Non vi abbandoneremo!
Il futuro delle antichissime comunità cristiane che abitano in Siria e Libano potrebbe essere tragico. Non possiamo fare finta di niente.
Mario Villani cerca di rispondere ad una domanda: cosa succederà alle comunità cristiane in Siria e Libano se, come prima o poi è possibile succeda, il regime baathista al potere a Damasco dovesse cadere? E lancia un' iniziativa.
Forse può aiutarci ad abbozzare una risposta il conoscere cosa sta accadendo nei tre quartieri di Aleppo dove le decine di diversi gruppi ribelli che vi operano sono riusciti a consolidare il loro controllo fino al punto da costituire una parvenza di autorità pubblica. La prima decisione che hanno preso è stata la creazione di una polizia “per la promozione del bene e la repressione degli atti empi” con il compito di controllare che i pii cittadini non omettano le preghiere quotidiane. Successivamente hanno emesso un editto con il quale hanno proibito alle donne di condurre autovetture. Anche il controllo dell'osservanza di questa norma è stata demandata alla suddetta polizia, autorizzata ad usare la forza fino a quando il gentil sesso non rinuncerà a tale empia abitudine. La parte più significativa dell'editto – riportato in versione originale araba sull'informatissimo sito Reseau Voltaire - è però quella di apertura, nella quale si elencano i teologi islamici a cui i ribelli si ispirano. Vale la pena di conoscerli: Abd al Aziz ibn Baaz (1910 – 1999) già Gran Muftì dell'Arabia Saudita divenuto celebre per aver proibito la guida alle donne (ecco da dove viene l'idea) e per aver sostenuto che è il sole a girare attorno alla terra e non il contrario. Su questo punto però cambiò idea quando il principe Bandar Bin Sultan acquistò un biglietto per un viaggio spaziale. Abdul Azeez ibn Abdullaah Aal Shaik è l'attuale Gran Muftì dell'Arabia Saudita dove ha ordinato la distruzione di tutte le vestigia di antichi luoghi di culto non islamici. Muhammad ibn Uthaymeen (1925 – 2001) che fu uno dei principali ispiratori delle correnti di pensiero salafite. Abdullah ibn Jibreen (1933 – 2009), un teologo saudita che considerava gli sciiti come eretici da espellere da tutte le terre dell'Islam. Saleh al Fawzan e Bakr abu Zayd, rispettivamente Presidente e Procuratore della Corte Suprema di Giustizia dell'Arabia Saudita. Con simili maestri come meravigliarsi della caccia ai non sunniti o della proibizione alle donne di guidare?
Qualcosa del genere era avvenuto alcune settimane prima anche nella città di Idlib, dove però il controllo dei gruppi armati non è ancora sufficientemente solido da poter permettere la costituzione di strutture pubbliche come una polizia religiosa del tipo di quella di Aleppo.
Qualcuno potrebbe obiettare che i vari Consigli di Transizione costituiti all'estero non vedono al loro vertice personaggi palesemente legati al mondo islamista, anzi, in alcuni casi ne fanno parte persino degli appartenenti a minoranze non islamiche. Non mi stancherò di ripetere che nessuno ha mai dimostrato la benchè minima capacità di controllo da parte di queste organizzazioni sui gruppi armati che operano attualmente in Siria. Chi ha le armi e paga quotidianamente un pesante tributo di sangue alla sua lotta non va poi a consegnare l'eventuale frutto di una vittoria nelle mani di chi ha seguito gli avvenimenti standosene comodamente al sicuro all'estero. Le sole realtà che possono influire sui gruppi armati sono rappresentate da quegli stati che li riforniscono di mercenari, armi, attrezzature e denaro, vale a dire Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Attendersi un'azione moderatrice da parte di questi ultimi (in particolare Arabia Saudita e Qatar) è assolutamente illusorio.
E' doveroso peraltro riconoscere che non tutti i gruppi armati che operano in Siria sono riconducibili a posizioni salafite o islamiste. Vi sono, è vero, anche altri gruppi, alcuni costituiti da banditi che vogliono approfittare della situazione di caos per fare facile bottino, altri nati per iniziativa di comitati locali (come a Qara) sicuramente ostili al Presidente Assad, ma preoccupati più che altro di colmare il vuoto di potere che si è venuto a creare con il ritiro delle forze dell'ordine dalle aree più periferiche del paese. Questi gruppi però, male organizzati e privi di reali appoggi esterni, ben poco potrebbero fare per contrastare l'attività delle organizzazioni islamiste e salafite nel caso di crollo del potere centrale.
