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lunedì 22 luglio 2013

Il nunzio a Damasco, mons. Mario Zenari: l’unica soluzione è quella politica

 5mila morti al mese: ormai alla gente  non interessa più né di stare da una parte né di stare dall’altra. L’unico desiderio è di vivere.




dal sito Radio Vaticana


 Mons Zenari:  Ogni giorno che passa l’impressione di tutti è che questa crisi, anziché risolversi, si complichi sempre di più. E’ una situazione che si complica anche per la presenza di combattenti venuti da fuori, da altri Paesi, che militano o in favore di una parte o in favore di un’altra. Credo che le parti in conflitto debbano veramente e concretamente convincersi che l’unica soluzione è la soluzione politica. Non ci sono altre soluzioni di forza o militari.

D. – Crede che la comunità internazionale stia facendo abbastanza per porre fine a questo sanguinoso conflitto?
 R. – Alle volte dà l’impressione di essere un po’ stanca. Credo che dovrebbe continuare questa attenzione a trovare una soluzione; dovrebbe essere più presente e essere continua perché ogni giorno che passa la situazione diventa più impressionante. Le ultime statistiche delle agenzie delle Nazioni Unite parlano di circa cinquemila persone che muoiono ogni mese, di seimila persone che ogni giorno fuggono dal Paese, di un milione e ottocentomila rifugiati. E’ il numero più alto di rifugiati dopo la crisi del conflitto in Rwanda. 
Senza dire poi della situazione umanitaria, che è molto grave, anche a causa di molte restrizioni per fare arrivare gli aiuti di agenzie umanitarie alle popolazioni più colpite. Ad Aleppo, per esempio, abbiamo vissuto, una decina di giorni fa, una situazione molto critica: per alcuni giorni è stata accerchiata e lì era un problema, le agenzie umanitarie non riuscivano a portare aiuti di prima necessità. Più in generale, si fa sentire sempre di più una penuria di generi alimentari, medicinali, generi di prima necessità. Pensiamo, per esempio, al latte. Qualche religiosa mi diceva: conosciamo bambini che a malapena riescono a mangiare una volta al giorno. Questa situazione se perdura diventerà sempre peggiore. Si vede veramente come la guerra sia la fabbrica di innumerevoli miserie. La guerra produce innumerevoli miserie, soprattutto la guerra civile.


D. – Quali sono gli umori, i sentimenti della popolazione siriana?
 R. – Ormai la gente è stufa, non interessa più né di stare da una parte né di stare dall’altra. L’unico desiderio è di vivere. Questo è ciò che i siriani desiderano: poter vivere e poter tornare alla normalità. 
Vorrei ricordare, soprattutto in questo momento del Ramadan, che è il mese più importante per la maggioranza della popolazione siriana: è il terzo Ramadan che si vive in questa situazione ed è anche il peggiore. Di solito, alla sera, dopo il calar del sole, le famiglie si ritrovano attorno a una tavola, prima del conflitto bene imbandita e quindi la gioia, l’intimità famigliare, attorno a questa tavola ben fornita: oggi, purtroppo, in questo Ramadan, quest’anno, in molte famiglie regna la tristezza più che la gioia perché o hanno perduto familiari in questo conflitto e che cosa possono offrire? Cosa c’è sulla tavola, sulla mensa di tante famiglie? C’è poco o niente. Quindi, direi di sentirci solidali con questi nostri amici che festeggiano il Ramadan in una situazione abbastanza provata e talvolta triste. 
Anche i nostri cristiani si pongono la domanda: perché c’è capitata questa prova? Direi in generale che trovano una risposta nella fede. Quindi, nelle chiese, le liturgie sono ben partecipate, perché la gente sente che in questo momento di prova può trovare un aiuto nella fede, un aiuto nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio.

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/07/21/guerra_in_siria._il_nunzio:_5mila_morti_al_mese,_l%E2%80%99unica_soluzione_%C3%A8/it1-712259

sabato 20 luglio 2013

Preghiera a San Charbel Maklouf , per la salvezza del Medio Oriente

Nella Terza Domenica di luglio si celebra la festa di San Charbel: al monaco maronita, potente in miracoli e guarigioni, chiediamo la grazia della pace per l'Egitto, la Siria, il Libano... sull'orlo della catastrofe.



"Non ci sono soltanto guerre militate, ci sono le guerre di civiltà; non ci sono le guerre soltanto economiche e di mercato, ma ci sono anche sul piano della civiltà – modi di pensare, mentalità diverse che vogliono in qualche modo sopraffare altre mentalità. La sopraffazione di alcune civiltà su altre è una cosa paurosa! Per me è un compito anche umano quello della Chiesa, di una grandezza impressionante, di salvare le civiltà che troviamo oggi in un tale momento della storia, in cui appunto la universalità delle comunicazioni sociali fa sì che una civiltà tenda a sopraffare tutte le altre civiltà.  Il Libano è davvero una sentinella avanzata so­prattutto nel Medio Oriente: è proprio per il Bea­to Charbel che i cattolici hanno la coscienza di questa vocazione del Libano e della cristianità orientale, testimone dell'antica santità dei Padri del deserto. La Chiesa, che vive oggi un vivo im­pegno ecumenico, vede nella venerazione comune che hanno per la sua tomba i cristiani separati, i musulmani e i drusi, il primo esempio di un ecumenismo in atto, realizzato dalla santità." (don Divo Barsotti)


HEZBOLLAH: Perchè l'UE vuole la guerra civile in Libano? 

da Il Sussidiario - intervista a  Camille Eid
... una guerra generalizzata in grado di travolgere l'intero Medio Oriente
.....
leggi qui: http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2013/7/20/HEZBOLLAH-Camille-Eid-perche-l-Ue-vuole-la-guerra-civile-in-Libano-/2/413777/

Il Patriarca Rai: le milizie confessionali porteranno il paese alla rovina

da Agenzia Fides - 15/7/2013


In Libano ed Egitto l'onda lunga della Siria

di Giorgio Bernardelli
Nel Paese dei Cedri sceicco salafita attacca l'esercito. Mentre al Cairo un eccidio in un villaggio fa esplodere la questione sciiti. E a Idlib un altro sacerdote è stato ucciso a sangue freddo dalle milizie islamiste

Mai come in queste ore sta apparendo con chiarezza come la sanguinosa guerra in Siria sia un conflitto di dimensione regionale, che sta trascinando nel suo baratro anche altri Paesi. Due episodi molto gravi - chiaramente riconducibili a quanto sta accadendo intorno a Damasco - sono capitati infatti ieri in Libano e in Egitto.
.....
continua a leggere qui:  http://www.missionline.org/index.php?l=it&art=5606



Cari amici,
in questa estate 2013 siamo sollecitati nuovamente a pregare per la pace tra i popoli sofferenti del mondo, in particolare nel Medio Oriente e in Siria. Gli appelli di papa Francesco in favore della pace in Siria sono ormai quotidiani, e rispondono a un’esigenza che non è legata soltanto al benessere e alla sicurezza degli abitanti di quel martoriato paese, ma di tutta la Chiesa e la comunità internazionale: più ancora che nei recenti conflitti di Afghanistan e Iraq, e nelle tante rivolte popolari dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, la Siria appare il luogo dove si scontrano le diverse visioni del mondo di Oriente e Occidente, dell’America e dell’Europa, della Russia e dell’Asia. Non si tratta di scegliere quale sia la parte dei “buoni” e dei “cattivi”, tanto meno di avvalorare fanatismi e fondamentalismi religiosi. Usciamo dalla logica della eliminazione dell’avversario, che nega la realtà stessa di un mondo pieno di contraddizioni in tutte le sue componenti: adoperiamoci, con le armi della preghiera e della carità, affinché tutti i popoli, tutte le religioni e tutti gli uomini e le donne possano vivere nella pace, nella sicurezza e nell’amore.
       di Stefano Caprio   http://www.orientecristiano.com/

PER CONOSCERE SAN CHARBEL: 

http://osservatorioccmo.altervista.org/site/il-santo-medico-san-charbel-makhlouf/


venerdì 19 luglio 2013

Lettera da Aleppo. Notizie dai Maristi Blu: resistere è...

