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lunedì 3 febbraio 2025

Joulani si è autoproclamato “presidente ad interim” della nuova Siria, diventando a tutti gli effetti un dittatore

 Sciogliendo Costituzione, Parlamento ed esercito, il leader jihadista è diventato a tutti gli effetti un dittatore. E l’opposizione inizia a temere una «nuova tirannia»

di Leone Grotti, TEMPI -1 febbraio 25

Si dice presidente, ma si legge dittatore. La direzione che sta prendendo la Siria di Abu Muhammad al-Jolani, che da quando ha svestito i panni jihadisti e indossato la cravatta verde d’ordinanza preferisce essere chiamato Ahmed al-Sharaa, è allarmante e pericolosa. A quasi due mesi dalla presa del potere e dalla cacciata del dittatore Bashar al-Assad, il leader ex Isis, ex Al-Qaeda, un tempo ricercato in tutto il mondo per terrorismo e oggi presunto politico dalle idee “democratiche” si è finalmente degnato di parlare al popolo siriano. E ne ha approfittato per informarli che si è autoproclamato “presidente ad interim” della nuova Siria, che assomiglia sempre di più a quella vecchia.

Al-Jolani si autoproclama “presidente”

Alcuni giornali si sono spinti fino a scrivere che è stato “nominato” presidente. Ma le parole sono importanti e non bisogna lasciarsi ingannare. Non è il popolo siriano ad aver scelto Al-Jolani come presidente, perché le prime elezioni sono state posticipate genericamente «tra quattro anni».

Non è il Parlamento ad avergli assegnato la carica, perché è stato sciolto dal leader jihadista. Non è nel nome della Costituzione del 2012 ad avere preso il potere, Al-Jolani, perché è stata cestinata, mentre ogni altra istituzione o centro di potere (come esercito, agenzie di sicurezza o il partito Baath) sono stati cancellati e messi al bando. Chi ha proclamato dunque presidente della Siria l’uomo che ha approfittato militarmente dell’evaporazione del regime di Assad? Nessuno, si è autoproclamato.

Drusi e curdi esclusi in Siria

O meglio, è la “Conferenza per l’annuncio della vittoria della rivoluzione siriana” ad averlo fatto. Questa conferenza, di cui nessuno conosceva l’esistenza, formata dai membri del governo ad interim nominati dallo stesso Al-Jolani e tutti provenienti da Idlib (alcuni dalla stessa famiglia di Al-Sharaa) e da altri gruppi, si è riunita in gran segreto giovedì e ha stabilito che per un tempo imprecisato Al-Jolani sarà appunto il nuovo “presidente” della Siria.   Alla riunione non hanno partecipato né gli organismi politici dell’opposizione siriana all’estero, né i rappresentanti dei drusi che controllano parte del sud del paese, né quelli dei curdi che governano il nord-est. Chi rappresenta dunque Al-Jolani? Per ora, solamente se stesso. E come è stata presa la decisione, all’unanimità o i gruppi armati si sono divisi in faide? Nessuno lo sa.

Tante promesse, zero fatti

Negli ultimi due mesi, nonostante non rappresentasse formalmente niente e nessuno, Al-Jolani ha incontrato ministri e capi di Stato stranieri, parlando a nome della Siria. Si dirà che è comprensibile, perché neanche lui si aspettava di prendere il potere così in fretta, perché è stato colto impreparato, perché non bisogna badare a sottigliezze formali. Ma in questo caso la forma è sostanza.

Il leader jihadista aveva promesso un processo di transizione politica, un nuovo censimento, una conferenza di dialogo nazionale, un’assemblea costituente, un consiglio legislativo temporaneo, un governo rappresentativo di tutto il paese e infine elezioni libere. Non solo non è stato fatto niente di tutto ciò, ma non è stata neanche offerta alcuna spiegazione né alcuna tempistica.

Da questo momento, e per chissà quanti anni, Al-Jolani sarà dunque il leader assoluto della Siria, forte di un potere senza limiti come quello di Assad, se non superiore.

Un esercito di jihadisti in Siria

Tra i tanti clamorosi annunci di giovedì, c’è anche quello dello scioglimento di tutte le milizie che hanno contribuito a conquistare il potere in vista del loro ingresso in un unico esercito nazionale. Questo è forse il passaggio più pericoloso e delicato.

Al-Jolani è il leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ma ha conquistato la Siria mettendosi alla guida di una coalizione composita di decine di sigle e gruppi jihadisti, che al momento si sono rifiutati di deporre le armi in mancanza di indicazioni chiare sul loro futuro (e magari di un’amnistia che cancelli i crimini commessi). Come verranno convinti? Scoppierà una nuova guerra civile? E, nel caso accettino di formare un esercito regolare, come faranno i siriani a fidarsi di militari che fino a poche settimane fa perseguitavano parte della popolazione, come i cristiani, riconoscendo come unica autorità il Corano? Domande senza risposta.

Una «nuova tirannia» per la Siria?

Alise Mofrej, membro della Syrian Negotiation Commission, organizzazione che riunisce vari gruppi dell’opposizione siriana, parlando al New York Times ha detto di temere «una nuova tirannia». Bassam Al-Kuwatli, presidente del piccolo Partito liberale siriano, ha aggiunto a Reuters che «la nuova amministrazione è ancora un gruppo militare che ha conquistato il potere e non sente la necessità di condividerlo».

La conferenza di dialogo nazionale, che dovrebbe essere formata da 1.200 delegati rappresentativi di tutte le anime politiche, religiose, etniche e geografiche della Siria, doveva essere inaugurata a inizio gennaio. È passato un mese e nessun membro dell’opposizione ha ricevuto l’invito a farne parte. La conferenza doveva sciogliere il Parlamento e presentare un piano per cambiare la Costituzione, ma questi due passaggi sono stati fatti in autonomia dallo stesso Al-Jolani.

Che il leader jihadista diventasse presidente ad interim della Siria era ampiamente previsto, ma il modo con cui ha agito fino ad ora dimostra che il paese è semplicemente passato da un dittatore all’altro, per di più appoggiato da fazioni jihadiste internazionali difficili da controllare e imbevuto di una pericolosa ideologia islamista.

