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domenica 24 novembre 2013

Adotta un jihadista


di don Salvatore Lazzara 

Uno studio della Fondazione internazionale “Thomson Reuters”, sulla primavera araba, conferma il fallimento della stessa dopo aver analizzato i 22 Stati membri della Lega araba. Il rinnovamento si è trasformato in catastrofe culturale con grandi implicazioni di emergenza umanitaria nei paesi dove sono ancora in atto scontri armati, per mano dei mercenari travestiti da “liberatori di regime”.
La prova più evidente è rappresentata dalla campagna propagandata in Kuwait: con 2.500 dollari si può adottare un jihadista. E’ questo il tariffario presentato nella campagne di raccolta fondi (nella foto 1),  a favore dei movimenti jihadisti che combattono in territorio siriano. Le campagne assumono spesso contorni grotteschi, con talloncini dorati o argentati a seconda se si è contribuito ad acquistare 50 proiettili da cecchino (o 500 da fucile) oppure 8 proiettili da mortaio.
Pochi mesi fa una campagna è riuscita perfino – a detta dei suoi organizzatori – a formare un’intera brigata di 12.000 uomini armati da mandare a combattere in Siria. L’emergere di queste fonti di finanziamento private e sconnesse dai giochi diplomatici imbastiti dai governi coinvolti nel conflitto è un fenomeno crescente, e che potrebbe tramutarsi in un ulteriore ostacolo per la pace nel martoriato paese mediorientale.
Secondo gli analisti, che osservano con crescente preoccupazione il fenomeno, esso sta creando delle dinamiche autonome e indipendenti dai progressi della diplomazia. Dai dati forniti dalle grandi agenzie internazionali di valutazione, emerge con preoccupazione un altro dato allarmante di cui nessuno parla: dopo la caduta di Mubarak, l’Egitto è diventato il Paese peggiore per la sopravvivenza delle donne nel mondo arabo; l’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein, sprofonda sempre di più a causa dei continui attentati, in condizioni sempre più arretrate; l’Arabia Saudita sta attraversando un momento di involuzione culturale a causa dei rigurgiti fondamentalisti; non va meglio in Tunisia che con Ben Ali, era stata indicata come esempio di Islam moderno e laicista. Dagli ultimi eventi, sembra apparire sempre più integralista.

Dentro lo scenario presentato, si muovono i piccoli ma potenti stati come il Kuwait, governato da una monarchia parlamentare. In quella regione mediorientale l’azione di controllo della polizia non è capillare e opprimente come nelle altre monarchie assolute del Golfo. Questo dà maggiore spazio di manovra ai gruppi integralisti che desiderano sponsorizzare la jihad internazionale. Nessuna sorpresa per chi, correttamente, riteneva che le Primavere arabe non fossero vere Rivolte popolari, bensì golpe mascherati, che l’Occidente con straordinaria insipienza ha incoraggiato e sostenuto. Oggi quei Paesi, a cominiciare dall’ Egitto e  dalla Tunisia, sono più arretrati e più instabili di prima. Sono guidati da governi (?) autoritari non dissimili e sovente addirittura più oppressivi di quelli di Mubarak e Ben Ali. La Libia, di cui nessuno parla, è dilaniata da guerre tribali; la Siria come stiamo approfondendo, sprofonda in una guerra civile sanguinosa, finanziata dai fondamentalisti religiosi, che rischia di durare per molti anni, in Iraq ogni scintilla provoca stragi e destabilizzazioni politiche.

Chi sono gli organizzatori di queste campagne destabilizzanti  e di conseguenza quali gruppi sostengono e finanziano?  Spesso i donatori fanno capo a un singolo “sheikh”, un capo religioso locale che ha contatti propri in Siria. Altre volte sono gruppi legati perfino a rappresentanti del parlamento, dove la minoranza salafita ha una sua piccola delegazione. I soldi vengono trasferiti attraverso travel-check, trasferimenti bancari o perfino valigie zeppe di contanti che vengono fatte pervenire direttamente nel paese. I gruppi che ricevono questi fondi e li usano sono spesso piccole unità appartenenti a quella galassia di brigate– normalmente indipendenti l’una dall’altra – che combattono il regime di Bashar al-Assad.
Il più delle volte per accedere a questi fondi tali unità – spesso formate da stranieri – devono dimostrare le loro credenziali religiose di salafiti e dichiarare la loro ferma intenzione di portare avanti un conflitto di tipo settario contro gli “eretici sciiti” e alauiti (la setta musulmana di cui fa parte il clan Assad). I gruppi di donatori kuwaitiani, dal canto loro, li incitano sui social media ad uccidere quanti più “miscredenti” possibili. Altre volte a ricevere questi fondi sono però gruppi più grandi e organizzati come l’Isis (al-Qaeda in Iraq e nel Levante) e Jihbat al-Nusra, direttamente collegati alla rete di al-Qaeda e diventati col tempo i gruppi meglio equipaggiati e più efficaci dell’opposizione siriana.
Spesso, come accade per le “adozioni a distanza”, i mujahidin, grati dell’aiuto ricevuto, mandano ai propri sostenitori dei video di ringraziamento (potete vederlo qui sotto), dove mostrano orgogliosamente le armi acquistate con i loro denari.



La presenza di ingenti canali di finanziamento privato permetterebbe infatti ai gruppi più oltranzisti di continuare a combattere rifiutando ogni intesa diplomatica raggiunta a livello internazionale. E in parte questo si sta già avverando, con la frantumazione dell’opposizione armata e il progressivo isolamento della sua componente più laica.


Domanda: qualcuno ammetterà mai le proprie colpe? E, soprattutto, nelle grandi cancellerie dei Paesi occidentali – a cominciare ovviamente dagli Stati Uniti – qualcuno avrà capito la lezione? Dodici anni di clamorosi errori strategici sono trascorsi invano?
DonSa


Un jihadista adottato con 2.550 dollari, in preghiera.
Un jihadista adottato con 2.550 dollari, in preghiera.

Le fonti del post sono tratte dall’articolo di Eugenio Dacrema www.linkiesta.it

http://www.papaboys.org/siria-finanzia-col-tuo-denaro-la-jihad/

venerdì 22 novembre 2013

La sfida della permanenza dei cristiani in Medio-Oriente. "Non incoraggiate i cristiani ad emigrare, ma favorite le condizioni perchè possano restare"




DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


......
Il mio pensiero si rivolge in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa – l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti – la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. E’ «la luce dell’Oriente» che «ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole che sorge (Lc 1,78), Gesù Cristo, nostro Signore» . Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni.
Grande preoccupazione destano le condizioni di vita dei cristiani, che in molte parti del Medio Oriente subiscono in maniera particolarmente pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto. La Siria, l’Iraq, l’Egitto, e altre aree della Terra Santa, talora grondano lacrime. Il Vescovo di Roma non si darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente, facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e a professare liberamente la propria fede.
Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono.