A che punto siamo, a due anni e mezzo dall’inizio degli eventi in Siria ed esattamente un anno dopo l'inizio della guerra in Aleppo? Questo si chiedono i  nostri amici all'estero...



 Aleppo 17.07.2013

A livello nazionale, non è cambiato nulla, le due parti continuano a combattere con nessun vincitore né vinto,  ma con un bilancio  di 100.000 morti, un milione di rifugiati nei Paesi limitrofi, 2-3 milioni  di sfollati all’interno, centinaia di migliaia di emigrati, una economia in rovina, un fiorente settarismo ed estremismo e nessun  barlume di speranza di una composizione del conflitto.
 Dopo la ripresa di Qoussair (piccola città nel centro Siria) da parte dell'esercito siriano e la sconfitta dei ribelli lì, i leader del mondo occidentale hanno  detto che la caduta di Qoussair dimostra che l'equilibrio delle forze si è inclinato dalla parte del governo e avranno bisogno di armare i ribelli per ristabilire l'equilibrio!!!  Che simpatico programma: non si sta cercando di vincere, non ci si rassegna alla sconfitta, si vuole  ristabilire l'equilibrio in modo che entrambe le parti continuino a battersi ancora ... fino all'ultimo siriano?

In Aleppo, la situazione militare è lo status quo: l'ultima battaglia ha avuto luogo 100 giorni fa, con la presa del quartiere di Sheikh Maksoud (Jabal Al Sayde) da parte dei ribelli. Da allora, non vi è lotta, ma bombardamenti operati da entrambi i contendenti.

Per contro, la situazione umanitaria è  catastrofica con due fatti importanti:
1 - Il blocco di Aleppo * dura ormai da 15 giorni:  il blocco di persone, nessuno  può lasciare la città per andare altrove, in altre città siriane o per viaggi all'estero. Il blocco dei beni, nulla può entrare  in Aleppo. Non ci sono più verdure, frutta, latte, formaggio, carne, pollo o pesce, niente combustibile, niente olio, niente gas (per la cucina) e pochissimo pane. Gli unici alimenti  non deperibili rimasti  al supermercato come riso, bourghol, lenticchie, in scatola ... a prezzi astronomici insostenibili per la maggior parte . Va detto che il dollaro scambiato a 50 lire siriane prima degli eventi, LS 180 un mese fa ed è a LS 300 oggi.
La cucina della società caritatevole Al Ihssan che ha fornito cibo quotidiano  a 35.000 sfollati ha chiuso per mancanza di gas ed il JRS, il Centro dei Gesuiti che fornisce 15.000 razioni giornaliere, presto chiuderà.

50.000 sfollati interni sono privi di cibo. Senza carburante, le auto non vanno  più, la marcia forzata è diventata lo sport degli Aleppini  , sarebbe un bene per la salute se la temperatura media non fosse  di 40 gradi!

Gli abitanti hanno atteso invano le proteste dell'opinione occidentale (così pronta a protestare per qualsiasi reato) e le pressioni dei loro dirigenti (machiavellici) sui ribelli per porre fine al blocco. Non si  tratta più di un problema militare o politico, ma di una causa umanitaria. Affamare una popolazione di 2 milioni di persone è logicamente equivalente a un crimine contro l'umanità per coloro che credono nella pace e nella giustizia. Tacere, è  accettare la regola dei politici occidentali dei  2 pesi, 2 misure.

2 -  Ogni giorno, colpi di mortaio cadono sui quartieri abitati per lo più da cristiani. Tirati  dai ribelli, fabbricati in casa, riescono a fare ogni giorno qualche morto e decine di feriti spesso gravi. La scorsa settimana, un giovane scout di 14 anni del gruppo dei  Fratelli Maristi è morto per le schegge alla testa mentre era a casa, anche una bimba di 8 anni ha ricevuto una raffica nel cervello , una giovane parrucchiera di 30 anni, ha avuto una mano strappata e ha dovuto essere amputata, un uomo di 70 anni è stato ferito alla colonna vertebrale mentre stava uscendo dalla chiesa; e questi sono solo alcuni esempi tra i molti altri drammi.
In questo contesto di violenza, privazione, desolazione, sofferenza e disperazione, continuiamo, noi Maristi Blu, con la nostra presenza, la nostra resistenza, il nostro accompagnamento, il  sostegno e la solidarietà, ad essere per il popolo un barlume di speranza nel buio che ci circonda. “Beh, siete ancora qui, non avete lasciato come gli altri?” E continuiamo il nostro lavoro con gli sfollati, i poveri e i feriti.


Vorrei presentarvi un progetto già in corso che noi non avevamo mai condiviso con voi . E' il progetto "Vittime di guerra". E’ per il trattamento (gratuito) dei civili colpiti da ferite di guerra (pallottole, schegge ...) e che non hanno i mezzi per farsi curare in cliniche private. Queste persone sono di solito condotte  in ospedali pubblici ( ne rimangono solo due, gli altri sono stati distrutti o inutilizzabili) che mancano totalmente di medici , infermieri e attrezzature mediche. Le cure sono di scarsa qualità e la mortalità è alta. Trasferiamo i feriti all’ospedale Saint Louis (il migliore di Aleppo), dove sono operati e trattati con  migliori possibilità di sopravvivenza. I medici e chirurghi dell'ospedale (i più esperti in città) offrono i loro servizi gratuitamente e le Suore di San Giuseppe dell'Apparizione, che sono le proprietarie dell'istituto fin dalla sua fondazione nel 1925, in aggiunta al loro amore e cure infermieristiche di qualità, offrono una sostanziale riduzione dei costi di ospedalizzazione. I civili poveri trattati in altri ospedali sono anch’essi presi in carico  dal progetto. Siamo stati in grado di salvare fino a 18 civili feriti in questa guerra. Questo progetto era stato avviato dai Maristi Blu diversi mesi fa e finanziato da un'organizzazione internazionale che ha deciso di interrompere il finanziamento due  mesi fa. Adesso noi Maristi lo riprendiamo in carico pienamente, in collaborazione con i medici ospedalieri e le Suore.


Come prima, gli sfollati hanno ancora il loro posto qui, nella casa dei Maristi.  23 famiglie cristiane sfollate (la nostra capacità massima di accoglienza) da Jabal Al Sayde sono venute a stare con i Fratelli, e sono pienamente supportate: cibo, alloggio, vestiario, cure mediche, consulenza ecc.
Le altre famiglie di Jabal spesso si rivolgono a noi in cerca di assistenza  o di un consiglio, di medicine, vestiti o per visitarle. E le famiglie musulmane ex- sfollate dalle scuole di Sheikh Maksoud vengono ogni lunedi a ricevere un paniere alimentare.
Abbiamo sempre , benvenute,  20 giovani ragazze musulmane studentesse  che abitano nelle aree occupate dai ribelli, e che vengono qui in città per i loro esami.
Continuiamo il nostro progetto "Carrello della Montagna", che è al suo 12 ° mese. Un cesto alimentare mensile sufficiente a sfamare una famiglia per un mese è distribuito a 300 famiglie  più povere di Aleppo. I vari progetti della nostra Associazione continuano. 70 famiglie che accompagniamo del quartiere Midan , da ben prima della guerra ancora ricevono un aiuto alimentare mensile e cure mediche gratuite.
"Imparare a crescere" per bambini dai 4 ai 7 anni, con le sue otto educatrici , continua a rendere felici circa 40 bambini. "La scuola delle competenze" -Skills School- per gli adolescenti  rallegra  30 ragazzi e ragazze. E, infine, "Tawassol" è per  due gruppi di 6 adulti ciascuno, che  imparano il computer, lingua straniera e la pedagogia.

