Settimana di preghiera per la pace in Siria
proposta da "Aiuto alla Chiesa che Soffre"
Non è il tempo di Avvento, né il Santo Natale, né la Settimana Santa. Eppure è tempo di preghiera e di digiuno. I nostri fratelli e sorelle siriani hanno bisogno ora più che mai del nostro aiuto e delle nostre preghiere.
Aiuto alla Chiesa che Soffre aveva pianificato una campagna di preghiera per la Siria in ottobre, mese dedicato alla Madonna e alla preghiera del Rosario. Ma purtroppo le notizie che ci giungono dal martoriato paese mediorientale non ci permettono di aspettare.
Il popolo siriano ha bisogno delle nostre preghiere ORA!
Vi proponiamo di unirvi a noi in preghiera per una settimana. Nella preghiera di ogni giorno troverete dichiarazioni che sono giunte a noi dalla Siria....
Non è il tempo di Avvento, né il Santo Natale, né la Settimana Santa. Eppure è tempo di preghiera e di digiuno. I nostri fratelli e sorelle siriani hanno bisogno ora più che mai del nostro aiuto e delle nostre preghiere.
Aiuto alla Chiesa che Soffre aveva pianificato una campagna di preghiera per la Siria in ottobre, mese dedicato alla Madonna e alla preghiera del Rosario. Ma purtroppo le notizie che ci giungono dal martoriato paese mediorientale non ci permettono di aspettare.
Il popolo siriano ha bisogno delle nostre preghiere ORA!
Vi proponiamo di unirvi a noi in preghiera per una settimana. Nella preghiera di ogni giorno troverete dichiarazioni che sono giunte a noi dalla Siria....
http://acs-italia.org/notizie-dal-mondo/settimana-di-preghiera-per-la-pace-in-siria/#.UiEGkW1H7wo
Fermare l'attacco contro Damasco prima che sia troppo tardi
AsiaNews - 28/08/2013
di Bernardo CervelleraTroppe contraddizioni nella versione Usa sull'uso delle armi chimiche. Non si vuole aspettare nemmeno i risultati dell'inchiesta Onu. È falso pensare che un attacco militare aiuterà la conferenza di pace. Invece essa aiuterà gli islamisti, che vogliono dominare nell'opposizione.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Lega araba hanno fretta di lanciare un'azione punitiva contro la Siria: essa è colpevole, ai loro occhi, di aver usato armi chimiche contro la popolazione della periferia di Ghouta (Damasco), lo scorso 21 agosto. Ad accusare la Siria vi sono i ribelli che hanno diffuso su internet immagini agghiaccianti di persone morte asfissiate, di bambini avvolti nel sudario, di giovani in preda a convulsioni o con la maschera di ossigeno.
Quasi subito il tam tam dei media ha ricordato che con l'uso di armi chimiche si era attraversata la "linea rossa" posta da Obama per un intervento militare contro Damasco. Alle dichiarazioni Usa - dapprima timide, poi sempre più "sicure" - si sono aggiunte quelle della Gran Bretagna, poi quella della Francia, della Turchia, del Canada, dell'Australia e della Lega araba. Contro l'intervento vi sono Russia, Cina, Iran, da sempre alleati di Damasco. In modo più debole, anche Italia, Germania e Polonia si sono detti contrari all'azione militare, privilegiando l'azione politica.
Mentre la flotta Usa si sta piazzando davanti alle coste siriane, in queste ore si sta decidendo anche la modalità dell'intervento: durerà solo pochi giorni; colpirà obbiettivi mirati (comunicati dai ribelli); non servirà a far cadere Assad; non frenerà la conferenza di pace che l'Onu e la Lega araba stanno con lentezza preparando. Anzi, secondo fonti arabe, un attacco contro la Siria faciliterà il varo di tale conferenza!
Dal giorno dell'attacco di Ghouta fino ad oggi vi è stato un crescendo di dichiarazioni, di minacce e promesse per punire i "crimini contro l'umanità", come è designato l'uso di armi chimiche dall'Onu. Allo stesso tempo vi è stato un continuo scivolare verso l'ovvia conclusione che il responsabile dell'attacco chimico è il regime di Damasco.