Le uniche due note positive per il popolo siriano al momento sono la decisione dell’Occidente di rimuovere, almeno in parte, le sanzioni che nell’ultimo decennio hanno affamato la popolazione innocente e la fine della leva obbligatoria (conseguente per ora allo scioglimento dell’esercito), che aveva spinto tanti giovani siriani a scappare dal paese guidato ad Assad. Per il resto, la nuova Siria di Al-Jolani assomiglia tanto, troppo, alla vecchia.

@LeoneGrotti



Mentre la polvere si deposita nella Siria sottoposta a un regime cambiato, emerge una nuova realtà, in cui i vincitori non sono i liberatori, ma ex signori della guerra di Al-Qaeda vestiti con abiti eleganti, che stringono la mano ai leader mondiali e rimodellano lo Stato a loro immagine e somiglianza settaria.

In Siria i pazzi gestiscono il manicomio

The Cradle , 31 gennaio 25

Per anni, molti si sono interrogati su come sarebbe stata la Siria, un paese con una profonda diversità religiosa e culturale, se l'opposizione armata, dominata dagli estremisti, fosse riuscita a rovesciare il governo di Bashar al-Assad. 

All'inizio della guerra, persino i più accaniti critici di Assad hanno iniziato a comprendere la triste realtà: l'alternativa al suo governo autoritario sarebbe stata molto peggiore. Ora, con il crollo del suo governo, quello scenario desolante si è avverato e la Siria sta assistendo alle conseguenze di questo radicale cambiamento di potere .

Il 29 gennaio, il Dipartimento delle operazioni militari del governo de facto in Siria ha annunciato che Ahmad al-Sharaa – precedentemente noto con il suo nome di battaglia Abu Mohammad al-Julani – avrebbe assunto la presidenza del paese durante una “fase di transizione”. 

L'annuncio includeva la sospensione della costituzione del paese e lo scioglimento del precedente partito al governo Baath, dell'Assemblea popolare, dell'ex esercito nazionale, dei servizi di sicurezza e di tutte le fazioni armate, tra cui Hayat Tahrir al-Sham (HTS) di Sharaa, ex affiliata di Al-Qaeda in Siria. 

A tenere un discorso durante la cosiddetta "Conferenza della Vittoria" è stato Ahmad al-Hayes, noto anche come Abu Hatem Shaqra, leader della fazione Ahrar al-Sharqiya dell'Esercito nazionale siriano (SNA) sostenuto dalla Turchia, un'organizzazione responsabile di numerosi crimini di guerra . 

Di conseguenza, il mondo è stato costretto a chiedersi: chi sono le figure chiave che ora governano la Siria e cosa significa questo per il suo futuro? 

Per comprendere gli eventi odierni, è necessario tornare indietro di un decennio. Nel 2015, la città nordoccidentale di Idlib cadde sotto il Fronte al-Nusra, che il funzionario statunitense Brett McGurk una volta descrisse come il "più grande rifugio sicuro di Al-Qaeda" al mondo. Mentre altre parti della Siria hanno visto diverse organizzazioni terroristiche andare e venire, perdere e guadagnare terreno e alla fine essere sconfitte dall'Esercito arabo siriano (SAA) e dai suoi alleati nel corso degli anni, Idlib è rimasta sotto il controllo del Fronte al-Nusra.
Nel 2015, il Fronte al-Nusra è stato rinominato Jaish al-Fatah. L'anno seguente, è stato rinominato di nuovo Jabhat Fateh al-Sham e ha interrotto i rapporti con Al-Qaeda nel tentativo di legittimarsi. È infine diventato noto come HTS nel 2017. 

Tutto questo è stato fatto con il supporto del Qatar e con l'aiuto del religioso wahhabita saudita Abdullah al-Muhaysni , residente in Siria , che ha inviato adolescenti in missioni suicide ed è stato responsabile del reclutamento di migliaia e migliaia di militanti estremisti. Ora vaga liberamente per la Siria, tenendo discorsi. HTS istituì un'amministrazione politica nel governatorato "liberato" di Idlib e ne diede inizio al governo, creando il prototipo del governo che ora governa la maggior parte del paese, compresa Damasco.

Nel dicembre 2024, accadde l'impensabile. Dopo un'offensiva lampo di 11 giorni, i combattenti guidati da HTS presero d'assalto Damasco , rovesciando il governo di Assad. Con il sostegno straniero, in particolare dalla Turchia e, più di recente, dall'Ucraina , insieme all'inganno strategico, l'ex propaggine di Al-Qaeda ottenne ciò che nessuna fazione prima di lei era riuscita a fare: prendere il controllo della capitale siriana e rivendicare il dominio sul paese.

Un governo nominato e guidato da una tale organizzazione potrebbe essere composto solo da una vasta gamma di personaggi discutibili. Di seguito sono riportate alcune delle figure più importanti che guidano la nuova Siria.

Il neo-annunciato Presidente della Siria, Ahmad al-Sharaa

In una vita precedente, il leader di HTS, Ahmad al-Sharaa , aveva studiato brevemente media e poi si era unito alla facoltà di medicina all'Università di Damasco prima di andarsene per unirsi ad Al-Qaeda in Iraq (AQI) dopo l'invasione statunitense del 2003. 
Il suo curriculum famoso include l'essere stato l'ex vice del capo dell'ISIS Abu Bakr al-Baghdadi quando il famigerato gruppo terroristico era noto come Stato islamico dell'Iraq (ISI). Sharaa fu inviato da Baghdadi nel 2011 per entrare in guerra contro il governo di Assad in Siria, dove prese parte al lancio di attacchi suicidi mortali contro personale di sicurezza e civili prima di fondare il Fronte al-Nusra nel 2012. 
Il Fronte al-Nusra , che era la branca ufficiale di Al-Qaeda nel Levante, avrebbe continuato a terrorizzare sia il popolo siriano che quello libanese per anni sotto la guida di Sharaa. Durante il suo soggiorno in Iraq, Sharaa iniziò come membro del precursore dell'ISI, AQI (a sua volta responsabile di numerosi attacchi indiscriminati, tra cui bombardamenti di luoghi di culto e uccisioni di civili e fedeli), nel tentativo di scatenare una guerra settaria. 

