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mercoledì 2 luglio 2025

Un nuovo tempo di incognite e martirio: testimonianza dell'Arcivescovo Tobji da Aleppo

Agenzia Fides 1/7/2025

di Gianni Valente

Sono passati 9 giorni dalla strage di almeno 25 cristiani ammazzati mentre erano a messa nella chiesa greco-ortodossa di Sant’Elias, a Damasco. E quel massacro segna per sempre con lo stigma del martirio il tempo dei cristiani siriani nella Siria del dopo-Assad.

«Dopo la strage» conferma all’Agenzia Fides Joseph Tobji, l’Arcivescovo maronita di Aleppo «hanno scritto su muro di una chiesa nella circoscrizione di Hama le parole “verrà anche il vostro turno”. Qualcuno vuol far credere che è solo l’inizio. Mi mandano foto di volantini attaccati a case cristiane in cui è scritto “la terra di Siria deve essere purificata”, col disegno di bombe e Kalašnikov. Intimidazioni che ricordano le scritte apparse sulle case dei cristiani di Mosul. Sono queste le cose che girano tra i cristiani. Magari non sono neanche foto reali, qualcuno le genera con l’intelligenza artificiale e le manda in giro nella rete. Ma la paura che scatenano non è un “fake”». 

L’Arcivescovo Tobji descrive una situazione sospesa, carica di incognite per i cristiani siriani. Da una parte, «Quelli che ora comandano ci ripetono sempre che i cristiani non si toccano, che sono una componente essenziale del Paese e della società siriana. A Natale e Pasqua hanno mandato le loro scorte di sicurezza per proteggere le messe nelle chiese e le processioni. I Servizi di sicurezza hanno già preso misure e sistemi protezione. Quando li chiamiamo vengono. Ma la gente non ci crede. Prevalgono paura e sconforto». Perché appare evidente che «non tutte le fazioni e i gruppi armati rispondono a quelli che adesso hanno in mano il governo». 

L’attuale Presidente, Ahmed al-Sharaa, quando si faceva chiamare col “nome di battaglia” Abu Mohammad al-Jolani, ha guidato negli anni della guerra siriana Hayat Tahrir al Sham (HTS), la sigla islamista più rinomata tra quelle coinvolte nell’offensiva culminata con l’abbattimento del regime di Bashar al Assad.

Adesso, nella Siria attuale - riconosce l’Arcivescovo Tobji - anche buona parte dei musulmani siriani non appoggia la possibile instaurazione di un regime islamista. Ma la mentalità islamista emerge nei dettagli. Ha effetti nella vita quotidiana. Con gli ascensori riservati agli uomini e quelli riservati alle donne, negli uffici statali sportelli per le donne altri per gli uomini, e così via.

«Qualche giorno fa un ragazzo e una ragazza passeggiavano per strada la sera, li ferma un uomo e chiede loro come mai stanno insieme. Rispondono che sono fidanzati, e lui comincia a interrogarli, vuole che qualcuno lo confermi, fa chiamare al telefono la madre di uno di loro e comincia a interrogare anche lei, che ha confermato che il ragazzo e la ragazza sono fidanzati... Con episodi così, tanti cominciano a dire: questo non è più il nostro Paese. Tanti giovani sono alla continua ricerca del visto per espatriare, per scappare da una situazione che considerano irrecuperabile».

I Vescovi cattolici - racconta Joseph Tobji - hanno riflettuto insieme su come affrontare questo tempo. «Condividiamo il pensiero che se il Signore ci tiene qui, nella Siria del 2025, c’è qualcosa che vuole da noi in questa situazione, che non dobbiamo nasconderci o rimanere a guardare: C'è una chiamata del Signore che vuole da noi qualche azione».
Per questo i Vescovi cattolici di Aleppo hanno costituito un Comitato come strumento per incentivare il dialogo con tutte le componenti del Paese. Qualche settimana fa, il Comitato ha organizzato un convegno di tre giorni per confrontarsi sul presente e il futuro della Siria, nel segno della riconciliazione nazionale. «Abbiamo invitato anche alcuni di quelli che hanno scritto la Dichiarazione costituzionale. Abbiamo parlato liberamente, c’era chi criticava l’attuale governo, e chi lo appoggiava. Ma quello è stato solo l’inizio di un processo. Ora stiamo studiando come trovare strade per favorire la pace e la riconciliazione».

Appare evidente che l’attuale gruppo di potere non ha il controllo di tutte le fazioni armate e su tutte le aree. Ampie parti del Paese sono controllate da curdi e drusi. «Manca la polizia per le strade, la situazione è sottosopra e i nuovi arrivati al potere sono ancora inesperti di politica e amministrazione. A volte - racconta l’Arcivescovo maronita di Aleppo «prendono decisioni fuori dalla realtà. Hanno licenziato migliaia e migliaia di impiegati pubblici, etichettandoli in massa come corrotti o dicendo che sono ridondanti. E ora anche le famiglie di quegli ex dipendenti degli apparati non sanno come andare avanti. Il pane continua a costare dieci volte più di prima, e la nostra gente senza pane non va avanti. Tutti si lamentano ancora della scarsità di corrente elettrica, di acqua, e però questo dura già da molti anni. Le cose peggiori sono i prezzi cari di medicinali, interventi chirurgici, affitti».

L’Arcivescovo Tobji ha incontrato 4 volte il Presidente al Sharaa. «Lui quando parla con noi mostra di avere visioni avanzate. Ma non so se riuscirà a fare qualcosa di quello che dice di voler fare. Lo spero».