I Paesi interventisti hanno prima domandato un'inchiesta delle Nazioni unite; poi, quando Siria e ribelli hanno accettato la presenza degli ispettori - garantendo il cessate-il-fuoco - gli stessi Paesi hanno detto che "è troppo tardi" e che occorre intervenire perché "quasi sicuramente" Damasco era responsabile dell'attacco. Infine, ieri sera, Joe Biden, vicepresidente Usa, ha detto che è stato il governo siriano "senza alcun dubbio". Lo stesso ha fatto David Cameron, premier britannico. Eppure qualche dubbio ce l'abbiamo tutti.
Lo scorso 25 agosto, parlando ai fedeli in piazza san Pietro, papa Francesco ha espresso "grande sofferenza e preoccupazione " per la "guerra fra fratelli" in Siria. Egli ha anche chiesto alla comunità internazionale che "si mostri più sensibile verso questa tragica situazione e metta tutto il suo impegno per aiutare l'amata Nazione siriana a trovare una soluzione ad una guerra che semina distruzione e morte".
È proprio in nome di questa "sensibilità" - che porta con sé ragionevolezza e solidarietà - che mettiamo in luce alcune contraddizioni che ci rendono contrari all'attacco programmato con tanta velocità, ma senza troppo intelletto.
Per gli Usa, la "prova" che Damasco ha lanciato le armi chimiche viene dall'intercettazione di un dialogo telefonico di una personalità del ministero siriano degli esteri che domandava notizie su un attacco con armi chimiche: una prova forse indiretta, ma insufficiente. Tanto più che tali "prove" non sono state finora condivise con nessuno, neanche con l'Onu e quel che si sa viene da anonime dichiarazioni fatte ad alcuni media.
All'opposto vi sono invece dichiarazioni e documentazioni satellitari della Russia che mostrano due missili con testata chimica lanciati da una zona dei ribelli, Douma, e finiti su Ghouta, dove hanno ucciso centinaia di persone.
Gli investigatori Onu presenti in Siria hanno cominciato il loro lavoro di raccolta di prove sull'uso di armi chimiche. All'inizio hanno avuto difficoltà perché - nella zona controllata dai ribelli - sono stati oggetto di qualche colpo di cecchino. La foga nel voler lanciare l'attacco fa dimenticare che essi sono là per vedere se vi è stato un attacco chimico e (magari, ma non è nei loro compiti) raccogliere indizi sul possibile responsabile. Ma Usa e Gran Bretagna hanno svilito tali ricerche, dicendo che dopo qualche giorno le prove di un attacco chimico si volatilizzano. In realtà, secondo gli studiosi, tracce di gas sarin rimangono attaccati nell'aria, sulle pareti, sui capelli, sulla pelle delle vittime e possono rimanere per mesi. Attendere la conclusione dell'inchiesta Onu, dunque può far luce su tanti aspetti della vicenda.
Tanto più che vi sono esperti militari e medici che mettono in dubbio anche la veridicità delle immagini mostrate dai ribelli: poiché il gas sarin rimane attaccato e attivo sulla pelle dei colpiti, come mai i volontari e i medici che si vede curare le vittime sono ritratti tranquillamente senza alcuna maschera anti-gas? E come mai ci si muove adesso per punire i responsabili della strage atroce di Ghouta, ma si sono lasciate morire oltre 100mila persone in due anni di guerra civile, senza scandalizzarsi allo stesso modo?
A noi sembra che non sia "troppo tardi" per lasciare all'Onu il tempo dell'inchiesta, anche perché proprio oggi Ban Ki-moon ha detto che i suoi esperti hanno fatto "valide scoperte".
Ci pare fuori luogo (o di testa) il dire che un attacco militare facilita la conferenza di pace. L'attacco militare aiuterebbe certo i ribelli, che in questo momento perdono sempre più terreno, nonostante il grande aiuto bellico degli Stati occidentali, di Arabia saudita e Qatar. In più, il rafforzamento del fronte dell'opposizione, non significa automaticamente un aiuto alla sola parte laica del Free Syrian Army, ma anche a quella jihadista, legata ad Al-Qaeda. Uno dei motivi per cui non si riesce a varare la conferenza di pace è proprio il conflitto fra queste due anime, quella laica e quella islamista, su chi debba rappresentare l'opposizione. L'attacco militare indebolirebbe forse Assad, ma non risolverebbe il problema che è interno ai ribelli, anzi lo acuirebbe.
