Innamorati che camminano tra le macerie. Aleppo, 17 agosto 2019. |
Di Maria Antonietta Carta e Salima Karroum
La guerra.
Il
15 marzo del 2011 aveva inizio la guerra in Siria: ennesima
aggressione occidentale contro un Paese sovrano spacciata come
sempre, tra una balla mediatica e l'altra, per intervento umanitario.
Una guerra che si protrae fino a oggi. Nei primi giorni sotto forma
di rivoluzione colorata, ben presto si trasformò in conflitto
sanguinoso di una violenza inaudita, soprattutto con la calata di
gruppi terroristici provenienti da ogni parte del mondo.
L’orrore. Hanno terrorizzato, decapitato, lapidato, impiccato e crocifisso. Hanno rapito, condannato a matrimoni forzati, commesso stupri, ridotto in schiavitù sessuale e costretto alla prostituzione donne e bambine: in un vero mercato di schiave a Raqqa, le più giovani e più belle prigioniere di DAESH erano vendute a caro prezzo.
Hanno rapito bambini e li hanno addestrati a uccidere.
Hanno deturpato la bellezza e tentato di cancellare il passato.
La splendida Palmira, la Aleppo monumentale, il grandioso santuario di S. Simeone stilita, Ebla, Raqqa, la Chiesa Memoriale dei Martiri Armeni, che commemorava il genocidio di 1.500.000 di Armeni nel 1915 perché la località fu uno dei principali luoghi della loro deportazione, la maggior parte delle chiese di Homs, tra cui la chiesa di Umm al-Zennar, tra le più antiche della Siria, le statue del grande poeta Abū al-Alāʾ al-Maʿarrī e centinaia di altre opere e siti di straordinario valore storico-culturale sono stati devastati da bande armate che per i media mainstream occidentali erano gentili “ribelli moderati”.
Hanno distrutto centrali elettriche, dighe, strade, ponti, scuole e ospedali.
Hanno fatto bottino a man bassa delle materie prime e di un numero incalcolabile di preziosi reperti archeologici di una civiltà plurimillenaria.
L’insigne archeologo Khaled al-Asaad, direttore generale delle Antichità e del Museo di Palmira, ora ipocritamente pianto e osannato in Italia, è stato ucciso per mano di criminali fanatici, sostenuti dalla brama di potere neo-coloniale imperialista e da Paesi arabi ignobili.
Rappresentanti di alcuni gruppi di vandali prezzolati e turpi assassini hanno partecipato a Ginevra e ad altre conferenze con la pretesa di candidarsi a governare quel Paese meraviglioso che stavano annichilendo.
Gli USA e la Turchia sono i cinici approfittatori della spoliazione ancora in atto.
Oscurantismo. Assassinato dagli sgherri degli “esportatori di democrazia” perché era un poeta.
Nel marzo 2016, l'ISIS giustiziava Muhammad Bashir al-Ani e suo figlio nella città di Deir Ezzor. Il suo crimine? Scrivere poesie.
Dignità. Levateci l’embargo. La popolazione siriana non vuole mendicare l'aiuto dei grandi organismi umanitari per il suo diritto alla vita, ma vivere come tutte le altre popolazioni del mondo. Non possiamo essere dei mendicanti. Noi rivogliamo la nostra dignità. George Sabe, fratello marista.
Sanzioni. L’assedio economico, che impedisce di importare i materiali per la ricostruzione edilizia e persino generi di prima necessità quali farmaci salvavita e macchinari ospedalieri, sta prostrando la popolazione.
