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lunedì 18 luglio 2016

Intraprendere per restare? : "Se non ci fossero le sanzioni ... "

I nostri lettori ricorderanno che nel periodo natalizio abbiamo sostenuto e presto concluso il Progetto "Fabbrica di cioccolato", coordinato e diretto nella cittadina di Kafroun (Valle dei Cristiani) dall'amico Johnny Ghazzy. Ecco ora gli aggiornamenti, le speranze e i desideri:


Cari amici,
salve, vi mando tanti saluti da Kafroun.

Come avevo già scritto la volta scorsa, il lavoro principale che ho fatto ultimamente è stato di riuscire a trovare una ricetta di buona qualità di cioccolato, questo significa anche dover cercare e trovare sempre la materia prima di buona qualità.
Sarebbe tutto più facile se l’attuale situazione di embargo non impedisse a noi Siriani di fare ordini anche all’estero. Purtroppo dobbiamo arrangiarci anche se le difficoltà non sono di poco conto.

Sono due i principali problemi: il primo è quello della sicurezza: la guerra in corso rende poco sicuro e difficile anche il trasporto di persone e di cose, anche se noi viviamo in una zona relativamente sicura.
Il secondo problema è di tipo economico, perché il cambio Euro-Dollaro varia spesso notevolmente e allo stesso tempo la Lira siriana continua a perdere di valore. Inutile dire che anche questo problema è legato alla guerra, ma in maggior misura alle sanzioni alle quali la Siria è sottoposta.

Le sanzioni affamano la popolazione e soffocano la nostra economia che, nonostante la nostra voglia di fare, rende difficilissimo anche trovare il credito per finanziare ogni iniziativa. Molti tra noi vorrebbero darsi fa fare in qualche modo per dare più servizi alla gente, ma mettere in piedi una piccola impresa di qualsiasi tipo è diventato proibitivo: qui non si trova quasi più nulla dei materiali o delle attrezzature necessarie per poter lavorare. Se davvero voi, in Italia e in Europa desiderate aiutarci, dovete far di tutto perché venga tolto ai Siriani questo ingiusto embargo che danneggia solo noi che viviamo nelle zone controllate dal governo, ma non viene applicato nelle zone sotto il controllo degli altri.

Nonostante queste grosse difficoltà, la qualità del cioccolato che sono riuscito a produrre è tra le migliori che si trovano in zona, e dal punto di vista del prezzo è più conveniente di altri (entra nella fascia media): ad oggi vendo un kilo di cioccolatini al prezzo di 5.75 € e il costo di produzione è di 3.80 €.
Per la vendita del prodotto, fino adesso ho fatto pubblicità nella zona di Kafroun dove mi trovo, e lo vendo ai negozi privati, dopo averlo confezionato senza mettere una marca (nome...ecc!), perché non ho ancora concluso le pratiche che mi permettano di ottenere la registrazione aziendale.
Nel 2015 sono riuscito a produrre circa 250 kg. di cioccolato pronto per essere venduto, con l’aiuto di due signore “Siham e Mariette” , e altre due saltuariamente, avendo il sostegno dalla casa salesiana che mi ha messo a posizione lo spazio sufficiente per lavorare. Il lavoro si faceva secondo la richiesta dei negozi, e fino adesso sono soltanto 2 i negozi centrali che si interessano di provvedere a tutto ciò che serve per le feste (matrimoni, battesimi, prime comunioni... ecc). Lavoravamo 6 ore al giorno, per 5 giorni a settimana.
In generale il lavoro con il cioccolato rallenta durante l’estate a causa dell’alta temperatura, e poi sempre a motivo del caldo, la mancanza di energia elettrica è molto maggiore di altri periodi, perciò lavoriamo solo su richieste da parte dei clienti.

Per il futuro, sto pensando di ingrandire la dimensione della piccola fabbrica e conseguentemente la possibilità di avere nuove fette di mercato anche in altre zone (Tartous e paesi vicini), ma questo sarà possibile, a Dio piacendo, solo dopo la fine dell’estate.
Come sapete già, ho comperato tutto il materiale e i macchinari che mi servono adesso per poter lavorare, ma passo imprescindibile è trovare un locale adeguato (piccola fabbrica) per lavorare bene, e spero di poterlo fare entro ottobre 2016.

