Situato
alle porte del deserto della Siria, a sessanta chilometri a sud di
Homs, il villaggio cristiano di Sadad conta solo tremila abitanti
rimanenti. La sua popolazione è interamente cristiana,
principalmente di rito siriaco-ortodosso. Questo antico villaggio è
citato due volte nel Vecchio Testamento, e si parla ancora
l'aramaico.
Durante la guerra, Sadad era un punto strategico per controllare la strada tra Homs e Damasco, ed è stato quindi attaccato più volte dai terroristi. Organizzati in milizia, gli abitanti del villaggio hanno respinto un primo assalto di al-Nusra nel 2013 -che è giunto comunque fino a controllare i tre quarti del villaggio- e un secondo assalto di Isis nel 2015. Ma, in Sadad o altrove, molti giovani del villaggio hanno perso la vita nei combattimenti condotti durante la guerra. Morendo per la difesa del loro paese, hanno acquisito il titolo di martiri presso i siriani.
Siamo andati ad incontrare le famiglie di questi martiri, per raccogliere la loro testimonianza e far conoscere al mondo questi racconti di vite spezzate e di famiglie in lutto.
Mayada si veste solo in nero e rifiuta ogni cibo dolce da sette anni. Suo figlio Shadi è morto in battaglia nel 2011, a vent'anni. Due anni dopo, la guerra le prendeva un secondo figlio, George, di soli diciassette anni. Da questi due drammi, una tristezza permanente si è installata nella piccola casa che condivide con il marito e la loro nuora Rouba, con i suoi due giovani figlioli. Ci rechiamo da questa famiglia in compagnia di Hyam, un'amica dell'associazione, peraltro cugina di Mayada, che ci tradurrà ciò che le nostre magre conoscenze in arabo non ci permetteranno di cogliere.
Al nostro arrivo, constatiamo che la casa è stata appena lavata con grandi secchiate. Desiderosa di riceverci bene, un pallido sorriso illumina il volto di Mayada mentre suo marito ci invita nella stanza di soggiorno, dove una stufa mai usata è appena uscita dalla soffitta in modo che non abbiamo freddo. I tubi mal aggiustati della stufa lasciano sfuggire ondate di fumo, e si deve presto rinunciare al suo uso. A questo punto, un piccolo riscaldamento a gas è immediatamente installato nella stanza, nonostante la carenza di gas. Questa famiglia tuttavia non è ricca: la loro piccola casa non è riscaldata, i mobili sono limitati, e i pezzi mancano chiaramente di finiture. Sul tetto-terrazza in cemento, la costruzione di un secondo piano che permetterebbe a queste differenti generazioni di vivere più comodamente è al punto morto, per mancanza di soldi.
Durante la guerra, Sadad era un punto strategico per controllare la strada tra Homs e Damasco, ed è stato quindi attaccato più volte dai terroristi. Organizzati in milizia, gli abitanti del villaggio hanno respinto un primo assalto di al-Nusra nel 2013 -che è giunto comunque fino a controllare i tre quarti del villaggio- e un secondo assalto di Isis nel 2015. Ma, in Sadad o altrove, molti giovani del villaggio hanno perso la vita nei combattimenti condotti durante la guerra. Morendo per la difesa del loro paese, hanno acquisito il titolo di martiri presso i siriani.
Siamo andati ad incontrare le famiglie di questi martiri, per raccogliere la loro testimonianza e far conoscere al mondo questi racconti di vite spezzate e di famiglie in lutto.
Mayada si veste solo in nero e rifiuta ogni cibo dolce da sette anni. Suo figlio Shadi è morto in battaglia nel 2011, a vent'anni. Due anni dopo, la guerra le prendeva un secondo figlio, George, di soli diciassette anni. Da questi due drammi, una tristezza permanente si è installata nella piccola casa che condivide con il marito e la loro nuora Rouba, con i suoi due giovani figlioli. Ci rechiamo da questa famiglia in compagnia di Hyam, un'amica dell'associazione, peraltro cugina di Mayada, che ci tradurrà ciò che le nostre magre conoscenze in arabo non ci permetteranno di cogliere.
