Damasco – 24 dicembre 2013
Nella sua lettera di Natale pubblicata Martedì , il Patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente Giovanni X Yazigi ha detto che " non ci sarà silenzio sul rapimento del nostro Vescovi Giovanni Ibrhaim e Paolo Yazigi ... noi ci alzeremo contro coloro che imprigionano la voce della nostra pace , e con questo voglio dire le suore e orfani di Maaloula ".
"Noi siamo ambasciatori di pace', ha detto il Patriarca, 'ma la pace non è sinonimo di capitolazione. Noi non ci arrenderemo a chi profana la nostra sacra eredità. Non rimarremo muti dopo il sequestro dei nostri vescovi, così come dei nostri sacerdoti e tutto il popolo innocente di questa terra. Siamo invitati a parlare alto e forte, in Oriente e all'estero, per denunciare coloro che hanno turbato la nostra pace (...).
"Le nostre radici crescono in profondità nella storia e nella geografia della regione ... e mentre noi siamo ambasciatori di amore e di pace , noi non saremo un sacco da boxe, le campane continueranno a suonare in Siria, accada quel che accada . "
"Amare Dio e gli altri significa che non si deve sprecare l'unità per motivi personali : Dio è dove la tranquillità regna e nei cuori pieni di amore , e vi chiedo di risolvere i problemi attraverso l'amore e la collaborazione, che è la logica della Bibbia .
Prego per i siriani in patria e all'estero , pregando per le lacrime di coloro che soffrono per essere stati spazzati via , per i senzatetto di essere consolati , per i defunti di avere la pace , e i rapiti di essere rilasciati
Prego Dio di proteggere la Siria, il Libano , Il Medio Oriente e Il mondo intero . »
Damasco (AsiaNews)
"Restate qui! Non emigrate!"; malgrado tutte le difficoltà, le chiese distrutte, le parrocchie abbandonate, le emarginazioni, i cristiani del Medio Oriente devono "rimanere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o quartiere": è l'appello acuto e commosso che Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico d'Antiochia e di tutto il Medio Oriente, rivolge ai cristiani della regione, nella lettera che egli indirizza loro per la solennità di Natale e Capodanno.
La lettera, dal titolo "Rallegrati Maria, perché hai mostrato il Cristo Signore, amante degli uomini", spiega i motivi per cui i cristiani sono necessari al Medio Oriente, anche se devono spesso soffrire di emarginazioni e violenze da parte del mondo islamico fondamentalista, proprio mentre la loro presenza è sempre più apprezzata proprio da rappresentanti musulmani. Allo stesso tempo, il lungo messaggio (17 pagine nella traduzione inglese e altrettante in quella francese), invita i musulmani a lavorare perché sia garantita ai cristiani una piena cittadinanza e uguaglianza nei diritti e nei doveri in Siria, Egitto, Iraq, Palestina e Libano.
Nelle prime pagine di sapore teologico e spirituale, il patriarca mostra il mistero della Chiesa adombrato in Maria, che offre al mondo il Cristo uomo-Dio, che testimonia la sua fede "attraverso l'amore, le opere di misericordia e i progetti di beneficenza... Così è apparsa la Chiesa nel nostro mondo arabo: essa è apparsa attraverso il suo amore, il suo servizio, le sue istituzioni e i suoi progetti".
"Questo mondo arabo e musulmano - afferma poi Gregorio - ha bisogno di noi" e addirittura "senza di noi, non vi è arabità". Egli cita un "grande uomo d'affari musulmano [il quale] ha affermato in una conferenza pubblica che il mondo arabo musulmano ha bisogno della presenza cristiana per essere arabo e musulmano, perché si realizzi la convivialità, la democrazia, la giustizia sociale, l'apertura". Ancora oltre cita lo scrittore egiziano Mohammed Hassanein Heikal, che in una conferenza del 2002, parlava a proposito dei cristiani d'Oriente: "Si nota il fenomeno dell'emigrazione dei cristiani. Non si può togliere l'attenzione a questo fenomeno, né dimenticare o ignorare le sue ragioni o cause, anche se queste ragioni sono psicologiche, in relazione al clima predominante, più che a delle realtà veritiere. Sento che l'intero panorama arabo sarà differente dal punto di vista umano, dal punto di vista della civiltà. Esso sarà senz'altro più povero, meno ricco, se questa emigrazione dei cristiani è ignorata, negletta e diviene oggetto di timori, anche ingiustificati. Quale perdita se i cristiani d'Oriente sentono, a ragione o no, che non vi è avvenire per loro e i loro figli in questo Oriente ! Allora l'Islam resterà solo, solitario in questo oriente dove nulla potrà mitigare la sua solitudine, se non la presenza ebraica, sionista e più precisamente Israele".