Intanto le sanzioni disposte contro la Siria al tempo di Assad sono state tolte, ma per il Paese - rimarca Tobji - «non abbiamo sentito ancora alcun effetto positivo. Si parla dell’arrivo di businessmen che verranno a fare investimenti. Se l’economia cominciasse a migliorare, cambierebbe tutto. Ma finora non si vedono segnali rassicuranti».

Lo scenario singolare di un assetto di potere guidato da gruppi di matrice jihadista, che trova sponde e accreditamento politico nei Paesi dell’Occidente nord-atlantico. «La Siria - nota l’Arcivescovo Tobiji - ha fatto una conversione a U. Prima il regime era appoggiato da Russia e Iran, adesso il gruppo di al Sharaa è appoggiato da USA e Europa. Ma credo che in questi scenari e in questi spostamenti di fronte non esistono amici eterni, amicizie eterne. A muovere le cose sono gli interessi».

 http://www.fides.org/it/news/76526-ASIA_SIRIA_Un_nuovo_tempo_di_incognite_e_martirio_L_Arcivescovo_Tobji_racconta_il_presente_dei_cristiani_siriani


UN APPROFONDIMENTO SU UNA SCONVOLGENTE INCHIESTA DI REUTERS : https://www.vietatoparlare.it/sconvolgente-inchiesta-di-reuters-siria-la-strage-degli-alawiti-e-il-silenzio-delloccidente/

sabato 28 giugno 2025

Papa Leone alle Chiese Orientali: siete testimoni della luce dell’Oriente

 Ai Partecipanti alla Plenaria della "Riunione delle Opere per l'Aiuto alle Chiese Orientali" (ROACO) (26 giugno 2025)  LEONE XIV

Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo.

La pace sia con voi!

Eminenza ed Eccellenze Reverendissime,
cari sacerdoti, fratelli e sorelle,

la pace sia con voi! Vi do il benvenuto, lieto di incontrarvi al termine della vostra Assemblea plenaria. Saluto Sua Eminenza il Cardinale Gugerotti, gli altri Superiori del Dicastero, gli Officiali e voi tutti, membri delle Agenzie della ROACO.

«Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). So che per voi sostenere le Chiese Orientali non è anzitutto un lavoro, ma una missione esercitata in nome del Vangelo che, come indica la parola stessa, è annuncio di gioia, che rallegra anzitutto il cuore di Dio, il quale non si lascia mai vincere in generosità. Grazie perché, insieme ai vostri benefattori, seminate speranza nelle terre dell’Oriente cristiano, mai come ora sconvolte dalle guerre, prosciugate dagli interessi, avvolte da una cappa di odio che rende l’aria irrespirabile e tossica. Voi siete la bombola di ossigeno delle Chiese Orientali, sfinite dai conflitti. Per tante popolazioni, povere di mezzi ma ricche di fede, siete una luce che brilla nelle tenebre dell’odio. Vi prego, col cuore in mano, di fare sempre tutto il possibile per aiutare queste Chiese, così preziose e provate.

La storia delle Chiese cattoliche orientali è stata spesso segnata dalla violenza subita; purtroppo non sono mancate sopraffazioni e incomprensioni pure all’interno della stessa compagine cattolica, incapace di riconoscere e apprezzare il valore di tradizioni diverse da quella occidentale. Ma oggi la violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima. Ne ha risentito pure la vostra sessione annuale, con l’assenza fisica di quanti sarebbero dovuti venire dalla Terra Santa, ma non hanno potuto intraprendere il viaggio. Il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza, e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra. Siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere e a cercare di superarle, e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica, smascherandole con decisione. La gente non può morire a causa di fake news.

 È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta? La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti! 

E mi chiedo: da cristiani, oltre a sdegnarci, ad alzare la voce e a rimboccarci le maniche per essere costruttori di pace e favorire il dialogo, che cosa possiamo fare? Credo che anzitutto occorra veramente pregare. Sta a noi fare di ogni tragica notizia e immagine che ci colpisce un grido di intercessione a Dio. E poi aiutare, come fate voi e come molti fanno, e possono fare, attraverso di voi. 

Ma c’è di più, e lo dico pensando specialmente all’Oriente cristiano: c’è la testimonianza. È la chiamata a rimanere fedeli a Gesù, senza impigliarsi nei tentacoli del potere. È imitare Cristo, che ha vinto il male amando dalla croce, mostrando un modo di regnare diverso da quello di Erode e Pilato: uno, per paura di essere spodestato, aveva ammazzato i bambini, che oggi non cessano di essere dilaniati con le bombe; l’altro si è lavato le mani, come rischiamo di fare quotidianamente fino alle soglie dell’irreparabile. Guardiamo Gesù, che ci chiama a risanare le ferite della storia con la sola mitezza della sua croce gloriosa, da cui si sprigionano la forza del perdono, la speranza di ricominciare, il dovere di rimanere onesti e trasparenti nel mare della corruzione. Seguiamo Cristo, che ha liberato i cuori dall’odio, e diamo l’esempio perché si esca dalle logiche della divisione e della ritorsione. Vorrei ringraziare e idealmente abbracciare tutti i cristiani orientali che rispondono al male con il bene: grazie, fratelli e sorelle, per la testimonianza che date soprattutto quando restate nelle vostre terre come discepoli e come testimoni di Cristo. 

