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domenica 4 marzo 2018

Lettera aperta delle Monache siriane: Chiamare le cose con il loro nome, è questo l'inizio della pace



Quando taceranno le armi ? E quando tacerà tanto giornalismo di parte ?
Noi che in Siria ci viviamo, siamo davvero stanchi, nauseati da questa indignazione generale che si leva a bacchetta per condannare chi difende la propria vita e la propria terra.
Più volte in questi mesi siamo andati a Damasco; siamo andati dopo che le bombe dei ribelli avevano fatto strage in una scuola, eravamo lì anche pochi giorni fa, il giorno dopo che erano caduti, lanciati dal Goutha, 90 missili sulla parte governativa della città. Abbiamo ascoltato i racconti dei bambini , la paura di uscire di casa e andare a scuola, il terrore di dover vedere ancora i loro compagni di classe saltare per aria, o saltare loro stessi, bambini che non riescono a dormire la notte, per la paura che un missile arrivi sul loro tetto. Paura, lacrime, sangue, morte. Non sono anche questi bambini degni della nostra attenzione?
Perché l’opinione pubblica non ha battuto ciglio, perché nessuno si è indignato, perché non sono stati lanciati appelli umanitari o altro per questi innocenti? E perché solo e soltanto quando il Governo siriano interviene, suscitando gratitudine nei cittadini siriani che si sentono difesi da tanto orrore (come abbiamo constatato e ci raccontano), ci si indigna per la ferocia della guerra?
Certo, anche quando l’esercito siriano bombarda ci sono donne, bambini, civili, feriti o morti. E anche per loro preghiamo. Non solo i civili: preghiamo anche per i jihadisti, perché ogni uomo che sceglie il male è un figlio perduto, è un mistero nascosto nel cuore di Dio. Ed è a Dio che si deve lasciare il giudizio, Lui che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.

Ma questo non significa che non si debbano chiamare le cose con il loro nome. E non si può confondere chi attacca con chi si difende.
A Damasco, è dalla zona del Goutha che sono cominciati gli attacchi verso i civili che abitano nella parte controllata dal governo, e non viceversa. Lo stesso Goutha dove - occorre ricordarlo ? – i civili che non appoggiavano i jihadisti sono stati messi in gabbie di ferro: uomini, donne, esposti all’aperto e usati come scudi umani. Goutha: il quartiere dove oggi i civili che vogliono scappare, e rifugiarsi nella parte governativa, approfittando dalla tregua concessa, sono presi di mira dai cecchini dei ribelli…
Perché questa cecità dell’Occidente? Come è possibile che chi informa, anche in ambito ecclesiale, sia così unilaterale?

La guerra è brutta, oh sì, sì se è brutta! Non venitelo a raccontare ai siriani, che da sette anni se la sono vista portare in casa… Ma non si può scandalizzarsi per la brutalità della guerra e tacere su chi la guerra l’ha voluta e la vuole ancora oggi, sui Governi che hanno riversato in Siria in questi anni le loro armi sempre più potenti, le loro intelligence... per non parlare dei mercenari lasciati deliberatamente entrare in Siria facendoli passare dai Paesi confinanti (tanti che poi sono diventati Isis, va ricordato all’Occidente, che almeno questa sigla sa cosa significa). Tacere sui Governi che da questa guerra hanno guadagnato e guadagnano. Basta vedere che fine hanno fatto i più importanti pozzi petroliferi siriani. Ma questo è solo un dettaglio, c’è molto più importante in gioco.
La guerra è brutta. Ma non siamo ancora arrivati alla meta, là dove il lupo e l’agnello dimoreranno insieme, e per chi è credente bisogna ricordare che la Chiesa non condanna la legittima difesa; e se anche non si augura certamente il ricorso alle armi e alla guerra, la fede non condanna chi difende la propria patria, la propria famiglia, neppure la propria vita. Si può scegliere la non-violenza, fino a morirne. Ma è una scelta personale, che può mettere in gioco solo la vita di chi lo sceglie, non si può certo chiederlo ad una nazione intera, a un intero popolo.

Nessun uomo che abbia un minimo di umanità vera, può augurarsi la guerra. Ma oggi dire alla Siria, al governo siriano, di non difendere la sua nazione è contro ogni giustizia : troppo spesso è solo un modo per facilitare il compito di quanti vogliono depredare il Paese, fare strage del suo popolo, come accaduto in questi lunghi anni nei quali le tregue sono servite soprattutto per riarmare i ribelli, e i corridoi umanitari per far entrare nuove armi e nuovi mercenari.. e come non ricordare quali atrocità sono accadute in questi anni nelle zone controllate dai jihadisti? violenze, esecuzioni sommarie, stupri… i racconti rilasciati da chi alla fine è riuscito a scappare ?

In queste settimane ci hanno fatto leggere un articolo veramente incredibile: tante parole per far passare in fondo una sola tesi, e cioè che tutte le Chiese di Oriente sono solo serve del potere…per convenienza… Qualche bella frase ad effetto, tipo la riverenza di Vescovi e Cristiani verso il Satrapo Siriano…un modo per delegittimare qualunque appello della Chiesa siriana che faccia intravedere l’altro lato della medaglia, quella di cui non si parla.
Aldilà di ogni inutile difesa e polemica, facciamo un ragionamento semplice, a partire da una considerazione. E cioè che Cristo - che conosce bene il cuore dell’uomo, e cioè sa che il bene e il male coabitano in ciascuno di noi, vuole che i suoi siano lievito nella pasta, cioè quella presenza che a poco a poco, dall’interno, fa crescere una situazione e la orienta verso la verità e il bene. La sostiene dove è da sostenere, la cambia dove è da cambiare. Con coraggio, senza doppiezze, ma dall’interno. Gesù non ha assecondato i figli del tuono, che invocavano un fuoco di punizione .
Certo che la corruzione c’è nella politica siriana (come in tutti i Paesi del mondo) e c’è il peccato nella Chiesa (come in tutte le Chiese, come tante volte il Papa ha lamentato)
Ma, appellandoci al buon senso di tutti, anche non credenti : qual è l’alternativa reale che l’Occidente invoca per la Siria? Lo Stato islamico, la sharia? Questo in nome della libertà e la democrazia del popolo siriano? Ma non fateci ridere, anzi, non fateci piangere…

