«L’archeologa Joanne
Farchakh ha
rivelato al quotidiano The
Indipendent che
gli islamisti vendono le statue e altre opere d’arte di importanza
storica ai distributori internazionali. In questo modo guadagnano
quantità enormi di denaro per queste opere uniche e poi fanno
saltare in aria i templi e gli edifici antichi per dissimulare
l’evidenza del saccheggio. “Le antichità di Palmira sono
già in vendita a Londra. Ci sono opere siriane e irachene
saccheggiate dallo Stato
islamico che
già si trovano in Europa. Non sono più in Turchia, dove sono stati
spediti in un primo momento”».
Da
tempo le cronache registrano le devastazioni dell’Is ai
danni del patrimonio
artistico nei
luoghi da questi controllati. In genere tali atti (che
comunque restano meno gravi dei delitti da essi compiuti contro
uomini, donne e bambini) vengono ascritti, da commentatori e
analisti, all’ideologia religiosa della quale tali allegri
macellai sono impregnati.
Una
spiegazione banale e fumosa, che deriva dal cliché che
vede in questa banda di tagliagole dei trinariciuti invasati
religiosi. Non è così, se non per tanti spostati che ne
ingrossano le fila. A chi controlla e guida questi macellai, e
per i mercenari ben pagati che ne costituiscono l’ossatura,
della religione islamica non interessa granché. È solo uno
strumento utile per creare una cortina fumogena attorno a
un’organizzazione ben più complessa e articolata, che si muove –
o è mossa – in base a solidi interessi geopolitici ed
economici. Esemplare, appunto, il caso della vendita di beni
archeologici denunciata dalla Farchakh.
Certo
la devastazione di tali tesori ha anche uno scopo di
oscuro marketing: serve allo Stato islamico per incrementare la
leggenda nera della quale ha bisogno per accreditarsi al mondo come
il male assoluto, immagine che gli è essenziale in questo
teatrino al rilancio nel quale si muove come il più
acerrimo antagonista della civiltà (non solo occidentale).
Ma anche a un marketing di più bassa lega, per far entrare
nelle casse dell’Agenzie del terrore, e nelle tasche dei suoi
leader, soldi. Tanti soldi (per reperti che magari tra due
o tre decenni, dopo diversi passaggi, vedremo esposti al Louvre, al
British o altrove).
La
denuncia dell’archeologa intervistata dall’Indipendent si
somma ad altre, precedenti, provenienti dai luoghi del
saccheggio., delle quali abbiamo dato conto anche nel nostro piccolo
sito, È
un dato ormai acclarato, eppure…
Allorquando
il web e i media sono stati inondati dalle immagini delle
devastazioni made in Isis voci autorevoli hanno gridato tutto il loro
orrore per l’ennesima deriva della barbarie islamista. Così
com’è successo per il caso dell’uccisione dell’archeologo di
Palmira, Khaled
Asaad,
che era riuscito a salvare tale sito archeologico dalle
devastazioni della guerra e nascosto parte dei suoi tesori
(probabilmente questo il motivo per il quale è stato torturato –
perché rivelasse i nascondigli più riposti di quei tesori – e
probabilmente ucciso perché in grado di smascherare le dinamiche del
saccheggio).
Grida
di scandalo e di orrore spesso sincere, ovviamente, ma a volte un po’
meno. Infatti, a quello scandalo non è seguito alcun atto di serio
contrasto da parte delle autorità costituite.
ISIL e traffico di Antichità : FBI avverte galleristi, collezionisti https://www.fbi.gov/news/stories/2015/august/isil-and-antiquities-trafficking
Non
ci vorrebbe molto a dare mandato alle forza di sicurezza e di
intelligence perché indaghino sui traffici di reperti
archeologici, ad oggi sparsi tra Londra e il resto d’Europa, come
rivelato dalla Farchakh. Com’è accennato nelle sue parole,
dietro tale traffico c’è una rete estesa e
ben consolidata, ci sono intermediatori, partecipa di connivenze
probabilmente ad alto livello. Eppure…
Ad
oggi, che il traffico di opere d’arte made in Isis (che, va
ricordato, gronda sangue) dura tempo, non un solo reperto è stato
sequestrato: una statuetta, almeno un coccio. Non una sola
persona arrestata per aver partecipato alla vendita o all’acquisto
di questi tesori d’arte. Nulla di nulla.
O
polizia e intelligence europei sono del tutto incapaci o non è stato
dato loro alcun mandato in proposito. Non sappiamo quale delle due
opzioni preferire.
Il Patriarca caldeo Louis Raphael I sui rifugiati in fuga verso l’Europa: «In questo momento è irresponsabile ogni dichiarazione che adesso possa avere l’effetto di incitare la nostra gente a emigrare»
Vaticaninsider, 14-09-2015 GIANNI VALENTE
«Adesso la nostra gente ci critica. Vogliono che noi troviamo per loro gli aerei, i visti per partire e anche le case di accoglienza nei Paesi europei. Questo è impossibile. Uno Stato non può farlo. E non può farlo neanche la Chiesa». Si dice preoccupato Louis Raphael I, Patriarca caldeo di Baghdad. Non lo convincono nemmeno certe ricadute della nuova politica europea verso i profughi in fuga dalla Siria e da altri scenari di guerra. Una mobilitazione in cui pure sono state coinvolte anche tante Chiese sorelle del Vecchio Continente. Perplessità a preoccupazioni che sente di condividere con tanti altri pastori delle Chiese d’Oriente.
Come vede le ultime mosse della comunità internazionale riguardo al Medio Oriente? Si muove finalmente qualcosa?
«Venerdì scorso mi sono incontrato alla cattedrale caldea con tutti i capi delle Chiese presenti a Baghdad, insieme a tante suore e sacerdoti. Ci chiediamo come mai accade ora tutto questo, dopo 4 anni di guerra in Siria e dopo 12 di conflitti e stragi in Iraq. Dopo che la situazione si è lasciata incancrenire per così tanto tempo. C’è qualcosa di enigmatico in questa dinamica. Sono preoccupato».
Si riferisce alla questione dei rifugiati? La preoccupa chi apre le porte o chi le chiude?
«La questione non si può affrontare in materia sentimentale e superficiale. Serve un discernimento. Le soluzioni durevoli sono solo quelle che si possono realizzare sul posto. Soluzioni che richiedono tempo, e la pazienza di avviare e accompagnare i processi. Ma questo non sembra interessare ai capi delle nazioni e agli organismi internazionali. Preferiscono operare sull’onda delle emozioni suscitate nell’opinione pubblica».
C’è chi suggerisce di accogliere prima i profughi cristiani e quelli delle minoranze religiose perseguitate. È una buona idea?
«Questo non si può fare. Diventerebbe un problema anche per noi. Alimenterà tutti quelli che dicono che vogliono dare una giustificazione religiosa alle guerre. Quelli che da una parte e dall’altra dicono che qui i cristiani non possono stare. I Paesi europei devono accogliere chi ha veramente bisogno, senza guardare la religione. E devono evitare di agire alla cieca. E di favorire chi gioca sempre con la pelle dei cristiani».