Il dolore dei più piccoli e dei più deboli, col silenzio delle vittime, pongono una domanda insistente: «Quanto resta della notte?» (Is 21,11). Continuiamo a vigilare, come la sentinella biblica, sicuri che il Signore non ci farà mancare il suo aiuto. Mi rivolgo, perciò, a tutta la Chiesa per esortare alla preghiera, che sa ottenere dal cuore misericordioso di Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera disarma l’insipienza e genera dialogo là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera e perseverante, renderà la nostra voce mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche dai Responsabili delle Nazioni.
Il mio pensiero va infine a Gerusalemme, là dove tutti siamo spiritualmente nati (cfr Sal 87,4). Le auguro ogni consolazione perché possa essere veramente profezia di quella convocazione definitiva, da oriente a occidente, disposta da Dio (cfr Is 43,5). I beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, instancabili operatori di pace sulla terra, siano nostri intercessori in cielo, con la Tuttasanta Madre di Dio, che ci ha dato il Principe della Pace. Su ciascuno di voi e sulle amate Chiese Orientali invoco la Benedizione del Signore.

 http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/november/documents/papa-francesco_20131121_plenaria-congreg-chiese-orientali_it.html




Grégoire III : « Nos plaies sont grandes, mais nous avons un rôle à jouer »

Alors que se tient à Rome une rencontre entre les primats des Églises catholiques orientales et le pape François, le patriarche melkite Grégoire III Laham s’inquiète de l’exode des chrétiens, notamment ceux de Syrie, dont il considère l’influence décisive pour l’avenir de la région.

leggi su:  http://www.la-croix.com/Religion/Actualite/Gregoire-III-Nos-plaies-sont-grandes-mais-nous-avons-un-role-a-jouer-2013-11-21-1064143

Why attack places of worship, and especially churches?


The Syrian crisis is severely affecting various sectors of civilian life and the number of victims of this “world” war is growing day by day. In this war against Syria the nature of th...e so-called opposition no longer resembles what it appeared to be on 16 March 2011 at the outset of the crisis.

Evidence of that can be found in the statements of envoy Lakhdar Brahimi and Mr Kofi Anan published in several European newspapers in September 2013, that there are some two thousand foreign groups fighting in Syria. They are all Salafist fundamentalists and extremists, relentlessly killing in cruel fashion in the name of Islam, although Islam has nothing to do with them or they with it.

These groups have committed the most cruel crimes and bestial acts that have horrified the minds of those who saw them on television or on modern social communication media and hurt the feelings of every man, woman and child both at home and abroad. It represents a return to the darkest episodes of antiquity and has even outstripped them.…

Those hordes have destroyed and laid waste places of worship (mosques and churches), and looted statues, furnishings, icons of Our Lord, the Virgin Mary and the saints.

Never before in its history has Syria experienced any such monstrous, criminal acts. All Christian and Muslim citizens used to live in harmony, affection, solidarity, mutual help, national community … such that it was considered an Arab and world model.

We wonder at these deeds and address the doers, reminding them of their humanity and the fact that they are created in the image and likeness of God, they are precious in God’s eyes and we acknowledge their worth, which is common to us all... We wonder and ask them, why do you commit these actions? Why destroy mosques and churches? They know very well that our churches are schools of peace and our institutions fields of service and dedication and that we have no political party, no hatred in our hearts, no vengeance against anyone whatsoever. On the contrary, we are agents of peace calling for love, living together, solidarity, reconciliation and forgiveness...

In writing this appeal, it is not at all my intention to condemn or judge those who destroy our churches: God alone is Judge. Instead we forgive them and pray for them and their salvation, imploring God to open their eyes to the beauty of faith, love, friendship, and tenderness that fills the pages of the Qur’an in every verse - the compassion of God for all. We advise and request them to return to their own countries and there live a humane, worthy life in their families and among their own people.

We write these lines and report the facts about the destruction of mosques and especially churches, and the inhumane acts, so that the world can wake up and open its eyes to the realisation of the true brutal reality of these things reported, and work to stop them and halt all kinds of killing and violence, for the victim of all this is man, created in the image and likeness of God.

We call upon everyone to coordinate their efforts and those of Arab and other countries to prevent such cruelties against the dignity of man, because they are war crimes against humanity. It is not always the perpetrator who is responsible, but the one who does not work to prevent and condemn them, but rather encourages, incites and funds them with money and weapons and fills hearts with hatred and enmity...

We decided to give the information contained in this appeal to highlight the brutality of these acts. We hope for the world’s conscience to be aroused to the realisation of this state of affairs and for everyone to agree to walk along the path of peace to Geneva II to build a new world where love and the values of our holy faith reign, as this should be the road for all of us Christian and Muslim politicians and leaders, and Eastern and Western heads of state. That is how we can respond to Pope Francis’s appeal, "No more war." That is why we are publishing these gloomy, black lists in the Appendix (attached).

We extend this appeal with an open evangelical Christian spirit of love to the conscience of those who have committed and continue to commit these actions and attacks, especially against Christian places of worship. We appeal to the conscience of those who stand behind them and even to the conscience of the whole world.

We hope and pray for the cessation of these actions that are destroying not just places of worship, but the image of God in man and are causing all kinds of suffering, disaster, grief and destruction.

I ask my dear faithful not to allow forgiveness to give way to hatred in your hearts. Resist feelings of fear, anxiety, frustration and discouragement despite the various reasons for them of which we are all aware. Face up to this with patience and faith. Do not leave; do not abandon your homeland Syria, which has been rightly called the cradle of Christianity! We have our origins and roots here, going back over two thousand years of history.

I hope that anyone reading this letter may accept it in a positive, civilised way.

We pray, Christ our God, confirm the holy Orthodox faith in our churches and monasteries unto ages of ages! Lord, save thy people and bless thine inheritance. Grant peace to Syria and to the world. And keep thy faithful!

Commemorating our most holy, most pure, most blessed and glorious Lady, Mother of God and ever-Virgin Mary, let us invoke her intercession and protection, and let us entrust one another and all our lives unto Christ our God! Deliver us, O Virgin, from every temptation, barbarian invasion and peril that we deserve due to our sins.

With my love and blessing

Gregorios III Patriarch

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Why-attack-places-of-worship-and-especially-churches




A l'heure de la rencontre du pape et des Patriarches des Église orientales, Mgr Gollnisch revient sur leurs préoccupations, et les enjeux de la rencontre.