Ma se pensate che in ogni caso non sia mai lecito scendere a compromessi, allora per coerenza vi ricordiamo, solo per fare un piccolo esempio, che non potreste fare benzina 'senza compromessi coi poteri forti', dato che la maggior parte delle compagnie ha comprato petrolio a basso costo dall’Isis, attraverso il ponte della Turchia: così quando percorrete qualche chilometro in auto, lo fate anche grazie alla morte di qualcuno a cui questo petrolio è stato rubato, consumando il gasolio che doveva scaldare la casa di qualche bambino in Siria..
Se proprio volete portare la democrazia nel mondo, assicuratevi della vostra libertà dalle satrapie dell’Occidente, e preoccupatevi della vostra coerenza, prima di intervenire su quella degli altri..

Non ultimo, non si può non dire che dovrebbe suscitare almeno qualche sospetto il fatto che se un cristiano o un musulmano denuncia le atrocità dei gruppi jihadisti è fatto passare sotto silenzio, non trova che una rara eco mediatica, per rivoli marginali, mentre chi critica il governo siriano guadagna le prime pagine dei grandi media.. Qualcuno ricorda forse l’intervista o un intervento di un Vescovo siriano su qualche giornale importante dell’Occidente? Si può non essere d’accordo, evidentemente, ma una vera informazione suppone differenti punti di vista.

Del resto, chi parla di una interessata riverenza della Chiesa siriana verso il presidente Assad come di una difesa degli interessi miopi dei cristiani, dimostra di non conoscere la Siria, perché in questa terra cristiani e musulmani vivono insieme. E’ stata solo questa guerra a ferire in molte parti la convivenza, ma nelle zone messe in sicurezza dall’esercito ( a differenza di quelle controllate dagli 'altri') si vive ancora insieme. Con profonde ferite da ricucire, oggi purtroppo anche con molta fatica a perdonare, ma comunque insieme. E il bene è il bene per tutti: ne sono testimonianza le tante opere di carità, soccorso, sviluppo gestite da cristiani e musulmani insieme.
Certo, questo lo sa chi qui ci vive, pur in mezzo a tante contraddizioni, non chi scrive da dietro una scrivania, con tanti stereotipi di opposizione tra cristiani e musulmani.

Liberaci Signore dalla guerra…e liberaci dalla mala stampa…”.
Con tutto il rispetto per i giornalisti che cercano davvero di comprendere le situazioni, ed informarci veramente. Ma non saranno certo loro ad aversene a male per quanto scriviamo…

Le sorelle Trappiste in Siria

martedì 27 febbraio 2018

La Siria è il cuore sanguinante di una guerra mondiale

Il Leone di Palmyra, risalente al 1° secolo a. Cristo,
è stato distrutto da Daech con le ruspe nel 2015.
Ora restaurato, il pezzo più importante del Museo
 di Palmyra è esposto nei giardini del museo di Damasco.

"Svegliamoci, sono impazziti!" 