A cosa allude?
«Esistono agenzie e gruppi che aiutano i cristiani a andar via. Hanno proprio come missione quella di aiutare l’esodo dei cristiani. Lo finanziano. Lavorano per spingere i cristiani a lasciare i propri Paesi, e lo dicono apertamente, presentandola come un’opera a favore dei perseguitati. Non so quale strategia perseguano.
Forse, quando questi Paesi saranno vuoti dell’intralcio dei cristiani, sarà più facile scatenare nuove guerre, vendere e sperimentare nuove armi. Bisogna studiare questi fenomeni, altro che chiacchiere».
Ma è possibile fermare padri e madri di famiglia che vogliono dare una speranza di futuro dei loro figli?
«Noi non fermiamo nessuno. Sarebbe ingiusto, oltre che impossibile. Ma non possiamo neanche spingerli a fuggire. Adesso la nostra gente ci critica. Vogliono che portiamo gli aerei, i visti e che gli troviamo le case di accoglienza negli altri Paesi. Questo è impossibile. Uno stato non può farlo. E non può farlo neanche la Chiesa. Una comunità cristiana che è nata in queste terre non può mettersi a organizzare i viaggi dell’esodo che segnerà la sua estinzione. La scelta di partire possiamo rispettarla come scelta personale, ma non possiamo istigarla noi».
Cosma e Damiano, i due santi medici "anargiri" ricordati oggi 26 settembre nel santorale, furono sepolti in una splendida basilica in Cyrro (NE di Aleppo)
Quindi c’è chi chiede alle chiese stesse di organizzare la fuga di massa...
«Vuol dire che adesso c’è davvero il pericolo che nessun cristiano rimarrà in Medio Oriente, in Iraq, in Siria. In questo momento è irresponsabile ogni dichiarazione che adesso possa avere l’effetto di incitare la nostra gente alla fuga. Non si può parlare senza tener conto di tutti i fattori, delle possibili conseguenze e di come le nostre parole possono essere interpretate».
Secondo alcuni, l’apertura improvvisa agli immigrati risponde anche a calcoli economici. Davvero c’è in ballo anche questo?
«Sento dire che vogliono giovani, che non vogliono i vecchi e i malati. E su questa linea convergono governi di destra e di sinistra. C’è qualcosa di strano. Io posso confermare che non vanno via solo gli sfollati. I preti mi raccontano che sta andando via anche chi economicamente non sta messo male, magari ha il lavoro in banca. Gente che non avrebbe bisogno. Sentono che adesso si è aperta un’occasione, temono che presto questa finestra si chiuderà, e ne approfittano. Mentre quelli davvero più poveri non ci pensano a andar via. È una perdita per tutti. Vanno via le forze migliori, le uniche che potevano tentare di ricostruire ciò che è stato distrutto in questi anni. E questo riguarda noi cristiani in maniera particolare. I cristiani con la convivenza, con la loro apertura e la loro umanità, potevano avere un ruolo decisivo nella terra dove sono nati e sono sempre vissuti i loro padri. Potevano anche col tempo aiutare i loro concittadini musulmani a liberarsi dell’ideologia jihadista che fa tanto soffrire anche loro. Noi abbiamo aperto chiese, ma anche scuole, ambulatori e ospedali. C’è una rete di realtà che per tanto tempo ha contribuito realmente a migliorare la convivenza e le vita sociale della collettività, offrendo un servizio a tutti. Adesso anche tutto questo è destinato a spegnersi».
Lei, nell’ultimo anno, ha lottato nella sua Chiesa contro il fenomeno dei preti e dei religiosi che emigravano in Occidente senza il consenso del proprio vescovo…
«I preti e i religiosi che scappano dal Medio oriente sono “emigranti di lusso”. Approfittano del loro status, delle conoscenze e degli appoggi ecclesiastici per scappare, presentandosi come perseguitati e sfruttando questa etichetta per guadagnare anche soldi. A volte, c'è chi con la parola-chiave della persecuzione riesce a mettere in piedi un “business” redditizio e sacrilego. Molti di loro sono scappati da zone sicure, dove non c’era nessuna persecuzione, e poi hanno aiutato anche tutta la loro famiglia a trovare una bella sistemazione comoda magari in Nord America. Senza l’autorizzazione del proprio vescovo, e tradendo lo spirito del buon pastore».
Ma servono pastori anche nelle comunità dei cristiani mediorientali emigrati in Occidente…
«I vescovi che seguono le comunità della diaspora non possono venire a “rubare” i preti in Medio Oriente. Che li cerchino nelle loro comunità, che loro dicono essere così fiorenti. Se abbiamo abbracciato il sacerdozio in queste terre, la nostra vita è già data al Signore, e non dobbiamo pensare a cercare il lusso per il nostro clan familiare. Questi “emigranti di lusso” hanno dato il cattivo esempio al popolo. Il nostro sacerdozio va speso qui dove la gente soffre. Per stare accanto a loro, mostrare che anche qui, in questa situazione, è possibile vivere la gioia del Vangelo».
Di recente, avete denunciato la sottrazione illecita di case e terreni appartenenti ai cristiani andati via. E questo non solo nelle terre finite sotto il Califfato…
«Le aree sotto il Daesh non vengono liberate. Forse questo fa comodo a qualcuno. Intanto, adesso, anche a Baghdad e a Kirkuk le case e le terre dei cristiani vengono illecitamente espropriate. C’è il rischio di veder alterati per sempre gli equilibri demografici in quelle zone. Ci vuole un’azione internazionale per imporre che siano rispettati anche i diritti e le proprietà di chi è stato costretto con la forza a andar via e magari pensa di tornare. L’Onu si dovrebbe occupare di queste cose».
Esiste una via per uscire dal supplizio del Medio Oriente?
«L’ho detto all’incontro della Comunità di Sant’Egidio a Tirana, e poi anche a Parigi, alla conferenza organizzata dall’Œuvre d’Orient: Non c’è nessun “bottone magico” che si può schiacciare per risolvere tutto in un momento. Ci vorrà chissà quanto tempo per provare a risanare una situazione così devastata.
Per sconfiggere l’ideologia jihadista occorre coinvolgere le autorità musulmane e i governi arabi. Invece i circoli del potere occidentale hanno sostenuto proprio le forze e gli Stati dove i jihadisti hanno sempre trovato più appoggi. Adesso, riguardo ai rifugiati, si fa leva sul senso di umanità che fortunatamente ancora esiste in tante persone. Ma intanto vengono oscurate le connivenze e le protezioni di cui hanno goduto i jihadisti, i flussi di soldi e di armi. Hanno iniziato dal 2003 le guerre contro il terrorismo e per la democrazia, e il risultato è che è nato questo mostro del Daesh. Vorrà pur dire qualcosa».
