di
Salima Karroum e Maria Antonietta Carta
Abbiamo
assistito, da vicino nei primi mesi della guerra e poi soprattutto da
lontano, allo svolgersi delle vicissitudini che ormai da oltre undici
anni affliggono il popolo siriano. Un popolo fiero, coraggioso,
paziente che, pur subendo una guerra iniqua e feroce, era riuscito a
conservare la speranza. Ma durante queste ore tremende in cui oltre
alla malvagità degli umani si trova ad affrontare le forze
inesorabili della natura è smarrito, è disperato, è attonito.
6
febbraio. Abbiamo ascoltato voci e letto racconti che lasciano senza
respiro.
Le
parole più frequenti, ripetute con urgenza sono:
‘’kanat
leila mur’ibah, è stata una notte terrificante’’. Con molte
persone care non siamo ancora riuscite a parlare. Da altre riceviamo
brevi messaggi in cui ci comunicano di aver dovuto abbandonare le
loro abitazioni e quindi non hanno internet per rispondere alle
telefonate. Altre ancora ci dicono del suolo che continua a tremare,
anche mentre siamo al telefono, e delle decine di migliaia di
abitanti allo scoperto nei parchi, nelle piazze e nelle strade.
Arrivano
sui social le prime testimonianze.
Ad
Aleppo poche ore prima del terremoto era caduto un po’ di
nevischio, e verso la fine di una notte glaciale Pierre Le Corf
scrive: ‘’Aleppo
di notte. Tutti fuori, tutte le famiglie per strada sotto la pioggia
con detriti che cadono e palazzi che crollano. È spaventoso... Già
segnalati oltre 250 morti, 25 edifici crollati e più di 700 feriti
finora. Dopo 11 anni di guerra e sanzioni internazionali contro la
popolazione ormai stremata.’’ https://www.facebook.com/pierrelecorf
Già!
Le stramaledette sanzioni illegali
di Usa e Ue. L’infame
assedio di
governi criminali. La piaga che, insieme alle bombe, ai terroristi
prezzolati e alla razzia delle materie prime essenziali quali gas,
petrolio e grano, condanna al freddo, all’inedia, all’impossibilità
di curarsi per l’assenza di farmaci grazie al bombardamento delle
industrie farmaceutiche nei primi anni del conflitto, e alla morte.
Perciò, la
solidarietà alla Siria deve iniziare con la cancellazione del
"Caesar Act" e la levata dell’assedio.
-
Salvato il vescovo di Aleppo Mr Jeanbart. Resta sotto le macerie
dell'arcivescovado padre Imad Daher che purtroppo morirà ore dopo.
-
Nel pomeriggio, il
bilancio delle vittime del terremoto
è di oltre 780
e di 2280 feriti. Alcune ore dopo, si contano oltre 800 vittime.
-
Sempre a causa dell’embargo, gli ospedali sono ridotti al collasso
e la protezione civile impegnata a sottrarre le persone intrappolate
sotto le macerie opera senza equipaggiamenti.
Nella
notte, Georges Sabe dei Fratelli Maristi di Aleppo scrive:
‘’Buona
serata ad Aleppo, la nostra città. Tu sei devastata e la tua gente è
affranta. Le
sirene delle ambulanze continuano ad avvertire che c’è un'altra
emergenza. Sono trascorse 20 ore e sembra sia trascorsa un'eternità
di tristezza, paura e dolore. Il cielo piange. La terra è triste per
quanto ha freddo. Gli edifici hanno ballato con la morte e la morte
li ha abbattuti. La mia gente e i miei cari, i vostri occhi mentre
entravate nel monastero mi hanno detto tanto. La vostra paura, il
vostro panico, la ricerca di un posto sicuro vi hanno condotto qui. E
le parole mi hanno abbandonato. Non oso ringraziare Dio per la mia
salvezza. Apro il mio cuore prima di aprire le porte del monastero
... ‘’ https://www.facebook.com/profile.php?id=589880634
Il
grande poeta e pittore siriano Nazìh Abu Afash, di Marmarita (Homs),
a poche ore dal terremoto scrive:
"Il
Siriano è niente e nessuno
Quando
il Siriano è sopraffatto dalla tristezza, nessuno si addolora per la
sua tristezza.
Quando
il Siriano piange, non traspare neppure l’ombra di una lacrima
nell'occhio di qualcuno. Quando il Siriano sanguina, neppure un
sospiro di dolore esce dalla gola di qualcuno.
E
quando il Siriano muore a nessuno interessa il suo cadavere. Nessuno
fa caso al suo cadavere.
Lo
lasciano disteso nel nulla cosmico per non riconoscerlo in quanto
‘’umano" e per non essere testimoni della morte di una
persona. Una persona che hanno ucciso o della cui uccisione sono
complici...’’ https://www.facebook.com/profile.php?id=100002090927261
Parole
che estrinsecano perfettamente un sentimento di profondo abbandono
perché più che mai in questi giorni i Siriani si sentono
dolorosamente soli.
Ahmad
Safi, un giovanissimo medico specializzando presso l’Ospedale
Universitario Tishrin di Latakia, scrive:
‘’Tu
hai sentito parlare della sconfitta degli uomini... Io l'ho vissuta
in queste ore. Stanno arrivando decine di corpi. Cadaveri per cui non
possiamo fare nulla ormai. Membri di famiglie morti insieme. Il
pianto e lo sconforto di chi li accompagna. Il pallore dei medici
che, traumatizzati, impietriti, impotenti, contano i morti. Cerco
rifugio in te, Signore, dalla sconfitta degli uomini. Che i morti
riposino in pace...”
https://www.facebook.com/profile.php?id=100002090927261
Oggi,
7 febbraio. Ci dicono che a Latakia e Jable sono numerosi i casi in
cui membri della stessa famiglia sono morti sotto le macerie. Ai muri
delle città, i necrologi con volti di genitori e dei loro bambini o
giovani fratelli abbracciati e ancora numerosi medici, studenti,
bimbi e persone di ogni età. Edifici crollati e un gran numero
inagibili perché a rischio di crollo.
-
Nonostante l’immensa pena, la generosità dei Siriani non viene
meno. Abbiamo notizia di soccorritori che da Talkalakh e altre
località, muniti di poveri mezzi quali le pale, si dirigono ad
Aleppo per aiutare a salvare vite intrappolate sotto le macerie.
-
‘’Alle 8 del mattino e alle ore 13, la terra e gli edifici hanno
tremato ancora’’ ci sta raccontando al telefono in questo momento
Aida (ore 14,30), una parente di Latakia che siamo riuscite a
raggiungere solo ora.
‘’I
vetri cadono in frantumi. I muri si crepano. I negozi sono tutti
chiusi. Latakia muore. Gli abitanti abbandonano le case, si
riuniscono nelle chiese e nelle moschee, in altri luoghi pubblici,
nei parchi o fuggono in campagna.’’
-
Ad Aleppo, la situazione è ancora peggiore. E tutto il nord della
Siria è in agonia.
Chi
può, faccia qualcosa per alleviare le sofferenze inaudite di questi
nostri fratelli. Non lasciamoli soli.