Dopo il suo rilascio dal Camp Bucca gestito dagli Stati Uniti nel 2008, dove era stato detenuto insieme a Baghdadi e molti futuri leader dell'ISIS, Sharaa ha ricoperto il ruolo di Emiro di Mosul dell'ISI, un periodo che ha visto molti omicidi e rapimenti di cristiani e yazidi . 
Dopo aver assunto la guida della Siria nel dicembre 2024, la magistratura irachena ha emesso un mandato di arresto per Sharaa. Fonti citate dall'agenzia di stampa Shafaq hanno affermato che i detenuti in Iraq avevano confessato crimini che lo coinvolgevano personalmente. Tuttavia, Sharaa ora si siede con leader internazionali, tra cui funzionari statunitensi ed europei. Dopo aver incontrato una delegazione di Washington a Damasco il mese scorso, la designazione di terrorista degli Stati Uniti e la ricompensa di 10 milioni di dollari per la cattura di Sharaa sono state rapidamente revocate....

continua a leggere l' interessante articolo che presenta i ministri e i comandanti del nuovo governo siriano  su The Cradle: https://thecradle.co/articles/in-syria-the-lunatics-are-running-the-asylum

Il nuovo tempo siriano è pieno di enigmi e fantasmi

     «E’ iniziato un nuovo tempo per la Siria. Ed è di nuovo un tempo difficile».


di Gianni Valente

L’Arcivescovo Jacques Mourad parla con calma, come sempre. Il monaco della comunità di Deir Mar Musa, figlio spirituale di padre Paolo Dall’Oglio, nel 2015 visse mesi sotto sequestro dei jihadisti dello Stato Islamico. Forse quell’esperienza che ha reso ancora più trasparente il suo sguardo cristiano sulle cose. E oggi come Arcivescovo siro cattolico di Homs, le cose che vede e che sente sui nuovi patimenti della Siria non collimano con la rappresentazione mediatica prevalente, soprattutto in Occidente. Quella che racconta di un “regime change”, un cambio di regime riuscito e in via di assestamento, con nuovi leader di matrice islamista in cerca di accreditamento internazionale, dopo lo schianto del blocco di potere coagulatosi per oltre 50 anni intorno al clan degli Assad.

Nel racconto mediatico prevalente, ad esempio, non compare la violenza diffusa e la paura che hanno ripreso a tingere le giornate di buona parte del popolo siriano. Una violenza - ammette Jacques Mourad – che «sembra una trappola in cui cadono tutti quelli che qui conquistano il potere».

Nelle ultime settimane - spiega all’Agenzia Fides l’Arcivescovo siro cattolico di Homs – ci sono persone che spariscono, le prigioni si riempiono, «e lì dentro non si sa più chi è ancora vivo o chi è morto». Ci sono torture inflitte in pubblico a quelli accusati di connivenza col regime che è crollato. E anche «diversi casi di giovani cristiani minacciati e seviziati sulla strada, davanti a tutti, per incutere terrore e costringerli a abiurare la fede e diventare musulmani». Crimini che avvengono lontano da Damasco, dove sono concentrati i giornalisti.

Le cose non vanno bene, e padre Mourad ha l’impressione che «nessuno può fare nulla» per uscire da questo nuovo tempo di paura e vendetta. «Io - racconta - accolgo le persone. Provo a incoraggiare, consolare, chiedo di aver pazienza, cerco soluzioni. Nel periodo di Natale - aggiunge l’Arcivescovo Jacques - ho fatto un giro nelle nostre 12 parrocchie, anche quelle nei villaggi. Per incoraggiare, a custodire insieme la speranza. Ci sono stati incontri belli con diversi gruppi. Ma quando le violenze aumentano, le nostre parole e i nostri inviti alla pazienza non riescono a convincerli».

Il Cardinale Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, ha da poco visitato la Siria come inviato del Papa, per testimoniare la vicinanza del Successore di Pietro alle comunità cristiane. Che vivono questo momento della martoriata vicenda siriana con un carico aggiuntivo di preoccupazioni, rispetto a quelle sofferte dagli altri siriani.

«Il regime di prima - spiega padre Mourad - si presentava come quello che difendeva i cristiani. Dicevano: se andiamo via noi, ritornano i fanatici. Adesso, molti sacerdoti sono pessimisti sul futuro, La mia risposta è sempre la stessa: in ogni caso, la situazione rimane imparagonabile a quella di prima, quando ci sono stati crimini inimmaginabili, ma da quando sono accadute le nuove violenze, c’è chi dice: “hai visto, è vero quello che diceva Bashar al Assad”. Il risultato è che adesso, ancora più di prima, tanti cristiani non vedono altra strada che emigrare. Andare via dalla Siria. E per noi è difficile dire che dobbiamo vivere nella speranza. Ci proviamo, ma le persone non credono ai nostri discorsi. Quello che vivono e che vedono è troppo diverso».

Nelle chiese, dal crollo del regime di Assad, per molti versi tutto sembra continuare come prima: messe, processioni, preghiere e opere di carità. I nuovi detentori del potere non hanno imposto regole coercitive che colpiscano in qualche modo la vita ecclesiale nella sua ordinarietà. Il capo riconosciuto Ahmad Sharaa, noto anche come Abu Muhammad Jolani, leader da gruppo armato jihadista Hayat tahrir al Sham e auto-proclamatosi il 29 gennaio Presidente “ad interim” della Siria, incontrando padre Ibrahim Faltas e i Francescani alla fine del 2024 aveva avuto parole di stima di Papa Francesco, aggiungendo che i cristiani espatriati durante e dopo la guerra civile dovranno tornare in Siria. Le violenze subite da giovani cristiani sono avvenute con attacchi a singole persone. Però – riferisce Jacques Mourad - quando sono iniziate le requisizioni delle armi, a essere disarmati sono stati i soldati cristiani e quelli alawiti. Nessuno ha tolto le armi ai sunniti. «E la realtà» aggiunge «è che non c’è un governo. Ci sono gruppi armati, diversi tra loro. Alcuni sono fanatici, altri no. E ognuno ha il suo potere e impone la sua regola, nei territori che controlla. E di armi ne hanno tante, ora che hanno preso anche quelle del vecchio regime». Anche lui, come altri Vescovi, ha incontrato rappresentanti delle nuove forze che dominano il campo. Discorsi rassicuranti, ma poi le cose non cambiano.

Jacques Mourad dice che non sa come le cose possono andare avanti. Intanto, lui continua a camminare.
  «Noi – dice - continuiamo la nostra vita come parrocchie e come diocesi, giorno per giorno». Dallo scorso aprile, l’Arcivescovo era diventato responsabile del catechismo per tutta la Siria. Anche allora la situazione era grave: niente lavoro, società e comunità cristiane ancora stravolte dalle conseguenze della guerra.
«Ho pensato che la cosa da fare, la cosa più importante, era ripartire dai bambini. Si può ripartire solo dai bambini e dai ragazzi, dopo che la guerra ha come cancellato tutto. E, insieme a loro, ripartire dalle cose essenziali, primordiali».