I nostri locali  sono pieni di vita: sfollati alloggiati lì, altri sfollati che vengono in  visita , i richiedenti aiuto, i bambini dell' "Imparare a crescere", i giovani del  "Competenze Scuola" , gli adulti del "Tawassol" , a volte gli Scouts  del gruppo Champagnat e i malati che affollano il punto medico per tutto il pomeriggio…. 
Il tutto con il sottofondo del suono di cannone che tuona e i fischi dei proiettili. Per non parlare del camion cisterna che si mette al centro del campo per rifornire i nostri serbatoi di acqua ogni  giorno e il nostro furgone che entra ed esce più volte al giorno pieno di cibo e merci (quelle che si trovano), acquistati o ricevuti. In serata, circa alle ore 21 , quando torna la calma, ci riuniamo per valutare il nostro giorno, prendere decisioni, rispondere alle e-mail e condividere.

E con voi, vorrei condividere alcune bei gesti di solidarietà che abbiamo recentemente sperimentato.

YS, un 19enne è  trasferito in condizioni critiche presso l'ospedale San Louis, colpito da un proiettile che ha perforato i polmoni, trachea e del collo. Posto sotto ventilazione meccanica, terapia intensiva, è sottoposto ad intervento chirurgico d'urgenza dal più grande chirurgo toracico di Aleppo (che fa parte del gruppo di progetto "Vittime di Guerra" e quindi non chiederà alcun onorario ). La sua condizione è migliorata ma restava critica. Quella sera, il chirurgo e il medico rianimatore hanno  rifiutato di tornare a casa e hanno trascorso la notte in ospedale per essere presenti se la situazione del giovane paziente fosse peggiorata durante la notte.

 GZ, sfollato da Jabal Al Sayde, disoccupato  che vive con la sua famiglia di cinque persone nella nostra comunità , ha ricevuto una donazione di 4000 LS dalla sua chiesa. Tale importo è appena sufficiente per le piccole spese quotidiane della famiglia. Ma ha voluto  darci 1000 LS per partecipare all'acquisto di pane che ha raggiunto prezzi da capogiro a causa del blocco.

Ecco dove siamo. Cerchiamo di resistere malgrado tutto, resistere dopo un anno esatto, 365 giorni di guerra. Resistere al pessimismo, alla stanchezza, allo scoraggiamento e all'estremismo. 
Come ha detto il nostro grande amico Jean Debruynne ** : 
"Resistere è non rinunciare mai a guardare il sole attraverso  l'apertura di un tombino" o ancora: "Resistere è  essere abbastanza testardo per vedere levarsi il giorno dietro il filo spinato ".

Nabil Antaki , per i Maristi Blu

* Al momento dell' invio di questa lettera, sembra che il blocco si sia alleggerito  e la situazione dell'embargo è un po' alleviata

**Jean  Debruynne sacerdote della Missione di Francia. Poeta e scrittore, ha accompagnato molti movimenti che Scout e Guide di Francia.

martedì 16 luglio 2013

La storia del piccolo scout Giorgio e di altri cristiani, sotto l'amaro cielo di Aleppo




Agenzia Fides - 16/7/2013

Aleppo  – La popolazione civile di Aleppo paga il prezzo più alto degli scontri che infiammano la città. Negli ultimi tre giorni, oltre 150 colpi di mortaio hanno colpito zone residenziali uccidendo 15 persone e il ferendone oltre 75. 
Fonti locali di Fides raccontano che una bomba è caduta su un negozio che vende pane nel quartiere di Sulaimaniyeh. Fra le persone che erano in fila per procurarsi pane, si sono registrati un morto e otto feriti, fra i quali due bambini. 

Come comunica a Fides la comunità cristiana locale, fra le vittime dei bombardamenti dei giorni scorsi vi sono due bambini cristiani. Uno è morto, si chiamava Georgio Rabbat, 13 anni, figlio unico, di una famiglia siro-cattolica. Era un ragazzo brillante, gli piaceva studiare e sognava di avere il punteggio più alto agli esami per arrivare all’università. Stava giocando in strada con altri ragazzi, nel quartiere dove vive la comunità siriaca, quando un colpo di mortaio esploso nelle vicinanze lo ha colpito. 
Un’altra bambina si chiama Pamela Dekermanji, ha quattro anni ed è di una famiglia cristiana siro-ortodossa: è stata colpita da schegge alla testa e le sue condizioni sono critiche.

Aleppo 12/07/13 : la fila per un sacco di patate

In Aleppo da circa dieci giorni non ci sono verdura, frutta, carne e anche il pane scarseggia. La popolazione mangia riso e cereali. La ragione è l'embargo imposto dai ribelli che sta strangolando la città e avendo un grave impatto sulla popolazione civile rimasta in loco. Secondo fonti di Fides, se il blocco continua, “si avvicina una crisi umanitaria”.

I civili sono anche vittime “collaterali” del fuoco incrociato che interessa aree residenziali. 

TESTIMONIANZA: COME AD ALEPPO I CRISTIANI RISCHIANO LA VITA PER UN PO' DI PANE




Siccome nei quartieri cristiani di Aleppo  non c'è pane, né carne o neppure  lattine di qualsiasi cibo conservato , amici  curdi e musulmani mi  hanno esortato ad unirmi a loro per una intrusione nel quartiere  Bustan al-Qasr, settore della città di Aleppo attualmente controllata da  Al-Djabhat Nosra, al fine di rifornirmi con i prodotti che vendono nella loro zona, a prezzi  più "normali" di quelli praticati nelle zone che non stanno sotto il loro  controllo.
  
Dopo molte esitazioni e tanta preghiera personale, soprattutto a causa del fatto che ospitiamo in casa una persona anziana e che il resto della famiglia  manca di qualsiasi rifornimento,  ho accettato di unirmi alla spedizione,  dopo che i miei amici mi hanno garantito di stare con me per tutto il viaggio. Ho preso prima due precauzioni: rimuovendo la croce che io di solito indosso intorno al collo, e  separandomi dal mio cellulare.

Per arrivarci, abbiamo preso un pulmino che ci avrebbe lasciato a quasi 700 metri dal checkpoint  di controllo  all'accesso al mercato. Nell’avvicinarci,  subito abbiamo visto centinaia di uomini anziani, donne, e bambini che aspettavano il loro turno. Nessun giovane nei ranghi, per paura di essere reclutati nelle milizie.

Nell’avanzare, ci siamo subito trovati coinvolti nella minaccia di un cecchino dell'esercito arabo siriano posizionato sul terrazzo del Governatorato di Aleppo e di quella di un miliziano di Djabhat al-Nosra posizionato di fronte, a un altro livello . La gente correva in tutte le direzioni per evitare di essere presa di mira da questi criminali.

Raggiunta la barriera, ci ritroviamo con preoccupazione di fronte  ai giovani miliziani  di Djabhat el-Nosra tutti  armati e, tra loro, un ceceno che ha pronunciato qualche parola in arabo letterario, per chiedere agli interrogati  di pronunciare la "Fatiha "per garantire che fossero effettivamente  musulmani.
Grazie ai miei amici musulmani, siamo riusciti ad entrare nel mercato in cui le merci sono  esposte a prezzi molto diversi da quelle praticati nel  mercato nero nel nostro quartiere ( la zona controllata dal Governo):  la bombola del gas era £ 1400 siriane, invece di 15.000 LS. La benzina era esposta a  £ 200 siriane invece di 2000 LS a cui da noi  la vendono. Le verdure, diventate così scarse in casa nostra, sono qui scambiate a 60 LS al chilo i pomodori, al posto dei LS 500 per lo stessa quantità nel nostro settore; la patata è a 40 lire siriane, invece di 400 £ a noi richieste nel nostro quartiere. La carne è venduta a £ 700  contro le 3000 da noi. Il pane è  venduto qui solo a 25 lire al chilo contro 500 lire siriane al kg nella nostra zona. Il formaggio è  offerto a 200 contro le 1500 £ siriane per chilogrammo.

