"Non lasciamoci ingannare: l’invito del Papa è un invito per la pace, ma è una vera e propria battaglia, fino all’ultimo sangue, il nostro, però, non quello altrui."
«C’è un giudizio di Dio». Non affrettiamoci a liquidare questa frase pensando a coloro che hanno usato le armi chimiche, chiunque essi siano. Anche chi ha fatto a pezzi i cadaveri, e ha gettato la carne dei morti ai cani ha passato la linea rossa. Anche chi stupra, chi uccide i bambini sulle ginocchia dei genitori, chi massacra con disprezzo, in Siria e altrove. Chi fa, con la guerra i propri interessi, chi la usa per affermare la sua politica… Ma anche chi fa a pezzi i bambini nelle nostre cliniche dell’aborto, chi elimina gli "inutili" e gli anziani, chi perseguita la libertà di coscienza. È la stessa logica: ne stiamo passando tante, di linee rosse. Su tutto questo, «c’è un giudizio di Dio»… Non affrettiamoci a far giustizia, se non siamo disposti a cominciare da noi stessi.
Ci vengono alla mente alcune parole di Isacco di Ninive da poco ascoltate: «L’assenza di misericordia e la brutalità vengono dalla grande abbondanza di passioni. Infatti il cuore è indurito dalle passioni, e queste non lasciano che si muova a compassione, ed esso non sa avere pietà per nessuno, né dolersi per l’afflizione, né soffrire, pur vedendola, per la rovina del suo prossimo, né rattristarsi per coloro che cadono nei peccati; ma a causa delle passioni di cui si è detto, l’ira e la gelosia si fanno potenti e si accrescono in costoro; e accade che uno sia mosso da stupido zelo, come se volesse far vendetta al posto di Dio, e nella sua anima non c’è spazio per la compassione.
Sii un perseguitato, ma non uno che perseguita. Sii un crocifisso, ma non uno che crocifigge. Sii pacifico e non zelante… Non sei un servo della pace? Almeno non essere un agitatore! Sappi che se da te uscirà un fuoco che brucerà gli altri, alle tue mani sarà chiesto conto delle anime di tutti coloro che quel fuoco avrà toccato. E se non sei tu a soffiare su quel fuoco, ma sei d’accordo con colui che vi soffia sopra e ti compiaci della sua azione, sarai suo compagno nel giudizio».
Non lasciamoci ingannare: l’invito del Papa è un invito per la pace, ma è una vera e propria battaglia, fino all’ultimo sangue, il nostro, però, non quello altrui. È la lotta contro il nostro orgoglio, la sete del dominio, l’uso della violenza per sentirci grandi. Per questo il Papa ci ha invitati tutti, credenti e non credenti: è una lotta contro il Male, è in gioco la nostra umanità. E le nostre"armi bianche" sono il digiuno e la preghiera.
Perché il digiuno? Per solidarietà con chi è nel bisogno. Per penitenza, cioè per chiedere a Dio il dono della pace, con umiltà e con la coscienza del nostro peccato.
Ma soprattutto, in questo momento, per ritrovare la lucidità del pensiero, liberi anche da noi stessi. Siamo sempre, per istinto, egocentrici. E questo ci rende sottilmente o palesemente aggressivi. Il nutrirsi è una spinta naturale, vitale. Siamo stati creati così. Assorbiamo energia, per realizzare tutte le nostre potenzialità. Mangiamo, con voracità. Ci sentiamo forti, ci poniamo al centro. Se digiuniamo, se accettiamo cioè di sperimentare la debolezza, di perdere il dominio completo, di metterci in condizione di bisogno, ci distogliamo almeno per qualche tempo da noi stessi, ci è data la sapienza, la visione delle cose in Dio. Un cuore puro, misericordioso, unica condizione per la pace. Alla "visione" siamo chiamati tutti… Se non vogliamo fare in prima persona questo cammino, se non cerchiamo il vero, il giusto, siamo almeno onesti: non predichiamo la pace! Ma non predichiamo neppure la guerra, in nome della giustizia!
E il digiuno non basta, se non diventa preghiera, cioè se non ci pone davanti a Dio, il nostro Dio mite e umile di cuore, il misericordioso. Mentre qualcuno si affanna a convocare parlamenti, congressi, commissioni speciali, per essere legittimato nell’uso della violenza, noi, credenti e non credenti, in qualunque parte del mondo ci troviamo e siamo chiamati a riunirci oggi in una assemblea per la pace. «Il mondo ha bisogno di vedere gesti di pace e di speranza!» Ognuno attinga la speranza là dove può, secondo il suo pensiero. Come cristiani, noi attingiamo la nostra speranza non dai nostri sforzi, ma dall’amore redentore di Cristo, che ha offerto la sua vita per noi. "Redimere" significa "riscattare". Riscattarci dalle nostre schiavitù. Cristo ha liberato e sempre libera il nostro desiderio profondo, che ci orienta verso il Bene, ma che spesso si smarrisce per strade sbagliate, imprigionato in logiche di morte. E questa speranza è per ogni uomo: Dio è morto per tutti.
Facciamo gesti di pace, e accompagniamoli nel cuore con il pensiero di Isacco il Siro: «Come un granello di sabbia non bilancia una grande quantità di oro, così il bisogno di giustizia di Dio non bilancia la sua misericordia.
Come non può essere fermata una fonte ricca di acque con un pugno di polvere, così non può essere vinta la misericordia del Creatore dal male delle creature…
Neppure colui che è immerso nei peccati è escluso dalla speranza. È possibile, infatti, che trovi la vita. Perché, o uomo, tratti con insolenza il peccatore? La speranza di colui sul quale tu ti innalzi non è stata ancora rigettata da Dio. È infatti possibile che lui tra poco ti passi avanti nella virtù, e sia accolto da Dio più facilmente di te. Infatti, non è ancora giunta la morte a concludere la sua condotta; e anche la tua!