Il patriarca elenca poi una lunga lista di "sfide" che i cristiani della regione devono affrontare, alcune comuni a tutti gli arabi, altre specifiche per i cristiani.
Fra le prime vi sono il desiderio di sicurezza ; le fatiche per la divisione del mondo arabo ; la rinascita del mondo arabo e la collaborazione con i musulmani. Fra le seconde vi sono il desiderio di non essere considerati cittadini di seconda classe; di poter diffondere il messaggio cristiano in libertà ; di garantire ai propri figli studio, lavoro, impiego senza emarginazioni; di separare religione e politica; di fermare la crescita di movimenti islamisti fondamentalisti che eliminano lo spazio per l'altro.
Per Gregorio III queste sfide vanno affrontate insieme, da cristiani e musulmani. Soprattutto "la lotta contro l'estremismo il fondamentalismo e il Takfir [la condanna a morte per apostasia-ndr]" è anche nell'interesse del mondo musulmano.
Per il patriarca, tutti questi sommovimenti del mondo arabo, che portano l'islam all'estremismo, sono causati da un'altra grande sfida che va affrontata: il conflitto israelo-palestinese, "grande causa dell'emigrazione dei cristiani, ma anche dei musulmani" e "radice della serie di crisi che continuano a diffondersi sugli arabi, musulmani e cristiani, in Palestina e altrove, dal 1948".
Con toni molto espliciti, Gregorio afferma che questo conflitto non è risolto anche a causa delle divisioni del mondo arabo e dei suoi governanti, che danno la priorità "agli interessi propri di ogni Paese, di ogni partito".
Il mondo arabo ha bisogno dei cristiani che contribuiscano alla sua evoluzione nella giustizia, manifestando "i valori del Vangelo", rendendo presente il Cristo "nella loro vita, condotta, presenza, testimonianza, impegno... con la loro azione politica, il servizio nei differenti settori della vita sociale".
"Per questo - si dice nell'appello a restare - noi esortiamo i nostri fedeli e li chiamiamo alla pazienza nelle tribolazioni, soprattutto in questo tsunami di crisi soffocanti, distruttrici, sanguinose e tragiche del nostro mondo arabo, soprattutto in Siria, come pure in Egitto, in Iraq, in Palestina e in Libano, in gradi differenti. Noi li esortiamo a non emigrare, a essere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o nel loro quartiere, malgrado le difficoltà che tutti conosciamo. Noi preghiamo per le numerose vittime, il cui numero cresce di giorno in giorno. Noi siamo colpiti dal dolore e dalle sofferenze dei feriti nei nostri ospedali e con coloro che portano degli handicap. Facciamo tutti gli sforzi possibili per alleviare questa pena acuta di milioni di nostri concittadini, sfollati e destabilizzati all'interno o all'esterno della Siria, e per ottenere la liberazione di coloro che sono stati rapiti, come i due Metropoliti di Aleppo, e altri sacerdoti e fedeli nostri concittadini. Sì, noi vogliamo ad ogni costo preservare questa presenza cristiana forte, credente, convinta, resistente, profonda, aperta, interattiva, dialogante, attiva, influente, calma, capace di portare la testimonianza e il vessillo dei valori cristiani, della vera visione cristiana, nel nostro mondo a maggioranza musulmana, perché vi si manifesti il Cristo Gesù, Dio amico degli uomini".