Le Pape a rencontré hier, au Vatican, les patriarches et archevêques des Églises orientales. Que doit-on attendre de cette rencontre ? 
Mgr Pascal Gollnisch : Cette rencontre prend place dans ce que l’on appelle la plenaria de la Congrégation pour les Églises orientales, c’est-à-dire une réunion de tous les conseils de cette Congrégation, qui est composée de cardinaux et d’évêques du monde entier.
C’est une réunion habituelle – la dernière a eu lieu en 2009 avec Benoît XVI – qui permet de discuter des orientations à prendre pour les trois années à venir. À cette occasion, le pape rencontre les patriarches des Églises historiques – Antioche, Alexandrie, Jérusalem, Damas, Bagdad – et les archevêques majeurs – sortes de patriarches dans des pays comme l’Éthiopie, l’Ukraine, la Roumanie, et l’Inde.
Ils vont pouvoir s’exprimer devant le pape et dire quelles sont leur préoccupations.
Plusieurs points devraient être évoqués :
  • la vie de ces Églises dans les pays qui sont actuellement en conflit – la Syrie, l’Égypte et l’Irak en particulier –,
  • les négociations diplomatiques entre le Saint-Siège et l’État d’Israël pour fixer le statut administratif des communautés chrétiennes en Terre Sainte,
  • la manière dont fonctionnent ces Églises,
  • la question du dialogue interreligieux et des relations avec l’Islam.
  • Une autre question qui sera sûrement abordée concerne la diaspora des chrétiens orientaux qui ont quitté leur pays d’origine. Cette diaspora est importante, notamment en Europe – par exemple en Suède – mais aussi au Canada, aux États-Unis, en Amérique latine et en Australie. Cette diaspora appauvrit d’un côté les territoires historiques, mais peut en même temps être une force car les chrétiens de la diaspora apportent un soutien à leur Église d’origine.
SB Sako et Mgr Gollnisch
SB Sako et Mgr Gollnisch
Le patriarche irakien, Mgr Sako, a récemment dénoncé la délivrance de visas aux chrétiens d’Irak par les ambassades et consulats étrangers, déclarant qu’il y avait « toute une stratégie pour aider les chrétiens à quitter l’Irak », même dans les zones où ils ne sont pas menacés. Qu’en pensez-vous ?
Mgr Pascal Gollnisch : Notre position est très claire sur ce point. Un certain nombre de chrétiens souhaitent quitter leur pays, surtout si ce pays est dans une situation difficile. Nous ne portons pas de jugement moral sur leur départ, mais nous sommes là pour aider ceux qui veulent rester. Je pense que nous n’avons pas à encourager ce départ, qui est souvent enraciné dans une sorte de rêve d’un Occident fantasmé. Or nous savons bien que l’Occident a aussi des difficultés. Je pense qu’il faut éviter que les diplomaties occidentales poussent à l’arrivée de chrétiens.
Il y a des effets d’annonce dans lesquels nous ne nous retrouvons pas, par exemple lorsque la France dit qu’elle va accueillir 500 réfugiés syriens, ou que l’Allemagne va en recueillir 3000. Nous ne nous reconnaissons pas dans ce type d’annonces parce que je pense que ce dont ont d’abord besoin ces réfugiés, c’est d’être aidés globalement.
Si on en accueille 500 en France – les réfugiés syriens sont entre 1,7 et 2 millions – à quoi cela sert-il ? En revanche, les moyens mis en œuvre pour les accueillir ici pourraient être utilisés sur place, en Jordanie, au Liban, en Turquie etc. Ensuite, comment choisir ces réfugiés ? Sur quels critères ? Pourquoi ces 500 et pas d’autres ? S’il y a effectivement des familles spécialement visées, menacées ou blessées, alors oui, il faut que la France les accueille dans le cadre général d’un accueil de réfugiés politiques.
Si les chrétiens veulent en effet émigrer, il est important qu’ils s’intègrent, mais également qu’ils gardent les racines de leur pays d’origine et qu’ils fassent en quelque sorte une «diaspora de soutien » pour leur Église d’origine.

Les minorités chrétiennes d’Orient sont-elles prêtes à rester dans leur pays au risque d’être menacées ?
Mgr Pascal Gollnisch : Oui, elles restent sur leurs terres au risque d’être persécutées. Il y a 500 000 catholiques en Irak, ils savent bien qu’ils encourent des risques…
Le véritable enjeu, c’est bien sûr d’éviter qu’ils soient persécutés, en aidant les pays concernés à avancer vers plus de modernité et vers une certaine pacification des tensions. Cela passe notamment par le fait qu’il ne faut pas qu’une majorité, sous prétexte qu’elle a été élue, s’arroge tous les droits au point de ne pas respecter ceux de ses citoyens qui appartiennent à des minorités. La maturité démocratique, c’est aussi une manière de considérer les droits des autres, et en particulier de ceux qui n’ont pas voté pour vous.
Il y a aussi certaines mouvances qui ont des volontés djihadistes et veulent sortir les chrétiens du Moyen-Orient. Il faut bien rappeler que ces courants djihadistes n’hésitent pas à multiplier aussi les crimes contre les musulmans : les musulmans modérés – par rapport aux musulmans radicaux – sont les premières victimes des djihadistes.
Il y a de nombreuses populations musulmanes qui refusent cette vision radicale, et avec lesquels les chrétiens peuvent travailler pour aider leur pays à entrer dans plus de modernité, de respect des droits de l’Homme, des libertés religieuses et qui permettront donc un avenir des chrétiens d’Orient, en Orient.

Concernant le conflit syrien, comment les minorités chrétiennes perçoivent-elles Bachar al-Assad ? Ne craignent-elles pas que la chute de Bachar al-Assad ne marque l’arrivée des islamistes au pouvoir ? 
Mgr Pascal Gollnisch : Il convient ici de dire que les communautés chrétiennes n’ont pas un point de vue unitaire. Les chrétiens peuvent faire des choix politiques différents.
Il est vrai que dans ce conflit syrien, nous voyons bien deux réalités qui ne sont pas de même nature. Sans porter de jugement sur l’un ou sur l’autre, on doit constater que d’un côté il y a un régime avec un président, un gouvernement, un État-major, une chaîne de commandement, et de l’autre côté, il y a une nébuleuse, dans laquelle ceux qu’on croit être les « grands chefs » ne font pas grand-chose, et les « petits chefs » n’en font qu’à leur tête.
Or, cette nébuleuse, que peu de gens arrivent à maîtriser, voit ses rangs djihadistes grossir, et des djihadistes violents. Par conséquent, si vous êtes chrétien, et quel que soit votre avis sur la situation et l’avenir politique de la Syrie, vous vous dites : « d’un côté il y a un régime structuré, et de l’autre, il y a l’incertitude. Que je le considère comme bien ou mal, le régime reste un moindre mal ».
Certains chrétiens préfèrent donc que le régime d’Assad reste, quitte à ce qu’il évolue (car il a évidemment des pratiques que l’on peut condamner), plutôt que de voir au pouvoir une nébuleuse inquiétante où l’on ne sait pas qui veut quoi, et dont on dit que certains veulent mettre les chrétiens hors jeu…

Quelle est la position des Églises orientales sur l’intervention étrangère dans la guerre en Syrie ?
Mgr Pascal Gollnisch : Elles ne sont pas unanimes sur cette position, mais globalement, le positionnement est un peu paradoxal. Je pense qu’elles auraient souhaité qu’aucune influence étrangère n’intervienne en Syrie.
Mais ce pays est en train de s’autodétruire, nous assistons à des drames tous les jours, et il semble que ceux qui veulent l’arrêt de cette guerre considèrent la présence de l’ONU comme indispensable à cela.