Michel Raimbaud, ex ambasciatore di Francia, scrive: Le sanzioni sono armi di distruzione di massa finalizzate a minare una società civile e laboriosa. E per questo vengono utilizzati tutti i mezzi: spingere i Siriani a fuggire dal Paese, costringere le minoranze all’esodo e provocare l’emorragia delle élites con lo scopo di prevenire la successiva ricostruzione del tessuto sociale nazionale. Alla fine, è necessario chiamare le cose con il loro nome: gli aggressori della Siria legale, della Siria sovrana, che agiscono in violazione del diritto internazionale, sono delinquenti e criminali. https://oraprosiria.blogspot.com/2017/05/ex-ambasciatore-raimbaud-la-tragedia.html
La guerra dentro Aleppo. Un grande massacro avviene proprio adesso. Sono state bombardate sia la parte est sia la parte ovest, con centinaia di vittime. Tutti gli ospedali e tutte le farmacie restano aperte e distribuiscono medicinali gratuitamente ai feriti. I civili si aiutano a vicenda nelle zone colpite dalla guerra. Issa Touma da Aleppo. Oggi, 29 aprile 2016.
Un'immensa tragedia nella tragedia. L'infanzia negata. Poco o niente si parla di loro nei nostri Paesi
1. Bambini rapiti e dispersi durante il periodo bellico in tutte le regioni siriane.
2. Bambini senzatetto nei campi.
3. Migliaia di bambini che soffrono il freddo e la fame nelle strade delle città e nei villaggi.
4. Bambini costretti ad abbandonare la scuola e prede di sfruttatori, che per contribuire al sostentamento della famiglia trasportano carichi pesanti, sono esposti a pesticidi e sostanze chimiche tossiche e trascorrono giornate lavorative interminabili.
5. Spose bambine. All'interno del Paese, ma soprattutto nei campi lager in Turchia, Libano e Giordania, dove sono innumerevoli anche i bambini siriani di strada o sfruttati nelle fabbriche e nell'agricoltura.
6. Bambini soldato nei territori controllati dall'ISIS sponsorizzato dall'Occidente.
Dal carcere Siria 3 anni fa. Carissimi amici, qui in carcere non sono solo. Condivido questa cattività con tutti i miei connazionali. Noi Siriani, infatti, viviamo dal 2011 in una grande prigione imposta dalle politiche occidentali, dai Paesi che si arrogano il ruolo di difensori dei diritti civili ma mettono sotto embargo una nazione intera. Sapete perché siamo in questa prigione? Per aver difeso il nostro bellissimo Paese dai terroristi che volevano trasformare la Siria in uno Stato oscurantista.
Oggi, i grandi mezzi di informazione amano mettere in luce la storia di una bimba morta di freddo o una famiglia costretta a fuggire dai bombardamenti, ma questi stessi mezzi non vi parlano dei milioni di Siriani che soffrono il freddo per mancanza di gasolio, che non sempre possono godere di un piatto caldo per mancanza di gas da cucina. Non vi parlano degli studenti che non possono studiare dopo il tramonto per mancanza di corrente elettrica, non vi parlano degli anziani abbandonati perché i loro figli sono dovuti emigrare. Non vi parlano dell'altissimo carovita perché la lira siriana è precipitata ulteriormente, non vi parlano dei giovani soldati che combattono il terrorismo con temperature sotto zero e non sanno se potranno farcela, non vi parlano degli ammalati che non possono avere cure dignitose perché i terroristi “moderati” hanno distrutto la maggior parte degli ospedali e perché gli ospedali che funzionano non riescono a far riparare i macchinari a causa dell’embargo. E sicuramente non vi parleranno dei bombardamenti israeliani che hanno ucciso un giovane universitario due giorni fa e neanche dei discorsi apertamente ostili di Erdogan che ha deciso di introdurre nelle scuole elementari la nostalgia ottomana di riconquistare le terre limitrofe tra le quali anche la Siria. I grandi mezzi di informazione non vi parleranno neanche della gioia degli Aleppini da quando l’esercito nazionale è riuscito a liberare i sobborghi ovest di Aleppo, dai quali piovevano i mortai sui civili. Non vi parleranno mai della gioia di tutti i Siriani per la riapertura dell’autostrada Damasco-Aleppo e della rimessa in funzione dell’aeroporto internazionale di Aleppo che ha dato speranza di una possibile ripresa economica. Non vi parleranno dell’annuncio della riparazione della via ferroviaria tra la capitale siriana (Damasco) e la capitale industriale (Aleppo) e della possibilità di viaggiare in treno dopo nove anni di guerra. Perciò vi dico che siamo in carcere e che le nostre notizie, quelle vere, sono scarsamente diffuse. Talvolta, qualcuno viene a trovarci, ci fa sentire parte del mondo e ci dà la speranza di poter tornare a essere una nazione “normale”, non tagliata fuori dal mondo. Un messaggio di padre Bahjat Karakach.
