R. – La Siria è come un leitmotiv e così tutto il Medio Oriente. Il Papa ha invocato la cessazione immediata delle ostilità, delle armi – “Che tacciano le armi” – e che si possa così cominciare un cammino di pace, che sia di bene per tutto il Medio Oriente, soprattutto per quei Paesi che sono vicini, e per l’Iraq, il Libano, la Giordania e così via. Oggi il Papa ha confermato queste sue preoccupazioni nelle parole che ci ha rivolto e noi abbiamo avuto occasione di presentargli i tre testimoni che hanno parlato alla Roaco, insieme al nunzio apostolico, mons. Zenari, descrivendo la situazione che vivono: un gesuita di Homs, una suora di Damasco e un altro padre francescano del Nord della Siria, vicino ad Antiochia. Testimonianze che portano quasi, persino, a piangere nel vedere e nel sentire tutto quello che devono vivere ogni giorno, a contatto sia con le forze del governo che dei ribelli, e come devono stare accanto alla popolazione che è vittima di queste aggressioni degli uni verso gli altri. Sono vittime impotenti. La Santa Sede, quindi, è preoccupata; il Papa è preoccupato; e tutti noi vorremmo che al più presto inizi una trattativa, in modo tale che cessata la voce delle armi, si possa parlare per giungere ad una soluzione che salvaguardi, non dico solo gli innocenti e le vittime, ma che salvaguardi la dignità umana come tale, di tutti gli abitanti della Siria.
D. – Preghiere, solidarietà, appelli, c’è altro che la Chiesa può fare per fermare questo bagno di sangue interminabile?
R. – C‘è, senz’altro, un’azione da parte della diplomazia della Santa Sede, che come si sa è un’azione che si fa quasi sempre nella più grande riserva e prudenza, ma che cerca giustamente di insinuare questi principi. E attraverso questi valori, che sempre la Santa Sede e i Papi hanno proclamato, si cerca attraverso incontri con le autorità, attraverso i nunzi apostolici, attraverso gli ambasciatori, che sono qui presso la Santa Sede, di portare a questo convincimento, ossia che l’unica soluzione che possa portare alla pace sia la negoziazione e il confronto politico.
D. – Nella sua omelia, martedì mattina, lei stesso, durante la Messa per i cristiani in Medio Oriente, ha chiesto che si preghi anche perché i cristiani orientali non rispondano all’odio con l’odio. C’è una preoccupazione riguardo a questo: che i cristiani possano essere tentati di ricorrere a metodi non tanto cristiani, non tanto evangelici?
R. – C’è questo pericolo. Grazie a Dio finora non si è verificato. Non è male, però, ricordare questi appelli a rispondere al male con il bene e non al male con il male, in modo tale che i cristiani proseguano sempre, e tutti si prosegua, la via delle beatitudini, la via dell’umiltà, la via, a volte, dell’affronto, e si sappia offrire l’altra guancia se per caso si è perseguitati.
D. – Non ignoriamo che qualche voce autorevole nelle Chiese locali pensa che a volte le dittature siano un male minore, rispetto al caos attuale. Lei vuole rispondere a questo?
R. – Sì, certamente questa convinzione di alcuni è parziale, perché forse non tengono conto di altri aspetti, che possono essere anche criticabili. L’obiettivo finale è sempre il rispetto dei diritti della persona umana e quindi che ci sia anche una democratizzazione, cui tutti possano prendere parte, e si costruisca una società, una nuova cultura della partecipazione di tutti i cittadini – cristiani o di altri religioni, anche quelle maggioritarie – al bene del Paese. Per cui, il desiderio ultimo sarebbe una costituzione, frutto certo di larghe intese tra tutti quelli che vivono nel Paese, ma intese attraverso il dialogo, non attraverso le armi, perché nella costituzione risulti la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, appartengano alla religione che appartengano, per contribuire tutti al bene della loro patria.
D. – Rimane, per terminare, anche il desiderio di mantenere i cristiani nel loro Paese?
R. – Noi vogliamo che i cristiani restino, perché quei Paesi non si possono capire, senza la presenza cristiana. Sono, però, tentati molto fortemente, per l’insicurezza, per la mancanza di lavoro, per la ricerca di un futuro per i figli, di lasciare questo Paese. E non dobbiamo cedere alla tentazione di conformarci a questo e dire: “Va bene, vadano via tutti i cristiani”. Al contrario, anche se ne restano pochi, che siano veramente il seme di un nuovo futuro dei valori che sono insiti nella coscienza cristiana.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/20/plenaria_roaco._il_card._sandri:_tacciano_le_armi_in_siria,_pace_pe/it1-703206
del sito Radio Vaticana