Sono stati ricostituiti i comitati regionali per lavorare insieme sulla formazione dei catechisti, perché «tanti di quelli con esperienza erano andati via. Ora ci sono i giovani, che hanno entusiasmo, ma devono ancora fare un cammino spirituale e di formazione catechistica e biblica». Si sono unite le forze: le diocesi, i Gesuiti, la Bible Society, «per iniziare a cammino insieme. Ringraziamo il Signore, perché tanti giovani mostrano tanto desiderio, tanto coraggio e generosità». E lo stesso vale per le liturgie, e per la ripresa dei pellegrinaggi, verso Mar Musa e tutti gli altri monasteri, «per far rifiorire la memoria, in questa situazione di povertà e sofferenza, che rimane gravissima. E vedere se qualcosa rinasce, come un nuovo germoglio». 

http://www.fides.org/it/news/75981-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Mourad_il_nuovo_tempo_siriano_e_pieno_di_enigmi_e_fantasmi

venerdì 31 gennaio 2025

Siria, tutti alla corte di al-Jolani presidente


 di Fulvio Scaglione

Tra lo scetticismo diffuso dei rifugiati siriani all’estero prosegue il difficile "dopoguerra" in Siria. L'uomo forte Ahmed al-Sharaa (detto al-Jolani) il 29 gennaio è stato ufficialmente proclamato presidente ad interim. E i governi stranieri sembrano dar credito all'ex terrorista.

Facciamo un’ipotesi di pura fantasia. Yahya Sinwar, il capo dei terroristi di Hamas che organizzò le stragi di cittadini israeliani (e non solo) del 7 ottobre 2023 non è morto il 16 ottobre 2024 per mano dei soldati di Israele. Anzi: è sopravvissuto e ha guidato i palestinesi all’attacco dello Stato ebraico, dove è riuscito a prendere il potere. Adesso i rappresentanti di tutti i Paesi che, quando era solo il capo di Hamas, lo consideravano un terrorista e rifiutavano qualunque rapporto con lui e con la sua organizzazione, accorrono a Gerusalemme (ovviamente capitale del nuovo Stato da lui guidato) per incontrarlo. Sono arrivati rappresentanti degli Usa e della Ue, della Russia e dell’Italia. Gli Usa hanno ritirato la taglia che gli avevano messo sul capo e l’Unione europea è sul punto di ammorbidire le sanzioni che aveva deciso contro Gaza e Hamas. 

Pura fantasia, si diceva. Ma qualcosa del genere è successo veramente in Siria, dove nessuno prevedeva il crollo repentino del regime di Bashar al-Assad  e men che meno immaginava che un terrorista di lungo corso come Ahmed al-Sharaa, detto al-Jolani («quello del Golan»), l’uomo che nel 2011 Abu Bakr al-Baghdadi, il capo dello Stato islamico (Isis), aveva mandato in Siria per combattere Assad e che poi era passato ad al Qaeda, potesse diventare il padrone del Paese. Che cosa siano stati l’Isis e al Qaeda lo ricordiamo tutti benissimo. Eppure, ora che al posto di Assad c’è al-Jolani, ogni scrupolo è caduto. Gli Usa, la Russia e tutti i Paesi arabi sono corsi a rendergli omaggio e a promettere buone relazioni, e l’Unione europea, come detto prima per scherzo, sta lavorando a un piano per eliminare parte delle sanzioni (nel settore energia e trasporti, soprattutto) rimaste in vigore per oltre dieci anni e in parte responsabili della miseria in cui si trova il popolo siriano. Il tutto mentre il mondo intero sa che dietro al Jolani c’è il presidente turco Erdogan, non uso a fare beneficenza, che già occupa una fascia di territorio siriano nel Nord e che ha approfittato anche di quest’ultimo colpo di scena per bombardare i curdi. 

Al-Jolani, che ha abbandonato la mimetica per un più sobrio completo, ovviamente promette moderazione, rispetto per tutte le etnie e le minoranze, apertura al resto del mondo e buone relazioni con tutti. Qualche fatto a supporto delle parole si è pur visto: il Natale dei cristiani, per esempio, è stato rispettato e le festività sono trascorse in un discreto clima. Da altri luoghi della Siria, per esempio dalla fascia costiera dove sono concentrati gli alawiti (la minoranza cui appartenevano gli Assad) giungono invece voci e immagini di rastrellamenti e violenze. 

Vedremo. Un dopoguerra come questo non è facile per nessuno, nemmeno per uno come al-Jolani (ufficialmente proclamato capo dello Stato ad interim il 29 gennaio 2025 – ndr). E la speranza in questi casi è un dovere. Anche se il primo scetticismo di cui tener conto è quello dei rifugiati siriani all’estero, che proprio non sembrano affollarsi alle frontiere per tornare in patria il più in fretta possibile. 

Certi voltafaccia, però, non possono passare così lisci, quasi inosservati, come se la Siria fosse passata dalle mani di un delinquente a quelle di un benefattore. Sa troppo di speculazione. Ai bambini siriani che in questi anni sono morti per la carenza di medicine e strutture ospedaliere generata dalle sanzioni chi glielo spiega che sono stati sacrificati perché un giorno la Siria potesse essere governata da al-Jolani?

https://www.terrasanta.net/2025/01/siria-tutti-alla-corte-di-al-jolani-presidente/

martedì 28 gennaio 2025

L’Unione Europea avvia la revoca delle sanzioni alla Siria

 
Il prezzo per la fatale strategia dell'Unione europea di reiterare le sanzioni alla Siria lo pagano i siriani da 13 anni e oggi i sopravvissuti, con occupazione, un paese distrutto, un'economia al collasso, iperinflazione, impoverimento, fame, minacce e crimini settari contro le minoranze religiose e ex militari al servizio del precedente governo, sfollati e una banda di miliziani al servigio dei servizi segreti, che agiscono come 'nuovo governo libero' nel caos incombente. Altri interessi oggi muovono le decisioni occidentali di sospendere le sanzioni ed avviare attività di ricostruzione e relazioni economiche col Paese.. . OpS

 


SPONDASUD 28 gennaio 2025

Il 27 gennaio 2025, l’Unione Europea ha annunciato l’avvio del procedimento di revoca delle sanzioni imposte alla Siria durante il governo di Bashar al-Assad. La decisione, comunicata dalla responsabile della politica estera europea Kaja Kallas, rappresenta un significativo cambiamento nella strategia diplomatica dell’UE verso il paese mediorientale, devastato da oltre un decennio di guerra civile.