Siria, il “pizzo” all'Is è «contratto di protezione»
di Camille Eid
Avvenire, 4 settembre 2015
Volete restare qui? Queste sono le condizioni. Nella valanga di voci contraddittorie sulla prossima liberazione dei 270 cristiani di Qaryatain, rapiti dai jihadisti circa un mese fa, spunta un «contratto di protezione» (aqd dhimma, in arabo) concesso dal “Comandante dei credenti” Abu Bakr al-Baghdadi ai cristiani di Qaryatain, nella provincia di Damasco. Dopo una introduzione farcita di citazioni coraniche sul trattamento riservato nell’islam ai non musulmani, il documento elenca 13 condizioni alle quali i cristiani devono sottoporsi per godere della cosiddetta “protezione”. In puro stile mafioso, se non peggio.
Fahid Yacoub Khazael, aveva 55 anni, era uno dei 250 prigionieri di Daech nella città di Qaryatayn. Ucciso da Daech il 17/09/2015 perché ha rifiutato di firmare il contratto che lo obbligava a pagare l'imposta per rimanere cristiano. (Chrétiens de Syrie pour la Paix)
Violare una sola condizione – specifica il documento che porta il timbro del “Dicastero della Giustizia” con data 30 agosto – rende il documento nullo e i contraenti «nemici da combattere». Vediamo quali sono: non costruire nuove chiese o monasteri; non mostrare croci né usare i microfoni durante le preghiere; non usare campane; non agire contro lo Stato islamico, ospitando ad esempio spie o ricercati, con il dovere di informare l’Is di eventuali mosse del nemico; rispettare l’islam e i musulmani; pagare la jizya (tassa prevista per i non musulmani in terra d’islam), fissata in 4 dinari d’oro per i benestanti, 2 per i meno abbienti e uno per i poveri, con facoltà di pagamento in due rate; divieto di detenere armi; divieto di vendere maiali e vino ai musulmani; attenersi alle regole imposte dal-l’Is, dal codice di abbigliamento alle norme del commercio.
Molte delle condizioni citate ricalcano alla lettera i «contratti di dhimma» stipulati dai primi califfi con la popolazione assoggettata in Medio Oriente. Si pone di nuovo il quesito del pagamento effettuato quattro giorni fa da uomini del clero siriaco ai jihadisti. Si è trattato di un versamento della jizya oppure di un riscatto per la liberazione del priore del monastero Mar Elian, padre Jacques Murad, e degli altri ostaggi? Forse entrambe le cose.
Su questo ultimo fronte, i recenti segnali positivi non trovano ancora conferme. Si è parlato, ad esempio, sui social-network dell’arrivo a Damasco di 9 famiglie cristiane di Qaryatain , 34 persone in totale, ma nessuna conferma in merito è giunta da altri ambienti. Nemmeno suor
Victoria, sorella di padre Jacques, possiede nuovi elementi. Interpellata dalla rete televisiva libanese Noursat, la religiosa si è limitata ad augurare il pronto rilascio di suo fratello, «un uomo di pace», e degli altri rapiti. Si parla addirittura di una smentita fatta dal portavoce della Croce rossa circa un ruolo dell’organizzazione nel trasferimento delle famiglie che dovrebbero essere rilasciate verso altre località.
C’è chi rimane comunque fiducioso, come il procuratore del patriarca siro-cattolico per la diocesi di Homs, monsignor Philippe Barakat. Il prelato dice di confidare nelle voci in circolazione e rivela che padre Jacques, presentendo il pericolo, lo ha pregato di invitare i cristiani di Qaryatain a lasciare il Paese in caso di suo assassinio. Ma i cristiani di Qaryatain, quelli riusciti a fuggire in tempo, non mollano. Mercoledì prossimo, come ogni 9 settembre, la festività del loro patrono, Mar Elian, sarà celebrata ugualmente. Non più nell’antico monastero che porta il nome del monaco – quello è stato raso al suolo con i bulldozer lo scorso 20 agosto – bensì a Zaidal, alla periferia di Homs, dove sono concentrate molte famiglie scappate dall’Is. Un piccolo messaggio per dire che l’amore, prima o poi, trionferà sull’odio e la morte.
Foua e Kafarya, senza più risorse le due cittadine sciite assediate da mesi dagli islamisti
Avvenire, 15 settembre 2015 Le immagini della nuova tragedia del Mar Egeo lo hanno profondamente commosso. Ma il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, avverte: «Se l’Occidente non cambierà strategia, in Europa avrete presto milioni di profughi siriani. È una follia bombardare, così come è stato profondamente ingiusto causare 300mila morti solo per tentare di rovesciare un regime». Twal, che in questi giorni partecipa all’assemblea del Ccee, il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (è stato lui stesso a invitare i presidenti degli episcopati in Terra Santa), è in prima linea e conosce bene la situazione: «Siamo una Chiesa del Calvario – afferma – dobbiamo far fronte a persecuzioni antiche e nuove (tra queste ultime le aggressioni del fondamentalismo ebraico, ndr). Ma restiamo qui a testimoniare Cristo risorto. E ringraziamo il Papa per il suo costante sostegno a tutti i cristiani perseguitati». Che cosa si può fare per uscire dalla spirale della guerra in Siria? Nei mesi scorsi ho partecipato a un vertice a Parigi. Ho sentito dire che qualcuno proponeva di aiutare i cosiddetti ribelli moderati. In realtà non serve a niente. Non esistono ribelli moderati, così come non esistono bombe moderate. La nostra posizione è quella del Papa: bisogna fermare il commercio delle armi che alimenta la guerra. L’Occidente ha gravi colpe. Il tentativo di spodestare un regime (che tra l’altro ha sempre combattuto il fondamentalismo islamico) ha causato 300mila morti e sei-sette milioni di rifugiati. Non si è pensato minimamente alle conseguenze. Tuttora non vedo chi possa sostituire Assad. E non abbiamo imparato nulla dalle lezioni dell’Iraq e della Libia. È stato distrutto un Paese e si è dato mano libera all’Is. Lei è contrario all’ipotesi dei bombardamenti avanzata da Francia e Gran Bretagna? E a che cosa servirebbe? Solo a fare altri milioni di profughi. E’ una politica cieca. Se gli Usa volessero, in pochi giorni potrebbero farla finita con l’Is. Pensate che nel deserto ogni giorno passano convogli con i rifornimenti. E sono ben visibili dai satelliti. Perché vengono lasciati indisturbati? Ha una soluzione? Ripeto: bisogna finirla con la vendita delle armi. Se davvero si vuole arrestare l’Is c’è bisogno di una forza militare sul terreno. E l’unico che in questo momento ce l’ha è Assad. Dunque occorre cambiare strategia, cercare una soluzione politica con il regime e usare il suo esercito per fermare questi gruppi terroristici. La sua Chiesa è in prima linea anche per l’assistenza