Rispetto ad altre zone della città, il mercato, sotto il controllo di al-Djabhat Nosra, offre una vasta gamma di prodotti, ma la maggior parte dei prodotti, con l'eccezione di pomodori, cetrioli, patate e pane, non può essere acquistata senza che l'acquirente abbia precedentemente insultato il presidente Bashar Assad ed elogiato il Fronte al- Nosra davanti alle telecamere.
Sotto i miei occhi, i miliziani hanno arrestato un uomo che aveva nascosto sotto la camicia un po’ di carne, lo hanno spogliato  prima di aggredirlo  con la carne. Una donna completamente velata è stata anch’essa arrestata per aver nascosto sotto i suoi vestiti del formaggio. 
I miei amici curdi vengono qui quasi ogni giorno. Mi hanno detto che il Venerdì precedente, tutti gli acquirenti hanno dovuto pregare Allah in strada. I Cristiani presenti tra gli acquirenti dovevano fare una parvenza di pregare, in modo da non essere riconosciuti come non-musulmani.

Usciti dal mercato c’è un’ altra grande prova: gli acquirenti (per tornare al quartiere che sta sotto il controllo governativo) devono passare sotto un fuoco di fila di giovani miliziani barbuti e armati, che impugnano striscioni neri con la scritta  لا اله الا الله محمد رسول الله, "non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta ", e questo requisito è accompagnato da umiliazioni e insulti: " voi siete i  maiali di Bashar ", o invettive,"andate da Bashar, che vi dia lui da mangiare ", o ancora "Aleppo sarà presto liberata  e sarà applicata la Shariah  con la Jizya per i non-sunniti"(cristiani, drusi, alawiti ....).

Questi sono gli uomini che l'Occidente ha preparato per la Siria, quelli che ha finanziato e armato, quelli  che hanno rapito i due Vescovi ortodossi, quelli che hanno distrutto le chiese di Deir Zor, di Homs e di Aleppo; 
quelli che recentemente hanno tagliato la testa e le mani della Statua della Vergine a Qnayyeh e mirato  sul suo cuore. 

Questi, "takfiristi" figli dell’Occidente, un giorno non esiteranno a rivoltarsi contro i loro padroni in Europa e in America, nello stesso modo in cui, un giorno, i "mamelucchi" si sono  rivoltati  contro i "Fatimidi" loro padroni, che li avevano armati.

Un testimone la cui identità è mantenuta anonima.


Addio, Giorgio, piccolo Marista Blu : tu sarai lo Scout del Cielo di Aleppo!

Un Mariste Bleu au ciel!

 Adieu Georgio, notre jeune scout!
 Adieu l'enfance et l'avenir!
 Adieu la paix et l'espérance!
 La violence a fait que tu nous quittes en ces temps où tout notre horizon est fermé!
 Pas de réponse à tant de questions que chacun de nous pose en son fort intérieur!
 Pas de réponse aux pourquoi?
 Rien qu'un silence, un silence de mort, un silence de larmes, un silence d'être là, accompagnant les parents et les copains.
 Tu seras un bon scout!

 Aujourd'hui, pour toi, nous prononcerons devant tout le monde notre engagement de scouts!
 Aujourd’hui, pour toi, nous porterons notre croix de Maristes Bleus!
 Aujourd'hui, pour toi, nous dirons "Prie pour nous maintenant et à l'heure de notre mort"!
 Aujourd'hui pour toi, nous chanterons notre "Ce n'est qu'un au revoir, mes frères, ce n'est qu'un au revoir"!
 Toi, le mariste bleu, toi le fils de Marie, toi l'enfant bien aimé, la violence t'a fauché...
 Tu ne viendras plus avec nous au camp et pourtant tu en avais tellement envie!
 Dans quelques jours, il y aura la rencontre internationale des journées mondiales de la jeunesse. Sache que les jeunes maristes du monde entier se souviendront des jeunes d'Alep, partageront notre souffrance et te tiendront présent!
 Ne compte pas sur notre prière!
 Toi, tu es au ciel!
 Nous en sommes sûrs et certains!
 Nous comptons sur toi, su ta prière et sur ton intercession!

 Dis à Jésus nos peurs et nos angoisses!
 Dis lui notre souffrance et notre peine!
 Dis à Jésus que beaucoup de jeunes et de moins jeunes ont sur leurs lèvres ce mot: "POURQUOI?"
 Dis lui ce que ton copain a dit: « Je ne vais plus prier » !
Dis lui que nous ne comprenons pas du tout pourquoi tant de violence et de haine!
 Dis lui avec tes mots à toi, avec l'audace de tes 13 printemps que tes copains sont très touchés par ton départ!
 Dis lui avec tes mots à toi, ton amour pour ta famille, pour ton papa et ta maman et ta petite sœur!
 Dis lui combien tu nous manques à nous tous, toute ta famille!
 Dis lui notre besoin de paix!
 Dis lui que malgré toute notre douleur, nos yeux continuent à Le regarder, à L'espérer, à confier en Lui.

 Georgio, notre cher jeune Mariste Bleu, Repose en Paix!
 Marie, notre Bonne Mère, Notre tendre Mère, Notre Mère, te porte dans ses bras!
 Et entre ses bras, nous te confions pour l'éternité!

La Comunità dei Maristi Blu di Aleppo

domenica 14 luglio 2013

Guerra aperta tra Al Qaeda e i "ribelli moderati"


da Avvenire, 13 luglio 13
di Riccardo Redaelli


L’uccisione di Kamal Hamami, uno dei più importanti comandanti militari dell’Esercito libero siriano (Els), da parte di milizie di al-Qaeda presso la città costiera di Latakia, segna una nuova tragica tappa nella trasformazione e radicalizzazione dell’opposizione siriana al crudele regime del presidente Assad. Per quanto vi sia chi si ostini a non volerlo vedere, due anni di guerra – con il loro carico di violenze, morti e vendette – hanno favorito la crescita delle milizie islamiste più brutali, settarie e anti-occidentali, ben rappresentate dalla formazione jihadista di Jabhat al-Nusra, che si ricollega all’organizzazione centrale di al-Qaeda. 
Lo dimostrano anche i sempre più numerosi guerriglieri non siriani caduti, provenienti da tutto il mondo islamico e che in gran parte combattono proprio sotto le bandiere qaediste, non già con quelle di un sempre più debole Els. Nella battaglia per il controllo della cittadina strategica di al-Qusayr, tanto per citare un esempio recente, a cercare di contrastare l’avanzata delle milizie di Hezbollah sono stati soprattutto i veterani jihadisti e gli islamisti ceceni.