19 febbraio 2018
Tribuna libera   di Michel Raimbaud



Da ormai sette anni, la Siria è in guerra. Questo paese amichevole, tollerante e altamente civilizzato, che nemmeno i suoi detrattori potrebbero negare essere bello e accattivante, sta già affrontando una sfida formidabile, quella del dopoguerra. Gli assalitori barbari di cento paesi, sia atlantisti che islamisti, hanno combattuto duramente per distruggere le sue ricchezze, le infrastrutture, le sue capacità, i monumenti e le bellezze naturali, al fine di cancellarle dalle mappe. Ma hanno anche e soprattutto cercato di schiacciare il popolo siriano, di cancellare la sua memoria e la sua identità per annientarlo.
Con la complicità di una sedicente "comunità internazionale" ingannatrice, ora stanno lavorando per privarlo, per quanto possibile, di ogni prospettiva del futuro, defraudandolo dei suoi diritti imprescrittibili: di disporre di se stesso, di decidere, senza interferenze straniere, il suo destino e il suo sistema politico. Senza pudore né vergogna, gli stessi invasori non nascondono le loro velleità di cambiarne il futuro, inclusa la costituzione, con una Siria sotto la "tutela delle Nazioni Unite", cioè sotto mandato, ossia sotto il giogo coloniale.
Per cancellare l'impronta geografica di una Siria madre della civiltà (compresa la nostra), può esserci un modo più efficace che disperdere un popolo e soprattutto di sbriciolare uno Stato che ha commesso il crimine di lesa maestà? In effetti, alla fine, l'impresa si propone di trasformare quella che una volta era una grande Siria in un arcipelago di mini-entità, e la sua gente in un mosaico tribalizzato destinato a essere vaporizzato in una vasta diaspora: a un primo approccio, questo crimine inqualificabile merita la doppia caratterizzazione di 'politicidio' (la dissoluzione di uno Stato che disturba) e di 'etnocidio' - l'annientamento di un popolo che resiste. Questo è ciò che è inscritto nel 'grande disegno' neoconservatore. Quest'ultimo, notiamo di sfuggita, equivarrebbe a infliggere alla Siria il destino riservato da 70 anni alla Palestina, pezzo di terra rubato sotto l'egida del colonialismo trionfante. Il destino dei Siriani potrebbe quindi assomigliare a quello dei Palestinesi, irrimediabilmente spogliati nel nome di una 'missione divina'. Il sinistro destino dei popoli amerindi, eliminati dalla storia, è lì per ricordare ciò di cui sono capaci i coloni venuti da fuori.
Le distruzioni sono immense, pari a centinaia di miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti - ma è un loro problema - i milioni, bilioni o trilioni spesi dalle 'potenze' assalitrici per condurre le loro battaglie 'per la democratizzazione' .
Non serve a nulla invocare i valori della moralità, naturale o religiosa, il diritto internazionale e la legalità delle Nazioni Unite, o addirittura la semplice decenza, di fronte ad aggressori senza legge e senza fede. Non possiamo aspettarci una qualsiasi logica da Stati che si erigono a gendarmi del pianeta mentre si comportano come regimi criminali. È paradossale, dopo tutto questo tempo, dopo questi orrori, questi massacri, questi atti da selvaggi, questa barbarie, che si trovino ancora nel grande Occidente 'democratico' così tanti difensori dell'indifendibile, così tanti ammiratori dei jihadisti presentati come democratici o 'moderati'.  Gli intellettuali sono intrappolati dalla loro iniziale cecità, i media sono sigillati dall'omertà, i politici sono ostaggi della loro doxa neoconservatrice, nell'Esagono (la Francia n.d.t.) come in tutto il mondo giudeo-cristiano.
Perché un tale accanimento, una tale ostinazione nel mentire? La Siria è stata a lungo nel mirino di America, Gran Bretagna e Israele. La Siria storica è il centro di gravità del Medio Oriente, il luogo di nascita delle tre religioni rivelate, il cuore pulsante dell'arabismo, simbolo dell'Islam moderno e tollerante, sede dei primi califfi: un'eredità molto pesante da portare ma che ha assicurato a questo 'faro dell'Oriente' un innegabile prestigio tra gli Arabi e un'aura di simpatia tra i Musulmani.
Tollerante, multiconfessionale, moderna, repubblicana, forte della sua identità e della sua consapevolezza storica, essa rappresenta ciò che gli estremisti di ogni versante aborriscono sopra ogni altra cosa.
Dalla sua indipendenza e dalla creazione di Israele, la Siria ha continuato a fornire un sostegno costante alla causa palestinese ed è sempre apparsa come uno Stato ribelle all'ordine israelo-atlantico. Di fronte alla rovina del mondo arabo, la Siria si è iscritta nell'asse della resistenza ed essa resiste. Il suo esercito nazionale ha combattuto da solo contro tutti per quattro anni, poi, aiutato dai suoi alleati, ha iniziato la riconquista, affermandosi come il principale artefice dell'eradicazione del Daesh (ISIS), malgrado le bugie e le pretese degli usurpatori fanfaroni. Lo Stato siriano controlla ormai i quattro quinti del territorio nazionale, avendo dato scacco, con la sua resilienza, ai piani degli aggressori.
Per questi, la Siria del 2018, dopo tante battaglie e così tanti progetti finiti male, costituisce una realtà impensabile e intollerabile. Bisogna dunque farla sparire dalle mappe, come se non fosse mai esistita. È necessario per questo delegittimare lo Stato sistematicamente presentandolo come un 'regime', le sue istituzioni, la sua costituzione, il suo governo, demonizzare il suo Presidente, ignorare la volontà del suo popolo, i successi del suo esercito attribuendoli ai suoi alleati, quando non ai suoi nemici.