Il ruolo della disinformazione dei media mainstream. Non considerano sufficienti le invasioni illegali - come se la Siria fosse una terra senza padroni da poter violare e saccheggiare a piacimento - la devastazione e la spoliazione, gli attentati contro civili, gli incendi, le violenze inumane di assassini mercenari, le incursioni aeree di Israele, i traditori e le sanzioni. I guerrafondai hanno fatto ricorso in modo massiccio alla propaganda menzognera, con accuse su fantomatici attacchi chimici o su mille bombardamenti di un “ultimo ospedale” di Aleppo o la morte reiterata di un “ultimo pediatra”. E ancora, immagini fabbricate ad hoc con bambini “vittime” sempre dell’esercito regolare o alleato, con messaggi di povere bimbe innocenti, strumentalizzate ignobilmente, che per l’età dovevano conoscere appena l’alfabeto arabo, ma in perfetto inglese imploravano se non la terza guerra mondiale almeno il bombardamento a tappeto della Siria. E, a completare l’opera, l’infame Caesar Act creato per costringere un popolo assediato alla resa o per condannarlo all’estinzione. Come se non bastasse, ecco questi guerrafondai ricorrere ancora a pennivendoli spregevoli, lacchè sempre pronti a inventare falsità, affinché con i loro articoli un pubblico poco attento continui a considerarli difensori dei Diritti Umani e della libertà. In questa turpe guerra, alimentata dunque anche dai professionisti amorali dei mass media, sono stati uccisi centinaia di migliaia di esseri umani e decine di migliaia sono feriti e mutilati o patiscono per sofferenze e privazioni di ogni genere. Intanto, giornalisti degni di questo nome, rischiano di finire e altri sono finiti in prigione per averci raccontato la verità. Come la terribile vicenda di Julian Assange insegna.
I nostri politici truffatori, i nostri giornalisti compiacenti, i nostri intellettuali smarriti o traviati partecipano, con poche eccezioni, all'enorme cospirazione della menzogna che fa passare la Siria sovrana e legale per usurpatrice e massacratrice, e i suoi aggressori e i loro padrini, orientali e occidentali, per i liberatori rivoluzionari... Michel Raimbaud, Les guerres de Syrie, ed. Glyphe
Il coraggio.
Sweida. Una nonna di 72 anni era sola in casa con i nipotini, quando due terroristi dell'ISIS sono entrati per sterminarli. Lei, pur essendo stata ferita gravemente, riesce a uccidere i terroristi con un fucile e a salvare questi quattro bimbi. Però, anche essere costretti a questi atti di coraggio per salvare la vita propria e dei propri cari è una violenza subita a causa della guerra. Un trauma doloroso, sicuramente.Il terremoto
Prostrazione. Dopo la seconda forte scossa del terremoto, non riuscendo a contattare per telefono una nostra amica le scriviamo un messaggio:
Speriamo che stiate bene. Ci hanno raccontato quanto è stato terrificante.
A dire il vero, siamo stanchi della povertà, delle malattie, della maledetta guerra e adesso ancora una volta il terremoto. Nura, Latakia. Il suo era un grido di disperazione.
Che cosa ha tremato? All'alba del 6 febbraio non ha tremato soltanto la terra sotto i nostri piedi ad Aleppo. Sono bastati quaranta secondi per sconvolgere tanti equilibri personali e collettivi.
Che cosa ha tremato? Forse tutto, almeno questo è ciò che possiamo sentire ed esprimere adesso. Sì, non ha tremato soltanto la crosta terrestre. Abbiamo tremato anche noi che dormivamo tranquilli sognando forse un giorno migliore e il sole che scacciasse i rigori dell’inverno.