ai rifugiati in Giordania. Com’è la situazione? Ci prendiamo cura di 8mila rifugiati cristiani. Abbiamo messo a loro disposizione da un anno scuole e chiese, ma oggi la stanchezza si fa sentire, sia in chi accoglie, sia da parte dei rifugiati stessi che sentono di non avere un futuro. Ringrazio la Cei per il suo aiuto. L’ultima visita del segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, è stata molto importante. Con l’aiuto della Chiesa italiana finanzieremo gli studi di 1.400 ragazzi e ragazze. Ma intanto i cristiani di Terra Santa sono loro stessi nella morsa delle persecuzioni. Devo ringraziare i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa per essere venuti da noi, in un momento in cui lo stesso mondo arabo ci ha abbandonato e non parla più della causa palestinese. Adesso tutta l’attenzione del mondo è concentrata sulla Siria, sull’Iraq, sull’Is e nessuno si ricorda che qui l’occupazione militare continua, i muri ci sono ancora e per di più dobbiamo fare i conti con il risveglio del fanatismo religioso ebraico che fa paura agli stessi cittadini di Israele. Abbiamo il problema delle scuole cristiane che non ricevono quanto gli è dovuto dallo Stato, il problema del muro di Cremisan che prende i terreni ai nostri cristiani di Beit Jalla e Betlemme e negli ultimi tre anni abbiamo subito 80 atti di vandalismo da parte di ebrei. A queste aggressioni si deve porre fine. Speriamo che le autorità israeliane lo facciano al più presto. Si arriverà mai alla meta di due popoli e due stati? Noi lo auspichiamo da sempre. Ma sul terreno Israele ha disseminato tanti insediamenti che non c’è più una continuità territoriale per i palestinesi. Tuttavia, se c’è buona volontà tutto si può fare. Come ci sono un milione e mezzo di palestinesi in Israele, così una volta fatto lo Stato, se qualcuno vuole restare che resti, se vuole ritornare in Israele, pure. Ma con l’attuale governo di destra tutto è più difficile. http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/patriarca-gerusalemme-folle-bombardare-la-siria.aspx
Il Patriarca siro-ortodosso di Antiochia e tutto l’Oriente, Ignatius Aphrem II, ai microfoni del Tg2000: "C’è un Islam fanatico di gruppi in lotta col governo siriano, e ci sono paesi che ancora supportano questi gruppi. Lo voglio dire, non è un segreto che la Turchia aiuta il Daesh (Isis), permettendo loro di entrare e uscire dalla Siria, anche recentemente”
Per
tre giorni siamo stati sotto la polvere. Giovedì si è schiarito un
po'. Non c'era sole, ma solo un bel banco di nebbia con polvere che
penetrava dappertutto, anche nelle nostre camere. E se il sole nel
pomeriggio si faceva vedere per un attimo, sembrava piuttosto la
luna, cioè una macchia rotonda bianca senza irradiazione. Nessuno
qui lo ha mai sperimentato, nonostante il fatto che abbiamo già
avuto molte tempeste. Era come una versione indebolita del flagello
delle locuste prima dell'esodo del popolo ebraico dall'Egitto. Si
poteva scrivere un messaggio con il dito nella sabbia infiltrata che si trovava dappertutto. Qui si dice che la maggior parte della sabbia
arriva dall'Arabia Saudita, da dove proviene anche la maggior parte
dei terroristi. L’unica consolazione: in Arabia Saudita sembrano
esserci ora il maggior numero di conversioni alla fede cristiana.
I
media occidentali vedevano nella tempesta di sabbia ancora qualcosa
di positivo, nel senso di: "la
tempesta della sabbia ha il vantaggio che l'esercito non può
bombardare".
E' vero che l'esercito non può bombardare i terroristi e cosi questi
ultimi possono continuare liberamente le loro abominevoli azioni e
occupare nuove aree...
Aspettando
con impazienza le macchine per la produzione delle candele
Nel
mese di giugno di quest'anno abbiamo fatto esperienza in Libano con
due macchine per fare le candele e abbiamo imparato il mestiere. A
causa delle molte interruzioni di corrente in Siria, le candele sono
molto richieste. Ci sono gia alcune organizzazioni che sono pronte a
comprare tutta la nostra futura produzione di candele. Volevamo già
iniziare la produzione in Libano e poi venire in Siria con
le macchine, ma ogni volta c’erano difficoltà impreviste. Solo
adesso tutto è finalmente in ordine per la trasporto delle macchine
in Siria. L’idea è di cominciare subito la produzione delle candele
per poter reclutare anche qualche operaio, affinchè essi possono
mantenere le loro famiglie invece di fuggire dal paese.
La distribuzione di cibo, indumenti e altri beni continua, ma ci
impegniamo sempre di più per creare posti di lavoro. Tutto si svolge
lentamente, ma in modo regolare. C'è ancora tanto bisogno. Comunque vogliamo ringraziare tutti i benefattori, che ci hanno permesso di
acquistare queste due macchine. Speriamo di essere in grado di
informarvi di più la prossima settimana.
Le
vittime degli “amici della Siria”
Vogliamo
esprimere il nostro ringraziamento e stima per tutte le persone,
individui o gruppi, che vogliono offrire un aiuto sincero e generoso
per trovare soluzioni creative e umanitarie per i rifugiati. Tuttavia,
finché non ci sia la volontà di affrontare la realtà, la
situazione solo peggiorerà. Infatti, si tratta di un crimine organizzato. I rifugiati sono le vittime dei crimini intenzionali dei
paesi chi si sono schierati contro la Siria dall’inizio. E questi
crimini continuano non-stop. Il 5 settembre, a Parigi c’è stata una manifestazione nominalmente in solidarietà con i rifugiati. In
realtà, tutto è stato organizzato dalla cosiddetta "opposizione",
che non vuole altro che distruggere la Siria ulteriormente e
consegnarla alle potenze occidentali. Quindi, arriveranno ancora
tanti altri rifugiati di più.
Ci
sono sempre stati rifugiati e ci saranno sempre. Inoltre, è un
diritto umano di scegliere in libertà dove vivere e dove lavorare.
Eppure quello che vediamo ora accadere in Europa è disumano.
Decine di migliaia di uomini hanno un solo desiderio: fuggire dalla
morte. Inoltre, tanti muoiono o di esaurimento, o di soffocamento,
annegamento o sono assassinati. I nostri media mostrano in dettaglio
questa tragedia. Tuttavia noi vogliamo continuare a denunciare la
causa: si tratta di una intenzionale criminalità organizzata. Il
presidente francese, François Hollande ha ancora ripetuto in una sola
frase tutte le bugie sulla Siria: il Presidente della
Siria è colpevole di tutto, lui massacra il suo popolo ! Ma
Hollande non parla invece dei terroristi e di Daesh sostenuto
(allenato, pagato e armato) dall’occidente in Siria !