Si deve negare al suo Presidente e al suo entourage ogni potere, qualsiasi ruolo futuro, ogni autonomia decisionale, e assicurare che non ci possa essere una soluzione politica 'siriana' risultante da un dialogo nazionale, sotto gli auspici dei suoi alleati e dei suoi amici. Al contrario, il suo destino deve essere deciso dai suoi nemici, dalla "comunità internazionale" in agguato, da tre Stati che rappresentano 470 milioni di persone ( il 6 - 7% dell'umanità) che protestano di non poter più imporre la loro legge in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Decisamente, il mondo è uscito di testa poiché non c'è più legalità internazionale, più nessun rispetto del diritto delle Nazioni Unite, che dovrebbe essere la bibbia dei diplomatici. I falsi gendarmi del mondo che ne sono i fautori di disordine, i ladri che gridano al furto, i violentatori della legalità che gridano al suo stupro, gli aggressori della Siria che si indignano per le aggressioni dell'esercito siriano, i maestri delle ingerenze illegali indignati per l'intervento legale degli alleati e dei partner dello Stato, tutto questo bel mondo si agita e manovra alla luce del giorno!
Uscite dallo schermo le comparse e le forze sicarie, ecco che i mandanti e i veri sponsor si sono tolti la maschera e stanno lavorando per realizzare apertamente ciò che non erano riusciti a fare per delega in sette anni.  Israele al sud, gli USA e i suoi fidati partners europei nel nord-est a sostegno delle forze curde messe a nudo, la Turchia nel nord-ovest contro i progetti dei Curdi, e tutti contro Bashar al-Assad. Il pretesto della lotta contro Daesh e il terrorismo ora appare per quello che era, un mega imbroglio che difende i nemici della Siria legale e al quale solo gli sciocchi credono ancora.
Jean-Yves Le Drian chiede (sic): "il ritiro di tutti quelli che non hanno niente a che fare con la Siria". Lui osa. Ma indovinate chi sono quelli che non hanno niente da fare in Siria?    Sì, avete indovinato: l'Iran il nuovo diavolo di moda, Hezbollah il terrore di Israele, la Russia, le forze 'sciite' dell'Iraq.
Per contro ora sapete quali paesi 'vi hanno a che fare': i tre ossessionati dai bombardamenti umanitari, quelli che possiedono armi di distruzione di massa, violano sistematicamente il diritto internazionale, quelli che sostengono il terrorismo quando non lo hanno creato, quelli che vogliono depredare tranquillamente le risorse di petrolio e gas della Siria e della regione: in altre parole, l'America e i suoi accoliti. Per buona misura, aggiungiamo Israele, amico delle 'rivoluzioni arabe' che distruggono gli Stati con lo stesso nome; l'Arabia Saudita, una grande democrazia davanti all'eterno e specialista in costituzioni, in diritti umani e delle donne, e nella tolleranza religiosa; la Turchia membro di spicco della NATO, nemica dei Turchi delle montagne, ma amica dei separatisti curdi della Siria o dell'Iraq e sponsor dei jihadisti; il Qatar, a condizione che continui a comprare di tutto e non importa cosa nel nostro Paese in difficoltà.
Per il resto, la Siria ha resistito per molti anni, il suo esercito è in grado di sostenere gli assalti di Israele e abbattere gli aerei che lo attaccano. È saldamente ancorata a un asse di resistenza risoluta e ben coordinata, sostenuta da alleati affidabili, a partire dalla Russia. La Siria non è una comparsa, è al CENTRO di una guerra globale. Quanti Stati avrebbero resistito come lei?
Signori 'amici della Siria', nemici del suo 'regime' e del suo Presidente, avete continuato a sostenere la fiction di una rivolta popolare contro un 'tiranno massacratore'. In cosa ciò vi preoccupa? Voi avete sbagliato tutto e lo sapete bene perché in realtà il Paese che vi ossessiona è principalmente vittima di una guerra di aggressione che mette in pericolo la sua esistenza.
Lo Stato siriano ha sicuramente il diritto di guidare i negoziati che decideranno il suo futuro e di respingere qualsiasi interferenza degli aggressori. Ha il diritto di rifiutare le vostre ingerenze, i vostri programmi di spartizione e i vostri progetti contorti. Le guerre di Siria sono state a lungo le componenti di una guerra universale in vista di diventare una guerra 'mondiale'. Se questa aggressione riguarda la "comunità internazionale" è secondo i criteri del diritto internazionale, codificati dalla Carta delle Nazioni Unite, che deve essere considerata! Allora, si capirà molto bene che questo approccio, l'unico possibile, vi pone un piccolo problema: questo problema non è quello del paese aggredito; ma degli aggressori che siete voi che trattate la Siria come un 'paese aperto' a tutte le avventure e a tutte le iniziative ostili.
Signori aggressori, non dimenticate mai che la vostra presenza in Siria è illegittima e illegale, compresi i vostri barbuti, i vostri consiglieri speciali o le vostre forze di terra. E se c'è una presenza legittima per eccellenza, non è la vostra: è quella dello Stato siriano, quella dei suoi alleati e dei partner del governo di Bashar al-Assad, del quale pretendete la partenza. Se c'è un ritiro imposto dal rispetto del diritto internazionale, è quello dei Paesi che non hanno niente a che fare con la Siria: i vostri Paesi!
  Michel Raimbaud
Ex ambasciatore. Professore e conferenziere.
 (traduzione dal francese di G.b. P.)
https://www.iveris.eu/list/tribunes_libres/312-reveillonsnous_ils_sont_devenus_fous_