Cari amici della ROACO, nel vostro lavoro voi vedete, oltre a molte miserie causate dalla guerra e dal terrorismo – penso al recente terribile attentato nella chiesa di sant’Elia a Damasco – anche fiorire germogli di Vangelo nel deserto. Scoprite il popolo di Dio che persevera volgendo lo sguardo al Cielo, pregando Dio e amando il prossimo. Toccate con mano la grazia e la bellezza delle tradizioni orientali, di liturgie che lasciano abitare a Dio il tempo e lo spazio, di canti secolari intrisi di lode, gloria e mistero, che innalzano un’incessante richiesta di perdono per l’umanità. Incontrate figure che, spesso nel nascondimento, vanno ad aggiungersi alle grandi schiere dei martiri e dei santi dell’Oriente cristiano. Nella notte dei conflitti siete testimoni della luce dell’Oriente. 


Vorrei che questa luce di sapienza e di salvezza sia più conosciuta nella Chiesa cattolica, nella quale sussiste ancora molta ignoranza al riguardo e dove, in alcuni luoghi, la fede rischia di diventare asfittica anche perché non si è realizzato il felice auspicio espresso più volte da san Giovanni Paolo II, che 40 anni fa disse: «La Chiesa deve imparare di nuovo a respirare con i suoi due polmoni, quello orientale e quello occidentale» (Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali, 28 giugno 1985). Tuttavia, l’Oriente cristiano si può custodire solo se si ama; e si ama solo se si conosce. Occorre, in questo senso, attuare i chiari inviti del Magistero a conoscerne i tesori, ad esempio cominciando a organizzare corsi di base sulle Chiese Orientali nei Seminari, nelle Facoltà teologiche e nei centri universitari cattolici (cfr S. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Orientale lumen, 24; Congregazione per l’Educazione Cattolica, Lett. circ. Eu égard au développement, 9-14). E c’è bisogno pure di incontro e di condivisione dell’azione pastorale, perché i cattolici orientali oggi non sono più cugini lontani che celebrano riti ignoti, ma fratelli e sorelle che, a motivo delle migrazioni forzate, ci vivono accanto. Il loro senso del sacro, la loro fede cristallina, resa granitica dalle prove, e la loro spiritualità che profuma del mistero divino possono giovare alla sete di Dio latente ma presente in Occidente.

Affidiamo questa crescita comune nella fede all’intercessione della Tutta Santa Madre di Dio e degli Apostoli Pietro e Paolo, che hanno unito Oriente e Occidente. Io vi benedico e vi incoraggio a perseverare nella carità, animati dalla speranza di Cristo. Grazie!

mercoledì 25 giugno 2025

Il mortale attentato alla chiesa in Siria scatena l'indignazione dei cristiani, il Patriarca Giovanni X si rivolge a Al Sharaa


John X Yazigi, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente della Chiesa greco-ortodossa, si è rivolto ai leader siriani durante il funerale delle vittime dell'attentato suicida nella chiesa di Sant'Elia a Damasco, martedì.
Il Patriarca ha criticato apertamente il governo per non aver adempiuto alle proprie responsabilità di proteggere i cittadini, sostenendo che l'attacco non ha precedenti dal massacro di Tusha al-Sham del 1860.
 

lunedì 23 giugno 2025

Martiri di Damasco, ieri e oggi

 di Abouna Dr. Rifat Badr

 Il 20 ottobre 2024 si è svolta l'ultima cerimonia di canonizzazione di nuovi santi da parte di Papa Francesco. Tra loro c'erano sette santi, soprannominati i "Martiri di Damasco". Erano otto monaci francescani e tre maroniti non consacrati, uccisi "in odio alla fede" nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1860, nel monastero francescano nel quartiere di Bab Touma a Damasco. 

Il loro sangue si mescolò con la terra santa di Damasco, su cui camminò San Paolo Apostolo. Non dimentichiamo che fu ad Antiochia, in Siria, che i seguaci di Gesù Cristo, come descritto nel Libro degli Atti degli Apostoli, furono chiamati per la prima volta "cristiani".

Gli 11 martiri di Damasco sono stati beatificati da Papa Francesco, che ha affermato che "erano servi fedeli, uomini e donne che hanno servito nel martirio e nella gioia... Erano sacerdoti e persone consacrate zelanti nella missione... Hanno vissuto di fede e nel messaggio che offrivano non erano nutriti da desideri mondani o brama di potere.  Al contrario, si sono fatti servi dei loro fratelli e sorelle, creativi nel fare il bene, saldi nelle difficoltà e generosi fino alla fine.

 Vale la pena notare che quando abbiamo dedicato la chiesa del Battesimo di Cristo presso il Luogo del Battesimo nel Sacro Giordano all'inizio di quest'anno 2025, reliquie di santi sono state deposte nel santuario principale, comprese le reliquie dei santi e dei martiri di Damasco.

Questo accadeva a metà del XIX secolo, ma ieri sera siamo rimasti scioccati dalle notizie provenienti da Damasco, che ci mostrano che c'è una costellazione di nuovi martiri, mentre la Siria cerca di scrivere una nuova pagina nonostante tutte le rassicurazioni ricevute dai cristiani. 
Ogni tanto, un evento si verificava qua e là, e veniva detto loro, come ieri ai sacerdoti in televisione: "Ci è stato detto che si trattava di incidenti individuali".
Oggi  chiediamo a Dio che questi eventi siano davvero individuali, lupi solitari, e che non ci sia alcuna organizzazione per altre tragedie, né dentro né fuori le chiese. Siamo tutti concordi nel volere un futuro prospero per la Siria, e che sia davvero, come la conosciamo, influente, efficace, attiva e positiva nel mondo arabo, e in questa regione che, Dio non voglia, non appena esce da una sanguinosa crisi politica, entra in un nuovo ciclo di violenza!