Infine una domanda sui possibili scenari medio-orientali. A livello geopolitico vi è il rischio di una guerra nella regione, se non mondiale, con Siria, Libano (Hezbollah), Iran, Russia, Cina da una parte e Usa, Francia, Gran Bretagna, Israele, Arabia saudita, Qatar, Turchia, ecc. dall'altra. A livello locale non si può immaginare cosa può succedere in Siria, ora che è divenuta il feudo di molti integristi musulmani: alcuni parlano di sbriciolamento secondo confini etnici, altri che nascerà un Kurdistan con pezzi di Siria, Iraq, Turchia... In ogni caso un attacco militare adesso sarebbe il perfetto innesco per una violenta instabilità del Medio oriente della durata di molti anni. Con il risultato di impoverire questi Paesi delle menti migliori della società, siano essi cristiani o musulmani.
http://www.asianews.it/notizie-it/Fermare-l'attacco-contro-Damasco-prima-che-sia-troppo-tardi-28861.html
L'appello di Pax Christi
«Siria, la soluzione è non violenta» L’Onu deve averne la forza
Caro direttore
le notizie di terribili violenze provenienti dalla Siria, controverse nella
loro dinamica e nella attribuzione, segnalano ancora una volta la drammatica
urgenza di una soluzione politica. Le morti si sommano alle morti in una spirale
devastante. L’amore per la vita e il desiderio di convivenza fondata sulla
riconciliazione ( Mussalaha) spingono a insistere sulla forza politica
della nonviolenza. L’incontro di Amman deve preparare le condizioni per un
intervento autorevole e determinato delle Nazioni Unite, libero da logiche delle
potenze interessate all’intervento militare, volto al cessate il fuoco e
all’avvio della Conferenza di pace (Ginevra 2), il cui ritardo sta aggravando
una situazione già pesantissima.
Ogni forma di intervento armato a sostegno dell’uno o dell’altro
schieramento porterebbe alla catastrofe totale, renderebbe esplosiva un’ampia
area euro–asiatica già instabile fino a rischi di una guerra (strisciante o
molecolare) di portata mondiale. Non si può accettare che la soluzione di un
conflitto avvenga con imprese armate che lo alimenterebbero e lo aggraverebbero
in una spirale senza fine. Come ripete spesso papa Francesco, la strada da
seguire non è l’intensificazione militare del conflitto armato, ma la
«riconciliazione nella verità e nella giustizia» che può trovare attuazione
nella progettata Conferenza di pace di Ginevra.
Occorre attuare una svolta politica nonviolenta. La nonviolenza è
realistica. Non è mai un lasciar fare, tanto meno un lasciar uccidere, ma la
pienezza di una politica attiva, determinata e costante. In Siria, come altrove,
è mancata una politica di pace con mezzi di pace. Finora hanno parlato le armi,
ma la contrapposizione armata si è rivelata suicida per i siriani e devastante
per tutto il Medio Oriente e il Mediterraneo. Oggi è proprio l’ora di una
soluzione politica robusta e articolata. Tra gli strumenti (non armati) di
diritto internazionale rivolto alla «responsabilità di proteggere» i deboli è
possibile indicare: il cessate il fuoco, un forte aiuto umanitario rivolto
soprattutto ai bambini, il blocco del mercato delle armi, la salvaguardia dei
diritti della persona, il rilascio dei prigionieri politici o dei sequestrati,
la cooperazione economica, l’avvio di negoziati coinvolgenti le forze siriane
(come il movimento Mussalaha) da tempo impegnate in iniziative
politiche alternative sia al conflitto armato che a un intervento militare
esterno.
Il nostro governo deve svolgere la sua parte sollecitando i negoziati che
valorizzino gli esponenti della nonviolenza siriana.
e il commento di Avvenire
Condivido l’orrore e la speranza che lei esprime, caro amico.