Un affettuoso saluto. Grazie a tutti voi,

Jony 

giovedì 14 luglio 2016

Bambini di Siria: La colonia estiva e l'amore che vince



L'asilo delle Suore del Perpetuo Soccorso di Marmarita, nella Valle dei Cristiani, in questi mesi si è riempito di bambini che sono fuggiti dalle zone più flagellate dalla guerra.
Sono bambini segnati da esperienze terribili e da lutti infiniti in famiglia. 
Da qui è nato il progetto COLONIA VACANZE SERENE, per offrire nei mesi estivi opportunità di gioco e di esperienze in letizia.
Anche per i bambini siriani ci sono presenze che regalano angoli di paradiso.
Grazie: per l'amore e la normalità che è possibile donare a chi vuole restare nella sua terra.



martedì 12 luglio 2016

Testimonianze da Aleppo: «Strage di bambini mentre il mondo tace»

fra Firas Lutfi: «Un razzo è caduto in un Luna Park causando la morte di molti bambini che si divertivano durante la festa musulmana del sacrificio. L’ospedale davanti al nostro collegio non riusciva a soccorrere tempestivamente tutti i feriti e i mutilati, la maggior parte bambini. Ieri non siamo riusciti a dormire per tutta la notte. Spari e bombardamenti ininterrottamente. Una delle donne impegnate del mio convento ha perso la casa a causa di un missile che ha distrutto praticamente tutto. Abbiamo dovuto sospendere il campo estivo dei nostri ragazzi. Temiamo che questa escalation possa durare lungo tutto questo periodo. Anche il catechismo degli adulti che si tiene ogni lunedì dopo la messa delle ore 18.00 è stato sospeso fino a quando non sarà passato questo periodo di intensi bombardamenti. Insomma, tutto sembra ancora non risolto. Si parla di tregua, ma è un’idea abortita prima che sia stata concepita! Siamo comunque nelle mani del Signore. Pregate per noi affinché il Signore ci conceda la Pace, tanto attesa e sperata».
Associazione pro Terra Sancta 


 Intervista al medico di Aleppo Nabil Antaki

Sibialiria, 11 luglio 2016
Decine e decine di morti, per metà bambini. Bambini che erano ammassati, con le loro famiglie, intorno a qualche bancarella di pasticcini o di bevande per festeggiare l' Eid al-Fitr che celebra la fine del Ramaḍan. I “ribelli”, asserragliati nella zona nord di Aleppo, circondati dall’esercito siriano, sapevano benissimo che i loro colpi di mortaio avrebbero provocato una strage di inermi civili; una strage efferata – complici i media di tutto il mondo – da addebitare all’aviazione di Assad , ottenendo così dall’Occidente una qualche No Fly Zone ed evitare la resa subita dai “ribelli” a Homs. 
La vendetta dell’opposizione armata contro i civili di Aleppo non si ferma. Jabat al Nusra (al Qaeda in Siria) e l’Esercito siriano libero hanno bersagliato in particolare il quartiere assiro, rileva Al Masdar news.
A tal riguardo abbiamo intervistato, via email, Nabil Antaki, medico dei Fratelli maristi, che vive e lavora ad Aleppo. Fra i primi sulla sua pagina Facebook ha documentato (anche con foto) la strage. Qui una sintesi dell’intervista.
Perché c’è silenzio sulla carneficina di civili in questi ultimi giorni, a opera dei gruppi armati dell’opposizione? 
Lo vediamo da quattro anni: i media tacciono su quel che accade nella parte di Aleppo che è sotto il controllo dello Stato siriano, e che è la parte più importante per estensione e numero di abitanti. Non parlano delle sofferenze subite dagli abitanti di Aleppo a causa della mancanza di acqua e del bombardamento quotidiano con i mortai, che piovono sui quartieri civili con morti e feriti. Al contrario, riportano copiosamente e spesso con esagerazione quel che accade nei quartieri Est della città sotto il controllo dei gruppi terroristi come Al Nusra. Per questi media e per i loro lettori o spettatori, Aleppo sono solo i quartieri Est.
Quali sono le motivazioni che hanno indotto un certo numero di civili a rimanere nelle aree Est di Aleppo, controllate dagli islamisti?
I civili che vivono nelle zone controllate dai terroristi non sono rimasti là per simpatia con i cosiddetti ribelli. Mezzo milione di aleppini è scappato dai quartieri Est fin dai primi giorni della loro occupazione da parte dei gruppi terroristi. Sono rimasti quelli che o non hanno i mezzi per andar via, e chi teme che quel che ha messo insieme con una vita di lavoro sia saccheggiato e occupato. Ci sono poi i civili che vivono nelle città prese da Daesh (Raqqa, bab, Menbei) : a loro non è consentito andar via (ostaggi o scudi umani ?) e devono, mi hanno raccontato quelli che sono riusciti ad andar via, pagare enormi somme per partire.
I gruppi armati nella parte Est di Aleppo sono dominati da Al Nusra ? In Occidente si parla tuttora di gruppi « moderati »
Sì, i terroristi che accerchiano Aleppo, la nostra Aleppo fanno parte di Al Nusra e di gruppi affiliati (stessa ideologia, stessi atti barbari), come Ahrar Al Sham o jaish al Islam.  
Potrebbero questi gruppi islamisti accettare di essere evacuati come a Homs, dove i ribelli hanno accettato di evacuare sotto la protezione della Croce Rossa Internazionale?
Le due situazioni non sono paragonabili. A Homs occupavano un’area piccola, una specie di fortino al centro della città. Ad Aleppo, non solo interi quartieri ma anche una vasta area intorno alla città la cui perdita significherebbe un’irrimediabile sconfitta militare. E questo organizzazioni come Al Nusra, Ahrar Al Sham o Jaysh Al Islam  non se lo possono permettere. Questa opposizione armata è composta al 90% da terroristi islamisti che non vogliono negoziare né prender parte a un governo di transizione. Vogliono rovesciare il governo e instaurare un regime islamico. Bombardando i civili, vogliono creare terrore. 
La rinnovata richiesta di « corridoi umanitari » non è per caso un escamotage ? 
Sì. Ogni volta che i gruppi armati o i loro alleati occidentali vogliono sabotare i negoziati, invocano i corridoi umanitari. 
Che cosa vuol dire il «governo di unità nazionale» di cui si parla?
Un governo di unità nazionale vuol dire rappresentanti del governo attuale (soprattutto il partito Baath), e rappresentanti della maggioranza silenziosa che vive in Siria, subisce la guerra, è contro i terroristi senza necessariamente essere fan del governo, e infine gli oppositori democratici, veramente democratici.
  