La vista della chiesa ieri è stata lacerante, triste e vergognosa, perché i cristiani in Siria, e coloro che rimangono in questo Paese arabo fratello, sono sempre stati attivi e impegnati nel servire la loro patria e nella rinascita culturale, spirituale e sociale del loro Paese. 
Quasi la metà dei cristiani è emigrata negli ultimi dieci anni, così come molti dei loro compatrioti musulmani. 
Ma quello che è successo ieri sera ha instillato paura nell'animo di molti.  Diversi amici mi hanno detto di non essere riusciti a dormire la notte scorsa, commossi e addolorati per la perdita di coloro che se ne sono andati in modo così brutale, e per paura per i loro figli, i loro connazionali, i loro membri della chiesa e per la loro comunità, che questi atti terroristici si intensifichino.

Naturalmente, condanniamo questo barbaro atto di terrorismo, che è simile a tutti gli atti terroristici che si sono verificati nelle chiese d'Oriente. Auguriamo ogni bene alla Siria e incoraggiamo tutte le persone di buona volontà e tutti coloro che hanno influenza in Siria a parlare e condannare quanto accaduto. Il nostro Oriente non ha bisogno di organizzazioni terroristiche. Piuttosto, ha bisogno di menti illuminate che servano i loro paesi, trattino il loro popolo con rispetto e dignità e lavorino insieme (sottolineiamo la parola insieme) affinché la Siria possa risorgere e rimanere un simbolo di fratellanza e coesistenza e un simbolo di civiltà che rispetta il pluralismo nonostante le sue crisi.

 Che Dio abbia pietà dei martiri, di questo nuovo gruppo di santi e di martiri di Damasco, guarisca i feriti e conforti coloro che temono per il futuro della Siria. Concludo con quanto scritto dal Ministro siriano degli Affari Sociali, Hind Qabwat, che ieri abbiamo visto in TV correre freneticamente intorno alla chiesa, confortare i sacerdoti e piangere di dolore, con sofferenza e rammarico per quanto accaduto.  È l'unica cristiana nel governo siriano, come ha scritto sul suo profilo, affermando ciò che diciamo con lei in questa tragedia: "Misericordia ai martiri della chiesa di Sant'Elia a Dweileh. Nonostante il dolore, l'amarezza e il dolore che condivido con il mio popolo a Dweileh e con tutti gli uomini e le donne siriani in lutto, la mia certezza rimane salda: che la giustizia è più forte dell'ingiustizia, che la costruzione trionferà sulla distruzione, che la vera fede trionferà sulla eresia  e che la luce, non importa quanto durerà l'oscurità, deve risplendere".

abouna.org  Catholic Center for Studies and Media - Jordan

sabato 21 giugno 2025

Aleppo ha fame: una richiesta di sostegno generoso

            entra con Jean-François Thiry nella mensa di Aleppo



 Pro Terra Sancta è un network che promuove e realizza progetti di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, di sostegno alle comunità locali e di aiuto nelle emergenze umanitarie in Terra Santa.

Come racconta personalmente il coordinatore dei progetti di aiuto Jean-François Thiry,  la situazione ad Aleppo è drammatica. Ogni giorno sono sempre di più le persone che sono costrette a rivolgersi alla mensa e al forno per mettere qualcosa da mangiare sulla tavola: in Siria fame e povertà sembrano non avere fine.

Ecco perché oggi ci chiedono di ascoltare il grido di aiuto che arriva dalle famiglie siriane: dona il pane quotidiano e pasti caldi ai più poveri e ai più fragili di Aleppo. Nel video di Jean-François puoi vedere quanto sia importante il nostro impegno insieme. 

CON LA TUA GENEROSITÀ PUOI SOSTENERE SUBITO LA MENSA E IL FORNO AD ALEPPO, AIUTANDOCI A PREPARARE 1.200 PASTI E 600 KG DI PANE OGNI GIORNO.


LINK alla pagina per le donazioni: 

https://www.proterrasancta.org/it/campaign/la-siria-ha-fame?utm_source=dem&utm_medium=email&utm_campaign=aleppo


sabato 14 giugno 2025

Memorie di Siria (1979-2010) di Maria Antonietta Carta

ll ricordo di ciò che è stato quel Paese straordinario non deve svanire a causa della barbarie che oggi lo avviluppa.


MESOPOTAMIA

Ho cercato storie nella terra dove il sole appena nato già folgora con atomica chiarità. Ne ho trovate tante. Fiabe narrate come miti. Immagini di antiche vicende celate in fondo ai cuori. Visioni fantasticate nel tremore.

Alba sul fiume Eufrate. Foto di Maria Antonietta Carta

Esistono esseri infernali, orride streghe con tremendi artigli, mostri maligni che invadono i corpi e i cuori della gente.

È vero, mi confidarono uomini gentili, titubanti per paura di non essere creduti, ma rassicurati dalla mia complicità mi raccontarono di creature fantastiche che insidiano poveri innocenti.

Nell’Eufrate abita una jinn che possiede castelli d’oro in fondo agli abissi colorati di smeraldo e lapislazzuli. Un giorno, rapì un pastore per farsi amare, ma infuriata uccise i loro figli quando egli, sentendo nostalgia del suo villaggio, l’abbandonò.

Una sorella molto devota al fratello cacciatore lo fece assassinare per godere in libertà gli amplessi di un bel demone giovinetto nato dagli ossi della selvaggina che avevano mangiato. Nascosto nelle viscere di una principessa, c’era un serpente rosso che bisognava esorcizzare prima di possederla. Sono buccia di cipolle gli ingannevoli tesori di jinn dispettosi.


Mesopotamia. Crocevia di culture preziose per il cammino dell’Umanità; di grandi rotte commerciali nelle quattro direzioni, ma anche di eserciti.