Il patriarca greco-cattolico ricorda poi alcune delle violenze accadute a Tripoli, Saida e Beirut in Libano; a Baghdad, a Maaloula e in altre parti della Siria e in Egitto, e avvicina la situazione dei cristiani a quella delle madri dei santi Innocenti e di "Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più" (Geremia 31,15; Matteo 2,18). Ma nonostante ciò, egli ribadisce la sua contrarietà all'emigrazione dei cristiani.
Nel fare gli auguri per Natale e il nuovo anno, egli fa notare come nella comunità internazionale vi è più attenzione verso la situazione siriana, soprattutto grazie all'interesse e alla preghiera di papa Francesco, ed esprime una discreta speranza nella futura conferenza di pace (Ginevra II).
"Come papa Francesco è stato vicino a noi per portare la croce della Siria - conclude - così io chiedo a tutti di portare con noi questa croce, aiutandoci a giungere all'alba della resurrezione".
http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III:-Cristiani-del-Medio-Oriente,-non-emigrate!-29907.html
http://www.zenit.org/fr/articles/je-veux-rester-ici-afin-de-manifester-le-christ-ami-des-hommes
http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Patriarchal-Christmas-Letter-2013
La sorgente del cristianesimo si svuota dei cristiani
Dall'inizio di questo millennio, rivoluzioni e guerre sconvolgono i paesi del Medio Oriente in nome della democrazia, uccidendo l'uomo e distruggendo e profanando le Chiese
Roma, Fadi Sotgiu Rahi . (Zenit.org)
Il cristianesimo ha vissuto una storia piena di amore, di accoglienza, di testimonianza, di donazione, di martirio e di santità… Anche oggi, attraversa una fase importante nella sua storia moderna, in particolare in Medio Oriente, dove testimonia la sua fede nella Trinità unico Dio e dove dà la sua vita per quello che ci ha dato la Sua Vita.
Dall’Oriente, infatti, Dio fece spuntare nel mondo la luce della verità. Dall’Oriente Dio si è incarnato in Suo Figlio Gesù Cristo. Dall’Oriente il mondo conobbe la salvezza del mondo tramite il Salvatore che nacque per darci la vita.
Dall’inizio di questo millennio, rivoluzioni e guerre stanno sconvolgendo i paesi arabi nel nome della democrazia, uccidendo l’uomo, cioè l’immagine di Dio sulla terra, distruggendo le chiese, cioè le case di Dio, profanando le cose sante in nome del Dio dell’Islam.
In Egitto, il paese in cui la Sacra Famiglia ha trovato rifugio durante l’infanzia di Gesù, i cristiani copti stanno offrendo a Dio sacrifici quotidiani tra martiri e vittime a causa della loro professione di fede e della loro fedeltà a Cristo. In Iraq, nella terra di Abramo, non mancano le auto-bombe davanti le Chiese e nei quartieri cristiani.
Da Damasco, la città di S. Paolo, la voce della Chiesa locale - il Patriarca della Chiesa Greco Cattolica Melchita, Gregorio III Laham – ha confermato in più occasioni la sofferenza e la lunga Via Crucis dei cristiani in Siria. Durante questi ultimi due anni, infatti, sono state danneggiate circa 60 Chiese e si contano oltre 120.000 vittime, di cui la maggior parte cristiani. Intanto continuano a svuotarsi diversi paesi di antica cristianità, come Maalula e Saydanaya, e non si possono dimenticare i 6 milioni di rifugiati in Libano.
Tutte le Chiese Cattoliche e Ortodosse di vari riti stanno soffrendo e partecipano a questo martirio e questa croce contro i cristiani. I due vescovi ortodossi rapiti da mesi e le 13 suore sequestrate 15 giorni fa in Siria, di cui ancora non si hanno notizie, mettono alla prova la fede dei cristiani siriani, che tuttavia non si scoraggia.
Dicono che i cristiani del Medio Oriente siano una minoranza. È giusto questo a livello numerico, perché i cristiani sono 15 milioni sui 523 milioni di arabi. Nessuno, però, può negare che essi risiedano in quelle terre da 600 anni prima dei musulmani e che convivano da quasi 1600 anni insieme. Nonostante tutto.