venerdì 23 febbraio 2018

Ghouta, parlano i religiosi di Damasco: "Per quanto tempo ancora si poteva sopportare tutto questo?"


di Fulvio Scaglione, 23 febbraio 2018

Ci sono momenti in cui anche una raffica di kalashnikov sembra nulla. Quella che risuona nel telefono, mentre sono in linea con Damasco e parlo con suor Yola Girges, è la sparatoria rituale che accompagna il funerale di un soldato siriano morto nella battaglia per Ghouta, il sobborgo ancora controllato dai terroristi islamisti.    Suor Yola, nata a Damasco in una famiglia originaria però di Ghassanieh (provincia di Idlib), un villaggio cristiano del Nord dove nel 2013 fu ucciso il francescano padre Francois Mourad e dove tuttora sono insediati i terroristi di Al Nusra, è una delle missionarie del Cuore Immacolato di Maria che lavorano nella casa della Custodia di Terra Santa presso il Memoriale delle Conversione di San Paolo, nella capitale siriana.   Siamo nei quartieri di Tabbaleh, Bab Touma e Dawaleh, dove si concentrano i cristiani. E come molti altri cristiani e religiosi di Siria, anche suor Yola è indignata per il modo in cui la guerra viene raccontata in Europa.
“Oggi, nel quartiere Jaramana, si svolgono i funerali di dodici civili ammazzati dai missili sparati dai ribelli di Ghouta. Due settimane fa un colpo di mortaio è esploso nel giardino della nostra casa. Qualche giorno fa un altro razzo ha colpito un edificio sull’altro lato della strada e tutte le nostre finestre sono esplose. Da settimane, ormai, quando usciamo di casa non sappiamo se faremo ritorno. In questo periodo, inoltre, i terroristi hanno cominciato a colpire proprio quando nelle scuole finiscono le lezioni, per creare ancora più panico. Solo nel nostro asilo, l’anno scorso abbiamo perso quattro bambini, uccisi da un mortaio insieme con il loro papà, e nel 2012 una bambina, ammazzata da un missile per strada insieme con la mamma, che era una nostra catechista. Per non contare i bambini feriti o traumatizzati Eppure nessuno ne parla, nessuno dice niente. Chi si occupa dei nostri morti?”.
Adesso tutta l’attenzione è concentrata su Ghouta e le organizzazioni umanitarie parlano di molti morti tra i civili…    “Bisogna raccontare tutta la verità. Ghouta è un’area di 1800 chilometri quadrati, occupata dai terroristi fin dall’inizio della guerra. In questi sette anni, i razzi da loro lanciati hanno provocato più di mille morti tra i civili nella sola Damasco. Per quanto tempo ancora si poteva sopportare tutto questo? Inoltre, tutti sanno che i militanti dell’Isis e di Al Nusra che si sono concentrati a Ghouta hanno portato con sé le famiglie, che ora usano come scudi umani. Sia per fermare gli attacchi dell’esercito sia per destare la reazione compassionevole del mondo. Nessuno vuole che muoiano dei civili, da nessuna parte. Ma il meccanismo è chiaro”.
La Casa della Custodia di Terra Santa presso il Memoriale di San Paolo è stata testimone fedele, in questi anni, del martirio della Siria. Fondata come casa di accoglienza per i pellegrini, con l’arrivo della guerra si è messa a disposizione di chi più soffriva.
“All’inizio”, spiega suor Yola, “abbiamo accolto 30 famiglie di rifugiati da Homs, dove c’era un quartiere con 75 mila cristiani. Passata quella fase, ci siamo messi a disposizione dei malati, soprattutto quelli di tumore, che dalle più diverse zone della Siria, a causa della guerra, potevano seguire le terapie solo a Damasco. Infine, abbiamo dato alloggio alle famiglie, e purtroppo sono state tante, che avevano deciso di emigrare e dovevano fermarsi qui nella capitale per ottenere i visti. Alcune di quelle famiglie, purtroppo, sono state inghiottite dal Mediterraneo”. 
Negli ultimi anni, comunque, la Casa ha cercato di provvedere ai bisogni dei più deboli e indifesi, i bambini. “Abbiamo un asilo con 150 bambini”, racconta suor Yola, “in maggioranza di famiglie povere o rifugiate a Damasco da zone occupate dai terroristi o investite dai combattimenti. Poi abbiamo un centro catechistico che segue 400 bambini e ragazzi, da quelli delle scuole elementari agli universitari. L’anno scorso, poi, abbiamo avviato un’attività di sostegno psicologico ai bambini traumatizzati dalla guerra che quest’anno, su sollecitazione degli stessi genitori, abbiamo allargato e approfondito. Lavoriamo con bambini fino ai 13 anni e con l’aiuto di dodici volontari, studenti universitari che abbiamo preparato con appositi corsi tenuti da specialisti. Infine, due mesi fa, abbiamo varato anche dei corsi di educazione musicale, anche per dare ai giovanissimi un’alternativa rispetto alle interminabili giornate passate in casa perché è troppo pericoloso giocare fuori. Si sono iscritti in cinquanta ma siamo sicuri che il numero crescerà”.
Adesso, però, le attività della Casa, come quelle di tutte le altre Chiese cristiane rappresentate a Damasco, sono bloccate. Piovono missili e, come dice suor Yola, “non potevamo chiedere ai genitori di rischiare la vita dei figli per portarli qua”. È la Siria, da troppi anni in guerra.
http://www.occhidellaguerra.it/vi-prego-raccontate-la-verita-terroristi-stanno-occupando-la-ghouta/

Viaggio nell'inferno di Ghouta : ecco chi sono i ribelli anti Assad.
Nel 2015 gli abitanti catturati sfilavano in gabbia 

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«Per voi occidentali le uniche vittime sono i civili di Ghouta, ma dimenticate che da quei quartieri partono i missili e i colpi di mortaio diretti contro i quartieri cristiani di Damasco - ricorda nel corso di una telefonata a Il Giornale padre Amer Kassar, parroco della chiesa Madonna di Fatima di Damasco - Solo martedì qui a Bab Touma e al Shaghour, i due quartieri cristiani più importanti di Damasco, abbiamo contato 13 morti e una settantina di feriti. Nell'ultima settimana almeno tre chiese, tra cui il patriarcato greco latino, sono state colpite dalle bombe dei ribelli. Le nostre case distano da Ghouta solo un paio di chilometri in linea d'aria e i ribelli ne approfittano per colpirci senza pietà. Dieci giorni fa Rita una ragazza del mio oratorio è stata uccisa da un colpo di mortaio esploso davanti alla chiesa. Christine, l'amica che era con lei, ha perso una gamba. Ma a voi occidentali non interessa. Per voi quei ribelli sono tutti degli angeli».



Leggi tutto l'articolo di Gian Micalessin qui 

http://www.ilgiornale.it/news/politica/viaggio-nellinferno-ghouta-ecco-chi-sono-i-ribelli-anti-1497525.html?mobile_detect=false

giovedì 22 febbraio 2018

Ghouta come Aleppo, le verità impazzite

Parla padre Mounir di Damasco. «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime. È l’esatto contrario. Sono anni che sparano missili sulla capitale, uccidono innocenti, poveri civili»

