Intervista a Georges Abou Khazen, francescano, vicario apostolico latino di Aleppo
TEMPI
di Rodolfo Casadei
Eccellenza, cosa deve fare l’Europa con i profughi siriani che bussano alle sue porte?
Noi ringraziamo di cuore per il senso di umanità e di solidarietà che sta mostrando l’Europa, però vorremmo che anziché curare gli effetti andasse alla radice, alla causa. Una volta eliminata la causa, non ci sarebbe più il problema di questi profughi, che stavano bene nel loro paese. La Siria è stata sempre un paese di accoglienza per profughi di altri popoli, sin dal XIX secolo: armeni, palestinesi, libanesi, iracheni. Ma adesso ci troviamo con quasi la metà della popolazione profuga, fuori e dentro i nostri confini. Perché non si preme per la pace e per il dialogo? Finirebbe il problema. Per prima cosa, si cessi di vendere o fornire armi ai contendenti.
Europei e americani insistono che la colpa della guerra in Siria è del regime del presidente Assad, che ha represso le proteste democratiche del marzo-maggio 2011 costringendo gli oppositori a prendere le armi, e che ci sarà pace soltanto se il presidente darà le dimissioni e abbandonerà il paese. Cosa ne pensa?
Le persone che ricoprono cariche pubbliche vanno e vengono, non è un problema di persone. Il problema è che non si crei un vuoto di potere, altrimenti rischiamo di diventare come la Libia, peggio della Libia. La richiesta di dimissioni del presidente è un pretesto per tenere aperto il conflitto.
Invece il vero obiettivo deve essere la riconciliazione e la formazione di un governo di unità nazionale, la garanzia della sicurezza per tutti i siriani, la fine del caos attuale.
Tempi ha fatto un appello per l’abrogazione delle sanzioni contro la Siria, perché crediamo che non avvicinino la pace e che solo aggiungano sofferenze. Ma americani ed europei insistono che questo è l’unico modo per far piegare il regime siriano. Cosa ne pensa?
Fate bene a chiedere la fine delle sanzioni, siamo pienamente d’accordo con questa posizione. Le Chiese in Siria chiedono la fine dell’embargo sin dal giorno in cui sono state decise queste sanzioni. Proprio ieri parlavo di questo con Stephen O’Brien, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari. Da una parte le Nazioni Unite forniscono aiuti umanitari alla Siria, dall’altra mantengono sanzioni contro il paese che non toccano veramente il governo e i personaggi altolocati, ma fanno soffrire le persone già povere. Queste sanzioni sono una punizione contro il popolo.
Obama dopo tanti anni ha riconosciuto che l’embargo americano contro Cuba è stato un errore, e l’ha abolito; allora perché perseverare nell’errore per quanto riguarda la Siria? Ad
Aleppo abbiamo avuto un inverno terribile, con temperature vicine a dieci gradi sotto zero, e il freddo l’ha patito la povera gente, non certo le personalità altolocate contro le quali sono state pensate le sanzioni. Quando non si trovano le medicine, quando non si riescono a pagare gli studi dei figli, è la gente comune a soffrire, non il governo. In passato lo Stato erogava migliaia di borse di studio per gli universitari, che servivano a pagare i loro studi in patria e la specializzazione all’estero. A causa della guerra lo Stato non ha più risorse economiche per questi aiuti, a mantenere i figli nelle università straniere ci devono pensare le famiglie, tante non ce la fanno e così perdiamo la possibilità di dare ai nostri giovani più brillanti un’alta qualificazione.
La Russia ha deciso di sostenere maggiormente il governo siriano. Secondo gli Stati Uniti è un fatto negativo, aumenterà le sofferenze dei siriani. Cosa pensa dell’intervento della Russia?
Chiaramente la Russia si muove per i suoi interessi, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, ma il ruolo che sta svolgendo in questo momento è molto positivo per la Siria. Perché è l’unica potenza che sta cercando veramente di riunire tutte le parti in conflitto e di concludere un compromesso. Stanno coinvolgendo l’opposizione, la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Iran in un negoziato vero per una soluzione. Il fatto che la Russia aiuti il governo centrale, nell’attuale contesto non è sbagliato.
Gli altri, le altre potenze, cosa fanno? Chi stanno armando e addestrando? Stanno sostenendo jihadisti, gruppi intransigenti, fanatici e integralisti religiosi. E purtroppo ad armarli è anche l’Occidente. Allora non si può parlare solo degli aiuti militari russi: tutti dovrebbero cessare di armare le parti in conflitto. Le assicuro che questo è il modo di pensare della maggioranza dei siriani riguardo al ruolo della Russia nella nostra crisi.
In Siria l’Isis propone ai cristiani un contratto di sottomissione: è disposto ad accettare l’esistenza dei cristiani, ma in regime di dhimmitudine. I cristiani sarebbero liberi di vivere come cristiani, pagando una tassa allo Stato islamico ed evitando manifestazioni pubbliche del loro culto. Cosa pensano i cristiani dell’Oriente di questa proposta?