Interamente. Conosco esperienze straordinarie di negoziati di pace e di
riconciliazione condotti fuori dalle sedi consuete e coronati dal successo. Ma
non conosco un “cessate il fuoco”, uno solo, che negli ultimi decenni su un
fronte ferocemente in movimento si sia realizzato senza l’ausilio di una forza
d’interposizione (tra i belligeranti) e di controllo (su di essi) promossa dalle
Nazioni Unite e accettata (per amore o per forza) da tutte le parti in
causa.
Con Papa Francesco, anch’io non mi rassegno all’idea che
l’alternativa sia solo tra guerra e paralisi, e constato amaramente che sino a
oggi, in Siria, abbiamo avuto l’una e l’altra: guerra stragista tra il regime di
Assad e i suoi oppositori egemonizzati dalle formazioni jihadiste (e
anti–cristiane), paralisi a livello di iniziative internazionali orientate ad
avviare il dialogo e ristabilire la pace. Gli attori e i fattori del conflitto
in sede regionale e su scala più ampia sono diversi e ben riconoscibili. E ben
individuate sono anche le forze che alimentano la deriva fondamentalista
nell’area. Ma è evidente che, ancora una volta, particolarmente serie risultano
le miopie e le responsabilità di quelle potenze occidentali – Stati Uniti, Gran
Bretagna e Francia in prima linea – che hanno puntato a cavalcare la tigre della
“ribellione” anti–baathista e che oggi sono più che mai tentate dall’azione
militare diretta. Responsabilità e miopie pari a quelle delle altre due potenze
armate di diritto di “veto” – Russia e Cina – che a loro volta pensano
soprattutto alle proprie aree di influenza e tolgono sistematicamente incisività
all’azione dell’Onu.
L’unico segno di speranza è la povera, fragile eppure
meravigliosamente tenace spinta delle donne e degli uomini siriani di
Mussalaha, un’esperienza non solo una proposta che, nel pieno della
guerra, contraddicendola, è animata “dal basso” da nostri fratelli e sorelle di
fede ma che coinvolge anche personalità di altre minoranze religiose e della
maggioranza islamica. È una traccia viva e preziosa. Che indica un cammino non
facile né scontato. Il rebus siriano resta infatti apparentemente insolubile,
come annotava domenica sulle nostre pagine, Andrea Lavazza. E tale resterà,
evolvendo in una guerra ancora peggiore, se non si “costringerà” (e ci si può
riuscire, senza bombardamenti missilistici e aerei) il governo di Damasco ad
aprire un negoziato degno di questo nome sul futuro del Paese.
Ora che nuovi strazianti culmini di atrocità sono stati toccati, i
potenti del mondo ascoltino l’appello di Papa Francesco. E così i «fratelli»
siriani. Se poi questa nostra Italia in tutt’altre (e non tutte essenziali)
faccende affancendata sapesse esprimere un ruolo positivo e propositivo e non
solo “scudiero” sarebbe una gran bella
svolta...(mt)
Sergio Paronetto - Vicepresidente di Pax Christi
Italia
Intervento in Siria, pura follia
La Bussola Quotidiana 27-08-2013Mentre in Italia tutta l’attenzione politica è concentrata sulla “salvezza” o meno di Silvio Berlusconi, in Medio Oriente sta succedendo qualcosa di grave che meriterebbe invece tutta la nostra attenzione. Gli Stati Uniti, seguiti a ruota da Gran Bretagna e Francia sono decisi a un intervento militare contro la Siria, forse già nelle prossime 48 ore a dare retta a fonti giornalistiche britanniche. Scopi e dimensioni dell’intervento sono ancora da definire, ma la volontà di attaccare è chiara, come spiegava ieri il nostro Gianandrea Gaiani. Così come è chiaro che il presunto uso delle armi chimiche da parte del regime di Assad sia il classico pretesto per giustificare un’azione già decisa. L’attacco con armi chimiche, che ha provocato centinaia di morti lo scorso 20 agosto nella periferia di Damasco, ha una matrice ancora incerta ma Usa ed Europa hanno comunque deciso che il responsabile è Assad, che quindi merita la punizione. Peraltro si levano voci che considerano il regime di Assad comunque responsabile anche se non fosse il diretto mandante di tali stragi. Per capire questa posizione, bisogna citare ad esempio quanto