di Leone Grotti, 22 febbraio 2018

«Lo so cosa scrivono i media da voi in Italia e in tutto l’Occidente sulla guerra che si sta combattendo a Ghouta. Raccontano solo una faccia della medaglia, nessuno si preoccupa del nostro dramma». Si confida così a tempi.it padre Mounir, 34 anni, originario di Aleppo ma residente a Damasco, dove si occupa di un oratorio con oltre 1.200 giovani. Il salesiano fa riferimento ai durissimi scontri di questi giorni tra l’esercito del governo di Bashar al-Assad e le formazioni terroristiche che difendono Ghouta orientale, nella periferia della capitale. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, organizzazione vicina agli estremisti, negli ultimi giorni sarebbero morte quasi 300 persone nel sobborgo.
«Nessuno però parla dei civili, tanti bambini, uccisi qui dai colpi di mortaio, anzi, dai missili che vengono sparati da Ghouta», continua il sacerdote. Molte scuole nei quartieri di Damasco più colpiti dall’artiglieria ribelle sono state chiuse per sicurezza, al pari di molti negozi. I colpi di mortaio, infatti, cadevano spesso vicini agli istituti e nelle ore di uscita dei ragazzi. Da settimane anche i salesiani hanno dovuto chiudere il loro centro: «Era troppo pericoloso. Noi abbiamo degli autobus che girano per la città e raccolgono i ragazzi per portarli al centro, dove giochiamo, studiamo, facciamo catechismo ma ora per prudenza li lasciamo a casa, perché per strada potrebbero essere colpiti dai missili».
Il bombardamento di Ghouta si è intensificato nell’ultima settimana, perché il governo prepara l’assalto finale per riprendere il quartiere. «Tutto il giorno si sentono gli aerei dell’esercito che sorvolano la capitale. Spero che l’attacco cominci presto e che la zona venga finalmente liberata, come è stata liberata Aleppo», continua padre Mounir, ricordando che «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime, come raccontate voi. È l’esatto contrario. Sono anni che sparano missili sulla capitale, uccidono innocenti, poveri civili. Quanti sono i bambini morti qui di cui nessuno parla? Questi non sono l’opposizione, sono terroristi, vengono da ogni parte del mondo, e l’esercito siriano ha il diritto di difendere la dignità dei siriani e il paese».
Il prossimo mese la Siria entrerà nel suo ottavo anno di guerra e padre Mounir non si fida più delle trattative di pace condotte dalla comunità internazionale: «Non stanno risolvendo niente, parlano ma non fanno nulla». Il sacerdote è stato ordinato cinque anni fa a Torino, ma ha scelto di lasciare l’Italia e tornare a Damasco per «servire il mio popolo in difficoltà». In questi giorni, però, le sue attività sono limitate al minimo perché «il governo ha consigliato a tutti di non muoversi di casa, se non per attività strettamente necessarie, perché molte zone della capitale sono sotto tiro. Nonostante questo cerchiamo di stare vicini ai nostri ragazzi e alle nostre famiglie».
Pare Mounir ha vissuto in Italia, ma ora non riesce più a leggere i giornali nostrani: «Ho visto come date le informazioni: sempre parziali, sempre nascondendo una parte della verità, addirittura truccando le foto», continua. «Voi di Tempi siete tra i pochi che avete il coraggio di raccontare tutta la verità. Io lo so che il governo siriano non è costituito da santi né da angeli, c’è la corruzione come in tanti altri paesi. Però dovete capire che la maggioranza della popolazione siriana, che soffre come e più degli altri, si fida di questo governo, nonostante i suoi sbagli. Voi europei invece appoggiate i terroristi che colpiscono la gente innocente. Questo è inaccettabile e qualcuno deve dirlo».

Il conflitto nel Ghouta e la memoria corta dell’Occidente

nella foto a sinistra le vittime di questi ultimi 3 giorni nella capitale
Damasco, a destra le milizie che occupano Ghouta 
di Mauro Indelicato, 22 febbraio 2018

Spesso si afferma che in guerra la prima vittima è la verità, resa parziale da ogni parte e resa quasi del tutto strumentale dagli attori presenti sul campo; ma in realtà, ciò che ancor prima della verità viene tolto di mezzo da un determinato conflitto è la stessa memoria: tutto viene resettato, anche la stessa storia viene resa funzionale al racconto ed alla narrativa imposta da chi vince o da chi, invece, spera di vincere. La memoria corta è una delle piaghe che affligge l’informazione inerente il conflitto siriano; è vero che fanno male le bombe russe, così come quelle americane ed è altrettanto vero che a causare vittime civili spesso sono sia i kamikaze delle sigle jihadiste così come i raid dei governativi, pur tuttavia dimenticare cosa accaduto e come si è arrivati al fatidico numero sette nel conteggio degli anni di guerra siriana, appare operazione scellerata e, nella migliore delle ipotesi, frutto di disonestà intellettuale. A prescindere da ogni considerazione politica che si possa avere su Assad e sul suo governo, dimenticare che la Siria non è stata attraversata da una vera ‘rivoluzione’ ma invasa da orde di jihadisti, stranieri e non, fa perdere di vista ogni giudizio obiettivo sul conflitto.

Cosa è accaduto nel Ghouta Est tra il 2012 ed il 2013

Proprio come accaduto nella zona est di Aleppo, non appena il legittimo governo siriano si prepara a strappare un determinato territorio alle sigle jihadiste, si scopre che il paese arabo ha un numero di ospedali per abitanti tra i più alti al mondo ed una quantità di edifici scolastici da fare invidia anche ai paesi più industrializzati; nel Ghouta l’operazione volta a strappare dalle mani takfire gli ultimi brandelli di una Damasco che da cinque anni vive con lo spettro di razzi e missili lanciati verso il centro, è iniziata da pochi giorni ma già nel mondo dell’informazione occidentale circolano gli stesso video visti e rivisti per Aleppo e per Homs, dove i raid russi e siriani vengono dipinti come brutali mezzi in grado di distruggere ogni volta strutture ospedaliere ed obiettivi sensibili.   Ben lungi dall’esultare per l’arrivo sulle teste di tanti civili di bombe e colpi d’artiglieria, è utile però ricordare il motivo per il quale questa crisi non è possibile risolverla per vie diplomatiche: nel Ghouta Est risiedono alcune delle più pericolose sigle jihadiste che hanno messo piede in Siria, tali gruppi nell’estate del 2012 hanno cinto d’assedio la capitale siriana prima di rintanarsi in questa regione posta nella periferia orientale damascena. Gli abitanti del Ghouta Est sanno bene cosa vuol dire aver iniziato a convivere con la presenza di uomini barbuti inneggianti alla jihad; molti civili hanno visto portare via le proprie mogli, i propri figli ed i propri affetti da terroristi che non hanno avuto scrupoli nel rinchiudere centinaia di innocenti in gabbia per piazzarli sui tetti dei palazzi, in modo da utilizzarli come scudi umani contro i raid governativi. Specialmente tra il 2012 ed il 2013, quando si è ben capito come l’offensiva jihadista non era destinata a centrare l’obiettivo a Damasco, la scure della follia islamista si è abbattuta nei quartieri della capitale e del Ghouta est da loro controllati;  ma non solo: nel novembre 2015 hanno fatto il giro del mondo le immagini di un corteo, composto da almeno cento gabbie con all’interno almeno sette od otto persone, sfilare lungo una città del Ghouta in un’atmosfera di gogna che ha poi preceduto l’allocazione di tali gabbie sopra i tetti dei palazzi più alti. 
 
