Circa 3mila cristiani risiedevano da mesi nei villaggi limitrofi. Le prime famiglie sono giunte in città poco dopo la cacciata degli estremisti islamici da parte del regime. Gli stessi musulmani accusano i ribelli di aver fomentato l'odio settario in Siria. Insieme al santuario di S. Elia distrutta anche la locale moschea.
AsiaNews - 12/06/2013
Al-Qusair - Fuggiti nei villaggi limitrofi e nella capitale Damasco, i cristiani di al-Qusair ritornano nelle loro abitazioni dopo quasi due anni. Molti hanno perso tutto, altri hanno già iniziato a togliere le macerie dalle stanze, ricostruire i tetti, riportando alla vita una città che negli ultimi mesi aveva perso oltre il 90% della sua popolazione passando da 30mila abitanti a 500.
Fonti di AsiaNews spiegano che nel 2011 oltre 3mila cristiani hanno abbandonato la città rifugiandosi da parenti e amici. In questi mesi gli unici abitanti non musulmani erano due anziani cattolici, marito e moglie. "La coppia - affermano - non sapeva dove fuggire. L'unica figlia è una religiosa melchita, che risiede all'estero. Essi sono stati aiutati dai loro vicini musulmani".
Le notizie comparse sui media descrivono la Siria come un luogo devastato dal conflitto fra sciiti e sunniti che ha colpito anche i cristiani. Tuttavia, per le fonti il Paese è stato devastato da forze esterne, che hanno sfruttato l'instabilità e le rivolte pacifiche iniziate nel 2011 per portare avanti le loro agende politiche e ideologiche. Esse sono culminate con l'intervento di Hezbollah, movimento paramilitare sciita libanese, a fianco dell'esercito siriano.
Situata al confine con il Libano, al-Qusair è stata una delle prime città a organizzare manifestazioni pro-democrazia contro il regime di Assad e in seguito a costituire un comitato cittadino per evitare lo scontro fra fazioni religiose. "Tali comitati - continuano le fonti di AsiaNews - hanno salvato diversi villaggi e città, preservandole dall'ondata di estremismo islamico che sta distruggendo in questi mesi Aleppo e altri centri del Paese". "Ad al-Qusair - spiegano - chiese e moschee sono state costruite l'una accanto all'altra". Un esempio è il santuario di S. Elia, profanato di recente dagli islamisti stranieri, dopo essere sopravvissuto allo scontro armato fra ribelli locali ed esercito, che hanno sempre avuto rispetto degli edifici di culto.
Lo scempio compiuto dalle milizie di al-Nousra, che ha fra i suoi ranghi combattenti di 15 nazioni diverse, ha suscitato l'ira della popolazione. Intervistato da Reuters, Osama Hassan, impiegato statale musulmano afferma: "Per me è stato 'un grande shock' vedere profanato il santuario di S. Elia. Noi musulmani consideriamo le chiese un luogo sacro di cui bisogna avere rispetto". Hassan racconta che i ribelli hanno fatto saltare in aria anche il minareto della vicina moschea. Per gli abitanti sono i guerriglieri islamisti ad aver fomentato le differenze settarie fra la popolazione, composta da musulmani, sunniti e sciiti, e cristiani. Un residente sunnita afferma che anche il cimitero parla di questa condivisione e rispetto reciproco: "Le tombe di cristiani e musulmani sono situate le une di fronte alle altre. Noi siamo sempre stati uniti". (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/I-cristiani-tornano-ad-al-Qusair:-Uniti-ai-musulmani-per-la-riconciliazione-28179.html
Sacerdote a Homs racconta i dettagli dell’ Horror siriano
Zenit.org, 14 giugno 2013
Un sacerdote che lavora nella città devastata di Homs in
Siria ha dato un resoconto di alcuni degli orrori che ha di fronte ogni giorno.
Il sacerdote, che non può essere nominato, ha inviato una
relazione al soccorso di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che sta sostenendo i siriani
con un pacchetto di aiuti di £ 25.450 (€ 30.000) per un centro di Homs, oltre a
£ 42.450 (€ 50.000 ) dati l'anno scorso.
Il rapporto dettaglia gli sforzi del prete di fornire
prodotti alimentari di base, riparo e medicine per più di 30.000 persone in
fuga da violenze, tra esplosioni di autobombe
in corso e altre violenze.
Egli continua a dar conto delle "numerose
esplosioni" della scorsa settimana nel suo quartiere di Homs, una delle
quali ha avuto luogo molto vicino alla sua chiesa.
L'autobomba ha lasciato 11 morti, di cui cinque erano suoi parrocchiani.
Un'esplosione in precedenza ha causato la morte di un ragazzino di 10 anni dal centro della comunità cattolica vicino
alla sua chiesa. Altri tre bambini sono rimasti feriti.
Nella sua relazione, il sacerdote rende omaggio a un prete
gesuita e a 74 altri cristiani che vivono in un "assedio come modalità"
a Homs nell'antica Città Vecchia, dove molte chiese storiche, moschee e altri
edifici sono in rovina, dopo aspri combattimenti.
Di fronte a una carenza di cibo e medicine, il gesuita e il
suo gregge si affidano a pacchi di aiuti che vengono inviati a loro.
Descrivendo la vita del gesuita e del suo piccolo popolo
cristiano, il sacerdote scrive che la gente continua ad aggrapparsi alla
speranza, nonostante le difficoltà.
Egli ha detto: "Abbiamo una grande speranza. Le Chiese
suonano ancora le campane per la preghiera e tutte le persone vengono a
condividere la Messa "
Citando Papa Francesco, egli scrive: "Nessuno ci può
rubare la nostra speranza e la gioia."
(14 giugno 2013) © Innovative Media Inc.