Le sanzioni, introdotte a partire dal 2011, hanno avuto come obiettivo il regime di Assad e interi settori dell’economia siriana, incluso il comparto energetico, i trasporti e il sistema finanziario. Queste misure restrittive sono state implementate per colpire direttamente il regime di Damasco, limitando al contempo l’accesso del paese a risorse economiche fondamentali. Ora, l’Unione Europea intende utilizzare la revoca come leva per favorire la ricostruzione della Siria e promuovere la stabilità regionale, sebbene la decisione sia accompagnata da non poche perplessità interne.

Una revoca condizionata: la tabella di marcia dell’UE

Durante la riunione dei ministri degli esteri dell’UE, i rappresentanti dei 27 Stati membri hanno concordato una tabella di marcia per la graduale revoca delle sanzioni. Come dichiarato da Kallas sul social network X, la sospensione delle sanzioni sarà temporanea, con una durata iniziale di un anno. Questo periodo servirà a monitorare i progressi del nuovo governo siriano verso una transizione politica inclusiva e rispettosa dei diritti umani.

Jean-Noël Barrot, ministro degli esteri francese, ha sottolineato che la revoca coprirà specificamente i settori dell’energia, dei trasporti e delle istituzioni finanziarie, ritenuti essenziali per riavviare l’economia siriana. Tuttavia, ha ribadito che l’Unione Europea si riserva il diritto di ripristinare le sanzioni qualora Damasco non rispettasse gli impegni presi.

“La revoca non è un assegno in bianco. È un’opportunità per il governo siriano di dimostrare la sua volontà di perseguire la riconciliazione nazionale e la stabilità,” ha dichiarato Barrot.

Le reazioni: speranze e scetticismo

La decisione dell’UE è stata accolta con favore dal governo siriano. Asaad al-Shaibani, ministro degli esteri siriano, ha definito la sospensione delle sanzioni “un primo passo verso la loro eliminazione definitiva.” Ha inoltre espresso la speranza che questa decisione contribuisca a migliorare le condizioni di vita del popolo siriano e ad accelerare lo sviluppo del paese.

Tuttavia, all’interno dell’Unione Europea non mancano le riserve. Stati membri come Germania e Paesi Bassi hanno espresso dubbi sulla capacità del nuovo governo siriano di mantenere gli impegni promessi. Le preoccupazioni principali riguardano la reale volontà del governo di Damasco di avviare una transizione politica inclusiva e di rispettare i diritti fondamentali della popolazione. Alcuni rappresentanti temono che la revoca possa essere percepita come una concessione unilaterale, senza garanzie sufficienti.

“Non possiamo ignorare il rischio che Damasco utilizzi questa opportunità per rafforzare la sua posizione senza avviare reali cambiamenti,” ha dichiarato un diplomatico europeo, preferendo rimanere anonimo. Queste posizioni riflettono una tensione latente tra gli Stati membri, divisi tra l’urgenza di contribuire alla ricostruzione del paese e il timore di legittimare un governo ancora lontano dal rispetto delle norme democratiche.

La posizione strategica della Russia

Sul fronte geopolitico, la revoca delle sanzioni arriva in un momento di dinamiche complesse per la Siria. Una delegazione russa è arrivata a Damasco per la prima volta dalla caduta del regime di Assad. Storico alleato del governo siriano, Mosca ha sostenuto militarmente il regime durante il conflitto civile e mantiene una presenza strategica nella regione, con due basi militari principali. La visita russa potrebbe mirare a rafforzare le relazioni con il nuovo governo siriano e a preservare i propri interessi militari e geopolitici nella regione.

Secondo alcuni analisti, la revoca delle sanzioni da parte dell’UE potrebbe avere anche un impatto indiretto sui rapporti tra la Siria e la Russia, fornendo a quest’ultima una maggiore leva politica nei negoziati bilaterali.

https://spondasud.it/lunione-europea-avvia-la-revoca-delle-sanzioni-alla-siria/

SANA   27/1/2025

Bruxelles-SANA / La capitale belge, Bruxelles, se prépare à accueillir en mars prochain une conférence internationale soutenant au redressement de la Syrie.

Des sources diplomatiques européennes ont confirmé à la chaîne de télévision jordanienne Al-Mamlaka que la conférence portera sur la reconstruction de la Syrie, ainsi que sur le soutien aux pays accueillant des réfugiés syriens, comme la Jordanie.

Cette conférence est complètement différente de la neuvième conférence de Bruxelles pour soutenir la Syrie et ses voisins, prévu plus tard cette année.

Les sources ont également indiqué que l’Union avait envoyé à Damas la commissaire chargée de l’égalité, de la préparation et de la gestion des crises, Hadja Lahbib, qui a rencontré la nouvelle administration syrienne, dans le but de représenter Damas à la conférence.

mercoledì 22 gennaio 2025

L'amata Siria: un po' di storia

 

  .... o resterà solo 'C'era una volta la Siria'?

La Siria si trova al confine tra due aree culturali antitetiche: l'Occidente, con la sua costa mediterranea, e l'Oriente, con la sua apertura verso il Vicino Oriente asiatico.

Questo Paese, che costituisce un centro nevralgico per il commercio tra Nord Africa, Arabia, Asia orientale, occidentale e minore, è anche una porta d'accesso essenziale all'Europa. Grazie alla sua posizione geografica, la Siria è diventata un Paese poliedrico, dove si sono mescolati diversi popoli e lingue: Aramei, Cananei, Ebrei, Nabatei, Persiani, Greci, Romani, Bizantini e Arabi.

La posizione centrale della Siria le ha conferito una storia turbolenta. Ha dovuto spesso piegarsi alla pressione e all'influenza di altri popoli. È stata occupata, smembrata e ambita da vari imperi le cui capitali si trovavano in Mesopotamia, in Egitto e nell'Europa mediterranea (Roma, Costantinopoli).

