Giunge oggi la notizia della decisione dell'Unione Europea di rinnovare le sanzioni contro la Siria per un altro anno. Riportiamo l'intervista rilasciata qualche giorno fa dal Vescovo di Hassakè Behnan Hindo , come primo commento a tale scelta, che per altro comporta conseguenze inumane per il popolo siriano
Piccole
Note, 24 maggio
Sono
cinque anni che una guerra feroce tormenta la Siria. Una
tragedia senza fine si è abbattuta sulla popolazione siriana,
che le sanzioni imposte
dalla comunità internazionale strangolano ancora di più. «E
le organizzazioni non governative e l’Onu invece di aiutarci,
ci affamano», afferma monsignor Jacques
Behnan Hindo,
arcivescovo dell’eparchia siro-cattolica di Hassaké Nisibi,
che la guerra in Siria la vede da vicino.
Lo
incontriamo in una visita romana, ed è proprio su questo tema che
inizia il suo dire: «L’Onu dovrebbe
avere un ruolo istituzionale. Dice di volere il bene del popolo
siriano e invece… basta pensare agli aiuti destinati ai
siriani: le Nazioni Unite comprano merce fuori dal Paese per poi
distribuirla sotto forma di aiuti
umanitari.
Un terzo dei finanziamenti destinati a questo
scopo finiscono al personale Onu, altro si spende nel
trasporto, molto costoso date le difficoltà della guerra. Se invece
si comprasse merce siriana, che tra l’altro costa anche molto meno,
si eviterebbero tante di queste spese, ma soprattutto si aiuterebbe
il commercio locale, alleviando le sofferenza di un popolo su
cui grava un’estrema povertà. Eppure si sceglie la
strada più tortuosa, più costosa e meno efficace. Ci domandiamo
perché…».
In fondo,
anche questa discrasia è in linea con l’evanescenza dell’Onu
riguardo la tragedia siriana, aggiunge monsignore, che ricorda con
ironia le esternazioni «angosciate» di Ban ki-Moon a seguito
delle stragi più efferate: «Parole, solo parole… è il
nostro popolo a essere davvero “angosciato”, ma nessuno
fa niente. Perché all’Occidente non interessa far finire
questa guerra, dal momento che persegue i propri interessi, che
poi sono in linea con quelli dell’Arabia Saudita, del Qatar e della
Turchia».
Guerra
per procura, quella contro Assad, che ha scatenato in Siria miliziani
stranieri provenienti da ogni parte del mondo. Legioni che
sono arrivate nel Paese sotto gli occhi complici dei
servizi segreti di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia,
aggiunge monsignore. Ci sono anche dei siriani tra le fila dei
miliziani, certo. Reclutati con un sistema di arruolamento antico ma
sempre efficace: il libero esercito siriano paga 10.000 lire
siriane al mese: al Nusra, la più terribile milizia jihadista
(le cui stragi non hanno eco in Occidente) paga 25.000 lire, mentre
Daesh, ovvero l’Isis, 50.000 lire.
Cifre
astronomiche per i normali stipendi siriani, che hanno sedotto i
cuori di tanta povera gente che così ha trovato l’America. Non
solo i soldi: quando iniziò la cosiddetta primavera araba siriana,
in un mese il Paese si riempì di armi, come racconta il presule, che
accenna anche alle decine di migliaia di pik-up Honda
bianchi, con tanto di mitragliatrice posizionata nel retro,
arrivate nel Paese: veicoli nuovi fiammanti che qualcuno ha comprato
e girato ai miliziani e che oggi fanno bella mostra di
sé in tutto il Paese.
Quanto ai
cosiddetti “ribelli moderati”, come sono chiamati in
Occidente alcuni battaglioni di miliziani, monsignor Hindo è netto:
semplicemente non esistono. I miliziani passano da un gruppo
all’altro con estrema facilità, come anche le armi che
l’Occidente fornisce ai loro protetti.
Guerra
sporca, quella siriana, dove tutto è ribaltato e dove tutto è usato
per uno scopo diverso da quello dichiarato. Anche il
recente cessate
il fuoco,
spiega monsignore, è stato usato a scopo bellico: per rifornire di
armi i jihadisti e per farne entrare di nuovi dai confini turchi:
circa diecimila.
La
sua regione, tra l’altro, vede anche l’attivismo curdo, che certo
è diretto contro le bande terroriste, ma che ha le sue ambiguità.
Monsignor Hindo spiega che i curdi sono
arrivati negli ultimi decenni, da Iraq e Turchia, a seguito
delle repressioni subite in quei Paesi. Oggi tale minoranza
combatte una battaglia che non coincide con quella dei
siriani, tanto che esiste una conflittualità latente tra curdi ed
esercito siriano e una diffidenza di fondo tra questi e le
popolazioni locali. Storie di un Paese frammentato, a tutto vantaggio
dei costruttori di caos.
E dei
costruttori di caos è la formula magica «scontro di civiltà»,
una formula usata da tempo per spiegare la nuova conflittualità
globale, che vede il mondo dilaniato dal conflitto tra
islamici e cristiani. Una narrativa che vede
l’Occidente ergersi a difensore dei cristiani. «Non abbiamo
bisogno di protettori – spiega monsignore -. Abbiamo solo bisogno
di essere lasciati in pace… Piuttosto la smettano di
alimentare questa guerra. Dalle crociate in poi, quando l’Occidente
ha usato la difesa dei cristiani
come copertura per i propri interessi, i cristiani del
mondo arabo hanno sempre pagato un prezzo altissimo. È ora di
finirla».
Gli
chiediamo del dramma dei profughi, e della nuova
propensione all’accoglienza (pur oggetto di controversia)
dell’Europa. Anche su questo tema monsignor Hindo ha
idee molto chiare: non gli piacciono le distinzioni con le
quali si accompagnano tali proclami, ovvero un’accoglienza
mirata ai soli cristiani. «Non si tratta di salvare i soli
cristiani, ma tutti i siriani. Dio ha donato la sua
creazione all’uomo, e si è abbassato a servirlo. Anche a noi
è stato dato il compito di servire l’uomo, tutti gli uomini, non
solo i cristiani».