chiaramente espresso dal missionario gesuita padre Paolo Dall’Oglio lo scorso 19 luglio. Spiace doverlo citare proprio in questo momento in cui di lui non si sa più nulla e si teme per la sua vita, però quelle sue parole sono molto significative. Dopo aver dato tutti i peggiori giudizi possibili sul regime di Damasco ed essersela presa con i cristiani che preferivano stare con Assad piuttosto che alla mercé dei fondamentalisti, a proposito di armi chimiche afferma: “Ma guardiamo alla cosa dal punto di vista etico della rivoluzione siriana. Ammettiamo per un istante che ci fossimo appropriati di armi chimiche sottratte agli arsenali di regime conquistati eroicamente. Immaginiamo di avere la capacità di usarle contro le forze armate del regime per risolvere il conflitto a nostro favore e salvare il nostro popolo da morte certa. Cosa ci sarebbe d'immorale? Tutte le armi possibili sono usate contro di noi”. Parole che alla luce di quanto accaduto la scorsa settimana potrebbero apparire anche profetiche, ma che in ogni caso esprimono una posizione “morale” assolutamente inaccettabile. In ogni caso qualsiasi sia la verità sull’uso delle armi chimiche, un intervento militare internazionale in Siria è pura follia. C’è già alle spalle il clamoroso errore della guerra al leader libico Gheddafi (eliminato il leader, la Libia è tuttora nel caos e con l’ascesa dei gruppi jihadisti), che pure dovrebbe insegnare qualcosa. Ci sono poi forti tensioni in tutti i paesi della “primavera araba”, Egitto in testa, grazie alla crescente influenza delle formazioni jihadiste. Inoltre nella vicenda siriana ci sono coinvolte tante potenze, regionali (Qatar, Iran, Turchia, Arabia Saudita) e mondiali (Russia e Cina oltre a Usa ed Europa). Da ultimo si deve fare i conti con una netta superiorità delle milizie jihadiste all’interno delle forze che si oppongono ad Assad. Tutti motivi che fanno ritenere assolutamente imprevedibile l’esito di un intervento militare occidentale. Sicuramente l’esperienza, anche recente, dimostra che la guerra non risolve i problemi, anzi ne crea di altri, e in Siria questo varrà ancora di più. Lo scenario più probabile vede comunque un ulteriore rafforzamento della presenza fondamentalista islamica, cosa che da sola dovrebbe sconsigliare ai paesi europei un coinvolgimento. Invece anche il nostro governo ieri sera, al termine di un vertice cui hanno partecipato il presidente del Consiglio Enrico Letta, il vice premier Angiolino Alfano, il ministro degli Esteri Emma Bonino e il ministro della Difesa Mario Mauro, ha deciso di accodarsi a Usa e compagnia con la “condanna totale dell’atteggiamento del regime” di Damasco, e con la valutazione che “si è oltrepassato il punto di non ritorno”. La strada, dice un comunicato di Palazzo Chigi, è quella di “una soluzione in ambito multilaterale”, una espressione piuttosto vaga ma che apre le porte al sostegno fattivo del nostro governo all’operazione militare, magari bissando ciò che accadde per l’intervento in Libia, ma dimenticando ancora una volta il nostro interesse nazionale per il quale un Medio Oriente in fiamme è quanto di peggio possa esserci. Da ultimo non bisogna dimenticare la situazione dei cristiani. Come abbiamo visto nei giorni scorsi, la cosiddetta “primavera araba” ha già prodotto un aumento di persecuzioni in diversi paesi della regione; la guerra in e contro la Siria darà un altro brutto colpo alla presenza cristiana. E questo non solo richiama l’attenzione sulla sorte dei nostri fratelli nella fede, ma anche priva il Medio Oriente dell’unica comunità in grado di dialogare con tutti e costruire ponti tra le diverse fazioni in lotta. Almeno il nostro governo dovrebbe avere come priorità la loro difesa. http://www.lanuovabq.it/it/articoli-intervento-in-siriapura-follia-7159.htm |