Ci siamo svegliati scioccati e smarriti, senza fiato sotto la pioggia e al freddo.
Ogni pietra che precipitava dagli edifici su una famiglia o su un’automobile contribuiva a demolire l’equilibrio seppur precario che avevamo sognato di raggiungere. A ogni lacrima le nostre anime, che ancora cercavano di liberarsi dal lutto della guerra e delle sue ripercussioni, si intristivano. I nostri piedi nudi correvano ancora una volta sulle orme dell'ignoto. Verso il nulla.
La strada, che dieci anni fa era un luogo di pericolo, è diventata un rifugio. La casa, nicchia di affetti e sicurezza, è diventata un luogo di pericolo e anche di morte. Dopo dieci anni, la nostra pace ha tremato di nuovo, ma questa volta per paura di un'angoscia soffocata e incontrollabile. Il dubbio si è insinuato profondamente nella nostra fede con le sue domande: "Perché? Perché ancora noi? Perché adesso? Perché tanto dolore?" I volti infelici diventati inespressivi occultano dentro le rughe un misto di stupore, paura e rabbia. Sì, non ha tremato soltanto la terra. Tremano anche i nostri cuori e i nostri pensieri.
Aleppo ha conquistato di nuovo i titoli dei giornali di tutto il mondo, ma non la solidarietà. Purtroppo, i pregiudizi politici e le discriminazioni non si sono indeboliti nemmeno di fronte alle violente scosse della natura. Di fronte a questa catastrofe cosa abbiamo fatto? Non siamo rimasti fermi. Abbiamo aperto le nostre porte per accogliere e i nostri cuori per offrire il calore di un incontro e il conforto di una parola: Hamdellah assalamah (Grazie a Dio sei salvo) è stato ed è sempre il nostro mantra.
Non siamo rimasti in silenzio. Abbiamo alzato la voce per gridare al mondo che siamo ancora vivi e che vogliamo vivere ancora. Che non siamo vittime ma sopravvissuti. Un cuore grande per accogliere e una voce forte per chiedere giustizia in nome di tutti coloro che la vita ha sconvolto di nuovo. Cosa ha tremato? Tutto, tranne la speranza della solidarietà: essa ci rende saldi e attraverso di essa passa la nostra liberazione. Bahjat Azrie, psicologo.
La vita continua. Inevitabilmente. Questa mattina sono andato in ambulatorio con molte titubanze e sentimenti contrastanti, dibattendomi tra il senso del dovere e la riluttanza a restare chiuso tra quattro mura suscitando perplessità in chiunque aveva vissuto momenti terrificanti durante il terremoto. Il richiamo al dovere è stato più forte dell’esitazione, nonostante fossi certo che nessuno sano di mente avrebbe mandato i figli a curarsi i denti in queste circostanze. Mi sbagliavo. Sono arrivati quasi tutti, benché non si trattasse di cure indifferibili o di visite programmate. Sono arrivati, anche se vittime della catastrofe. Due di loro hanno dovuto abbandonare la propria abitazione e il terzo sta per lasciarla. Ognuno racconta a suo modo i momenti vissuti durante il terremoto. Le emozioni sono ancora vive. Il dolore e la tristezza sono dipinti sui volti, ma il loro spirito è forte e neppure il susseguirsi delle disgrazie è riuscito a minare la loro determinazione e l’attaccamento alla vita. La morte e la resurrezione quotidiana è il nostro destino e la nostra via. Dobbiamo rialzarci dopo ogni caduta.
Rami M. dentista pediatrico, Latakia, che due anni fa scriveva: Si sa che niente dura per sempre, che tutto muta e che nella nostra terra natale c’è davvero qualcosa per cui resistere e vivere. Siamo tutti in attesa della liberazione affinché la nostra esistenza migliori, ma anche per ritrovare il diritto di fare i conti con i corrotti e i negligenti. Insomma, perché la ruota della vita torni a girare normalmente. Questa nostra vita che perde gusto e colore se non concediamo spazio alla speranza che sia fatta giustizia e nel ritorno dei bei vecchi tempi. A come eravamo.