JOL Press : Aujourd’hui, certaines minorités chrétiennes d’Orient sont-elles plus menacées que d’autres ?
Mgr Pascal Gollnisch : Oui sans doute, il semblerait que les communautés arméniennes soient particulièrement visées. Mais dans l’ensemble, elles sont quand même unies dans la situation assez effroyable dans laquelle elles se trouvent.

http://www.oeuvre-orient.fr/2013/11/22/8117/

mercoledì 20 novembre 2013

pro Orantibus (dalle sorelle Trappiste in Siria)

"Domani, 21 novembre, nella memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, celebreremo la Giornata pro Orantibus, dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura. È un’occasione opportuna per ringraziare il Signore del dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso. Rendiamo grazie al Signore per le testimonianze di vita claustrale e non facciamo mancare a questi nostri fratelli e sorelle il nostro sostegno spirituale e materiale, affinché possano compiere la loro importante missione."    
Papa Francesco, 20 novembre 2013 



Carissimi fratelli e sorelle,

in questo momento, per invito del Papa, tutti i cuori sono rivolti verso la Siria e le sofferenze del suo popolo. Vogliamo innanzitutto ringraziarvi per la preghiera e il sostegno con cui ci avete accompagnato in questi due anni, scrivendoci direttamente o comunicando con Valserena. La vostra preghiera è la roccia forte che ha reso stabile la nostra casa.. e ci ha fatto vivere la comunione dell’Ordine (Cistercense). 
Ci scusiamo anche di non aver quasi mai risposto e non aver dato molte notizie : siamo rimaste per più di un anno senza internet , e qualche mese senza telefono...

Noi stiamo bene, in tutto questo tempo il Signore ci ha accompagnate con una Provvidenza indefettibile, che ci stupisce e ci rende grate; siamo davvero serene, pur nella profonda tristezza per quanto sta accadendo alla nostra terra e alla nostra gente.
Mai ci è venuto il pensiero di lasciare la Siria, anzi siamo sempre più convinte che essere qui in questo momento sia per noi una grazia. La nostra comunità di Valserena, il nostro Padre Immediato, la REM, ci hanno sostenute nella scelta di non partire, e anche di questo siamo molto grate: si è creato col nostro villaggio un legame molto forte ( ma non solo, con tutti: cristiani e musulmani; i bambini che ci salutano quando passiamo col nostro pulmino, i benzinai lungo le strade, i negozianti di Tartous dove a volte andiamo per fare rifornimenti, i militari dei posti di blocco che ci chiedono :” ma allora voi restate ?”..). 
E’ un legame forte, una condivisione totale dell’impotenza, di fronte a questa guerra che niente ha a che vedere con la libertà dei siriani e che sta passando sopra la testa di tutti ( e purtroppo sopra la vita di tanti, uccisi in modi atroci..). Non vogliamo commentare qui la vicenda siriana. Bisognerebbe dire troppo, e oggi chi vuole può trovare molte informazioni, anche “alternative” alla visione unica che è stata data acriticamente dall’inizio.
Parlano Patriarchi, parlano vescovi, Imam, uomini di cultura, ma anche semplici cittadini appartenenti a fedi diverse o a gruppi politici opposti.. Dall’Italia, in questi giorni, siamo molto sollecitate ad intervenire sui media, ed evidentemente non ci tiriamo indietro, vista la situazione grave e la parola del Papa che ci spinge a far di tutto perché si segua la via della pace.
Desideriamo dirvi qui tre cose. La prima : c’è stata davvero tanta menzogna, sulla Siria..La seconda : la vera divisione, oggi, in Siria, è tra chi accetta la via della violenza, della barbarie, e chi invece vuole a tutti i costi la pace e la convivenza. E questa scelta della pace unisce cristiani e musulmani, ed anche musulmani di diverse”confessioni” ( sciti, sunniti, drusi… ). Terza cosa : fate tutto ciò che vi è possibile per incoraggiare le vie del dialogo e della pace, per quanto difficili possano sembrare.

In questo tempo, pur nella guerra, abbiamo sempre potuto vivere regolarmente la vita monastica. Incredibilmente, anche nella paralisi della vita interna del paese, sono cresciuti i segni di vita attorno al nostro monastero : un nuovo legame con la diocesi Maronita in cui siamo inserite, e il nuovo vescovo Mons. Elias Sleiman. Quando andiamo a Tartous, il Vescovado Maronita è per noi una casa; il vescovo ci invita agli incontri diocesani ( abbiamo partecipato ad un incontro per clero e religiose sulla formazione liturgica, due o tre mesi fa) e soprattutto ci spinge a far conoscere di più la nostra vita monastica, creando giornate di spiritualità , in particolare per i giovani, sensibili alla ricerca vocazionale e che desiderano conoscere la nostra vita. E ci sono sacerdoti e religiosi che stanno sempre più entrando in amicizia con il monastero.
Ovviamente la costruzione del Monastero vero e proprio, che sarebbe dovuta iniziare due anni fa, si è fermata con l’inizio dei disordini gravi. Oltretutto, sarebbe stato impossibile, a causa delle sanzioni, procurarsi materiale edilizio. Anche ora non si trova nulla, e se si trova è di scarsa qualità. Abbiamo però potuto mantenere sempre aperto il cantiere, dando lavoro fisso ad una decina di operai, e ad altri ancora, saltuariamente. Lavorano con noi sia cristiani che musulmani. Stiamo completando ciò che era già iniziato, e soprattutto abbiamo lavorato molto sui dieci ettari di terreno della proprietà: i drenaggi, tutti i muri in pietra del perimetro di recinzione, l’uliveto, le coltivazioni, i giardini, l’irrigazione a goccia..Abbiamo anche comprato un trattore e alcuni attrezzi agricoli.
Grazie agli aiuti che sono arrivati a noi o a Valserena dagli amici e da tante persone sensibili, abbiamo potuto anche dare degli aiuti in cibo e generi di prima necessità: ad alcuni poveri dei villaggi che ci circondano, agli amici di Aleppo rimasti in condizioni disperate, e fare offerte a qualche vescovo siriano per i rifugiati interni al paese, che sono tantissimi (soprattutto nella vicina città di Tartous).
Di fatto il nostro monastero si trova nell’unica zona della Siria che, pur essendo toccata fin dagli inizi dai combattimenti, anche sanguinosi, è rimasta relativamente vivibile e senza grandi distruzioni . Vi è stata carenza di gas, di gasolio,di elettricità, mancanza di lavoro.. Il costo della vita è molto alto..Eppure non si è mai arrivati alla fame o a situazioni limite come purtroppo in tantissime altre province. Siamo sempre potute restare al Monastero, tranne per tre notti nella primavera del 2012, in cui siamo dovute scendere per sicurezza al villaggio. I combattimenti hanno infatti raggiunto anche il nostro terreno. Potevamo però tornare al Monastero di giorno, e quindi abbiamo potuto sempre celebrare l’Eucaristia nella nostra chiesa; un dono, per noi. 
Il vero pericolo, nella nostra zona, è la pressione dei gruppi fondamentalisti che premono al confine libanese, vicino a noi, per entrare e sostenere gli altri gruppi di Al Qaida, di salafiti, ecc che si trovano non lontano, sempre nella nostra provincia di Homs.
Ma la gente qui è molto solidale, e siamo protette dall’amicizia di tutti i nostri vicini..oltre che da S. Michele Arcangelo, presente tra noi in una icona che abbiamo solennemente installato al centro della casa, proprio di fronte alla piccola statua di S. Giuseppe !! meglio di così…

Aderiamo con tutto il cuore alla proposta di pace del papa, e alla preghiera che ci unisce tutti.. Cercano di uccidere la speranza, ma noi a questo dobbiamo resistere con tutte le nostre forze.
Sentiamo particolarmente significative per noi e per il nostro essere qui, come comunità monastica, le parole di Isacco il Siro :
“Tu non sei stato stabilito per pronunciare la vendetta contro le azioni e coloro che le hanno fatte, ma per invocare sul mondo la misericordia, per vegliare per la salvezza di tutto, e per unirti alla sofferenza di ogni uomo, dei giusti e dei peccatori.”