La
situazione dei “rifugiati" rinforza Hollande nel suo
discorso. Se i paesi "amichevoli" riescono ad inserire i
loro terroristi tra i rifugiati in modo inosservato, essi possono
arbitrariamente usare questi terroristi contro i paesi a loro scelta.
Se si vuole arrestare il flusso di profughi, dobbiamo fermare gli attacchi criminali e denunciare i bugiardi. Il 24 febbraio
2012, il club di auto-proclamati "amici della Siria" ( Stati Uniti, UE, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Francia...) ha
cominciato con la distruzione sistematica della Siria. Si sono
riuniti in Tunisia, Turchia, Doha, Londra, Parigi.... Cina e Russia
hanno ringraziato per l'invito e saggiamente non hanno partecipato.
Il momento è venuto che organizzino loro un club degli "amici
delle vittime" di questo gruppo malefico.
Il
piccolo Ayan Kurdi
Quando
tutti i mezzi di comunicazione occidentali mostrano e commentano per
due giorni consecutivi sempre la stessa immagine emozionale, si può
già sospettare che questa immagine non solo avrà buoni effetti ma
anche può essere abusata. Questo Ayan Kurdi, un bimbo siriano di 3
anni annegato, viene trovato il 2 settembre con la faccia
nella sabbia sulla spiaggia di Ali Hoca, Bodrum, Turchia. Un'immagine
straziante ed emozionale. Prima, vogliamo esprimere le nostre sincere
condoglianze per la sofferenza indescrivibile dei genitori e della
famiglia, - se è tutto vero quello che i media vogliono farci
mostrare -.
Diffondere
in tutto il mondo questa particolare immagine del bambino annegato
sembra essere una mezza verità. Infatti, la seconda parte
delle immagini mostra paramilitari turchi e un
fotografo, e a poco distanza alcune persone che stanno
sguazzando nell’ acqua del mare. E’ chiaro che l’immagine è
stata manipolata, anche perchè il bambino si trova in posizione
perpendicolare alle onde. Il corpicino del bambino non può mai
essere stato portato a riva in tal modo: un corpo trasportato dalle
onde segue automaticamente la stessa direzione delle onde. Dunque è
chiaro che hanno messo il bambino in tal posizione solo per le foto. Tutte le guerre moderne sono state
giustificate da mostruose bugie emotive. Colin Powell lascia una
bombola di gas esplodere e lo trasforma in un video per mostrare che
l'Iraq utilizza armi chimiche. Il Presidente Bush parla di una
minaccia mondiale causata da Iraq per la presenza di armi di
distruzione di massa. La nostra NATO dimostra un colonnello Ghadhaffi
che sta per ammazzare il suo popolo. E per il presidente siriano
hanno prodotto un video dove si vede Assad bagnato dal sangue del
suo stesso popolo. I media sono capaci di trasformare queste bugie in
una perfetta veste giornalistica. Nel frattempo, tutti potevano
sapere che sia Irak, Libia e Siria erano paesi ricchi con una società
armoniosa... finché gli imperialisti occidentali vi hanno creato un
inferno di fatto, con l'aiuto delle bugie qui sopra elencate.
Una
girandola
I
nostri più autorevoli giornalisti seguono in modo esemplare la linea
politicamente corretta. Mark
Vance ha adattato il suo articolo all’attuale opinione pubblica:
cioè: la nostra società occidentale è così buona e attraente che
tutti vogliono esserci. Infatti, é vero che la nostra società
occidentale con tutti i suoi pseudo-valori attuali sia in piena
fioritura. Fantastico eh! La prova: basta guardare le decine di
migliaia di profughi provenienti dal Medio Oriente che
improvvisamente hanno scoperto il nostro paradiso. Non ti preoccupare
degli stranieri (il termine "riflesso xenofobo" fa
giornalisticamente più impressione). La presenza dei profughi prova
tutto! Questo è il testo ideale per un primo ministro che si sta
preparando per le prossime elezioni... come una girandola sul
campanile della Chiesa.
Un
modello di un piano razionale e diplomatico è stato offerto da uno
dei nostri politici più autorevoli, Mark Eyskens, professore
emerito, ex-primo ministro e ministro di stato. Cioè Mark Eyskens
presenta dieci proposte per il problema dei rifugiati (deredactie.be,
7 settembre 2015). Mark Eyskens inizia con quello che vive di più
nel cuore della popolazione: il crimine dei trafficanti di uomini e
la mancanza di solidarietà. Così egli attira l'attenzione della
gente. Poi egli approfitta dell’occasione di stroncare i partiti
nazionalisti e fa brillare nello stesso tempo la superiorità del
suo partito e altri, con l’argomento che il suo partito e gli altri sarebbero ispirati dal cristianesimo e dall’ umanesimo e da valori
sociali e liberali. E infine, egli presenta dieci proposte in modo
logico e perfettamente diplomatico: (1) creare accordi vincolanti,
(2) stabilire eque quote come proposto dalle più alte autorità, (3)
nessun - 4 m - alto muro per placare gli elettori xenofobi, (4)
dominare i demagoghi populisti, (5) organizzare l’immigrazione
per riempire il nostro deficit demografico, (6) sviluppare una
politica di immigrazione, (7) stimolare la solidarietà con i paesi arabi ricchi. (8) naturalmente arrestare soprattutto le guerre
civili e religiose in Siria, Libia, Iraq, Yemen, Afghanistan e paesi
dell'Africa nera. Lui suggerisce un intervento militare della NATO
o dell'ONU, ma realizza che purtroppo non c'è nessun accordo e di
più sarebbe una cosa troppo impegnativa e costosa, (9) cercare
soluzioni diplomatiche e (10) più coinvolgimento con i “failed
States".
Ecco
queste sembrano essere alcune proposte altamente sensibili. Egli
suggerisce anche giustamente che una crescita della popolazione
potrebbe completare il nostro deficit di nascita. Lui esprime in modo
molto cauto anche un desiderio verso Qatar, Arabia Saudita, Kuwait,
Bahrain, Emirati Arabi Uniti e Oman, - tutti stati ricchissimi - che
non vogliono accogliere nessun rifugiato, con un discorso “che
noi siamo benestanti e abbiamo abbastanza schiavi”. Questo
ministro conosce il mondo della diplomazia e della politica, sia sul
piano nazionale sia internazionale. Egli sa quello che è
necessario per un buon dialogo ed egli conosce molto bene la differenza
tra quello che è fattibile e non-fattibile. E perciò egli rimane
assolutamente intelligente, perfetto e diplomatico facendo slalom tra i confini "politicamente corretti". Che il tandem US-Israele e NATO con i loro alleati dei paesi citati sopra abbiano creato il caos, quello il ministro Eyskens non l'ha notato. Questo non
è neanche riconosciuto in nessun documento ufficiale. No, la colpa
del caos é apparentemente da attribuire a quegli stessi paesi con
il loro governo. Sono proprio loro che hanno provocato quelle "guerre
civili e religiose" e noi occidentali dobbiamo fermarli...
attraverso una distruzione militare ancora più dannosa ! I rapporti
ufficiali lo spiegano molto chiaramente. Infatti, proprio in questi giorni
il Presidente del partito di Eyskens richiama ad un intervento
militare in Siria! Il foto del piccolo Aylan ha funzionato. La
sovranità di un paese non conta neanche. Apparentemente non esistono
le decine di migliaia di terroristi armati e sostenuti
dall'Occidente. Probabilmente per lui si tratta solo di teorie di
cospirazione, diffuse da persone semplici senza istruzione che
possono solo ragionare basandosi sulla propria coscienza ed esperienza.