L’arte. La bellezza come resistenza
Cinema, teatro, letteratura, pittura, arti plastiche, musica, fotografia, restauro dei monumenti devastati dalla guerra e persino semplici momenti di gioia o di festa, che ostinatamente si mantengono vivi nonostante l’estrema durezza della vita quotidiana, testimoniano la grande forza d’animo del popolo siriano, che non vuole morire.
Ho terminato questo dipinto ieri, non so come intitolarlo: terremoto, bombardamenti israeliani, migrazione o coda per il pane? L'importante è che rappresenti un Siriano torturato. Mouaffak Makhoul ( موفق مخول) pittore. Noi pensiamo che potrebbe intitolarsi L’inferno siriano.E ancora Mouaffak Makhoul: Oggi ho realizzato la scena della distruzione del terremoto e la ricerca delle vittime e dei dispersi. Il titolo: Alla ricerca delle nostre anime tra le rovine.
É un dipinto che per certi aspetti ricorda le icone ospitate nelle chiese e nei monasteri siriani. Le variazioni cromatiche, l’impiego della luce e del movimento suggeriscono una grande tensione interiore nei personaggi: lo sbigottimento, l’ansia e il dolore lacerante provati la mattina del 6 febbraio 2023; ma l'aureola che li circonda conferisce al dipinto una connotazione sacra. Le figure senza lineamenti, il contrasto tra bagliore e oscurità diventano simboli dell’Umanità sofferente.
Fotografia di una famiglia aleppina dentro la casa sventrata dal terremoto. Si prende il caffé, si fuma, si conversa seduti attorno alla gabbietta degli uccelli che funge da tavolino. Bambini in piedi ascoltano attenti. Sul soffitto è rimasto appeso un ventilatore a pale. É una atmosfera che potremmo definire teatrale. Nello sfondo sembra drizzarsi un albero. E non mancano gli spettatori in basso nella strada. Impressiona questa scena di ordinaria vita familiare, tipicamente siriana, in quelle tragiche circostanze. La sicurezza non più tra le pareti di una casa, ma il rifugio negli affetti in attesa di un domani, come se ci fossero la speranza e la fede o la consapevolezza che finché l’uomo è vivo i muri potranno essere elevati nuovamente.
Il “mosaico” intitolato La Siria è stata distrutta dal terrorismo, che lo scultore Nizar ‘Ali Badr ha realizzato con dei ciottoli, è la rappresentazione naïve, immediata nella percezione ma allo stesso tempo potente, del supplizio tremendo inflitto ai Siriani. La luce illumina le figure sullo sfondo nero come a voler suggerire che il popolo martirizzato conserva la sua innocenza primigenia. È sicuramente un’opera poetica densa di tenerezza compassionevole.
Anno nuovo. Il mercato della festa dei poveri. Issa Touma, Aleppo 30 gennaio 2022
In questo bellissimo ed emozionante video di performance art, intitolata The Last Temptation, si racconta il dramma di Aleppo attraverso i resti di un pianoforte.
Parte prima. Un venerdì mattina mi sono perso nel vecchio palazzo che è stato devastato, proprio come il quartiere e i suoi ricordi che non torneranno mai più. Ma tra le rovine possiamo ancora trovare qualcosa che ci ricorda il tempo andato e l’anima dorata della città. Ho trovato un pianoforte, il pianoforte più antico e bello abbandonato tra le rovine del palazzo. Sono stato tentato dal pianoforte a improvvisare Impromptu op. 12 n. 2 di Aleksandr Skrjabin, cercando la melodia nella mia mente e nella mia anima. I tasti erano proprio come Aleppo, metà integri, metà danneggiati. Ho sentito un legame profondo con quel pianoforte che è simile a noi, triste e spezzato. Paradossalmente nostalgico del passato e curioso del futuro allo stesso tempo. Le chiavi danneggiate risuoneranno sempre nella mia mente e non so se gli ho reso un po’ di vita. Non so se ho ridato la vita alle sue chiavi danneggiate o se esse hanno riacceso in me la luce che era stata sempre nel profondo della mia anima. Quando tornai tempo dopo, purtroppo il pianoforte aveva già perso altri pezzi e sembrava che stesse aspettando il mio aiuto per l’ultima performance, il suo ultimo palpito.