Il Papa nel suo messaggio ha detto che la pace è possibile… ma come? Quali sono le condizioni della pace, che il Papa non ha esplicitato?
Credo che il pontefice abbia enunciato un principio generale. Non penso che abbia informazioni non divulgate che lo inducano a parlare di una pace possibile. Penso che sia indispensabile sradicare i terroristi e tagliare i legami che hanno all’estero. I piromani devono diventare pompieri perché una soluzione politica possa vedere la luce del giorno. La Turchia deve smettere il suo sostegno ai terroristi e impedire il loro passaggio in Siria, Qatar e Arabia saudita devono cessare di elargire denaro e mezzi. I governi occidentali devono collaborare con l’esercito siriano (e l’aviazione russa) per combatterli sul campo. Una volta sbaragliati i terroristi, si potrà avviare un processo democratico. Visto che il conflitto è stato determinato dall’esterno, una soluzione politica non può essere realizzata senza la collaborazione di chi ha messo la Siria a ferro e fuoco. E occorre abolire le sanzioni che da cinque anni stanno affamando la popolazione siriana. Ma non credo a una soluzione militare a favore del governo; gli occidentali non lo permetterebbero. E non vedo per ora l’inizio di una soluzione negoziale. Con la Brexit e le elezioni statunitensi, gli occidentali sono occupati. Temo che la tragedia in Siria diventerà infinita…dura già da cinque anni.  
C’è perfino lo scenario della partition della Siria…
…sarebbe uno scenario ottimo per Israele: l’intera regione divisa in Stati confessionali ed etnici. Ma sembra poco possibile perché la Turchia non permetterebbe la creazione di uno Stato kurdo ai suoi confini meridionali, uno Stato che si unirebbe con il Kurdistan iracheno. La Siria era il paese più stabile della regione e coloro i quali ha pianificato questa guerra hanno scatenato un processo del quale nemmeno loro conoscono la fine: l’impantanarsi nel caos? La divisione? Uno Stato islamista?


Mons. Abou Khazen: il fronte è altrove, si tratta di attacchi sferrati dai ribelli verso i quartieri governativi “per spirito di vendetta”. Il vicariato ferma le attività e i campi estivi per i ragazzi; resta aperta solo la chiesa per la preghiera e le funzioni. 