Che una nazione ha il diritto di scegliere il proprio governo e che
un presidente sostenuto e scelto dalla maggior parte del suo popolo rimane al potere finchè il popolo siriano decide altrimenti, non
sono principi che si trovano in questi cosiddetti programmi politici
corretti. Loro non considerano neanche il fatto che nessuna autorità
mondiale ha il diritto di invadere un paese solo per uccidere e
distruggere, come vogliono fare in Siria. Le sanzioni economiche imposte al popolo siriano non sono niente altro che terrorismo
economico. Il progetto occidentale pre-programmato automaticamente
per la Siria sarà portato a termine come un robot o una macchina
senza propria coscienza: pre-lavaggio, lavaggio, asciugatura, piega,
stiratura e dopo mettere a posto. Purtroppo, quando si tratta un
popolo in tal modo, significa morte, distruzione e una massa di
rifugiati.
Se
Steffan de Mistura, l'inviato speciale del Segretario generale dell'ONU
per la Siria vuole fare qualcosa di buono, è meglio che egli studi
prima la situazione in sua totalità in modo coscienzioso. Dal 2011
la Siria e il popolo siriano pagano un prezzo altissimo per
l’espansionismo e l’avidità degli US e i suoi alleati nel
Medio-Oriente. Per realizzare i loro progetti, hanno contato su un
rapido rovesciamento del governo di Damasco e per quello scopo hanno
creato, finanziato e armato gruppi di terroristi più barbari che
mai. L'obiettivo è niente meno che un genocidio dei siriani.
Finché
continuano i crimini contro popoli pacifici e sovrani, giustificati
dalla legge del più forte e avvolti nella mostruosamenzogna diplomatica, cosi continueranno ad aumentare anche i flussi dei rifugiati. Questo non chiede una soluzione meramente tecnica da
robot e macchine, ma chiede una soluzione presa da persone con una
coscienza personale.
Padre Daniel
( trad. A Wilking)
L'abbraccio commosso del Papa nel racconto del giovane sacerdote salesiano di Aleppo
Pier Jabloyan.
"Di dove sei?" , dico 'di Aleppo in Siria', e vedo il Papa alzarsi e dirigersi verso di me e mi abbraccia; non sapevo più cosa dire e avevo una sensazione strana pensando che non era me che il Papa circondava con le sue braccia, ma tutto il mio popolo di Aleppo, tutto il popolo di Siria, e lui mi ripeteva queste parole :" La nostra Siria così cara al mio cuore "!!! Allora. lontano dal microfono, gli dico che ho un regalo di Aleppo per lui: una granata che avevo trovato nel cortile dei bambini del convento salesiano sul quale un colpo di mortaio si era abbattuto; in quanto come le altre congregazioni, ci troviamo ad Aleppo, Damasco e nella zona di Homs ..." Vostra santità, siamo stanchi, ci porti nella vostra preghiera, ne abbiamo bisogno, perché torno a Aleppo fra tre giorni." Mi ha tenuto la mano e la stringeva così tanto che ho sentito una forza raccogliermi dalla testa ai piedi... Alla fine dell'evento, il Papa si chinava ad uno a uno sui presenti, e fermandosi di fronte a me ha detto stringendomi la mano e tirando fuori dalla tasca il mio regalo: " Pier, non riesco a dimenticare La Siria, fate sempre parte della mia preghiera....." E continuò il suo cammino!
Aleppo ha passato un giorno e una notte d'inferno ieri con un bombardamento continuo dei quartieri popolari dai gruppi armati di al Nusra. Bilancio: 33 morti tra cui 17 bambini, 159 feriti gravi
Aleppo
- 8 settembre 2015 -
Lettera n° 23
Se
non vi scriviamo con la solita frequenza le nostre lettere da Aleppo,
anche se voi, amici nostri, continuate a chiederci notizie, è perché
pensiamo che la ripetizione della denuncia dei crimini commessi e
delle sofferenze patite dai siriani, rischia di diventare una
banalità. Abbiamo paura che, a forza di leggere le atrocità che
vengono commesse in Siria, voi perdiate la capacità di indignarvi,
rassegnandovi ad accettare l'inaccettabile, e in questo modo noi
diventiamo un po’ responsabili della banalizzazione dell'orrore.
Tuttavia, non possiamo non raccontare e condividere con voi le
sofferenze del nostro popolo.
Aleppo manca di acqua e gli
abitanti hanno sofferto molta sete e molto caldo quest’estate. Non
era a causa della siccità o dell'abbassamento del livello dell'acqua
nell'Eufrate. La stazione di pompaggio esiste e non è stata
distrutta. I depositi d’acqua sono pieni. L'acqua che vi si trova
viene dispersa quotidianamente nella natura piuttosto che essere
pompata nelle condotte d’acqua della città. Siamo stati lasciati
alla mercé di bande armate che hanno deciso di lasciarci senza acqua
(con 40 gradi all'ombra) durante molte settimane. Le file di attesa
sono molto lunghe davanti ai rubinetti alimentati dai pozzi che
normalmente si trovano nei giardini pubblici, le chiese e le moschee,
per potere riempire bidoni, bottiglie e secchi. Per regolare questo
problema, le autorità non hanno trovato altra soluzione che decidere
di trivellare 80 pozzi che, assieme ai pozzi esistenti, avrebbero
potuto fornire la quantità minima di acqua per una popolazione di 2
milioni di abitanti. Aleppo è diventata un gruviera per l’enorme
quantità di pozzi e gli Aleppini cominciano a dimenticare che cos’è
l'acqua corrente poiché devono andare ai pozzi per cercare l'acqua.
Un anno fa, per questo crimine, molti di voi avevano protestato ed i
vostri media ne avevano parlato. Oggi, con la ripetizione continua di
questo crimine, nessuno ne parla più, non fa più notizia.
Aleppo
manca di elettricità, non ci viene più fornita. Quando siamo
fortunati l’abbiamo per un’ora al giorno. Due anni fa, quando
l’avevamo per 4 ore al giorno, avevate protestato contro i gruppi
armati alleati dei vostri governi che interrompevano intenzionalmente
la fornitura dell’elettricità. Da allora le cose sono peggiorate,
ma non se ne parla più, perché questo è diventato un tema banale
ed ordinario.