Lo testimonia pure il fatto che Hamami sia stato ucciso mentre cercava un accordo sul campo con i comandanti delle milizie dello "Stato islamico dell’Iraq e del Levante", ossia la cellula di al-Qaeda che negli ultimi dieci anni ha insanguinato l’Iraq, uccidendo migliaia di soldati occidentali e un numero ancora maggiore di sciiti arabo-iracheni.
Ma cosa ci fanno le forze della "filiale" irachena di al-Qaeda in Siria, per di più a Latakia, sul Mediterraneo, lontanissime dall’Iraq? La risposta l’ha fornita il loro stesso leader, al-Baghdadi, per il quale bisogna arrivare a un’unione fra Jabhat al-Nusra e lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Un’unione che rafforzerebbe entrambe le organizzazioni, dato che il fronte di lotta è il medesimo e medesimi gli obiettivi: combattere i cattivi musulmani (ossia tutti quelli che non credono nei deliri terroristici di al-Qaeda o nel dogmatismo ottuso dei salafiti), sconfiggere gli sciiti, eliminare le influenze occidentali. Un progetto contro il quale ha tuonato lo stesso capo di al-Qaeda, al-Zawahiri, rendendo pubbliche le crescenti divergenze fra i capi dell’organizzazione, lacerata fra chi vuole esasperare il settarismo anti-sciita, con attacchi contro le loro moschee e nelle città, e chi ritiene questa politica controproducente.
Sul terreno, tuttavia, questa alleanza è ormai nei fatti e rappresenta un segnale estremamente pericoloso. Innanzitutto, rafforza l’idea che vi sia una sorta di guerra civile dentro la guerra civile, con uno scontro crescente nelle file degli insorti e con il rischio che gli oppositori moderati divengano sempre meno rilevanti. Anche perché gli uccisori di Hamami hanno proclamato di voler eliminare tutti i capi dell’Els, considerandoli "nemici" alla pari dei sostenitori di Assad e accusandoli – non senza ragione – di indulgere troppo nella pratica della razzia nelle zone "liberate". 
Inoltre, l’alleanza tattica fra le due formazione jihadiste finisce inevitabilmente con il radicalizzare ulteriormente Jabhat al-Nusra, nella forme delle più odiose tecniche di guerriglia (autobombe, attacchi alle moschee "rivali"...) tipiche del conflitto iracheno.

Infine, l’uccisione di Hamami rafforza i dubbi di chi – a Washington soprattutto – si chiede se sia opportuno finanziare, addestrare e armare l’opposizione contro il regime di Damasco, quando vi è la ragionevole probabilità che queste armi finiscano proprio nelle mani di gruppi ostili all’Occidente e che non esiterebbero a usarle contro di noi. 
Insomma, nella lunga notte siriana, le nere bandiere delle milizie jihadiste sembrano ancora più nere e numerose e più tetro il futuro di questo popolo intrappolato in un conflitto sempre meno nazionale e sempre più regionalizzato.

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http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/siria-al-qaeda-spegne-speranza.aspx





Al di là delle varie narrazioni che accompagnano questa storia, l’episodio dimostra pubblicamente la spaccatura tra le varie anime del fronte anti-Assad.
Da tempo si segnalavano scontri tra fondamentalisti islamici e altri oppositori di Damasco, ma quella di ieri è una giornata che segna un punto di non ritorno: da oggi la narrazione più in voga in Occidente, quella che vede un popolo in armi opporsi a un regime dispotico, è finita. Resta la realtà di un variegato mondo di signori della guerra che tentano di assicurarsi il maggior profitto possibile da una guerra tragica della quale ancora non si intravede la fine. 
Imbarazzo anche tra gli sponsor occidentali, per i quali è sempre più difficile giustificare il sostegno accordato alle milizie di Al Qaeda. Come si è visto negli ultimi giorni al Congresso Usa, dove iniziano a circolare perplessità.
http://www.piccolenote.it/12110/siria-trappola-di-al-qaeda-ucciso-leader-degli-insorti

sabato 13 luglio 2013

« Se non è in nostro potere fermare questa guerra, possiamo però pregare perchè finisca presto».

«Una parte significativa del popolo siriano è composta da nostri fratelli nella fede: nel centro della città di Damasco si trova uno dei più antichi patriarcati ortodossi, quello di Antiochia. E ora, per le strade di questa città, che ricordano l’apostolo Paolo, le opere e gli scritti degli antichi santi, viene versato sangue umano. Su questa terra biblica in cui fianco a fianco sono vissuti in pace cristiani e musulmani oggi vengono profanate le reliquie, i templi sono distrutti e i cristiani cacciati dalle loro case, perseguitati, e molto spesso torturati e uccisi. A causa della distruzione di edifici e infrastrutture, per la mancanza di cibo e medicine, molte persone sono state private del proprio tetto. Qualcuno si è rifugiato presso parenti, altri hanno trovato riparo in aree speciali, altri ancora sono dovuti fuggire nei Paesi vicini, dove spesso non c’era nessuno ad attenderli». Se «non è in nostro potere fermare questa guerra, possiamo però pregare per una rapida fine di essa e aiutare le persone che soffrono, tra cui i nostri fratelli cristiani». Sono parole pronunciate due settimane fa dal Patriarca di Mosca Cirillo, e pubblicate sull’Osservatore Romano dell’11 luglio (titolo dell’articolo: Dalla Russia al popolo siriano). Il Patriarca ha benedetto una raccolta di fondi per le vittime del conflitto armato in Siria; nella prima colletta del 2 luglio, effettuata in varie diocesi, monasteri, chiese e da singole persone, sono state raccolti oltre sette milioni di rubli, ma un’altra colletta si è svolta domenica 7 luglio. Soldi, appunto, destinati ai tanti bisognosi siriani.
«Una parte significativa del popolo siriano è composta da nostri fratelli nella fede: nel centro della città di Damasco si trova uno dei più antichi patriarcati ortodossi, quello di Antiochia. E ora, per le strade di questa città, che ricordano l’apostolo Paolo, le opere e gli scritti degli antichi santi, viene versato sangue umano. Su questa terra biblica in cui fianco a fianco sono vissuti in pace cristiani e musulmani oggi vengono profanate le reliquie, i templi sono distrutti e i cristiani cacciati dalle loro case, perseguitati, e molto spesso torturati e uccisi. A causa della distruzione di edifici e infrastrutture, per la mancanza di cibo e medicine, molte persone sono state private del proprio tetto. Qualcuno si è rifugiato presso parenti, altri hanno trovato riparo in aree speciali, altri ancora sono dovuti fuggire nei Paesi vicini, dove spesso non c’era nessuno ad attenderli». Se «non è in nostro potere fermare questa guerra, possiamo però pregare per una rapida fine di essa e aiutare le persone che soffrono, tra cui i nostri fratelli cristiani». Sono parole pronunciate due settimane fa dal Patriarca di Mosca Cirillo, e pubblicate sull’Osservatore Romano dell’11 luglio (titolo dell’articolo: Dalla Russia al popolo siriano). Il Patriarca ha benedetto una raccolta di fondi per le vittime del conflitto armato in Siria; nella prima colletta del 2 luglio, effettuata in varie diocesi, monasteri, chiese e da singole persone, sono state raccolti oltre sette milioni di rubli, ma un’altra colletta si è svolta domenica 7 luglio. Soldi, appunto, destinati ai tanti bisognosi siriani.
«Una parte significativa del popolo siriano è composta da nostri fratelli nella fede: nel centro della città di Damasco si trova uno dei più antichi patriarcati ortodossi, quello di Antiochia. E ora, per le strade di questa città, che ricordano l’apostolo Paolo, le opere e gli scritti degli antichi santi, viene versato sangue umano. Su questa terra biblica in cui fianco a fianco sono vissuti in pace cristiani e musulmani oggi vengono profanate le reliquie, i templi sono distrutti e i cristiani cacciati dalle loro case, perseguitati, e molto spesso torturati e uccisi. A causa della distruzione di edifici e infrastrutture, per la mancanza di cibo e medicine, molte persone sono state private del proprio tetto. Qualcuno si è rifugiato presso parenti, altri hanno trovato riparo in aree speciali, altri ancora sono dovuti fuggire nei Paesi vicini, dove spesso non c’era nessuno ad attenderli». Se «non è in nostro potere fermare questa guerra, possiamo però pregare per una rapida fine di essa e aiutare le persone che soffrono, tra cui i nostri fratelli cristiani». Sono parole pronunciate due settimane fa dal Patriarca di Mosca Cirillo, e pubblicate sull’Osservatore Romano dell’11 luglio (titolo dell’articolo: Dalla Russia al popolo siriano). Il Patriarca ha benedetto una raccolta di fondi per le vittime del conflitto armato in Siria; nella prima colletta del 2 luglio, effettuata in varie diocesi, monasteri, chiese e da singole persone, sono state raccolti oltre sette milioni di rubli, ma un’altra colletta si è svolta domenica 7 luglio. Soldi, appunto, destinati ai tanti bisognosi siriani.