Intanto bisogna vedere se questa offerta è reale, perché i fatti dicono altro: dove è arrivato lo Stato Islamico i cristiani se ne sono dovuti andare, praticamente non ce ne sono più, sia in Iraq sia in Siria. A me sembra solo propaganda. E comunque sia, noi, in quanto cristiani e uomini liberi, esigiamo il diritto alla cittadinanza come tutte le altre persone. Questa è anche l’unica soluzione per mettere fine alla guerra in Siria. Tutti devono essere cittadini con gli stessi diritti. Non vogliamo tornare indietro di secoli: è inaccettabile.
Che rapporto c’è fra Isis e islam? L’Isis rappresenta l’islam o è una degenerazione di questa religione?
Ci sono varie interpretazioni dell’islam. C’è un islam moderato, aperto, come quello che per molto tempo ha caratterizzato la Siria. La maggioranza musulmana ha accettato gli altri: in Siria ci sono 23 gruppi etnici e religiosi differenti, che vivevano in pace e in sintonia, costituivano un bel mosaico. L’Isis vuole un paese monocolore, vuole la sharia per tutti. La loro è un’interpretazione intransigente del Corano che coincide al 100 per cento con quella che vige in Arabia Saudita. Basta guardare alle esecuzioni capitali, che l’Isis compie secondo le stesse modalità applicate in Arabia Saudita: decapitazioni e lapidazioni pubbliche dopo la preghiera del venerdì.
Ma mentre tutti inorridiscono per quello che fa l’Isis, dell’Arabia Saudita si tace.
Un intervento militare internazionale con truppe di terra contro l’Isis sarebbe giusto? Se fosse approvato da tutto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu lei sarebbe d’accordo?
Io e in generale tutte le Chiese siamo contrari a un intervento militare. La guerra non risolve niente, aumenta solo le sofferenze, l’odio e il desiderio di vendetta. Noi vediamo le cose in un altro modo: siamo d’accordo che il mondo deve farla finita con l’Isis, ma farla finita con l’Isis significa un’altra cosa.
Io mi domando: chi ha creato l’Isis, chi lo arma, da dove entrano in Siria? Noi sappiamo chi li manda. Dunque, basta chiudere il rubinetto. E a questo proposito, vi ricordo che i paesi vicini acquistano petrolio dall’Isis, acquistano i reperti archeologici siriani e iracheni che l’Isis trafuga. È un giro di miliardi: mettervi fine equivale a mettere fine all’Isis, senza bisogno di guerre.
La guerra civile sta mettendo a dura prova i rapporti fra le persone in Siria. La convivenza fra gente di fede religiosa diversa è ancora possibile? La guerra ha messo in crisi la convivenza fra cristiani e musulmani o l’ha purificata?
In certi momenti l’ha messa in crisi, in certi momenti l’ha purificata. La crisi è avvenuta con l’arrivo dei jihadisti e dell’Isis, e con tutto il male che hanno fatto ai cristiani. I quali hanno pensato: «Abbiamo vissuto in pace coi musulmani finora, e guarda adesso cosa ci fanno». È venuta meno la fiducia, e questa è una brutta cosa che rappresenta un problema per la riconciliazione futura. D’altra parte, in Siria ci sono musulmani moderati che si vergognano di quello che stanno facendo i jihadisti e l’Isis. Con questi il rapporto è positivo, e con loro possiamo costruire una nuova società, pluralista, dove tutti siano accettati e rispettati. Molti di loro sono pronti a questo. Non solo a tornare a vivere come prima, ma ancora meglio, con più diritti riconosciuti a tutte le minoranze. Questo è il positivo, questa è la purificazione che viene dal fuoco della guerra.
Cosa chiedono i cristiani d’Oriente ai loro fratelli cristiani in Occidente in questo drammatico momento storico?
Vi chiediamo di lavorare per la pace. Noi vi ringraziamo perché è grazie ai vostri aiuti che continuiamo a vivere e a sostenere materialmente molte persone bisognose, cristiani e non cristiani. Ci aiutate a presentare il bel volto della carità, che è il vero volto del cristianesimo, quello dell’accoglienza verso tutti indipendentemente dalla religione di appartenenza. Però vi domandiamo anche di essere operatori di pace. Perché se abbiamo la pace, la Siria è un paese abbastanza ricco da potersi riprendere con le sue stesse forze. Fate di tutto affinché noi cristiani possiamo restare in Medio Oriente, perché la nostra presenza là non è preziosa solo per noi stessi, ma per tutti. Noi cristiani siamo lì come fattori di riconciliazione, di pace; siamo l’unico gruppo religioso che ha buone relazioni con tutti gli altri gruppi. Inoltre siamo fattori di cultura, di modernizzazione. Senza il cristianesimo nel Medio Oriente i vari paesi diventerebbero come l’Afghanistan dei talebani. E sarebbero Afghanistan talebani alle porte dell’Europa.
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