Un anno fa, quando i barbari hanno cominciato
a distruggere i siti archeologici in Iraq e in Siria, patrimonio
dell'umanità e memoria della nostra storia, ci sono state delle
proteste. Da allora “costoro” continuano a distruggere i tesori
della Siria; i due principali templi di Palmira, gioielli del deserto
siriano sono stati gli ultimi ad essere distrutti. “Questa gente”
vuole eliminare tutto ciò che ricorda la storia multimillenaria del
paese. Vuole che la Storia sia fatta solo da loro e nessuno osa dire
niente. Anche questo è diventato banale.
Sgozzano degli
esseri umani. Avete protestato un anno fa quando hanno sgozzato
alcuni occidentali. Purtroppo non erano i primi! Centinaia di siriani
erano già state vittime di questa barbarie. Molto altri hanno subito
la stessa sorte; l'ultimo, in ordine di tempo, è stato il direttore
archeologico della zona di Palmira, uno scienziato di 82 anni, ma le
proteste sono state poche. Banalizzazione! Sgozzare un essere umano
come si sgozza una pecora!
“Costoro” hanno rapito
centinaia di cristiani e di Yezidis in Iraq. Questo è accaduto
quasi un anno fa. Vi siete indignati ed i vostri dirigenti hanno
protestato facendo delle dichiarazioni altisonanti è stata una bolla
di sapone. In seguito “questa gente” ha rapito centinaia di
cristiani assiri da Hassake e altri da Quariatayn al centro della
Siria. Nessuno ha protestato. Questo è diventato normale, banale,
non colpisce più; ed allora, direte, se dovessimo indignarci anche
perché vendono le donne come schiave ecc, ecc le nostre lamentele
non finirebbero più.
La Siria si svuota del suo popolo,
soprattutto dei suoi cristiani. Sono diventati i “profughi” che
vi danno tanto fastidio. Fareste bene ad ascoltarli mentre raccontano
le loro sofferenze ed i pericoli che affrontano per passare
clandestinamente in Europa. Ma, non hanno che da rimanere a casa
loro, qualcuno dirà! Ma a casa loro c’è l'inferno, c’è il
caos, c’è la morte. Non sono dei migranti come amate chiamarli per
alleggerire la vostra coscienza, sono dei profughi; e poi, se i
rifugiati vi disturbano così tanto, la prossima volta, prima di
scatenare una guerra a casa loro, pensateci bene! Nel frattempo,
fermate quella che avete scatenato in Siria e vedrete che il flusso
dei profughi che vi disturba si prosciugherà perché le persone
preferiscono restare a casa loro e conservare la loro dignità. Non
dobbiamo dimenticare le migliaia di profughi che sono morti annegati
o asfissiati. Vi siete indignati solamente quando i vostri media vi
hanno mostrato l'immagine straziante del piccolo Aylan su una
spiaggia turca. Bisognava farlo prima, e anche adesso, dopo questo
dramma. Ma, morire in mare, questo è diventato talmente
banale!
Davanti a tante miserie, sofferenze, morti,
distruzioni e drammi, noi Maristi Blu, non potevamo restare a braccia
conserte. Noi denunciamo, attiriamo l'attenzione, rifiutiamo ciò che
non si può accettare, protestiamo, informiamo ed agiamo. Alcune
delle famiglie profughe che aiutavamo e le famiglie di alcuni
volontari sono fuggiti dalla Siria per l'Europa con mezzi illegali
passando in maniera clandestina le frontiere o solcando il
mediterraneo. Quando vengono a chiedere consiglio noi non abbiamo
lezioni da dare né rimproveri da fare. È già un eroismo avere
resistito durante quattro anni e mezzo in questa situazione. Tutt’al
più, preghiamo affinché arrivino sani e salvi senza soffrire
troppo. Di fronte alla crisi dell'acqua, abbiamo lanciato un
SOS sei settimane fa. Tre associazioni occidentali amiche hanno
risposto generosamente alla nostra chiamata. Abbiamo potuto
acquistare 3 camioncini che abbiamo attrezzato di serbatoi da 1000 a
2000 litri di acqua, di una pompa e di un piccolo generatore. Abbiamo
acquistato anche dei serbatoi di 250 litri che abbiamo sistemato
presso le famiglie rifugiate. Abbiamo iniziato così un nuovo
programma “Ho Sete”. Noi riempiamo parecchie volte al giorno i
serbatoi dei camioncini attingendo dai pozzi artesiani di una chiesa
ed andiamo a riempire i depositi delle famiglie rifugiate o dei
nostri volontari. Il progetto “goccia di latte” che
consiste nel distribuire a tutti i bambini con meno di 10 anni del
latte in polvere o del latte per lattanti ha ormai 5 mesi di vita. I
genitori sono molto riconoscenti per questa iniziativa e così i
bambini possono crescere normalmente nonostante la
guerra. Continuiamo ad aiutare le famiglie dei profughi che
non hanno nulla per sopravvivere, grazie ai “cesti alimentari”
mensili che distribuiamo assieme ai vestiti. Aiutiamo anche le
famiglie costrette a fuggire a trovare un alloggio. Partecipiamo alle
spese delle operazioni chirurgiche o dei ricoveri in ospedale per
coloro che non hanno i mezzi per farlo. Continuiamo a distribuire a
mezzogiorno dei pasti caldi. Il nostro programma dei “Feriti
di Guerra” prosegue. Cura gratuitamente e salva della morte i
feriti gravi colpiti dalle granate o dai proiettili e questo avviene
nel miglior ospedale privato di Aleppo.
La fine dell'anno
scolastico non ha segnato l'arresto delle nostre attività
pedagogiche. Quest’estate, come ogni estate, abbiamo organizzato
parecchie “campi estivi” per i bambini dei nostri differenti
progetti, in particolare per quelli di “imparare a crescere” e
“voglio imparare”. “Magic Bus 1”, “Magic Bus 2” e “I
love Summer” hanno fatto la gioia dei bambini che hanno trascorso
alcune settimane di felicità e di gioia dimenticando la guerra e gli
stenti. “Skill School” ha proseguito le sue attività con gli
adolescenti che hanno approfittato delle vacanze scolastiche per
vivere dei momenti molto belli. Il nostro “M.I.T”
funziona bene e malgrado la guerra e soprattutto il caldo torrido di
quest’estate, le domande di partecipazione sono state più del
solito.
Oggi un giornalista canadese mi ha chiesto, durante
un'intervista radiofonica, ciò che avrei desiderato dire ad un
cittadino europeo o americano. Voglio condividere con voi la risposta
che gli ho dato: “Innanzitutto non perdete la vostra capacità di
sdegno davanti al dramma della Siria e le sofferenze del popolo
siriano, denunciate gli atti barbarici, non abituatevi all'orrore,
evitate che la ripetizione delle denunce faccia dimenticare i fatti.