In tutto il mondo iniziative di preghiera e  solidarietà 

Il Patriarca di Mosca al popolo siriano

«Una parte significativa del popolo siriano è composta da nostri fratelli nella fede: nel centro della città di Damasco si trova uno dei più antichi patriarcati ortodossi, quello di Antiochia. E ora, per le strade di questa città, che ricordano l’apostolo Paolo, le opere e gli scritti degli antichi santi, viene versato sangue umano.
Su questa terra biblica in cui fianco a fianco sono vissuti in pace cristiani e musulmani oggi vengono profanate le reliquie, i templi sono distrutti e i cristiani cacciati dalle loro case, perseguitati, e molto spesso torturati e uccisi. A causa della distruzione di edifici e infrastrutture, per la mancanza di cibo e medicine, molte persone sono state private del proprio tetto. Qualcuno si è rifugiato presso parenti, altri hanno trovato riparo in aree speciali, altri ancora sono dovuti fuggire nei Paesi vicini, dove spesso non c’era nessuno ad attenderli».
 Se «non è in nostro potere fermare questa guerra, possiamo però pregare per una rapida fine di essa e aiutare le persone che soffrono, tra cui i nostri fratelli cristiani». Sono parole pronunciate due settimane fa dal Patriarca di Mosca Cirillo, e pubblicate sull’Osservatore Romano dell’11 luglio (titolo dell’articolo: Dalla Russia al popolo siriano)
Il Patriarca ha benedetto una raccolta di fondi per le vittime del conflitto armato in Siria; nella prima colletta del 2 luglio, effettuata in varie diocesi, monasteri, chiese e da singole persone, sono state raccolti oltre sette milioni di rubli, ma un’altra colletta si è svolta domenica 7 luglio. 
Soldi, appunto, destinati ai tanti bisognosi siriani.



Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite — citati dal Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca — il numero delle vittime della guerra civile in Siria è di oltre 90.000, mentre un milione di cittadini siriani hanno lasciato il Paese e sono diventati profughi. 
La Siria avrebbe perso circa 80 miliardi di dollari nei due anni di guerra. 
Secondo il vescovo di Seydnaya, Luka, della Chiesa ortodossa antiochena, ammontano a quasi 140.000 i cristiani cacciati dalle proprie case.
L'Osservatore Romano, 11 luglio 2013


La solidarietà alla popolazione siriana dei Vescovi di Inghilterra e Galles 

L'Osservatore Romano, 
11 luglio 2013


Un appello per la pace e per sostenere il lavoro delle organizzazioni caritative in Siria giunge dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles.
In un comunicato — a firma del presidente dell’episcopato, l’arcivescovo di Westminster, Vincent Gerard Nichols, e del presidente della commissione episcopale per gli affari internazionali, il vescovo di Clifton Declan Ronan Lang — si rinnova l’invito alla comunità dei fedeli a pregare per la popolazione siriana che sta subendo «un conflitto sempre più aspro che non accenna a terminare». Si tratta di una tragedia, è aggiunto, «che è una sfida per la comunità internazionale e per ognuno di noi».
Nel comunicato si ricorda che finora circa 100.000 persone sono state uccise, mentre il numero dei rifugiati ha superato i 4 milioni. «La sofferenza dei siriani — si legge — cresce non solo a causa della violenza, ma anche delle difficoltà economiche che devono essere affrontare da un numero crescente di persone. Il caldo estivo non farà che aggravare le condizioni di vita nei campi profughi». L’impegno più urgente, puntualizzano i vescovi, è per creare «le condizioni per un cessate il fuoco» e per il raggiungimento di «un accordo che rispetti la dignità e i diritti fondamentali di tutti i siriani».
Concludendo la nota, l’episcopato chiede di dare sostegno ai profughi e a tutti coloro che versano in difficoltà a causa del conflitto e di contribuire all’opera delle organizzazioni caritative, tra le quali l’agenzia cattolica inglese per l’aiuto allo sviluppo dei Paesi d’oltremare. Una messa speciale per la popolazione siriana sarà celebrata il 12 luglio nella cattedrale di Westminster.
Già in occasione della plenaria dei vescovi, svoltasi nel novembre scorso, era stato deciso di dedicare una giornata alla preghiera come segno di solidarietà nei confronti non solo della popolazione siriana ma anche di quelle che vivono nel contesto generale del Vicino Oriente.



Vescovo indiano Mons. Felix Machado : Durante il Ramadan preghiamo per la Siria


AsiaNews - 12/07/2013


 Il Ramadan sia un momento di preghiera per portare la pace in ogni comunità, in particolare tra i fratelli e sorelle cristiani e musulmani  della Siria. 
È il senso del messaggio di mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai (Maharashtra), ai musulmani dell'India per il Ramadan. Il prelato è presidente dell'ufficio per il Dialogo interreligioso e l'ecumenismo della Conferenza episcopale indiana (Cbci) e della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc). In questo mese mons. Machado parteciperà ad alcuni iftar (pasto serale al termine della giornata di digiuno, ndr) organizzati dalla comunità islamica della sua diocesi.

Possa Dio accompagnare tutti i credenti che si arrendono a Lui nella preghiera e nel digiuno, meditando la Sua Parola in questo sacro mese del Ramadan.

Possa Dio udire e ascoltare la supplica di tutti noi, di chi soffre, in particolare i nostri fratelli e sorelle - cristiani e musulmani - in Siria.

Possa l'Iftar, questo momento di condivisione, essere un'occasione per nuove iniziative in vista del prossimo anno.

Si possa lavorare insieme - nonostante la nostra diversità e le differenze di religione - per mettere in pratica il dono di Dio, che è la pace, e possa ciascuno di noi approfondire la propria fede nel Signore. Possa ciascuno di noi meritare la benedizione e la grazia di Dio.

La pace per tutti è la volontà del Signore e questi giorni sacri di digiuno e preghiera devono rafforzare la nostra determinazione a lavorare per la pace e renderci più motivati nel raggiungerla.
Il Ramadan è fonte di pace, che si raggiunge attraverso il digiuno e la preghiera.

Questo mese sacro dovrebbe essere un momento per fare la pace e intraprendere iniziative verso di essa.

Spero che il Dio compassionevole di tutti coloro che lo stanno pregando, dia loro lo zelo di lavorare per la pace e il bene di tutti.

In questi giorni di Ramadan chiediamo di pregare per la Siria.

http://www.asianews.it/notizie-it/Vescovo-indiano:-Durante-il-Ramadan-preghiamo-per-la-Siria-28458.html

giovedì 11 luglio 2013

Aleppo: è la fame

Ad Aleppo  embargo alimentare da parte dei ribelli : la carestia alle porte, manca il pane. Vuote le mense che davano assistenza agli sfollati. 

disegni di Mario Vitali

Agenzia Fides - 11/7/2013

Aleppo - Un blocco delle forniture e delle merci, anche dei cibi, un vero e proprio “embargo alimentare”, sta strozzando la popolazione civile di Aleppo. Il blocco, giunto al settimo giorno, è stato imposto dai gruppi ribelli che controllano la zona Nordest della città che ora minacciano anche l’interruzione dell’approvvigionamento di acqua. I “ribelli” sono frastagliati in numerosi gruppi e fazioni, alcuni islamismi e jihadisti come “Jubhat al Nosra”, “Liwaa al tawhid”, “Aasifat al shimal”, “Souqqour al shahba” e altre, in cui si arruolano guerriglieri da Afghanistan, Libia, Caucaso, dalle Repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale e da altri paesi. La città resta spaccata in due, parte sotto controllo dell’esercito (il Sudest) e metà sotto controllo dei gruppi armati (Nordest). E’ stata trasformata in un “campo di battaglia”, con grave danno per la popolazione civile, di ogni etnia e religione, e vede distrutto il suo prezioso patrimonio storico-culturale.