Questo gigantesco mix culturale è ciò che rende oggi questo Paese così incomparabilmente ricco. Di conseguenza, la storia umana della Siria è molto complessa, con fitte reti semitiche di ebrei, cristiani e musulmani.

La Siria è anche l'asse principale lungo il quale si sono mosse le civiltà, poiché l'Eufrate, che la attraversa, è stato la naturale via di comunicazione nel corso della sua storia. Una civiltà in movimento in Siria, una civiltà autonoma, sedentaria e ripiegata su se stessa in Egitto.

Andare in Siria significa tornare alle radici della storia umana.

I riferimenti storici alla civiltà giudaico-cristiana ci riportano spesso ai Greci e alla Bibbia. Non dovremmo forse risalire ancora di più all'antico Oriente? Le origini più remote che l'uomo ha portato alla luce non si trovano forse in Mesopotamia? La Siria, finestra mediterranea della Mesopotamia, non ha forse avuto un ruolo attivo nella grande rivoluzione che ha portato l'umanità dalla preistoria alla storia?

La Siria custodisce oltre 5.000 anni di patrimonio culturale. Vanta alcuni dei più antichi centri urbani abitati ininterrottamente e la sua storia è segnata da quattro tappe fondamentali:

1 - Nei musei di Damasco e Aleppo, a Ebla, Ugarit e Mari, è possibile farsi un'idea di come la Siria, nel III millennio a.C., abbia partecipato alla grande rivoluzione urbana e culturale del periodo che ci ha lasciato l'Alfabeto. 

2 - Nel IV secolo a.C., Alessandro tentò di fondere Oriente e Occidente: fu in Siria che immaginò questo incredibile incontro tra lo spirito classico dei Greci e l'anima passionale dell'Oriente semitico. Il risultato furono le favolose città ellenistiche di Apamea e Antiochia, che illustrano il ruolo essenziale svolto dalla Siria in questo incontro tra la civiltà greco-romana e quella orientale, un incontro pericoloso poiché la Siria era una provincia di frontiera tra l'Occidente romano e l'Oriente persiano, ma un incontro brillante poiché Palmira poté svolgere il ruolo di arbitro.

3 - È stato il dinamismo e l'ascesa fulminea del cristianesimo a cambiare completamente il volto del mondo e le relazioni tra le culture. Il cristianesimo è stato al tempo stesso una forza unificante e una leva che ha riattivato le culture semitiche locali. Il Paese divenne cristiano, ferocemente cristiano. La Siria fu la “punta di diamante” della nuova religione, che sviluppò un brillante modo di pensare e un nuovo, originale stile di vita: il monachesimo. Cambiando religione, cambiò anche il suo dominatore: passò sotto il dominio di Bisanzio, e quindi dell'Europa, ma non per molto tempo, perché il giogo imperialista di Bisanzio le divenne presto insopportabile e, stretta tra i Persiani e i Bizantini che se la contendevano, nel 634 accolse una terza forza, gli Arabi, una potenza inaspettata in mezzo a questi vecchi Imperi. 

4 - La Siria diventa musulmana. Si volta una nuova pagina, forse la più brillante, quando Damasco diventa la capitale dell'impero musulmano. La configurazione geopolitica del mondo cambia completamente. Un unico Impero si estendeva dall'Atlantico ai confini della Cina, unendo per la prima volta il mondo mediterraneo e quello asiatico. La Siria e la Mesopotamia, che fino ad allora avevano costituito la periferia dell'Impero, si trovarono a formare un nuovo centro ai lati della steppa.

Nel corso di questo lungo periodo che va dalle origini ai giorni nostri, una parentesi segna la storia siriana. È il periodo delle Crociate, che per due secoli ha lasciato un segno indelebile sul suolo siriano, attraverso l'architettura romanica e gotica che l'Occidente ha portato in Siria. Ne consegue che il Paese abbonda di ricchezze; un Paese verso il quale l'umanità ha un debito di gratitudine; un Paese che ha sofferto molto, perché è sempre stato un pomo della discordia tra gli Imperi; un Paese che ha creato molto, proprio perché è stato un crogiolo di culture.

Infine, è importante ricordare che il Cristianesimo, pur essendo nato a Gerusalemme, ha preso il volo in Siria. Il Paese si trova nelle immediate vicinanze della Palestina. Spesso menzionato nella Bibbia, ha svolto un ruolo essenziale agli inizi del Cristianesimo. Basta rileggere gli Atti degli Apostoli per rendersene conto.

Fu ad Antiochia, allora capitale della Siria apostolica, che la Chiesa si aprì ai Gentili e che i discepoli di Gesù furono chiamati per la prima volta cristiani.

È sulla via di Damasco, l'attuale capitale, che Saulo si convertì e divenne l'apostolo Paolo. A Damasco si trova ancora la casa dove il suo vescovo Anania gli insegnò il Vangelo.

A Dura-Europos, nel deserto siriano, si può visitare la più antica chiesa conosciuta al mondo, una chiesa clandestina costruita nel 232 d.C. all'interno di una casa e risalente all'epoca in cui gli imperatori romani perseguitavano i cristiani. Nel nord-ovest del Paese si trovano le rovine di centinaia di monasteri e chiese costruiti verso la fine dell'Antichità.

Non ci resta che sperare nella pace, in una vera democrazia laica e nel rispetto di tutti i credenti, chiunque essi siano, affinché la Siria torni a essere un luogo di incontro e di passaggio per tutti coloro che vogliono riscoprire le tracce autentiche e genuine delle civiltà musulmana e giudaico-cristiana.

   Claude ZEREZ

giovedì 16 gennaio 2025

Come l'Occidente ha distrutto la Siria

 

Rick Sterling, How the West Destroyed Syria, 11 gennaio 2025

Tradotto da Maria Antonietta Carta 

Durante molti anni, Peter Ford ha lavorato presso il Ministero degli Esteri del Regno Unito. Fu ambasciatore in Bahrein (1999-2003) e poi in Siria (2003-2006). In seguito, è stato rappresentante nel mondo arabo per il Commissario generale dell'Agenzia delle Nazioni Unite. Rick Stering lo ha intervistato il 6 gennaio 2025.


Rick Sterling: Perché secondo lei l’esercito e il governo siriano sono crollati così rapidamente?