Non c’erano nemici o militari dentro quelle sbarre improvvisate, bensì solo civili colpevoli di essere alawiti come il presidente Assad; un’azione criminale di inaudita crudeltà, compiuta tra gli sguardi attoniti dei mariti che vedevano le proprie mogli rinchiuse come animali e portate chissà dove, senza forse la possibilità di rivederle. Il Ghouta Est è dal 2012 occupato, è questo il verbo giusto da utilizzare, da gente senza scrupoli ed i cui atti criminali sono inqualificabili oltre che ingiustificabili; gruppi di terroristi armati e sostenuti, politicamente e non solo, da quei paesi che hanno da subito appoggiato la presunta rivolta siriana anti Assad in nome proprio della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Un’accozzaglia di integralisti e terroristi che dal 2012 tiene sotto scacco Damasco, non solo intesa come sede del governo siriano, ma come città dove vivono almeno due milioni di persone la cui quotidianità è provata dal pericolo di uscire da casa e beccarsi un colpo di mortaio sparato dal Ghouta.Come viene vissuta a Damasco la nuova operazione

Intanto, mentre si fa riferimento da più parti alle conseguenze dei raid siriani e russi nelle città del Ghouta, nel cuore della capitale siriana la popolazione vive nel terrore delle ritorsioni islamiste per l’operazione avviata dall’esercito fedele ad Assad; nella giornata di lunedì, un razzo ha colpito un taxi in una delle vie più trafficate di Damasco, uccidendo un civile. Questo è soltanto l’ultimo episodio che vede la città più popolosa della Siria essere oggetto di attacchi a colpi di mortaio e razzi da parte delle sigle che controllano il Ghouta, i quali non hanno mancato di provocare nell’ultimo mese ancora morti e feriti; la percezione di una sicurezza sempre più precaria rischia di impadronirsi degli animi dei damasceni, anche se la popolazione continua a vivere la sua quotidianità nella speranza che l’assalto alle posizioni delle sigle jihadiste a pochi chilometri dal centro possa finalmente allontanare per sempre la guerra dalla città. 
Soffrono sia i damasceni che gli abitanti del Ghouta Est, del resto gli innocenti sono tali in quanto parti non direttamente in causa del conflitto ed è per questo che da entrambe le parti essi vivono il comune destino di essere vittime di un qualcosa più grande di loro; pur tuttavia, dimenticarsi cosa accaduto in questa regione già cinque anni fa, omettendo le crudeltà commesse da chi ha occupato questa zona, è un’operazione che rischia di prolungare l’agonia di milioni di civili, siano essi di Damasco, del Ghouta o di altre zone di questo martoriato paese.

http://www.occhidellaguerra.it/conflitto-nella-ghouta-la-memoria-corta-delloccidente/

mercoledì 21 febbraio 2018

Digiuno e preghiera per la Pace nel mondo

Accogliamo l'invito di Papa Francesco a vivere una giornata di preghiera e digiuno per la Pace oggi tanto minacciata nel mondo . In particolare, oltre ad offrirla per le popolazioni del Congo e del Sud Sudan come ci ha chiesto il Papa, preghiamo per la popolazione della Siria stremata dal conflitto, che entra nel suo ottavo tragico anno.


" Dinanzi al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo, invito tutti i fedeli ad una speciale Giornata di preghiera e digiuno per la pace il 23 febbraio prossimo, venerdì della Prima Settimana di Quaresima".
""Il nostro Padre celeste ascolta sempre i suoi figli che gridano a Lui nel dolore e nell’angoscia, «risana i cuori affranti e fascia le loro ferite» (Sal 147,3).
Rivolgo un accorato appello perché anche noi ascoltiamo questo grido e, ciascuno nella propria coscienza, davanti a Dio, ci domandiamo: “Che cosa posso fare io per la pace?”. Sicuramente possiamo pregare; ma non solo: ognuno può dire concretamente “no” alla violenza per quanto dipende da lui o da lei. Perché le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti!".

Qui alcuni strumenti per la Preghiera per la Pace :
http://oraprosiria.blogspot.it/p/blog-page_2.html

venerdì 16 febbraio 2018

Il Papa e la Comunione con la Chiesa sofferente in Siria

Papa Francesco, vicino con il cuore e la preghiera alle comunità cristiane sofferenti in Medioriente, ha rivolto parole di incoraggiamento ai membri del Sinodo Greco Melkita, ricevuti in Vaticano.

