si chiamava prima della sua professione religiosa, ebbe notizia dei santuari di Gerusalemme, di Betlemme, di Nazaret e del modo che avevano i frati di solennizzare il Natale e la Pasqua in questi luoghi». 

Ammesso al noviziato del Real Convento di San Francesco di Valencia dei Minori Osservanti, divenne frate minore e fu ordinato sacerdote nel 1829: una volta ottenuto dai Superiori il permesso di recarsi nelle missioni di Terra Santa, si imbarcò, insieme a Padre Manuel Ruiz, il 20 luglio 1831 alla volta di Giaffa, dove giunse il 3 agosto 1831.

«Sappiamo che era un uomo colto, cordiale e affabile nei modi, ma di salute cagionevole – continua fra Ulise –. È per questo che dovette dimettersi dopo pochi mesi dall’incarico di Superiore dell’ospizio di Giaffa perché il clima nuoceva alla sua salute». Durante la sua permanenza in Terra Santa Padre Carmelo, che padroneggiava le lingue orientali, si dedicò per lo più all’insegnamento ai confratelli religiosi che si preparavano al sacerdozio a Gerusalemme.

Fu guardiano a Damasco per tre anni (1843-1845) e successivamente, dal 1845 al 1851 fu parroco ad Ain-Karem, al Santuario della Visitazione. Nel mese di settembre 1851 fece ritorno a Damasco come parroco ed insegnante di lingua araba ai giovani sacerdoti: nel suo incarico, alla fine degli anni Cinquanta, fu affiancato da Padre Engelbert Kolland, anch’egli martire. 

«Nel caso di Padre Carmelo abbiamo un testimone de visu del suo martirio – spiega Fra Ulise –. Si tratta di Naame Massabki, figlio di Mooti, uno dei tre martiri maroniti. Naame all’epoca dei fatti era un ragazzo, e si era nascosto in un angolo della chiesa al momento dell’irruzione dei drusi all’interno del convento».

«È lui che ci parla degli ultimi istanti della vita del religioso: percosso fortemente dai suoi aguzzini, essi lo minacciarono di morte se non avesse abbracciato l’Islam. Le ultime parole di Carmelo furono: “Giammai, perché Gesù Cristo dice: Non temete quelli che uccidono il corpo, ma quello che può uccidere corpo ed anima e mandarli all’inferno”. Ecco, questa è una cosa che accomuna Padre Carmelo e Fra Manuel Ruiz a tutti gli altri martiri: perché nella loro storia c'è un momento puntuale in cui accolgono quella grazia: la grazia del martirio». 

 Oggi Carmelo Bolta è titolare dalla omonima Cofradía di Real di Gandía, che annualmente ne celebra la festa pubblica. A lui sono dedicate la piazza della chiesa parrocchiale di Real di Gandía e anche alcune istituzioni civili: la sua casa natale, le scuole pubbliche primarie e la Cooperativa Agricola Valenciana.

                                          .... SEGUE .....

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