Il Patriarca latino di Gerusalemme invita alla prudenzaSIRIA – Un attacco contro il regime siriano, accusato di aver utilizzato armi chimiche nella sua guerra contro i ribelli, è quasi sicuro. Questo intervento militare occidentale verrà condotto da Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Damasco ha promesso di difendersi. Gli alleati russi e iraniani del regime di Bashar al-Assad hanno ugualmente messo in guardia contro il rischio di una destabilizzazione della regione intera, in caso di un attacco straniero in Siria. Il patriarca Latino di Gerusalemme lancia un appello alla prudenza per la stabilità di tutta la regione.Mentre il Patriarca sottolinea che il tono si fa sempre più acceso di fronte alla prospettiva di un intervento occidentale in Siria, egli eleva “la sua preghiera allo Spirito Santo affinché illumini i cuori di coloro che hanno tra le mani il destino delle popolazioni”. Rivolgendosi a questi leaders ricorda loro “di non dimenticare l’aspetto umano nelle loro decisioni”. Constatando che “gli Israeliani stanno facendo ressa nei centri di distribuzione di maschere a gas e gli abitanti del Medio Oriente incominciano a raccogliere viveri e riserve”, il Patriarca si interroga seriamente sui rischi di una scalata della violenza nella regione:
Christophe Lafontaine http://it.lpj.org/2013/08/28/siria-il-patriarca-latino-di-gerusalemme-invita-alla-prudenza/ Patriarcato di Mosca: I “giustizieri internazionali” Usa sacrificano cristiani e musulmani in SiriaAd AsiaNews il metropolita Hilarion, a capo del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, condanna le minacce sempre più pressanti di un intervento Nato senza mandato Onu: “Altre vittime saranno sacrificate sull’altare di un’immaginaria democrazia”.Mosca (AsiaNews) - Mentre sembra sempre più vicino un intervento militare occidentale contro il regime di Bashar al-Assad, accusato dagli Usa di aver usato armi chimiche contro la popolazione, la Chiesa ortodossa russa esprime "forte preoccupazione" per i possibili sviluppi della crisi. "Ancora una volta, come nel caso dell'Iraq, gli Stati Uniti si comportano da giustizieri internazionali", ha denunciato il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Parlando con AsiaNews, il rappresentante della Chiesa ortodossa russa ha criticato duramente la posizione degli Stati Uniti, che "in maniera assolutamente unilaterale, senza alcun avallo delle Nazioni Unite, vogliono decidere loro il destino di tutto un Paese con milioni di abitanti". "Ancora una volta - ha avvertito Hilarion - migliaia di vittime saranno sacrificate sull'altare di un'immaginaria democrazia". Tra queste, secondo il metropolita, vi saranno prima di tutto "i cristiani, della cui sorte nessuno si preoccupa". Proprio loro "rischiano di diventare gli ostaggi principali della situazione e le principali vittime delle forze estremiste radicali, che con l'aiuto degli Stati Uniti andranno al potere". "La comunità internazionale - ha concluso - deve fare di tutto per evitare che gli avvenimenti possano avere un tale sviluppo". http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarcato-di-Mosca:-I-%E2%80%9Cgiustizieri-internazionali%E2%80%9D-Usa-sacrificano-cristiani-e-musulmani-in-Siria-28848.html L’intera comunità cristiana disapprova l’attacco alla Siria
Nuove voci si sono alzate
nell'intero panorama cristiano contro l’eventualità di un intervento militare
in Siria. Dopo le aspre critiche dei giorni scorsi da parte del patriarca di
Mosca, si sono pronunciati oggi l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, massima
autorità della Chiesa anglicana, dopo la regina, che ha mostrato apprensione
per le dichiarazioni del governo inglese a favore di un intervento armato,
chiedendosi innanzitutto “siamo sicuri dei fatti sul terreno?” e quali saranno
le “ramificazioni imprevedibili in tutto l’intero mondo arabo e musulmano?
leggi sul sito Radio Vaticana
Tutti al "grande gioco" della Siria29-08-2013Quasi tutti d’accordo, arabi e occidentali, nel far fuori Bashar Assad pur nella folle consapevolezza di non avere una leadership alternativa da porre alla guida del Paese. leggi qui: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-tutti-al-grande-gioco-della-siria-7172.htm
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