Fra Bernard, uno dei cinque frati francescani rimasti in città, nel convento di San Francesco, spiega a Fides: “La carestia è alle porte. La gente ha paura, è ridotta in povertà e piange. Facciamo il possibile per aiutare famiglie e profughi. I quartieri cristiani sono nel bel mezzo fra l’area controllata dall’esercito e quella dei gruppi armati. La sofferenza della popolazione civile, di ogni religione, è immane. Il blocco del cibo è contro ogni basilare diritto umanitario. La gente fa fatica anche a procurarsi il pane”.
I ribelli hanno preso il controllo della strada che collega Aleppo ad Hama, ingresso da cui transita la maggior parte delle merci dirette in città. Nell’area vi sono stati nei giorni scorsi violenti scontri militari. Intanto i rifornimenti alimentari sono scarsi e i prezzi sono saliti alle stelle. I prodotti vegetali sono introvabili, perché agli agricoltori viene impedito di entrare nei quartieri occidentali di Aleppo. “Ad Aleppo, se il blocco continua, si avvicina una crisi umanitaria”, ammonisce Fra Bernard. 


Muhammad M., musulmano sunnita, docente all’Università di Aleppo, commenta a Fides: “I belligeranti devono spiegarci perché l’uccisione di innocenti e la distruzione delle infrastrutture di civili. Perché una battaglia nelle aree residenziali della città? Da secoli non si vedeva questa distruzione”. 





martedì 9 luglio 2013

Diario dalla Siria : un cuore ( grandissimo) in azione













Gli struggenti racconti dei membri del Movimento dei Focolari nel Paese distrutto 


fonte: Città Nuova - a cura di Maddalena Maltese

«Sembra che in questi giorni non ci sia regione della Siria risparmiata dalle violenze. Ieri ho telefonato ad un’amica ortodossa sfollata a Banias, sulla costa, per farle gli auguri di Pasqua. Non c’è stata alcuna celebrazione liturgica a Banias, mi dice accorata. La città dove sono morte in questi giorni almeno centoquaranta persone vive in un clima irreale. Nel Giovedì Santo il sacerdote a metà liturgia ha fatto uscire la gente in fretta dalla chiesa ortodossa mentre cominciavano a piovere i colpi e da allora tutte le chiese, e non solo quella, sono rimaste chiuse. Anche lì la situazione è diventata davvero pesante.
«Dalla Siria ormai fuggono non solo i cristiani, ma anche i sunniti moderati preoccupati della deriva integralista. Nessuna donna prima di questo conflitto era obbligata ad indossare il velo, adesso viaggiare sicuri fuori città significa doverlo portare o tenerlo a portata di mano: impensabile in uno Stato che si è sempre definito laico. Ci sorprendono questi cambiamenti a vista d’occhio che non appartenevano alla cultura siriana.

«In questo clima di sospensione per un peggio che potrebbe arrivare ci interroghiamo senza sosta sul significato che le istituzioni internazionali danno all’espressione: Stato sovrano. Ci chiediamo: perché l’Onu tace? Perché i suoi organismi non hanno la forza di “obbligare” alla pace e al dialogo, come si dovrebbe fare quando fratelli incoscienti vogliono picchiarsi a morte, e sanno invece molto bene e molto in fretta votare embarghi che fanno poi solo la disperazione della gente?


«Perché tanti regimi in Medio Oriente vengono sostenuti e poi in un giorno tutto si capovolge e si aprono conflitti sanguinosi, dove massacri e omicidi diventano linfa per l’odio religioso? Perché sempre due pesi e due misure? Perché la verità tace o è sovente contraffatta e l’opinione pubblica mondiale è anestetizzata? 
A Banias due anni fa nelle memorabili manifestazioni del venerdì si gridava: “Alaouiti nella fossa e cristiani in Libano!” eppure all’opinione pubblica interna ed estera con un tam-tam insistente si vendevano storie di libertà di un popolo che finalmente aveva il coraggio di rivoltarsi, e lo si affermava, ahimè, per depistare il grande pubblico soprattutto esterno sulla vera realtà del conflitto siriano.
«Chi osava sottolineare tale incongruenza pur ammettendo con chiarezza le colpe del regime era tacciato di fautore di dittature e filo-non so che! Ora che la Siria è devastata e divisa, ora che il sangue di fratelli è versato copioso ogni giorno e c’è chi purtroppo crede nella vendetta e la usa, ora che i terroristi hanno raggiunto le montagne sopra Damasco e quartieri di Homs e Aleppo, ora si parla finalmente con tutta sincerità del gas del Qatar e della Russia e della volontà di indebolimento della politica shiita contro quella sunnita, dell’annosa questione palestinese e del gioco “fuori casa” tra Russia, Cina, Iran, Stati Uniti e Israele e del sogno turco di fare da padrone e di altro ancora.
«La parola libertà non la si nomina più. Forse perché si sa che la libertà, quella vera, nasce solo dalla giustizia, che vuol dire: dare a ciascuno il suo. Non armi o altro. Era probabilmente quella la libertà che anche il popolo siriano sognava, ma che nessun Paese ha saputo aiutarlo a realizzare. Forse perché non c’è più, o non c’è ancora, la cultura della fraternità universale. Sono ancora troppo pochi gli uomini adeguatamente preparati e convinti a percorrere in economia e politica o nel diritto questa strada come quella che paga davvero.
«È alla fraternità però che ci aggrappiamo ancora oggi, come ad un filo di speranza, che ogni giorno diventa sempre più sottile. Tutto deve sempre cominciare da ciascuno di noi, ne siamo convinti, ma abbiamo bisogno di aiuto e di preghiere per poterlo fare».

La situazione in Siria raccontata direttamente da chi la vive in prima persona. La toccante esperienza degli sfollati di Matcha Helou.
Ciò che vi scriviamo non vuole essere un’analisi economica o politica della situazione in Siria. È una testimonianza di vita, quella vita che grazie anche alle azioni di aiuto intraprese in tutto il mondo con grande generosità, ci permette di essere ancora qui a raccontare e a fissare attimo per attimo quei tasselli di pace, di condivisione e solidarietà, di ascolto profondo e di dialogo che impediscono la disperazione e mantengono tanta gente ancora sana (psicologicamente) e in piedi. A credere che la pace arriverà.
La gente è allo stremo. Il fatto di coabitare con la morte che può arrivare per tutti senza troppi annunci rende la vita sempre più pesante. Non si osa pensare al futuro per paura di affrontare la prospettiva che esso possa continuare ad esprimersi in questo modo e costringa quindi ad alzare le mani in segno di resa. “Non ce la faremmo a sopportare ancora per mesi un tale stress a livello psicologico, fisico ed economico” è la frase che si sente pronunciare da tanti. Poi, nel presente, si cuce quel “punto” che permette di continuare e di andare avanti, nonostante la distruzione circostante.

L’economia è in ginocchio per l’embargo e per la distruzione o la chiusura o la rapina di industrie e laboratori artigianali. A ciò vanno aggiunti i giochi di potere dei grandi commercianti che incidono paurosamente sulla svalutazione della moneta locale, ripercuotendosi in maniera drammatica sul caro vita. Non c’è ormai  posto della Siria dove i generi alimentari o quelli di prima necessità non siano a prezzi esorbitanti, nemmeno nelle campagne; delle altre cose (vestiario ecc.) non se ne parla nemmeno perché tutto in fondo, tranne le medicine, è sentito come superfluo dalla gente, che economizza al massimo.
Un chilo di patate, ad esempio, è passato da 30 a 150 lire siriane, il latte in polvere da 700 a 2.500, la carne da 450 a 1.200 al kg, il pane in tutto il Paese non scende sotto alle 100 lire, quando prima la “rabta”- così si chiamano qui nove pezzi del buon pane arabo – costava 15 lire. Ma gli stipendi sono restati, per chi ancora lavora, gli stessi.
In questo contesto drammatico si disegnano però fatti di riconciliazione, di comprensione reciproca, di dialogo, di aiuto concreto.