È vero che tantissimi cristiani hanno lasciato i loro paesi cercando una vita migliore e degna della loro dignità umana, ma è anche vero che in quei luoghi ci sono ancora tantissime persone che rifiutano di lasciare la loro terra, preferendo testimoniare e morire là dove sono nati. Il popolo di Dio, la Sua Chiesa, è sempre una, nonostante la sofferenza che vive in Medio Oriente. Una sofferenza che non è solo di una parte della Chiesa, ma della Chiesa intera.
La Chiesa d’Occidente, infatti, non può osservare la Chiesa d’Oriente salire sulla via del Golgota e restare ferma, senza darle una mano a portare la croce come Nicodemo. I cristiani orientali sperano tanto nelle voci dei cristiani occidentali, finora purtroppo silenziose.
Gregorio III: Cristiani del Medio Oriente, non emigrate!
Damasco (AsiaNews)
"Restate qui! Non emigrate!"; malgrado tutte le difficoltà, le chiese distrutte, le parrocchie abbandonate, le emarginazioni, i cristiani del Medio Oriente devono "rimanere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o quartiere": è l'appello acuto e commosso che Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico d'Antiochia e di tutto il Medio Oriente, rivolge ai cristiani della regione, nella lettera che egli indirizza loro per la solennità di Natale e Capodanno.
La lettera, dal titolo "Rallegrati Maria, perché hai mostrato il Cristo Signore, amante degli uomini", spiega i motivi per cui i cristiani sono necessari al Medio Oriente, anche se devono spesso soffrire di emarginazioni e violenze da parte del mondo islamico fondamentalista, proprio mentre la loro presenza è sempre più apprezzata proprio da rappresentanti musulmani. Allo stesso tempo, il lungo messaggio (17 pagine nella traduzione inglese e altrettante in quella francese), invita i musulmani a lavorare perché sia garantita ai cristiani una piena cittadinanza e uguaglianza nei diritti e nei doveri in Siria, Egitto, Iraq, Palestina e Libano.
Nelle prime pagine di sapore teologico e spirituale, il patriarca mostra il mistero della Chiesa adombrato in Maria, che offre al mondo il Cristo uomo-Dio, che testimonia la sua fede "attraverso l'amore, le opere di misericordia e i progetti di beneficenza... Così è apparsa la Chiesa nel nostro mondo arabo: essa è apparsa attraverso il suo amore, il suo servizio, le sue istituzioni e i suoi progetti".
"Questo mondo arabo e musulmano - afferma poi Gregorio - ha bisogno di noi" e addirittura "senza di noi, non vi è arabità". Egli cita un "grande uomo d'affari musulmano [il quale] ha affermato in una conferenza pubblica che il mondo arabo musulmano ha bisogno della presenza cristiana per essere arabo e musulmano, perché si realizzi la convivialità, la democrazia, la giustizia sociale, l'apertura". Ancora oltre cita lo scrittore egiziano Mohammed Hassanein Heikal, che in una conferenza del 2002, parlava a proposito dei cristiani d'Oriente: "Si nota il fenomeno dell'emigrazione dei cristiani. Non si può togliere l'attenzione a questo fenomeno, né dimenticare o ignorare le sue ragioni o cause, anche se queste ragioni sono psicologiche, in relazione al clima predominante, più che a delle realtà veritiere. Sento che l'intero panorama arabo sarà differente dal punto di vista umano, dal punto di vista della civiltà. Esso sarà senz'altro più povero, meno ricco, se questa emigrazione dei cristiani è ignorata, negletta e diviene oggetto di timori, anche ingiustificati. Quale perdita se i cristiani d'Oriente sentono, a ragione o no, che non vi è avvenire per loro e i loro figli in questo Oriente ! Allora l'Islam resterà solo, solitario in questo oriente dove nulla potrà mitigare la sua solitudine, se non la presenza ebraica, sionista e più precisamente Israele".
Il patriarca elenca poi una lunga lista di "sfide" che i cristiani della regione devono affrontare, alcune comuni a tutti gli arabi, altre specifiche per i cristiani.