le vostre sorelle trappiste in Siria
( cronaca mandata all'Ordine in settembre '13)



La vendetta delle milizie " Qalamoun - Rankous " sul monastero di Saydnaia :

la "conquista" e la distruzione del monastero non porta alcuna  vittoria , questo attacco è assolutamente inutile militarmente . La recente costruzione della statua di Cristo , simbolo di Siria , era un simbolo di speranza per tutte le persone pacifiche . Una spina negli occhi delle milizie dei fanatici dell'opposizione siriana , un obiettivo di jihadisti settari, takfiristi e terroristi .





  video diffusi dai ribelli sugli attacchi al Monastero dei Cherubini

lunedì 18 novembre 2013

Qui Damasco: anche oggi il dolore ci ha visitato



Carissimi,


oggi e' una giornata molto brutta.
Da quando sono rientrato in patria, la tragedia sulla zona Cristiana di Damasco continua, ed i colpi di mortaio non hanno pietà di nessuno.    

Da quando e’ stato colpito il bus della scuola una settimana fa causando la morte di 5 bambini e ferimento di altri 20, le mamme dei ragazzi delle scuole hanno deciso che non mandano più i loro figli a scuola.

I colpi di mortaio arrivano tutti i giorni, al mattino presto all’ora dell'entrata in scuola ed al pomeriggio all’ora di uscire.

In questa settimana la zona nostra (Kassa-Bab Tuma) ha avuto più di 50 colpi di mortaio. Solo oggi sono arrivati più di 15 colpi.

Dove colpiscono? Colpiscono soprattutto i luoghi di raduno (piazze – scuole – fermate di bus- mercato- chiese).

Lynn, una delle maestre vittime di oggi
Stamattina e’ morto un mio caro vicino della casa dove sono nato. Siamo stati vicini di casa per più di 20 anni. Lui stava andando a scuola perchè fa l’insegnante ed il colpo del mortaio ha colpito la sua macchina causando la sua morte e ferendo altri due insegnanti che erano dentro la macchina con lui, e non si sa ancora se vivranno o no. 

Mentre stavo scrivendo queste parole sono stati colpiti altri due bus della scuola che portavano gli insegnanti, e non sappiamo quanti sono i feriti o i morti.

Noi non mandiamo i nostri figli a scuola, ma gli insegnanti devono andarci.    


Ieri la deputata Maria Saadeh ha parlato nel parlamento siriano dicendo:

“ Perche gli studenti delle scuole sono diventati un obiettivo?

Come facciamo a proteggere i nostri figli?

Noi stiamo affrontando una grande guerra e vivere come martiri fa parte del nostro destino e del nostro dovere. Ma quando la Guerra tocca i nostri figli nelle loro scuole ed in modo ben studiato, questo va oltre le leggi delle guerre, questo si chiama Crimine contro l’umanita’, e tutti devono assumere la responsabilita’ sia all’interno del paese che all’esterno. 
Percio’ chiedo a tutti voi parlamentari di scrivere una lettera e mandarla a tutti i parlamentari di tutto il mondo ed agli organi internazionali. In questa lettera chiediamo loro di muoversi e di assumere le loro responsabilita’ davanti a quello che si sta succedendo ai nostri figli.

Perchè i bambini fanno parte sia della nostra responsabilita’ che di quelli che si  occupano dei diritti dei minori…”


Ormai noi siriani  cristiani sappiamo benissimo che siamo nel mirino di questi fanatici Whaabiti aiutati dai paesi di Qatar e Arabia Saudita e Turchia. 
Ma l’Europa sa questo? La chiesa cattolica lo sa?
 Sanno che Saydnaia è in questi giorni sotto l’attacco dei gruppi fanatici? 
Sanno che Aleppo sta soffrendo la totale mancanza dei viveri (acqua-luce-benzina-cibo…)? Sanno che il fanatismo sta arrivando a casa loro?



La domanda che faccio a voi in Italia è questa:

Perchè la Rai non ha parlato e non parla degli scolari  che ogni giorno stanno morendo per colpa di mortai?… ha parlato di una manifestazione a Milano fatta ieri per il compleanno di padre Paolo ma niente dei bambini che muoiono in Siria: loro non hanno nessun valore?   

Basta sangue...

Ricordatevi di noi, 

Samaan 

Damasco, 18 novembre 2013

sabato 16 novembre 2013

Dalle ceneri della Siria crescerà un nuovo paese e un nuovo popolo


Padre Daniel  da Mar Yakub  ( venerdì 1 – 8 novembre 2013)

La battaglia di Qalamoon?

Abbiamo celebrato il 1° novembre la festa latina di tutti i Santi con una mezza giornata festiva . Nel tardo pomeriggio facciamo un’adorazione davanti al Santissimo Sacramento esposto, con preghiere e canti, e la sera concludiamo con un bel film sulla vita del grande Santo Libanese Charbel Maklouf. E’ stato un uomo davvero pieno d’ispirazione! Anche la presentazione della vita monastica in quei tempi ci piace tanto: lavorare, pregare e vivere in comunità… Tutto molto sobrio e ascetico, ma anche tanto semplice e autentico. Non c’era bisogno di apparati tecnici, nè macchine  o un ambiente sofisticato, tutto tecnico, no: tutto era fatto a mano. Non c’era fretta nè stress, nè correre da un meeting all’altro, dove ogni minuto conta per dopo sdraiarsi per ore davanti alla stupida e vuota tv. E’ vero che l’elettricità e Internet a noi mancherebbe. Già adesso siamo abbastanza irritati quando, quasi ogni giorno per minimo quattro ore non c’è elettricità. Un aspetto particolare della vita monastica orientale è che i monaci sono interamente coinvolti con la comunità dei fedeli intorno. Laici e monaci vivono, pregano e lavorano insieme con la comunità dove ognuno tuttavia può rimanere se stesso. Le comunità cristiane sono anche più modeste che quelle occidentali. Quando il film è quasi giunto alla fine, il nostro custode entra e ci consiglia di rientrare nei nostri rifugi , il più rapidamente possibile: infatti, c’è di nuovo un combattimento nelle immediate vicinanze. La buona notizia è che nel frattempo ha iniziato a piovere abbastanza. C’è da sperare che la pioggia raffreddi gli attaccabrighe. In ogni caso la pioggia non ci ha disturbato per niente.