I suoi antichi sacerdoti scrutavano l’Universo, conoscevano l’alchimia e praticavano la magia. Mistici trovavano tormenti e illuminazioni nelle sue lande deserte. Come sono misteriose le statue, con gli occhi colmi di stupore, degli uomini che a Mari esponevano i loro simulacri nei templi degli dei che avevano sognato.

Mari, tempio di Ishtar. Statua dell’intendente Ebih-Il in preghiera con le mani giunte ( 2400 a. C.)

Terra di vasti orizzonti. Steppe assolate, oasi rigogliose e innumeri colline lievitate dal sovrapporsi di civiltà spesso sepolte dalla desolazione di guerre sanguinose.

Terra senza tempo. Scrigno di un immenso retaggio e linfa vitale per tradizioni millenarie.

Il villaggio di Jerf el-Ahmar (9500-8700 a. C.), riva sinistra dell’Eufrate.https://archeorient.hypotheses.org/3900


Tell Shiukh, Valle dell’Eufrate, 2010. Abitanti del villaggio osservano il lavoro di un archeologo. Foto di Salima Karroum


Ayn Dīwār. Arco di un ponte romano al confine con la Turchia e vicino al confine con l’Irak, a 500 m. dall'odierno corso del Tigri, il fiume che il ponte attraversava in passato. Foto di Maria Antonietta Carta

Terra abitata da donne tenaci, che amo per il portamento fiero e per i colori gioiosi in cui avvolgono, con grazia e bella dignità, la loro vita sacrificata.


Due fanciulle, Wardeh e Nasmiyeh a Tell Tuneinir, sito del III millennio a 15 km da Hassakeh (1989). Foto di Maria Antonietta Carta


Mentre il sole tramontava sulla valle dell’Eufrate (1988). Foto di Maria Antonietta Carta


Mesopotamia ammaliatrice, fecondata dai tuoi eterni amanti, generosi, carezzevoli, ma anche devastanti ma anche avari: Tigri ed Eufrate, colorati come il firmamento che in essi si rispecchia.

Fiume Eufrate nei pressi di Doura Europos . https://www.gettyimages..

Terra di sofferenze e di visioni ineffabili, di cieli luminosi e di tremendi arcani. Specchio dell’umana odissea e della sete d’infinito.



Tell Shiukh, Valle dell’Eufrate, estate 2010. Bambini del villaggio, che incantati ascoltano fiabe. Dopo qualche mese sarebbe scoppiata la guerra che ha causato sofferenze indicibili e devastato la Siria.  Foto Salima Karroum

Damasco 1996

Sono arrivata a Damasco nel pomeriggio per salutare una connazionale di passaggio in Siria e consegnarle la prefazione del mio libro di racconti popolari siriani per l’editore italiano. Damasco, che ogni volta mi sorprende.

Il taxi, dopo aver scalato le prime pendici del Jebel Qassiun, che sovrasta la città, mi lascia a Muhajerin (il quartiere degli emigranti), dove abita il mio amico Mohammad, che fa il fotografo, e racconta la sua terra e la sua gente con immagini colme di una intensa comunanza che mi emoziona sempre.

Celebriamo la nostra rinnovata complicità bevendo caffé e fumando nella penombra della sua cucina. «Ricordami che devo farti vedere qualcosa» mi dice, dopo uno dei suoi silenzi assorti, con una luce divertita misteriosa negli occhi.

In questo periodo, sto traducendo alcune fiabe raccolte presso gli abitanti della Giazira siriana (Mesopotamia) e poiché i loro dialetti hanno molte espressioni che non conosco lui, che è nato e ha trascorso l’infanzia in quella regione, mi aiuta. Penso che, forse, ha una nuova storia per me. Più tardi, mentre ci avviamo all’albergo in cui alloggia la mia conoscente italiana, mi ripete: «Non dimenticare che devo mostrarti qualcosa». Capisco che si diverte a stuzzicare la mia curiosità, ma non gli bado troppo. Sono ancora stanca per il viaggio e non ho voglia di essere curiosa.

Terminata la visita, mi lascio condurre nella notte damascena. Senza accorgermene mi ritrovo dentro il Centro Culturale francese, dove si sta inaugurando una mostra pittorica. Strette di mano, sorrisi affettuosi o di circostanza, chiacchiericci. Qualcuno mi mette in mano un foglio di carta color ocra bruna. Infilando il foglio in tasca senza leggerlo, mi accorgo che Mohammad si è dileguato.

Vago, sola, nella confusione chiassosa che mi assedia da ogni parte e all’improvviso mi ritrovo dentro un altro universo, circondata da sconvolgenti immagini colorate di neri e rossi purissimi, esseri con bocche avide e braccia tentacolari a cui non si può sfuggire.

I protagonisti delle storie che ho ascoltato lungo l’Eufrate: nelle tende dei nomadi, nei villaggi e nelle città della Mesopotamia! Inquietanti Lilith o il demone Lamashtu o la sensuale Inanna, dipinti su grandi tele e pergamene, rappresentati come donne implacabili. L’inesorabile fascino di un mondo inafferrabile e la rabbia per tutto ciò che ne sconvolge l’essenza sono raccontati in questi disegni.

É ricomparso Mohammad. Mi scruta.

- Chi è il pittore? - gli chiedo.

- Quello lì in fondo. – mi risponde indicandomi un ragazzo ombroso e dimesso.

È evidente che non ama le chiacchiere ed è infastidito dalla gente che gli sta intorno, penso. Mi avvicino a lui e senza preamboli lo provoco:

- Tu le conosci le jinn! Hanno tentato o fatto soffrire anche te, vero?