AsiaNews, 12 luglio 2016

Ormai non si tratta più di una guerra, ma di un terribile “spargimento di sangue” nel contesto di una escalation di violenze “che fa davvero paura”; in città non vi è uno scontro fra due fazioni in lotta, fra due eserciti ma “si assiste solo al bombardamento di civili inermi”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei Latini, una realtà segnata da anni di guerre e violenze e da qualche tempo diventata l’epicentro del conflitto siriano.
Per tutta la giornata di ieri dal quartiere est in mano ai ribelli sono partiti missili e razzi che hanno colpito in vari punti la zona occidentale, controllata dall’esercito governativo. “Oggi è un po’ più tranquillo - aggiunge il prelato - ma è una situazione di calma apparente. Non vi sono accordi, non vi sono trattative fra le parti e vi saranno presto nuovi bombardamenti”. 
Raggiunto da AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo parla di “pesanti bombardamenti” che si sono susseguiti “per tutta la giornata di ieri”. I missili “hanno colpito anche il nostro centro pastorale” aggiunge, per fortuna “senza fare vittime, come purtroppo è avvenuto da altre parti”. Per motivi di sicurezza, sottolinea mons. Georges, il vicariato “ha sospeso tutte le attività in programma, a partire dai momenti di gioco e di svago per i ragazze”. Resta aperta, precisa il prelato, “solo la chiesa perché i fedeli possano entrare e pregare o partecipare alle funzioni. Tutto il resto, al momento, è fermo”. “Purtroppo - conclude il vicario di Aleppo - qui non siamo di fronte ad uno scontro fra due eserciti, perché il fronte è da un’altra parte. Qui si tratta di attacchi contro civili inermi per puro spirito di vendetta, con armi sempre più sofisticate”. 

lunedì 11 luglio 2016

Padre Ibrahim Alsabbagh: la guerra in Siria è per il potere in Medio Oriente

La situazione di Aleppo e della Siria nelle parole di fra ibrahim a R. Vaticana:
"Siamo proprio nel mirino del caos, perché non si trova una via d’uscita diplomatica e neanche militare."


Pesantissimo bilancio dei bombardamenti in corso sui quartieri di Aleppo nella zona governativa. Da tre giorni alNusra e altri gruppi jihadisti lanciano senza sosta missili di ogni tipo, causando morti , feriti e distruzioni immani nei quartieri siriaci.


D. – Cosa blocca la pace?
R. – La mancanza di un accordo internazionale. Come diceva il Papa, è una guerra mondiale a pezzi in Medio Oriente, è più che una guerra civile. Quindi, per arrivare a una pace bisogna arrivare a un accordo ed è quello che ci manca oggi.

D. – Che interessi si confrontano, in Siria?
R. – Prima di tutto, l’interesse economico, che è molto importante, perché ci sono questi grandissimi pozzi di petrolio e di gas. Ma oltre a questo e legato all’elemento economico c’è la posizione geografica della Siria e il passaggio del gas: è la fonte di quel passaggio del gas che è argomento di discussione tra diversi Paesi. Poi, c’è l’elemento religioso: dal mio personale punto di vista è soltanto secondario. Il primo è l’elemento economico e legato a questo c’è un altro elemento imponente, che è quello del dominio, del potere: chi dovrà controllare tutto il Medio Oriente …

D. – Qual è la situazione sul campo?
R. – Sempre secondo il mio punto di vista, la Siria si trova divisa, oggi; divisa in diverse grandi parti. C’è a ovest la forza dell’esercito regolare, ma poi anche la parte della Russia, mentre nel nordest c’è la presenza di curdi e la presenza, anche, dell’Isis. Noi ad Aleppo, con la nostra posizione siamo al centro, nell’occhio del ciclone, a una distanza di 70 km dalla frontiera turca, lunga oltre 240 km, da dove passa oggi il 55% di questi gruppi militari.

D. – La Turchia, quindi, lascia passare questi gruppi paramilitari?
R. – Non sappiamo se con intenzione o se ha la difficoltà che ha dichiarato in passato di controllare tutta questa lunga frontiera. Ma il dato di fatto è che il 95% di questi gruppi militari organizzati, armati fino ai denti passano di là ogni volta che l’esercito regolare vuole fare qualche mossa.

D. – Chi sono questi gruppi paramilitiari? Chi li arma?
R. – E’ quella la domanda fa, oggi, a tutto il mondo e insiste molto su questo elemento. Perché un “mostro” – o diversi “mostri” di decine di migliaia di persone addestrate e organizzata e armate – un mostro simile non può essere creato senza un padre e una madre. E la domanda dell’origine è proprio questa. Oggi tantissimi Paesi fanno la guerra in delega: alcuni di questi Paesi fanno la delega a questi gruppi armati.

D. – Aleppo  in che situazione è, in questo momento?
R. – La città è divisa: da una parte, nella parte est, ci sono questi gruppi militari e dall’altra parte noi, come comunità cristiane, viviamo nella parte ovest con le diverse altre comunità, sia quella sunnita sia quella sciita, sia quella dei curdi, come abbiamo vissuto una volta. E questa parte ovest è controllata dall’esercito regolare, però è praticamente circondata da questi gruppi di militari che di continuo lanciano i missili sulla popolazione: sulle chiese, sulle moschee, sugli ospedali, sulle scuole e sulle abitazioni della povera gente e sulle strade.