Peter Ford: Tutti siamo stati sorpresi, ma col senno di poi non avremmo dovuto esserlo. Nel corso di oltre un decennio, l’esercito siriano si è logorato a causa della drammatica situazione economica, causata principalmente dalle sanzioni occidentali. La Siria aveva solo poche ore di elettricità al giorno, niente denaro per acquistare armi e nessuna possibilità di utilizzare il sistema bancario internazionale. Non sorprende che l’esercito sia stato abbattuto. Con il senno di poi, si potrebbe dire che dovremmo piuttosto sorprenderci che il governo siriano e l’esercito siano riusciti per anni a respingere gli islamisti. L’esercito siriano li aveva costretti nella ridotta di Idlib quattro o cinque anni fa, ma da quel momento in poi si è indebolito, diventando meno pronto a combattere sia a livello tecnico sia morale. I soldati siriani, in larga parte coscritti, hanno sofferto tanto quanto qualsiasi comune Siriano a causa della terribile situazione economica. Esito ad ammetterlo, ma le sanzioni occidentali sono state estremamente efficaci nel fare ciò che erano state progettate per fare: distruggere l’economia siriana. Quindi dobbiamo riconoscere, e lo dico con profondo rammarico, che le sanzioni hanno funzionato. Esse hanno causato esattamente ciò per cui erano state progettate: far soffrire il popolo siriano e quindi provocare il malcontento contro quello che chiamano il regime.

I Siriani comuni non capivano le complessità della geopolitica e incolpavano il governo per tutto: mancanza di elettricità, cibo, gas, petrolio e l’alta inflazione. Tutto ciò che è arrivato dall’essere tagliati fuori dall’economia mondiale e dal non avere sostenitori ricchi sfondati. La Siria fu attaccata e occupata dalle principali potenze militari (Turchia, USA, Israele), e da migliaia di jihadisti stranieri. L’esercito siriano si demoralizzò tanto da diventare una tigre di carta.

RS: Pensa che il Regno Unito e gli Stati Uniti siano stati coinvolti nell’addestramento dei jihadisti prima dell’attacco di dicembre ad Aleppo?

PF: Assolutamente sì, e anche gli Israeliani. Il leader di Hayat Tahrir al Sham (HTS), Ahmed Hussein al Sharaa (precedentemente noto come Mohammad abu Jolani) ha quasi certamente consiglieri britannici dietro le quinte. Ho individuato la mano di tali consulenti in alcune delle dichiarazioni fatte in un inglese impeccabile. Le dichiarazioni avevano l’ortografia americana, quindi anche la CIA è lì. Jolani è un burattino, una marionetta che dice quello che vogliono che dica.

RS: Qual è la situazione attuale, un mese dopo il crollo?

PF: Ci sono schermaglie qua e là, ma in generale gli islamisti e i combattenti stranieri la fanno da padrone. Ci sono sacche di resistenza a Latakia dove gli alawiti stanno letteralmente combattendo per la loro vita. Gran parte dei combattimenti riguarda i tentativi di HTS, gli attuali governanti, di confiscare le armi. Gli alawiti resistono, ed esistono sacche di resistenza nel Sud del Paese, dove sono presenti milizie druse locali. HTS si insedia in maniera discreta nel territorio, ma affronta problemi nonostante l’ultimo scontro con l’esercito siriano sia stato poco più di una passeggiata, e in genere non abbiano mai dovuto affrontare molti combattimenti. Immagino che i loro combattenti siano circa 30.000 soltanto, sparsi in tutta la Siria, e non è molto. C’è un’importante sacca di resistenza nel nord-est dove si trovano i Curdi. I Curdi alleati degli Stati Uniti stanno resistendo e il cosiddetto Esercito Nazionale Siriano, che è un fronte per l’esercito turco, potrebbe entrare in guerra a tutti gli effetti contro le forze curde. Ma dipenderà in parte da ciò che accadrà dopo l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, di come Trump affronterà la situazione.

RS: Cosa sente dalle persone in Siria?

PF: Non è una bella storia. HTS e i suoi alleati hanno sfilato esibendo la loro forza e sventolando le bandiere dell’ISIS e di al-Qaeda. Hanno bullizzato, intimidito, confiscato e saccheggiato. Contro cristiani e soldati alawiti hanno fatto giustizia sommaria. Le esecuzioni lungo le strade sono la norma. I cristiani nelle loro città e villaggi stanno solo cercando di nascondersi e pregare. Letteralmente. Mi dispiace dire che il clero cristiano, con una o due nobili eccezioni, ha optato per l’arrendevolezza e ha tradito effettivamente le sue comunità. La leadership di alto livello della Chiesa ortodossa e in particolare la chiesa greco-cattolica si sono appena fatte fotografare con dignitari del regime jihadista. Stanno porgendo l'altra guancia. Al contrario degli alawiti. Ma non hanno scelta. Ricordiamo che lo slogan degli eserciti jihadisti durante il conflitto era: “Cristiani a Beirut, alawiti nelle tombe”. HTS cerca di incontrare i rappresentanti religiosi e di fare poco chiasso, ma nel frattempo i suoi scagnozzi sfilano sui camion sventolando bandiere dell’ISIS. Quello che sento è molto deprimente.

Il regime sta lasciando gli alawiti completamente abbandonati a se stessi e in Occidente si legge a malapena qualche parola nei media sulla situazione degli Alawiti e non molto più sui cristiani.

RS: I media occidentali hanno demonizzato Bashar al -Assad e persino sua moglie Asma. Qual è stata la sua impressione su Bashar e Asma quando li ha conosciuti? Cosa pensa delle accuse di avere accumulato miliardi di dollari?