Al nostro arrivo, constatiamo che la casa è stata appena lavata con grandi secchiate. Desiderosa di riceverci bene, un pallido sorriso illumina il volto di Mayada mentre suo marito ci invita nella stanza di soggiorno, dove una stufa mai usata è appena uscita dalla soffitta in modo che non abbiamo freddo. I tubi mal aggiustati della stufa lasciano sfuggire ondate di fumo, e si deve presto rinunciare al suo uso. A questo punto, un piccolo riscaldamento a gas è immediatamente installato nella stanza, nonostante la carenza di gas. Questa famiglia tuttavia non è ricca: la loro piccola casa non è riscaldata, i mobili sono limitati, e i pezzi mancano chiaramente di finiture. Sul tetto-terrazza in cemento, la costruzione di un secondo piano che permetterebbe a queste differenti generazioni di vivere più comodamente è al punto morto, per mancanza di soldi.
Prendiamo
il tè con loro, e a poco a poco la coppia si confida con noi.
Apprendiamo così che i loro altri tre figli sono ancora militari e
continuano a servire nell'esercito arabo siriano a Damasco e a Hama.
Un'angoscia supplementare per quei genitori già provati. Ci parlano
anche della loro amicizia con la first lady, Asma al-Assad. Commossa
dalla loro storia, ella li ha ricevuti al palazzo presidenziale, ed
ha offerto un'auto per permettere loro di lavorare. Da allora, ella continua regolarmente a chiedere le loro notizie e a offrire loro il
suo aiuto, che rifiutano. Mayada ci spiega le ragioni di questo
rifiuto, nonostante la loro miseria: "se accettassi questo
aiuto, avrei l'impressione di vendere i miei figli". Suo marito
approva, prima di aggiungere che "il sostegno morale e le foto"
al lato della first lady sono sufficienti, e che non vogliono nulla
di più. La foto scattata con M. Asma qualche anno fa troneggia ben
visibile nella stanza, accanto alle foto di famiglia. Ma se questo
sostegno importante costituisce un reale conforto morale, oltre ad
aver migliorato la loro quotidianità grazie all'automobile, non potrà mai
rendere completamente la gioia di vivere a questa coppia, che vive
costantemente nella memoria dei due figli scomparsi.
I
loro ritratti appaiono sullo sfondo dell'angolo di preghiera, e su
uno scaffale vicino le scarpe di uno fanno da vaso per un mazzo di
fiori di plastica, accanto al casco e alla bandiera siriana. E i due
figli di Rouba sono stati battezzati Shadi e Georges, in ricordo dei
loro zii defunti. Per ora, i due piccoli si divertono sul tappeto, e
corrono di tanto in tanto a rifugiarsi tra le braccia della loro
mamma o del loro nonno. Speriamo che il triste contesto che li
circonda non peserà troppo sulla loro infanzia, e preghiamo
soprattutto che il futuro del loro paese riservi loro un destino
diverso da quello dei loro zii.
Commossa, Mayada smette di parlare. Con suo marito, usciamo a visitare il giardino. Dopo il nostro giretto, la ritroviamo fuori, seduta su una sedia di plastica, immobile. Trova ancora la forza di sorridere quando li lasciamo e li ringraziamo calorosamente per la loro accoglienza e la loro testimonianza. “Tornate a farci visita! Venite quando volete, siete i benvenuti! ". Queste poche parole, già tante volte sentite a Sadad, prendono però qui un senso particolare, pieno di speranza, e ci mostrano che nonostante il dolore che opprime questi genitori provati, il loro cuore è rimasto aperto e generoso. Ripartiamo ammirati davanti al loro coraggio.
trad: OraproSiria
Commossa, Mayada smette di parlare. Con suo marito, usciamo a visitare il giardino. Dopo il nostro giretto, la ritroviamo fuori, seduta su una sedia di plastica, immobile. Trova ancora la forza di sorridere quando li lasciamo e li ringraziamo calorosamente per la loro accoglienza e la loro testimonianza. “Tornate a farci visita! Venite quando volete, siete i benvenuti! ". Queste poche parole, già tante volte sentite a Sadad, prendono però qui un senso particolare, pieno di speranza, e ci mostrano che nonostante il dolore che opprime questi genitori provati, il loro cuore è rimasto aperto e generoso. Ripartiamo ammirati davanti al loro coraggio.