D. – Chi ha interesse a cancellare la Siria?
R. – Direi che ci sono tante parti che hanno interesse. Posso dire soltanto che chi ha interesse di continuare questa guerra è in numero maggiore di chi ha interesse a fare la pace. Sono stati spesi miliardi e miliardi per far avanzare questa guerra. E quelli che hanno interesse in questa guerra, sono in numero maggiore di quelli che hanno interesse a far pace.

D. – Colpisce tutto il popolo siriano, non soltanto la popolazione cristiana…
R. – Certamente. Tante volte ci sentiamo bersaglio per esempio dei colpi di missili come popolo. Qualche volta, però, sentiamo un odio mirato contro i cristiani.

sabato 9 luglio 2016

Lettera da Aleppo, a ferro e fuoco

8 luglio '16: 24 civili morti tra cui 12 bambini e più di 140 feriti, per i missili lanciati dai miliziani jihadisti sulle zone governative della città.
Lettera dei Maristi di Aleppo 

La guerra ci invade.
Si siede a tavola con noi, entra nei nostri cuori e spiriti. Si invita nel nostro quotidiano e lo trasforma…
C’è la guerra
Ci annuncia la sofferenza e la morte. Ci annuncia che bisogna odiare, distruggere ponti e relazioni…
C’è la guerra
I suoi motori funzionano a pieno regime, i suoi tamburi hanno un suono forte
Viene a trasformare le nostre notti in un lampo e il calore dei nostri giorni in una fornace…
C’è la guerra
Sporca le nostre mani…
Obbliga tanti ragazzi che erano innocenti a prendere le armi, sparare, bombardare, uccidere e sopprimere l’altro…
C’è la guerra
Si è messa alla guida di marchingegni infernali
Viaggia verso destini di morte
Non si ferma
Vomita la morte e continua a marciare blaterando.
C’è la guerra
Raduna i giovani in camionette, stretti come scatole di sardine, ammucchiati, bruciati dalla voglia di uccidere. Non arriverà loro l’eco delle lacrime delle madri, delle urla dei bambini…
Giocheranno a fare gli eroi
Alcuni festeggeranno nelle ambulanze
Altri faranno festa coricati sulle rovine della non vita.
C’è la guerra.
Viene a dirci: «Non vi lascio, vi amo tanto, ho voglia di voi. Vi invito al mio banchetto, non perdete l’appuntamento.»
Ecco l’indirizzo: Aleppo, via della Vergogna, palazzo della Miseria, piano della Sofferenza.
La guerra è il nostro quotidiano.
Noi rifiutiamo di partecipare al suo banchetto. Scegliamo la vita. Scegliamo l’altro, nella sua miseria e nella sua volontà di vivere e sopravvivere.
Per ogni bambino, ogni donna e ogni uomo, per tutti coloro che soffrono a causa di questa guerra, scegliamo di tendere la nostra mano, costruire un ponte, abbattere un muro di vergogna e di esclusione. Scegliamo di dare, di darci. Scegliamo di essere strumento del dono di Dio. Scegliamo il sentiero che porta alla vita.

