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Homs: la celebrazione della festa della S Croce, tanto cara ai cristiani siriani |
3 settembre 2015
Anche
quest’anno, come di consueto, ho voluto andare a visitare le tre
opere salesiane di Kafroun, Aleppo e Damasco in Siria, mio Paese
natale. Un Paese
sempre più stremato e impoverito dalla guerra, ormai in corso da
quattro anni, le cui conseguenze hanno assunto proporzioni devastanti
sulle condizioni di vita della popolazione. Il presente comunicato è
un breve resoconto di quella visita, attraverso il quale vorrei dare
una testimonianza della realtà di questo Paese e dell’importante
contributo prestato dai nostri confratelli salesiani e dalle nostre
opere in queste drammatiche circostanza.
Salesiani
di KAFROUN
Sono
entrato in Siria attraverso il Libano, iniziando la visita dalla
nostra casa salesiana di Kafroun il 29 Giugno.
Ero
appena arrivato, quando mi è giunta la triste notizia della morte di
un nostro confratello, don Charbel Daoura, avvenuta in un incidente
stradale in Sud Sudan. Essendo lui originario della zona di Kafroun,
abbiamo deciso di celebrare il funerale nel suo villaggio e per la
prima volta la salma di un nostro confratello (giunta in aereo) ha
avuto sepoltura nell’area dell’opera salesiana. Al funerale erano
presenti tanti preti, suore, familiari e giovani, accorsi per
l’ultimo saluto. Per due giorni la nostra casa e i salesiani hanno
sospeso le attività, mettendosi disponibili ad accogliere le visite
di condoglianze per il defunto don Charbel.. Per tutto il periodo
estivo la comunità e l’opera di Kafroun è stata diretta da Don
Luciano Buratti, missionario italiano, e dal chierico egiziano
Gobràn, insieme al cooperatore salesiano Johnny Ghazi e alla sua
famiglia. Questi ultimi portano avanti l’intera gestione e le
attività dell’opera durante l’anno. La zona di Kafroun è stata
fino ad ora una delle più tranquille della Siria. Per questo motivo
molte famiglie sfollate accorrono da Homs, Damasco e Aleppo per
trovare rifugio in quella vallata. La nostra opera è frequentata
quindi sia da giovani della zona, sia da tanti sfollati costretti a
lasciare le proprie case a causa del pericolo e della distruzione che
imperversa in tutto il Paese. È un’opera che raggruppa, in questa
drammatica e persistente situazione di guerra, un mosaico di gente,
proveniente da svariate parti della Siria, che si recano là per
incontrarsi, apprendere, crescere umanamente, spiritualmente e
culturalmente, oltre che giocare, cantare e danzare.
Stando
con loro, mi sono molto rallegrato. Ho provato grande gioia,
ammirazione e commozione nel vedere centinaia di ragazzi e ragazze,
giovanissimi, venire e partecipare all’estate ragazzi, realizzata
anche quest’anno e perfettamente organizzata e portata avanti,
oltre che dai salesiani, da molti animatori e collaboratori laici.
Per facilitare la partecipazione del maggior numero possibile di
ragazzi e ragazze, è stato offerto un servizio di navetta dai vari
villaggi della vallata fino alla nostra opera. Ho potuto incontrare
tanti giovani, le loro famiglie, e vivere intense esperienze di
ascolto, condivisione e dialogo. In questi momenti, le persone hanno
ancor più bisogno di parlare, sfogarsi, e di qualcuno che sia
disponibile all’ascolto e alla condivisione di tante storie di
sofferenza. L’ascolto è un segno di vicinanza, di sostegno morale
e spirituale. Questa esperienza mi ha fatto crescere profondamente
come Salesiano.
Nonostante
le tante sofferenze, la distruzione e la morte, ho potuto constatare
come la voglia di vivere, di gioire e di sperare è sempre più
forte, e ciò mi ha riempito di gioia. La gente ha bisogno e voglia
di giocare, danzare, cantare, pregare, nonostante le drammatiche
circostanze li portino a chiedersi: “Dov’è Dio? Perché Dio
permette tutto questo? Non basta tutto questo sangue, tutta questa
distruzione? Fino a quando ancora? Basta! Non ce la facciamo più”.