Dichiarate la vostra solidarietà con le persone che hanno fame e
sete che sono malati o feriti, rifugiati o profughi, sulle strade o
in mezzo al mare. Considerate i profughi come degli esseri umani che
fuggono la guerra e la morte e non dei migranti che vengono da voi
per vivere meglio. Siate generosi di cuore ed ospitali. Poi,
informate, lottate contro la disinformazione praticata da certi
media, fate pressione sui vostri governanti ed i vostri responsabili
affinché cambino la loro politica per arrivare ad una soluzione del
dramma siriano e salvare ciò che può essere ancora salvato. Poi, e
solamente poi, date generosamente per aiutare e soccorrere”.
Vi
lascio trasmettendovi i saluti ed i ringraziamenti di tutta l’equipe
dei “Maristi Blu”.
Nabil
Antaki , a nome dei Maristi Blu Aleppo, settembre 2015
Mons. Audo: "Interessi internazionali dietro la distruzione della Siria"
La drammatica testimonianza dell'arcivescovo caldeo di Aleppo, che accusa in particolare la Turchia di foraggiare i terroristi. E ai cristiani siriani dice: "Non abbandonate il Paese"
ZENIT,
“L’Europa non si può accontentare di fornire o di proclamare accoglienza ai profughi, perché la maggior parte di loro vuole rimanere nella propria terra”. Parole che Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia, ha pronunciato stamattina aprendo la conferenza “Cristiani di Siria: aiutateci a rimanere”, organizzata da Acs presso l’Associazione Stampa Estera. Parole che sintetizzano il messaggio lanciato da mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, invitato a raccontare la situazione che si vive nel suo Paese devastato dalla guerra.
Era il 2011, quando i primi vagiti di questo devastante conflitto suggerivano ai cristiani siriani una sinistra premonizione: “Speriamo di non fare la fine dei cristiani dell’Iraq (fuggiti in massa dal proprio Paese dopo la guerra del 2003, ndr)”. Oggi, a quattro anni di distanza, quei pensieri sembrano aver trovato riscontro. Aleppo, che prima della guerra contava 150mila cristiani, oggi, anche se è impossibile raccogliere stime precise, ne ha circa 50mila.
Una situazione, quella di Aleppo, resa oltremodo difficile dai disagi che si registrano da qualche tempo. “Da più di un mese o due, siamo senza acqua e senza elettricità, in una città di 2milioni e mezzo di abitanti”. spiega mons. Audo. Che aggiunge: “Soprattutto con il grande caldo di quest’estate, capita giorno e notte di vedere nelle strade giovani e bambini con bottiglie vuote in mano, intenti a cercare un po’ d’acqua”.
Ancor peggio, quando i giovani vengono avvistati per la città con i mitra in mano. Di bande armate ne imperversano tante. L’arcivescovo caldeo spiega che Aleppo è oggi divisa in due parti: una in mano all’esercito regolare e l’altra, specie la parte vecchia, “sotto il dominio dei terroristi”. Questi ultimi sono di difficile identificazione ma, secondo mons. Audo, si tratta più probabilmente di al-Nusra che non dell’Isis.
Sono “almeno cinque i punti” della città da cui partono gli attacchi verso i cristiani, aggiunge l’arcivescovo. Che non lesina accuse precise nei confronti di Paesi stranieri. Egli individua il motivo della drammaticità che vive Aleppo nella vicinanza con il confine turco, poiché “tutti gli attacchi giungono dalla Turchia, che accoglie, addestra e rifornisce d’armi gruppi armati che stanno distruggendo la nostra regione”.
Gruppi armati che aderiscono a una jihad sul suolo siriano, ma che provengono da altrove. Del resto, ci tiene ad aggiungere mons. Audo, “nella tradizione profonda della Siria non c’è la persecuzione religiosa”, giacché da sempre il pluralismo confessionale è una peculiarità di questo “bel Paese in cui c’è tutto per vivere”. O almeno, in cui regnava la pace fin quando era interamente governato dal regime di Bashar al-Assad. Per i cristiani, quei tempi sono un rimpianto. “Non esistono due cristiani che possono affermare il contrario…”, chiosa l’arcivescovo.
Sollecitato da una domanda di ZENIT sul peso che su questa crisi ha l’embargo imposto al Governo siriano dai Paesi occidentali, mons. Audo afferma inoltre che “questa guerra ha lo scopo di distruggere e poi dividere la Siria per interessi regionali e internazionali”. Si tratta - precisa l’arcivescovo - “del commercio di armi e di interessi strategici”. Quegli stessi interessi strategici che hanno portato “alla distruzione dell’Iraq e della Libia in passato e dello Yemen in questi giorni”.
E per completare la rovina di un Paese, l’esodo di massa dei suoi abitanti diventa funzionale. È per questo che mons. Audo parla del suo impegno, come pastore, a convincere i cristiani a non abbandonare la Siria: “Come vescovo caldeo, conosco l’esperienza degli immigrati cristiani che dall’Iraq sono arrivati in Siria. È un’esperienza di morte, è un’esperienza di fine della presenza cristiana. Quindi oggi faccio di tutto per far rimanere la gente qui, ma capisco chi fugge perché non vede davanti a sé altra scelta…”. La mancanza di fiducia nel futuro - aggiunge il presule - è dovuta alle responsabilità della comunità internazionale, che da cinque anni abdica a una soluzione politica e dimostra invece - ribadisce mons. Audo - “determinazione” a continuare la guerra “fino alla distruzione della Siria”.
In questo scenario, giocano un ruolo importante i media. Lo ha ricordato, a conclusione della conferenza, Alfredo Mantovano, presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia: “Sembra, guardando i tg, che esista soltanto un problema al confine tra Serbia ed Ungheria. Ma c’è lì quel problema perché, a monte, solo con riferimento alla Siria, più di 10milioni di persone non hanno più la casa e sono state costrette a fuggire dal proprio Paese”. Le cause di questa diaspora, le ha spiegate mons. Audo.
da Radio Vaticana - Intervista a mons Audo .......
D. – La Francia però ha annunciato incursioni aeree e bombardamenti. Come vi ponete di fronte a questo?
R. – Penso che questa non sarà la soluzione. Credo sia una strategia militare per guadagnare tempo e portare la violenza in tutta la regione, per generare divisioni e, forse, vendere armi e fare progetti economici.
D. – Restare è più importante che assicurarsi la sicurezza all’estero?
R. – Per me, come vescovo della chiesa cattolica caldea, è una questione di vita o di morte. Le chiese orientali devono fare tutto il possibile per assicurare la loro presenza, che è molto importante per la storia della Chiesa universale.
È fondamentale nel contesto arabo e musulmano una chiesa capace di dialogare, di vivere con gli altri con dignità e rispetto. Noi, come orientali, vogliamo vivere nel nostro Paese, che ha una bella storia e non abbiamo desiderio di andare in Occidente.
L'Occidente non è meglio della nostra terra, che noi lasciamo solo per ragioni di sicurezza e di povertà.