Mohammed è un bambino del progetto «Voglio imparare». Dalla fine dell’anno scolastico, lavora. Come tutti i giorni mi ha appena chiamato per avere nostre notizie. 
 Mercoledì 1 giugno 2016 (giornata mondiale di preghiera per i bambini siriani), ho scritto per lui il messaggio che segue.
«Ci hai appena rinfrancati, alla fonte della pace: “Buongiorno, vorrei parlare con frère George!”. Non dimenticherò mai la tua voce. Mi chiamavi per chiedere notizie, per sapere se stavamo bene. In realtà, avrei dovuto farlo io piuttosto. Chiamarti e chiederti: «Come avete passato la notte? Siete stati in cantina? Per caso è caduto un colpo di mortaio vicino alla vostra casa? Come stanno Omar e Doha? Hanno dormito? E tu, piccolo amico di dieci anni, come stai? Hai avuto di che mangiare oggi? Sei andato a prendere l’acqua per lavarvi e pulire la casa? Quanti bidoni hai portato? E il pane, chi è andato a cercarlo? E poi come fate per il gas?
So che stai lavorando. Non mi scandalizzo per questo. So che lavorando, tu e tuo fratello, aiutate la mamma. Lavorare tanto. Più di dieci ore al giorno. Da quando è finito il progetto educativo, tu lavori…Non oso dire niente. Per provvedere ai bisogni minimi della famiglia, dovete lavorare. Il tuo sorriso rimane. Illumini la nostra vita. Vieni a dirci la felicità del mondo. Vieni a rinfrancarci alla fonte della pace.
Buongiorno Mohammad, voglio annunciarti la buona novella: oggi sei presente nella preghiera di tanti amici. Non solo tu, ma tutti i bambini della Siria. Penso a Georges, il piccolo che è stato appena battezzato, a Elias che è stato ucciso da un mortaio, a Hussein che è andato via, lontano dall’inferno di Aleppo. Penso a Israa che era tanto triste quando ha dovuto lasciare la scuola materna dei maristi. Penso ai bambini che tutti i giorni vengono a mangiare da noi, a Moufid, sua mamma mi ha appena confidato che il piccolo ha una fobia che lo paralizza, penso agli uni o agli altri bambini epilettici e a tanti altri i cui genitori vengono a chiedere aiuto…Mohammed, tu e tanti altri, siete il centro del mondo. Molte persone nel mondo stanno pregando per voi in questo momento.
E noi i Maristi, che sogniamo con te un mondo di pace e giustizia, vogliamo dirtelo: per te continueremo il cammino della solidarietà; per te costruiremo un mondo senza guerre, faremo il possibile perché la tua vita sia un canto alla pace!»
Per lui, per i suoi genitori e per tante famiglie, queste scelte si traducono nei nostri diversi progetti.
I panieri alimentari sono regolarmente distribuiti. Ogni famiglia riceve anche un paniere sanitario e 4.000 lire che coprono l’abbonamento per un mese a un generatore di elettricità. All’inizio dell’estate ogni membro delle famiglie che seguiamo ha ricevuto un paio di calzature nuove.
Il progetto «civili feriti di guerra» ha potuto salvare in quest’ultimo mese molte persone colpite dai proiettili di mortaio piovuti in abbondanza.
Malgrado le difficoltà di approvvigionamento riguardo al latte, soprattutto quello per i bambini di meno di un anno, siamo riusciti ad assicurarlo regolarmente ai destinatari del programma «goccia di latte».
Molte famiglie vengono a chiederci un sostegno per trovare una casa in affitto, quando sono obbligate a lasciare il quartiere diventato troppo rischioso.
La città ha subito diverse penurie idriche. Le nostre quattro camionette percorrono i quartieri e distribuiscono periodicamente 500 litri per ogni appartamento.
Dopo un periodo di sosta per il mese del ramadan, il progetto «Mit» lancia un nuovo programma di formazione per i mesi di luglio e agosto.



I bambini di «Voglio imparare» hanno trascorso una settimana di vacanze in colonia. Per la prima volta.
I giovani adolescenti hanno ripreso le attività nel quadro del progetto «Skill School». Una possibilità di «sognare ed essere creativi».

Il 6 giugno abbiamo inaugurato il nostro nuovo Spazio-Estate dove tutti i pomeriggi un centinaio di famiglie viene da noi, a rinfrancarsi. I bambini usano il campo da giochi che abbiamo appena risistemato, gli adulti si ritrovano per respirare un po’ d’aria fresca, prendere un caffè e soprattutto stare in un luogo sicuro.


Voglio terminare con le parole di Frère Emili, il nostro superiore generale, il quale rivolto ai ragazzi della «Skill School» ha detto: 
«Voi, ragazzi, siete chiamati ad ascoltare i vostri cuori per scoprire quale sia il vostro sogno… Avete bisogno di momenti di silenzio. Non lasciate che i signori della guerra rubino i vostri sogni!»
Aleppo,  27 giugno 2016,

Frère Georges SABE
per i Maristi blu

giovedì 7 luglio 2016

Amnesty International denuncia rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati ribelli sostenuti da Occidente



Amnesty International ha denunciato oggi un'agghiacciante ondata di rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati che agiscono nelle province di AleppoIdlib e in altre zone del nord della Siria
Alcuni di questi gruppi, nonostante si rendano responsabili di violazioni delle leggi di guerra, sono sostenuti da paesi quali Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d'America e Turchia.

La denuncia di Amnesty International fornisce una fotografia di come si vive nelle zone controllate dai gruppi armati, in cui sono state create istituzioni amministrative e semi-giudiziarie. "Buona parte della popolazione vive nel terrore di subire rapimenti se vengono espresse critiche verso i gruppi armati o non ci si conforma alle rigide regole da questi imposte" - ha spiegato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

"Oggi ad Aleppo e Idlib i gruppi armati sono liberi di commettere crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario nella più completa impunità, ricorrendo persino agli stessi metodi di tortura utilizzati abitualmente dal governo siriano" - ha proseguito Luther. "Gli stati che fanno parte del Gruppo internazionale di supporto alla Siria, tra cui Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d'America e Turchia, devono sollecitare i gruppi armati a porre fine agli abusi e a rispettare le leggi di guerra e devono inoltre cessare di fornire armi o altre forme di sostegno a gruppi implicati in crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani" - ha dichiarato Luther.

