Papaboys 3.0
Traduzione dell’articolo: “Syria’s Valley of the Christians Under Fire”, di Firas Choufi.
di Francis Marrash
Le feroci battaglie tra l’esercito siriano e gruppi estremistici armati nella città di Zara – che circondano il Krak des Chevaliers, riecheggiano in tutta la Wadi al-Nasara, la parte araba della valle dei cristiani. Ogni giorno, i villaggi nella valle celebrano funerali e seppelliscono nuove vittime. Coloro che non sono fuggiti hanno deciso di non abbandonare la Siria.
La voce del conducente mescolata con il suono martellante del vento nevoso, si mescola con la velocità eccessiva dell’auto durante il tragitto della strada che porta da Hawash-Zara a Wadi al-Nasara, ad ovest della città di Homs. L’uomo che guida la macchina fa osservare a noi passeggeri: “Questa strada di notte è sporca”. Nella parte posteriore sono seduti due uomini con dei fucili attaccati fuori dalla finestra. La paura è forte, ma si tenta di superarla insieme. Fuori è buio. I militanti dell’opposizione siriana, – rintanati nel Krak des Chevaliers, il castello crociato-, sono abbastanza noti per come colpiscono il percorso che stiamo attraversando. Secondo il conducente, la situazione ora è sotto controllo, dopo che l’esercito siriano ha stabilito nuove posizioni rafforzando le misure di sicurezza nell’area. I minuti non passano mai. Il pensiero va alle immagini dei morti senza motivo e alle decapitazioni ripetute a Wadi al-Nasara. I terroristi, alla fine delle esecuzioni giocano con la testa dei decapitati.
Coloro che combattono a fianco dell’esercito siriano non hanno tanta paura della morte. Parlano dei loro compagni che sono stati uccisi con tono triste e rassegnato. I residenti al riparo nelle loro case potrebbero scampare alla morte, ma la probabilità di essere uccisi dai quotidiani bombardamenti casuali da parte dei terroristi è molto elevata. L’esercito, mentre prepara la liberazione del Krak des Chevaliers, nel contempo ha migliorato nelle ore diurne le condizioni di sicurezza della strada. La notte invece viaggiare è ancora molto rischioso. Il freddo per i soldati non è la più grande preoccupazione, quando si trovano dietro le postazioni militari. Nizar, un combattente governativo, aggiusta il cappello lanoso soffiandosi aria calda nelle mani. Egli divide, con il suo sguardo vigile, l’attenzione su di noi e sulla zona notturna da controllare. “Non possiamo permetterci di avere freddo, oppure di chiudere gli occhi. I terroristi cercano di intrufolarsi in qualsiasi momento. Spero che lo facciano, in modo tale da potervi mostrare le loro azioni”.
Tra i combattenti che si trovano di stanza in questo luogo, ci sono soldati dell’esercito siriano, membri della difesa nazionale e del Partito nazionalista sociale siriano (SSNP). La maggior parte di loro sono, in verità, residenti dei villaggi vicini.
Il Flagello delle decapitazioni. La maggior parte dei cristiani che rimangono nella regione non fa conto che venga alcuna salvezza dai cristiani occidentali. Quelli che non sono fuggiti preferiscono morire rimanendo nel loro villaggio, anziché accettare la “carità dell’uomo bianco”. Tony lavora in un ristorante nel villaggio di Hawash. Ha deciso di rimanere. La madre di Hossam, del villaggio di Hambara, non vuole lasciare la sua abitazione. Ogni giorno visita la tomba del figlio ucciso nel conflitto. Tanti altri come loro vogliono rimanere. La Siria è l’unica casa che hanno.