- Chi sei? Che ne sai? - Mi domanda interdetto. E non si aspetta una risposta.

Tornata a casa, auguro la buona notte al mio ospite e vado subito a letto. Qualcosa mi impedisce, però, di dormire. É' il foglio color dell’ocra bruna infilato distrattamente in tasca al vernissage. Mi alzo a prenderlo e lo leggo: 

Nacqui in Mesopotamia come mia madre.

E furono mia madre e la Mesopotamia a dare un’impronta indelebile alla mia esistenza. Sin dalla prima infanzia, quando mi nutrivo con il latte puro del seno materno e l’odore della terra.

Poi, avevo cinque o sei anni, cominciai a mangiare la terra. Ne mangiai tanta che stavo per morirne.

Wardanan, la vecchia saggia del quartiere, stabilì che meritavo un castigo. Mischiò la terra con il pepe. E io smarrii le mie radici.

Prima di quel giorno, l’attaccamento alla vita e alle sue creature, di cui condividevo la fede, era sconfinato. La mia capacità di amare era certa. Dopo di allora, lo sconvolgimento. La meraviglia per la vita e il suo divenire mi sono ormai indifferenti. Il mio dolore si è fatto greve e denso, dalla punta della lingua fino al profondo del cuore.

Da quel giorno, il mio sangue circola a stento. (S. Adam)

Adam. Adamo. Nome denso di significati: sangue, terra rossa, quello della vita, il respiro. Nome nato in Mesopotamia.

giovedì 12 giugno 2025

Homs , spari contro la chiesa della Santa Cintura


 Agenzia Fides 12/6/2025

Proiettili contro la croce innalzata sulla facciata della cattedrale siro- ortodossa della città siriana di Homs. L’atto sacrilego e intimidatorio viene riferito con “cuore pieno di dolore” dall’arcidiocesi siro- ortodossa si Homs, Hama e Tartus, guidata dal 2021 dall’Arcivescovo Timotheos Matta Al-Khoury.

I proiettili contro la Cattedrale di Santa Maria della Cintura Sacra (Umm Al-Zannar), nel quartiere di Bustan Al-Diwan – riferisce l’arcidiocesi in un comunicato – sono stati sparati all'alba di domenica scorsa, alimentando i timori e il senso di insicurezza condivisi da molti nelle comunità cristiane di Siria nell’attuale congiuntura storica attraversata dal Paese.

“Consideriamo questo attacco brutale” si legge nel comunicato “come un attacco diretto contro la pace civile e la convivenza, e affermiamo che simili atti non hanno nulla a che vedere con la morale della brava gente della città di Homs e di tutti i siriani onesti, ma piuttosto puntano a seminare discordia e destabilizzare”.

I responsabili della Arcidiocesi siro-ortodossa chiedono agli attuali detentori del potere in Siria di individuare e perseguire penalmente i responsabili dell’atto di violenza e garantire la sicurezza dei luoghi sacri delle diverse comunità di fede. Chiedono anche ai figli e alle figlie della Chiesa di non lasciarsi travolgere dalla paura, mostrando che simili atti violenti “non ci scoraggeranno dall'aderire al messaggio di amore e di pace invocato da nostro Signore Gesù Cristo, e aumenteranno solo la nostra determinazione a consolidare lo spirito di fratellanza tra tutti i figli della Patria e l'amore per la terra di Siria, per quanto gravi siano le avversità da affrontare”.

La storica Cattedrale di Santa Maria della Cintura Sacra (Um Al Zennar), meta di pellegrinaggi mariani, è la sede dell'Arcivescovo siro ortodosso du Homs, Hama e Tartus. L’attuale struttura risale al XIX secolo, ma diverse fonti attestano che sul sito su cui sorge la chiesa esistevano luoghi di culto cristiani fin dai primi secoli del cristianesimo. Secondo l’esarca greco melchita Joseph Nasrallah (1911-1993), l'esistenza di una chiesa dedicata a Maria a Homs è attestata già nel 478 d. C. 

http://www.fides.org/it/news/76465-ASIA_SIRIA_Homs_spari_contro_la_croce_della_cattedrale_siro_ortodossa

venerdì 6 giugno 2025

La Pasqua di Sr Adriana

 

A cura delle Sorelle di Fons Pacis

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 Carissimi,

come sapete a distanza di sole tre settimane abbiamo accompagnato un’altra sorella attraverso il passaggio alla vita eterna; sr Adriana (Andreana in realtà) è morta la mattina del 31 maggio, festa liturgica della Visitazione. Ancora una volta una data significativa, quella in cui le comunità della nostra filiazione di Vaiserena rinnovano la consacrazione di ciascuna sorella a Maria, e una festa significativa per i nostri fratelli di Tibhirine, che nella Visitazione vedevano il mistero della loro presenza in terra d’Islam come portatori del Cristo e della sua salvezza.

