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mercoledì 1 marzo 2017

La preghiera di Quaresima di Sant'Efrem il Siro

«Signore e Sovrano della mia vita, non darmi uno spirito di pigrizia, di scoraggiamento, di dominio e di vana loquacità!

Concedi invece al tuo servo uno spirito di castità, di umiltà, di pazienza e di carità.

Sì, Signore e Sovrano, dammi di vedere le mie colpe e di non giudicare mio fratello; poiché tu sei benedetto nei secoli dei secoli.
Amen.»

Maloula, convento di Santa Tecla: icona del buono e cattivo cammino
La Preghiera di un miserabile
  di Efrem il Siro  ( 306-373)
"Signore Gesù Cristo, che hai potere sulla vita e sulla morte, tu conosci ciò che è segreto e nascosto, i pensieri e i sentimenti non ti sono velati. Guarisci i miei raggiri e il male fatto nella mia vita.
Ecco, la mia vita declina di giorno in giorno, ma i miei peccati crescono.
Signore, Dio delle anime e dei corpi, tu conosci l'estrema fragilità della mia anima e del mio corpo, concedimi forza nella mia debolezza, sostienimi nella mia miseria.
Dammi un animo grato: che mi ricordi sempre dei tuoi benefici; non ricordare i miei numerosi peccati, perdona tutti i miei tradimenti. Signore, non disdegnare questa preghiera, la preghiera di questo misero.
Conservami la tua grazia fino alla fine, custodiscimi come per il passato"  

lunedì 27 febbraio 2017

Padre Ziad Hilal: i religiosi e l'immensa opera del soccorso

Il taglio dell'acqua ad Aleppo perdura . La gente beve acqua contaminata dai pozzi. I Fratelli Maristi continuano a distribuire gratis l'acqua agli abitanti più poveri, portandola alle case con i loro camioncini

Aleppo, febbraio 2017

Quasi tre mesi dopo la liberazione della città di Aleppo dal controllo dell'ISIS da parte dell'esercito siriano, la popolazione locale si trova ad affrontare condizioni di vita durissime in una città in rovina dopo quasi sei anni di combattimenti.
In un'intervista con l'organizzazione umanitaria francese L'Oeuvre d'Orient, padre Ziad Hilal che svolge il suo ministero pastorale ad Aleppo, ha detto che il costo della vita in Siria è diventato esorbitante.
"In precedenza, il dollaro valeva circa 50 sterline siriane, oggi è scambiato a più di 520 lire siriane. Dieci volte di più! La gente di Aleppo non ha più i soldi per vivere, pochissime persone hanno un lavoro".
"Hanno bisogno di cibo, di carburante, devono pagare le tasse scolastiche per i figli, per gli studenti universitari, comprare il latte per i più piccoli. Ogni famiglia deve pagare per collegarsi ai generatori di energia elettrica" riferisce P. Hilal.
"Nella regione di Aleppo vivono decine di migliaia di persone. Esse sono spesso senza riparo, o sono ospitate in vecchie fabbriche. Hanno bisogno di tutto. Altri sono vicino a Idleb (a sud-ovest di Aleppo), o sfollati al confine con la Turchia, a Damasco, o in Libano. Altri sono profughi in Europa. Ci sono anche alcuni che sono rimasti ad Aleppo spostandosi nella zona occidentale della città", racconta sempre P. Hilal.
Il sacerdote gesuita ha spiegato che dopo l'evacuazione dei ribelli dalla parte orientale della città, "la situazione è leggermente migliorata, ma una quantità di ribelli rimane ancora nei villaggi circostanti. Ci sono ancora scambi di armi da fuoco e bombardamenti tra Aleppo e la periferia."
"L'Est Aleppo è quasi interamente distrutta. C'è una presenza militare, ma la gente non può tornare lì", "nonostante ciò, la gente sta circolando per le strade, può fare la spesa, i bambini sono più tranquilli. Tuttavia, né elettricità né acqua sono stati ripristinati nella città. Dopo gli scontri, siamo stati totalmente tagliati fuori dall'approvvigionamento dell'acqua ed è stata una dura prova per tutti. Ecco perché le persone non stanno ritornando in questo momento, anche se alcuni di loro lo vorrebbero. Tanto più perché è stato un inverno molto freddo quest'anno ed abbiamo avuto anche due nevicate", sono le parole di P. Hilal.
"La Chiesa adesso deve stare a fianco dei rifugiati, degli sfollati e degli emarginati. La gente di Aleppo non viene qui da noi solo per pregare, ma anche per ottenere aiuto."
Egli ha sottolineato che questa situazione "non è un lavoro facile per i sacerdoti, per i religiosi e le religiose, tuttavia è un lavoro che ci stiamo assumendo."
Ad esempio, le sei chiese cattoliche di Aleppo lavorano insieme per lanciare un'iniziativa chiamata 'il posto del latte'.  Ogni mese si distribuisce il latte per circa 2600 bambini di Aleppo. Le chiese distribuiscono anche cesti alimentari, forniture igieniche e pagano le rette per le lezioni dei ragazzi e gli alloggi per le famiglie.
Padre Hilal ha detto che la ricostruzione di Aleppo è prematura "fintanto che non c'è pace nel Paese". Tuttavia, ha aggiunto che si stanno studiando con alcune organizzazioni la possibilità di ricostruire alcune chiese e case distrutte.
"Il Nunzio Apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari e mons. Dal Toso di Cor Unum, sono venuti tre settimane fa per valutare la situazione. "
"D'altra parte, qui non possiamo aspettarci l'energia elettrica per ristrutturare, per almeno un anno, perché la rete è stata completamente distrutta dai combattimenti. Ci vorranno milioni e milioni di euro per la ricostruzione ", ha detto. "Chi pagherà per questo? Bisogna investire nella città. Bisogna avere speranza ".