PF: Le accuse sono del tutto false. Conosco qualche membro della famiglia Assad; alcuni di loro hanno vissuto per molti anni in Gran Bretagna dove vivevano modestamente. Se Assad fosse stato un miliardario, come si dice, le informazioni si sarebbero propalate. Vi posso garantire che non è come stanno dicendo. Queste accuse vanno anche contro le impressioni che ho raccolto quando vedevo gli Assad all'epoca in cui ero ambasciatore in Siria. Apprezzavano le cose buone della vita come tutti, ma non sembravano personaggi alla Marcos. Niente del genere. Sono tutte menzogne inventate per servire l'agenda più profonda. I calci mediatici a Bashar e Asma sono davvero disgustosi e inutili. Egli ha deluso i pochi seguaci che gli restano, anche se era irrealistico, credo, per loro di aspettarsi di più. Ma il fatto è che è scappato quando gli altri non sono riusciti a scappare e molti di loro sono stati uccisi o si nascondono o in alcuni casi sono fuggiti in Libano, dove si nascondono. Lui ha salvato la sua pelle, ma colpirlo come i media stanno facendo è davvero disgustoso e inutile. È una specie di nuovo genere di pornografia politica, il porno Assad, le storie di torture, la narrazione esagerata sulle prigioni e sulle tombe che vengono scoperte. A proposito, in realtà la maggior parte di quelle tombe sono di morti in guerra e non di persone che erano state torturate a morte come i media pretendono. Centinaia di migliaia di persone sono morte nel conflitto durato oltre un decennio, e molte di loro sono state sepolte in tombe non contrassegnate, ma i media occidentali si stanno divertendo con questo nuovo genere di porno Assad. Tutto ciò è stato montato per far digerire meglio all’opinione pubblica occidentale il modo in cui l’Occidente va a letto con al-Qaeda. Più demonizzano Assad e insistono sui misfatti del regime di Assad e più è probabile che dobbiamo ingoiare e siamo distratti dalle orrende atrocità che vengono portate avanti in questo momento.

I leader occidentali stanno baciando i piedi di un tipo che è ancora un terrorista ricercato e che è stato un membro fondatore dell’ISIS così come un membro fondatore di al-Qaeda in Siria. È moralmente disgustoso e vergognoso.

Jolani ha disperatamente bisogno dell'Occidente altrimenti finirà per affrontere la stessa sorte di Bashar al-Assad. Se l'economia seguisse l’andamento degli anni passati, Jolani sarebbe carne morta in tempi abbastanza brevi. Deve fornire un massiccio e rapido miglioramento economico per sopravvivere come leader. Ed è di questo che si tratta. La sua strategia, ovviamente, è quella di sfruttare il suo status di burattino dell’Occidente al fine di garantire non solo gli aiuti per la ricostruzione nel lungo termine, ma più immediatamente l’alleggerimento delle sanzioni perché tornino l’elettricità e il petrolio.

Non dimentichiamo che il petrolio e il gas della Siria sono ancora effettivamente nelle mani degli Stati Uniti, che attraverso i suoi burattini curdi controllano un segmento dell’economia pari, credo, al 20% del PIL, e fornivano prima della guerra combustibile essenziale per il carburante, l’impiego domestico e tutto il resto. Deve mettere le mani su questo e ottenere la cessazione delle sanzioni, ma ha un problema importante: Israele. Non può comprare Israele. Israele è l’eccezione. Tutto il fronte occidentale si sta inchinando per andare a baciare i piedi del sultano di Damasco, ma gli Israeliani digrignano i denti dicendo che non si fidano del tipo.

Israele sta distruggendo i resti dell’esercito siriano e delle sue infrastrutture, e nel frattempo afferra altra terra siriana. Vuole mantenere la Siria in ginocchio a tempo indeterminato, insistendo sul fatto che le sanzioni occidentali non siano revocate. Sento che c’è una battaglia reale in corso a Washington tra quello che potremmo chiamare lo stato profondo, che favorirebbe la revoca delle sanzioni, e la lobby israeliana, che resiste a questo per ragioni egoistiche. Dato che la lobby israeliana vince nove volte su 10, le prospettive potrebbero non essere così grandi per il regime di Jolani.

RS: Quali sono le sue speranze e i suoi timori per la Siria? Qual’è lo scenario da incubo e quale il migliore possibile?

PF: Sono molto pessimista. È estremamente difficile vedere un lato positivo in quello che è successo. La Siria è stata eliminata dal tavolo da gioco mediorientale. La vecchia Siria è morta. La Siria è stata l’ultima tra i Paesi arabi a sostenere i Palestinesi. Non ce n'era nessun altro. Ci sono milizie come Hezbollah più lo Yemen, ma non altri Stati. La Siria è ormai andata, e i jihadisti stanno dicendo, dicono al mondo che non gli importa. A proposito, questo è un esempio di come gli Israeliani non accetteranno un sì per risposta. I jihadisti continuano a dire al mondo: “Noi amiamo Israele. Non ci interessano i Palestinesi. Per favore accettateci. Noi vi vogliamo bene”. E gli Israeliani non accetteranno un sì per risposta.

La migliore speranza per il popolo siriano è che possa ottenere un po’ di tregua. È possibile immaginare uno scenario in cui il popolo siriano sia in grado di riprendersi almeno economicamente; uno scenario in cui le sanzioni vengono revocate; in base al quale il governo centrale recupera il controllo del suo petrolio e del suo grano; dove i combattimenti si sono fermati; dove non deve pagare nulla per tenere un esercito che non cerca di avere. I Siriani potrebbero essere in grado di ricostruire tutto. Quindi, è possibile immaginare uno scenario in cui la Siria perdendo la sua anima guadagni più ore di elettricità. Questo è forse lo scenario più probabile. Ma ci sono grandi ostacoli. Mentre stiamo parlando, Israele ostacola il ritiro delle sanzioni sollevando sacche di resistenza alla disciplina tra i ranghi jihadisti; la Turchia si scatena contro i Curdi e contro l’ISIS, che non è ancora una forza completamente esaurita. La prospettiva è ovviamente buia. Dovremmo fare il punto tra un mese, quando vedremo a Washington i primi passi del nuovo regime da cui dipenderà così tanto. 

RS: Durante il suo primo mandato, Trump ha cercato di rimuovere le truppe statunitensi dalla Siria orientale, ma i suoi sforzi sono stati ignorati. Forse questo avrebbe potuto fare una grande differenza?

PF: Sì, poteva essere una svolta totale. Se la Siria avesse avuto accesso al suo petrolio, non avrebbe avuto il problema del carburante e il problema dell’elettricità. Potrebbe aver cambiato la storia della regione. Ora, gli Stati Uniti stanno aumentando il numero dei soldati e delle basi in Siria e hanno recentemente assassinato un leader dell’ISIS che forse ha avuto un ruolo nello scatenare il recente attacco terroristico negli Stati Uniti. Tutto questo rende molto più difficile per Trump ritirare le forze statunitensi, perché sembrerebbe una ricompensa per l’ISIS.

Ho sostenuto per anni che le sanzioni non funzionavano, ma alla fine lo hanno fatto. È stato come per un ponte che viene indebolito e poi improvvisamente crolla. Non c'é stata un’unica causa. Era solo il culmine e le cose hanno raggiunto il punto di svolta.

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