Ricordati questo a proposito di Colui che porta tutto: le azioni di ogni uomo sono davanti ai suoi occhi e davanti a lui risplendono più del sole; e se vuole, è capace di distruggere ogni uomo con il soffio della sua bocca.
Tu, invece, non sei stato stabilito per pronunciare la vendetta contro le azioni e coloro che le hanno fatte, ma per invocare sul mondo la misericordia, per vegliare per la salvezza di tutto, e per unirti alla sofferenza di ogni uomo, dei giusti e dei peccatori».
Le sorelle Trappiste in Siria
http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/noi-con-voi-dal-cuore-della-siria.aspx
Suore trappiste: unite alla Veglia di Roma, follia risolvere guerra con guerra
Testo proveniente dalla pagina del sito Radio Vaticana
" La solidarietà di Papa Francesco è un sostegno concreto che
ci incoraggia. Siamo contrarie a una soluzione armata. Così si esprimono le
religiose italiane di un monastero trappista in Siria, a poche ore dall’inizio
della Veglia di pace voluta dal Papa."
Intervista a suor Marta http://media01.radiovaticana.va/audiomp3/00389202.MP3
R. – Sicuramente, con grande gioia come tutti qui, non solo
cristiani ma anche non cristiani. C’è una grandissima attenzione. Ci siamo
sentiti molto sostenuti e abbiamo sentito il Papa veramente molto vicino. Noi
ci stiamo preparando e stiamo cercando di fare qualcosa con il villaggio.
Naturalmente non lo faremo in contemporanea, perché la sera è pericoloso, ma
avremo un momento di preghiera. Stiamo organizzando con i giovani del villaggio
e ci uniremo a tutti quelli che in quel momento pregheranno.
D. – E ora che si parla di un possibile intervento militare
da parte di forze occidentali per risolvere questa guerra, quali sono le vostre
riflessioni?
R. – Beh, evidentemente, siamo completamente contrarie.
Sarebbe una pura follia pensare di risolvere una situazione che ormai è
degenerata in violenza molto forte,con altra violenza. Diciamo che è una resa.
Se s’interviene con le armi, è sicuramente una dimostrazione di incapacità e di
impotenza di risolvere invece con il lavoro faticoso e paziente di un dialogo,
di una comprensione una situazione che è molto complessa.
E, soprattutto, c’è
una grande paura anche da parte della gente, perché non è solo la paura del
missile, che può arrivare, ma è una situazione di destabilizzazione ancora
maggiore. In Siria, ormai Al Qaeda, le componenti salafite ed estremiste sono
presenti, sono attive, sono forti. Quindi, per esempio, nella nostra zona,
potrebbe certo scoppiare un deposito di missili, potrebbe scoppiare una riserva
di sostanze chimiche, ma nel momento in cui venisse dichiarato un attacco alla
Siria, sicuramente le bande armate avrebbero via libera e la gente ha
soprattutto paura di questo.
D. – Com’è stata accolta questa iniziativa spirituale
diplomatica del Papa e della Santa Sede per scongiurare un attacco alla Siria?
R. – Sicuramente, con grande favore. Tutti hanno aderito di
cuore. Noi abbiamo operai non solo cristiani, ma anche musulmani – sia alawiti
sia sunniti – e tutti hanno accolto davvero con grande gioia, con grande
speranza questo gesto, proprio perché in Siria adesso la grossa divisione è tra
chi desidera una convivenza, rifiuta una violenza e chi invece vuole
perseguire una strada di terrore. E’ una grossa divisione. Questi due gruppi
raccolgono persone da ogni parte: non si può parlare solo di sunniti, sciiti,
alawiti e cristiani. No. C’è chi vuole una via di convivenza e di dialogo e chi
non la vuole. E direi che la maggioranza la vuole. Le parole del Papa, quindi,
e il gesto del Papa, hanno aperto il cuore a tanti.
D. – Esiste la possibilità di trovare una soluzione del
dialogo e del negoziato alla crisi siriana, secondo lei?
R. – Certo, la possibilità esiste. Sappiamo che l’ostacolo
non è nel cuore della gente, l’ostacolo è nella volontà politica e negli
interessi politici ed economici. Gli interessi politici ed economici non sono
un assoluto. Se vogliamo dimenticarli e vogliamo davvero cercare il bene di una
popolazione, certo che si può fare e si può fare da oggi, ma a prezzo di
rinunciare a una volontà di potenza e di dominio.
D. – Come religiose cattoliche in Siria, quale appello
lanciate nella giornata di preghiera e digiuno per la pace, voluta da Papa
Francesco?
R. – Penso che la parola sia quella di cercare davvero di
vivere tutto con la misericordia del cuore di Dio. Penso dobbiamo metterci
davvero con umiltà e con semplicità davanti a Dio, con la fraternità anche di
sapere che siamo tutti suoi figli e tutte sue creature. Questa è la cosa più
grande che possiamo fare, per trovare poi come vivere insieme in fraternità.
D. – E se poteste dire qualcosa oggi a Papa Francesco, cosa
direste?
R. – Beh, un grande grazie, e chiediamo anche la sua forza
nella Chiesa, proprio per continuare, non solo oggi con questo intervento per
la Siria, ma anche per un cammino che riguarda tante situazioni. Pensiamo
davvero che sia un momento cruciale nella storia dell’uomo, in cui l’umanità
deve ritrovare se stessa. Al Papa, quindi, chiediamo di continuare a sostenerci
tutti, non solo ai cristiani, ma anche ai non cristiani, in questo cammino di
verità e di ricerca del bene.