Durante l’attacco del 29 gennaio, nel posto di blocco presidiato dalla Difesa Nazionale nella città di Ammar al-Hosn, i terroristi hanno mutilato con soddisfazione i corpi delle truppe addette al checkpoint. Hanno cavato gli occhi di un cadavere, un altro è stato decapitato e la testa è stata esibita a tutti, come trofeo. Nelle ultime settimane, i ribelli hanno eseguito tante altre decapitazioni a danno dei combattenti delle Forze di Difesa Nazionale. Tra loro un combattente SSNP di nome Hanna Karam. Hanno subito la stessa sorte anche dei civili, e più recentemente è stato decapitato un giovane di nome Fadi Matta di Marmarita. Così ci veniva raccontato dalla guida durante il giro ai posti di blocco dell’esercito siriano. L’obiettivo preteso con le decapitazioni ha avuto negli abitanti della valle l’effetto opposto rispetto a ciò che desideravano i ribelli. La gente del luogo, dopo questi avvenimenti, è più convinta ad usare le armi contro i militanti. Infatti, con i continui attacchi, i residenti hanno costituito un nuovo gruppo di combattenti provenienti dai villaggi circostanti di Bahzina, Hanambra, Shallou, e Hawash, per lottare contro i terroristi, Alcuni provengono dalle università, altri dai posti di lavoro. Uno dei combattenti ha dichiarato: “La vita sul campo di battaglia ti deruba di tutto. Si pensa solo ad uccidere i miliziani, altrimenti loro uccidono noi”.
Chi spara per primo? Coloro che combattono a fianco dell’esercito siriano, non negano la grande esperienza dei miliziani, soprattutto i cecchini. La domanda frequente a Zara è: “chi sparerà per primo? I cecchini professionisti dell’esercito, nel combattimento hanno difficoltà serie a centrare i cecchini degli estremisti armati”. Per esempio: i soldati dell’esercito sono costretti a usare missili guidati, altrimenti i cecchini possono rallentare l’avanzata dei soldati per diversi giorni. Quelli che si trovano in trincea e lungo le linee del fronte, non sono gente che non ragiona. Molti sono in grado di gestire se stessi nelle conversazioni politiche. Abu Joseph, proveniente da Marmarita, ha detto: “la guerra non è tra sunniti e sciiti, o tra alawiti e sunniti. La guerra è il frutto dell’arretratezza dei siriani, che coinvolge anche noi cristiani”.
Dolore e disperazione. Il funerale di Hanna Karam si è tenuto il 31 gennaio a Bahzina. Al corteo funebre si avvertivano sentimenti di rabbia e dolore. Il giovane è stato ucciso nell’attacco contro le fattorie di Zara. Quando i suoi compagni sono stati in grado di recuperare il corpo non c’era più la testa. Aveva subito la decapitazione. La bara è stata portata dagli Scout della cittadina, mentre veniva eseguito l’inno nazionale siriano. La madre disperata camminava dietro la bara, chiamandolo per nome, come fosse ancora vivo.
Non ho ancora provato il carro armato. Per gli abitanti di Wadi al-Nasara, il Krak des Chevaliers, è diventato un mostro di pietra, arroccato sull’alta montagna rovinando la loro vita giorno e notte. Al suo interno si nascondono i fondamentalisti. Fatti, voci e miti oltraggiosi si mescolano tra i residenti circa il castello medievale e i militanti nascosti all’interno. Alcuni abitanti del luogo sostengono che la presenza dei militanti nel castello ammonta da 5.000 a 7.000 unità. Fonti militari affermano che il numero reale non supera le mille unità, anche se ammettono che i militanti sono in possesso di ingenti quantità di armi e munizioni.
Recentemente sono riusciti a sottrarre all’esercito un carro armato, un cannone da 37 mm, e un mortaio. Dopo il furto gli abitanti sono diventati esperti militari, cercando di prevedere ciò che sarebbe successo. Ma dopo alcuni giorni, non vi è stato nessun bombardamento sul villaggio da parte dei terroristi. Un proprietario del luogo, scherzando ha detto: “non è ancora tempo di usare il carro armato”. Continuando ha informato che i terroristi “hanno provato il 37 mm, sparando colpi su Marmarita. Grazie a Dio nessuno è rimasto ferito. Vedremo quando saranno utilizzate le altre armi, ieri hanno provato il mortaio”. Le fonti militari, hanno confermato che i militanti stanno risparmiando le armi pesanti per la “grande battaglia”, nascondendosi dalla forza aerea siriana.