 

 

Sapete anche che da anni sr Adriana era gravemente ammalata, con un tumore ormai in metastasi da molto tempo. Lei conosceva ogni dettaglio della sua malattia, e da tempo si preparava a questo momento della morte. In realtà, già da più di due anni, quasi tre. Perché nell’autunno 2022 il medico aveva detto chiaramente che la chemioterapia, che in precedenza aveva garantito una ripresa quasi miracolosa, non aveva più effetto, e che, secondo la sua esperienza ( dato che le zone tumorali erano molto estese, nel fegato, nel cervello, e in altre parti del corpo) aveva davanti davvero pochi mesi di vita.
Così abbiamo cominciato, un po’ nascostamente a dire il vero, a preparare il nostro cimitero.
Fin dall’inizio della fondazione avevamo deciso dove sarebbe stato: al confine ovest del terreno, in un punto panoramico da cui si vedono l’orizzonte del mare, le montagne del Libano, le colline della Siria...Alla fine di campi di melograni e mandorli. Un bel posto per risorgere !
Ma ancora non si era fatto alcun lavoro. Era tempo di preparare, e così abbiamo recintato il terreno con un muretto di sassi, abbiamo tracciato un sentierino di ghiaino bianco, preparato un altare con le pietre, messo la Croce. Senza dire nulla a Adriana. Ma lei un giorno, mentre eravamo insieme nella torretta dell’acqua ( lei che per anni a Valserena si era occupata delle manutenzioni, cioè dei piccoli e grandi lavori che si fanno all’interno del monastero per mantenere gli edifici e gli impianti), mi dice: “guarda che devi cominciare a preparare il cimitero, ci vuole tempo...”. Eravamo al terzo piano, e sorridendo le ho detto: “Guarda fuori, in fondo.. Vedi la croce bianca ? “..E lei: “...andiamo subito a vedere! “. Detto, fatto. Siamo andate, e le è piaciuto. Ha scelto il suo posto, quello dove l’abbiamo deposta pochi giorni fa. Non solo, alla fine dell’anno avevamo con noi per quindici giorni un sacerdote francese, Don Dominique, che era con noi per celebrare la Novena e il Natale. Così gli abbiamo chiesto di consacrare il cimitero, e siamo andate tutte insieme, in un bel giorno di vento e cielo blu.

Vi racconto tutto questo perché credo sia stato molto importante, per sr Adriana e per la comunità, vivere la sua malattia e il suo cammino verso la morte parlandone apertamente, persino scherzando insieme.. Sì, perché poi.. i tre mesi previsti sono passati...e abbiamo celebrato il Natale del 22...E poi la Pasqua del 23...e il Natale 23. E la Pasqua del 24, e poi Natale del 24... Da brava sarda, ha avuto una resistenza incredibile alla malattia. La prendevamo in giro. Lei diceva: “Vi preparo il quaderno delle ricette...Qualcuno deve prendere l’incarico di guardare le olive, le marmellate. Ci vuole qualcuno che segua i fiori del giardinetto, perché io fra poco muoio.”. E noi “eh sì, tanto non ci crede più nessuno, continui a dire che devi morire ma tanto non muori mai”...
Chi ha conosciuto sr Adriana, può immaginare il sorrisetto di soddisfazione con cui reagiva a tutto questo. “Eh, sì.. hanno detto che non dovevo vivere più di tre mesi.”
L’oncologo, un medico musulmano, veramente bravo, era sconcertato: “Con sr Adriana io devo dimenticare tutto quello che ho imparato studiando medicina... Io non ho fatto nulla, questo viene da Dio !”.
 Credo che dobbiamo veramente ringraziare Dio, ed anche sr Adriana lo faceva, perché per il tipo di tumore che aveva avrebbe dovuto avere moltissimo dolore, da tanto tempo, e invece fino all’ultimo la malattia è stata sopportabile, e le ha permesso di partecipare quasi pienamente alla vita comunitaria. Le ha permesso di vedere questa nuova fase di Fons Pacis, con i lavori del monastero che avanzavano, l’esperienza di Ghada e Judit, l’arrivo di sr Carinia e sr Mikaela e un anno dopo sr Liliana. Ogni tanto facevamo qualche passeggiata sul cantiere, e lei diceva : “Sono contenta di essere arrivata a vedere tutto questo”. Infatti, quando ancora il cantiere era all’inizio, e si gettavano le fondamenta di quello che è il piano sotterraneo, lei aveva messo nel cemento la sua croce, il più vicino possibile a quello che sarebbe stato poi il luogo della chiesa...pensando di non vederne la realizzazione.
Certo, la sofferenza più grande, con l’avanzare del tempo, era quella di non poter fare più tutto quello che avrebbe voluto per aiutare la comunità; poco a poco camminare fuori, nel giardino, si è fatto difficile, ed anche camminare in casa. L’ultima volta che è venuta in refettorio con noi, è stato per il pranzo di Natale del 2024. Ma già usavamo un po’ la carrozzella, e poco a poco si è completamente allettata. Da gennaio non è più riuscita ad alzarsi, nemmeno per stare un breve tempo sulla poltrona. Già da un po’ di tempo si era trasferita nell’unica stanzetta che abbiamo a  pianterreno, vicino alla cappellina, e così poteva seguire la preghiera della comunità... E un po’ la vita comune..
Poco a poco la situazione è peggiorata, non eravamo molto sicure di quando fosse presente o meno. A volte evidentemente sì, le risposte erano pertinenti, ed anzi si poteva parlare a lungo con lei, che raccontava alle nuove arrivate tante cose della fondazione. Invece in altri momenti era completamente perduta, vedendo cose e persone nella sua stanza, confondendo i luoghi e parlandoci di Roma come fosse a dieci minuti di distanza... In questi mesi più volte un medico amico è venuto per toglierle liquido dall’addome, liquido dovuto alla crescita del tumore e che le rendeva più difficile la respirazione... Anche i dolori sono aumentati. Quando sr Marita è morta, lei non riusciva a darsene ragione. “ Ma come? Fino a ieri era qui a darmi le medicine, e così, in due ore è andata? E io che da anni aspetto, perché il Signore non mi prende?”. Ovviamente non ha potuto partecipare al funerale, ma ha voluto vedere sr Marita mentre la vegliavamo nella cappellina, e siamo riuscite a fare un breve collegamento video dalla chiesa alla sua stanza. E poi...