Il documento reso pubblico oggi da Amnesty International si concentra sull'operato di cinque gruppi armati che, dal 2012, controllano parti delle province di Aleppo e Idlib: il Movimento Nour al-Dine Zinki, il Fronte al-Shamia, la Divisione 16, il Fronte al-Nusra e il Movimento islamico Ahrar al-Sham di Idlib. Questi gruppi, in diversi momenti del 2015, si sono aggregati alla coalizione Conquista di Aleppo (Fatah Halab).


Alcuni di questi gruppi, come il Fronte al-Nusra, il Fronte al-Shamia e il Movimento islamico Ahrar al-Sham hanno istituito un loro "sistema giudiziario" basato sulla legge islamica (shari'a), che si avvale di uffici della procura, forze di polizia e centri di detenzione. I "giudici", in alcuni casi, non hanno alcun rudimento della shari'a. Il Fronte al-Nusra e il Movimento islamico Ahrar al-Sham, applicando una rigida interpretazione della shari'a, hanno introdotto sanzioni equivalenti a maltrattamenti e torture.

Il documento di Amnesty International descrive i casi di 24 persone rapite tra il 2012 e il 2016 nelle zone di Aleppo e Idlib (tra cui attivisti pacifici, esponenti delle minoranze religiose e persino minorenni) e cinque casi di persone torturate dopo il rapimento, tra il 2014 e il 2015, da parte del Fronte al-Nusra e del Movimento Nour al-Dine Zinki.

Rapimenti e torture

"Ibrahim" (i nomi reali sono celati per motivi di sicurezza), un attivista politico rapito nell'aprile 2015 ad Aleppo dal Fronte al-Nusra, ha raccontato di essere stato torturato per tre giorni di seguito. Ritiene di essere stato preso di mira per aver organizzato manifestazioni pacifiche a sostegno della rivolta del 2011.

"Mi hanno portato nella stanza delle torture. Mi hanno appeso al soffitto per le caviglie, a testa in giù, nella posizione dello 'shabeh' [sospensione] e mi hanno picchiato su ogni parte del corpo. Poi sono passati alla tecnica del 'dulab' [pneumatico]: hanno stretto il mio corpo fino a farlo entrare all'interno di uno pneumatico e mi hanno colpito con bastoni di legno". L'uomo è stato successivamente rilasciato e abbandonato sul bordo di una strada.

"Halim", un operatore umanitario, è stato rapito dal Movimento Nour al-Dine Zinki nel luglio 2014 mentre stava supervisionando un progetto ospedaliero ad Aleppo. Lo hanno tenuto in completo isolamento per circa due mesi e lo hanno costretto a "confessare" sotto tortura: "Ogni volta che rifiutavo di firmare la guardia ordinava di torturarmi con la tecnica del 'bisat ah-rih' [tappeto volante]. Mentre avevo le mani sopra la testa, mi sollevavano le gambe in posizione perpendicolare e poi iniziavano a picchiarmi sulle piante dei piedi. Quando non ce l'ho fatta più, ho deciso di firmare".

Alcuni dei giornalisti e dei media-attivisti locali che raccolgono informazioni sulle violazioni dei diritti umani hanno raccontato di essere stati rapiti perché avevano criticato l'operato dei gruppi armati. Molti di loro sono stati poi rilasciati, a quanto pare a seguito delle proteste della popolazione.
"Issa", un media-attivista di 24 anni, ha cessato di pubblicare post su Facebook dopo aver ricevuto minacce dal Fronte al-Nusra. "Loro controllano quello che possiamo e non possiamo dire. O accetti le loro regole sociali o svanisci nel nulla. Negli ultimi due anni, quelli del Fronte al-Nusra mi hanno minacciato tre volte dopo che li avevo criticati su Facebook".

"Imad", un altro media-attivista, ha descritto il raid compiuto dal Fronte al-Nusra nel gennaio 2016 negli studi di Radio Fresh, nella provincia di Idlib. Due persone che lavoravano nella radio sono state rapite e trattenute per due giorni solo perché avevano mandato in onda musica giudicata offensiva nei confronti dell'Islam. I media-attivisti di Aleppo hanno raccontato di aver ricevuto minacce scritte e a voce da parte del Fronte al-Shamia e del Movimento Nour al-Dine Zinki per aver criticato questi gruppi armati o averli accusati di corruzione su Facebook.