giovedì 23 febbraio 2017

Padre Ibrahim: nel cuore della popolazione siriana la speranza della pace non si affievolisce

Padre Ibrahim Alsabagh, parroco latino di Aleppo, commenta l’odierna fase di colloqui in Svizzera:

Radio Vaticana, 23/02/2017
R. – Sicuramente, ogni tentativo di dialogo e ogni appuntamento tra le diverse parti per noi è un grande segno di speranza. Siamo realisti, sappiamo quante sfide ci sono… abbiamo saputo che le rappresentanze di alcune parti sono composte solo di poche persone ma, dall’altra parte, rimane un segno di speranza per un futuro migliore.
D. – Padre Ibrahim, tra due settimane sarà il sesto anniversario dello scoppio prima delle proteste e poi di tutta una serie di eventi che hanno poi portato alla catastrofe della guerra. Lei che risultati vede, oggi?  R. – Sicuramente, vediamo la gente più sofferente, più appesantita, più povera. Ad esempio, ad Aleppo abbiamo grande difficoltà con l’acqua, perché l’Is ha tagliato le condutture verso la città; l’elettricità non esiste e per tutti, significa mancanza di lavoro. E tutto questo sempre con i prezzi alle stelle. E’ una situazione diciamo “post-guerra”, anche se non è finita per Aleppo, ma questo post-guerra significa sempre sofferenza e tante attese.
D. – Uno dei posti dove ancora si lotta, ad esempio, è Idlib: c’è stato un allarme dell’Unicef per i bambini, che torna a farci pensare quanto siano stati protagonisti in questi sei anni. Ecco, l’infanzia ad Aleppo: come stanno i bambini? Hanno ripreso la scuola? Sono rimasti, i bambini?  R. – Sì, ci sono i bambini sempre con i segni della sofferenza, di tanti shock psicologici, ma non solo i bambini. Vediamo anche tantissime donne con disturbi, tantissimi uomini anche mutilati; vediamo questo ogni giorno e sappiamo che se ad Aleppo è così, allora anche in ogni luogo della Siria.
D. – Prima, la Siria era il luogo del dialogo; ora a Ginevra si combatte per ricostruirlo, questo dialogo. Secondo lei, c’è spazio, oggi, con quello che è accaduto, per tornare a stare insieme?  R. – Sicuramente, per noi c’è sempre la possibilità di un dialogo, di ricucire questa bellissima società-mosaico che è stata lesa nella sua unità. Quello che cerchiamo di fare noi è di andare incontro all’altro: non importa cosa l’altro abbia fatto ieri, noi gli andiamo incontro con tutto quello che possiamo fare, nonostante le nostre ferite, i nostri limiti come Chiesa locale. Per me è molto facile ricucire o aprire un dialogo: basta uscire in strada, basta dire buongiorno a una persona, soffermarsi ad ascoltare la sofferenza, basta bussare alla porta di un capo religioso e fare una visita.
D. – Si può tradurre in politica, questo?   R. – Le cose grandi iniziano dalle cose piccole, dalle cose più semplici: da una stretta di mano, da un sorriso, da un saluto dal cuore… Abbiamo tanta speranza che questi semi facciano veramente grandi miracoli. E noi riusciamo a vederli, specialmente quando si tratta delle Chiese: noi possiamo oggi fare molto, molto di più di quello che i canali istituzionali possono fare.
D. – Lei dice quindi anche a livello di dialogo interreligioso?   R. – Certo. Come concittadini, come persone, come responsabili di un cammino possiamo fare tanto. La Chiesa qua, per esempio, ha una grande influenza, un grande potere morale che può, spesso, cambiare anche il camino di un popolo. Noi sentiamo questa forza, oggi, e cerchiamo di approfittare proprio di questa nostra autorità morale per riprendere in mano il timone e cercare di guidare il Paese verso il dialogo, verso la pace.