Mah, lei e sr Marita hanno vissuto molti anni insieme, hanno lavorato ai profumi a Valserena... E così ...è andata presto a farle compagnia, seconda pietra di questa fondazione.
Sr Adriana negli ultimi giorni ha cominciato a non mangiare più, non riusciva più neppure a bere. La pressione era quasi inesistente, e non eravamo sicure di quando fosse cosciente o meno.
Probabilmente, andava a momenti. Quindi abbiamo chiamato un infermiere perché le mettesse delle flebo; era già venerdi 30, e ha recuperato un po’ la pressione ma era chiaro che non era che un beneficio momentaneo. Già da mesi a turno dormivamo nella stanza accanto a lei, ma ora era necessario vegliarla continuamente, e così abbiamo fatto. Vedevamo i suoi riflessi diminuire a poco a poco, ed è difficile dire fino a quando è stata cosciente. Ho ascoltato con lei la Messa online del 31 maggio, e poco dopo l’abbiamo vista declinare rapidamente. Il respiro era ancora buono, ma il cuore sembrava affaticato e iniziava una emorragia cerebrale, visibile per un versamento di sangue nell’occhio sinistro.
 Abbiamo raccolto la comunità, pregato accanto a lei, raccomandato la sua anima, e verso le 9,45 abbiamo constatato e verificato la sua morte. Era la mattina del 31 maggio, e sr Mariangela aveva da poco posto sull’altare anche la sua rosa, insieme alle nostre, segno della sua offerta a Maria.

E, come per sr Marita, subito tutto il villaggio ci è stato vicino. I nostri operai, i nostri vicini, già sapevano cosa fare, ed hanno preparato tutta la chiesa e il cimitero. La celebrazione era prevista  per il giorno seguente, domenica. Evidentemente era difficile per il nostro vescovo venire, ma padre Fadhi, il nostro “parroco” francescano di Lattakie, si è detto disponibile a venire, fra una messa e l’altra ( Lattakie è a due ore di distanza).
 Le signore ci hanno offerto il loro aiuto, hanno preparato il caffè cerimoniale, e dopo che abbiamo preparato sr Adriana con l’abito monastico e l’abbiamo posta nella bara, è cominciata la veglia di preghiera, delle sorelle ma anche di tanti che hanno fatto visita. Ci hanno commosso le lacrime di tante persone, quelle della signora che aiutava in cucina, o dell’operaio che ha lavorato con sr Adriana nel giardino, quando lei non aveva più la forza di zappare i fiori.
Il giorno dopo, domenica, abbiamo terminato di preparare tutto, i fiori, i canti; sono arrivati per la celebrazione, che era alle 11 del mattino, anche il parroco del villaggio, P. Abdallah, e un amico sacerdote, anche lui Maronita, padre Bassam. Così il corpo di Adriana ha ricevuto, come sr Marita, la doppia benedizione secondo i due riti ( segno bello di comunione e di unità), questa volta però prima di iniziare la Messa.... 
 Tanti amici non hanno potuto venire; perché era domenica, e perché le strade da Aleppo non sono troppo sicure. Altri, che non avevano potuto partecipare al funerale di sr Marita, sono arrivati invece questa volta, vivendo con noi questo “kairos”  forte per la comunità della doppia pasqua delle nostre sorelle...

Ed è cominciata la processione.. Verso la chiesa nuova, e poi verso il cimitero. Quando siamo arrivate alla chiesa nuova, nell’abside c’erano, messe lì come prova del prossimo lavoro, tre pietre, scolpite a mano e preparate per edificare. Ci è sembrato un segno commovente. Sr Marita, sr Adriana, e dietro la roccia vera, che è Cristo. Questa volta eravamo un po’ più preparate, e così alla fine tutte abbiamo asperso la salma con l’acqua benedetta, prima dell’ultimo bacio e saluto, dato anche da parte di tutta la sua famiglia. 

 Come la volta precedente, anche i nostri operai musulmani erano presenti.. Ed hanno aiutato a portare la bara. Le parole di P. Fadhi  all’omelia hanno illuminato il senso cristiano del dare la vita con gioia per il Signore, con il sorriso sulle labbra, là dove il Signore ci ha posti, nella semplicità della vita quotidiana. E ancora una volta, l’esperienza di un funerale ed una sepoltura nel segno della speranza, con il cimitero luminoso e fiorito, ha aiutato molti a sentire il Signore presente in mezzo al suo popolo. 
“Non sembra nemmeno un funerale”... Ecco, va bene così, se funerale è un pianto senza speranza. Desideriamo che le nostre lacrime, come tutta la nostra vita, siano simili a quelle di Gesù, che nel dolore umano che anche lui ha vissuto non ha perso la fiducia nel Padre buono, e a lui si e affidato..

Per la comunità, è un passaggio forte. In meno di un mese, due delle quattro fondatrici sono scese nella terra, salite nel cielo. Se è vero che il regno dei cieli va preso un po’ anche con la forza, allora benediciamo il Signore per la forza del dono della vita (e di tutte se stesse) di queste due sorelle, pietre fondatrici, che una dopo l’altra, in questo mese di maggio dedicato a Maria, hanno pronunciato un voto di stabilità in questa terra di Siria, bagnata dal sangue della violenza ma anche da quello di tanti martiri e santi che hanno fecondato la chiesa ed anche la vita monastica.

Molti di voi ci hanno scritto, e ci sono vicini, certi che questi due semi di grano porteranno molto frutto.. Ne siamo certe anche noi, e affidiamo il nostro cammino alla vostra preghiera.

Le sorelle di Fons Pacis.