Cosa potrebbe succedere, quindi, se realtà come quelle che operano ad Aleppo e Idlib dovessero prendere il potere in tutta la Siria?
Sicuramente non finirebbe la guerra. In primo luogo perchè nascerebbero contrasti tra le varie anime della ribellione, in secondo luogo perchè già oggi molte comunità si sono armate ed hanno costituito delle milizie per difendere i loro quartieri ed i loro villaggi. E' il caso, solo per fare un esempio, dei Curdi che già da settimane combattono contro i salafiti lungo il confine turco o degli Armeni che difendono in armi il loro quartiere di Aleppo. La guerra non sarebbe più tra un potere centrale autoritario e delle bande di ribelli, ma tra milizie che controllerebbero ciascuna una piccola porzione del Paese, mentre il potere centrale -dominato dagli islamisti- sarebbe in grosse difficoltà ad estendere la propria autorità persino in Damasco e dovrebbe pertanto ricorrere a metodi che farebbero ben presto rimpiangere gli anni più bui di Hafez Assad (l'autoritario padre dell'attuale Presidente). In un simile quadro le millenarie comunità cristiane giocherebbero la parte del classico vaso di coccio tra vasi di ferro. Infatti, mentre le altre comunità potrebbero contare su appoggi esterni (gli sciiti e gli alauiti l'Iran, i sunniti la Turchia e l'Arabia Saudita, i Curdi le altre comunità curde dei paesi confinanti) i Cristiani sarebbero completamente soli. In particolare sarebbero soli i Cattolici, perchè gli Ortodossi potrebbero forse contare su un sostegno, almeno diplomatico, da parte della Russia. Inutile sperare nel Vaticano, ridotto ad un ruolo diplomatico marginale dalla conventio ad escludendum messo in atto da tutte le potenze occidentali e dall'oggettiva incapacità dell'attuale Segretario di Stato di contrastarla. Anzi, su questo versante ci sarebbe persino il rischio di sentire qualche voce (magari di un gesuita) proclamare che in fondo i Cristiani di Siria se la sono andata a cercare perchè potevano andarsene fin che erano in tempo.
L'incendio che potrebbe infiammare la Siria non risparmierebbe il Libano. Il fragile equilibrio tra le comunità religiose che compongono quello che è stato definito il “mosaico libanese” non potrebbe reggere ad una guerra confessionale ai propri confini. Gli scontri tra Alauiti e Sunniti in corso da mesi nei quartieri di Tripoli e quelli tra Sciiti e Sunniti avvenuti in novembre a Sidone sono solo un tragico preludio. Inevitabilmente lo sprofondare della Siria nella guerra civile a sfondo confessionale trascinerebbe anche il Libano nell'abisso di una guerra tra milizie sciite (Hezbollah e Amal) contro milizie sunnite imbaldanzite dai successi ottenuti nel Paese vicino. Anche in questo caso i Cristiani sarebbero la parte più debole: divisi, privi di reali appoggi esterni e senza una organizzazione armata, sarebbero inevitabilmente costretti a rimettersi alla non scontata benevolenza del vincitore.
Non è un caso che persone del calibro di padre Gheddo e padre Samir Kalil abbiano in questi giorni lanciato un disperato allarme sul futuro delle antichissime comunità cristiane del Medio Oriente. Entrambi hanno richiamato quanto già avvenuto in Iraq. Dopo la caduta di Saddam Hussein, la già fiorente comunità cristiana è stata costretta ad un doloroso esodo ed è oggi ridotta al lumicino. Non è possibile escludere che questa possa essere la sorte anche delle gloriose Chiese di Siria e Libano.
Queste sono le ragioni che ci impongono una attenzione particolare per i fratelli che vivono in quelle tormentate regioni. Vi è la necessità di creare un osservatorio permanente o comunque una organizzazione che si occupi di comprendere le realtà cristiane mediorientali e farle conoscere alle nostre torpide opinioni pubbliche, in particolare, ammesso che esista ancora, a quella cattolica. E' un atto di giustizia, ma è anche nel nostro interesse. Chissà mai che conoscendo le tragiche vicende di Cristiani seri anche la nostra Fede non ne venga rinvigorita.
Mario Villani
Comunicato: tutti gli amici che sono interessati a collaborare alla nascita di una organizzazione permanente che si occupi di sostenere le ragioni delle comunità cristiane di Siria e Libano sono pregati di segnalare il proprio nominativo con una e-mail all'indirizzo del sito: info@appunti.ru