Shaza e gli sfollati di Machta Helou:
Machta Helou è un grande villaggio in una zona collinare non lontano dalla costa, dove si sono rifugiate tantissime famiglie di Homs, fra cui alcune persone del Movimento dei Focolari con cui siamo in contatto. Una di loro, Shaza, racconta che all’inizio dell’inverno erano arrivate famiglie bisognose di tutto: cibo, vestiti, riscaldamento. Sono state accolte in un vecchio convento abbandonato, arredato con mezzi di fortuna. Il trauma della fuga e della perdita di tutto erano schiaccianti. Ascoltarle, raccogliere le loro esperienze e le loro necessità, visitarle regolarmente, è stato il primo impegno di Shaza e dei suoi amici. Questo ha fatto nascere un rapporto di fiducia e di amicizia che ha consentito alle famiglie di esprimere la loro situazione senza paura e vergogna. Le organizzazioni presenti riescono a dare mensilmente a ciascuna famiglia un pacchetto di cibo di base (riso, olio, zucchero e legumi secchi) e a garantire alcune medicine ma ci si è resi conto per esempio che da molti mesi nessuno di loro mangiava carne o latticini, che i bambini non avevano latte a sufficienza, né si poteva andare dal medico per controlli o cure indispensabili.


«Anche tanti di noi siamo sfollati, racconta Shaza, e quello che abbiamo ci è appena sufficiente per vivere ma, grazie all’unità fra noi, abbiamo avuto la forza di uscire da noi stessi e di guardarci attorno, visitando regolarmente queste famiglie, stando con loro ed ascoltandole a lungo. Era difficile per noi vederli in quello stato, anche perché alcuni di loro erano nostri vicini a Homs o persone benestanti che si trovavano senza più nulla. Per noi la cosa più importante è stata fare tutto con amore, cercare di dare quel poco che avevamo con amore, ascoltando ognuno profondamente. Il rapporto con queste famiglie si è intensificato a tal punto che ci hanno chiesto espressamente di continuare a visitarle anche se non avevamo nulla da dare poiché si sentivano amate.»
Quando Shaza  e gli amici di Machta Helou hanno condiviso questa esperienza per cercare una soluzione per il futuro si è visto che, grazie agli aiuti raccolti per l’emergenza in Siria, avremmo potuto sostenere un piccolo progetto per almeno 3 mesi, per aiutare queste famiglie in modo mirato. L’aiuto economico è quindi arrivato come una preziosissima opportunità per alleviare i bisogni di queste persone, secondo un progetto personalizzato per ogni famiglia, che ha alla base l’offerta di un po’ di carne e formaggio, vestiti (un bonus per ogni famiglia), pannolini per i bambini, medicine e analisi mediche. Speriamo certamente che gli aiuti continuino e che queste famiglie possano continuare a trovare un po’ di sollievo.

Nel mese di maggio, che in Siria dai cristiani è molto sentito come il mese dedicato a Maria,abbiamo pensato che avremmo potuto anche proporre di recitare insieme il Rosario, come abbiamo poi fatto in una delle visite. Al termine, una delle persone a nome di tutte ci ha detto: «Grazie, grazie infinite di questo momento, ne avevamo estremamente bisogno”. L’esperienza più significativa che stiamo facendo è certamente quella della reciprocità: non c’è chi dà e riceve ma tutti diamo e riceviamo, ci sentiamo davvero fratelli e sorelle, una sola famiglia.


Una commovente telefonata mondiale con i membri del Movimento dei Focolari nel Paese allo stremo delle forze riporta l’attenzione sulla forza della preghiera e dell’aiuto concreto.
«"Noi stiamo bene. Da Damasco e da Aleppo vi salutiamo! In questo momento un gruppo di noi è ad un incontro di giovani, che si fa ormai da due mesi regolarmente in una parrocchia, perché vogliono conoscere l’ideale dell’unità.
Certo, la “notte” nel Paese si fa sempre più scura, non si sa fino a quando ce la faremo a resistere sia a livello di stress, che a livello economico. I prezzi sono alle stelle, la gente nella grande maggioranza pensa solo a garantirsi il cibo, perché tutto il resto è diventato superfluo e questo per persone abituate a lavorare è come uno schiaffo, sentono che anche la loro dignità è stata calpestata da questa guerra.
In tante località o quartieri poi si convive con il rischio, quando si esce di casa, ci si chiede: rientreremo? Ci sono poi i due Vescovi e i due sacerdoti rapiti di cui non si sa assolutamente nulla e per i quali si levano preghiere incessanti come per le altre persone rapite.
Ma in questa “notte”, ve lo possiamo assicurare, c’è una luce molto forte e sono le parole di Gesù, l’insegnamento di Chiara Lubich, che ci ripete di vivere l’attimo presente, di amare, restare uniti, tenere viva la presenza spirituale di Gesù tra noi.
E allora ecco il miracolo che davvero ci stupisce: viviamo “fuori di noi”, per gli altri, non pensiamo che ad amare, a disarmarci continuamente di fronte ai risentimenti o anche alla rabbia che si può provare nel cuore, a migliorare i rapporti tra noi e con tutti. Questo ci fa restare in una certa normalità, ci dà la pace e in tanti sentiamo che è proprio qui il nostro posto, perché proprio qui si può portare l’unità e la serenità, e di questo la gente è assetata.
Un giovane che fa il servizio militare e lavora negli uffici, in un posto che subisce molti attacchi, ci ha raccontato che durante uno degli ultimi, molto forti, mentre scappava con i colleghi nel rifugio, si è reso conto che uno di loro era stato colpito e giaceva a terra. Per un attimo il dubbio: “Torno indietro ad amare questo fratello o continuo a scappare?”. Nel cuore, chiara, una voce che gli diceva: “Non avere paura, Io sono con te”. È tornato indietro, si è tolto la camicia per arrestare il sangue che scendeva dalla gamba e ha aspettato, sotto i colpi, l’arrivo dell’ambulanza.
In questo momento in cui ci sentiamo uniti a tutti voi, vorrei ringraziare ciascuno degli aiuti che ci arrivano in vari modi e che ogni volta ci commuovono. Sono un segno di quella realtà di famiglia che ci accompagna sempre. Sono preziosissimi, ci permettono di fare sentire a Gesù nel fratello quell’amore che ognuno di voi ha per Lui, di consolarLo, di darGli la forza di resistere e non disperare.
Se siamo qui è perché voi e tanti con voi ci siete e ci sono, e allora quindi un grandissimo grazie, grazie e un saluto speciale da tutti qui, dalla Siria».


Per aderire al progetto Emergenza Siria lanciato dall'Amu (Azione Mondo Unito), l'organizzazione non governativa del Movimento dei Focolari: chiunque voglia contribuire può indirizzare i suoi aiuti specificando la causale del versamento Siria, Emergenza Siria su
c/c postale n. 81065005
codice IBAN: IT74 D076 0103 2000 0008 1065 005
codice SWIFT/BIC: BPPIITRRXXX 

c/c bancario n. 120434 presso
Banca Popolare Etica - Filiale di Roma
codice IBAN: IT16 G050 1803 2000 0000 0120 434
codice SWIFT/BIC: CCRTIT2184D


http://www.cittanuova.it/c/429534/Diario_dalla_Siria_37.html
http://www.focolare.org/it/news/2013/06/22/siria-nella-notte-del-dolore-il-miracolo-della-solidarieta/
http://www.amu-it.eu/2013/06/26/testimonianze-dalla-siria/?lang=it