MMS da Damasco, il 7 novembre '12 |
4 dicembre: memoria di San Giovanni Damasceno, Vescovo e Dottore della Chiesa
Dalla Catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di mercoledì 6 maggio 2009
Cari fratelli e sorelle,
vorrei parlare oggi di Giovanni
Damasceno, un personaggio di prima grandezza nella storia della teologia
bizantina, un grande dottore nella storia della Chiesa universale. Egli è
soprattutto un testimone oculare del trapasso dalla cultura cristiana greca e
siriaca, condivisa dalla parte orientale dell’Impero bizantino, alla cultura
dell’Islàm, che si fa spazio con le sue conquiste militari nel territorio
riconosciuto abitualmente come Medio o Vicino Oriente.
Giovanni, nato in una ricca
famiglia cristiana, giovane ancora assunse la carica – rivestita forse già dal
padre - di responsabile economico del califfato. Ben presto, però,
insoddisfatto della vita di corte, maturò la scelta monastica, entrando nel
monastero di san Saba, vicino a Gerusalemme. Si era intorno all’anno 700. ..…
Dice Giovanni: "Bisogna
lasciarsi riempire di stupore da tutte le opere della provvidenza, tutte
lodarle e tutte accettarle, superando la tentazione di individuare in esse
aspetti che a molti sembrano ingiusti o iniqui , e ammettendo invece che il
progetto di Dio va al di là della
capacità conoscitiva e comprensiva dell’uomo, mentre al contrario soltanto Lui
conosce i nostri pensieri, le nostre azioni, e perfino il nostro futuro" .
Già Platone, del resto, diceva che tutta la filosofia comincia con lo stupore:
anche la nostra fede comincia con lo stupore della creazione, della bellezza di
Dio che si fa visibile.
L’ottimismo della contemplazione
naturale, di questo vedere nella creazione visibile il buono, il bello, il
vero, questo ottimismo cristiano non è un ottimismo ingenuo: tiene conto della
ferita inferta alla natura umana da una libertà di scelta voluta da Dio e
utilizzata impropriamente dall’uomo, con tutte le conseguenze di disarmonia
diffusa che ne sono derivate. Da qui l’esigenza, percepita chiaramente dal
teologo di Damasco, che la natura nella quale si riflette la bontà e la
bellezza di Dio, ferite dalla nostra colpa, "fosse rinforzata e
rinnovata" dalla discesa del Figlio di Dio nella carne, dopo che in molti
modi e in diverse occasioni Dio stesso aveva cercato di dimostrare che aveva
creato l’uomo perché fosse non solo nell’ "essere", ma nel
"bene-essere" . Con trasporto appassionato Giovanni spiega: "Era
necessario che la natura fosse rinforzata e rinnovata e fosse indicata e insegnata
concretamente la strada della virtù, che allontana dalla corruzione e conduce
alla vita eterna… Apparve così all’orizzonte della storia il grande mare
dell’amore di Dio per l’uomo…".
E’ una bella espressione.
Vediamo, da una parte, la bellezza della creazione e, dall’altra, la
distruzione fatta dalla colpa umana. Ma vediamo nel Figlio di Dio, che discende
per rinnovare la natura, il mare dell’amore di Dio per l’uomo. Continua
Giovanni Damasceno: "Egli stesso, il Creatore e il Signore, lottò per la
sua creatura trasmettendole con l’esempio il suo insegnamento… E così il Figlio
di Dio, pur sussistendo nella forma di Dio, abbassò i cieli e discese… presso i
suoi servi… compiendo la cosa più nuova di tutte, l’unica cosa davvero nuova
sotto il sole, attraverso cui si manifestò di fatto l’infinita potenza di
Dio".
Possiamo immaginare il conforto e
la gioia che diffondevano nel cuore dei fedeli queste parole ricche di immagini
tanto affascinanti. Le ascoltiamo anche noi, oggi, condividendo gli stessi
sentimenti dei cristiani di allora: Dio vuole riposare in noi, vuole rinnovare
la natura anche tramite la nostra conversione, vuol farci partecipi della sua
divinità.
Che il Signore ci aiuti a fare di queste parole sostanza della nostra
vita.
“Signore, che nel Tuo Figlio ti sei mostrato Padre di tutti gli uomini, a qualunque popolo, lingua o cultura essi appartengano, infondi il Tuo Spirito su coloro che hanno in mano la sorte dei popoli, perché promuovano veramente la concordia, la giustizia e la dignità dell’uomo”.
Damasco dal Monte Qassioun |