MARMARITA. Marmarita è la più grande città cristiana nel Wadi al_Nasara (Valle dei Cristiani), e si trova accanto alla città di Hawash. La maggioranza dei residenti è di religione cristiana greco-ortodossa. Prima del conflitto, erano circa 7.000. Oggi, più di 30.000 persone vivono in città, tra cui molti cristiani sfollati dal distretto di Diwan al-Bustan di Homs. Ce ne sono altri che provengono da Hamidiyed e dalla città di Qusayr.
Raggiungere Marmarita da Hawash, richiede molto tempo. Prima della guerra, la strada passava attraverso Krak des Chevaliers, facendo impiegare ai viaggiatori 10 minuti per raggiungere la città. Ora la strada ha subito una deviazione che passa dalla città di Daghleh. Il tempo di percorrenza si è allungato di mezz’ora. Se questo significa evitare il fuoco dei cecchini o un estremista in attesa di tagliare la gola…. che ben venga! Di notte, è possibile incontrare alcuni avventori nei ristoranti della città, ma anche così sono solo una manciata, ma prima del conflitto Marmarita era uno dei centri estivi più importanti della Siria.
Dalla città, durante il giorno, si può vedere il Krak des Chevaliers. In una giornata limpida, si possono ammirare le montagne libanesi e buona parte della catena montuosa del nord Libano.
I residenti di Marmarita hanno preso le armi per difendere le zone residenziali sotto la guida di Bashar al-Yazigi. Hanno aderito dapprima i comitati popolari, poi le Forze di Difesa Nazionale, oltre all’ SSNP. Otto combattenti di Marmarita sono stati uccisi durante i combattimenti, oltre a due civili e un a numero elevato di ufficiali e soldati dell’esercito siriano.
Nel pomeriggio, quanto i negozi cominciano a chiudere, si può notare uno spettacolo molto interessante: tutte le persiane sono state recentemente dipinte con i colori della bandiera siriana.
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SIRIA, Arte, Barbarie Talebana
Vi ricordate i Talebani e i Buddha giganti di Bamiyan fatti saltare con la dinamite nel 2001? Nel nord della Siria, in mano ai fondamentalisti islamici sta accadendo esattamente lo stesso. E sempre per lo stesso motivo: le migliaia di combattenti fondamentalisti, in grande maggioranza stranieri (80 Paesi diversi, secondo un vescovo) finanziati e appoggiati da Arabia Saudita, Qatar, Usa e Turchia stanno nei ritagli di tempo dando vita a una lotta iconoclasta, contro “gli idoli”, cioè le opere d’arte. Lo denuncia l ’Indipendent, secondo cui i fondamentalisti hanno cominciato a distruggere mosaici bizantini e statue romane e greche.
A metà gennaio, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), un movimento vicino ad al Qaeda che controlla parte del nord-est della Siria, ha fatto esplodere un mosaico bizantino del sesto secolo vicino a Raqqa. Il responsabile delle antichità di Raqqa, fuggito a Damasco, e che non ha voluto essere citato, ha dichiarato. “E’ accaduto fra 12 e 15 giorni fa. Un uomo d’affari turco è venuto a Raqqa per cercare di comprarlo. Questo ha reso cosciente l’Isis della sua esistenza, sono venuti e l’hanno fatto esplodere. E’ completamente perso”.
Altri siti distrutti dai fondamentalisti islamici includono i rilievi scolpiti a Shash Hamnda, un cimitero romano nella provincia di Aleppo. E sempre nella zona di Aleppo le statue scolpite sul fianco di una vallata ad al-Qatora sono state prese di mira con armi pesanti, e ridotte in frammenti.
Uno specialista si è detto sicuro che se la guerra continua “avremo la distruzione di tutte le croci del primo cristianesimo, mosaici con figure mitologiche e migliaia di statue romane e greche”. Il mosaico distrutto a Raqqa era intatto, del periodo bizantino ma realizzato con tecniche romane.
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