Beatitudine, cari Fratelli nell’Episcopato,
Vi ringrazio per la vostra visita. La felice occasione è data dalla manifestazione pubblica della Comunione Ecclesiastica, che avrà luogo domani mattina durante la Celebrazione eucaristica e che ho già avuto modo di accordare a Vostra Beatitudine nella Lettera del 22 giugno scorso, dopo la Sua elezione a Patriarca, Pater et Caput, da parte del Sinodo dei Vescovi.
Allora, come oggi, caro Fratello, Le assicuro la mia costante vicinanza nella preghiera: che il Signore Risorto Le sia vicino e La accompagni nella missione affidataLe. È una preghiera che non può essere dissociata da quella per l’amata Siria e per tutto il Medio Oriente, regione nella quale la vostra Chiesa è profondamente radicata e svolge un prezioso servizio per il bene del Popolo di Dio. Una presenza, la vostra, che non si limita al Medio Oriente, ma si estende, ormai da molti anni, a quei Paesi nei quali tanti fedeli greco-melkiti si sono trasferiti in cerca di una vita migliore. Anche a questi fedeli in diaspora e ai loro Pastori vanno la mia preghiera e il mio affettuoso ricordo. 
In questo difficile periodo storico tante comunità cristiane in Medio Oriente sono chiamate a vivere la fede nel Signore Gesù in mezzo a molte prove. Auspico vivamente che, con la loro testimonianza di vita, i Vescovi e i sacerdoti greco-melkiti possano incoraggiare i fedeli a rimanere nella terra dove la Provvidenza divina ha voluto che nascessero. Nella menzionata Lettera di giugno ricordavo che «mai come in questi momenti i Pastori sono chiamati a manifestare, davanti al popolo di Dio che soffre, comunione, unità, vicinanza, solidarietà, trasparenza e testimonianza». Vi invito fraternamente a proseguire su questa strada. Come sapete, ho indetto, per il 23 di questo mese, una giornata di preghiera e digiuno per la pace. In quella occasione non mancherò di ricordare, in maniera speciale, la Siria, colpita in questi ultimi anni da sofferenze indicibili.

Giungete pellegrini a Roma, presso la tomba dell’Apostolo Pietro, a conclusione della vostra ultima Assise sinodale, che si è svolta in Libano nei primi giorni del mese. Si tratta sempre di un momento fondamentale, di cammino comune, durante il quale Patriarca e Vescovi sono chiamati a prendere decisioni importanti per il bene dei fedeli, anche attraverso l’elezione dei nuovi Vescovi, di Pastori che siano testimoni del Risorto. Pastori che, come fece il Signore con i suoi discepoli, rianimino i cuori dei fedeli, stando loro vicini, consolandoli, scendendo verso di loro e verso i loro bisogni; Pastori che, al tempo stesso, li accompagnino verso l’alto, a “cercare le cose di lassù, dov’è Cristo, non quelle della terra” (cfr Col 3,1-2). Abbiamo tanto bisogno di Pastori che abbraccino la vita con l’ampiezza del cuore di Dio, senza adagiarsi nelle soddisfazioni terrene, senza accontentarsi di mandare avanti quello che già c’è, ma puntando sempre in alto; Pastori portatori dell’Alto, liberi dalla tentazione di mantenersi “a bassa quota”, svincolati dalle misure ristrette di una vita tiepida e abitudinaria; Pastori poveri, non attaccati al denaro e al lusso, in mezzo a un popolo povero che soffre; annunciatori coerenti della speranza pasquale, in perenne cammino con i fratelli e le sorelle. Mentre sarò lieto di accordare l’Assenso Pontificio ai Vescovi da voi eletti, vorrei poter toccare con mano la grandezza di questi orizzonti.
Beatitudine, Eccellenze, rinnovo di cuore la mia gratitudine per la vostra fraterna visita. Quando farete ritorno alle vostre Sedi e incontrerete i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli, ricordate loro che sono nel cuore e nella preghiera del Papa. La Tutta Santa Madre di Dio, Regina della pace, vi custodisca e vi protegga. E mentre ho la gioia di dare a voi e alle vostre comunità la mia Benedizione, vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.

Riportiamo di seguito le brevi parole che il Santo Padre ha rivolto nel corso della Messa e la traduzione in lingua italiana delle parole di ringraziamento del Patriarca al Papa:

Parole del Santo Padre
Questa Messa con il nostro fratello, patriarca Youssef, farà la apostolica communio: lui è padre di una Chiesa, di una Chiesa antichissima e viene ad abbracciare Pietro, a dire “io sono in comunione con Pietro”. Questo è quello che significa la cerimonia di oggi: l’abbraccio del padre di una Chiesa con Pietro. Una Chiesa ricca, con la propria teologia dentro la teologia cattolica, con la propria liturgia meravigliosa e con un popolo, in questo momento gran parte di questo popolo è crocifisso, come Gesù. Offriamo questa Messa per il popolo, per il popolo che soffre, per i cristiani perseguitati in Medio Oriente, che danno la vita, danno i beni, le proprietà perché sono cacciati via. E offriamo anche la Messa per il ministero del nostro fratello Youssef.

Ringraziamento del Patriarca al Santo Padre
Santità,
Vorrei ringraziarLa per questa bella Messa di comunione, a nome di tutto il Sinodo della nostra Chiesa greco-melkita cattolica. Personalmente, sono veramente commosso dalla Sua carità fraterna, dai gesti di fraternità, di solidarietà che ha dimostrato alla nostra Chiesa, nel corso di questa Messa. Le promettiamo di tenerLa sempre nei nostri cuori, nel cuore di noi tutti, clero e fedeli, e ricorderemo sempre questo evento, questi istanti storici, questo momento che non riesco a descrivere per quanto è bello: questa fraternità, questa comunione che lega tutti i discepoli di Cristo. Grazie, Santità.