La situazione si ripete anche domenica. Abbiamo provato a passare questo giorno libero e soleggiato nel modo più piacevole. Come al solito, abbiamo chiuso la giornata con un’ora di adorazione collettiva. Dopo una mezz’ora ci hanno consigliato di prendere qualche cosa da mangiare e di ritirarci il più velocemente  possibile nel nostro rifugio. L’abbiamo fatto e nel frattempo l’elettricità è partita. Meno male che anche questa volta i bombardamenti sono cessati in tempi brevi.
Abbiamo deciso di chiudere la giornata più presto, da lunedì prossimo, perché non è sensato  mettersi al riparo solo quando si sentono i combattimenti: e così chiudiamo l’adorazione in chiesa alle 17.15 , cantiamo i vespri e poi ci ritiriamo nei nostri rifugi mangiando una cena semplice su un materasso, sperando che l’elettricità non cada. Non è una situazione molto confortevole, ma impariamo ad accettarla. Per il resto speriamo che l’esercito nel frattempo si ricordi esattamente dove si trova il nostro monastero e che ci evitino nei loro bombardamenti . La situazione esplosiva del nostro villaggio può esacerbare ad ogni momento, ma fino ad ora non è ancora successo. Speriamo che rimanga cosi.
Sembra che “la battaglia di Qalamoon” sia cominciata. Qui si tratta del nostro territorio, al nord di Damasco. Dove è finito il tempo quando il vescovo di Damasco ci visitava, e in cui il vescovo, madre Agnes-Mariam ed io potemmo  visitare la prima “Università libera di Qalamoon”?  All’entrata sembrava una caserma: presentarsi e aspettare che qualcuno venga a cercarti e poi ti porti al rettore. Dopo di che, tutta l’ospitalità e giovialità orientali si manifestavano. Alla fine il rettore aveva chiamato una giovane studentessa per guidarci nell’università. La ragazza era molto fiera di raccontare e mostrarci tutta l’università e, come le nostre studentesse,  era piena di entusiasmo e speranza per un possibile futuro diploma e in seguito per un buon lavoro. Com’è possibile che una società così ambiziosa sia divenuta un tale inferno?

Un messaggio di pace per la popolazione Americana


Madre Agnes-Mariam e suor Carmel hanno accettato un invito per partecipare a diverse conferenze in differenti città Americane - durante il mese di novembre - sul movimento “mussalaha” (riconciliazione) , sulla situazione Siriana e sull’aiuto umanitario in Siria. Anche in America c’era una resistenza organizzata contro il messaggio di Madre Agnes-Mariam. La Madre ed anche gli organizzatori delle conferenze sono anche stati minacciati. In diversi luoghi, le conferenze della Madre sono state disturbate, ma ogni volta la Madre ha sempre provato a dialogare direttamente con questa gente e tante volte questi dialoghi hanno avuto l’effetto di una maggiore comprensione e di una rappacificazione. Sabato, 3 novembre a San Francisco, nella chiesa di Thomas Moore, la Madre ha partecipato a una funzione ecumenica. I 400 presenti venivano da differenti comunità cristiane e da svariati gruppi etnici. La funzione era abbellita da gruppi corali e solisti e il messaggio della Madre ha avuto un grande successo. Le seguenti presentazioni della Madre non sono più state disturbate ma sono state accolte con gratitudine.
Il 4 Novembre, Maired Maguire di Belfast, vincitrice di un premio Nobel per la pace, ha scritto “una lettera aperta al popolo Americano” per sostenere in modo caloroso il messaggio di madre Agnes-Mariam: Maired Maguire ha consigliato gli Americani di ascoltare e accettare il messaggio di madre Agnes-Mariam. Nel frattempo, preghiamo nella nostra comunità in modo particolare per il popolo Americano che possano ritornare alle loro origini/radici. Infatti, l’ America è stata costruita su fondamenti cristiani e dall’inizio l’America è stato un modello di franchezza (trasparenza), libertà ed ospitalità, che sono state la base del loro senso d’innovazione e creatività nel campo scientifico, tecnico e sociale.

La svolta per la Siria e per il mondo intero



La guerra crudele contra la Siria ha causato una miseria indescrivibile. I quasi 120.000 morti implicano che in quasi ogni famiglia siriana ci sono vittime da piangere. Una parte del paese è distrutta: case, scuole, ospedali, chiese, moschee, edifici pubblici, le infrastrutture e il patrimonio culturale. Milioni di Siriani sono fuggiti dalla Siria e milioni di Siriani sono profughi nel proprio paese. Tante famiglie non possiedono più casa, neanche una fonte di guadagno per sopravvivere. C’è una famiglia che è molto legata alla nostra comunità a cui diamo regolarmente aiuto finanziario che a nostra volta riceviamo dai nostri benefattori. Questa famiglia aiuta in tal modo tante altre famiglie molto bisognose, in un quartiere di Damasco; incontra situazioni gravissime, in famiglie impoverite dove prima c’erano una considerevole benessere e sicurezza. Tuttavia questa famiglia dà anche testimonianze commoventi : un proprietario di una ditta che è stata distrutta dai ribelli, rende i suoi locali disponibili per il pernottamento di famiglie bisognose. Altre famiglie che hanno ancora un po’ di soldi, aiutano altre famiglie che non hanno più niente. Anche alawiti e musulmani si uniscono alle azioni della famiglia di questi amici per aiutare le famiglie bisognose. Una signora alawita , che li ha seguiti, era tanto colpita dalla loro convinzione cristiana di carità, che adesso questa signora vuole convertirsi al cristianesimo.

Dall’altra parte, le vere distruzioni causate dai ribelli tante volte si manifestano solo quando l’esercito ha ristabilito l’ordine in loco. Il 21 ottobre i ribelli hanno invaso il villaggio di Sadad: 2500 uomini hanno potuto fuggire, 1500 famiglie sono state sequestrate. I ribelli hanno distrutto le case, gli edifici pubblici, gli ospedali e le scuole. Hanno strangolato vecchie donne e bambini. Hanno gettato più che trenta corpi in una fossa comune. La chiesa Siriana ortodossa è stata dissacrata e conquistata dai ribelli. Dappertutto hanno trovato “slogans” pieni d’insulti contro i cristiani e contro la fede cristiana. Tutto questo ha provocato un nuovo flusso di cristiani che emigrano.


Video dei funerali dei bambini vittime dei mortai dei ribelli sul St. John of Damascus Elementary School: 11/11/2013

Tuttavia questa guerra ha causato anche qualcosa di buono nella popolazione siriana: nuove e inaspettate forze si sono liberate. All’inizio della guerra, c’erano ancora tanti Siriani indifferenti; solo pochi giornalisti potevano entrare ed erano molto controllati, le manifestazioni erano vietate, etc. Oggi tutti i Siriani hanno capito che le potenze straniere hanno voluto destabilizzare il loro popolo e il loro paese e perciò adesso tutti i Siriani sono concordi  nella resistenza contro i ribelli. Oggi tanti giornalisti sono liberi di lavorare in Damasco. Il popolo - tutto insieme - sostiene la Nazione. Giovani che prima non volevano fare il loro servizio militare, oggi si presentano volontariamente all’esercito per difendere il loro paese dagli jihadisti. Tutti i differenti gruppi religiosi stanno uniti, uno al fianco dell’altro – come fratelli – per fermare questi perfidi massacri e distruzioni. Prima non si parlava di politica in pubblico. Il partito Baath governava il paese. Oggi invece la crescita dei partiti politici non è più da diffidare e si parla apertamente della politica nei bar. Oggi tutti possono candidarsi. Al primo attacco serio di Damasco, i ricchi sono partiti, i capi corrotti e ufficiali disertori aspettavano la caduta di Assad. 
Prima i servizi segreti volevano controllare tutto ma neanche sapevano che già da tanto tempo tunnel erano stati scavati e armi erano già contrabbandate nel paese e che la guerra era stata preparata da anni. Oggi i servizi segreti sono purificati e si occupano del loro incarico reale: la difesa del loro paese. Le famiglie in cui dei soldati sono caduti come martiri, sono onorate e aiutate dappertutto. Ad ogni attacco dei ribelli cresce la volontà del popolo di continuar a vivere in concordia con tutti i diversi gruppi religiosi, come in una grande famiglia. La guerra sta liberando le migliori forze di libertà, unità, fraternità ed uguaglianza nel popolo Siriano.