Avvocati, attivisti politici e altre persone sono finite nel mirino del Fronte al-Shamia, del Fronte al-Nusra e del Movimento islamico Ahrar al-Sham a causa delle loro attività, delle opinioni politiche o della fede religiosa.
"Bassel", un avvocato di Idlib, è stato rapito nella sua abitazione nel novembre 2015 dopo che aveva criticato il Fronte al-Nusra. "Ero felice di essere libero dalle ingiustizie del governo siriano ma ora è peggio. Avevo scritto sul mio profilo Facebook un post critico nei confronti del Fronte al-Nusra. La mattina dopo sono venuti a prendermi".
L'avvocato è stato tenuto per 10 giorni in una casa abbandonata ed è stato liberato solo dopo essere stato costretto a lasciare la professione; in caso contrario, non avrebbe più rivisto i suoi familiari.
Un'attivista politica ha raccontato ad Amnesty International di essere stata rapita a un posto di blocco del Movimento islamico Ahrar al-Sham perché non indossava il velo ed era dunque sospettata di essere legata al governo siriano.

Amnesty International ha documentato anche i rapimenti di almeno tre minorenni di 14, 15 e 16 anni da parte del Fronte al-Nusra e del Movimento islamico Ahrar al-Sham, tra il 2012 e il 2015. Al 28 giugno 2016, due di loro risultavano ancora scomparsi.

Curdi del quartiere aleppino di Sheikh Maqsoud e sacerdoti cristiani sono stati rapiti a causa della loro religione. "Tutti i gruppi armati, soprattutto quelli che operano nelle province di Aleppo e Idlib, devono rilasciare immediatamente e senza condizioni tutte le persone trattenute solo a causa delle loro opinioni politiche, della loro religione o della loro etnia" - ha affermato Luther.

"I leader dei gruppi armati che operano nel nord della Siria hanno il dovere di porre fine alle violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi i crimini di guerra. Devono condannare pubblicamente queste azioni e rendere noto ai loro subordinati che tali crimini non saranno tollerati" - ha proseguito Luther.

Uccisioni sommarie

Il documento di Amnesty International contiene prove di uccisioni sommarie compiute dal Fronte al-Nusra, dal Fronte al-Shamia, dai "tribunali" affiliati a questi gruppi o dal Consiglio supremo giudiziario, un organismo che ha sede nella provincia di Aleppo e la cui competenza è riconosciuta da svariati gruppi armati come l'unica autorità giudiziaria locale.

L'elenco delle persone uccise comprende un ragazzo di 17 anni accusato di essere omosessuale, una donna accusata di adulteriosoldati dell'esercito siriano o membri delle "shabiha" (le milizie filo-governative), combattenti dello Stato islamico e di altre formazioni armate rivali. In alcuni casi, le uccisioni avvengono in pubblico di fronte alla folla. L'uccisione deliberata di persone fatte prigioniere è vietata dal diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra.

"Saleh", arrestato dal Fronte al-Nusma nel dicembre 2014, ha raccontato di aver incrociato cinque donne accusate di adulterio che, secondo una guardia, sarebbero state "perdonate solo con la morte". In seguito ha visto un video in cui uomini del Fronte al-Nusra mettevano a morte una delle donne in pubblico. Secondo il Codice unico arabo, una serie di norme basate sulla shari'a seguite dal Consiglio supremo giudiziario e dal "tribunale" del Fronte al-Shamia, determinati reati come l'omicidio e l'apostasia sono punibili con la morte.

"Emettere ed eseguire sentenze senza il giudizio di un tribunale regolarmente costituito e in assenza di garanzie giudiziarie è una grave violazione del diritto internazionale umanitario, equivalente a un crimine di guerra" - ha commentato Luther.

Negli ultimi cinque anni, Amnesty International ha ampiamente documentato i crimini di guerra e contro l'umanità commessi su scala massiccia dalle forze governative siriane così come gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, crimini di guerra inclusi, ad opera dello Stato islamico e di altri gruppi armati.

"Sebbene alcune parti della popolazione civile nelle aree finite nelle mani dei gruppi armati di opposizione possa aver inizialmente esultato per la fine del brutale dominio del governo siriano, le speranze che quei gruppi armati avrebbero rispettato i diritti umani sono svanite man mano che assumevano il controllo della situazione" - ha spiegato Luther. "Ora è fondamentale che nel corso dei colloqui di Ginevra Russia, Stati Uniti e l'Inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria si concentrino sulla situazione delle persone detenute nelle carceri governative e di quelle rapite dai gruppi armati. Da parte sua, il Consiglio di sicurezza dovrebbe imporre sanzioni mirate nei confronti dei capi dei gruppi armati responsabili di crimini di guerra".

FINE DEL COMUNICATO          
Roma, 5 luglio 2016


link al rapporto completo:  http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/0%252F8%252F2%252FD.dc86ee198b8d0f062e8a/P/BLOB%3AID%3D8459