Fra le prime vi sono il desiderio di sicurezza ; le fatiche per la divisione del mondo arabo ; la rinascita del mondo arabo e la collaborazione con i musulmani. Fra le seconde vi sono il desiderio di non essere considerati cittadini di seconda classe; di poter diffondere il messaggio cristiano in libertà ; di garantire ai propri figli studio, lavoro, impiego senza emarginazioni; di separare religione e politica; di fermare la crescita di movimenti islamisti fondamentalisti che eliminano lo spazio per l'altro.
Per Gregorio III queste sfide vanno affrontate insieme, da cristiani e musulmani. Soprattutto "la lotta contro l'estremismo il fondamentalismo e il Takfir [la condanna a morte per apostasia-ndr]" è anche nell'interesse del mondo musulmano.
Per il patriarca, tutti questi sommovimenti del mondo arabo, che portano l'islam all'estremismo, sono causati da un'altra grande sfida che va affrontata: il conflitto israelo-palestinese, "grande causa dell'emigrazione dei cristiani, ma anche dei musulmani" e "radice della serie di crisi che continuano a diffondersi sugli arabi, musulmani e cristiani, in Palestina e altrove, dal 1948".
Con toni molto espliciti, Gregorio afferma che questo conflitto non è risolto anche a causa delle divisioni del mondo arabo e dei suoi governanti, che danno la priorità "agli interessi propri di ogni Paese, di ogni partito".
Il mondo arabo ha bisogno dei cristiani che contribuiscano alla sua evoluzione nella giustizia, manifestando "i valori del Vangelo", rendendo presente il Cristo "nella loro vita, condotta, presenza, testimonianza, impegno... con la loro azione politica, il servizio nei differenti settori della vita sociale".
"Per questo - si dice nell'appello a restare - noi esortiamo i nostri fedeli e li chiamiamo alla pazienza nelle tribolazioni, soprattutto in questo tsunami di crisi soffocanti, distruttrici, sanguinose e tragiche del nostro mondo arabo, soprattutto in Siria, come pure in Egitto, in Iraq, in Palestina e in Libano, in gradi differenti. Noi li esortiamo a non emigrare, a essere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o nel loro quartiere, malgrado le difficoltà che tutti conosciamo. Noi preghiamo per le numerose vittime, il cui numero cresce di giorno in giorno. Noi siamo colpiti dal dolore e dalle sofferenze dei feriti nei nostri ospedali e con coloro che portano degli handicap. Facciamo tutti gli sforzi possibili per alleviare questa pena acuta di milioni di nostri concittadini, sfollati e destabilizzati all'interno o all'esterno della Siria, e per ottenere la liberazione di coloro che sono stati rapiti, come i due Metropoliti di Aleppo, e altri sacerdoti e fedeli nostri concittadini. Sì, noi vogliamo ad ogni costo preservare questa presenza cristiana forte, credente, convinta, resistente, profonda, aperta, interattiva, dialogante, attiva, influente, calma, capace di portare la testimonianza e il vessillo dei valori cristiani, della vera visione cristiana, nel nostro mondo a maggioranza musulmana, perché vi si manifesti il Cristo Gesù, Dio amico degli uomini".
Il patriarca greco-cattolico ricorda poi alcune delle violenze accadute a Tripoli, Saida e Beirut in Libano; a Baghdad, a Maaloula e in altre parti della Siria e in Egitto, e avvicina la situazione dei cristiani a quella delle madri dei santi Innocenti e di "Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più" (Geremia 31,15; Matteo 2,18). Ma nonostante ciò, egli ribadisce la sua contrarietà all'emigrazione dei cristiani.
Nel fare gli auguri per Natale e il nuovo anno, egli fa notare come nella comunità internazionale vi è più attenzione verso la situazione siriana, soprattutto grazie all'interesse e alla preghiera di papa Francesco, ed esprime una discreta speranza nella futura conferenza di pace (Ginevra II).
"Come papa Francesco è stato vicino a noi per portare la croce della Siria - conclude - così io chiedo a tutti di portare con noi questa croce, aiutandoci a giungere all'alba della resurrezione".
http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III:-Cristiani-del-Medio-Oriente,-non-emigrate!-29907.html
http://www.zenit.org/fr/articles/je-veux-rester-ici-afin-de-manifester-le-christ-ami-des-hommes
http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Patriarchal-Christmas-Letter-2013