Se ci sarà una nuova conferenza di pace a Ginevra-2, le grandi nazioni non avranno niente da decidere sull’attuale o sul nuovo governo. Tocca solo al popolo Siriano  decidere. Al massimo possono decidere solo sul loro contributo per la ricostruzione del paese che prima essi hanno distrutto.
 Prima il sovrano Occidente agiva e parlava come “la comunità internazionale”. Adesso questa “comunità internazionale” è ridotta a USA, Israele, UK e Francia, cioè solo all’8% della popolazione mondiale. Per il momento Saudi-Arabia e Israele continuano ad aspirare invariabilmente alla destabilizzazione della Siria, ma senza il sostegno dei loro alleati precedenti. La co-esistenza pacifica dei diversi gruppi religiosi in Siria è una spina nei loro fianchi. 
La Russia ha ottenuto autorità mondiale con il suo impegno coraggioso nel campo politico e morale e ha ottenuto più alleati dell’Occidente. E con la liberazione di Al Sferia, l’esercito Siriano ha ottenuto una nuova vittoria decisiva nel Nord del paese. 
Dalle ceneri di una vittoria finale della Siria sul terrorismo internazionale crescerà un nuovo paese e un nuovo mondo.

(traduzione A. Wilking)

giovedì 14 novembre 2013

MONS. NAZZARO (ALEPPO): "STIAMO FACENDO SOFFRIRE UN POPOLO INTERO"



“Le ultime notizie di cui sono in possesso risalgono a quattro giorni fa. Ad Aleppo mancano acqua, luce, gasolio, benzina. La popolazione si sta preparando a trascorrere un altro inverno con il freddo o il gelo, perché la temperatura scende sotto lo zero”. 

Monsignor Giuseppe Nazzaro, vescovo emerito di Aleppo, ospite in questi giorni della parrocchia della cattedrale di Crema, racconta così al Sir la situazione nella città siriana, tra le più martoriate in questo conflitto. Il motivo? “I terroristi impediscono che gli approvvigionamenti arrivino in città”. 

Non usa mezzi termini il presule per denunciare questo stato di cose: “Mi domando chi ha voluto e continua a volere che si arrivasse a ciò. Tutto il mondo si deve porre la questione e dare una risposta. Stiamo facendo soffrire un popolo intero; le famiglie sono sradicate dalle proprie case. E i profughi aumentano: per quanto ne so, fino a novembre 2012 a Lampedusa o sulle spiagge della Sicilia non arrivavano profughi siriani. Siamo noi stessi che abbiamo creato i profughi, con le armi vendute ai terroristi”. 

Mons. Nazzaro punta l’indice anche contro la propaganda dei media: “Trovo inammissibile che ci accontentiamo delle fandonie che ci propinano certe televisioni e certi giornali, la realtà è un’altra. Si stanno ammazzando due fronti, l’opposizione che aveva chiesto le riforme non esiste più. Oggi in Siria ci sono terroristi che provengono da 80 Paesi. A questi interessa vendere le armi e lasciano che avvenga la distruzione”. 

“Finita la tragedia - aggiunge il vescovo - dopo aver svuotato gli arsenali e dato lavoro alle proprie industrie, si presenteranno per ricostruire la Nazione. Con la fattura da pagare: se il denaro non sarà disponibile, sistemeranno i conti portando via quello che troveranno, petrolio o gas che sia. Se non ci sarà nessuna risorsa, il popolo lavorerà come schiavo. Questa - conclude - io la chiamo neocolonizzazione”.

da : S.I. R.  13 Novembre 13

http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/11/00274295_siria_mons_nazzaro_aleppo_stiamo_facendo_.html

Pioggia di proiettili su Aleppo: 13 novembre 2013


 Due giorni fa i terroristi hanno preso di mira le scuole e i quartieri cristiani a Damasco,  oggi tre  missili anti-aerei Hawn  hanno colpito i quartieri cristiani di Aleppo .

Due missili caduti su al- Filat una zona vicino alla Chiesa del Santo Profeta Elia e l'altro di fronte alla Chiesa caldea .
Il terzo missile è esploso sulla stazione di Baghdad , vicino al fiume, all' angolo di via Albissat ... si registrano vari feriti e martiri .... 

E via di seguito per tutto il giorno... 

http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/pluie-dobus-sur-alep.html


APPELLO DI PAPA FRANCESCO A "COMBATTERE LE VERE BATTAGLIE : PER LA VITA! MAI PER LA MORTE!".  IL RICORDO DEI BAMBINI UCCISI A DAMASCO DAI MORTAI DEI TERRORISTI SULLE SCUOLE CRISTIANE 


UDIENZA .13 NOVEMBRE 2013
"Ho appreso con grande dolore che due giorni fa, a Damasco, colpi di mortaio hanno ucciso alcuni bambini che tornavano da scuola e l’autista dell’autobus. Altri bambini sono rimasti feriti. Per favore che queste tragedie non accadano mai ! Preghiamo fortemente ! In questi giorni stiamo pregando e unendo le forze per aiutare i nostri fratelli e sorelle delle Filippine, colpiti dal tifone. Queste sono le vere battaglie da combattere. Per la vita! Mai per la morte!"

mercoledì 13 novembre 2013

Come fermare la deriva islamista

I Gesuiti sul conflitto siriano: fermiamo i mercanti di armi 


Dichiarazione sulla Siria

© FCSF – Popoli
Roma, venerdì 25 ottobre 2013

Noi, Provinciali gesuiti, in qualità di Superiori Maggiori della Compagnia di Gesù in Europa e Medio Oriente, accogliamo con favore la recente dichiarazione del Santo Padre sulla Siria. Con tutta la sua forza ha sensibilizzato l'opinione internazionale sulla tragedia siriana e chiesto "a tutte le parti coinvolte nel conflitto di ascoltare la voce della loro coscienza e di non chiudersi soltanto nei propri interessi" (Papa Francesco, Angelus, 1 settembre 2013). Insieme a lui noi affermiamo che "il risultato dell'uso della violenza non è mai stata la pace" ma che l'unica via verso la pace è la cultura dell'incontro e del dialogo.

Passi verso la pace
Pertanto ci rallegriamo per la cessata minaccia degli attacchi aeri contro la Siria e incoraggiamo l'avvio del processo che mira alla distruzione di tutte le armi chimiche presenti sul suolo siriano. Accogliamo con favore l'avvio dei negoziati per una conferenza di pace sulla Siria e sollecitiamo un rapido, coraggioso e risoluto proseguimento del processo di pace. Chiediamo a tutte le parti in conflitto come anche alla comunità internazionale:
- di cercare con urgenza un cessate il fuoco garantito da un'autorità internazionale;
- di stabilire una road-map per preparare un incontro di tutte le parti in conflitto;
- di convocare una conferenza di pace che raggiunga un accordo comune a salvaguardia della vita del popolo siriano.