Parte seconda. Mia nonna Jenny Poche Marrache è stata l'ultima a risiedere in questa bellissima casa. Una dimora antica e ricca che aveva ospitato uno dei primi consolati al mondo (Consolato di Venezia Repubblica Marinara, aperto nel 1548). Ricordo di esservi tornato nel 2016, e la prima cosa che vidi attraverso la finestra rotta fu questo bellissimo pianoforte. Era caduto attraverso due piani crollati. Fui scioccato e sopraffatto da una profonda tristezza, aggravata dal fatto che era l'unico pezzo rimasto in casa perché troppo pesante per essere rubato. Eppure, guardo questa foto dell'ultima Signora dei Suk che suona il piano e sorrido. Alla fin fine, non è stata l'ultima a suonarlo. Sorrido di nuovo perché la casa e la città vecchia di Aleppo hanno sentito ancora una volta musica.
Film di Issa Touma. Interpretazione di Anna Maria Kouzouian. Compositore Aleksandr Skrjabin https://www.youtube.com/watch?v=xc7HufHJC10
Il linguaggio letterario come resistenza e impegno civile.
Dieci anni delle nostre vite e delle vite dei nostri figli sono stati ingoiati da una guerra che ha accorciato le nostre strade e ci ha privato delle nostre foreste e delle nostre montagne. Le sabbie delle nostre spiagge hanno dimenticato i nostri passi. Dieci lunghi anni al termine dei quali anche la gioia normalmente ispirata dalla fioritura dei melangoli e cedri non può più dissipare la nostra amarezza...
Una granata è caduta a un passo da noi e quando siamo tornati a casa sani e salvi abbiamo celebrato la vittoria sulla morte nella terra del primo alfabeto...
I terroristi hanno persino bombardato la Facoltà di Architettura nel centro della capitale e il Teatro dell'Opera di Damasco; tuttavia, i venditori di ortaggi sono rimasti al loro posto, i negozi e le farmacie hanno tenuto le porte aperte, le cliniche hanno continuato a ricevere i pazienti, i funzionari hanno ricoperto i loro incarichi in diverse istituzioni, i musicisti non hanno interrotto le prove, i concerti sono continuati e gli ospiti alle serate culturali hanno risposto con la loro presenza.
Nadia Khost https://oraprosiria.blogspot.com/2021/04/ora-sappiamo-cosa-ci-avvicina-ad-altri.html
Dopo dodici anni di guerra terroristica globale e di sanzioni
ll 90% della popolazione vive in povertà
Oltre 7 milioni di sfollati interni.
Servizi essenziali e infrastrutture in rovina.
Oltre il 50% delle strutture sanitarie funziona solo parzialmente.
Migliaia di persone hanno perso i loro cari.
Migliaia i feriti.
Migliaia di case crollate.
Migliaia di case rischiano di crollare.
Migliaia di case da riparare.
Migliaia di persone hanno perso le loro speranze e i loro sogni.
La Siria ha affrontato una guerra mondiale a cui 80 Paesi hanno partecipato con l'invio di quasi 200.000 terroristi e un finanziamento stimato sui 400 miliardi di dollari. 135 miliardi sono stati spesi dal Qatar.
Il popolo siriano è il bersaglio di un “etnocidio”, un termine che descrive l’attività di decostruzione e disgregazione in atto. L’obiettivo generale è quello di rompere la sua coesione, che non è il prodotto di trent’anni di mandato francese e neanche di quattro secoli di impero ottomano, ma il risultato di una storia plurimillenaria, prima ancora dell’avvento del Cristianesimo e dell’Islam.
https://oraprosiria.blogspot.com/2017/05/ex-ambasciatore-raimbaud-la-tragedia.html