Sono interrogativi che ho cercato di affrontare con loro, parlando di
perdono, fede, speranza, ma non è facile. La gente è sempre più
stanca, stremata, a livello morale, spirituale e materiale. Tutte le
famiglie, oltre alla tragedia della distruzione, della morte, ormai
vivono il dramma dell’emigrazione, della fuga, della ricerca di una
vita migliore, fuori dalla Siria. Le famiglie si disgregano e si
dividono ulteriormente. Coloro che partono affrontano viaggi
pericolosi e destini incerti, coloro che restano soffrono della
mancanza delle persone che partono e della preoccupazione per la loro
sorte. In Siria ho visto la sofferenza della persone che restano e la
mancanza di coloro che sono ormai partite. E di fronte alla
moltitudine di persone che lasciano il paese, sempre più si
convincono di non avere altre possibilità: tutti partono! Si
domandano: “Che senso ha rimanere qui, soli, in costante pericolo,
senza alcuna prospettiva?”.
Questo
dramma sta cambiando la fisionomia sociale del paese in generale, ma
ne risente fortemente anche quella ecclesiale. La presenza cristiana,
in passato così forte, si sta indebolendo e disgregando, sia in
qualità che in qualità, drammaticamente.
La
Messa domenicale a Kafroun, ha rappresentato un bellissimo momento di
raccoglimento e comunione. Circa 700 persone hanno preso parte alla
celebrazione tenutasi in cortile, alla presenza di cristiani di
differenti riti. È stato bello accogliere tutte queste persone, così
toccate dalla guerra che le ha portate a vivere il dubbio e
l’incertezza nel loro cammino di fede, e vederle tornare a pregare,
ritrovare la fede, a confessare i propri peccati. Momenti d’incontro
e condivisione come questi, pervasi da spirito familiare e di
comunione, sono un motivo di conforto, di aiuto, di sostegno.
La
mattina del 7 Luglio sono partito verso Aleppo in autobus, un viaggio
abbastanza tranquillo e sicuro, nonostante le 8 ore di viaggio su
strade in alcuni tratti completamente distrutte. Sono arrivato nel
pomeriggio nella mia città, nel posto dove sono nato e cresciuto,
ormai completamente irriconoscibile. Ogni visita mi mostra una città
sempre più distrutta. Questa grande città, una delle più antiche
al mondo, che fino a pochi anni fa contava circa tre milioni di
abitanti, è attualmente considerata uno dei luoghi più pericolosi
al mondo.
Arrivato
alla casa salesiana, i Salesiani e i giovani mi hanno accolto con uno
spirito di gioia e ottimismo cristiano e salesiano. All’ingresso mi
hanno fatto indossare un casco ed un giubbotto antiproiettile e un
elmetto, “per motivi di sicurezza e per proteggerti”. Mi hanno
detto, scherzando: “L’opera e l’oratorio sono chiusi!”.
Ho
quindi potuto incontrare i miei confratelli, il direttore Georges
Fattàl, don Simon Zakerian, i diaconi Pier Jabloyan e Dani Gaurie, e
il pre-novizio Mishel Hajjar. Ho gioito nel constatare come ancora
oggi, da questa opera, provengono ancora tante vocazioni di salesiani
consacrati e di salesiani cooperatori. Il Signore ci ha benedetto
finora con buone e numerose vocazioni, un segno di amore e
benedizione per questa casa. Ho ringraziato i salesiani di Aleppo per
la testimonianza di vita religiosa e continua donazione portata
avanti con grande sacrificio per i giovani di Aleppo. Qui ad Aleppo
ho potuto sentire e toccare con mano la grandezza della nostra
missione salesiana, in particolare attraverso i miei incontri con i
vari preti, religiosi e le famiglie della città, che mi hanno
ripetuto più volte della straordinaria oasi di pace e di gioia e di
speranza che questa presenza rappresenta.
Proprio
durante i giorni di visita ad Aleppo ho vissuto uno dei momenti più
commoventi della mia vita, l’ordinazione di Pier Jabloyan, tenutasi
l’11 luglio nella nostra chiesa. L’ordinazione s’è svolta nel
rito armeno cattolico, alla presenza del vescovo Boutros Marayati, e
di tanti religiosi, preti, suore e giovani accorsi per celebrare
assieme l’evento. Nonostante la morte, la distruzione e la
sofferenza che regnano nella città, l’ordinazione è stato
un segno preziosissimo di vita, di donazione e gioia. Un prete
ordinario in un tempo straordinario: ecco Pier, un giovane cresciuto
in quell’oratorio, che dopo l’ordinazione sarà destinato proprio
all’oratorio di Aleppo. Alla messa è seguito un gioioso momento di
festa, canti e danze e un rinfresco per tutti i presenti.
Anche
ad Aleppo ho preso parte alle attività dell’estate ragazzi,
meravigliosamente organizzata e gestita. Quest’anno ha visto la
partecipazione di oltre 700 ragazzi, ragazze e giovani provenienti da
varie parti della città, a cui è stato similmente offerto il
servizio navetta per raggiungere l’opera in sicurezza. Un bel
gruppo di animatori, che ha aiutato nello svolgimento quotidiano
delle attività estive, ha contributo a creare un bel clima. Per
tanti ragazzi giovani e per le loro famiglie frequentare l’opera
significa respirare un’aria di gioia, di speranza, in un clima
familiare : “Ghèr ‘alam”, cioè (letteralmente) “un
altro mondo”, un’oasi di pace.
L’estate
ragazzi è un evento caratterizzato da momenti ricreativi, culturali
ed educativi in tutte le opere salesiani del mondo. Ma in un contesto
come quello di Aleppo assume un significato ancora più ampio dal
punto di vista pastorale educativo. Questi momenti aiutano i ragazzi
a liberarsi, a sfogare la tensione e il peso della sofferenza e della
paura a cui sono sottoposti quotidianamente, e a ritrovare la forza
psicologica e spirituale per poter sopportare e affrontare tale
situazione.
Quest’anno,
dopo 4 anni, la comunità salesiana insieme ha deciso di
riorganizzare i campi estivi per i ragazzi che frequentano l’opera
ad Aleppo. Dopo 4 anni di chiusura, di “prigionia” all’interno
della città, i ragazzi della scuola media e poi delle superiori
hanno potuto finalmente rivivere quest’esperienza che li ha portati
per 5 giorni in montagna, presso l’opera di Kafroun. Hanno
partecipato 180 ragazzi delle scuole medie e in seguito 140 ragazzi
delle scuole superiori, accompagnati da diversi animatori e
collaboratori. È stata un’esperienza molto significativa, che ha
permesso ai ragazzi di godere della bellezza e della tranquillità
della natura. Per la prima volta hanno dormito senza sentire il
pericolo della guerra, hanno vissuto assieme come una grande
famiglia, condividendo momenti di gioia e di preghiera.
Aleppo,
una città che contava un’ampia presenza cristiana di vari riti e
chiese, ha visto una continua diminuzione di tale presenza, ridottasi
ad oggi di circa due terzi. L’emorragia di cristiani è conseguenza
sia del prolungamento del conflitto, della condizione socio economica
e dell’alto costo della vita, sia per la scarsità di possibilità
di lavoro e di generi di prima necessità, e sia anche, in terzo
luogo, per la distruzione di quartieri cristiani. Tante chiese,
antiche e rilevanti da un punto di vista artistico e culturale, sono
state anch’esse colpite. Tutto ciò ha fatto crescere in modo
rapido e massiccio l’esodo di cristiani dalla città.
Anche
ad Aleppo ho potuto parlare personalmente con i giovani e le
famiglie. E’ difficile parlare di certi temi con persone che hanno
perso i propri affetti più cari e che ogni giorno si chiedono dove
sia Dio. Ho cercato di aiutarli, offrendo loro ascolto e conforto
morale, parlando di amore e di riconciliazione.
La
mancanza di acqua corrente ed elettricità costringe la gente a
sopravvivere con quantità ridotte di acqua, soprattutto potabile,
con gravi conseguenze in termini di condizioni di salute, anche
dovendo far fronte alla scarsità di elettricità che va ad intaccare
e rendere difficoltose le più basilari attività quotidiane. Ho
lasciato Aleppo il 20 Luglio, tornando a Kafroun e partecipare così
alle attività per altri pochi giorni. Da lì sono diretto il 25
luglio verso l’opera di Damasco in minibus, insieme a don Simon e a
un gruppo di giovani animatori.
Salesiani
di DAMASCO
Domenica
26 Luglio ho presieduto la messa in cortile, alla presenza del nunzio
apostolico, del suo segretario e delle nostre Sorelle salesiane,
celebrando anche l’occasione dell’insediamento di Don Simon
Zakarian come nuovo direttore, al posto del direttore uscente, don
Alejandro Leòn Mendoza. Erano presenti oltre 500 giovani, e mi ha
commosso vedere il loro amore nel congedarsi dai loro padri
salesiani, sia ad Aleppo, nel salutare Don Simon, sia a Damasco, per
quelli che hanno dovuto salutare don Alejandro. Per quanto
comprendiamo la tristezza dei giovani nel dire arrivederci ai loro
padri spirituali, sappiamo che questi cambiamenti rientrano nella
logica religiosa salesiana, del voto di obbedienza e di dedizione al
servizio ai giovani, ovunque nel mondo. La celebrazione si è quindi
conclusa con un bel momento di saluto a don Alejandro e un abbraccio
caloroso di benvenuto a don Simon.
Ho
avuto ampia comodità di incontrare la comunità salesiana di
Damasco, sia dei confratelli: Don Alejandro, Don Munir Hanashi e don
Felice Cantele, sia della nostre Sorelle, le Figlie di Maria
Ausiliatrice, che a Damasco hanno due ampie presenze: una all’Asilo
e un’altra all’ospedale Italiano, ove offrono un servizio
prezioso ed importante alla popolazione siriana, in particolare in
questo momento drammatico.
Anche
a Damasco, come ad Aleppo, le attività estive erano bene animate ed
organizzate, supportate dalla presenza di animatori e collaboratori
salesiani e frequentate da circa 900 giovani provenienti da aree
anche molto lontane dalla città. In virtù del numero
particolarmente alto di partecipanti, i ragazzi sono stati divisi per
fasce d’età, assegnando giorni precisi per lo svolgimento delle
attività, ospitandoli dalla mattina fino alla sera e offrendo loro
ogni giorno pasto e trasporto.
Il
centro di Damasco, a differenza di città come Aleppo, appare ancora
relativamente meno pericoloso. La situazione è tuttavia peggiorata
notevolmente negli ultimi tempi, diventando più instabile e
insicura. Anche lì gli effetti della scarsità di acqua, dei tagli
all’elettricità, del carovita e della mancanza di lavoro pesano
sulle condizioni di vita della popolazione, che sempre più numerosa
decide di lasciare il paese.
I
ragazzi e gli animatori mi hanno fraternamente accolto nell’Opera e
ogni gruppo mi ha reso partecipe di piccole presentazioni teatrali,
musicali e artistiche preparate nel corso del periodo estivo.
Chiamato a rivolgere una parola di saluto al termine di queste
attività, li ho ringraziati e spronati a conservare quell’ottimismo
e quella gioia che rappresentano il cuore dello spirito salesiano e
ho ricordato loro le belle parole del Papa Francesco nel 21 giugno
2015 rivolte ai figli e figlie di Don Bosco nella basilica di Santa
Maria Ausiliatrice in occasione del bicentenario della nascita di Don
Bosco: “I Salesiani mi hanno aiutato ad affrontare la vita senza
paure e ossessioni, ad andare avanti nella gioia, nella preghiera.
Educate i ragazzi a non avere paura. Non dimenticatevi la
caratteristica del vero oratoriano: La gioia. E con questa gioia
cercate e amate Gesù per incontrarlo tutti i giorni”.
A
Damasco ho incontrato diversi gruppi e associazioni di ragazzi,
famiglie e madri impegnati con dedizione nell’educazione e nella
missione salesiana. Sono stato reso partecipe dell’esperienza di un
gruppo di giovani che hanno condotto attività di volontariato in
alcuni villaggi al confine col Libano, organizzandovi per due
settimane un’esperienza di estate ragazzi e vivendo un importante
momento di crescita umana e spirituale. Un altro gruppo di volontari
ha portato avanti per un mese un’interessante e rilevante
esperienza di animazione missionaria, recandosi in una delle zone
periferiche più povere e pericolose della città, a contatto con
giovani di differente credo e fede religiosa. L’esperienza
del volontariato, quando condotta da giovani che vivono essi stessi
situazioni di estrema difficoltà e precarietà, è particolarmente
importante e significativa: nonostante le difficoltà e la
pericolosità dell’ambiente, questi giovani si sono messi al
servizio dei più sfortunati, e attraverso quest’esperienza hanno
trovato la gioia del dono e del servizio e hanno scoperto quanto bene
è possibile fare attraverso l’educazione alla pace e alla
convivenza. Secondo noi salesiani, la sfida più grande in questi
momenti è l’educazione, l’educazione alla creazione di una
cultura di pace, di amore e di perdono, capace di superare questi
lunghi anni di guerra, di odio, sangue e distruzione.
Nel
corso della mia permanenza ho incontrato inoltre un gruppo di giovani
che stanno vivendo l’esperienza vocazionale del Vieni,
Vedi. Due di essi hanno voluto vivere un’esperienza prolungata
all’interno dell’opera, partecipando alla vita salesiana e
aiutando i Padri nelle loro attività quotidiane. Anche i Salesiani
di Damasco hanno organizzato per i ragazzi esperienze di campo
estivo. Due gruppi di circa 140 ragazzi sono stati coinvolti e hanno
trascorso 5 giorni di campo estivo in montagna, a Kafroun. E’ stato
un momento anche per loro particolarmente importante, potendo godere
di un ambiente differente, di pace e serenità per la prima volta
dopo 4 anni.
Il
5 Agosto sono stato invitato a presiedere la messa delle prime
professioni di 6 giovani suore siriane salesiane, alla presenza del
Nunzio, del suo Segretario, dell’Ispettrice suor Lina, e di molti
preti, religiosi e religiose, e di tante famiglie e giovani. E’
stato molto bello partecipare e assistere al momento di consacrazione
a Dio di queste giovani suore proprio in questi momenti
particolarmente difficili in Siria
Il
6 agosto nel tardo pomeriggio ho infine lasciato il Paese, recandomi
in Libano nella nostra casa di EL Houssoun, per partecipare alla
festa dell’ordinazione sacerdotale del nostro giovane confratello
libanese Georges El Mouallem, in rito greco-cattolico.
Conclusione
Voglio
ringraziare il Signore per avermi dato modo di compiere questa visita
e ascoltare e confortare tanti fratelli in grande difficoltà in
questo tragico momento.
Ringrazio
i fratelli salesiani, i nostri cooperatori e animatori che portano
avanti con dedizione la loro missione, nonostante i gravi pericoli,
le fatiche e le difficoltà quotidiane.
Ringrazio
la Divina Provvidenza che ci assiste giorno dopo giorno e ci permette
di continuare ad offrire aiuto e sostegno spirituale, morale e
materiale alla popolazione più colpita, attraverso i nostri
benefattori.
Continuiamo
a pregare affinché questa drammatica guerra in Siria, e tutte le
guerre che affliggono il Medio Oriente e altri paesi del mondo
possano finalmente finire: queste guerre rappresentano purtroppo un
grande e complesso gioco di interessi, che tendono a prevalere sul
bene comune e fondamentale dell’uomo. Preghiamo quindi che il
Nostro Signore Gesù possa infonderci sempre speranza e donarci
infine la vera pace.
Abuna Munir El Rai
SDB MOR