Mobilitazione sociale e civile
Allo stesso tempo, chiediamo anche la mobilitazione di tutte le agenzie sociali e civili per aiutare il popolo siriano ad affrontare una delle più grandi tragedie umanitarie dei nostri tempi. La cura dei rifugiati, sia all'interno che fuori del paese (circa un quarto della popolazione), il bisogno di cibo, medicine e assistenza sanitaria, la liberazione dei detenuti e degli ostaggi e la riapertura delle scuole continuano ad essere le necessità più impellenti.

Interessi in gioco
Vogliamo inoltre richiamare l'attenzione sulla necessità di riconoscere e identificare i veri interessi in gioco, sia a livello locale che regionale o internazionale, che, purtroppo, non sempre sono in sintonia con quelli del popolo siriano. In particolare, chiediamo di riflettere sulle conseguenze della produzione e vendita di armi; chiediamo di fermare la fornitura e la vendita di armi a tutte le parti in conflitto.

Discernimento  necessario
Insieme alla più vasta comunità internazionale vorremmo anche sollecitare il rifiuto di qualsiasi forma di sostegno, sia diplomatico che militare, a qualunque partito che sostiene apertamente forme di violenza, fanatismo o estremismo. Il rispetto per la dignità delle persone e dei diritti umani deve costituire il criterio e il principale punto di riferimento per qualsiasi aiuto materiale.

Comunità cristiane in Siria
Infine, vogliamo segnalare in particolare i maltrattamenti e la persecuzione delle comunità cristiane che vivono all'interno del paese. Presenti in Siria fin dall'inizio dell'era cristiana, queste comunità costituiscono un elemento inscindibile del suo tessuto sociale e della sua ricchezza culturale e contribuiscono attivamente al suo sviluppo. Soluzioni che sostengono l'esilio o l'eliminazione di queste comunità sono inaccettabili. Intendiamo incoraggiare queste comunità cristiane e assicurare che possono svolgere un ruolo prezioso nelle loro comunità tramite la fedele testimonianza del Vangelo: un Vangelo che chiede pace, giustizia, perdono, comprensione e riconciliazione.

http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Dichiarazione_sulla_Siria.aspx


Padre Karam: ormai è una guerra “tutti contro tutti”, serve una conferenza internazionale di pace


Agenzia Fides  11/11/20

  Il leader di al-Quaeda Ayman Zawahiri con un pronunciamento ufficiale ha delegittimato lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL), l'organizzazione jihadista che nell'ultimo anno aveva assunto una posizione egemonica nel fronte delle milizie anti-Assad. 
In una dichiarazione registrata alcuni giorni fa e inviata a alcuni network arabi, un portavoce di Zawahiri ha reso noto che d'ora in poi il leader dell'ISIL Abu Bakr al-Baghdadi potrà operare solo in Iraq e dovrà lasciare al fronte al-Nusra – altra fazione islamista legata a al-Quaeda, guidata da Abu Mohammad Golani – la leadership delle operazioni militari in territorio siriano. Finora le due organizzazioni si erano mosse in maniera indipendente, entrando talvolta in competizione. 
L'input inviato da al-Quaeda rappresenta un'ulteriore indiretta conferma delle contrapposizioni crescenti tra le fazioni che combattono l'esercito governativo siriano, fedele a Assad. 

“Oggi” dichiara a Fides padre Paul Karam, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Libano “sul terreno siriano è un guerra tutti contro tutti: dove ci porterà? E' questa la primavera araba? L'odio, il fanatismo , il terrorismo aumentano: chi paga per tutto questo? solo la stremata popolazione siriana e, all'interno della società, le minoranze che sono le più vulnerabili di tutti. Credo sia essenziale lasciare che ogni popolo decida sul proprio destino e sul proprio futuro”. 

Secondo p. Karam “occorre promuovere un vero cammino di pace che non prenda la forma di un piano di divisione del Paese. Serve una conferenza internazionale di pace che affronti in modo autentico, concreto ed efficace la crisi siriana, seguendo la bussola dei diritti umani e della libertà religiosa”. 

http://www.fides.org/it/news/53959-ASIA_SIRIA_Contrasti_tra_le_fazioni_jihadiste_
Padre_Karam_ormai_e_una_guerra_tutti_contro_tutti#.UoDkFG1d7wo

Il parroco greco-cattolico di Raqqa agli islamisti: state tradendo il vero Islam


Agenzia Fides,  5/11/2013


Raqqa  – L'Archimandrita Naaman Rawik, parroco greco cattolico di Raqqa e Tabqa – città della Siria settentrionale in mano dai mesi alle milizie anti-Assad – ha trovato rifugio in Libano dopo che i militanti islamisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) avevano aggredito e danneggiato le sue due parrocchie.
Nei giorni scorsi, l'Archimandrita Rawik ha rivolto proprio ai miliziani islamisti un messaggio pubblico – reso noto dalla Fraternitè Chrètienne Sarthe-Orient e ricevuto dall'Agenzia Fides – in cui stigmatizza i loro atti violenti contro le chiese come contrari alla tradizione islamica. “Voi” riferisce p Rawik “avete cancellato ogni traccia cristiana, distruggendo le nostre chiese e offendendo i loro santi patroni, impossessandovi delle nostre case e spingendo all'esilio i pastori e i loro parrocchiani (…). Credete forse voi che Allah, il suo Profeta e i musulmani in generale accetteranno e benediranno i vostri atti?” “L'Islam” chiede in forma retorica l'Archimandrita greco cattolico “non è forse nella continuità di Abramo, il Padre di tutti i credenti e della religione, dietro cui noi cristiani abbiamo iniziato a camminare seicento anni prima di voi? Un musulmano non è forse colui che protegge l'uomo con la sua propria mano e con la sua lingua? Ed ecco che gli atti delle vostre mani testimoniano solo dei rapimenti di uomini di Dio di cui voi siete causa”.

 L'incalzante messaggio di padre Naaman si conclude indicando la patologia islamista come corpo estraneo rispetto alla tradizione di convivenza tra cristiani e musulmani sperimentata in Medio Oriente: “Ritornate ai vostri Testi Sacri”, scrive l'Archimandrita ai militanti islamisti, “apprendete da essi il vero Islam prima che si possa dimostrare con i versetti stessi del Corano che voi siete divenuti estranei al Libro e all'insegnamento di Allah sulla tolleranza, che voi siete ormai estranei ai nostri modi di vivere autenticamente arabi, che siete totalmente stranieri rispetto alle tradizioni nelle quali siamo cresciuti, musulmani e cristiani, in Siria e a Raqqa in particolare”.
A Raqqa, alla fine di luglio è stato rapito il gesuita romano Paolo Dall'Oglio. Secondo quanto ricostruito dall'Agenzia Fides (26/8/2013) gli indiziati del rapimento di padre Paolo sono proprio gli affiliati dell'ISIL. 

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Raqqa: i cristiani si arrendono e fuggono....

leggi su:
http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/syrie-lemigration-
des-chretiens-de.html


LE DOMANDE DI PADRE GHEDDO:

 Ma qual è il vero islam? 


di Piero Gheddo, 12-11-2013

leggi su: